Perché sant’Alfonso dice che i pastori, accorrendo alla mangiatoia, trovarono nel viso di Gesù un “morso” di Paradiso?

Posté par atempodiblog le 26 décembre 2024

Perché sant’Alfonso dice che i pastori, accorrendo alla mangiatoia, trovarono nel viso di Gesù un “morso” di Paradiso?
Fonte: Il Cammino dei Tre Sentieri

Perché sant’Alfonso dice che i pastori, accorrendo alla mangiatoia, trovarono nel viso di Gesù un “morso” di Paradiso? dans Canti Adorazione-dei-pastori

Una strofa del celebre canto Quanno nascette ninno di sant’Alfonso Maria de’ Liguori recita così: “Correttero i Pasture a la Capanna; Là trovajeno Maria / Co Giuseppe e a Gioja mia; / E ‘n chillo Viso / Provajeno no muorzo e Paraviso.” Che tradotto dal significa: “Corsero i Pastori alla Capanna e là trovarono Maria con Giuseppe e la Gioia mia e in quel viso provarono (cioè gustarono) un morso di Paradiso.”

Soffermiamoci sul termine “muorzo”, cioè “morso”. “Morso” sta significare “boccone”, ovvero un qualcosa che si gusta come antipasto. Ebbene, questa espressione alfonsiana ci presenta due importanti verità.

La prima verità è che scegliendo Cristo noi possiamo vivere un “morso”, cioè un “anticipo” di Paradiso già su questa terra. In che senso? Non nel senso che la vita cristiana faccia sparire qualsiasi prova o sofferenza, tutt’altro, visto che il cristiano deve uniformarsi al Cristo crocifisso, bensì che la sofferenza che comunque ci tocca, con Cristo, acquista senso e diventa alternativa a qualsiasi disperazione, cioè a qualsiasi assenza di speranza. Infatti, ciò che ci sembra negativo, alla luce di Dio, non è tale, anzi.

Giovanni Pascoli (1855-1912) nel suo La mia sera scrive: “O stanco dolore, riposa! / La nube del giorno più nera / fu quella che vedo più rosa / nell’ultima sera.” Certamente Pascoli, in considerazione delle sue idee, non alludeva alla risposta cristiana; ma è interessante come poeticamente ci dica che non bisogna mai disperare…perché anche un giorno “nero” può produrre una nube “rosa” nell’ultima sera.

La seconda verità che ci fa capire l’espressione alfonsiana “…in quel viso provarono un morso di Paradiso” è che la vita cristiana è gusto ed è bellezza, infatti il morso richiama l’assaporamento. La Verità cattolica è Bellezza. Cristo va conosciuto, ma non per collocarlo all’interno di una serie di grandi maestri e pensatori; no! Cristo va conosciuto (e bisogna conoscerlo: guai a costruirsi un Cristo a proprio uso e consumo), ma per amarlo, cioè per gustarlo. Con Lui, solo con Lui, la vita si illumina di splendore. Splende ciò che non ha in sé una luce propria, ma è capace di riflettere la luce che le viene donata. Lo splendore rende bello tutto, perché è quel luccichio che definisce e fa risaltare tutto, anche i dettagli più nascosti.

Diceva santa Teresina che è bello pensare che anche un piccolo ed insignificante gesto come raccattare un ago da terra, se fatto per amore di Cristo, rimane scolpito nell’eternità nella serie dei gesti santi. E quindi quel piccolissimo gesto diverrà nell’eternità più importante di qualsiasi gesto che il mondo avrà potuto ritenere eroico ma fatto senza l’amore di Cristo. Dunque, con Gesù la vita di ognuno di noi può splendere. Dunque, ecco perché sant’Alfonso dice che quando i pastori andarono alla capanna scoprirono nel viso di quel Bambino “…nu muorzo e Paraviso”.

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I Santi della “Dilexit nos”. Quali sono i Santi citati da Papa Francesco?

