La correzione fraterna

Posté par atempodiblog le 10 septembre 2023

La tentazione di raccontare agli altri, di metterlo in piazza, di consegnarlo al giudizio di tutti è sempre molto forte. La carità vuole invece che il primo passo è affrontare a viso scoperto le persone, personalmente, con una discrezione immensa. (Don Luigi Maria Epicoco – Famiglia Cristiana)

Divisore dans San Francesco di Sales

PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 10 settembre 2023

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Papa Francesco

La correzione fraterna

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi il Vangelo ci parla di correzione fraterna (cfr Mt 18,15-20), che è una delle espressioni più alte dell’amore, e anche delle più impegnative, perché non è facile correggere gli altri.  Quando un fratello nella fede commette una colpa contro di te, tu, senza rancore, aiutalo, correggilo: aiutare correggendo.

Purtroppo, invece, la prima cosa che spesso si crea attorno a chi sbaglia è il pettegolezzo, in cui tutti vengono a conoscere lo sbaglio, con tanto di particolari, tranne l’interessato! Questo non è giusto, fratelli e sorelle, questo non piace a Dio. Non mi stanco di ripetere che il chiacchiericcio è una peste per la vita delle persone e delle comunità, perché porta divisione, porta sofferenza, porta scandalo, e mai aiuta a migliorare, mai aiuta a crescere. Un grande maestro spirituale, San Bernardo, diceva che la curiosità sterile e le parole superficiali sono i primi gradini della scala della superbia, che non porta in alto, ma in basso, precipitando l’uomo verso la perdizione e la rovina (cfr I gradi dell’umiltà e della superbia).

Gesù, invece, ci insegna a comportarci in modo diverso. Ecco cosa dice oggi: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo» (v. 15). Parlaci “a tu per tu”, parlaci lealmente, per aiutarlo a capire dove sbaglia. E questo fallo per il suo bene, vincendo la vergogna e trovando il coraggio vero, che non è quello di sparlare, ma di dire le cose in faccia con mitezza e gentilezza.

Ma, possiamo chiederci, e se non basta? Se lui non capisce? Allora bisogna cercare aiuto. Attenzione però: non quello del gruppetto che chiacchiera! Gesù dice: «Prendi con te una o due persone» (v. 16), intendendo persone che vogliano davvero dare una mano a quel fratello o a quella sorella che ha sbagliato.

E se non capisce ancora? Allora, dice Gesù, coinvolgi la comunità. Ma anche qui precisiamo: non vuol dire mettere una persona alla gogna, svergognandola pubblicamente, bensì unire gli sforzi di tutti per aiutarla a cambiare. Puntare il dito contro non va bene, anzi spesso rende più difficile per chi ha sbagliato riconoscere il proprio errore. Piuttosto, la comunità deve far sentire a lui o a lei che, mentre condanna l’errore, è vicina con la preghiera e con l’affetto alla persona, sempre pronta a offrire il perdono, la comprensione, e a ricominciare.

E allora ci chiediamo: come mi comporto io con chi sbaglia contro di me? Tengo dentro la cosa e accumulo rancore? “Me la pagherai”: questa parola, che tante volte viene, “me la pagherai…” Ne faccio motivo di chiacchiere alle spalle? “Tu sai cosa ha fatto quello?” e via dicendo… Oppure sono coraggioso, coraggiosa, e cerco di parlarci? Prego per lui o per lei, chiedo aiuto per fare del bene? E le nostre comunità si fanno carico di chi cade, perché possa rialzarsi e iniziare una vita nuova? Puntano il dito o aprono le braccia? Cosa fai tu: punti il dito o apri le braccia?

Maria, che ha continuato ad amare pur sentendo la gente condannare suo Figlio, ci aiuti a ricercare sempre la via del bene.

Divisore dans San Francesco di Sales

Dopo l’Angelus

Vicinanza al caro popolo del Marocco

Cari fratelli e sorelle,

desidero esprimere la mia vicinanza al caro popolo del Marocco, colpito da un devastante terremoto. Prego per i feriti, per coloro che hanno perso la vita – tanti! – e per i loro familiari. Ringrazio i soccorritori e quanti si stanno adoperando per alleviare le sofferenze della gente; il concreto aiuto di tutti possa sostenere la popolazione in questo tragico momento: siamo vicini al popolo del Marocco! Oggi a Markowa, in Polonia, sono stati beatificati i martiri Giuseppe e Vittoria Ulma con i loro 7 figli, bambini: un’intera famiglia sterminata dai nazisti il 24 marzo 1944 per aver dato rifugio ad alcuni ebrei che erano perseguitati. All’odio e alla violenza, che caratterizzarono quel tempo, essi opposero l’amore evangelico. Questa famiglia polacca, che rappresentò un raggio di luce nell’oscurità della seconda guerra mondiale, sia per tutti noi un modello da imitare nello slancio del bene e nel servizio di chi è nel bisogno. Un applauso a questa famiglia di Beati!

E sul loro esempio, sentiamoci chiamati a opporre alla forza delle armi quella della carità, alla retorica della violenza la tenacia della preghiera. Facciamolo soprattutto per tanti Paesi che soffrono a causa della guerra; in modo speciale, intensifichiamo la preghiera per la martoriata Ucraina. Ci sono le bandiere, lì, dell’Ucraina, che sta soffrendo tanto, tanto!

Dopo domani, 12 settembre, il caro popolo etiope celebrerà il suo tradizionale Capodanno: desidero porgere i più cordiali auguri all’intera popolazione, auspicando che sia benedetta con i doni della riconciliazione fraterna e della pace.

Rivolgiamo oggi il pensiero all’Abbazia di Mont-Saint-Michel, in Normandia, che celebra il millennio della consacrazione del tempio.

E saluto tutti voi, romani e pellegrini provenienti dall’Italia e da vari Paesi, in particolare la parrocchia del Sacro Cuore di Gesù di Madrid, la comunità pastorale Cristo Risorto di Saronno, i cresimandi di Soliera, gli studenti delle scuole superiori di Lucca.

In prossimità dell’inizio dell’anno catechistico, la Elledici, editrice dei Salesiani, dona oggi ai presenti in piazza un sussidio per la catechesi, intitolato “Passo dopo passo”: è un bel regalo! Colgo l’occasione per ringraziare i catechisti della loro preziosa opera e per augurare ai ragazzi e alle ragazze del catechismo la gioia di incontrare Gesù.

A tutti voi auguro una buona domenica e, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!


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Devozione e preghiera: perché è popolare il culto del Sacro Cuore di Gesù

Posté par atempodiblog le 16 juin 2023

Devozione e preghiera: perché è popolare il culto del Sacro Cuore di Gesù
Alle origini di un culto molto popolare che ha ispirato chiese, atenei, oratori. Dalle visioni di santa Margherita Maria Alacoque a Papa Francesco: non un’immaginetta ma il cuore della rivelazione
di Riccardo Maccioni – Avvenire
Tratto da: 
Radio Maria

Parole accorate che ci vengono dal Cielo dans Fatima Sacro-Cuore-di-Ges

Non un’immaginetta per devoti ma «il simbolo per eccellenza della misericordia di Dio», «il cuore della rivelazione, il cuore della nostra fede perché Cristo si è fatto piccolo» scegliendo la via di «umiliare sé stesso e annientarsi fino alla morte» sulla Croce. Con queste parole papa Francesco ha riflettuto in più occasioni sul Sacro Cuore di Gesù, o meglio della “solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù” che nel 2023 si celebra 16 giugno.

Si tratta di una festa mobile che però, nella vita della Chiesa orienta l’intero mese di giugno. Nello specifico cade il venerdì dopo il Corpus Domini ed è strettamente legato al giorno successivo cioè al sabato, dedicato invece al “cuore immacolato di Maria”. Anche se la prima celebrazione risale al XVII secolo, probabilmente nel 1672 in Francia, la devozione al sacro cuore di Gesù ha origini molto più antiche. Punto di partenza è per così dire la figura di san Giovanni apostolo che tantissime iconografie ritraggono nell’Ultima Cena con il capo appoggiato al cuore di Gesù. Notevole impulso venne poi anche nel Medio Evo da figure come Matilde di Magdeburgo (1207-1282), Matilde di Hackeborn (1241-1299), Gertrude di Helfta (1256-1302) ed Enrico Suso (1295-1366).

Tuttavia la vera diffusione del culto va attribuita a san Jean Eudes (1601-1680) e soprattutto a santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690). Quest’ultima, monaca visitandina nel monastero di Paray-le-Monial, ebbe per 17 anni apparizioni di Gesù che le domandava appunto una particolare devozione al suo cuore. La prima visione risale al 27 dicembre 1673 festa di san Giovanni evangelista e la santa nella sua autobiografia la raccontò così: «Ed ecco come, mi sembra, siano andate le cose. Mi disse: Il mio divin cuore è tanto appassionato d’amore per gli uomini e per te in particolare, che non potendo più contenere in se stesso le fiamme del suo ardente Amore, sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli dei preziosi tesori che ti scoprirò e che contengono le grazie in ordine alla santità e alla salvezza necessarie per ritirarli dal precipizio della perdizione. Per portare a compimento questo mio grande disegno ho scelto te, abisso di indegnità e di ignoranza, affinché appaia chiaro che tutto si compie per mezzo mio».

