Buon Natale!

Posté par atempodiblog le 25 décembre 2023

Buon Natale! dans Citazioni, frasi e pensieri Buon-Natale

“Una volta, anche nel nostro mondo, ci fu una stalla che ospitava al suo interno Qualcosa di molto, molto più grande di noi e di tutto il nostro mondo”.

Clive Staples Lewis  – L’ultima battaglia. Le cronache di Narnia

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La Storia infinita, 40 anni di fantasia che si fa realtà

Posté par atempodiblog le 31 décembre 2019

La Storia infinita, 40 anni di fantasia che si fa realtà
La Storia infinita insieme al Signore degli Anelli e alle Cronache di Narnia va a costituire una ideale trilogia di opere letterarie fantastiche dove la fantasia, l’immaginazione, il mito, non sono intesi come estraniazione dalla realtà, ma come ricerca del Bello, del Buono, del Vero. Riflessioni a 40 anni dal capolavoro di Ende.
di Paolo Gulisano – La nuova Bussola Quotidiana

La Storia infinita, 40 anni di fantasia che si fa realtà dans Articoli di Giornali e News La-storia-infinita

È un dato accertato da tempo: nel più concreto dei mondi possibili, nella società che ha fatto della materia e con la materia quello che nessuna civiltà prima si era azzardata, vi è un insospettabile interesse per il mito e il fantastico. Certo, i grandi spazi, le grandi foreste, le alte montagne di uno scenario fantasy sono altra cosa rispetto al quartiere residenziale periferico con il quale il nostro lettore-tipo si trova a fare i conti quotidianamente. È altrettanto vero che i grandi rischi, i grandi amori, le grandi battaglie, il camminare sul ciglio di profondi burroni, lo scintillio delle spade che si incrociano, sono l’antitesi di quella vita piatta, grigia, codificata e programmata che la modernità propone, o per meglio dire impone.

Ma non è solo l’insoddisfazione della realtà ciò che spinge verso il fantastico, non solo la volontà di evadere dalle brutture, quella “Santa fuga del prigioniero” di cui parlò Tolkien: nella grande letteratura fantastica si possono ritrovare valori e princìpi di cui non si parla – o se ne parla per deridere e denigrare – nel resto della narrativa.

Esattamente quarant’anni fa, alla fine del 1979, faceva la sua comparsa nelle librerie un volume che andava ad affiancarsi al Signore degli Anelli e alle Cronache di Narnia come uno dei grandi capolavori della letteratura fantastica: La Storia Infinita, dello scrittore tedesco Michael Ende. Tradotto in più di 40 lingue, il romanzo ha venduto oltre 10 milioni di copie nel mondo ed è diventato un classico della letteratura per ragazzi.

La maggior parte della storia si svolge a Fantàsia, un mondo fantastico, parallelo al nostro,  minacciato dall’espansione di una forza misteriosa chiamata Nulla, che causa la sparizione di regioni sempre più estese del regno. L’Infanta Imperatrice incarica un valoroso giovane guerriero, di nome Atreju, della missione quasi disperata di fermare l’avanzata del Nulla. In questa missione sarà protagonista Bastian, un bambino proveniente dal nostro mondo, da una quotidianità banale e sofferta. Ha dieci anni, ha da poco perso la mamma, e con il padre non riesce a comunicare. A scuola è oggetto di bullismo da parte dei coetanei, e mancano degli adulti che sappiano proporgli qualcosa di bello, che lo aiutino a crescere. Ma un giorno il fantastico fa irruzione nella vita di Bastian attraverso un libro. Leggendo le storie del Regno di Fantàsia, egli si ritrova progressivamente coinvolto negli eventi del racconto.

Bastian viene trasportato a Fantàsia, e diventa parte di quel mondo. L’Infanta Imperatrice lo incarica di ricreare il regno a partire dai suoi desideri e gli dona il talismano Auryn. Su di esso campeggia una scritta: «Fa’ ciò che vuoi». Sembra la sintesi del pensiero moderno, che esalta l’autorealizzazione, lo spontaneismo dei sensi, il non sottomettersi ad alcuna legge morale. In realtà, pagina dopo pagina, il protagonista scoprirà che quel «fai quel che vuoi» non significa «fai quel che ti pare», ma è secondario – come diceva Sant’Agostino -, all’amore. Ama, e fai quel che vuoi. Che è la strada più ardua del mondo.

Nel libro, Atreju  e Bastian la percorreranno insieme, e il ragazzo attraverserà tutti i suoi desideri e passerà dalla goffaggine iniziale alla bellezza, alla forza, alla sapienza, al potere, fino a quando dovrà fermarsi. Bastian aiuta Atreju nel tentativo di salvare il regno e dovrà infine trovare un modo per ritornare nel mondo reale.