Posté par atempodiblog le 20 novembre 2024

I Santi della “Dilexit nos”. Quali sono i Santi citati da Papa Francesco?
La “hit parade” dei Santi citati nell’Enciclica di Papa Francesco
di Antonio Tarallo – ACI Stampa

I Santi della “Dilexit nos”. Quali sono i Santi citati da Papa Francesco? dans Antonio Tarallo IMG-E4300

Ancora forte l’eco dell’Enciclica “Dlixet nos” di Papa Francesco. E sarà così ancora per tanto tempo. Un’Enciclia che apre a diverse riflessioni, meditazioni  sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù, oggetto del documento pontificio. Ma non solo: ci spinge, infatti, a comprendere cosa vuol dire questa devozione nel tempo che stiamo vivendo. E, si sa, il presente ha sempre un legame con il passato: difficile poterlo leggere senza comprendere bene le pagine di storia. E Papa Francesco, nelle pagine dell’Enciclica, offre lo spunto di ripercorrere l’agiorgrafia dei Santi che a questa devozione sono stati profondamente legati. Sono tanti, tantissimi i nomi a cui il Pontefice fa riferimento: si passa da Margherita Maria Alacoque a Francesco di Sales; da Teresa di Lisieux a Ignazio di Loyola, passando per Faustina Kowalska e Charles de Foucauld, e tantissimi altri.

Cerchiamo, allora, di ripercorrere – Encilica alla mano – queste affascinanti vite che al Sacro Cuore di Gesù hanno dedicato pagine e pagine di libri, di meditazioni. Vite che Papa Francesco stesso narra, con profonda ammirazione, nelle pagine della “Dilexit nos”.

E’ doveroso cominciare con Santa Margherita Maria Alacocque che ebbe per ben 17 anni delle apparizioni di Gesù. Fu lui stesso a chiederle una speciale devozione al Suo Sacratissimo Cuore. La prima visione risale al 27 dicembre 1673. Sarà da questa apparizione che nasceranno due espressioni importanti della devozione al Sacro Cuore: la Comunione nel primo venerdì del mese e la cosiddetta “Ora Santa” in riparazione ai torti subiti dal Cuore di Gesù. Necessario annoverare anche la quarta apparizione che avvenne l’ottavo giorno dopo la festa del Corpus Domini del 1675. La data è importante poiché si tratta di quella in cui oggi viene celebrata la solennità del Sacro Cuore: Gesù desiderava che fosse istituita una speciale festa in onore del Sacro Cuore dopo, appunto, l’ottava del Corpus Domini.

A seguire, San Giovanni Eudes, altro instancabile apostolo del Sacro Cuore. Di lui, Papa Francesco scrive: “Dopo aver svolto con i suoi missionari una ferventissima missione a Rennes, ottenne che monsignor Vescovo approvasse per quella diocesi la celebrazione della festa del Cuore adorabile di Nostro Signore Gesù Cristo. Questa fu la prima volta che tale festa venne ufficialmente autorizzata nella Chiesa. In seguito, i Vescovi di Coutances, Evreux, Bayeux, Lisieux e Rouen autorizzarono la stessa festa per le rispettive diocesi tra il 1670 e il 1671”. Sarà il primo a comporre un Ufficio liturgico e una Messa in onore del Cuore Immacolato di Maria e del Sacro Cuore di Gesù, celebrando le loro feste all’interno della congregazione da lui fondata, la Congregazione di Gesù e Maria per la formazione dei sacerdoti nei seminari e quella delle monache di Nostra Signora della Carità.

Un nome, associato a Santa Margherita Alacocque, è quello di San Claudio de La Colombière che – per citare il documento di Papa Francesco - “venne a conoscenza delle esperienze di Santa Margherita, ne divenne immediatamente difensore e divulgatore. Egli ebbe un ruolo speciale nella comprensione e nella diffusione di questa devozione al Sacro Cuore, ma anche nella sua interpretazione alla luce del Vangelo”. Fra i due illustri personaggi nascerà un’intesa spirituale del tutto particolare: “Io ti manderò un mio servo fedele e amico perfetto”, così aveva promesso Gesù a Margherita Maria Alacoque. E così avvenne.

