L’apostolo che lottò contro tutte le lebbra
Posté par atempodiblog le 28 janvier 2014
Raoul Follereau
L’apostolo che lottò contro tutte le lebbra
Assieme alla moglie Madeleine, girò il mondo per combattere la terribile malattia. Sapiente comunicatore, bussò alle porte dei potenti e scrisse all’Onu. Ma sapeva parlare a tutti, toccando il cuore.
di Enzo Romeo – Credere
Nel Sahara incontrò i primi lebbrosi - Nato nel 1903 a Nevers, in Francia, Raoul Follereau incontra per la prima volta i lebbrosi nel Sahara. Da quel momento inizia a viaggiare in tutto il mondo per debellare la terribile malattia.
Il tempo ha la meglio sullo spazio, dice papa Francesco. E il tempo ci sorprende, perché ci costringe a parlare della lebbra nel 2014, nell’era della scienza, quando sembra un anacronismo dedicare una Giornata mondiale alle persone colpite da una malattia citata nei Vangeli ma inconcepibile nel terzo millennio. Eppure ogni anno si registrano decine di migliaia di nuovi casi, concentrati soprattutto in Asia, America latina e Africa. Perfino l’Italia non è immune, anche se gli episodi si contano sulle dita di una mano, diagnosticati soprattutto tra gli immigrati o tra italiani tornati a casa dopo un lungo soggiorno all’estero. A Gioia del Colle esiste ancora un lebbrosario, gestito dalla diocesi di Altamura, che ospita pochi lungodegenti, ormai non più infettivi.
Fu Raoul Follereau nel 1954 a chiamare alla mobilitazione tutti gli uomini di buona volontà. La guerra fredda divideva il pianeta in blocchi contrapposti e Follereau parlava di pace e solidarietà senza frontiere. Inviò una lettera aperta all’Onu intitolata Un giorno di guerra per la pace, controfirmata da tre milioni di giovani. Già nel 1944 aveva scritto a Roosevelt, chiedendo che l’equivalente dei costi di un giorno di guerra fossero destinati alla ricostruzione. Dieci anni dopo spedì un’altra missiva, al presidente americano Eisenhower e a quello sovietico Malenkov, per avere in regalo da ciascuno un aereo da bombardamento. «Avevo calcolato – spiegò anni dopo – che al costo dei due apparecchi avremmo potuto acquistare i sulfamidici contro la lebbra. Gli anni sono trascorsi e un giorno ho ritrovato in un recinto di demolizione novantasei aeroplani B52; ce n’erano un paio ancora cromati, sembravano in grado di volare. E mi sono detto: “Guarda, i miei due! Con il loro prezzo si sarebbero curati i lebbrosi di tutto il mondo”».
Follereau fu un idealista sognatore. Prima avvocato, poi giornalista, quindi “apostolo dei lebbrosi”, mosso spiritualmente da una potente elica a tre pale: fede, speranza, carità. Un percorso compiuto nella scia dell’umanesimo cristiano francese, che da Giovanna d’Arco arriva fino all’Abbé Pierre. Se quest’ultimo sopportò per tutta la vita lo stereotipo di prete di sinistra, c’è chi a Follereau vorrebbe appiccicare l’etichetta di credente di destra. Goffa operazione, perché non contestualizzata. Il giovane Follereau agì in un’epoca segnata dal colonialismo, dalle tensioni della Grande guerra e dalla depressione del ’29. Tra cambiamenti e incertezze – molto simili a quelli di oggi – creò una Lega dell’Unione latina per rinverdire in Francia e altrove le radici cristiane. La minaccia allora più percepita in ambito cattolico era l’ateismo bolscevico, a cui facevano da contraltare ideologie altrettanto pericolose, come il fascismo, ma suadenti, poiché si presentavano quale diga a una società senza Dio. Sondare questo panorama storico è ora compito di un team di studiosi che dovrà fornire elementi alla diocesi di Parigi per l’apertura della causa di beatificazione di Follereau e di sua moglie Madeleine Boudou, che lo sostenne per quasi sessant’anni. «Ci sono molti scritti che devono passare al vaglio degli storici e ciò richiederà del tempo», dice da Parigi Michel Récipon, presidente della Fondazione Follereau. «Certe parole da lui usate negli anni Trenta», ammette, «non sono quelle che sceglierebbe oggi, ma ogni uomo è figlio del suo tempo e in tante conferenze ha chiarito il suo pensiero, volto sempre agli ultimi e ai sofferenti».
Michel Récipon ha raccolto il testimone dal padre André, stretto collaboratore di Follereau. «Fu un uomo», ha detto il vecchio André, «che ha lottato contro tutte le lebbre. I lebbrosi sono gli esclusi per eccellenza, coloro che non hanno voce. Per questo Follereau ne divenne il megafono e oggi il suo lavoro continua in una trentina di nazioni attraverso i tanti che si ispirano a lui». André Récipon ricorda che ad “addestrare” definitivamente Raoul alla causa della lebbra furono le suore missionarie che durante la Seconda guerra mondiale ospitarono lui e la moglie nel convento alla periferia di Lione.
Follereau aveva incontrato i lebbrosi nel Sahara, dov’era andato per raccontare la vita di Charles de Foucauld, il piccolo fratello del deserto. A un certo punto il radiatore dell’auto si mise a bollire e i passeggeri furono obbligati a una sosta; apparvero in quel mentre dei fantasmi d’uomini che subito si allontanarono e nascosero. Follereau chiese: «Chi sono?». «Lebbrosi» rispose l’accompagnatore. «Quel giorno – disse – capì che esisteva un crimine imperdonabile, senza appelli e senza amnistia: la lebbra».
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