VATICANO – Riconosciuto il miracolo di Pauline Jaricot: la gioia delle Pontificie Opere Missionarie

Posté par atempodiblog le 28 mai 2020

VATICANO – Riconosciuto il miracolo di Pauline Jaricot: la gioia delle Pontificie Opere Missionarie

VATICANO – Riconosciuto il miracolo di Pauline Jaricot: la gioia delle Pontificie Opere Missionarie dans Articoli di Giornali e News Paolina-Maria-Jaricot
Pauline Marie Jaricot e santa Filomena

Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “E’ un momento di grande gioia per le Pontificie Opere Missionarie in tutto il mondo. Siamo estremamente felici perché la Congregazione per le Cause dei Santi ha reso noto il riconoscimento del miracolo attribuito a Pauline Jaricot, laica francese, fondatrice della Pontificia Opera per la Propagazione della Fede, la prima delle Pontificie Opere Missionarie. Questo è un passo molto importante: significa che il suo impegno per la missione, fatto di preghiera e carità, parla ed è ancora significativo oggi per la Chiesa universale”: lo dichiara all’Agenzia Fides l’Arcivescovo Giampietro Dal Toso, Presidente delle Pontificie Opere Missionarie e Segretario aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, commentando la promulgazione del Decreto della Congregazione delle Cause dei Santi.

Il 26 maggio, il Santo Padre Francesco ha autorizzato il Cardinale Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, a promulgare il Decreto riguardante il miracolo attribuito all’intercessione della Venerabile Serva di Dio Paolina Maria Jaricot, Fondatrice delle Opere del “Consiglio della Propagazione della Fede” e del “Rosario Vivente”; nata il 22 luglio 1799 a Lione (Francia) e ivi morta il 9 gennaio 1862.

Nata a Lione in un periodo di rapidi sconvolgimenti politici e culturali, Paoline Maria Jaricot nel 1822 fondò l’Associazione della Propagazione della Fede, con la caratteristica della universalità. Intuì che il problema della cooperazione missionaria non era aiutare questa o quella missione, ma tutte, senza distinzione. Da lei prese inizio quel grande movimento di cooperazione missionaria che doveva gradualmente coinvolgere tutta la Chiesa. Appassionata per la diffusione del Regno di Dio, era fermamente convinta che l’opera missionaria non traesse la sua efficacia dalle risorse umane, ma esclusivamente da Dio. Nel 1826 fondò quindi il movimento del “Rosario Vivente”: gruppi di persone a cui ogni mese, dopo una Eucarestia, veniva affidato un Mistero del Rosario da pregare per le missioni. Alla sua esistenza non mancò la croce, e passò l’ultimo periodo della sua vita in assoluta povertà. E’ stata dichiarata Venerabile da Giovanni XXIII il 25 febbraio 1963. (Agenzia Fides, 27/05/2020)

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LETTURE/ San Charbel, Dio si prende cura anche della carne dell’uomo

Posté par atempodiblog le 23 mai 2020

LETTURE/ San Charbel, Dio si prende cura anche della carne dell’uomo
La storia di due santi specializzati in guarigioni mediche e che in questo periodo di pandemia è opportuno ricordare. Cominciando da san Charbel Makluf
di Giuseppe Emmolo – Il Sussidiario

LETTURE/ San Charbel, Dio si prende cura anche della carne dell’uomo dans Articoli di Giornali e News Fiaccolata
Fiaccolata per la vita (LaPresse)

I padiglioni della fiera trasformati in reparti di terapia intensiva sono stati dedicati dall’arcivescovo di Milano mons. Delpini a due santi, Riccardo Pampuri (1897-1930) e san Charbel Makluf (1828-1898). La ragione è che il primo, san Riccardo, era frate e medico condotto e Charbel, monaco libanese, è un santo che fa i miracoli come san Riccardo ma, talvolta, interviene personalmente a operare i pazienti. Chi era Charbel? Niente di meglio per conoscerlo che capitare in un pellegrinaggio guidato da un monaco suo confratello, padre Elias al Jamhoury, monaco dell’Ordine libanese maronita, autore di un libro a lui dedicato (San Charbel. Itinerario nelle profondità, San Paolo 2015).

Non esiste nel mondo un fenomeno come quello che si ripete in Libano dal 1993 ad oggi, ogni 22 del mese, sulla tomba di san Charbel, ad Annaya, dove sorge un monastero dell’ordine dei monaci maroniti (la Chiesa maronita del Libano è una chiesa cattolica a tutti gli effetti e  prende il nome da san Marone, monaco siriaco vissuto tra il IV e il V secolo). Dalla sera del 21 di ogni mese e per tutto il 22 successivo da tutto il Libano sciamano in pellegrinaggio decine di migliaia libanesi (con punte fino a 35-40 mila), che si recano in preghiera sulla cripta del santo. È da notare che tra questi ci sono moltissimi musulmani.

I pellegrinaggi mensili sono nati alla fine della sanguinosa guerra civile (1977-1990) che ha devastato il Libano e fatto emigrare centinaia di migliaia di cristiani. In uno sperduto paese a nord di Beirut, ad Annaya, una signora libanese, Nohad, madre di numerosi figli, fu colpita da ictus cerebrale con doppia occlusione della carotide, che le paralizzò la parte sinistra del corpo. Per la lesione cerebrale non poteva più parlare né camminare e si poteva nutrire solo con una cannuccia. Nohad pregò Charbel e nella notte del 22 gennaio 1993 sognò due monaci. Il primo le disse: “sono Charbel e sono venuto ad operarti”. Nohad si spaventò, ma il santo aveva già iniziato l’intervento senza anestesia. Nohad sentì le due dita del santo che le incidevano la gola e provò un dolore lancinante. Il secondo monaco, san Marone, le sistemò il guanciale dietro la schiena e l’aiutò a sedersi sul letto, dicendole: “Ti abbiamo operato. Ora puoi alzarti, bere e camminare”. Il sogno era così reale che Nohad si svegliò. Con stupore si accorse di muovere braccio e gamba sinistra e allo specchio vide ai lati del collo due tagli di dodici centimetri ciascuno, chiusi con tre punti di sutura a destra e quattro a sinistra, da cui fuoriusciva un sottile filo chirurgico. La notizia si diffuse come un lampo in tutto il Libano. San Charbel apparve poi ancora in sogno a Nohad e le disse: “Ti ho lasciato le cicatrici per volere di Dio, perché tutti possano vederle, soprattutto quelli che si sono allontanati da Dio, perché tornino alla fede. Ti chiedo di recarti all’eremo ogni mese, ogni 22, ricorrenza della tua guarigione e partecipare alla Messa. Là io sono sempre presente”. Così iniziarono i pellegrinaggi.

