Il Papa al popolo del Nicaragua: “La Provvidenza del Signore ci accompagna”. Il pensiero all’Immacolata

Posté par atempodiblog le 3 décembre 2024

Il Papa al popolo del Nicaragua: “La Provvidenza del Signore ci accompagna”. Il pensiero all’Immacolata
Una lettera al popolo del Nicaragua impegnato nella recita della Novena per l’Immacolata
de La Redazione di ACI Stampa

Il Papa al popolo del Nicaragua: “La Provvidenza del Signore ci accompagna”. Il pensiero all'Immacolata dans Fede, morale e teologia Maria-Immacolata

Cari fratelli e sorelle in Cristo dell’amata Chiesa in Nicaragua, da tempo desidero scrivervi una lettera pastorale per ribadirvi, ancora una volta, l’affetto che professo al popolo nicaraguense, che si è sempre distinto per uno straordinario amore a Dio. Con queste parole, Papa Francesco ha cominciato la sua lettera al popolo della Chiesa del Nicaragua.

Un popolo che chiama “affettuosamente Papachú” la Vergine Maria, come ricorda il Papa nella stessa lettera che continua con parole di vicinanza e affetto:

“Sono con voi, soprattutto in questi giorni che state celebrando la Novena dell’Immacolata Concezione. Non dimentichiamo l’amorevole Provvidenza del Signore, che ci accompagna ed è l’unica guida sicura. Proprio nei momenti più difficili, dove diventa umanamente impossibile farlo, comprendere ciò che Dio vuole da noi, siamo chiamati a non dubitare della sua cura e misericordia”.

Il pensiero del Pontefice corre alla “Vergine Immacolata, Lei è la luminosa testimonianza” della fiducia in Dio. Il Pontefice, inoltre, si augura che “questa celebrazione dell’Immacolata, che ci prepara all’apertura del Giubileo del 2025” donerà “l’incoraggiamento necessario nelle difficoltà, nelle incertezze e nelle privazioni”.

Importante, per Papa Francesco, il ricordo della preghiera del Rosario “nel quale ogni giorno meditiamo i misteri della vita di Gesù e di Maria”: e sono proprio i Misteri del Rosario a “squarciare l’intimità dell’uomo, dei nostri cuori, dove è protetta la libertà delle figlie e dei figli di Dio, che nessuno può strappare. Quante grazie riceviamo dal Rosario, è una preghiera potente”.

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La Cattedrale di Notre-Dame riapre: per far tornare la sua Vergine

Posté par atempodiblog le 28 novembre 2024

La Cattedrale di Notre-Dame riapre: per far tornare la sua Vergine
Migliaia di fedeli di tutte le età, arrivati anche da altre città, alla processione che ha riportato in chiesa la statua trecentesca rimasta intatta tra le fiamme del rogo del 15 aprile 2019
di Daniele Zappalà – Avvenire
Tratto da: 
Radio Maria

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Dietro a quelle vetrate policrome già aggredite dalle fiamme, brilla ora una luce che annuncia una rinascita. Al calar della sera tanti fedeli, non solo parigini, contemplano quel chiarore, con il cuore gonfio d’una certezza: la Cattedrale di Notre-Dame è tornata ad essere una “casa”, da quando la sua porta centrale si è aperta, venerdì scorso, per il ritorno della Vergine con il Bambino, la statua trecentesca simbolo della venerazione mariana a Parigi, rimasta intatta in mezzo al rogo del 15 aprile 2019 e poi trasferita nella vicina chiesa di Saint-Germain-l’Auxerrois.

«Scatto foto per mia madre di 85 anni, malata, che voleva esserci. L’ultima volta, invece, ero venuto per mia sorella colpita dal cancro», ci ha detto Jean-Vianney, giunto dall’estremo Nord francese, proprio all’inizio della toccante processione con fiaccole dietro la statua, partita dal sagrato della chiesa in cui ha trovato “rifugio”. Emozionatissima anche Marie-Danielle, originaria della Martinica: «Maria è uscita vittoriosa dalle fiamme. Eppure, nella sua piccolezza, non ha mai cercato il primo posto». Da parte sua Robert-Paul, parigino, anch’egli con la fiaccola in mano, è stato impressionato dalla «portata storica del cantiere».

Fra canti intonati alla Vergine, immaginette sacre offerte ai fedeli, pause per le tappe dei Misteri della Gioia del Rosario, il fiume di fedeli ha catturato gli sguardi pure dei turisti, costeggiando fra l’altro i grandi magazzini La Samaritaine, dal nome d’ispirazione evangelica, prima della traversata della Senna sullo storico Pont Neuf e del passaggio davanti al Mercato dei fiori non lontano dalla Cattedrale. Su ogni parafiamma di carta, le tracce sempre diverse lasciate dalla cera sciolta, quasi a sottolineare l’originalità di ogni percorso di fede, alcuni dei quali “innescati” dal rogo epocale.

Per la solennità dell’Immacolata, le celebrazioni del 7 e 8 dicembre, con personalità religiose, politiche e dello spettacolo, riconsegneranno definitivamente Notre-Dame al culto, ai parigini, al mondo. Ma per i vertici diocesani della capitale, prima dell’altisonante ouverture ufficiale, occorreva una premessa incentrata sull’umiltà della fede d’ogni giorno che non cerca i riflettori. Proprio questo il senso della processione, in presenza di migliaia di fedeli d’ogni generazione, rimasti poi sul sagrato della Cattedrale per ammirare, appena oltre l’ultimo recinto del cantiere, l’ingresso discreto della statua nella navata centrale. Un emozionante passaggio di luce si è così schiuso all’improvviso, prima di una veglia di preghiera all’esterno animata da giovani.

«Portiamo in cuore la gioia per tutto ciò che ha seguito questo rogo. Per tutto ciò che si è vissuto attorno a questa cattedrale da cinque anni», ha detto l’arcivescovo di Parigi Laurent Ulrich, aggiungendo: «L’imprevisto di Dio è una costante della scoperta da parte del popolo che siamo, lungo i secoli, quando non attendevamo più nulla e tutto era scoraggiante. Invece Dio è lì, esprimendo la sua presenza, la sua attenzione, la sua tenerezza per tutta l’umanità». Per padre Stéphane-Paul Bentz, cappellano della Cattedrale, «la processione ha voluto accompagnare la Vergine nella sua casa. Una casa che è di nuovo abitabile e quasi pronta», come ha detto ad Avvenire, aggiungendo: «È stato un po’, simbolicamente, il trasloco della Vergine, se così si può dire, e la ritroveremo per la festa d’inaugurazione. Abbiamo voluto che tutto fosse semplice e per tutti, senza limiti d’accesso per nessuno».

Fra i presenti c’era anche Henri d’Anselme, il fedele 26enne divenuto celebre come «l’eroe con lo zaino di Annecy», dal nome della città in cui l’anno scorso aveva coraggiosamente placato con altri la furia di un attentatore sanguinario armato di coltello, ottenendo poi per questo la Legion d’Onore e un invito ufficiale alla cerimonia d’apertura di Notre-Dame. Del resto, al momento del suo atto eroico, il giovane stava compiendo a piedi proprio un giro fra le cattedrali di Francia: «È oggi la Vergine a prenderci per mano come bambini, verso questa Cattedrale che è una casa per gli uomini e per Dio. Notre-Dame ci apre le porte del Paradiso».

In queste settimane d’attesa palpitante della riapertura, parole come “speranza”, “unità”, “trascendenza” risuonano attorno a Notre-Dame che irradia nuovamente luce. Presso il vicino Museo di Cluny, si può già visitare la mostra “Far parlare le pietre”, dedicata agli straordinari resti architettonici decorativi ritrovati durante gli scavi di consolidamento. «Vedrete, la Cattedrale sarà più bella che mai», ha invece ribadito lunedì Philippe Jost, a capo del cantiere, durante un evento di presentazione della copertura eccezionale che i media francesi internazionali (France Médias Monde) hanno previsto per la riapertura. La sorprendente campagna mondiale di raccolta di fondi, forte di 340mila donatori, ha superato di 140 milioni di euro i bisogni della ricostruzione. Così, saranno possibili pure dei restauri che erano stati sempre procrastinati.