La Storia infinita può essere letta come una metafora della letteratura intesa come strumento per cambiare gli uomini e di conseguenza la realtà. Si tratta di un vero e proprio moderno romanzo di formazione, storia di un’anima, folgorante scoperta dell’amore, indimenticabile avventura, ma anche un lungo viaggio nell’immaginario e itinerario nell’arte e nella mitologia. La Storia infinita è stato uno dei libri del nostro tempo che ha conquistato, avvinto e incantato generazioni di lettori, diventando una finestra aperta sul regno dei sogni, dell’immaginazione, dei libri, della letteratura.

Il fascino del libro sopravvisse anche alla versione cinematografica, che uscì nel 1984. Una versione che l’autore disconobbe totalmente, ingaggiando anche una battaglia legale con la produzione. Ende riteneva – a ragione – che il film avesse stravolto e banalizzato i contenuti del suo libro.

La Storia infinita ci racconta come si possa - e si debba – crescere, mantenendo un cuore da bambini. È la stessa lezione che ci viene dalle grandi opere di Tolkien e Lewis. E come i fratelli Pevensie delle Cronache di Narnia fanno ritorno al reale dopo l’incursione nel mondo fantastico, così Bastian tornerà nella realtà, tornerà da suo padre, e finalmente i due riusciranno a parlarsi, a entrare in relazione l’uno con l’altro, a sapersi manifestare il proprio affetto, e sarà la vittoria più bella.

La critica del tempo, agli albori degli anni ’80, accolse piuttosto freddamente il libro: valeva ancora nella letteratura il principio non scritto secondo il quale la narrativa doveva essere soprattutto realistica e politicamente impegnata, per cui non c’era spazio per viaggi nel Regno di Fantàsia. I rappresentanti socialmente attivi della generazione sessantottina criticarono dunque Ende tacciandolo di escapismo, di mancanza di realismo e di tratti eccessivamente naif.

Erano le stesse critiche che avevano accolto anni prima l’opera di Tolkien. Qualcuno parlò in relazione all’opera di Ende di “effetto placebo”, nella misura in cui i giovani lettori spaventati dal futuro e in cerca di una fuga dalla realtà trovavano nel romanzo una risposta al loro bisogno di positività e ricevevano risposte e soluzioni che non erano contenute nel testo stesso.

In realtà il messaggio contenuto ne La Storia infinita era diametralmente opposto: non una fuga nel mondo della fantasia in cui vivere felici, ma un invito a considerare la fantasia un mezzo per affrontare i problemi del mondo reale. Ende si stancò di doversi ripetutamente giustificare agli occhi della critica per la sua scelta di trattare il fantastico e definì “soffocante” il lungo dibattito sull’escapismo. Intanto il suo libro andava sempre più diffondendosi tra i lettori, in barba alle critiche degli intellettuali, e così poterono essere riscoperte e diffuse delle sue opere precedenti, come la tenerissima fiaba Momo.

Col tempo, dopo il 1995, l’anno della morte di Ende, la sua popolarità andò un po’ affievolendosi. Ma gli ideali della Storia infinita trovarono nuovi epigoni negli ambienti della destra giovanile italiana, che a partire dal 1998 cominciò ad organizzare dei meetings chiamati, significativamente, Atreju. Eventi di formazione, di discussione, di elaborazione culturale per i difficili anni che sarebbero venuti col Terzo Millennio.

La Storia infinita, quindi, insieme al Signore degli Anelli e alle Cronache di Narnia va a costituire una ideale trilogia di opere letterarie fantastiche dove la fantasia, l’immaginazione, il mito, non sono intesi come estraniazione dalla realtà, ma come ricerca del Bello, del Buono, del Vero.

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Cosa vuol dire: ti perdono

Posté par atempodiblog le 2 septembre 2017

Cosa vuol dire: ti perdono

Cosa vuol dire: ti perdono dans Citazioni, frasi e pensieri Tolkien_e_Lewis
2 settembre, anniversario della nascita in Cielo di J.R.R. Tolkien

Dio ti benedica per la tua bontà. E [...] sii così generoso da regalarmi i dolori che ti ho causato, cosicché io possa condividere tutto ciò che di positivo ne verrà fuori. Non so se riesco a spiegarmi. Ma io credo che sia nel nostro potere, come cristiani, di fare effettivamente questi doni. L’esempio più semplice: se un uomo mi ha rubato qualcosa, io davanti a Dio affermo che gliel’ho regalato [...].