Charbel nacque l’8 maggio 1828 a nord del Libano e gli venne dato nome Yussef (Giuseppe). Visse in un villaggio ad appena 3 km dalla Bekà Kafra (“Valle santa”), così detta perché, secondo la tradizione, Gesù vi passò più volte ed operò miracoli. Il 1° novembre 1853 divenne monaco col nome di Charbel, in onore di un martire del I secolo. Grande influenza sulla sua formazione ebbero, oltre la famiglia, i professori del seminario. L’anno successivo alla sua ordinazione sacerdotale (1859) assistette impotente ad un terribile massacro di 2.200 cristiani per mano dei Turchi. Visse 70 anni circa e per 23 anni fece l’eremita: dormiva non più di 5 ore per notte e pregava notte e giorno il Sacramento. Morirà il 24 dicembre 1898.  Dal 1950 alla fine del 1952 si registrarono oltre 2.200 miracoli. Oltre ai miracoli pervennero al monastero da tutte le parti del mondo ben 300mila lettere con richieste di reliquie o per testimoniare una guarigione. Tutte queste lettere sono oggi esposte nel museo del monastero di Annaya.

Dopo la sepoltura si notò una luce brillare sul monastero per ben 45 giorni ininterrottamente. A quattro mesi dalla morte venne aperta la tomba e il corpo fu trovato intatto e flessibile. Soltanto venne notato un liquido rossastro che gocciolava dal fianco. Questo fenomeno si riscontrerà nel 1926, 1950 e soprattutto nel 1952 dal 7 al 24 agosto. Raccolto dai fedeli, questo liquido diede sovente sollievo ai malati e li guarì. Riaperta ancora la bara si vide il corpo di padre Charbel galleggiare letteralmente nel liquido rossastro. Per arrestare il flusso i monaci pensarono di passare dell’alcol sul corpo e di esporlo al sole nella speranza che si decomponesse: dopo 5 mesi di tale trattamento il corpo continuava ad emanare profumo e ad emettere liquido!

Si decise allora di espiantare gli organi interni ma il corpo continuò a trasudare sangue e acqua. Si provò ad asciugare il corpo, ricoprendolo di calce viva, tenendo la salma in posizione verticale, per bruciare i suoi piedi al fine di assorbire il sangue filtrato e dare il via al processo di necrosi dei tessuti: il corpo restava intatto! A 40 anni dall’inizio del processo di canonizzazione (1926) Paolo VI lo proclamò beato (1965) e il 9 ottobre 1977 santo.

Ma c’è ancora un mistero che avvolge il corpo di Charbel. Esso è rimasto flessibile e “fresco” fino all’anno della beatificazione. Dopo, senza subire il normale processo di corruzione, si è decomposto in una maniera inspiegabile. Nel 1976, riaperta la tomba, apparve l’intero scheletro con tutte le sue ossa, di colore rosato, che aveva mantenuto una certa freschezza. Secondo la scienza, due mesi dopo il decesso, lo scheletro umano si trasforma in ossa bianche perforate ma fino al 2009 questo fenomeno non si è mai verificato per san Charbel.

Forse con la chiamata in campo di san Charbel, l’arcivescovo di Delpini non ha voluto soltanto invocare la fine della pandemia in una Lombardia in ginocchio. Ma ha voluto mandare un messaggio di speranza che andasse oltre l’emergenza. Il Dio cristiano non si interessa solo spiritualmente dell’uomo e del suo destino ma spesso suscita testimoni con cui dimostra di prendersi cura in senso letterale dell’uomo, come ha fatto san Charbel, che si è preso cura di una donna, addirittura eseguendo un’operazione chirurgica e con tanto di punti di sutura interni alla gola.

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Novena alla Divina Misericordia (dal 10 al 18 aprile 2020)

Posté par atempodiblog le 10 avril 2020

Novena alla Divina Misericordia (dal 25 marzo al 2 aprile 2016) dans Fede, morale e teologia Ges-confido-in-Te

La Festa della Divina Misericordia, secondo le apparizioni di Gesù a santa Faustina, deve essere preceduta da una novena, che va recitata ogni giorno a partire dal Venerdì Santo per nove giorni consecutivi, fino al sabato precedente la Festa della Misericordia (seconda Domenica di Pasqua, dal 10 al 18 aprile 2020, ndr).

Gesù per due volte espresse il desiderio che la sua confidente, attraverso una preghiera di nove giorni, si preparasse a questa Solennità. La Santa ci ha trasmesso la promessa del Salvatore rivolta a tutti i fedeli e contenuta in queste parole: “Durante questa novena elargirò alle anime grazie di ogni genere”.

Sebbene il tempo tra il Venerdì Santo e la seconda Domenica di Pasqua possegga un particolare privilegio, tuttavia la novena alla Divina Misericordia può essere recitata anche in qualsiasi altro periodo dell’anno. (Radio Maria)

Per recitare la novena cliccare qui Freccia dans Viaggi & Vacanze NOVENA ALLA DIVINA MISERICORDIA

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Il Papa ricorda i sacerdoti morti per essere vicini ai malati

Posté par atempodiblog le 9 avril 2020

Il Papa ricorda i sacerdoti morti per essere vicini ai malati
Nell’Ultima cena Gesù istituisce l’Eucaristia e fonda il sacerdozio. E Papa Francesco nella Messa in Coena Domini ricorda la santità di tanti parroci anonimi e coloro che si sono sacrificati soprattutto in questo periodo di pandemia. A tutti raccomanda: sperimentate il perdono di Dio e perdonate con generosità
di Adriana Masotti – Vatican News

Il Papa ricorda i sacerdoti morti per essere vicini ai malati dans Commenti al Vangelo Santo-Padre

Un Giovedì Santo davvero particolare quello di quest’anno a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia che ha stravolto in poco tempo la vita di tutti. Anche i giorni del Triduo Pasquale, al centro della calendario liturgico, i più importanti per i cristiani, vedranno le chiese aperte ma le celebrazioni senza la presenza dei fedeli. Sarà così anche per le celebrazioni liturgiche di Papa Francesco. Il Papa non ha presieduto stamattina la Messa del Crisma con i sacerdoti di Roma, ma alle 18, all’altare della Cattedra in San Pietro, celebra la Messa in Coena Domini, che fa memoria dell’istituzione dell’Eucaristia.