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San Leonardo da Porto Maurizio

Posté par atempodiblog le 26 novembre 2024

San Leonardo da Porto Maurizio
Il primo merito che gli va ascritto è la propagazione della Via Crucis in tutta la Chiesa. Ne eresse ben 572. Attirò folle enormi con i suoi sermoni sulla Passione di Gesù. «È il più grande missionario del nostro secolo», diceva di lui sant’Alfonso Maria de’ Liguori.
di Ermes Dovico – La nuova Bussola Quotidiana

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Il primo merito che va ascritto a san Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751), un frate francescano della cosiddetta «Riformella», è la propagazione della Via Crucis in tutta la Chiesa. Fu lui, nel 1731, a ottenere da Clemente XII il breve Exponi nobis che autorizzava l’allestimento in tutte le chiese della Via Crucis, fino allora un privilegio delle sole chiese francescane. Solo il santo ne eresse ben 572 nelle varie città in cui andò in missione. Attirava folle enormi con i suoi sermoni sulla Passione di Gesù, che arrivavano fino a far lacrimare e singhiozzare i presenti.

San Leonardo introdusse inoltre le meditazioni per ognuna delle 14 stazioni, insegnando che la Via Crucis «è lo stesso che contemplare con tenerezza di cuore tutti quegli strazi e dolori che dalla casa di Pilato sino al Calvario soffrì sotto il peso della Croce l’amatissimo Gesù, il nostro bene». Fu sempre lui a spingere Benedetto XIV verso l’istituzione della Via Crucis al Colosseo, che venne consacrato a Dio e ai tantissimi cristiani che vi avevano patito il martirio. La prima si svolse nel 1750, in pieno Anno Santo. E il fatto religioso contribuì a evitare che il grande anfiteatro romano, a lungo utilizzato come cava di travertino, venisse smantellato.

Al secolo Paolo Girolamo Casanova, il santo era rimasto orfano della madre ad appena due anni. Ricevette l’educazione religiosa dal padre. Lasciò la natìa Liguria poco più che bambino. Studiò teologia al convento romano di San Bonaventura al Palatino e a 25 anni venne ordinato sacerdote. Avrebbe voluto partire missionario per evangelizzare la Cina, ma il cardinale Colloredo gli disse: «La tua Cina sarà l’Italia». Fu così che l’Italia la girò in lungo e in largo, specie le regioni centro-settentrionali. Richiamò il popolo alla preghiera, alla penitenza e all’adorazione del Santissimo Sacramento. «È il più grande missionario del nostro secolo», disse di lui sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Molto noto è un episodio avvenuto in Corsica, allora tormentata da insurrezioni separatiste; dopo una predica sulla Passione, gli uomini scaricarono in aria i fucili e si abbracciarono gridando a gran voce: «Viva frate Leonardo, viva la pace!».

Combatté il giansenismo e la sua errata concezione di Dio, che faceva dubitare dell’amore divino. Raccomandava di porre sopra la porta delle case l’immagine di Gesù, nonché i Santissimi Nomi di Gesù e Maria. Verso la Madonna aveva una devozione filiale. Propagò la promessa delle Tre Ave Maria (che la Vergine aveva fatto a santa Matilde). Fu un convinto assertore dell’Immacolata Concezione. Consigliò di indire una consultazione con i vescovi, che chiamò «concilio per iscritto e senza spese», annunciando nella sua Lettera Profetica che l’Immacolata Concezione sarebbe stata proclamata dogmaticamente. Il suo scritto venne esposto nella cappella del convento di San Bonaventura al Palatino, dove il santo morì.

Un secolo più tardi divenne papa un devotissimo dell’allora beato Leonardo, Pio IX (sarà proprio lui a canonizzarlo), che conosceva bene quella cappella, dove si ritirava spesso a pregare. Poco dopo essere salito al Soglio petrino, Pio IX volle leggere e avere copia della Lettera Profetica, le cui parole gli rimasero impresse. Il 2 febbraio 1849, sollecitato anche dalle suppliche di molti fedeli, il pontefice pubblicò l’enciclica con cui chiedeva a tutti i vescovi del mondo di manifestare quale fosse il loro pensiero e la pietà del popolo cristiano verso l’Immacolata Concezione. Si sa com’è andata a finire: l’8 dicembre 1854 il dogma venne solennemente proclamato.

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Cristo re dell’universo

Posté par atempodiblog le 23 novembre 2024

Cristo re dell’universo
Tratto da: Inchiesta sull’Inferno. Salvezza e perdizione nelle profezie di Medjugorje. Di Padre Livio Fanzaga con Diego Manetti. Ed. PIEMME

Cristo re dell'universo dans Anticristo Cristo-Re-dell-Universo

[...] Una volta corrotto il cuore dell’uomo con il peccato, Satana ha esteso il suo potere nel mondo, però il suo non è un dominio totale perché la parola “principe” sta a indicare che il Diavolo non è re. Solo Dio è il Re dei re, l’Onnipotente, Colui che tiene ben salde in mano le redini del mondo e della storia.

Le antiche religioni, di fronte al dilagare del Male, della sofferenza, della morte, hanno spesso ceduto alla tentazione di immaginare che ci fosse un dio del Male autonomo e originario, contrapposto a un dio del Bene, lasciando così l’umanità in balìa di questo scontro incessante e dall’esito incerto. Quando il cristianesimo è apparso nel mondo, affermando la potenza del solo Dio Creatore dell’universo, si è avuta una sorta di grande esorcismo contro il Male, ridotto al rango di creatura, privato di ogni presunta connotazione divina. Questo ha indotto – come ben osserva Benedetto XVI nel suo volume Gesù di Nazaret – le popolazioni dell’impero romano a convertirsi in proporzioni sempre maggiori nei primi secoli all’annuncio della Buona Novella: un annuncio liberatorio, perché esorcizzava il Male riconfermando la potenza di Cristo re dell’universo, restituendo così all’uomo quella autonomia, quella possibilità di redenzione che prima pareva negata. La venuta di Cristo nella carne è stato dunque il più grande esorcismo di sempre, poiché ha posto un freno a quel potere di Satana che, nel mondo greco-romano, era dilagato sotto forma di politeismo, superstizione, spiritismo. Certo, la storia è sempre stata guidata da Dio, che, dopo il peccato originale, ha scelto patriarchi, profeti, re e uomini giusti per preparare il suo popolo all’avvento di Gesù. Però l’incarnazione ha segnato uno spartiacque nella storia del mondo, poiché con la sua venuta Cristo ha preparato il momento in cui il principe del mondo sarebbe stato cacciato fuori: “Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori” (Gv 12,31).

Quando Satana verrà cacciato fuori dal mondo, avrà termine quella attività che, per permissione divina, il Diavolo va svolgendo dal tempo del peccato originale, ovvero quella strategia di inganno e di seduzione con la quale Lucifero e i suoi demoni vogliono indurre l’uomo alla ribellione contro Dio. Quanti daranno il loro consenso a questa tentazione, scegliendo radicalmente il Maligno al posto di Dio, accetteranno di farsi schiavi del peccato e del Demonio. E se quest’ultimo sarà cacciato dal mondo, per regnare internamente all’Inferno, così dovrà essere di ogni anima dannata che avrà preferito il principe di questo mondo, Satana, a Cristo re dell’universo.