Fra i santi della storia moderna, viene citato San Francesco di Sales che “contemplava spesso il Cuore aperto di Cristo, che invita a dimorare dentro di Lui in una relazione personale di amore, nella quale si illuminano i misteri della vita. Possiamo vedere nel pensiero di questo santo dottore come, di fronte a una morale rigorista o a una religiosità di mera osservanza, il Cuore di Cristo gli apparisse come un richiamo alla piena fiducia nell’azione misteriosa della sua grazia”, così scrive Papa Francesco nell’Enciclica. Inoltre, cita una frase del santo contenuta nel Sermone per la II Domenica di Quaresima (20 febbraio 1622): “Questo adorabilissimo e amabilissimo cuore del nostro Maestro, ardente dell’amore che professa per noi, cuore in cui vediamo scritti tutti i nostri nomi [...]. È certamente un argomento di grandissima consolazione il fatto di essere amati con tanto affetto da Nostro Signore che ci porta sempre nel suo Cuore”.

Poi, l’altro ieri della storia con figure come San Charles de Foucauld e Santa Teresa di Gesù Bambino che nella “Dilexit nos” vengono citati assieme: “Senza averne la pretesa, hanno rimodellato alcuni elementi della devozione al Cuore di Cristo, aiutandoci a comprenderla in modo ancora più fedele al Vangelo”. Papa Francesco cita alcune frasi della Santa francese. Sembrano dei flash per ricordarci il suo pensiero: “Colui il cui cuore batteva all’unisono col mio”. E ancora: “Tu lo sai: io non guardo al Sacro Cuore come tutti; penso che il cuore del mio sposo è solo mio, così come il mio appartiene solo a lui, e allora nella solitudine gli parlo di questo delizioso cuore a cuore, aspettando di contemplarlo un giorno faccia a faccia”. E’ l’unione sponsale tra la Santa e Cristo, uniti nel Sacro Cuore.

In ultimo, un pensiero anche a Santi assai recenti come Santa Faustina Kowalska, San Pio da Pietrelcina e Santa Teresa di Calcutta. Fra queste ultime aureole, immancabile il pensiero a San Giovanni Paolo II. Il Pontefice guarda con ammirazione al suo insegnamento: “Giovanni Paolo II insegnava che «il Cuore del Salvatore ci invita a risalire all’amore del Padre, che è la sorgente di ogni autentico amore»”. Le parole che ricorrono di più, citando questi santi, sono due: “Cuore” (ovviamente) e un’altra che risiede all’interno del Cuore stesso, la parola “Amore” (altrettanto ovviamente).

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“Ci ha amati”, l’Enciclica del Papa sul Sacro Cuore di Gesù

Posté par atempodiblog le 24 octobre 2024

“Ci ha amati”, l’Enciclica del Papa sul Sacro Cuore di Gesù
“Dilexit nos”, quarta Enciclica di Francesco, ripercorre tradizione e attualità del pensiero “sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo”, invitando a rinnovare la sua autentica devozione per non dimenticare la tenerezza della fede, la gioia di mettersi al servizio e il fervore della missione: perché il Cuore di Gesù ci spinge ad amare e ci invia ai fratelli
di Alessandro Di Bussolo – Vatican News

“Ci ha amati”, l’Enciclica del Papa sul Sacro Cuore di Gesù dans Articoli di Giornali e News Sacro-Cuore-di-Ges

“«Ci ha amati», dice San Paolo riferendosi a Cristo (Rm 8,37), per farci scoprire che da questo amore nulla «potrà mai separarci» (Rm 8,39)”. Inizia così la quarta Enciclica di Papa Francesco, intitolata dall’incipit “Dilexit nos” e dedicata all’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo: “Il suo cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua amicizia: Egli ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10). Grazie a Gesù «abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16)” (1).

Freccia dans Viaggi & Vacanze Dilexit-Nos dans Commenti al Vangelo LEGGI QUI IL TESTO INTEGRALE DELL’ENCICLICA

L’amore di Cristo rappresentato nel suo santo Cuore
In una società – scrive il Papa – che vede moltiplicarsi “varie forme di religiosità senza riferimento a un rapporto personale con un Dio d’amore” (87), mentre il cristianesimo spesso dimentica “la tenerezza della fede, la gioia della dedizione al servizio, il fervore della missione da persona a persona” (88), Papa Francesco propone un nuovo approfondimento sull’amore di Cristo rappresentato nel suo santo Cuore e invita a rinnovare la sua autentica devozione ricordando che nel Cuore di Cristo “possiamo trovare tutto il Vangelo” (89): è nel suo Cuore che “riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare” (30).