La Basilica solo in apparenza vuota
La Basilica vaticana è vuota, con il Papa che indossa i paramenti di colore bianco, solo poche persone: i lettori, i cantori, alcuni sacerdoti e alcune religiose, un vescovo e il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica, tutti a distanza di sicurezza. Omesso il tradizionale rito della lavanda dei piedi che gli anni scorsi vedevano Francesco ripetere il gesto di Gesù a carcerati, poveri e rifugiati. L’ultima volta lo aveva fatto nella Casa Circondariale di Velletri o, nel 2018, in quella romana di Regina Coeli. Eppure, tramite i media sono probabilmente molto più numerosi del solito coloro che oggi partecipano alla Messa.

Gesù amò i suoi fino alla fine
Ad aprire la celebrazione è il canto del Gloria. La prima Lettura è tratta dal Libro dell’Esodo e riferisce le prescrizioni date dal Signore al suo popolo, per mezzo di Mosè e Aronne, per la cena pasquale. La seconda è un brano della seconda Lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi che ai fedeli ricorda: “Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché Egli venga”. La pagina del Vangelo secondo Giovanni è la descrizione dell’Ultima cena di Gesù con i suoi che, scrive, “amò fino alla fine”.

Eucaristia, servizio, unzione
Il Papa tiene l’omelia a braccio. Sottolinea tre parole che sono tre realtà al centro del Giovedì Santo: l’Eucaristia, il servizio, l’unzione. Il Signore vuole rimanere con noi, nell’Eucaristia, afferma Francesco, e noi diventiamo il suo tabernacolo. Gesù, continua, arriva a dire che “se non mangiamo il suo corpo e non beviamo il suo sangue, non entreremo nel Regno dei Cieli”. Ma per entrare nel Regno dei Cieli è necessaria anche la dimensione del servizio e Francesco prosegue:

Servire, sì, tutti. Ma il Signore, in quello scambio di parole che ha avuto con Pietro, gli fa capire che per entrare nel Regno dei Cieli dobbiamo lasciare che il Signore ci serva, che sia il Servo di Dio servo di noi. E questo è difficile da capire.

La grazia del sacerdozio
E poi il sacerdozio: il Papa dice che oggi desidera essere vicino a tutti i sacerdoti. Tutti dal primo all’ultimo, dice, siamo unti dal Signore, unti per celebrare l’Eucaristia e per servire. E se non è stato possibile oggi celebrare la Messa crismale con i sacerdoti, in questa di stasera il Papa vuole ricordare i sacerdoti, specie quelli che offrono la vita per il Signore, e che si fanno servitori degli altri. Ricorda le molte decine di sacerdoti che sono morti in Italia a causa del Covid-19, prestando servizio agli ammalati, assieme ai medici e al personale sanitario. “sono i Santi della porta accanto”, capaci di dare la vita. E poi ci sono i sacerdoti che prestano servizio nelle carceri o quelli che vanno lontano per portare il Vangelo e muoiono lì, quindi e prosegue:

Diceva un vescovo che la prima cosa che lui faceva, quando arrivava in questi posti di missione, era andare al cimitero e mettere sulla tomba dei sacerdoti che hanno lasciato la vita lì, giovani, per la peste del posto: non erano preparati, non avevano gli anticorpi, loro; nessuno ne conosce il nome.

Porto all’altare con me tutti i sacerdoti
Tanti i sacerdoti anonimi, i parroci di campagna o nei paesini di montagna, sacerdoti che conoscono la gente. “Oggi vi porto nel mio cuore e vi porto all’altare”, afferma Papa Francesco. E poi ci sono i sacerdoti calunniati che per strada vengono insultati:

Tante volte succede oggi, non possono andare in strada perché dicono loro cose brutte in riferimento al dramma che abbiamo vissuto con la scoperta dei sacerdoti che hanno fatto cose brutte.

Chiedere perdono e perdonare
Cita poi i sacerdoti, i vescovi e lui stesso “che non si dimenticano di chiedere perdono” perché “tutti siamo peccatori”.  E poi i sacerdoti in crisi, nell’oscurità. A tutti raccomanda solo una cosa: “non siate testardi come Pietro. Lasciatevi lavare i piedi. Il Signore è il vostro servo, Lui è vicino a voi per darvi la forza, per lavarvi i piedi”. Dall’essere perdonati a perdonare il peccato degli altri. Papa Francesco raccomanda un “cuore grande di generosità nel perdono” sull’esempio di Cristo.

Lì c’è il perdono di tutti. Siate coraggiosi. Anche nel rischiare nel perdonare, per consolare. E se non potete dare un perdono sacramentale in quel momento, almeno date la consolazione di un fratello che accompagna e lascia la porta aperta perché torni.

Il Papa conclude ringraziando il Signore per il sacerdozio e per i sacerdoti e dice infine: “Gesù vi vuole bene. Soltanto chiede che voi vi lasciate lavare i piedi”.

La preghiera al Signore perché vinca il male
Al momento della preghiera dei fedeli un diacono presenta cinque intenzioni. Si prega per la Chiesa perché “annunci a ogni uomo che solo in te c’è salvezza”; la seconda supplica il Signore di sostenere “le sofferenze dei popoli” e perché “i governanti cerchino il vero bene e le persone ritrovino speranza e pace ». La terza è per i sacerdoti perché siano “un riflesso vivo del sacrificio che celebrano e servano i fratelli con generosa dedizione”. Nella quarta si prega per i giovani, perché il Signore tocchi il loro cuore e loro lo seguano “sulla via della croce”, scoprendo “che solo in te c’è libertà, gioia e vita piena”. Infine si chiede a Dio di consolare l’umanità afflitta “con la certezza della tua vittoria sul male: guarisci i malati, consola i poveri e tutti libera da epidemie, violenze ed egoismi”. Una preghiera quanto mai attuale in mezzo alla ‘tempesta’ in cui stiamo vivendo.