Insomma, qui si tratta di capire che ci sono due regni, contrapposti tra loro, il Regno di Dio e il regno del Diavolo, il Paradiso e l’Inferno, e le anime andranno nell’uno o nell’altro a seconda del re o del principe che avranno scelto di adorare e di servire. Satana sa bene che il tempo è breve, che presto verrà cacciato, e sa anche di aver già perso la sua guerra nel momento in cui Cristo è morto e risorto, vincendo il peccato, il Male e la morte.

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San Francesco Saverio: a Goa è iniziata l’esposizione delle reliquie

Posté par atempodiblog le 22 novembre 2024

San Francesco Saverio: a Goa è iniziata l’esposizione delle reliquie
Evento solenne che si ripete ogni dieci anni richiamando migliaia di pellegrini che pregano davanti alle spoglie del grande evangelizzatore dell’Asia. “Siamo messaggeri della Buona Novella”, il tema scelto per l’evento che proseguirà fino al 5 gennaio. Accompagnato da una catena umana di mille giovani il tragitto dell’urna dalla basilica del Bom Jesus alla cattedrale.
di Nirmala Carvalho – AsiaNews

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Nella città vecchia di Goa si è aperta solennemente oggi l’esposizione delle reliquie di san Francesco Saverio, grande evento spirituale che ogni dieci anni vede convergere migliaia di pellegrini in questa città del sud dell’India che custodisce le spoglie del grande missionario dell’Asia. Popolarmente conosciuto come “Gõycho Saib” – cioè il patrono di Goa – il gesuita spagnolo Francesco Saverio, tra i primi compagni di Ignazio di Loyola, proprio qui sbarcò nel 1542 e ne fece poi la base per i suoi viaggi missionari, fino alla morte sopraggiunta il 3 dicembre 1552 sull’isola di Shangchuan, alle porte della Cina.

L’esposizione iniziata oggi durerà per 45 giorni fino al 5 gennaio 2025, andandosi così a intrecciare con l’inizio del Giubileo della Chiesa universale. Le reliquie – abitualmente custodite nella basilica del Bom Jesus – sono state portate oggi solennemente in processione alla cattedrale, dove resteranno esposte ogni giorno dalle 7 alle 18 al culto dei fedeli, rinnovando così una lunga tradizione di venerazione spirituale. “Siamo messaggeri della Buona Novella” è il tema scelto per l’esposizione di quest’anno, che si riflette nelle Messe quotidiane celebrate in lingua konkani e in inglese per i milioni di devoti attesi.

Accolti dal card. Filipe Feri Ferrao, arcivescovo di Goa e Darman, numerosi vescovi indiani e oltre 400 sacerdoti hanno concelebrato nella liturgia eucaristica inaugurale presieduta nella basilica del Bom Jesus dall’arcivescovo di Delhi, mons. Anil Joseph Couto, davanti a più di 40mila fedeli. Nella sua omelia il presule ha descritto san Francesco Saverio come “un uomo in missione”, sottolineando come la sua vita fosse una testimonianza vivente della proclamazione della salvezza in Cristo. L’arcivescovo ha esortato i fedeli a trarre ispirazione dalla sua dedizione, imitandone il fervore nella discepolanza e la sua coraggiosa testimonianza del Vangelo.

Prima dell’inizio delle celebrazioni religiose anche il governatore di Goa P S Sreedharan Pillai e il capo del governo locale Pramod Sawant hanno reso omaggio alle reliquie, che al termine del rito sono state poi trasportate fino alla cattedrale a bordo di un veicolo elettrico appositamente progettato. Ad accompagnarle sono stati il clero, rappresentanti selezionati di vari settori della società e una catena umana formata da 1.000 giovani, simbolo di unità.

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La musica che si fa preghiera nelle opere di Verdi e Puccini

Posté par atempodiblog le 22 novembre 2024

La musica che si fa preghiera nelle opere di Verdi e Puccini
Non pochi elementi rimandano alla fede in Dio nel repertorio operistico dei due grandi compositori italiani. La Tosca e il Nabucco sono pervasi da un anelito religioso. Un approfondimento nel giorno di Santa Cecilia.
di Antonio Tarallo – La nuova Bussola Quotidiana

La musica che si fa preghiera nelle opere di Verdi e Puccini dans Antonio Tarallo La-musica-che-si-fa-preghiera

Cultura e devozione popolare s’intrecciano in Santa Cecilia di cui oggi ricorre la memoria liturgica: la santa dei musicisti, così il popolo di Dio la ricorda e la festeggia. E se si parla di musica è spontaneo parlare di “sacre” note. 

I compositori che hanno scritto di Dio nelle loro composizioni sono davvero innumerevoli: dal grande maestro Bach a Haydn, da Mozart a Verdi, da Ludwig van Beethoven a Mendelssohn passando per Brahms, fino a giungere al Novecento musicale (Poulenc, Britten, Penderecki e tanti altri). Sono composizioni dette “sacre”, appunto: si alternano così in questo vasto panorama musicale Messe e Requiem, preghiere e salmi trasformati in canti e note. Ma, c’è anche una produzione musicale che non è possibile inquadrare in questo contesto: sono note musicali, rimandi, versi che parlano della fede in Dio o della Chiesa, presenti in alcune composizioni operistiche “laiche” (definiamole pur così). Non sono poche, infatti, le opere liriche che fanno riferimento al tema del sacro: melodrammi che, a un certo punto della trama, riecheggiano Dio e la fede.

Il primo nome che verrebbe in mente – il prossimo 29 novembre celebreremo il centenario della sua morte – è Giacomo Puccini che, certamente, non si può considerare un musicista proprio religioso. Eppure nelle sue partiture il sacro è ben presente ed evidente. Vi è, ad esempio, la sua famosa Tosca, opera andata in scena al Teatro Costanzi di Roma (l’odierno Teatro dell’Opera) il 14 gennaio 1900. Un melodramma che vede la trama d’amore di Mario Cavaradossi e Floria Tosca intrecciarsi con la storia del mondo: c’è tutta la Roma papalina del 1800 e poi, di sfondo, la battaglia di Marengo della seconda campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte. Nel primo atto, oltre alla presenza del simpatico sagrestano con il suo Angelus recitato a mezzogiorno nella chiesa di sant’Andrea della Valle, troviamo soprattutto una scena di grande effetto: il Te Deum posto a fine dell’atto. Per 73 misure, in partitura, il suono delle campane fa da sfondo a un’orchestrazione colossale: lo scandire del coro dei versi del Te Deum conferisce al tutto una sacralità composta di invocazioni e lodi del popolo a Dio. Cadenzati, sono i versi: «Adjutorum nostrum in nomine Domini/ qui fecit coelum et terram./ Sit nomen Domini benedictum/ et hoc nunc et usque in saeculum. Te Deum laudamus:/ Te Dominum confitemur!». Un crescendo di preghiere alternato dal lugubre e voluttuso desiderio di Scarpia verso Tosca: parole che non hanno proprio nulla del sacro («Ah di quegli occhi/ vittoriosi veder la fiamma/ illanguidir con spasimo d’amor/ fra le mie braccia…»). Un climax musicale di grande effetto.

Ma, sempre nella Tosca, altro elemento che rimanda a Dio e alla fede è la preghiera-aria di Tosca stessa. Siamo nel secondo atto, nello studio di Scarpia a palazzo Farnese. Ormai, sembra tutto perduto: il suo amante Cavaradossi è condannato al capestro. A Tosca non rimane altro, allora, che invocare Dio con una preghiera che potrebbe quasi assomigliare alla preghiera di Giobbe: «Vissi d’arte, vissi d’amore. (…) Nell’ora del dolore,/ perché, perché, Signore,/ ah, perché me ne rimuneri così?». La melodia, in questo caso, si fa intima: è un dialogo con Dio quello che Puccini ci presenta. Una preghiera-richiesta (e anche riflessione, se vogliamo) sull’inspiegabile Disegno di Dio. Tosca, fervente credente, che ha portato sempre in chiesa i fiori alla Madonna, che ha sempre pregato Dio («Sempre con fè sincera/ la mia preghiera/ ai santi tabernacoli salì»), si domanda il perché di tanta sofferenza. L’aria di Tosca diviene così una preghiera universale dell’animo umano che, molto spesso, non riesce a comprendere il dolore sulla terra: è il perché che più volte ripete Tosca nel suo Vissi d’arte.