Al centro di un acceso dibattito teologico, la festa del Sacro Cuore fu autorizzata nel 1765 limitatamente alla Polonia e presso l’Arciconfraternita romana del Sacro Cuore. Fu solo con Pio IX, nel 1856, che la Festa divenne universale, accompagnandosi da subito alla dedicazione di congregazioni, atenei, oratori e chiese, la più famose della quali è probabilmente la Basilica di Montmartre a Parigi. Raccogliendo o meglio riunendo le tesi del dibattito sul significato teologico nel sacro Cuore di Gesù si celebra insieme il cuore come organo umano unito con la divinità di Cristo e l’amore del Signore per gli uomini di cui il cuore è simbolo.

Tradizionalmente nella solennità del Sacro Cuore di Gesù si celebra la Giornata di santificazione sacerdotale.

La preghiera al Sacro Cuore
Sono tante le preghiere dedicate al Sacro Cuore di Gesù, a cominciare dall’atto di consacrazione, ispirato da santa Margherita Maria Alacoque. Di seguito il testo dell’offerta della giornata, che tanti fedeli ripetono ogni mattina.

«Cuore Divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio Eucaristico, le preghiere, le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno in riparazione dei peccati e per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del Divin Padre. Amen».

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Papa Francesco, presto una lettera apostolica su Santa Teresa del Bambino Gesù

Posté par atempodiblog le 8 juin 2023

Papa Francesco, presto una lettera apostolica su Santa Teresa del Bambino Gesù
Continua il ciclo di catechesi dedicato ai santi evangelizzatori. Oggi si parla di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni. E il Papa annuncia una lettera apostolica su di lei
di Andrea Gagliarducci – ACI Stampa

Papa Francesco, presto una lettera apostolica su Santa Teresa del Bambino Gesù dans Articoli di Giornali e News Santa-Teresina-di-Lisieux

Non ha mai lasciato il convento, dove è morta a soli 24 anni di turbercolosi e dove era entrata appena adolescente dopo aver chiesto il permesso direttamente a Leone XIII. Eppure Santa Teresa del Bambino Gesù è una santa veneratissima, il cui santuario è la seconda meta di pellegrinaggi in Francia dopo quello di Lourdes. Patrona delle missioni, dottore della Chiesa, Santa Teresina ha lasciato in eredità i suoi scritti, in cui spiegava anche la “piccola via”, la santità dei gesti quotidiani. Papa Francesco ha ripreso questa idea di santità del quotidiano. E oggi tiene l’udienza generale davanti le sue reliquie, davanti le quali si ferma a pregare prima dell’udienza continuando il ciclo di catechesi sui santi missionari. “Alla Chiesa servono cuori come quello di Santa Teresa di Lisieux”. E annuncia: “Lei nacque 150 anni fa, e in questo anniversario ho intenzione di dedicarle una lettera apostolica”.

Nella catechesi, Papa Francesco ne ripercorre la vita, sottolinea che era “patrona della missioni, ma non era mai stata in missione”, ha vissuto una vita “all’insegna della piccolezza e della debolezza”, e si è definita “un piccolo granello di sabbia”, aveva un corpo infermo, ma un cuore “vibrante, missionario”, desiderio che lei aveva.

Papa Francesco ricorda che Teresa fu “sorella spirituale di diversi missionari”, offriva per loro continui sacrifici, intercedeva per le missioni. Eppure, non fu spesso capita dalle sorelle monache, da cui ricevette “più spine che rose”, e lo accettò “per i bisogni della Chiesa, perché fossero apparse rose su tutti”.

Il Papa ricorda due episodi della vita di Suor Teresa. Il Natale 1886, poco prima dei 14 anni, il padre era tornato a casa del lavoro e non aveva voglia di assistere all’apertura dei regali della figlia e commentò: « Meno male che è l’ultimo anno » – perché già a 15 anni non si faceva più. Teresa ci rimase male, pianse, e poi represse le lacrime e piena di gioia fu lei a rallegrare il padre. Era successo “che in quella notte, in cui Gesù si era fatto debole per amore, lei era diventata forte d’animo: in pochi istanti era uscita dalla prigione del suo egoismo e del suo piangersi addosso; cominciò a sentire che ‘la carità le entrava nel cuore, col bisogno di dimenticare sé stessa’.” Fu la prima svolta della vita, a partire dal quale rivolse il suo zelo per gli altri, proponendo di consolare Gesù di farlo amare per le anime.

Quindi, il secondo episodio: Teresa viene a sapere della storia di Enrico Pranzini, criminale, condannato a morte per l’omicidio di tre persone, che non vuole i conforti della fede prima della ghigliottina. “Teresa – racconta Papa Francesco – lo prende a cuore e fa tutto ciò che può: prega in ogni modo per la sua conversione, perché lui che, con compassione fraterna, chiama ‘povero disgraziato Pranzini’, abbia un piccolo segno di pentimento e faccia spazio alla misericordia di Dio, in cui Teresa confida ciecamente”.

La condanna a morte viene eseguita e sul giornale Teresa viene a sapere che Pranzini, appena prima di poggiare la testa sul patibolo, afferrò il crocifisso e baciò tre volte le piaghe di Gesù.

Chiosa Papa Francesco: “Ecco la forza dell’intercessione mossa dalla carità, ecco il motore della missione. I missionari, infatti, di cui Teresa è patrona, non sono solo quelli che fanno tanta strada, imparano lingue nuove, fanno opere di bene e sono bravi ad annunciare; no, missionario è chiunque vive, dove si trova, come strumento dell’amore di Dio; è chi fa di tutto perché, attraverso la sua testimonianza, la sua preghiera, la sua intercessione, Gesù passi”.

Il Papa sottolinea che è questo lo zelo apostolico, che “non funziona mai per proselitismo o per costrizione, ma per attrazione. La fede nasce per attrazione. Non si diventa cristiani perché forzati da qualcuno, ma perché toccati dall’amore”.

Insomma, conclude Papa Francesco, “alla Chiesa, prima di tanti mezzi, metodi e strutture, che a volte distolgono dall’essenziale, occorrono cuori come quello di Teresa, cuori che attirano all’amore e avvicinano a Dio”.

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Venerdì Santo, inizia la novena alla Divina Misericordia

Posté par atempodiblog le 7 avril 2023

Venerdì Santo, inizia la novena alla Divina Misericordia
Nelle rivelazioni di Gesù a santa Faustina Kowalska è compresa la richiesta di una novena, da recitarsi dal Venerdì Santo al sabato che precede la Domenica della Divina Misericordia. Per ogni giorno della novena, si prega per un gruppo particolare di anime indicato dal Signore stesso.
di Maria Alessandra Molza – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: Radio Maria

Novena alla Divina Misericordia (dal 25 marzo al 2 aprile 2016) dans Fede, morale e teologia Ges-confido-in-Te

Quest’anno la Domenica delle Palme, che dà inizio alla Settimana Santa, ha coinciso con il diciottesimo anniversario della salita al cielo di san Giovanni Paolo II, il Papa polacco che ha canonizzato suor Faustina Kowalska e diffuso nel mondo il culto alla Divina Misericordia, secondo le rivelazioni fatte da Gesù a questa giovane e semianalfabeta suora polacca, da Lui scelta come segretaria della Sua Misericordia.

I successori di Wojtyła - Benedetto XVI e Francesco – hanno seguito anche loro la rivelazione contenuta nel Diario di suor Faustina Kowalska. E il decreto De celebratione sanctae Faustinae Kowalska, firmato nel 2020 dal Prefetto del culto divino Robert Sarah, ha disposto che “il nome di Maria Faustina (Elena) Kowalska, vergine, sia iscritto nel Calendario Romano Generale e la sua memoria facoltativa sia celebrata da tutti il 5 ottobre” (come chi scrive ha già avuto occasione di far notare, sempre sulla Nuova Bussola Quotidiana).

Ma nonostante tutto questo, c’è ancora chi fra i consacrati rifiuta tale devozione, dicendo che sia “una come tante”In realtà, non solo l’enciclica di Giovanni Paolo II Dives in Misericordia, richiamando nel contenuto il Diario della giovane e umile suora polacca, lo conferma con eccezionale autorità, ma fanno lo stesso anche Benedetto XVI nella sua prima enciclica, Deus caritas est (2005), e Francesco dieci anni dopo, con il Giubileo della Misericordia.

Escluse alcune frange di irriducibili increduli nei confronti della piccola “segretaria” polacca, morta di tubercolosi a 33 anni, la Chiesa cattolica ha, quindi, ormai recepito ufficialmente le richieste fatte da Gesù Misericordioso a Santa Faustina, in modo particolare la potentissima preghiera della Coroncina (che detta accanto a un morente gli garantisce la salvezza dell’anima) e la Domenica della Divina Misericordia (già Domenica in Albis): “Desidero che la prima domenica dopo Pasqua sia la Festa della Misericordia. (…) in quel giorno chi si accosterà alla sorgente della vita [Santa Messa, Confessione e Comunione] conseguirà la remissione delle colpe e delle pene (…). In quel giorno sono aperte le viscere della mia misericordia, riverserò un mare di grazie sulle anime che si avvicineranno alla fonte della mia misericordia”.