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L’ora santa: Le parole di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque

Posté par atempodiblog le 9 avril 2020

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Piacenza ai confessori: la misericordia non si ferma

Posté par atempodiblog le 4 avril 2020

Piacenza ai confessori: la misericordia non si ferma
Lettera tratta da: Vatican News

Piacenza ai confessori: la misericordia non si ferma dans Cardinale Mauro Piacenza Card-Mauro-Piacenza

Lettera del cardinale Penitenziere in occasione della Pasqua: nell’emergenza provocata dalla pandemia,“Dio non si distanzia

La misericordia non si ferma. È questo il leitmotiv della lettera che il cardinale Mauro Piacenza ha inviato ai penitenzieri e confessori in occasione della Pasqua.

La riflessione del penitenziere maggiore prende le mosse dalle difficoltà che l’emergenza pandemia provoca anche nella vita delle comunità cristiane, con le attuali restrizioni in atto in moltissimi Paesi per arginare la propagazione del contagio. Ma, sottolinea appunto il cardinale, «la misericordia non si ferma e Dio non si distanzia». Infatti, sottolinea, il distanziamento sociale «richiesto per motivi sanitari, pur necessario», non può, «né deve mai tradursi in distanziamento ecclesiale».

Il cardinale ricorda in proposito che, qualora fosse impossibile «la celebrazione ordinaria del sacramento», i confessori sono chiamati «a pregare, a consolare, a presentare le anime alla divina misericordia», adempiendo al loro «ruolo sacerdotale di intercessori». In questi momenti più che mai, infatti, tutti hanno «bisogno della prossimità e della “carezza” di Gesù».

Il porporato sottolinea lo sforzo di quanti, in questi tempi di epidemia, si impegnano a rendere più creativa la pastorale per cercare di farsi prossimi al «popolo loro affidato, dando testimonianza di fede, di coraggio, di paternità». La misericordia si rende concreta anche nei «piccoli gesti di tenerezza e di amore compiuti verso i più poveri», in particolare «verso i morenti nelle corsie d’ospedale, verso gli operatori sanitari, verso chi è solo ed impaurito, verso chi non ha una casa nella quale trascorrere il tempo della quarantena o chi non riesce ad avere il necessario per sopravvivere».

Tutto ciò è vivificato dal sacrificio della messa, seppure «celebrata senza la presenza fisica del popolo, dalla quale scaturisce ogni grazia per la Chiesa e per il mondo». Grazie alla Croce, sottolinea il porporato, è donata a tutti gli uomini «la possibilità della salvezza e della riconciliazione». In tal senso, nonostante le attuali drammatiche circostanze, si è chiamati a riscoprire ciò che è essenziale nel ministero sacerdotale: «l’opera di Cristo più che la nostra, l’attuazione sacramentale della salvezza, di cui siamo ministri, cioè servi».

Scaturisce da qui quella misericordia che «non si ferma nella celebrazione della sacra liturgia» ma diventa «carità vissuta, che tende la mano amica a quanti soffrono e nel ministero sacerdotale è offerta del perdono di Dio». In questo senso, la misericordia si esprime anche «nella riscoperta dei valori per i quali vale la pena vivere e morire, nella riscoperta del silenzio, della adorazione e della preghiera, nella riscoperta della prossimità dell’altro e, soprattutto, di Dio». Non viene arrestata nemmeno dalla morte: infatti, anche chi è stato chiamato all’eternità «è raggiunto dalla preghiera di suffragio nella certezza pasquale che con la morte non si spezzano i rapporti ma si trasformano, rafforzati, nella comunione dei santi».

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Sabato Santo: preghiera in diretta social e tv davanti alla Sindone

Posté par atempodiblog le 4 avril 2020

Sabato Santo: preghiera in diretta social e tv davanti alla Sindone
L’annuncio in diretta streaming dall’arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, monsignor Cesare Nosiglia che presiederà la liturgia. Nella nostra intervista il presule spiega: “sarà molto di più di un’ostensione, staremo in silenzio con il Signore
di Gabriella Ceraso – Vatican News

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Laddove il sacro Telo è custodito, nella cappella della Cattedrale di Torino, visitata dal Papa nel giugno del 2015, Sabato Santo alle 17, l’Arcivesco di Torino vescovo di Susa, monsignor Cesare Nosiglia, guiderà una liturgia di preghiera e contemplazione, trasmessa sia in diretta televisiva sia sui canali e le piattaforme social. Al termine della diretta tv, sui social il dialogo e la riflessione continueranno con l’intervento di esperti e voci di “testimoni” del momento che stiamo vivendo.

“Cari amici sparsi in tutto il mondo, vi attendo sabato per elevare a Dio attraverso la contemplazione della Sindone una corale preghiera insieme al suo figlio Gesù nostro fratello e salvatore. Sì, la Sindone lo ripete al nostro cuore sempre: più forte è l’amore”. Così monsignor Nosiglia nell’annuncio fatto oggi in diretta streaming, in cui, ha precisato di aver raccolto le migliaia di richieste a lui giunte da persone di ogni fascia di età, di poter pregare davanti alla Sindone per “impetrare da Cristo morto e risorto – che il Sacro Telo ci presenta in un modo così vero e concreto – la grazia di vincere il male come ha fatto lui, confidando nella bontà e misericordia di Dio”.

La passione e la morte di Gesù, per amore
“Grazie alla televisione e ai social – ha detto il presule – questo tempo di contemplazione renderà disponibile a tutti, nel mondo intero, l’immagine del Sacro Telo, che ci ricorda la passione e morte del Signore, ma che apre anche il nostro cuore alla fede nella sua risurrezione.

L’annuncio pasquale che la Sindone ci porta a vivere è “Più forte è l’amore » e questo – ha sottolineato ancora monsignor Nosiglia – ci riempie il cuore di riconoscenza e di fede. “Sì, l’amore con cui Gesù ci ha donato la sua vita e che celebriamo durante la Settimana Santa è più forte di ogni sofferenza, di ogni malattia, di ogni contagio, di ogni prova e scoraggiamento. Niente e nessuno potrà mai separarci da questo amore, perché esso è fedele per sempre e ci unisce a lui con un vincolo indissolubile.

Avere fiducia e speranza
Il ricordo infine di quanto Papa Francesco ha scritto nel suo messaggio per l’ostensione del 2013 cioè che nella Sindone “è lui che ci guarda per farci comprendere quale grande amore ha avuto per noi, liberandoci dal peccato e dalla morte invitandoci ad avere fiducia, a “non perdere la speranza, la forza dell’amore di Dio e del Risorto vince tutto.