Sarebbe splendido, chiamati a giudizio, per rispondere a innumerevoli accuse di aver fatto del male al proprio fratello, scoprire inaspettatamente che molte male azioni non sono state compiute! E che invece si ha avuto una parte nel bene scaturito dal male. E non meno splendido sarebbe per chi ha dato. Un’eterna interazione di sollievo e gratitudine [...].

Che cosa accade quando il colpevole è genuinamente pentito, ma chi ha sofferto a causa sua è così profondamente risentito da non concedere il perdono? È un pensiero tanto terribile, da dissuadere chiunque dal correre il rischio di causare inutilmente il male.

da una lettera di J.R.R.Tolkien a C.S.Lewis dal quale si attendeva il perdono di un torto, da J.R.R. Tolkien, La realtà in trasparenza. Lettere, Bompiani, Milano, 2001, lettera 113, pp. 146-147
Tratto da: Il Centro culturale Gli scritti

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“Il fantasy cattolico ha una marcia in più”

Posté par atempodiblog le 16 juillet 2017

“Il fantasy cattolico ha una marcia in più”
Lo scrive il gesuita Guy J. Consolmagno su «Civiltà cattolica»: «Superman è una noia, Frodo ci piace perchè sa soffrire»
di Raffaella Silipo – La Stampa

“Il fantasy cattolico ha una marcia in più” dans Articoli di Giornali e News Frodo

Superman? «Alla fin fine è una noia». Vuoi mettere con Frodo, «che può soffrire e fallire e alla fine trionfare»? Gli scrittori cattolici di fantascienza e di fantasy, sostiene Guy J. Consolmagno (scienziato e gesuita appassionato di fantascienza, che proprio grazie a essa è divenuto uno scienziato) su «Civiltà cattolica», hanno una marcia in più. John R. R. Tolkien e Gene Wolfe sono soltanto gli esempi più eclatanti, ma tra i più noti e amati scrittori di fantascienza ci sono «insospettabilmente» tanti cattolici. Perché? «Ad esempio, la concezione cattolica di un’umanità peccatrice comporta la presenza di personaggi che possono essere amati anche quando commettono errori e si comportano male».

L’articolo dal titolo «La fantascienza e la sensibilità cattolica», che apparirà sul prossimo fascicolo della rivista, sostiene che gli scrittori cattolici sono avvantaggiati dalla loro fede anche dal punto di vista narrativo. D’altronde già Tolkien lo sosteneva, in una lettera al gesuita Padre Robert Murray: «Il signore degli anelli è fondamentalmente un’opera religiosa e cattolica: l’elemento religioso è radicato nella storia e nel simbolismo». Un altro credente convinto – anche se non cattolico ma anglicano – era Clive Staples Lewis, amico e collega di Tolkien, che ha riempito di simbologia cristiana le sue «Cronache di Narnia»

Mentre Gilbert K. Chesterton scriveva: «Le favole non danno al bambino la prima idea di uno spirito cattivo. Ciò che le favole danno al bambino è la prima chiara idea della possibile sconfitta dello spirito cattivo. Il bambino conosce dal profondo il drago, fin da quando riesce ad immaginare. Ciò che la favola gli fornisce è che esiste un San Giorgio che uccide il drago»

Il cattolicesimo in questo caso «è un insieme di princìpi circa l’universo, al di là di ciò che possono dirci gli astronomi. E le buone storie vengono spesso dallo scontro tra visioni del mondo contrapposte. Essere cattolici in un mondo laico significa vivere quella tensione: si è già a buon punto». La sfida è sempre quella: la battaglia del bene contro il male, sentimenti grandi e nobili, un senso ultimo delle cose e soprattutto l’aspirazione alla grandezza, «promuovere un’immagine che sia davvero abbastanza grande da essere universale». In questo senso, l’obiettivo degli scrittori cattolici «sembra essere, in fondo, quello di trovare nuovi modi per dire Dio, pur restando fedeli a quello vero».

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Spensierati mendicanti

Posté par atempodiblog le 31 mars 2017

Spensierati mendicanti dans Citazioni, frasi e pensieri C._S._Lewis

“La grazia ci dona un’accettazione piena, fanciullesca e gioiosa, del nostro bisogno, una gioia che deriva dalla totale dipendenza: grazie ad essa diventiamo degli ‘spensierati mendicanti’”.

Clive Staples Lewis

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Gli eventi più importanti…

Posté par atempodiblog le 18 mars 2017

Gli eventi più importanti... dans Citazioni, frasi e pensieri cs_lewis

“Gli eventi più importanti, in ogni epoca, non raggiungono mai i libri di storia”.