Sembra, invece, che sia stata dimenticata la Novena che Gesù chiese alla suora polacca come preparazione alla Festa della Sua Misericordia: “Desidero che durante questi nove giorni [dal Venerdì Santo al sabato che precede la seconda Domenica di Pasqua] tu conduca le anime alla sorgente della Mia Misericordia (…). Ogni giorno condurrai al Mio Cuore svariate schiere di anime e le immergerai nell’oceano della Mia Misericordia: Io le introdurrò nella casa del Padre Mio”.

Per dire la Novena della Divina Misericordia (vedi qui il testo), che quest’anno va dal 7 al 15 aprile compreso, basterà leggere lo scritto relativo a quel giorno e poi accompagnare il Gruppo di Anime indicato al Cuore Misericordioso di Gesù. Alla fine si recita la Coroncina della Divina Misericordia, che, com’è noto, venne suggerita da Gesù a suor Faustina il 13 settembre 1935, dopo che la suora aveva avuto nella sua cella la visione di un Angelo che stava per distruggere un certo luogo della terra. La santa, pur pregando l’Angelo perché si fermasse, vide che non otteneva nulla, mentre appena – per ispirazione divina – iniziò a pregare: “Eterno Padre, Ti offro il Corpo e il Sangue, l’Anima e la Divinità (…)”, vidi l’impotenza dell’Angelo che non poté compiere la giusta punizione”.

Tornando alla Festa della Divina Misericordia, Gesù disse pure a santa Faustina che“L’umanità non gusterà la pace finché non verrà ad attingerla alle sorgenti della Mia Misericordia”. Visto che la pace è sicuramente il bene più prezioso, perché a questo punto non chiederla durante la Novena alla Divina Misericordia? Perché la Chiesa cattolica non si unisce in comunione di preghiera in ogni parte del mondo dal 7 al 15 aprile per chiedere la pace non solo fra Russia e Ucraina, ma anche in Africa e in tutte le altre decine e decine di nazioni-teatro di conflitti? Sicuramente si potrà contare anche sull’intercessione di Benedetto XVI, che quest’anno, proprio nella Domenica della Divina Misericordia, il 16 aprile, avrebbe festeggiato 96 anni.

Divisore dans San Francesco di Sales
Per recitare la novena cliccare qui Freccia dans Viaggi & Vacanze NOVENA ALLA DIVINA MISERICORDIA

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Lascia che Maria canti nel tuo cuore il Magnificat

Posté par atempodiblog le 22 décembre 2022

Lascia che Maria canti nel tuo cuore il Magnificat
di Padre Livio Fanzaga – La pazienza di Dio. Vangelo per la vita quotidiana, Ed. Piemme

Lascia che Maria canti nel tuo cuore il Magnificat dans Avvento Magnificat

Lascia che Maria ti prenda per mano
Per celebrare il Natale è necessaria una decisione che non molti si sentono di prendere. Il vero problema è costituito dal fatto che bisogna cambiare vita. Non c’è nulla di più doloroso che tagliare le catene del male che ci imprigionano. La rinuncia al peccato è una delle imprese più grandi che l’uomo, con l’aiuto della grazia, possa compiere. In noi vi è forse il desiderio, ma non la ferma volontà di decidere.
Sappiamo che la confessione è una via obbligata, perché la culla del cuore abbia la purezza necessaria per accogliere il Salvatore. Ma esitiamo nell’incertezza dei deboli e tutto rimane come prima. Il Signore ancora una volta rischia di bussare invano.
Perché il tuo cuore sia pronto, perché Gesù entri nella tua vita, è necessario l’intervento di Maria. Affidati a lei. Chiedile di aiutarti a fare un esame di coscienza. Implora dal suo cuore di madre la grazia del pentimento. Se le tue gambe sono incerte, domandale di prenderti per mano e di accompagnarti fin davanti al sacerdote per la tua confessione.
Ti assicuro, caro amico, che tornerai con le lacrime della gioia.

Anche tu, con Maria, chiama Gesù «mio Salvatore»
Lascia che Maria canti nel tuo cuore il Magnificat, questo poema di luce divina che è sgorgato dalla sua anima esultante, quando si è incontrata con Elisabetta. Anche lei è stata salvata da Dio, che l’ha preservata dal male, fin dal primo istante del suo concepimento. Nello slancio della sua infinita riconoscenza, Maria chiama Dio «mio Salvatore». Gesù è anche il tuo Salvatore. A Natale Maria te lo porge, perché tu lo accolga nella tua vita.

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La Confessione è un mistero di Misericordia infinita

Posté par atempodiblog le 16 décembre 2022

La Confessione è un mistero di Misericordia infinita
di Padre Livio Fanzaga
Tratto da: Blog di p. Livio – Direttore di Radio Maria

La Confessione è un mistero di Misericordia infinita dans Avvento Ges-Re-di-Misericordia

Ci stiamo avvicinando alla Notte Santa. È bene che il nostro cuore sia pronto e degno di accogliere Gesù Bambino, per farlo dobbiamo preparare una bella Confessione preparata, umile e sincera.

Il solo fatto di considerare che abbiamo offeso Dio, muove il cuore e rafforza la volontà a fare il proposito di non peccare più e quindi di cambiare vita. Ovviamente questo proposito ha bisogno di essere rafforzato nel cammino che si fa successivamente perché poi arrivano le tentazioni, le cadute.

Il cammino di consolidamento della decisione di non peccare più è un dono di grazia e si fa anche attraverso il combattimento spirituale. Siamo essere umani e, pur arrivando a decisioni radicali, dobbiamo continuamente scegliere il cammino sulla via della santità.

Quando la Regina della pace ha detto che la maggior parte delle persone va in Purgatorio, un numero ugualmente grande va all’inferno e un numero relativamente piccolo va direttamente in Paradiso, ha anche detto che se ci sono persone che nel corso della vita hanno commesso peccati relativamente gravi ma poi si pentono sinceramente, espiano questi peccati e si avviano al ritorno a Dio con i Sacramenti della Confessione e dell’Eucarestia, possono andare direttamente in Paradiso. L’esempio è quello del buon ladrone.

Ci sono persone che si accostano al Sacramento della Confessione dopo tanti anni e fanno anche fatica a ricordare tutti i peccati commessi. Dopo la Confessione e dopo aver gustato il dono della pace nel cuore spesso rimuginano e si chiedono se veramente sono stati perdonati da Dio. Il diavolo insinua i dubbi e molte volte arriva a insinuare il dubbio che Dio non abbia perdonato i peccati confessati. Molte volte sono loro stessi che non si sono perdonati e pensano che la Divina Misericordia non sia così grande da poter perdonare radicalmente.

Questo è un mistero della fede che deve essere approfondito. Chi, pur avendo commesso i peccati più gravi, si pente sinceramente e prova dolore per aver offeso Dio infinitamente buono e degno di essere amato (atto di contrizione, o dolore perfetto), si accosta al Sacramento della Confessione e riceve l’assoluzione, ottiene la remissione dei peccati, anche i più gravi e viene liberato di quelle pene che dovrebbe espiare in Purgatorio. Per questo la Madonna ha detto che anche chi ha commesso i peccati più gravi ma si pente, si confessa, riceve la Comunione, può andare direttamente in Paradiso.

La Confessione è un mistero di Misericordia infinita.

Chi si pente, qualsiasi peccato abbia commesso, viene assolto. Se il pentimento è perfetto, questa radicalità del pentimento è tale da togliere anche eventuali “residui” che dovrebbe scontare in Purgatorio.

Per comprendere ciò bisogna capire che cos’è la Croce. Cristo sulla Croce ha espiato tutti i peccati di tutti gli uomini di tutti i tempi e lo ha fatto al nostro posto e per nostro amore. Ha già pagato Lui il prezzo del riscatto.

A noi tocca una piccola penitenza come cooperazione alla nostra purificazione.

Se entriamo in questa comprensione dell’amore di Dio, che ha inviato il Figlio che si è fatto uomo ed è “l’Agello di Dio, Colui che toglie i peccati del mondo”, come possiamo dubitare della Divina Misericordia?

La Misericordia di Dio è più grande di qualsiasi peccato. Dobbiamo allora sforzarci di aprire il cuore alla Divina Misericordia, al Sangue di Cristo che ci purifica, ci lava e ci restituisce l’innocenza battesimale. Apriamoci con fiducia totale alla Divina Misericordia e con amore e per amore per Dio decidiamoci e impegniamoci a non peccare più.

Divisore dans San Francesco di Sales

Freccia dans Viaggi & Vacanze La confessione natalizia (di Don Tino Rolfi)

Freccia dans Viaggi & Vacanze La confessione natalizia (di P. Vincenzo Benetollo o.p.)