Altro nome del melodramma, Giuseppe Verdi, ossia il melodramma italiano “in persona”. Altro compositore che per tutta la sua vita ha vissuto una certa avversione alla Chiesa e al sacro (ma sempre spinto alla ricerca di Dio, soprattutto nell’ultima parte della sua esistenza). Di lui rimarranno come repertorio sacro alcune composizioni immortali come il Requiem. Ma non sono pochi i rimandi a Dio nel repertorio operistico che Verdi ci ha lasciato: ad esempio, ne La forza del destino (1862). La mente corre subito alla preghiera La Vergine degli angeli (che chiude il finale del secondo atto dell’opera ambientato nella chiesa della Madonna degli Angeli presso Hornachuelos) che vede coinvolti prima un coro sommesso e poi Leonora, una delle voci più importanti dell’intera opera, accompagnata dall’arpa che riesce a fornire a questo canto dolce e tenero un’aura divina. La preghiera sale al cielo così come il canto di Leonora e del coro.

E nel corollario di melodrammi che Verdi ha composto non può mancare il Nabucco (1846): in questo caso, già il soggetto dell’opera si presta. Una trama che vede protagonisti: Nabucco, re di Babilonia; Fenena, figlia di Nabucco; Abigaille, figlia illegittima di Nabucco; Zaccaria, il Gran Pontefice; Ismaele, nipote del re di Gerusalemme Sedecia. E fra tutti questi personaggi, ne spicca uno in particolare: il popolo ebraico con il suo Va pensiero. La scena è tratta dal salmo 137: «Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre». Di scene da ricordare ce ne sarebbero davvero tante. Ma, forse, una delle più significative è quella della “conversione” di Nabucco: «Dio di Giuda! l’ara, il Tempio/ A Te sacro, sorgeranno./ Deh! mi togli a tanto affanno/ E i miei riti struggerò./ Tu m’ascolti! … Già dell’empio/ Rischiarata è l’egra mente! Ah!/ Dio verace, onnipossente,/ Adorarti ognor saprò!». Nabucco, ormai ravveduto del comportamento riprovevole contro il Signore, riesce finalmente a soggettarsi a Dio, unico verace e onnipossente.

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Carlo Acutis diventerà santo il 27 aprile, il primo dei millennials e dell’era digitale

Posté par atempodiblog le 21 novembre 2024

Carlo Acutis diventerà santo il 27 aprile, il primo dei millennials e dell’era digitale
Il via libera alla canonizzazione era arrivato in primavera, quando Francesco aveva riconosciuto un miracolo compiuto per sua intercessione
di Gian Guido Vecchi – Corriere della Sera

Carlo Acutis, un ragazzo pulito dans Carlo Acutis Carlo-Acutis

Carlo Acutis diventerà santo il 27 aprile, nel terzo giorno giubileo degli adolescenti. Il via libera alla canonizzazione del primo santo dei millennials era arrivato in primavera, quando Francesco aveva riconosciuto un miracolo compiuto per sua intercessione, l’ultimo passaggio prima degli altari. Mancava ancora la data. L’annuncio è stato dato dallo stesso Francesco, durante l’udienza generale.

Insieme con Acutis, ma durante il giubileo dei giovani, il 3 agosto, diventerà santo anche Pier Giorgio Frassati, uno dei santi sociali torinesi, scomparso nel 1925 a ventiquattro anni. Carlo Acutis ne aveva solo quindici, il 12 ottobre 2006, quando morì per una leucemia fulminante. Se lo sentiva, due mesi prima aveva registrato un video in cui, sorridendo, diceva di essere pronto e chiedeva d’essere sepolto ad Assisi. Il vescovo di Assisi Domenico Sorrentino ha fatto suonare le campane a festa: «La Chiesa e specialmente i giovani sentono Carlo come un raggio di luce, come lo sono stati Francesco e Chiara sulle cui orme egli è venuto a santificarsi e ora riposa».

Nato a Londra in una famiglia della buona borghesia ambrosiana e cresciuto a Milano, studiava dai gesuiti al liceo classico Leone XIII. «Un pezzo di cielo per gli altri, una di quelle persone che, quando ci sono, tu stai meglio» raccontava padre Roberto Gazzaniga. Gli amici, le partite di pallone. E due qualità fuori dal comune: era un genio precoce dell’informatica e insieme mostrava una fede rara, scandita ogni giorno da messa, adorazione eucaristica, rosario, l’impegno come catechista, il volontariato nelle mense dei poveri, l’aiuto ai senzatetto. In Rete animava progetti di evangelizzazione, come un sito divenuto popolare sui «miracoli eucaristici» nella storia. Invitava a non uniformarsi: «Tutti nascono come originali ma molti muoiono come fotocopie».

Già beato dal 2020, sarà il primo santo dei millennials e della Rete, annunciato anche in Vaticano come il futuro patrono di Internet, o almeno co-patrono visto che un santo protettore esiste già, seppure meno aggiornato: Isidoro di Siviglia, autore delle «Etymologiae» e Dottore della Chiesa, vissuto tra il VI e il VII secolo. Bergoglio aveva descritto Carlo come un modello di santità nell’era digitale.

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I Santi della “Dilexit nos”. Quali sono i Santi citati da Papa Francesco?

Posté par atempodiblog le 20 novembre 2024

I Santi della “Dilexit nos”. Quali sono i Santi citati da Papa Francesco?
La “hit parade” dei Santi citati nell’Enciclica di Papa Francesco
di Antonio Tarallo – ACI Stampa

I Santi della “Dilexit nos”. Quali sono i Santi citati da Papa Francesco? dans Antonio Tarallo IMG-E4300

Ancora forte l’eco dell’Enciclica “Dlixet nos” di Papa Francesco. E sarà così ancora per tanto tempo. Un’Enciclia che apre a diverse riflessioni, meditazioni  sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù, oggetto del documento pontificio. Ma non solo: ci spinge, infatti, a comprendere cosa vuol dire questa devozione nel tempo che stiamo vivendo. E, si sa, il presente ha sempre un legame con il passato: difficile poterlo leggere senza comprendere bene le pagine di storia. E Papa Francesco, nelle pagine dell’Enciclica, offre lo spunto di ripercorrere l’agiorgrafia dei Santi che a questa devozione sono stati profondamente legati. Sono tanti, tantissimi i nomi a cui il Pontefice fa riferimento: si passa da Margherita Maria Alacoque a Francesco di Sales; da Teresa di Lisieux a Ignazio di Loyola, passando per Faustina Kowalska e Charles de Foucauld, e tantissimi altri.

Cerchiamo, allora, di ripercorrere – Encilica alla mano – queste affascinanti vite che al Sacro Cuore di Gesù hanno dedicato pagine e pagine di libri, di meditazioni. Vite che Papa Francesco stesso narra, con profonda ammirazione, nelle pagine della “Dilexit nos”.

E’ doveroso cominciare con Santa Margherita Maria Alacocque che ebbe per ben 17 anni delle apparizioni di Gesù. Fu lui stesso a chiederle una speciale devozione al Suo Sacratissimo Cuore. La prima visione risale al 27 dicembre 1673. Sarà da questa apparizione che nasceranno due espressioni importanti della devozione al Sacro Cuore: la Comunione nel primo venerdì del mese e la cosiddetta “Ora Santa” in riparazione ai torti subiti dal Cuore di Gesù. Necessario annoverare anche la quarta apparizione che avvenne l’ottavo giorno dopo la festa del Corpus Domini del 1675. La data è importante poiché si tratta di quella in cui oggi viene celebrata la solennità del Sacro Cuore: Gesù desiderava che fosse istituita una speciale festa in onore del Sacro Cuore dopo, appunto, l’ottava del Corpus Domini.