Clive Staples Lewis – The Dark Tower

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C.S. Lewis, un leone ci aiuta a tornare bambini

Posté par atempodiblog le 5 septembre 2016

C.S. Lewis, un leone ci aiuta a tornare bambini
di Paolo Gulisano – Il Sussidiario.net

C.S. Lewis, un leone ci aiuta a tornare bambini dans Articoli di Giornali e News Aslan_e_Lucy

Clive Staples Lewis, uno dei più singolari intellettuali dell’Inghilterra del suo tempo, uno dei più celebri convertiti del suo tempo: approdato al cristianesimo, dopo una lunga militanza atea e scientista, aveva scritto opere storiche e libri in difesa del cristianesimo in un mondo che vedeva scivolare inesorabilmente verso l’indifferentismo religioso. Ma l’autorevole professor Lewis — per gli amici Jack — era anche un sognatore, fin da quando era bambino in Irlanda, e i suoi sogni a volte erano strani, in particolare quando venivano a visitarlo dei leoni.

“Tutti i miei sette libri su Narnia e i tre di fantascienza — scrisse nel suo volume Altri mondi — sono cominciati vedendo delle scene nella mia testa. In principio non erano un racconto, ma solo dei quadri. Il Leone la strega e l’armadio ebbe inizio con la scena di un fauno che portava un ombrello e dei pacchetti in un bosco candido per la neve. Questa scena era stata nella mia mente da quando avevo circa 16 anni. Poi un giorno, vicino ai quaranta, mi dissi: ‘Cerchiamo di tirarne fuori un racconto’. All’inizio avevo una pallidissima idea di come sarebbe andata la storia. Poi improvvisamente vi saltò dentro Aslan. Penso di aver sognato in quel periodo una buona quantità di leoni. A prescindere da ciò, non so da dove venne il leone e perché venne. Ma una volta lì, trascinò tutto il racconto, e presto si tirò dietro gli altri sei della serie di racconti di Narnia”.

Così nacque Narnia, la terra che ha fatto sognare milioni di lettori, uno dei più affascinanti tra i mondi fantastici inventati dall’immaginazione degli scrittori. Il sogno di Jack si trasferì sulla carta, con tutti i ricordi dei suoi sogni di bambino, con gli animali parlanti, con i cavalieri, con le streghe, i nani, i fauni. E soprattutto con un leone, quel leone del sogno che prese il nome di Aslan, un incredibile personaggio che è il vero principale protagonista delle Cronache, il “filo rosso” che tiene insieme tutti gli episodi iniziati con Lucy che entra nell’armadio e incontra il fauno sotto la neve.

Così, nell’estate del 1948, il professor Jack Lewis cominciò a scrivere un racconto fantastico che intitolò Il leone, la strega e l’armadio
Quando il libro uscì, fu un successo incredibile, anche piuttosto inaspettato. Un libro che era uscito da un sogno, dai ricordi dell’infanzia e dal suo amore per la Bellezza e per la Verità, divenne l’inizio di un ciclo, che ebbe termine esattamente sessant’anni fa, il 4 settembre 1956, con la pubblicazione del settimo volume, L’Ultima Battaglia.

I lettori si trovarono di fronte non semplicemente all’episodio conclusivo della saga di Aslan e dei fratelli Pevensie, ma alla rappresentazione dello scontro finale che attende il mondo, una visione del l’Apocalisse dove Satana lancia la sua ultima sfida contro la visione cristiana del mondo, contro l’idea dell’uomo fatto ad immagine di Dio, e vuole affermare un potere che prevarica norme e leggi di natura per assecondare empi desideri e ambizioni.

Tutti i personaggi incontrati nei sei romanzi precedenti vengono alla ribalta: il Professor Kirk, Edmund, Peter, Lucy, gli gnomi, il topo Ricipì… Ma i veri eroi di questo atto finale sono Tirian, ultimo discendente dei re di Narnia, e i due bambini Eustachio Scrubb e Jill Pole, che devono smascherare un assurdo impostore. Si dà il caso, infatti, che lo scimmione Shift abbia travestito da leone l’asino Puzzle, cercando di farlo passare per il leggendario Aslan, e che qualcuno ci abbia creduto. E’ ancora una volta l’allegoria cristiana che traspare: la scimmia che vuole usurpare il posto di Aslan è l’Anti-Cristo, che la Scrittura definisce “la scimmia di Dio”, una tragica parodia. Contro le forze della magia il bene mette in campo la verità che smaschera la menzogna, la fedeltà che si oppone al tradimento, il valore che surclassa la viltà, il bene che sconfigge il potere malefico.