Il mondo sembra aver perso il cuore
Francesco spiega che incontrando l’amore di Cristo, “diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune”, come invita a fare nelle sue Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti (217). E davanti al Cuore di Cristo, chiede al Signore “di avere ancora una volta compassione di questa terra ferita” e riversi su di lei “i tesori della sua luce e del suo amore”, affinché il mondo, “che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore” (31). Nell’annunciare la preparazione del documento, al termine dell’udienza generale del 5 giugno, il Pontefice aveva chiarito che avrebbe aiutato a meditare sugli aspetti “dell’amore del Signore che possano illuminare il cammino del rinnovamento ecclesiale; ma anche che dicano qualcosa di significativo a un mondo che sembra aver perso il cuore”. E questo mentre sono in corso le celebrazioni per il 350° anniversario della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, nel 1673, che si chiuderanno il 27 giugno 2025.

L’importanza di tornare al cuore
Aperta da una breve introduzione e articolata in cinque capitoli, l’Enciclica sul culto del Sacro Cuore di Gesù raccoglie, come preannunciato a giugno, “le preziose riflessioni di testi magisteriali precedenti e di una lunga storia che risale alle Sacre Scritture, per riproporre oggi, a tutta la Chiesa, questo culto carico di bellezza spirituale”.

Il primo capitolo, “L’importanza del cuore”, spiega perché serva “ritornare al cuore” in un mondo nel quale siamo tentati di “diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato” (2). Lo fa analizzando cosa intendiamo per “cuore”: la Bibbia ce ne parla come di un nucleo “che sta dietro ogni apparenza” (4), luogo dove “non conta ciò che si mostra all’esterno o ciò che si nasconde, lì siamo noi stessi” (6). Al cuore portano le domande che contano: che senso voglio che abbiano la mia vita, le mie scelte o le mie azioni, chi sono davanti a Dio (8). Il Papa sottolinea che l’attuale svalutazione del cuore nasce “nel razionalismo greco e precristiano, nell’idealismo postcristiano e nel materialismo”, così che nel grande pensiero filosofico si sono preferiti concetti come quelli di “ragione, volontà o libertà”. E non trovando posto per il cuore, “non è stata sviluppata ampiamente nemmeno l’idea di un centro personale” che può unificare tutto, e cioè l’amore (10). Invece, per il Pontefice, bisogna riconoscere che “io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone” (14).

Il mondo può cambiare a partire dal cuore
È il cuore “che unisce i frammenti” e rende possibile “qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo” (17). La spiritualità di santi come Ignazio di Loyola (accettare l’amicizia del Signore è una questione di cuore) e san John Henry Newman (il Signore ci salva parlando al nostro cuore dal suo sacro Cuore) ci insegna, scrive Papa Francesco, che “davanti al Cuore di Gesù vivo e presente, la nostra mente, illuminata dallo Spirito, comprende le parole di Gesù” (27). E questo ha conseguenze sociali, perché il mondo può cambiare “a partire dal cuore” (28).

“Gesti e parole d’amore”
Ai gesti e alle parole d’amore di Cristo è dedicato il secondo capitolo. I gesti con i quali ci tratta come amici e mostra che Dio “è vicinanza, compassione e tenerezza”, si vedono negli incontri con la samaritana, con Nicodemo, con la prostituta, con la donna adultera e con il cieco sulla strada (35). Il suo sguardo, che “scruta l’intimo del tuo essere” (39), mostra che Gesù “presta tutta la sua attenzione alle persone, alle loro preoccupazioni, alle loro sofferenze” (40). In modo tale “da ammirare le cose buone che riconosce in noi” come nel centurione, anche se gli altri le ignorano (41). La sua parola d’amore più eloquente è l’essere “inchiodato sulla Croce”, dopo aver pianto per l’amico Lazzaro e aver sofferto nell’Orto degli Ulivi, consapevole della propria morte violenta “per mano di quelli che Lui tanto amava” (46).