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Padre Andrasz, verso gli altari un altro confessore di santa Faustina Kowalska

Posté par atempodiblog le 23 novembre 2022

Padre Andrasz, verso gli altari un altro confessore di santa Faustina Kowalska
Dopo il beato Michał Sopoćko, anche per padre Józef Andrasz è iniziato il processo di beatificazione in Polonia. È stato il primo direttore spirituale della santa della Misericordia e anche l’ultimo, molto citato da suor Faustina nel suo famoso Diario. È stato una figura importante per la diffusione del culto della Divina Misericordia. Parla il vicepostulatore padre Mariusz Balcerak.
di Wlodzimierz Redzioch – La nuova Bussola Quotidiana

Padre Andrasz, verso gli altari un altro confessore di santa Faustina Kowalska dans Articoli di Giornali e News Padre-J-zef-Andrasz

È ben conosciuta la figura del beato Michał Sopoćko, confessore di suor Faustina Kowalska, ma è molto meno conosciuto padre Józef Andrasz SI (1891 – 1963) che ebbe un ruolo importantissimo nella vita della futura santa. Questo gesuita fu il suo primo direttore spirituale nel noviziato e anche l’ultimo, nell’ultimo anno e mezzo della sua vita. Suor Faustina si confessò con lui anche il giorno della sua morte. Allora non è un caso che santa Faustina nel suo “Diario” ne parli per ben 59 volte.

Nella regione di Nowy Sacz, nella parte sud-orientale della Polonia, da dove proveniva il gesuita, dal 2015 è attivo un movimento di laici che diffondono il suo culto, fanno conoscere la sua figura e pregano per la sua intercessione. L’iniziativa è partita da un gruppo di uomini che si riunivano per l’adorazione di una copia dell’immagine di Gesù Misericordioso, in quel periodo peregrinante nella diocesi di Tarnów.

Recentemente è cominciata a Cracovia la fase diocesana del processo di beatificazione del confessore di santa Faustina, di cui vicepostulatore è padre Mariusz Balcerak SI, teologo, viceprefetto della Basilica del Sacro Cuore di Gesù a Cracovia. Abbiamo chiesto a lui di presentare la figura di p. Andrasz.

Perché padre Andrasz ebbe un ruolo così importante nella vita di santa Faustina?
Per capirlo, bisogna ricordare i fatti. Quando suor Faustina venne a Łagiewniki, p. Andrasz era il confessore “trimestrale” della Congregazione di Nostra Signora della Misericordia, cioè veniva una volta a trimestre per confessare le suore. Faustina si confessò per la prima volta da lui durante gli esercizi spirituali nell’aprile 1933, prima dei voti perpetui. Gli aprì il cuore perché era convinta che questo prete l’avrebbe capita. P. Andrasz, già durante la prima confessione, assicurò suor Faustina che tutto quanto stava vivendo veniva da Dio: prima lei aveva dei dubbi a riguardo. Le sue parole la tranquillizzarono.

Allora giovanissima, suor Faustina aveva dei dubbi su come poter realizzare le richieste di Gesù?
All’inizio suor Faustina giunse alla conclusione che l’intera faccenda, specialmente dipingere l’immagine di Gesù Misericordioso, fosse troppo grande per lei. Perciò cercava aiuto da padre Andrasz, ma lui disse decisamente: “Non la sciolgo da nulla, sorella, e non le è permesso sottrarsi a queste ispirazioni interiori…”. In questo senso il suo ruolo fu decisivo. Suor Faustina trattava padre Andrasz come un’autorità e, poiché era umile e obbediente, gli obbediva. In seguito scrisse: “Adesso Iddio Stesso, tramite padre Andrasz, aveva tolto ogni difficoltà. Il mio spirito era stato indirizzato verso il sole e sbocciò ai suoi raggi per Lui Stesso”. E ancora: “Mi erano state sciolte le ali per il volo e cominciai a volteggiare verso l’ardore del sole e non tornerò in basso fino a quando riposerò in Colui, nel Quale è annegata la mia anima per l’eternità”.

Che ruolo ha avuto padre Andrasz nello sviluppo del culto della Divina Misericordia?
Ancora durante la II guerra mondiale, padre Andrasz, con attenzione e prudenza (poiché il culto non era ancora ufficialmente approvato), iniziò la pratica di pregare la Divina Misericordia tra le suore di Łagiewniki. Ha incoraggiato le suore ad affidarsi a Gesù Misericordioso e a recitare la coroncina. Dopo la guerra, vedendo l’enormità della distruzione materiale, spirituale e morale, ha sostenuto la Chiesa nel suo rinnovamento, dando speranza alle persone e incoraggiandole a credere che Gesù le ama e si prende cura di loro. Inoltre, padre Andrasz ha scritto un libro intitolato Misericordia di Dio, confidiamo in te, pubblicato per la prima volta nel 1947. In esso, descrisse la missione di Suor Faustina e le rivelazioni, spiegò il significato dell’Immagine e cosa significhi aver fiducia in Gesù Misericordioso.

Ma chi era p. Andrasz?
Direi che era un uomo contemplativo in azione. Orante, immerso nella preghiera e nell’amore per Gesù – ma nello stesso tempo molto attivo. Aveva buoni studi, conosceva quattro lingue: latino, greco, francese e tedesco. Condusse ritiri per congregazioni religiose, soprattutto femminili, e per seminaristi; ha scritto per il Messaggero del Cuore di Gesù; è stato direttore della casa editrice L’Apostolato della Preghiera; ha tradotto diversi libri sulla spiritualità, ha partecipato alla promozione del culto del Sacro Cuore di Gesù, era impegnato nella Compagnia Mariana e, inoltre, era impegnato nel lavoro pastorale. Poiché era un buon confessore e direttore spirituale, una buona fama lo circondava a Cracovia. Era un uomo di profonda vita spirituale: frequentò i ritiri ignaziani e li tenne lui stesso. In lui si rifletteva questa “Caritas discreta”, o amore prudente, di cui parla S. Ignazio di Loyola.

Per questo motivo tante persone gli chiedevano di essere una guida spirituale per loro?
Sì. Padre Andrasz svolse un ruolo importante non solo nella vita di suor Faustina, ma anche nella vita di diverse persone, anche beate (la beata Aniela Salawa, madre Paula Tajber, suor Kaliksta Piekarczyk, suor Emanuela Kalb).

Potrebbe essere un esempio e patrono delle guide spirituali?
Potrebbe essere un ottimo patrono dei confessori e dei direttori spirituali, di cui abbiamo tanto bisogno oggi.

Divisore dans San Francesco di Sales

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Il Papa: la Chiesa non impone precetti ma è casa di riconciliazione

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2022

Il Papa: la Chiesa non impone precetti ma è casa di riconciliazione
Nella chiesa del Sacro Cuore dei Primi Popoli a Edmonton, Francesco ammette che “nulla può cancellare la dignità violata, il male subìto, la fiducia tradita”. Tuttavia  precisa  occorre ripartire, guardando a Gesù crocifisso. Invita a cooperare per una riconciliazione che non sia una sorta di pace calata dall’alto per assorbimento dell’altro, ma annuncio di Cristo in libertà e carità
di Antonella Palermo – Vatican News

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Amico e pellegrino. Così ha vissuto Gesù, così Papa Francesco sta entrando nella terra delle popolazioni indigene del Canada. Ferito e con il senso di vergogna che “mai deve cancellarsi”, per il dolore causato anche da tanti cristiani ai danni delle peculiarità culturali delle comunità autoctone, il Pontefice rimette a fuoco il principio guida dell’educazione: la promozione dei talenti e non l’imposizione di qualcosa di preconfezionato. Si sofferma sul significato autenticamente evangelico di riconciliazione: non tanto un’opera nostra  osserva  ma un dono che sgorga dal Crocifisso.

In un luogo sacro di dialogo e servizio
I quattro pali della tepee, la tenda indigena, sormontano l’altare. In questa ‘casa’, chiesa del Sacro Cuore dei Primi Popoli  una delle più antiche della città  Francesco arriva per il secondo incontro tanto atteso della sua visita nel Paese nordamericano. Un gruppo di autoctoni scandisce ritmi tradizionali sui tamburi, il Papa entra con l’ausilio della sedia a rotelle e poi siede sotto i simboli della tepee. Padre Susai Jesu, OMI lo accoglie mentre risuonano gli applausi e lo ringrazia a nome della comunità parrocchiale e degli indigeni: “Da molti anni è un luogo sacro di incontro, dialogo, riconciliazione e servizio”, dice. Qui, come il Papa riconosce, confluiscono autoctoni e discendenti degli antichi colonizzatori e la fede cattolica è espressa nel contesto della cultura aborigena. Reduce da due anni di lavori di restauro per riparare i danni di un incendio, è diventata casa spirituale per molti immigrati e rifugiati che si sono stabiliti a Edmonton. “Desideriamo camminare insieme a Lei e andare nei luoghi di dolore per offrire la guarigione che Gesù porta”.