E alla fine tutto è compiuto, e Aslan può rivelare a ciascuno il proprio destino, invitando a non avere paura, e a tornare definitivamente nel nostro mondo, il Paese delle Ombre.

Concludendo la vicenda di Narnia, Lewis ci ricorda che l’uomo è fatto per la verità, che può raggiungerla. e tale ricerca non è vana. Basta tornare bambini, e “chiedere ancora”, cioè vivere con intensità la dimensione della domanda e del desiderio.

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Se è il tipo che mi pare sia, tenta il pacifismo…

Posté par atempodiblog le 5 août 2016

Se è il tipo che mi pare sia, tenta il pacifismo... dans Anticristo Berlicche

[...] se è il tipo che mi pare sia, tenta il pacifismo.

Qualunque strada egli prenda, il tuo compito principale sarà sempre lo stesso. Incomincia con il fargli trattare il patriottismo o il pacifismo come parte della sua religione. Poi, sotto l’influsso dello spirito di partigianeria, fa in modo che lo consideri come la parte principale. 

Poi, senza chiasso e per gradi, curalo in maniera da portarlo al livello nel quale la religione diviene soltanto una parte della “Causa”, nel quale il cristianesimo è valutato principalmente per gli argomenti eccellenti che può produrre in favore dello sforzo bellico britannico o del pacifismo.

L’atteggiamento dal quale è necessario che tu lo difenda è quello nel quale gli affari temporali vengono trattati soprattutto come materiale per l’obbedienza.

Una volta che sarai riuscito a fare del Mondo il fine e della fede un mezzo, avrai quasi guadagnato il tuo uomo, e poco importa il genere dello scopo mondano al quale tenderà.

Una volta che i comizi, gli opuscoli, le mosse politiche, i movimenti, le cause, e le crociate, saranno per lui più importanti delle preghiere e dei sacramenti e della carità, sarà tuo – e più sarà “religioso” (in quel senso) e più sicuramente sarà tuo.

Te ne potrei far vedere una gabbia abbastanza piena laggiù.

Tuo affezionatissimo zio,

Berlicche*

Tratto da: Le lettere di Berlicche di C. S. Lewis

E’ un funzionario di Satana di grande esperienza che istruisce un giovane diavolo apprendista, Malacoda, suo nipote, spiegandogli i mezzi e gli espedienti più idonei per conquistare (e per dannare) gli uomini.

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Presepe e Dio lontano

Posté par atempodiblog le 29 novembre 2015

Presepe e Dio lontano
di Clive Stapels Lewis – Lettere di Berlicche

Presepe e Dio lontano dans Anticristo Presepe
Oggi ricorre l’anniversario della nascita di C. S. Lewis

Spero, caro Farfarello, che tu non ti sia lasciato sfuggire l’occasione, durante queste ultime feste natalizie, di ammirare qualcuno dei presepi che in molte case ancora si usa allestire per la gioia dei bambini e dei vecchi. Ce n’è di tutti i tipi, dal legno alla cartapesta, dal cristallo al bronzo, dalla terracotta al plexiglas…

Io amo i presepi. Dirai che sono un vecchio sentimentale… Ebbene, dì pure, se vuoi. Prima però, senti quello che ho da dirti in proposito. Da secoli ormai un’idea mi frulla per il capo alla sola vista di un presepe, e te la voglio confidare in segno di stima. Ebbene, io credo che la grande quantità di energia che noi diavoli abbiamo sempre profuso per inventare argomentazioni seducenti contro Dio sia, in gran parte, fatica sprecata. Noi non dobbiamo creare nuovi argomenti: possiamo usare pari pari i loro. È il cuore che decide, e spesso decide male.

Pensa alle figuri minori del presepe: c’è un solo Giuseppe, una sola Maria, un solo Gesù bambino. Un solo bue, un solo asino. Gli altri sono tutte comparse, compresi i Magi. Ogni uomo al mondo è una figura minore del presepe… Seguimi bene. Dopo aver reso omaggio al Messia, che fanno tutte queste comparse? Se ne tornano, semplicemente, al loro lavoro. Il carrettiere al suo carretto, il panettiere al suo pane, e così via. C’è qualcosa, in tutto ciò, che mi manda in confusione, che mi stordisce e mi umilia: ciascuno torna lieto al suo mestiere, anzi: se prima il lavoro gli pesava, ora gli pesa molto meno, perché ha visto il Messia. Che ira! Tutto diviene accettabile, amabile…

Ma poi, passata l’ira, ecco l’idea! La grande idea! Quella che è la più grande dimostrazione dell’esistenza di Dio, la quotidianità, eccola trasformata, senza che apparentemente nulla cambi, nella più grande delle bestemmie! Che cos’è mai il tuo Dio? Un’emozione momentanea prima di riprendere il solito tran tran. Un bambinello che ti salva finché resti in estatica contemplazione, ma poi? Immaginiamo quei poveri pastori al momento del congedo. Un inchino, un altro inchino, mettiamoci pure un terzo inchino. Ma poi le spalle dovranno pur voltare, e tornarsene alle loro pecore, non è vero?