A seguire, San Giovanni Eudes, altro instancabile apostolo del Sacro Cuore. Di lui, Papa Francesco scrive: “Dopo aver svolto con i suoi missionari una ferventissima missione a Rennes, ottenne che monsignor Vescovo approvasse per quella diocesi la celebrazione della festa del Cuore adorabile di Nostro Signore Gesù Cristo. Questa fu la prima volta che tale festa venne ufficialmente autorizzata nella Chiesa. In seguito, i Vescovi di Coutances, Evreux, Bayeux, Lisieux e Rouen autorizzarono la stessa festa per le rispettive diocesi tra il 1670 e il 1671”. Sarà il primo a comporre un Ufficio liturgico e una Messa in onore del Cuore Immacolato di Maria e del Sacro Cuore di Gesù, celebrando le loro feste all’interno della congregazione da lui fondata, la Congregazione di Gesù e Maria per la formazione dei sacerdoti nei seminari e quella delle monache di Nostra Signora della Carità.

Un nome, associato a Santa Margherita Alacocque, è quello di San Claudio de La Colombière che – per citare il documento di Papa Francesco - “venne a conoscenza delle esperienze di Santa Margherita, ne divenne immediatamente difensore e divulgatore. Egli ebbe un ruolo speciale nella comprensione e nella diffusione di questa devozione al Sacro Cuore, ma anche nella sua interpretazione alla luce del Vangelo”. Fra i due illustri personaggi nascerà un’intesa spirituale del tutto particolare: “Io ti manderò un mio servo fedele e amico perfetto”, così aveva promesso Gesù a Margherita Maria Alacoque. E così avvenne.

Fra i santi della storia moderna, viene citato San Francesco di Sales che “contemplava spesso il Cuore aperto di Cristo, che invita a dimorare dentro di Lui in una relazione personale di amore, nella quale si illuminano i misteri della vita. Possiamo vedere nel pensiero di questo santo dottore come, di fronte a una morale rigorista o a una religiosità di mera osservanza, il Cuore di Cristo gli apparisse come un richiamo alla piena fiducia nell’azione misteriosa della sua grazia”, così scrive Papa Francesco nell’Enciclica. Inoltre, cita una frase del santo contenuta nel Sermone per la II Domenica di Quaresima (20 febbraio 1622): “Questo adorabilissimo e amabilissimo cuore del nostro Maestro, ardente dell’amore che professa per noi, cuore in cui vediamo scritti tutti i nostri nomi [...]. È certamente un argomento di grandissima consolazione il fatto di essere amati con tanto affetto da Nostro Signore che ci porta sempre nel suo Cuore”.

Poi, l’altro ieri della storia con figure come San Charles de Foucauld e Santa Teresa di Gesù Bambino che nella “Dilexit nos” vengono citati assieme: “Senza averne la pretesa, hanno rimodellato alcuni elementi della devozione al Cuore di Cristo, aiutandoci a comprenderla in modo ancora più fedele al Vangelo”. Papa Francesco cita alcune frasi della Santa francese. Sembrano dei flash per ricordarci il suo pensiero: “Colui il cui cuore batteva all’unisono col mio”. E ancora: “Tu lo sai: io non guardo al Sacro Cuore come tutti; penso che il cuore del mio sposo è solo mio, così come il mio appartiene solo a lui, e allora nella solitudine gli parlo di questo delizioso cuore a cuore, aspettando di contemplarlo un giorno faccia a faccia”. E’ l’unione sponsale tra la Santa e Cristo, uniti nel Sacro Cuore.

In ultimo, un pensiero anche a Santi assai recenti come Santa Faustina Kowalska, San Pio da Pietrelcina e Santa Teresa di Calcutta. Fra queste ultime aureole, immancabile il pensiero a San Giovanni Paolo II. Il Pontefice guarda con ammirazione al suo insegnamento: “Giovanni Paolo II insegnava che «il Cuore del Salvatore ci invita a risalire all’amore del Padre, che è la sorgente di ogni autentico amore»”. Le parole che ricorrono di più, citando questi santi, sono due: “Cuore” (ovviamente) e un’altra che risiede all’interno del Cuore stesso, la parola “Amore” (altrettanto ovviamente).

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Addio a Grazia Ruotolo, nipote di don Dolindo

Posté par atempodiblog le 18 novembre 2024

Addio a Grazia Ruotolo, nipote di don Dolindo
Una donna dalla fede viva, che ha speso l’intera esistenza e le sue risorse, nella diffusione della conoscenza e della devozione del padre della Coroncina e della Novena dell’Abbandono
della Redazione di AgenSIR

Addio a Grazia Ruotolo, nipote di don Dolindo dans Articoli di Giornali e News Grazia-Ruotolo-nipote-di-don-Dolindo-Napoli

In punta di piedi, se n’è andata [il 13 novembre] a mezzogiorno – l’ora della Madonna – Grazia Ruotolo, la nipote di don Dolindo, il grande mistico napoletano, morto il 19 novembre 1970.

Una donna dalla fede viva, che ha speso l’intera esistenza e le sue risorse, nella diffusione della conoscenza e della devozione del padre della Coroncina e della Novena dell’Abbandono.

La sua casa in via Crispi, a Napoli, aveva le porte perennemente spalancate ai pellegrini e ai religiosi che, da ogni dove, chiedevano di incontrarla per pregare dinanzi alla Madonnina di don Dolindo, per chiedere informazioni e scritti dello zio. Per entrare nel suo mondo fatto di intimo e costante dialogo interiore con Dio, Maria ed i santi che amava.

“La preghiera per il ‘poverello della Madonna’ – raccontava Grazia – era un continuo affidarsi. ‘Tu puoi pregare mille preghiere’ – erano parole di don Dolindo – ma non valgono un solo atto di abbandono. Gesù mi abbandono in te, pensaci Tu”.

Per questo, aveva appena fatto pubblicare il libricino della “Novena dell’Abbandono”, la medicina dei tempi moderni, l’aveva definita. Pubblicazione andata a ruba che distribuiva a chiunque venisse a trovarla.
Aveva studiato tutte le sue pubblicazioni, ne conosceva le virgole. Teneva a mente, con una memoria prodigiosa per la sua età – Grazia aveva 95 anni –, tutti i passaggi più significativi per ricostruire il pensiero di don Dolindo, la fede, l’amore sconfinato per Dio, l’obbedienza cieca ad una Chiesa che non ne aveva compreso la grandezza e la profezia.
In tutto il mondo si moltiplicano i miracoli per intercessione di don Dolindo. La tomba nella chiesa di San Giuseppe de’ Vecchi, nel cuore di Napoli, è meta di migliaia di uomini e donne che bussano tre volte alla sua tomba, così come lui stesso aveva chiesto.
E quando a Grazia, donna elegante e gentile, veniva chiesto perché don Dolindo non fosse già sugli altari, lei – con quel sorriso luminoso e la voce ferma – rispondeva:

“Don Dolindo è o’puveriell r’a Maronna… Pensate davvero che gliene importi di essere proclamato santo? Sta in Paradiso e dal Paradiso continua a provvedere a noi”.

Se l’è venuta a prendere la sua Grazia, don Dolindo, in una giornata di novembre, all’ora della Madonna. Dal Paradiso pioveranno grazie.

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Un nome che si riallacci a quello di Gesù

Posté par atempodiblog le 17 novembre 2024

Un nome che si riallacci a quello di Gesù dans Citazioni, frasi e pensieri San-Pietro-Favre

“Non cerchiamo mai in questa vita un nome che non si riallacci a quello di Gesù”.