La Chiesa, una casa aperta e inclusiva
Il Papa si compiace dell’opera portata avanti nella parrocchia dove le azioni concrete necessarie per un efficace processo di risanamento delle ferite della storia  e auspicate nell’ambito degli incontri con gli indigeni in Vaticano nella primavera scorsa  sono già state avviate. Ringrazia anche per la vicinanza a tanti poveri con opere di carità. Da qui si leva l’invito a recuperare il senso etimologico di ‘riconciliazione’, sinonimo di Chiesa: “fare di nuovo un concilio”. Essa deve essere “casa per tutti”, scandisce Francesco all’inizio e alla fine del discorso.

Ecco una casa per tutti, aperta e inclusiva, così come dev’essere la Chiesa, famiglia dei figli di Dio dove l’ospitalità e l’accoglienza, valori tipici della cultura indigena, sono essenziali: dove ognuno deve sentirsi benvenuto, indipendentemente dalle vicende trascorse e dalle circostanze di vita individuali.

Cosa è l’educazione
È la zizzania all’origine di tante operazioni dannose, ricorda il Papa che qualche ora prima a Maskwacis ha chiesto “perdono con dolore” per il male subìto dalle popolazioni indigene e il cui pensiero lo ferisce. Poi torna a chiarire lo spirito che dovrebbe guidare l’opera educativa:

Mi ferisce pensare che dei cattolici abbiano contribuito alle politiche di assimilazione e affrancamento che veicolavano un senso di inferiorità, derubando comunità e persone delle loro identità culturali e spirituali, recidendo le loro radici e alimentando atteggiamenti pregiudizievoli e discriminatori, e che ciò sia stato fatto anche in nome di un’educazione che si supponeva cristiana. L’educazione deve partire sempre dal rispetto e dalla promozione dei talenti che già ci sono nelle persone. Non è e non può mai essere qualcosa di preconfezionato da imporre, perché educare è l’avventura di esplorare e scoprire insieme il mistero della vita.

E qui il Papa aggiunge un ringraziamento speciale ai vescovi che si sono adoperati per organizzare la visita in queste terre. “Una Conferenza episcopale unita fa cose grandi, dà molti frutti”, ha precisato.

È Gesù che ci riconcilia
Francesco si fa ispirare dall’immagine dell’altare della chiesa che assomiglia a un tronco d’albero con rami che si alzano per sostenerlo. Il tema dell’albero è caro agli indigeni: una simbologia che rimanda al significato vitale della terra e delle radici. Liturgicamente, sull’altare Gesù ci riconcilia nell’Eucaristia, abbracciando tutto il creato. Facendo riferimento al discorso che in questo Paese pronunciò San Giovanni Paolo II nel 1984, Bergoglio cita anche la simbologia dei punti cardinali applicati al significato cristologico di Gesù che avvolge l’universo e riconcilia tutte le cose. Un’opera, la riconciliazione, che è una grazia da chiedere, non tanto un nostro risultato, dirà più avanti.

La riconciliazione operata da Cristo non è stata un accordo di pace esterno, una sorta di compromesso per accontentare le parti. Nemmeno è stata una pace calata dal cielo, arrivata per imposizione dall’alto o per assorbimento dell’altro. L’Apostolo Paolo spiega che Gesù riconcilia mettendo insieme, facendo di due realtà distanti un’unica realtà, una cosa sola, un solo popolo. E come fa? Per mezzo della croce (cfr Ef 2,14). È Gesù che ci riconcilia fra di noi sulla croce, su quell’albero di vita, come amavano chiamarlo gli antichi cristiani.

“Immagino la fatica in chi ha sofferto tremendamente”
Nelle parole di Papa Francesco si percepisce l’altissima consapevolezza del male subìto da queste comunità da parte di “uomini e donne che dovevano dare testimonianza di vita cristiana”. Aver attraversato l’oceano, peraltro in condizioni di fragilità fisica, lo dimostra. Lo stile di parresìa del Pontefice spicca ancora in questi passaggi:

Nulla può cancellare la dignità violata, il male subìto, la fiducia tradita. E nemmeno la vergogna di noi credenti deve mai cancellarsi. Ma occorre ripartire e Gesù non ci propone parole e buoni propositi, ma la croce, quell’amore scandaloso che si lascia infilzare i piedi e i polsi dai chiodi e trafiggere la testa di spine. Ecco la direzione da seguire: guardare insieme Cristo, l’amore tradito e crocifisso per noi; guardare Gesù, crocifisso in tanti alunni delle scuole residenziali. Se vogliamo riconciliarci tra di noi e dentro di noi, riconciliarci con il passato, con i torti subiti e la memoria ferita, con vicende traumatiche che nessuna consolazione umana può risanare, lo sguardo va alzato a Gesù crocifisso, la pace va attinta al suo altare.

Il Signore lascia liberi
Citando l’apostolo Paolo, il Papa rimarca che la Chiesa è ”corpo vivente di riconciliazione”. E torna a precisare che alla radice degli atteggiamenti a cui la Chiesa ha contribuito alimentando discriminazioni nei confronti degli autoctoni in queste regioni, c’è stata la seduzione della mondanità:

Questo atteggiamento è duro a morire, anche dal punto di vista religioso. Infatti, sembrerebbe più conveniente inculcare Dio nelle persone, anziché permettere alle persone di avvicinarsi a Dio. Ma non funziona mai, perché il Signore non agisce così: egli non costringe, non soffoca e non opprime; sempre, invece, ama, libera e lascia liberi. Egli non sostiene con il suo Spirito chi assoggetta gli altri, chi confonde il Vangelo della riconciliazione con il proselitismo. Perché non si può annunciare Dio in un modo contrario a Dio. Eppure, quante volte è successo nella storia! Mentre Dio semplicemente e umilmente si propone, noi abbiamo sempre la tentazione di imporlo e di imporci in suo nome. È la tentazione mondana di farlo scendere dalla croce per manifestarlo con la potenza e l’apparenza.

“Non capiti più nella Chiesa di fare così”
Lo scandisce a chiare lettere il Papa: “Gesù sia annunciato come Egli desidera, nella libertà e nella carità ».

Ogni persona crocifissa che incontriamo non sia per noi un caso da risolvere, ma un fratello o una sorella da amare, carne di Cristo da amare. La Chiesa, Corpo di Cristo, sia corpo vivente di riconciliazione!

Gli echi della Fratelli tutti sono ben visibili nelle parole pronunciate dal Papa nella chiesa del Sacro Cuore dei Primi popoli. Ancora una precisazione di cosa sia davvero la Chiesa:

È il luogo dove si smette di pensarsi come individui per riconoscersi fratelli guardandosi negli occhi, accogliendo le storie e la cultura dell’altro, lasciando che la mistica dell’insieme, tanto gradita allo Spirito Santo, favorisca la guarigione della memoria ferita.

La Chiesa non è un un’idea da inculcare
La riconciliazione è il frutto della preghiera e delle storie condivise  dice il Papa  un cammino con Dio che procede nel quotidiano. Un cammino fatto di compassione e tenerezza, sapendo che la casa di Dio, il tabernacolo, è la sua tenda allestita per noi:

Questa è la via: non decidere per gli altri, non incasellare tutti all’interno di schemi prestabiliti, ma mettersi davanti al Crocifisso e davanti al fratello per imparare a camminare insieme. Questa è la Chiesa e questo sia: il luogo dove la realtà è sempre superiore all’idea. Questa è la Chiesa e questo sia: non un insieme di idee e precetti da inculcare alla gente, ma una casa accogliente per tutti! Questo è la Chiesa e questo sia: un tempio con le porte sempre aperte dove tutti noi, templi vivi dello Spirito, ci incontriamo, ci serviamo e ci riconciliamo.

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Le parole di Papa Francesco sulla vita

Posté par atempodiblog le 25 juin 2022

Le parole di Papa Francesco sulla vita
Nei suoi nove anni di Pontificato, Francesco ha pronunciato parole molto chiare sulla difesa della vita nascente che, afferma, è legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. La vita, osserva, va difesa sempre: quella dei nascituri come quella degli anziani e dei malati o di chi rischia di morire per fame o sul lavoro o sui barconi dei migranti
di Vatican News

Le parole di Papa Francesco sulla vita dans Aborto Papa-Francesco-benedice-una-donna-incinta

La Chiesa difende la vita, in particolare la vita di chi non ha voce. Nella Chiesa – ricorda il Papa in “Evangelii gaudium” - c’è un segno che non deve mai mancare: “l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via” (EG 195). È l’attenzione preferenziale per i più deboli.

Al fianco dei più deboli e dei diritti umani
“Tra questi deboli, di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione – sottolinea Francesco – ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo. Frequentemente, per ridicolizzare allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri, si fa in modo di presentare la sua posizione come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Eppure questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno” (EG 213).