E allora noi diavoli pronti, in coro, a soffiar nelle loro orecchie: dalle obiezioni più collaudate (“come può Dio, nella sua bontà, permettere il dolore innocente?”) alle migliori invenzioni della modernità (l’uguaglianza di tutti gli uomini davanti a Dio si trasforma nell’egalité giacobina, che è il suo opposto), e via dicendo. Tutte le obiezioni contro Dio nascono dall’idea di un Dio lontano, che non vuole salvare concretamente gli uomini. Ma questa idea nasce, a sua volta, dalla comodità: un Dio lontano è sempre più comodo di un Dio vicino. È questa, Farfarello, la nostra carta vincente. Da sempre.

Un abbraccio dal tuo Malacoda

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L’abc del cattolico secondo un cardinale americano

Posté par atempodiblog le 3 juin 2015

L’abc del cattolico secondo un cardinale americano
di Lorenzo Bertocchi – La nuova Bussola Quotidiana

L'abc del cattolico secondo un cardinale americano dans Articoli di Giornali e News 11hfjx5

Oggi ci chiediamo spesso cosa significhi essere cattolici. La questione se l’è posta anche il cardinale Donald Wuerl, arcivescovo di Washington. Ne è venuta fuori una lettera pastorale, interessante anche di qua dall’Atlantico.

In primis ci ricorda cosa non è la Chiesa. “Non è un negozio, un club, o un gruppo di interesse”, scrive il cardinale, deludendo subito le attese dei tanti che la vedono solo come una lobby qualsiasi. “La Chiesa non è il risultato di persone con idee affini che si uniscono e decidono di formare una organizzazione, né decidono il suo insegnamento per voto popolare o tendenze sociali”.

“La sua struttura gerarchica”, e qui sfida un pregiudizio duro a morire, “procede da Gesù, quando annunciò “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). Nell’Una, Santa, Cattolica e Apostolica, c’è il dono inestimabile dei sette sacramenti, canali di grazia troppo spesso dimenticati e sviliti. “Essere cattolici”, si legge nella lettera, “significa riconoscere il ruolo della Chiesa come il vero strumento creato e dato a noi da Gesù perché la sua opera, compiuta con la sua morte e Resurrezione, possa essere riattualizzata oggi e applicata a noi.”

Essere cattolici non è un fatto privato, ma ci chiama ad andare fuori, “verso le periferie” direbbe il Papa. Si tratta di edificare il Regno di Cristo, quella regalità sociale di Nostro Signore che non è appannaggio di qualche etichetta, ma un’esigenza cattolica. “Siamo chiamati a manifestare il Regno di Dio”, scrive Wuerl, “non solo dentro le nostre chiese, ma nel mondo, edificando il bene comune. Quando corrispondiamo alla grazia di Dio, stiamo estendendo il regno, siamo nella condizione di essere immagine di Cristo per tutti quelli che incontriamo”. Tertulliano nella sua opera “Apologeticum” (sec. II) ricorda che i primi cristiani si distinguevano per una carità fuori dal comune: orfani, indigenti, donne, bambini, anziani, malati, tutti erano amati per il semplice fatto di essere persone. Un fuoco che divora, un amore che si mostra nell’azione. Love in action, dicono negli States, e a ben vedere questa è la missione permanente che vuole Papa Francesco per la sua Chiesa in uscita: una carità capace di instaurare il Regno. “La parola di Dio, i sacramenti e le nostre opere di carità”, esorta il cardinale di Washington, “possono trasformare i nostri cuori e ispirarci a cambiare il mondo”.