San Pietro Favre

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Il Messaggio di Papa Francesco per i 150 anni dell’arrivo del quadro della Vergine del Rosario a Pompei

Posté par atempodiblog le 11 novembre 2024

“Provvidenziale che il giubileo del quadro della Madonna di Pompei coincida con l’imminente Anno Giubilare, incentrato su Gesù nostra speranza”
Il Messaggio di Papa Francesco per i 150 anni dell’arrivo del quadro della Vergine del Rosario a Pompei
Papa Francesco scrive a Monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato di Pompei per l’importante anniversario
di Antonio Tarallo – ACI Stampa

Il Messaggio di Papa Francesco per i 150 anni dell’arrivo del quadro della Vergine del Rosario a Pompei dans Antonio Tarallo Il-quadro-della-Vergine-di-Pompei

E’ indirizzato a Monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato di Pompei, il Messaggio di Papa Francesco in occasione del 150° Anniversario [2025dell’arrivo nella città campana, del quadro della Vergine del Rosario.  Sono parole affettuose, calde, e colme di emozione quelle che il Pontefice riserva per questa importante occasione: “Sono lieto di unirmi spiritualmente a quanti celebreranno la significativa ricorrenza e sosteranno in orante raccoglimento presso il tempio mariano pompeiano, per trovare conforto e speranza nel volto dolcissimo della Madre celeste”.

Il Messaggio poi prosegue con il segnare le tappe storiche più importante della famosa effigie mariana. Papa Francesco ricorda, ovviamente, “l’avvocato Bartolo Longo, Fondatore del Santuario” che “aveva ritrovato la fede, smarrita durante gli anni dei suoi studi universitari. Una voce udita nel profondo dell’animo fu come un lampo nella notte, sottraendolo ad un’aspra lotta, e facendo risuonare con nuova forza nel suo cuore un detto legato alla tradizione devota del Rosario: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario». Quel motto, a lui ben noto, assumeva ora nel suo animo, come spesso accade nelle esperienze mistiche, il senso di una promessa e, in qualche modo, di un mandato”.

Da questo episodio, Longo, infatti diverrà “un apostolo del Rosario e, con innumerevoli iniziative e scritti, e soprattutto con i suoi «Quindici Sabati», fu uno dei più grandi interpreti di questa devozione mariana”. Fa riferimento poi ai suoi predecessori come Papa Leone XIII e  Giovanni Paolo II.

Per Papa Francesco diviene “provvidenziale che il giubileo del quadro della Madonna di Pompei coincida con l’imminente Anno Giubilare, incentrato su Gesù nostra speranza, e con il XVII centenario del Concilio di Nicea (325), che al mistero divino-umano di Cristo, nella luce della Trinità, diede particolare risalto”.

Il Santo Rosario, preghiera tanto quanto antica così sempre attuale perché “di aiuto nella costruzione della pace ed è importante proporla ai giovani perché la sentano non ripetitiva e monotona, ma un atto di amore che non si stanca mai di effondersi. Il Rosario è, altresì, fonte di consolazione per gli ammalati e i sofferenti, «catena dolce che ci rannoda a Dio», ma anche catena di amore che si fa abbraccio per gli ultimi e gli emarginati”.

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In cammino verso Dio

Posté par atempodiblog le 6 novembre 2024

Parole accorate che ci vengono dal Cielo dans Fatima Sacro-Cuore-di-Ges

L’uomo viene da Dio ed è in cammino verso di Lui. Il suo cuore lo cerca quando anela alla felicità ed è inquieto finché non riposa in Lui.

Tratto da: Dio ci invita col sorgere del sole al mattino, di Padre Livio Fanzaga. SUGARCO EDIZIONI

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Tagle: vivere il Giubileo mettendo il cuore al centro della nostra vita

Posté par atempodiblog le 6 novembre 2024

Tagle: vivere il Giubileo mettendo il cuore al centro della nostra vita
Il pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione si sofferma con i media vaticani sull’Enciclica Dilexit nos e sottolinea che attraverso l’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù possiamo leggere tutti i documenti e i gesti più importanti del Pontificato di Papa Francesco
di Alessandro Gisotti – Vatican News

«Almeno tu, amami!». Cosa ci chiede il Sacro Cuore dans Fede, morale e teologia Sacro-Cuore-di-Ges-a-tempo-di-blog

“Si potrebbe dire che io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone”: è questo uno dei passi più significativi di Dilexit nos, l’Enciclica di Papa Francesco pubblicata il 24 ottobre. Un documento magisteriale che non ha ricevuto la vasta eco che hanno avuto le due Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti, ma che rappresenta una chiave interpretativa dell’intero Pontificato. Dilexit nos può essere utile anche per comprendere meglio un evento come il Sinodo sulla sinodalità che si è appena concluso e il Giubileo che inizierà tra poche settimane. Ne abbiamo parlato con il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, che nella sua intervista con i media vaticani riflette anche sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù, molto diffusa nelle Filippine e che lui ha imparato a praticare sin da giovane.

La pubblicazione di Dilexit nos ha generato un certo stupore. Dopo le Encicliche di dottrina sociale Laudato si’ e Fratelli tutti Francesco ha promulgato un’Enciclica spirituale. Come ha accolto questo documento?
Papa Francesco è un Papa delle sorprese. Sebbene l’annuncio dell’Enciclica e la conseguente pubblicazione fossero per certi versi inaspettati visto che si era concentrati sul Sinodo dei vescovi, non mi ha del tutto sorpreso che il Santo Padre pubblicasse un’Enciclica sull’amore di Gesù per noi, simboleggiato dal suo Sacro Cuore. Per me è stato il modo del Santo Padre di rendere più esplicite le fondamenta cristologiche delle Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti. L’amore di Gesù, quando lo riceviamo, ci permette di vedere un fratello e una sorella negli altri esseri umani (Fratelli tutti) e di essere custodi attenti, umili e responsabili della nostra Casa comune (Laudato si’). Direi che gli scritti e i discorsi di Papa Francesco sono sistematicamente fondati sulla nostra fede nella Persona e nella missione di Gesù Cristo. Suggerisco di rileggere queste due Encicliche sociali per trovare tracce o semi di Dilexit nos già presenti in esse.

Nelle Filippine la devozione al Sacro Cuore è molto popolare e coinvolge principalmente le persone più semplici, il popolo di Dio. Qual è stata la sua esperienza di questa devozione nel suo Paese?
La devozione al Sacro Cuore di Gesù è molto diffusa nelle Filippine. Siamo grati ai tanti ordini religiosi che portano il nome “Sacro Cuore”, alla Compagnia di Gesù e all’Apostolato di Preghiera che promuovono la devozione nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle scuole e nelle famiglie. Oltre alle veglie e alle preghiere ogni primo venerdì del mese, è consuetudine avere nella propria casa l’immagine del Sacro Cuore incoronato. Preghiamo il Cuore di Gesù perché guidi e governi le nostre famiglie e la nostra nazione con la sua misericordia e il suo amore. Questa preghiera giunge da un popolo i cui cuori hanno provato l’essere feriti a causa dell’ingiustizia, dell’avidità, della corruzione e dell’indifferenza. La devozione serve anche a ricordare che dobbiamo chiedere costantemente a Gesù di trasformare i nostri cuori perché siano come il suo. Ancora oggi, in alcune occasioni cantiamo l’inno ufficiale del Congresso Eucaristico Internazionale che si è tenuto a Manila (1937), un inno al Sacro Cuore in spagnolo, in cui la nazione offre il proprio cuore a Gesù: “no más Amor que el tuyo, O Corazon Divino. El Pueblo Filipino te da su corazón”. Questo canto non manca mai di portare consolazione al cuore e lacrime agli occhi.