Non è progressista eliminare una vita umana
Papa Francesco ha parole chiare: “Non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione su questa questione. Voglio essere del tutto onesto al riguardo. Questo non è un argomento soggetto a presunte riforme o a ‘modernizzazioni’. Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana. Però è anche vero che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie, particolarmente quando la vita che cresce in loro è sorta come conseguenza di una violenza o in un contesto di estrema povertà. Chi può non capire tali situazioni così dolorose?” (EG 214). Il Papa ha parole molto forti: l’aborto “è un crimine. È fare fuori uno per salvare un altro. È quello che fa la mafia” (Conferenza stampa durante il volo di ritorno dal Messico, 17 febbraio 2016). “È come affittare un sicario per risolvere un problema” (Udienza generale,10 ottobre 2018).

Aborto, problema umano non religioso
Il Papa lo ha ripetuto più volte che il problema dell’aborto “non è un problema religioso: noi non siamo contro l’aborto per la religione. No. È un problema umano” (Conferenza stampa durante il volo di ritorno da Dublino, 26 agosto 2018). E spiega: “L’aborto è un omicidio. L’aborto… senza mezze parole: chi fa un aborto, uccide. Prendete voi qualsiasi libro di embriologia, di quelli che studiano gli studenti nelle facoltà di medicina. La terza settimana dal concepimento, alla terza settimana, tante volte prima che la mamma se ne accorga, tutti gli organi stanno già lì, tutti, anche il DNA. Non è una persona? È una vita umana, punto. E questa vita umana va rispettata (…) Scientificamente è una vita umana. I libri ci insegnano. Io domando: è giusto farla fuori, per risolvere un problema? Per questo la Chiesa è così dura su questo argomento, perché, se accetta questo, è come se accettasse l’omicidio quotidiano” (Conferenza stampa durante il volo di ritorno da Bratislava, 15 settembre 2021).

I piccoli gettati dagli spartani
“Da bambino, alla scuola – ricorda il Papa – ci insegnavano la storia degli spartani. A me sempre ha colpito quello che ci diceva la maestra, che quando nasceva un bambino o una bambina con malformazioni, lo portavano sulla cima del monte e lo buttavano giù, perché non ci fossero questi piccoli. Noi bambini dicevamo: ‘Ma quanta crudeltà!’. Fratelli e sorelle, noi facciamo lo stesso, con più crudeltà, con più scienza. Quello che non serve, quello che non produce va scartato. Questa è la cultura dello scarto, i piccoli non sono voluti oggi” (Omelia a San Giovanni Rotondo, 17 marzo 2018).

Difendere ogni vita, sempre
Francesco ricorda che stare dalla parte della vita non vuol dire occuparsene solo al suo inizio o alla sua fine, ma significa difenderla sempre: “Il grado di progresso di una civiltà si misura proprio dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili, più che dalla diffusione di strumenti tecnologici. Quando parliamo dell’uomo, non dimentichiamo mai tutti gli attentati alla sacralità della vita umana. È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia. È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza. È attentato alla vita la morte per denutrizione. È attentato alla vita il terrorismo, la guerra, la violenza; ma anche l’eutanasia. Amare la vita è sempre prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, coltivare e rispettare la sua dignità trascendente” (Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dall’associazione Scienza e vita, 30 maggio 2015).

La misericordia è per tutti
Il Papa sottolinea il dramma che vivono le donne e a chi lo accusa di non avere misericordia risponde così: “Il messaggio della misericordia è per tutti, anche per la persona umana che è in gestazione. È per tutti. Dopo aver fatto questo fallimento, c’è misericordia pure, ma una misericordia difficile, perché il problema non è nel dare il perdono, il problema è nell’accompagnare una donna che ha preso coscienza di avere abortito. Sono drammi terribili. Una volta ho sentito un medico che parlava di una teoria secondo cui – non mi ricordo bene… – una cellula del feto appena concepito va al midollo della mamma e lì c’è una memoria anche fisica. Questa è una teoria, ma per dire: una donna quando pensa a quello che ha fatto… Io ti dico la verità: bisogna essere nel confessionale, e tu lì devi dare consolazione, non punire niente. Per questo io ho aperto la facoltà di assolvere [dal peccato di] aborto per misericordia, perché tante volte – ma sempre – devono incontrarsi con il figlio. E io consiglio, tante volte, quando piangono e hanno quest’angoscia: “Tuo figlio è in cielo, parla con lui, cantagli la ninna nanna che non hai cantato, che non hai potuto cantargli”. E lì si trova una via di riconciliazione della mamma con il figlio. Con Dio già c’è: è il perdono di Dio. Dio perdona sempre. Ma la misericordia è anche che lei [la donna] elabori questo. Il dramma dell’aborto. Per capirlo bene, bisogna essere in un confessionale. È terribile » (Conferenza stampa durante il volo di ritorno da Panama, 28 gennaio 2019).

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Trattare le anime con estrema delicatezza

Posté par atempodiblog le 23 avril 2022

Gesù a santa Faustina Kowalska:

“Desidero che la festa della Misericordia sia di riparo e rifugio per tutte le anime e specialmente per i poveri peccatori. In quel giorno sono aperte le viscere della Mia Misericordia, riverserò tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia Misericordia. L’anima che si accosta alla confessione ed alla santa Comunione, riceve il perdono totale delle colpe e delle pene. In quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me, anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto. La Mia Misericordia è talmente grande che nessuna mente, né umana né angelica, riuscirà a sviscerarla pur impegnandovisi per tutta l’eternità”.

“Figlia Mia, non desistere dal diffondere la Mia Misericordia, con ciò procurerai refrigerio al Mio Cuore, che arde del fuoco della compassione per i peccatori. Di’ ai Miei sacerdoti che i peccatori induriti si inteneriranno alle loro parole, quando essi parleranno della Mia sconfinata Misericordia e della compassione che ho per loro nel Mio Cuore. Ai sacerdoti che proclameranno ed esalteranno la Mia Misericordia, darò una forza meravigliosa, unzione alle loro parole e commuoverò i cuori ai quali parleranno”.

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Trattare le anime con estrema delicatezza
da Preti Misericordiosi – Siamo tutti peccatori, di Padre Livio Fanzaga

Per confessarmi sceglievo i preti che mi incoraggiavano. Magari c’era un prete che era una santa persona, ma se non dava la parola d’incoraggiamento non lo sceglievo. Anch’io ho avuto questa sensazione che è molto comune tra i fedeli… quando confessavo i peccati cercavo qualcuno che mi incoraggiasse e non che mi facesse la predica. Per molti anni sono andato a confessarmi da un sacerdote carmelitano per il quale c’erano file lunghissime di penitenti. Facevo volentieri la fila per confessarmi da lui perché, a dire il vero, arrivava addirittura a scusarti… cercava di capire le tue debolezze, le tue miserie ma nel medesimo tempo ti dava la parola d’incoraggiamento, per cui uno usciva in pace e rafforzato, spronato nella voglia di fare meglio. Questa è una grazia speciale. Se tu fai la predica a uno e poi dai l’assoluzione quello va via depresso, a volte anche contrariato. Ci vuole un’arte speciale che è un’arte sublime di trattare le anime con estrema delicatezza. Uno va volentieri a confessarsi se sente l’abbraccio fraterno se uno non sente questo fa fatica a confessarsi e poi non ci va più. La gente non cerca sconti. Se va a confessarsi è perché vuole liberarsi dal male, ma vuole sentire l’amore di Dio sul peccatore. Il più delle volte la gente che viene a confessarsi è molto più severa con se stessa di quanto non sia severo il confessore, quindi non è che si assolva tanto facilmente.

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Il Venerdì Santo e la novena alla Divina Misericordia

Posté par atempodiblog le 15 avril 2022

Il Venerdì Santo e la novena alla Divina Misericordia

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26 marzo 1937. Venerdì (Santo). Fin dal mattino ho provato nel mio corpo lo strazio delle Sue cinque Piaghe. Questa sofferenza è durata fino alle tre. Benché all’esterno non ci sia alcuna traccia, tuttavia queste torture non sono meno dolorose. Sono lieta che Gesù mi difenda dagli sguardi della gente. 

Alle undici Gesù mi ha detto: «O Mia Vittima, Tu sei un refrigerio per il Mio Cuore martoriato».

Dopo queste parole pensavo che il mio cuore prendesse fuoco. E m’introdusse in un’intima unione con Lui, ed il mio cuore si sposò col Suo Cuore in modo amoroso, sentivo i Suoi più deboli palpiti ed Egli i miei. Il fuoco provocato dal mio amore venne unito all’ardore del Suo amore eterno. Questa grazia supera per la sua enormità tutte le altre.La Sua Essenza Trina mi avvolse totalmente e fui tutta immersa in Lui. In un certo senso la mia piccolezza si scontrò col Sovrano immortale. Fui immersa in un amore inconcepibile e in un inconcepibile tormento, a causa della Sua Passione. Tutto ciò che riguardava il Suo Essere, si comunicava anche a me. Gesù mi aveva fatto conoscere e pregustare questa grazia, ma oggi me l’ha concessa. Non avrei osato nemmeno sognare una simile grazia. Il mio cuore è come in una continua estasi, sebbene all’esterno nulla m’impedisca di trattare col prossimo e di sbrigare varie faccende. Nulla è in grado d’interrompere la mia estasi, né alcuno riesce a supporla, poiché L’ho pregato che si degnasse di preservarmi dagli occhi della gente. E con questa grazia è entrato nella mia anima tutto un mare di luce nella conoscenza di Dio e di me stessa e lo stupore m’invade tutta e mi trasporta come in una nuova estasi, per il fatto che Iddio si è degnato di abbassarsi fino a me così piccola.