Il mistero di un cuore che ha tanto amato
Nel terzo capitolo, “Questo è il cuore che ha tanto amato”, il Pontefice ricorda come la Chiesa riflette e ha riflettuto in passato “sul santo mistero del Cuore del Signore”. Lo fa riferendosi all’Enciclica di Pio XII Haurietis aquas, sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù (1956). Chiarisce che “la devozione al Cuore di Cristo non è il culto di un organo separato dalla Persona di Gesù”, perché noi adoriamo “Gesù Cristo intero, il Figlio di Dio fatto uomo, rappresentato in una sua immagine dove è evidenziato il suo cuore” (48). L’immagine del cuore di carne, sottolinea il Papa, ci aiuta a contemplare, nella devozione, che “l’amore del Cuore di Gesù Cristo, non comprende soltanto la carità divina, ma si estende ai sentimenti dell’affetto umano” (61) Il suo Cuore, prosegue Francesco citando Benedetto XVI, il suo contiene un “triplice amore”: quello sensibile del suo cuore fisico “e il suo duplice amore spirituale, l’umano e il divino” (66), in cui troviamo “l’infinito nel finito” (64).

Il Sacro Cuore di Gesù è una sintesi del Vangelo
Le visioni di alcuni santi, particolarmente devoti al Cuore di Cristo – precisa Francesco – “sono stimoli belli che possono motivare e fare molto bene”, ma “non sono qualcosa che i credenti sono obbligati a credere come se fossero la Parola di Dio”. Quindi il Papa ricorda con Pio XII che non si può dire che questo culto “debba la sua origine a rivelazioni private”. Anzi, “la devozione al Cuore di Cristo è essenziale per la nostra vita cristiana in quanto significa l’apertura piena di fede e di adorazione al mistero dell’amore divino e umano del Signore, tanto che possiamo affermare ancora una volta che il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo” (83). Il Pontefice invita poi a rinnovare la devozione al Cuore di Cristo anche per contrastare “nuove manifestazioni di una ‘spiritualità senza carne’ che si moltiplicano nella società” (87). È necessario tornare alla “sintesi incarnata del Vangelo” (90) davanti a “comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti” (88).

L’esperienza di un amore “che dà da bere”
Negli ultimi due capitoli, Papa Francesco mette in evidenza i due aspetti che “la devozione al Sacro Cuore dovrebbe tenere uniti per continuare a nutrirci e ad avvicinarci al Vangelo: l’esperienza spirituale personale e l’impegno comunitario e missionario” (91). Nel quarto, “L’amore che dà da bere”, rilegge le Sacre Scritture, e con i primi cristiani, riconosce Cristo e il suo costato aperto in “colui che hanno trafitto” che Dio riferisce a se stesso nella profezia del libro di Zaccaria. Una sorgente aperta per il popolo, per placare la sua sete dell’amore di Dio, “per lavare il peccato e l’impurità” (95). Diversi Padri della Chiesa hanno menzionato “la ferita del costato di Gesù come origine dell’acqua dello Spirito”, su tutti Sant’Agostino, che “ha aperto la strada alla devozione al Sacro Cuore come luogo di incontro personale con il Signore” (103).  A poco a poco questo costato ferito, ricorda il Papa “venne assumendo la figura del cuore” (109), ed elenca diverse donne sante che “hanno raccontato esperienze del loro incontro con Cristo, caratterizzato dal riposo nel Cuore del Signore” (110). Tra i devoti dei tempi moderni, l’Enciclica parla prima di tutto di San Francesco di Sales, che raffigura la sua proposta di vita spirituale con “un cuore trafitto da due frecce, racchiuso in una corona di spine” (118)

Le apparizioni a Santa Margherita Maria Alacoque
Sotto l’influsso di questa spiritualità, Santa Margherita Maria Alacoque racconta le apparizioni di Gesù a Paray-le-Monial, tra la fine di dicembre 1673 e il giugno 1675. Il nucleo del messaggio che ci viene trasmesso può essere riassunto in quelle parole che Santa Margherita ha udito: “Ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini e che nulla ha risparmiato fino ad esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo Amore (121).