In Dilexit nos il Papa osserva che l’umanità oggi sembra perdere il proprio cuore e invita noi cristiani a riscoprire come il Cuore di Gesù ci ami. Che cosa si può fare per riaccendere la consapevolezza che tutto scaturisce dal nostro cuore?
In Dilexit nos Papa Francesco descrive il fenomeno e le cause della superficialità che si sta diffondendo come una cultura che ci impedisce di entrare in contatto con il cuore dal quale emanano amore, verità e compassione. Suggerisco di leggere la descrizione della superficialità offerta dal Santo Padre come guida per un esame di coscienza. La consapevolezza di come sto lentamente perdendo contatto con la mia interiorità e con il mio io più vero è il primo passo per risvegliare il proprio cuore. Mi piace anche l’elenco fatto da Papa Francesco dei santi, o quello che definisco “corteo” o processione di santi, che ci offrono la propria testimonianza dell’amore insondabile del Cuore di Gesù e di come ha trasformato la loro vita e missione. Suggerisco di guardare il “corteo” e di unirci ad esso. Possiamo riaccendere la consapevolezza del cuore non attraverso concetti o astrazioni, ma ascoltando i cuori che hanno trovato la vera vita nel Cuore amorevole di Gesù.

Il cuore fa pensare alla persona e alle relazioni. Al Sinodo sulla sinodalità appena concluso, al quale lei ha preso parte, si è discusso molto – anche nel Documento finale – della conversione delle relazioni. Questa Enciclica può servire da bussola per guidare il cammino di una Chiesa sinodale, come incoraggia Papa Francesco?
Dilexit nos ha molto da insegnare alla Chiesa che vuole essere sinodale e missionaria. Durante la sessione da poco conclusa del Sinodo dei Vescovi è stato ripetutamente affermato che la sinodalità in ultima analisi riguarda le relazioni: con Dio, con tutti i battezzati che costituiscono la Chiesa, con l’intera umanità e tutto il creato. Il rinnovamento della Chiesa nella sinodalità missionaria può essere realizzato solo se ci relazioniamo con fiducia, obbedienza e umiltà con il Dio Uno e Trino che è amore. La sinodalità missionaria esige una relazione cuore a cuore tra pastori e fedeli, tra Chiese locali, e così via, dove il cuore di tutti è purificato dal pregiudizio verso gli altri e dall’orgoglio autopromozionale, ed è quindi capace di ascoltare con empatia. Senza relazioni umane purificate dalla grazia divina, la sinodalità missionaria potrebbe essere ridotta a proposte meramente burocratiche e legalistiche senza un cuore che arda con lo Spirito Santo, la fiamma dell’amore divino.

Il Giubileo si sta avvicinando: un anno di grazia, riconciliazione e liberazione. Un Anno Santo che il Papa ha incentrato sul tema della speranza. In che modo l’Enciclica sul Cuore di Gesù si ricollega all’imminente Giubileo?
Ritengo che il collegamento tra Dilexit nos e il prossimo Giubileo sia incentrato sul pellegrinaggio nella speranza, sulla dimensione missionaria della devozione al Sacro Cuore di Gesù. Tanto per cominciare, il Cuore di Gesù è un cuore missionario che, attraverso un cuore umano, porta il traboccante amore divino a tutte le persone, a tutte le situazioni umane e al creato. L’amore misericordioso del Cuore di Gesù offre speranza a un mondo spezzato, specialmente a coloro che non vedono alcuna possibilità di redenzione nella propria vita. Papa Francesco ci invita a ricevere l’amore di Gesù nel nostro cuore e a lasciarlo scorrere senza impedire a questo amore di Gesù di fluire verso altre persone e verso la società. Dilexit nos è una preziosa risorsa spirituale e missionaria per questo Giubileo, per preparare ognuno di noi a essere un pellegrino che condivide l’amore di Gesù con gli altri, l’amore che libera tutti i cuori da paura, orgoglio, egoismo, indifferenza, vendetta e disperazione. Lui ci ama, quindi abbiamo speranza.

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La riapertura della Cattedrale di Notre-Dame sia segno profetico

Posté par atempodiblog le 6 novembre 2024

Messaggio del Papa firmato dal cardinale segretario di Stato in occasione della plenaria dei vescovi francesi in corso a Lourdes
La riapertura della Cattedrale di Notre-Dame sia segno profetico
di Edoardo Giribaldi  L’Osservatore Romano

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«La Chiesa di Francia è chiamata a riconoscere un segno forte — e profetico — che il Signore le rivolge in particolare: la riapertura al culto di Notre-Dame a Parigi». Nel messaggio indirizzato ai partecipanti all’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale francese che si è aperta oggi a Lourdes, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin rilancia l’invito di Papa Francesco a cogliere i segni dell’avvenimento in programma l’8 dicembre prossimo, a più di 5 anni dall’incendio che avvolse la cattedrale parigina tra il 15 ed il 16 aprile 2019.

Un messaggio fraterno, «di incoraggiamento, fiducia e vicinanza», è quello offerto dal Pontefice e condiviso dal porporato in data odierna, che evidenzia come nei rapporti tra le varie componenti delle comunità ecclesiali vi sia «tanto bisogno gli uni degli altri».

In particolare il legame tra la Chiesa francese e quelle dell’Africa, al centro dei lavori dell’assise, nella visione del Pontefice deve ricalcare quello delle «comunità cristiane», ovvero confermarsi «un solo spirito in Cristo».

Il segretario di Stato riporta anche l’accoglienza da parte di Francesco delle discussioni relative all’evangelizzazione. Vengono citate alcune questioni di rilievo, come «la presenza dei sacerdoti nei territori, i seminari, l’insegnamento della religione cattolica, l’organizzazione delle diocesi». Il Papa invita i vescovi ad essere «forti delle ricchezze e delle esperienze del passato» e al contempo «pronti ad accogliere senza paura i segni dati dallo Spirito per affrontare le sfide e prevedere le trasformazioni e le riforme che Egli suggerisce».

Un ascolto che non può prescindere dalla «speranza incrollabile», tema del prossimo Giubileo. Il segno individuato da Francesco e specifico per la Chiesa di Francia è proprio la riapertura della cattedrale simbolo della comunità cristiana d’Oltralpe affinché, «a immagine di questo mirabile edificio restaurato» e «forte della sua fede, orgogliosa della sua storia e del suo insostituibile contributo alla costruzione» del Paese, «possa sempre annunciare con gioia la buona notizia della salvezza».

Francesco dedica poi un passaggio alla sua enciclica sul Sacro Cuore, Dilexit nos, ricordando l’importanza di «riscoprire, o scoprire» l’amore divino, capace di rappresentare «in definitiva l’unica chiave per il futuro». Proprio ai santi francesi nel documento pontificio è riconosciuto un «ruolo considerevole» nello «sviluppo e nella comprensione di questa devozione».

«Voi, più di altri, siete dunque chiamati e qualificati a beneficiare di questa eredità» afferma il Papa, aggiungendo come «piuttosto che riportare in auge una devozione spesso giudicata, a torto, polverosa e superata» sia invece importante «cogliere la misura in cui Gesù ama ciascuno di noi, la misura in cui ama la Chiesa di Francia, i suoi pastori e i suoi fedeli, e la misura in cui ama il mondo intero».

Il messaggio si conclude con la benedizione di Francesco a tutti i vescovi, ai loro collaboratori e ai fedeli delle varie diocesi.