Alle tre ho pregato, stesa in croce, per il mondo intero. Gesù ormai ha concluso la sua vita mortale, ho udito le Sue sette parole, poi ha guardato verso di me ed ha detto: «Diletta figlia del Mio Cuore, tu sei un refrigerio per Me fra questi orribili tormenti».

Gesù mi ordina di fare una novena prima della festa della Misericordia e debbo cominciarla oggi per la conversione del mondo intero e perché venga conosciuta la Misericordia di Dio. “Perché ogni anima esalti la Mia bontà. Desidero fiducia dalle Mie creature. Esorta le anime ad una grande fiducia nella Mia insondabile Misericordia. L’anima debole, peccatrice, non abbia timore di accostarsi a Me, ed anche se avesse più peccati di quanti granelli di sabbia ci sono sulla terra, tutto sprofonderà nell’abisso della Mia Misericordia”.

Quando Gesù diede l’ultimo respiro, la mia anima fu annientata dal dolore e per lungo tempo non mi fu possibile ritornare in me. Trovai un qualche sollievo nelle lacrime. Colui, che il mio cuore ama ardentemente, muore. C’è qualcuno che possa comprendere il mio dolore? Prima di sera ho udito per radio un canto, e precisamente i salmi cantati da sacerdoti. Sono scoppiata a piangere e tutto il dolore mi si è rinnovato nell’anima e piangevo non riuscendo a trovare conforto al mio dolore.

All’improvviso ho udito una voce nell’anima: «Non piangere, non soffro più. E per la fedeltà con la quale Mi hai accompagnato nella Passione e nella morte, la tua morte sarà solenne e ti farò compagnia in quell’ultima ora. Diletta perla del Mio Cuore, vedo il tuo amore così puro, più di quello degli angeli, proprio di più, perché tu combatti. Per te benedico il mondo. Vedo i tuoi sforzi verso di Me ed essi affascinano il Mio Cuore».

Dopo queste parole ho smesso di piangere, ma ho ringraziato il Padre Celeste per averci inviato Suo Figlio e per l’opera della redenzione del genere umano.

dal Diario di Suor Faustina Kowalska

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Medjugorje: la voce dei profughi ucraini, “scelti per portare questa Croce”. La festa dei bambini

Posté par atempodiblog le 20 mars 2022

Medjugorje: la voce dei profughi ucraini, “scelti per portare questa Croce”. La festa dei bambini
Una settimana fa sono arrivati a Medjugorje circa 200 profughi ucraini, tutte donne con figli tra 1 e 15 anni. I primi in tutta la Bosnia-Erzegovina. Altri ne arriveranno nelle prossime settimane. La città mariana ha aperto le sue porte e ha avviato un cammino di accoglienza materiale e spirituale. Domenica è stata una giornata di festa. Questo il racconto del Sir.
di Daniele Rocchi – Agenzia SIR
Tratto da: 
Toscana Oggi

Medjugorje: la voce dei profughi ucraini, “scelti per portare questa Croce”. La festa dei bambini dans Articoli di Giornali e News Medjugorje-la-voce-dei-profughi

(Medjugorje) “Cari bambini, mi chiamo Zlatko, un nome insolito, per questo tutti mi chiamano Zlaya. Vado in quarta elementare. Mi dispiace molto per quello che vi è successo. Sappiamo tutti che la vita è piena di ostacoli, ma io so che ce la farete a superarli. Prego tutti i giorni che la guerra finisca il prima possibile così che possiate fare rientro nelle vostre case e nelle vostre scuole. Vi voglio bene”. Poche righe scritte a mano su un foglio dove campeggiano la bandiera ucraina e quella bosniaca, in mezzo un cuore rosso. Così il piccolo Zlatko, un bambino della parrocchia di Siroki Brijeg, non distante da Medjugorie, ha voluto salutare i suoi coetanei ucraini accolti, con madri e sorelle, nel centro noto al mondo per le apparizioni mariane. La guerra in Ucraina ha raggiunto la Bosnia-Erzegovina, che proprio in questi giorni ricorda i 30 anni dello scoppio della guerra e dell’assedio di Sarajevo. Circa 200 profughi, infatti, sono giunti una settimana fa nel santuario dove si venera Maria, Regina della Pace. Un ulteriore motivo per sentirsi al sicuro e per pregare per i loro uomini rimasti in patria a combattere contro i russi.

Vivere in guerra. “Si tratta solo di donne e bambini dagli 1 ai 15 anni che arrivano da gran parte dell’Ucraina sotto attacco, Kiev esclusa – racconta al Sir Davor Ljubic, uno dei promotori dell’accoglienza -. Al momento ci sono oltre 200 ucraini qui a Medjugorje, la gran parte è registrata presso la Croce Rossa che così fornisce cure e assistenza medica, insieme alla vaccinazione anti Covid-19. Tanti abitanti del posto hanno messo a loro disposizione delle stanze e appartamenti. Noi bosniaci sappiamo bene che significa vivere in guerra e questo è il minimo che possiamo fare per dare aiuto a chi sta soffrendo la perdita di tutto”. A Medjugorje gli scampati dalla guerra in Ucraina trovano anche assistenza spirituale e pastorale. “Il loro pensiero è rivolto ai congiunti rimasti in Patria a combattere – spiega al Sir, padre Arturo, giovane sacerdote pallottino, di origini polacche che parla molto bene ucraino – il mettersi nelle mani di Dio e di Maria dona loro sollievo. Da parte nostra cerchiamo di ascoltarli molto e di dare loro conforto attraverso colloqui personali, l’amministrazione dei Sacramenti. Facciamo ogni cosa che serve ad aprire il cuore alla speranza”.

“Scelti per portare la croce”. Domenica 13 è  stato un giorno di festa perché i bambini delle parrocchie, anche quelle vicine a Medjugorje, hanno voluto preparare dei regali per i loro amici ucraini. In cerchio hanno cantato canzoni delle rispettive tradizioni, i bambini ucraini intonato un canto popolare ucraino sui versi di Taras Hryhorovyč Ševčenko, uno dei più grandi poeti ucraini. Dalla sua penna sono usciti versi patriottici come: “…Crederemo ancora un po’ alla libertà, Poi cominceremo a vivere Tra la gente, come la gente. E finché sarà così, Amatevi, fratelli miei, Amate l’Ucraina, E pregate il Signore Per lei”. Mentre i piccoli cantavano i volti degli adulti si rigavano di lacrime, scattavano foto da mandare al fronte, cercavano un contatto con chi è rimasto a casa per condividere un po’ di festa. Per tranquillizzarli ed esorcizzare la paura. La fatica, è il racconto Daryna (nome di fantasia), “è quella di non far trapelare nulla ai nostri figli del peggioramento della situazione in Ucraina. Abbiamo notizie che parlano di combattimenti e di attacchi a zone che finora erano state risparmiate dalla guerra”. Olia viene da Ternopiľ, una città dell’Ucraina occidentale. A lei fanno riferimento le madri del gruppo arrivato a Medjugorje. Olia conosce bene Medjugorje perché qui è venuta molte volte in pellegrinaggio prima della guerra: “Lasciare il nostro Paese è stata una scelta molto difficile. Uscire è stato molto complicato dal punto di vista logistico, ci muovevamo solo di notte. Finché siamo rimaste in Ucraina evitavamo di guardare la televisione per non pensare sempre alla guerra. Per questo il tempo che avevamo lo dedicavamo ad aiutare persone in difficoltà o che non potevano muoversi”.

“I momenti peggiori erano quando di notte suonavano gli allarmi antiaerei. Non sapevamo cosa fare, dove andare a nasconderci. Allora ci mettevamo seduti sul pavimento a recitare il Rosario”.

Ora il Rosario lo recita mentre sale sul monte delle Apparizioni, un cammino per lei familiare. Come la Via Crucis. “Molto del nostro tempo – ancora parole della donna – lo trascorriamo pregando. Preghiamo per chiedere di tornare presto a casa, preghiamo per la pace e salvezza di tutti”. Una lunga e continua preghiera di intercessione per la pace che parte da Medjugorje e che arriva dentro le città martiri ucraine. “Siamo grati al mondo per la solidarietà e a Papa Francesco per la sua continua vicinanza. Abbiamo capito che siamo stati scelti per portare questa Croce ed è ciò che facciamo”.

Tempo di sperare. Intanto il biglietto di Zlatko è passato di mano in mano come i regali, palloni, giochi di società, dolcetti, peluche, dvd, bambole e costruzioni. Chi lo legge lo rimette nello scatolone dei regali, così che tutti possano vederlo e leggerlo. Una bambina si tiene stretto un peluche – “ne aveva uno simile a casa in Ucraina, un regalo del papà” ci fa capire la mamma –. Nel prato due piccole squadre di calcio miste, bambini ucraini e bosniaci insieme. Giacche a vento a delimitare le porte. Questo è il tempo di giocare e di sperare.