Molto più che un’ostensione, “staremo con Gesù
Nell’intervista rilasciata a Luca Collodi, il presule, subito dopo il suo annuncio, precisa che la Liturgia in programma sarà un ringraziamento a Gesù per il dono della Sua vita e anche una richiesta di aiuto per quanto viviamo tragicamente. Emblematica – spiega – la scelta del Sabato Santo perchè la Sindone rappresenta anche quella speciale giornata di silenzio e meditazione sul mistero della morte e in attesa delle resurrezione. “Vogliamo – dice – introdurci così, già nella veglia pasquale.

Nella seconda parte del collegamento dalla Cappella torinese, sabato, si potrà assistere al dibattito tra esperti: il presule spiega, nella nostra intervista, che sarà lasciato spazio a chi vive in prima persona il dramma attuale e non solo nella difficoltà ma anche nella dimensione della speranza e della fede: voci di medici e operatori pastorali, famiglie, anziani e tanti messaggi di solidarietà.

Sarà dunque una sorta di specile ostensione? In realtà conclude il presule sarà “molto meglio in quanto la Sindone la potremo vedere da vicino e quelle immagini “andranno nel cuore e nelle tristezze di tanta gente che ci seguirà. Sarà uno stare col Signore nel giorno in cui attendiamo la sua Resurrezizone.

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O Prigioniero d’amore

Posté par atempodiblog le 31 mars 2020

O Prigioniero d'amore dans Citazioni, frasi e pensieri Santa-Faustina-Kowalska

O Prigioniero d’amore, chiudo il mio povero cuore in questo tabernacolo, perché Ti adori incessantemente, giorno e notte.

Non conosco impedimenti in questa adorazione e, anche se sarò fisicamente lontana, il mio cuore è sempre con Te. Niente può costituire un ostacolo al mio amore verso di Te. Non esistono impedimenti per me.

O Gesù mio, Ti consolerò per tutte le ingratitudini, per le bestemmie, per la tiepidezza, per l’odio dei senza-dio, per i sacrilegi. O Gesù, desidero ardere come vittima pura e consumata davanti al trono del Tuo nascondimento. T’imploro incessantemente per i peccatori agonizzanti.

O Santissima Trinità, Indivisibile, unico Dio, sii benedetta per questo grande dono e testamento di misericordia!

Santa Faustina Kowalska

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Il Papa nel silenzio

Posté par atempodiblog le 28 mars 2020

Il Papa nel silenzio
I fuochi, l’adorazione, la benedizione in una piazza San Pietro vuota. “Da settimane – ha detto Francesco – sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.
di Matteo Matzuzzi – Il Foglio
Tratto da: Radio Maria

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Nella piazza vuota c’erano solo i fuochi accesi, l’icona della Salus populi romani, il Crocifisso miracoloso di San Marcello. Poco più in là, nell’atrio della basilica vaticana, l’altare per l’adorazione. Tutto immerso nel silenzio, interrotto solo dal verso di qualche gabbiano e dalle sirene delle ambulanze. In mezzo, il Papa. Un momento di preghiera straordinario per supplicare la fine dell’epidemia che resterà nella storia. La pioggia non ha smesso un attimo di cadere sul sagrato di San Pietro, mentre si proclamava il Vangelo – “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”, chiede Gesù agli apostoli turbati dalla tempesta di vento che aveva fatto riempire d’acqua la barca sulla quale si trovavano – e si cantavano le litanie. “Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: ‘Siamo perduti’, così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”, ha detto il Papa nella sua riflessione, tutta svolta attorno al tema della paura e della fede. “Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balìa della tempesta”. Una supplica accorata, terminata con la concessione dell’indulgenza plenaria e la benedizione urbi et orbi, alla città di Roma e al mondo intero. In silenzio anche questa: il Papa, affaticato, benediceva con il santissimo mentre le campane della basilica suonavano a festa.

Si è scritto più volte che il dramma che stiamo vivendo sarà ricordato anche da immagini-simbolo: i volti di medici e infermieri deturpati dall’uso continuo delle mascherine alla sequela dei camion militari con il loro carico di bare destinate ai crematori. Anche l’immagine del Pontefice da solo in piazza San Pietro, al crepuscolo di un venerdì d’inizio primavera, entrerà nei libri. Come vi era già entrata del resto l’istantanea della camminata in solitaria verso San Marcello al Corso, in una Roma deserta per la serrata. E come lo era stata la benedizione dalla finestra del Palazzo apostolico, dopo l’Angelus di domenica. Sotto di lui, il vuoto.

“Da settimane – ha detto Francesco – sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”. Alla fine, le telecamere indugiavano sulla grande navata della basilica, tutta illuminata. E’ lì che si terranno i riti della Settimana santa e della Pasqua. Il Papa celebrerà all’altare della Cattedra, senza popolo presente. La Via Crucis, anziché al Colosseo, si svolgerà in piazza San Pietro. Rimandata la messa crismale del giovedì santo, se ne riparlerà a emergenza finita. E così faranno le altre chiese in Italia e in gran parte del mondo. In queste ore i vescovi diocesani stanno comunicando ai fedeli calendari aggiornati e misure straordinarie per le celebrazioni, tutte comunque garantite in streaming, almeno laddove i sacerdoti saranno in grado di farlo.

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Novena per la patria

Posté par atempodiblog le 26 mars 2020

Novena per la patria dans Fede, morale e teologia Santa-Faustina

Una volta sentii queste parole: «Va’ dalla Superiora e chiedi che ti permetta di fare ogni giorno un’ora di adorazione per nove giorni; durante questa adorazione cerca di fare la tua preghiera con Mia Madre. Prega di cuore in unione con Maria; procura inoltre in questo tempo di fare la Via Crucis».

Ottenni il permesso non per un’ora intera, ma soltanto per il tempo che avevo, dopo compiuti i miei doveri. Dovevo fare quella novena per la patria.

Il settimo giorno della novena vidi la Madonna fra cielo e terra, in una veste chiara. Pregava con le mani giunte sul petto e lo sguardo rivolto al cielo e dal suo Cuore uscivano dei raggi di fuoco, alcuni dei quali erano diretti verso il cielo, mentre gli altri coprivano la nostra terra.