Tutto questo richiede però che sia custodita una vera identità cattolica, e per questo il cardinale indica la strada. “Quando andiamo nelle istituzioni della chiesa – parrocchie, scuole, università, organizzazioni caritative, centri sanitari e altri – questi dovrebbero riflettere una vera e propria identità cattolica, in comunione visibile con la Chiesa sia universale, che locale, e fedeltà alla dottrina cattolica”. Il problema in effetti c’è, perché capita non di rado che queste istituzioni svolgano la loro azione in aperto contrasto con ciò che la Chiesa propone di credere. A questo si aggiunga il fatto che molte legislazioni nel mondo rendono sempre più difficile poter svolgere un insegnamento e una opera veramente cristiana, soprattutto in materia bioetica. Per questo il cardinale Wuerl ricorda che “chiediamo e insistiamo sulla libertà di presentare e dimostrare pubblicamente la nostra fede nelle nostre scuole cattoliche e istituzioni basate sulla fede”.

In vista dell’anno giubilare della Misericordia non poteva mancare un riferimento. Innanzitutto ci viene ricordata una verità semplice, semplice. “E’ inevitabile che pecchiamo”, cioè il fatto che abbiamo bisogno del Medico, che non è venuto per i sani, ma per i malati. “Ma i nostri fallimenti morali”, avverte subito Wuerl, “non devono oscurare la nostra fede nella verità degli insegnamenti di Cristo”. Poi aggiunge un ricordo personale. “Quando ero un giovane sacerdote nella decade tra il 1960 e il 1970, c’era molta sperimentazione e confusione nella Chiesa. Gli insegnanti e il clero sono stati incoraggiati da alcuni a comunicare l’esperienza dell’amore di Dio, ma senza riferimento al Credo, ai sacramenti, o la tradizione della Chiesa. Non ha funzionato molto bene. I cattolici sono cresciuti con l’impressione che il nostro patrimonio fosse poco più che un sentimento vagamente positivo su Dio”.

“Quegli anni di sperimentazione”, chiude Wuerl, “hanno lasciato molti spiritualmente e intellettualmente deboli, e incapaci di resistere allo tsunami di laicità che si è verificato negli ultimi decenni. Abbiamo perso molte persone, perché non siamo riusciti a insegnare sul bene e il male, il bene comune, la natura della persona umana. Questo ha lasciato molti senza la possibilità di ammettere che siamo peccatori, che abbiamo bisogno di Gesù, perché molti non sanno più che cosa è il peccato”. E non ci può essere misericordia senza riconoscere il proprio peccato.

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Essere innamorati non vuol dire amare

Posté par atempodiblog le 14 février 2015

“Ma essere innamorati non vuol dire amare. Si può essere innamorati e odiare. Ricordatelo!”.

Fëdor Dostoevskij – I fratelli Karamazov

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In realtà, per quanto se ne dica, la condizione dell’«essere innamorati» di solito non dura. Se la vecchia frase finale delle favole, «e vissero sempre felici», significasse: «si sentirono, nei cinquant’anni seguenti, esattamente come si sentivano il giorno prima di sposarsi», direbbe una cosa che probabilmente non è mai stata vera né mai lo sarà, e che sarebbe, se si avverasse, indesiderabilissima. Chi sopporterebbe di vivere in quello stato di eccitazione anche solo per cinque anni? Che ne sarebbe del nostro lavoro, del nostro appetito, del sonno, delle amicizie? Ma va da sé che cessare di essere «innamorati» non significa cessare di amare. L’amore in questo secondo senso – l’amore distinto dall’«essere innamorati» – non è soltanto un sentimento.

Clive Staples Lewis – Il cristianesimo così com’è

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La prima parola dell’amore: no

Posté par atempodiblog le 17 novembre 2014

“Donne assetate d’amore che si danno senza sicurezza, errori ‘generosi’ di amanti dell’umanità che abbracciano con purezza una causa impura e moltiplicano il male sulla terra, ecc. Bisogna confessare che la mediocrità, l’aridità del cuore costituiscono un eccellente antidoto a tal sorta di peccato. Siamo spesso indotti alle peggiori tentazioni da quanto abbiamo di migliore in noi, o piuttosto dalla febbre e dallo smarrimento di esso. Nulla dunque ha cosi bisogno d’esser purificato e disciplinato come la bontà e la dedizione. La prima parola dell’amore: no”.

Gustave Thibon – Il pane di ogni giorno

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“L’azione compassionevole può vivere sempre, ma la passione compassionevole non lo può. La passione compassionevole, la compassione che noi subiamo meramente, il dolore che induce gli uomini a concedere quello che non può essere concesso e a lusingare quand’essi dovrebbero invece dire la verità, la compassione che ha privato più di una donna della sua verginità e più di uno statista della sua onestà, questa deve morire. Essa viene usata come un’arma da gli uomini malvagi contro i buoni: quest’arma dev’essere infranta”.