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Russia e Ucraina, l’abbraccio e il perdono

Posté par atempodiblog le 17 mars 2022

Russia e Ucraina, l’abbraccio e il perdono
Il 25 marzo papa Francesco consacrerà la Russia e l’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, rinnovando il gesto di san Giovanni Paolo II
di Don Federico Pichetto – Il Sussidiario

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“Siete andati così bene fino ad oggi, perché adesso voi cattolici tirate fuori il vostro armamentario magico?”. Il bicchierino del primo caffè della mattina finisce nel cestino insieme alla tagliente frase che la collega pronuncia commentando la notizia della consacrazione al Cuore Immacolato di Maria della Russia e dell’Ucraina, decisa da papa Francesco per il prossimo 25 marzo, festa dell’Annunciazione e giornata di preghiera della Chiesa in adorazione eucaristica per le cosiddette “24 ore per il Signore”, momento penitenziale forte all’interno della Quaresima.

Eppure ai vescovi dell’Ucraina che quotidianamente vivono sotto le bombe, rischiando la loro vita per non abbandonare il popolo, non è venuto in mente niente di più concreto e di più solido che chiedere al Papa di compiere proprio quel gesto, attribuendogli un grande significato simbolico, penitenziale e decisivo per le sorti della nazione ucraina.

Il tutto si arricchisce di un’attenzione che lascia trapelare quanto il Pontefice condivida fermamente questa decisione: infatti non solo lui compirà l’atto nella Basilica di San Pietro, ma lo stesso giorno la consacrazione sarà ripetuta dal cardinal Krajewski – Elemosiniere del Papa – proprio a Fatima.

La Chiesa dalla quale ci si aspetta iniziative diplomatiche, provvedimenti per i profughi, raccolte di beni per i più poveri, si presenta ai fedeli con un gesto così apparentemente straniante che viene da chiedersi in quale brandello di esperienza della vita esso trovi senso e fondamento. Il fatto è che consacrare qualcosa, nella dinamica della fede, significa determinare un’appartenenza, un destino, un abbraccio, significa avere fiducia che ciò che veramente cura l’esistenza – e cambia la storia – non è qualcosa che l’uomo può fare, ma un bene a cui deve cedere. Nella mentalità comune l’umanità è abituata prima a mettercela tutta e poi a farsi aiutare, come se la questione dirimente fosse l’azione umana, lo sforzo del singolo: nell’esperienza cristiana ciò che cura e guarisce è lo sguardo di un Altro, l’abbraccio di Qualcuno che cambia il nostro cuore in profondità.

È la Grazia che mette in moto la libertà, non la libertà che genera la Grazia. C’è un punto dell’esistenza, un istante del vivere, in cui l’unica cosa davvero concreta da desiderare è il cambiamento del cuore. In quel preciso spazio la preghiera diventa necessaria come l’aria, affinché il fiotto di un’inaudita primavera irrompa nel grigiore con cui normalmente percepiamo tutto. Mettersi nell’ottica di offrire questo abbraccio all’Ucraina e alla Russia significa scegliere lo sguardo di Dio, uno sguardo che va oltre la politica e le evidenti responsabilità storiche della guerra, per offrirsi a chi piange e a chi soffre come “misericordia” che argine gli errori delle nazioni e restituisce alla storia l’identità di un popolo, identità che è superiore alle barriere degli Stati e che trova nel pieno riconoscimento della reciproca fraternità la sua più completa manifestazione.

Dio sta dalla parte dell’umano, Dio sta dalla parte delle nostre ferite. La maternità di Maria non è un pio esercizio di immaginazione, ma l’irruzione nel tempo di una forza impensata, non scontata, dirompente. Nessuno può fare finta di niente di fronte a Uno che ti abbraccia e ti perdona. È così che Dio spazza via tutte le resistenze, tutte le meschinità, anche il perfido cinismo con cui siamo abituati a bere il primo caffè della mattina.

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Regina della pace

Posté par atempodiblog le 26 février 2022

Regina della pace
di Gertrude von Le Fort

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Aiutaci, dolce Vergine Maria, aiutaci a dire: ci sia pace per il nostro povero mondo.

Tu che fosti salutata dallo Spirito della Pace, ottieni pace per noi.
Tu che accogliesti in Te il Verbo della Pace, ottieni pace per noi.
Tu che ci donasti il Santo Bambino della Pace, ottieni pace per noi.
Tu che sei vicina a Colui che riconcilia e dici sempre sì a Colui che perdona, votata alla sua eterna misericordia, ottieni a noi la pace.

Astro clemente nelle notti feroci dei popoli, noi desideriamo la pace.
Colomba di dolcezza tra gli avvoltoi dei popoli, noi aspiriamo alla pace.
Ramoscello di ulivo che germoglia nelle foreste bruciate dei cuori umani, noi abbiamo bisogno di pace.
Perché siano finalmente liberati i prigionieri, gli esiliati ritornino in patria, tutte le ferite siano risanate, ottieni per noi la pace.

Per l’angoscia degli uomini, ti chiediamo la pace.
Per i bambini che dormono nelle loro culle, ti chiediamo la pace.
Per i vecchi che vogliono morire nelle loro case, ti chiediamo la pace.
Madre dei derelitti, nemica dei cuori di pietra, stella che risplendi nelle notti dell’assurdo, ti chiediamo la pace.

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Missionari e missionarie di Don Orione: “Noi restiamo qui, non possiamo abbandonare i nostri ragazzi disabili, le mamme, i bambini, i poveri”

Posté par atempodiblog le 25 février 2022

EUROPA/UCRAINA  Missionari e missionarie di Don Orione: “Noi restiamo qui, non possiamo abbandonare i nostri ragazzi disabili, le mamme, i bambini, i poveri”

Missionari e missionarie di Don Orione: “Noi restiamo qui, non possiamo abbandonare i nostri ragazzi disabili, le mamme, i bambini, i poveri” dans Articoli di Giornali e News Ucraina

Roma (Agenzia Fides Don Giovanni Carollo, direttore della provincia religiosa “Madre della Divina Provvidenza” dei Figli della Divina Provvidenza (Don Orione) da cui dipende la missione orionina in Ucraina, in contatto con i sacerdoti di Don Orione presenti a Kiev e a Leopoli, nel comunicato inviato a Fides riporta le notizie che gli arrivano dai confratelli.

Don Moreno Cattelan, che si trova a Kiev, riferisce che “è in vigore la legge marziale, si raccomanda di mantenere la calma e se suona l’allarme raggiungere i rifugi. Nella notte è stato bombardato l’aeroporto militare della città, situato nei pressi della casa orionina. Molte persone stanno lasciando la capitale formando lunghi incolonnamenti di auto. Non è semplice reperire carburante”.

“Anche a Leopoli (L’viv) sono suonate più volte le sirene  fa sapere Don Fabio Cerasa , c’è un traffico pazzesco, perché tutti stanno scappando. Noi siamo qui in casa. I distributori di carburante sono presi d’assalto, così come i bancomat. L’aeroporto è stato già chiuso”. Don Egidio Montanari, sempre da L’viv, riferisce che “l’attacco è su tutta la nazione, da questa mattina continuano a suonare le sirene antiaeree, non abbiamo ancora sentito esplosioni ma credo che ci sia un pericolo di bombardamento dell’aeroporto della città, perché stanno facendo questo in varie città dell’Ucraina. Noi restiamo qui, non possiamo abbandonare il campo, la casa e soprattutto i nostri ragazzi disabili perché hanno solo noi. Vediamo come evolverà la situazione ».
Nel frattempo si è deciso che Don Moreno Cattelan lasci Kiev per raggiungere i confratelli a L’viv così da stare tutti insieme. Ma avendo solo metà serbatoio, si incontreranno a metà strada per poi rientrare a L’viv.

Questa mattina anche le Piccole Suore Missionarie della Carità (Don Orione) sono riuscite a mettersi in contatto con le suore che si trovano a Kharkiv, città tra le più colpite dall’attacco russo, e nella vicina Korotycz. Suor M. Kamila da Kharkiv ha riferito che sono state svegliate nella notte dal rumore degli spari. La situazione è molto delicata. Il Cardinale ha chiesto alle Suore orionine delle due comunità di riunirsi tutte a Korotyc, perché ritenuta più sicura. Alle Suore, appartenenti alla provincia polacca, è stato chiesto se preferivano rientrare in Polonia, ma tutte hanno scelto di rimanere accanto alle mamme, ai bambini e ai poveri che assistono. Come i sacerdoti orionini anche le suore hanno chiesto di pregare.

I superiori generali dei Figli della Divina Provvidenza (Don Orione) e delle Piccole Suore Missionarie della Carità, don Tarcisio Vieira e Madre M. Mabel Spagnuolo hanno manifestato alle religiose e ai sacerdoti orionini e alla popolazione ucraina la vicinanza di tutta la Famiglia Carismatica Orionina, assicurando preghiere per la pace.

(SL) (Agenzia Fides 24/02/2022)

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