Divisore dans San Francesco di Sales

Freccia dans Viaggi & Vacanze  Via Crucis del Beato Giustino M. Russolillo

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Consacrazione, vescovi italiani: seguite il Portogallo

Posté par atempodiblog le 24 mars 2020

Consacrazione, vescovi italiani: seguite il Portogallo
I vescovi del Portogallo e della Spagna stanno compiendo un atto salvifico epocale con la Consacrazione al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria. Supplichiamo i nostri vescovi italiani di imitarli domani. ll Signore sta permettendo, nella sua infinita misericordia, che tocchiamo con mano la grande fragilità dell’uomo, della sua salute, dei suoi sistemi economici, delle sicurezze terrene. E lo sta facendo comprendere al mondo intero. Si tratta di un grande avvertimento, che sarebbe colpevole e foriero di conseguenze funeste non accogliere.
di Luisella Scrosati – La nuova Bussola Quotidiana

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In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede…”. Sono le ultime parole della seconda parte del segreto di Fatima, parole che da oltre un secolo fanno sì che in qualche modo si debba guardare al Portogallo con particolare attenzione, per cogliere i segnali della direzione da prendere di fronte ai tanti cambiamenti che hanno sconvolto il mondo e scosso la fede di intere nazioni. In Portogallo c’è un fenomeno molto particolare, che si registrava in Italia, ancora ai tempi di don Camillo: si può essere atei, comunisti, mangiapreti, ma quando si tira in ballo Lei, la Santissima Vergine di Fatima, si tira giù il cappello, in segno di rispetto.

Ed anche oggi, mentre c’è trepidazione per quello che sta accadendo a livello sanitario, ma ancor più per le decisioni che sono state prese a livello politico ed ecclesiale, una luce ci viene sempre da lì, dal Portogallo.

Domani, festa dell’Annunciazione della B. V. Maria, il Cardinale D. António Marto, vescovo di Leiria-Fatima, al termine del Santo Rosario che sarà pregato alle 18.30 (19.30 italiane) al Santuario di Fatima (e trasmesso qui), rinnoverà la consacrazione del Portogallo al Sacro Cuore di Gesù ed al Cuore Immacolato di Maria. E con loro ci saranno anche i vescovi spagnoli.

La prima consacrazione risale al 13 maggio del 1931, quando i vescovi, alla presenza di trecentomila fedeli, cercarono rifugio nel Cuore Immacolato per essere risparmiati dalla peste del comunismo, che stava invadendo l’Europa, in particolare la vicina Spagna. E la Madonna non fece mancare la sua speciale protezione: la guerra civile non coinvolse il Portogallo e a questa nazione furono risparmiate le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale. La consacrazione venne rinnovata sette anni dopo, per mantenere il voto che i vescovi portoghesi avevano pronunciato nel 1936: essi avevano chiesto di essere risparmiati dai comunisti; “in cambio” avrebbero rinnovato la consacrazione, per far conoscere al mondo intero la potenza della mediazione di Maria Santissima. I vescovi portoghesi avevano preso alla lettera le parole che la Madonna aveva indirizzato a Lucia il 13 giugno 1917: «Non ti scoraggiare, Io non ti abbandonerò mai. Il Mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e la via che ti condurrà a Dio»Dio ha stabilito un rifugio, come accadde con Noè, per salvare i suoi dalle tempeste del mondo; chi entra in questo rifugio non perisce.

In quegli anni fu sotto gli occhi di tutti l’eccezionalità del Portogallo, rispetto al resto dell’Europa. Il Cardinale Cerejeira ammise candidamente che “se vediamo i due anni che sono passati dal nostro voto, non si può non riconoscere che la mano invisibile di Dio ha protetto il Portogallo, risparmiandolo dalla furia della guerra e dalla piaga del comunismo ateo”.

Il 2 dicembre 1940, in piena guerra, Suor Lucia confidò in una lettera a Pio XII la ragione per cui il Portogallo veniva preservato dalla strage: “Santo Padre, Nostro Signore concede una speciale protezione al nostro Paese in questa guerra, per via della Consacrazione della Nazione, compiuta dai prelati portoghesi, al Cuore Immacolato di Maria, come prova delle grazie che verrebbero concesse ad altre nazioni se anch’esse si consacrassero a Lei”.

La Madonna ha chiesto questa consacrazione esplicitamente anche all’Italia. Il 19 settembre 1995, sette mesi dopo le lacrimazioni di sangue, la Madonna apparve alla famiglia Gregori, dicendo: “La vostra Nazione è in pericolo… Consacratevi tutti a me, al mio Cuore Immacolato, e io proteggerò la vostra Nazione sotto il mio manto ora pieno di grazie. Ascoltatemi, vi prego, vi supplico! Io sono la vostra Madre celeste, vi prego non mi fate piangere ancora nel vedere tanti miei figli morire per le vostre colpe non accettandomi e permettendo che Satana agisca”.

Quello che leggete, allora, non è un semplice articolo, ma un accorato appello, un misero eco di quel “vi supplico!”, pronunciato dalla Madonna. Il Signore sta permettendo, nella sua infinita misericordia, che tocchiamo con mano la grande fragilità dell’uomo, della sua salute, dei suoi sistemi economici, delle sicurezze terrene. E lo sta facendo comprendere al mondo intero. Si tratta di un grande avvertimento, che sarebbe colpevole e foriero di conseguenze funeste non accogliere. Di fronte a questa situazione, che ci ha colto tutti d’improvviso, Dio ci tende ancora una volta una mano, ci offre un rifugio: il Cuore Immacolato di Sua Madre.

I vescovi del Portogallo stanno compiendo un atto salvifico epocale: chiediamo, supplichiamo i nostri vescovi italiani di imitarli. Al più presto. E’ soprattutto ai nostri Pastori che questo aiuto del Cielo è indirizzato: afferrino questa mano materna, che li potrà trarre fuori dalla situazione difficile in cui ci troviamo e che sta paralizzando la vita della nostra Chiesa italiana. Lasciamo da parte le dispute teologiche e i ragionamenti umani e, con semplicità e candore, obbediamo alla richiesta di nostra Madre.

Uniamoci il 25 marzo alle 19.30 italiane alla preghiera del Santo Rosario che verrà pregato a Fatima e all’atto di consacrazione. Consacriamo noi stessi, le nostre famiglie, le nostre parrocchie, le nostre città e imploriamo la Madonna perché tocchi i cuori e le menti dei nostri Vescovi, perché anche loro compiano questo atto dal quale potrà dipendere la vita e salvezza eterna di milioni di persone.

Cuore Immacolato di Maria, intercedi per noi.