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Un Giubileo della speranza nel segno di Caravaggio e Chagall

Posté par atempodiblog le 29 octobre 2024

Un Giubileo della speranza nel segno di Caravaggio e Chagall
In Sala Stampa vaticana sono stati presentati gli eventi culturali prima dell’apertura ufficiale del Giubileo e del Padiglione della Santa Sede a Expo Osaka 2025. Mostrata anche la mascotte Luce, una piccola pellegrina realizzata in stile manga

di Silvia Guidi – Vatican News

Un Giubileo della speranza nel segno di Caravaggio e Chagall dans Articoli di Giornali e News Mascotte-Luce

L’ambasciatore culturale della Santa Sede all’Expo Osaka 2025 sarà Michelangelo Merisi da Caravaggio, con l’arrivo in Giappone della sua celebre Deposizione, simbolo della vittoria della speranza in una scena che sembrerebbe descrivere solo morte e dolore senza riscatto. Unica opera del maestro del colore seicentesco custodita nei Musei Vaticani, questo quadro, originalmente pensato per una cappella privata, potrà davvero incarnare, a Osaka, la presenza della Bellezza nel dramma che sottende la Resurrezione, come ha chiosato la direttrice dei Musei Barbara Jatta. A Roma, in occasione del Giubileo, arriverà invece la Crocifissione bianca di Marc Chagall, un quadro molto amato da Papa Francesco. Anche in questo caso, una scena di persecuzione e di morte che nella luminosità delle sue immagini porta i segni della speranza.

La “Luce” del Giubileo
Ma alla conferenza stampa sugli eventi in programma prima dell’apertura ufficiale della Porta Santa, che si è svolta oggi, 28 ottobre, presso la Sala Stampa della Santa Sede, il personaggio più fotografato è stata Luce, la mascotte del Giubileo e del Padiglione della Santa Sede in Giappone — una bimba pellegrina realizzata con l’estetica dei manga, con gli stivali infangati dal cammino e occhi grandi spalancati sul mondo, pieni di luce, appunto — presentato da monsignor Rino Fisichella. Accanto al Pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione (Sezione per le Questioni Fondamentali dell’Evangelizzazione nel Mondo) c’erano anche Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, e Davide Mambriani, curatore della rassegna Giubileo e cultura per i concerti e le mostre. I cantieri, in questi mesi, hanno messo a dura prova la pazienza dei romani, ha chiosato Fisichella, ma in questo modo la città potrà mostrare ai pellegrini il suo volto migliore.

Le campane per l’annuncio gioioso
Il 24 dicembre Papa Francesco «oltrepasserà per primo la soglia della Porta e inviterà a seguire il suo esempio a quanti giungeranno nel corso dell’Anno, per esprimere la gioia dell’incontro con Cristo Gesù, nostra speranza». L’annuncio dell’apertura della celebrazione sarà dato da un breve concerto di campane a opera della Pontificia Fonderia di Campane Marinelli. «Le campane — ha aggiunto il Pro-Prefetto — sono il suono più caro al popolo e in questo caso diventano l’espressione dell’annuncio gioioso di un evento atteso da tempo e finalmente giunto». In attesa della vigilia di Natale è previsto un ricco calendario di iniziative, divise in tre categorie, per permettere a chi cercherà informazioni tramite il sito internet o la app del Giubileo 2025 di orientarsi meglio tra luoghi e date, nella mappatura delle iniziative in corso: pellegrinaggio, evento culturale o grande evento.

La musica che apre alla speranza
Un concerto domenica prossima, 3 novembre, nell’Auditorium di via della Conciliazione sarà il primo evento culturale di avvicinamento al Giubileo. Per l’occasione, l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia eseguirà la Quinta Sinfonia di Šostakovič (1906-1975), diretta dal maestro Jader Bignamini, direttore musicale della Detroit Symphony Orchestra. “La Sinfonia, realizzata nel 1937 colpisce per la sua intensa drammaticità e apre a un orizzonte di speranza”, ha commentato Fisichella. “La scelta dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e della quinta sinfonia di Šostakovič non sono casuali”, ha spiegato il curatore Giubileo e cultura, Davide Mambriani. “Questo concerto è l’ultimo di musica ‘profana’ prima dell’inizio dell’Anno Santo e perciò ha una particolare rilevanza. L’Orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia è tra le più antiche e rinomate istituzioni musicali del mondo. La Sinfonia, composta nel 1937, articolata in quattro movimenti per un organico di oltre 90 Professori d’orchestra, è di gran lunga la più eseguita, conosciuta e amata delle quindici di Dmitrij Šostakovič”.

La partecipazione del Coro della Sistina
Il 22 dicembre, alle 18, presso la chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, si potrà assistere al secondo evento musicale. A esibirsi sarà il Coro della Cappella musicale pontificia Sistina che, sotto la guida del direttore, don Marcos Pavan, eseguirà diverse composizioni polifoniche di Palestrina (1525-1594; di cui il prossimo anno si celebreranno i 500 anni della nascita), Perosi e Bartolucci. “Il concerto diretto dal maestro Marcos Pavan – ha spiegato Mambriani – è pensato come un percorso musicale e spirituale che segue l’anno liturgico nell’anno giubilare ed eseguirà antifone, inni, responsori, sequenze e mottetti sacri dedicati ai momenti particolari dell’anno liturgico. Vedrà anche la partecipazione del maestro Josep Solé Coll, primo organista della basilica papale di San Pietro in Vaticano e organista per le Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, che eseguirà all’organo un interludio composto da un maestro di Cappella della Schola Pontificia”.

Le icone di speranza
Oltre alla Crocifissione bianca di Chagall, visitabile gratuitamente fino al prossimo 27 gennaio, sarà allestita anche una mostra di icone provenienti dai Musei Vaticani. “Siamo riusciti a ottenere da The Art Institute di Chicago l’opera così suggestiva e unica, che per la prima volta giunge in Italia, a Roma, e sarà ospitata nel nuovo Museo del Corso – Polo museale, nella sede di Palazzo Cipolla, con ingresso gratuito e libero”, ha spiegato Fisichella. Il secondo evento vede l’esposizione di alcune rare icone di proprietà dei Musei Vaticani che saranno collocate nella sagrestia del Borromini nella chiesa di Sant’Agnese a Piazza Navona, dal 16 dicembre al 16 febbraio 2025. La collezione dei Musei, ha aggiunto Barbara Jatta, è molto ricca e varia. “Sono diciotto le opere selezionate dai curatori, che le hanno scelte in tutta l’area dell’Europa orientale cristiana: Grecia, Bulgaria, Ucraina, Russia, Macedonia. Le abbiamo chiamate icone di speranza, in linea con il tema del Giubileo, proprio perché siano veicolo di pace, di fratellanza, come è dimostrato dalla commistione di stili. Metterle tutte insieme equivale a dire che siamo tutti portatori di uno stesso messaggio”. Nel 2026, nei Musei sarà allestita  un’area dedicata a queste preghiere per immagini. Opere che la direttrice Jatta ha avuto modo di conoscere e di apprezzare già in famiglia: “Sono figlia di un’iconografa, mia madre ha scritto icone tutta la vita”.

Il Giubileo al Lucca Comics & Games
Tra le altre iniziative legate al Giubielo, il Dicastero per l’Evangelizzazione segnala la propria partecipazione all’edizione 2024 della fiera internazionale del fumetto e del gioco Lucca Comics & Games con uno spazio dedicato alla mascotte ufficiale del Giubileo: Luce&Friends. È la prima volta – riferisce un comunicato – che un Dicastero della Santa Sede partecipa alla fiera più importante d’Europa dedicata al fumetto, ai giochi, ai videogiochi, al cinema d’animazione, alla narrativa fantasy, all’illustrazione e alle serie tv. Per monsignor Rino Fisichella si tratta di un’occasione per far conoscere « la mascotte ufficiale del Giubileo, Luce, simbolo di speranza e fraternità, valori che si allineano perfettamente al tema del festival »; un modo per parlare ai giovani del tema della speranza al centro del messaggio evangelico.  Il Padiglione del Giubileo, situato presso l’arcivescovado di Lucca in piazzale monsignor Giulio Arrigoni 2, sarà visitabile dal 30 ottobre al 3 novembre.

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