Clive Staples Lewis – Il grande divorzio

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La sottigliezza di tutti gli inganni

Posté par atempodiblog le 4 novembre 2014

La sottigliezza di tutti gli inganni dans Citazioni, frasi e pensieri 2itr8kw

Vi sono già stati uomini che erano così interessati a provare l’esistenza di Dio che non si curavano affatto di Dio stesso… come se il buon Signore non avesse niente da fare fuorché esistere. Vi sono stati alcuni che erano così occupati a diffondere il cristianesimo che non han mai rivolto un pensiero al Cristo. Uomo! Ciò si vede anche nelle piccole cose. Non hai mai conosciuto un amatore di libri che con tutte le sue prime edizioni e copie autografate abbia perduto la capacità di leggerli? O un organizzatore di opere caritatevoli che abbia perduto ogni amore per il povero? In ciò consiste la sottigliezza di tutti gli inganni.

Clive Staples Lewis

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La terra: una parte del Cielo

Posté par atempodiblog le 31 octobre 2014

La terra: una parte del Cielo dans Citazioni, frasi e pensieri eknh1f

“Ma che cos’è, mi chiederete, la terra? Io ritengo che la terra non vada considerata come un luogo a parte. Reputo che la terra, qualora venga presa al posto del Cielo, rivelerebbe d’essere una regione dell’Inferno, mentre se viene accettata in conformità al Cielo, costituisca fin dal principio una parte del Cielo stesso”.

Clive Staples Lewis

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Satana induce a fraintendere il prossimo e, quindi, a far pregare per persone immaginarie

Posté par atempodiblog le 28 septembre 2014

Satana induce a fraintendere il prossimo e, quindi, a far pregare per persone immaginarie dans Anticristo 2ryiwkh

Mio caro Malacoda,

[…] È naturalmente impossibile impedirgli di pregare per sua madre, ma noi possediamo dei mezzi per rendere innocue le sue preghiere. Assicurati che esse siano sempre assai “spirituali”, e che egli si preoccupi sempre dello stato dell’anima di lei e mai dei suoi dolori reumatici.
Ne seguiranno due vantaggi. In primo luogo la sua attenzione sarà tenuta su quanto egli considera i peccati di sua madre. E, con un poco di manovra da parte tua, egli può venire indotto a ritenere tali quelle qualsiasi azioni di lei che gli siano scomode e che lo irritino. Così potrai continuare a fregare le ferite della giornata e a renderle un poco più dolorose perfino mentre sta pregando in ginocchio. L’operazione non è per nulla difficile e la troverai assai divertente.
In secondo luogo, dal momento che le sue idee intorno all’anima di sua madre saranno incomplete e spesso errate, egli, in qualche modo, pregherà per una persona immaginaria, e sarà tuo compito rendere quell’immaginaria persona ogni giorno meno simile alla madre vera -: quella vecchia signora che a tavola ha una lingua quanto mai tagliente.

Col tempo potrai ottenere che la separazione sia tanto vasta che nessun pensiero, nessun sentimento possa traboccare dalle sue preghiere per la madre immaginata nel suo modo di trattare la vera. Alcuni miei pazienti erano diventati così maneggevoli che in un attimo si riusciva a girarli dalla preghiera più spassionata per “l’anima” della moglie o del figliuolo alle battiture o all’insulto della vera moglie o del vero figliuolo senza neppure l’ombra d’uno scrupolo.

[…] Il tuo paziente deve esigere che tutto quanto egli esprime deve essere interpretato come si presenta e giudicato semplicemente secondo le parole dette, mentre, nello stesso tempo, giudicherà tutte le espressioni di sua madre interpretando nel modo più completo e più sensibile il tono della voce, il contesto, l’intenzione sospetta. Ed essa deve essere incoraggiata a fare lo stesso nei suoi riguardi.

Così, alla fine di ogni lite ciascuno se ne andrà convinto, o quasi convinto, di essere perfettamente innocente. Tu sai che cosa succede: “Basta che le chieda l’ora del pranzo perché dia in escandescenze”. Una volta che questa abitudine ha messo radici, nasce quella deliziosa situazione di un essere umano che dice cose con il proposito dichiarato di offendere, e che tuttavia si lamenta quando l’altro si offende davvero. […]

Tuo affezionatissimo zio
Berlicche*

Tratto da: Le lettere di Berlicche di C. S. Lewis

* E’ un funzionario di Satana di grande esperienza che istruisce un giovane diavolo apprendista, Malacoda, suo nipote, spiegandogli i mezzi e gli espedienti più idonei per conquistare (e per dannare) gli uomini.

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