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Un grande manto di misericordia in quest’ora di crisi

Posté par atempodiblog le 22 mars 2020

Un grande manto di misericordia in quest’ora di crisi
Intervista con il cardinale Penitenziere sull’indulgenza plenaria e le possibili assoluzioni collettive
di Andrea Tornielli – L’Osservatore Romano

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«Un grande manto di misericordia viene steso su tutti coloro che desiderano riceverla». Così il cardinale Penitenziere maggiore Mauro Piacenza, in questa intervista con i media vaticani, illustra il decreto sull’indulgenza plenaria offerta in occasione dell’emergenza per la pandemia.

Può spiegare qual è l’origine del decreto sull’indulgenza in questo momento di emergenza per il Covid 19?
La legge suprema della Chiesa è la salvezza delle anime. La Chiesa sta al mondo per annunciare il Vangelo e per offrire i sacramenti, cioè la sovrabbondanza di doni e di grazia divina che sono messi a disposizione di tutti. È evidente a ciascuno di noi la crisi che stiamo attraversando in questo momento, purtroppo ormai in tanti Paesi del mondo. Viviamo in una situazione di emergenza: ci sono ospedali che rischiano di non poter più accogliere i malati, ci sono malati costretti a vivere isolati e purtroppo anche a morire senza il conforto e la vicinanza dei propri cari, ci sono malati ai quali manca la vicinanza di un sacerdote per l’unzione degli infermi e la confessione. Ci sono tantissime persone in quarantena e intere città la cui popolazione deve rimanere chiusa in casa a motivo delle norme per contenere il contagio emanate dalle autorità.

Quali sono le necessità più urgenti?
La straordinarietà di questo tempo richiede provvedimenti straordinari per aiutare, per essere vicini, per confortare, per assistere, per non far mancare mai a nessuno la carezza di Dio di fronte alla sofferenza e alla prospettiva della morte imminente. Per questo la Penitenzieria, agendo al servizio del Papa e con la sua autorità, ha emanato il decreto sulle indulgenze.

Può elencare le peculiarità di questo provvedimento?
Innanzitutto si offre l’indulgenza plenaria a tutti gli ammalati affetti dal Coronavirus che si trovano negli ospedali o in quarantena a casa. La offre anche, alle stesse condizioni, agli operatori sanitari, ai familiari e a quanti assistono i malati. Ancora, l’indulgenza è offerta anche per tutti coloro che, in occasione di questa pandemia, pregano affinché cessi, pregano quanti stanno soffrendo e per quanti il Signore ha chiamato a sé.

Quali sono le condizioni per ricevere il dono dell’indulgenza?
Sono molto semplici. Ai malati e a chi li assiste è chiesto di unirsi spiritualmente, là dove è possibile attraverso i mezzi di comunicazione, alla celebrazione della Messa o alla recita del Rosario o alla Via Crucis o ad altre forme di devozione. Se questo non è possibile, è chiesto di recitare il Credo, il Padre Nostro e un’invocazione a Maria. A tutti gli altri, a chi offre preghiere per le anime dei defunti, per chi soffre, e invoca la fine della pandemia, è chiesto — ove sia possibile — una visita al Santissimo Sacramento o l’adorazione eucaristica. Oppure, ancora, la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz’ora, o la recita del Rosario o la Via Crucis. Come è evidente a tutti, la recita delle preghiere e la lettura della Bibbia possono essere fatte senza muoversi da casa, e dunque nel pieno rispetto delle norme per contrastare la diffusione del contagio.

E chi si trova in punto di morte?
Coloro che sono in punto di morte e non possono ricevere l’Unzione degli infermi, né confessarsi, né comunicarsi, vengono affidati alla Misericordia divina. A ciascuno di loro è donata l’indulgenza plenaria, purché siano debitamente disposti e abbiano recitato abitualmente durante la loro vita qualche preghiera. Come si vede, un grande manto di misericordia viene steso su tutti coloro che desiderano riceverla.

Il decreto della Penitenzieria parla sempre di malati colpiti dal Coronavirus. Questo significa che l’indulgenza non è offerta agli altri ammalati?
Ricordiamoci sempre del bene delle anime: il decreto presenta provvedimenti straordinari dovuti all’emergenza generale che stiamo vivendo. Si estende a tutti gli ammalati, perché tutti gli ammalati ricoverati oggi negli ospedali vivono in un modo o nell’altro le conseguenze dell’emergenza per la pandemia.

Parliamo del sacramento della confessione. Sono possibili altre forme rispetto a quella individuale, a tu per tu con il sacerdote?
L’assoluzione collettiva, senza la confessione individuale, può essere sempre data in imminente pericolo di morte, oppure in casi — recita il Codice di diritto canonico — di “grave necessità”. Come Penitenzieria Apostolica abbiamo chiarito che, soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio e fino a quando il fenomeno non sarà rientrato, ricorrono i casi di grave necessità. E dunque i vescovi diocesani, per il bene delle anime, possono prendere decisioni in questo senso, come pure possono farlo nei casi di necessità improvvisa i sacerdoti, preavvertendo il loro vescovo o informandolo quanto prima dopo aver amministrato il sacramento. Si possono pensare assoluzioni collettive alle porte dei reparti degli ospedali dove si trovano fedeli contagiati in pericolo di morte, coinvolgendoli per quanto possibile.

Che cosa può dire sulla confessione individuale?
Raccomandiamo che, ove avvenga, sia sempre celebrata nel pieno rispetto delle norme per contenere il contagio, e dunque a debita distanza con l’uso di mascherine, ovviamente sempre preservando il segreto sacramentale. Ma vorrei ricordare qui, come ha fatto anche il Santo Padre nell’omelia della Messa di Santa Marta venerdì 20 marzo, l’importanza dell’atto di contrizione, quando si è impossibilitati a confessarsi. È una possibilità citata dal Catechismo della Chiesa cattolica: l’esame di coscienza e la recita dell’Atto di dolore, una vera contrizione accompagnata dal proposito di non peccare più e di recarsi al confessionale non appena sarà possibile, sono graditi a Dio, ci riconciliano con lui e ottengono il perdono dei peccati.

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Qualunque cosa fai al prossimo, la fai a Gesù

Posté par atempodiblog le 20 mars 2020

Qualunque cosa fai al prossimo, la fai a Gesù dans Citazioni, frasi e pensieri Medici

[...] Gesù che mi ha detto: «Figlia Mia, Mi hai procurato una gioia più grande facendoMi quel servizio, che se avessi pregato a lungo». Ho risposto: «Ma, Gesù mio, io non ho fatto il servizio a Te, ma a quel malato». Ed il Signore mi ha risposto: «Si, figlia Mia, qualunque cosa fai al prossimo, la fai a Me».

Santa Faustina Kowalska

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Il Rosario del 19 marzo. Il Papa fa suo l’appello dei Vescovi italiani

Posté par atempodiblog le 18 mars 2020

Il Rosario del 19 marzo. Il Papa fa suo l’appello dei Vescovi italiani
Tratto da: CEInews

Il Rosario del 19 marzo. Il Papa fa suo l’appello dei Vescovi italiani dans Articoli di Giornali e News Santo-Padre-Francesco

“Faccio mio l’appello dei Vescovi italiani che in questa emergenza sanitaria hanno promosso un momento di preghiera per tutto il Paese. Ogni famiglia, ogni fedele, ogni comunità religiosa: tutti uniti spiritualmente domani alle ore 21 nella recita del Rosario, con i Misteri della luce. Io vi accompagnerò da qui. Al volto luminoso e trasfigurato di Gesù Cristo e al suo Cuore ci conduce Maria, Madre di Dio, salute degli infermi, alla quale ci rivolgiamo con la preghiera del Rosario, sotto lo sguardo amorevole di San Giuseppe, Custode della Santa Famiglia e delle nostre famiglie. E gli chiediamo che custodisca in modo speciale la nostra famiglia, le nostre famiglie, in particolare gli ammalati e le persone che stanno prendendosi cura degli ammalati: i medici, gli infermieri, le infermiere, i volontari, che rischiano la vita in questo servizio”. Queste le parole che il Santo Padre ha pronunciato in mattinata al termine dell’udienza generale.

La Chiesa che è in Italia, nella persona dei suoi Pastori, dei sacerdoti e dei fedeli, ringrazia Papa Francesco per questa prossimità, che diventa motivo di sostegno e d’incoraggiamento a pregare e a camminare insieme sulle strade del Vangelo. In questo momento di sofferenza per il Paese, la preghiera del Rosario di domani sera sarà invocazione e supplica alla misericordia del Padre perché ci liberi da questa pandemia.

Anche la Chiesa cattolica caldea, per espressa volontà del Cardinale Louis Raphaël I Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, si unirà spiritualmente all’iniziativa della Chiesa itaiana. Questa adesione si aggiunge alla solidarietà espressa da tante altre Conferenze Episcopali di tutto il mondo, a partire dalle Chiese dell’Est europeo, che assicurano la loro vicinanza all’Italia.

La preghiera del Rosario verrà accompagnata anche da un semplice segno: si propone di esporre alle finestre delle case un piccolo drappo bianco o una candela accesa, simboli della speranza e della luce della fede. “Dalle nostre abitazioni – afferma il Card. Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI – si eleva al Padre la supplica dei suoi figli, affinché il Signore, buono e misericordioso, dia la forza del suo Spirito ai medici e agli operatori sanitari, illumini i ricercatori, guidi i governanti, infonda vigore ai corpi degli anziani e dei bambini, allontani la paura, doni a tutti, specialmente ai malati, la consolazione del suo Figlio Gesù”.

TV2000 offrirà la possibilità di condividere la preghiera.

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Coronavirus, Papa Francesco a piedi da solo: prega il «Crocifisso miracoloso» per la fine dell’epidemia

Posté par atempodiblog le 16 mars 2020

Coronavirus, Papa Francesco a piedi da solo: prega il «Crocifisso miracoloso» per la fine dell’epidemia
Francesco è stato a pregare a Santa Maria Maggiore davanti all’icona Salus populi Romani e poi a piedi su via del Corso nella chiesa di San Marcello, dove si conserva il Cristo che secondo la tradizione liberò la città dalla peste nel 1522
di Ester Palma – Corriere della Sera

Coronavirus, Papa Francesco a piedi da solo: prega il «Crocifisso miracoloso» per la fine dell'epidemia dans Articoli di Giornali e News Basilica-Maria-Maggiore-Vergine-Salus-populi-Romani

Un pellegrinaggio solitario e cittadino per chiedere la liberazione di Roma dell’Italia e del mondo intero dal coronavirus. Domenica pomeriggio, poco dopo le 16, Papa Francesco ha lasciato il Vaticano in forma privata e si è recato in visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore, per rivolgere una preghiera alla Vergine, Salus populi Romani, la cui icona è lì custodita e venerata. Francesco è molto devoto all’icona bizantina con l’immagine della Madonna col Bambino che si trova nella cappella Paolina o Borghese. E’ a pregare davanti all’immagine che andò, in gran segreto, la mattina dopo la sua elezione e prima di ogni viaggio apostolico non manca mai di salutarla e portarle dei fiori. Per secoli l’icona è rimasta sopra la porta del battistero della basilica, ma nel 1240 le venne attribuito il titolo di Regina Coeli e fu spostata nella navata, in una cornice di marmo. Dal 1613 è sull’altare della Cappella Paolina, che fu costruita appositamente.

Crocifisso-miracoloso dans Coronavirus

Il Papa, come fa sapere la sala stampa vaticana, è poi stato, facendo un tratto di via del Corso a piedi, in San Marcello al Corso, dove si trova il Crocifisso miracoloso che nel 1522 venne portato in processione per i quartieri della città perché finisse la «Grande Peste» a Roma. L’immagine di legno, molto realistica, è di scuola senese e le vengono attribuiti molti miracoli. Come quello del 23 maggio 1519: nella notte un incendio distrusse la chiesa fondata nel IV secolo da papa Marcello I e poi ricostruita da Jacopo Sansovino, poi sostituito da Antonio da Sangallo il Giovane. La mattina successiva il crocifisso fu trovato incredibilmente intatto. Ma il miracolo che ha portato a San Marcello il Papa risale al 1522, quando la peste aveva invaso Roma. Dalla chiesa il 4 agosto partì una solenne processione penitenziale con clero, nobili e tutto il popolo: «Scalzi et coverti di cenere a una et alta voce, interrotta solo da singulti e sospiri, di chi li accompagnava, gridavano ‘misericordia SS. Crocifisso», narra una testimonianza dell’epoca che aggiunge come le autorità, temendo un aumento del contagio, tentarono invano di bloccare la manifestazione. Le processioni continuarono fino al 20 agosto, quando la peste fu improvvisamente debellata.

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