Teresa di Lisieux, Ignazio di Loyola e Faustina Kowalska
Di Santa Teresa di Lisieux, il documento ricorda il chiamare Gesù “Colui il cui cuore batteva all’unisono col mio” (134) e le sue lettere alla sorella suor Maria, che aiuta a non concentrare la devozione al Sacro Cuore “su un aspetto doloristico” quello di chi intendeva la riparazione come un “primato dei sacrifici”, ma sulla fiducia “come la migliore offerta, gradita al Cuore di Cristo” (138). Il Pontefice gesuita dedica alcuni passi dell’Enciclica anche al posto del Sacro Cuore nella storia della Compagnia di Gesù, sottolineando che nei suoi Esercizi Spirituali, Sant’Ignazio di Loyola propone all’esercitante “di entrare nel Cuore di Cristo” in un dialogo da cuore a cuore. Nel dicembre 1871, padre Beckx consacrò la Compagnia al Sacro Cuore di Gesù e padre Arrupe lo fece nuovamente nel 1972 (146). Le esperienze di Santa Faustina Kowalska, si ricorda, ripropongono la devozione “con un forte accento sulla vita gloriosa del Risorto e sulla misericordia divina” e motivato da queste, anche San Giovanni Paolo II “ha collegato intimamente la sua riflessione sulla misericordia con la devozione al Cuore di Cristo” (149). Parlando della “devozione della consolazione”, l’Enciclica spiega che davanti ai segni della Passione conservati dal cuore del Risorto, è inevitabile “che il credente desideri rispondere” anche “al dolore che Cristo ha accettato di sopportare per tanto amore” (151). E chiede “che nessuno si faccia beffe delle espressioni di fervore credente del santo popolo fedele di Dio, che nella sua pietà popolare cerca di consolare Cristo” (160). Perché poi “desiderosi di consolarlo, ne usciamo consolati” e “possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione” (162).

La devozione al Cuore di Cristo ci invia ai fratelli
Il quinto e ultimo capitolo “Amore per amore” approfondisce la dimensione comunitaria, sociale e missionaria di ogni autentica devozione al Cuore di Cristo, che, nel momento in cui “ci conduce al Padre, ci invia ai fratelli” (163). Infatti l’amore per i fratelli è il “gesto più grande che possiamo offrirgli per ricambiare amore per amore” (167). Guardando alla storia della spiritualità, il Pontefice ricorda che l’impegno missionario di San Charles de Foucauld lo rese “fratello universale”: “lasciandosi plasmare dal Cuore di Cristo, voleva ospitare nel suo cuore fraterno tutta l’umanità sofferente” (179). Francesco parla poi della “riparazione”, come spiegava San Giovanni Paolo II: “offrendoci insieme al Cuore di Cristo, «sulle rovine accumulate dall’odio e dalla violenza, potrà essere costruita la civiltà dell’amore tanto desiderato, il regno del cuore di Cristo»” (182).

La missione di far innamorare il mondo
L’Enciclica ricorda ancora con San Giovanni Paolo II che “la consacrazione al Cuore di Cristo «è da accostare all’azione missionaria della Chiesa stessa, perché risponde al desiderio del Cuore di Gesù di propagare nel mondo, attraverso le membra del suo Corpo, la sua dedizione totale al Regno». Di conseguenza, attraverso i cristiani, «l’amore sarà riversato nei cuori degli uomini, perché si edifichi il corpo di Cristo che è la Chiesa e si costruisca anche una società di giustizia, pace e fratellanza»” (206). Per evitare il grande rischio, sottolineato da San Paolo VI, che nella missione “si dicano e si facciano molte cose, ma non si riesca a provocare il felice incontro con l’amore di Cristo” (208), servono “missionari innamorati, che si lascino ancora conquistare da Cristo” (209).

La preghiera di Francesco
Il testo si conclude con questa preghiera di Francesco: “Prego il Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra capacità di amare e servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno. Questo fino a quando celebreremo felicemente uniti il banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà Cristo risorto, che armonizzerà tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente dal suo Cuore aperto. Che sia sempre benedetto!” (220).

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Papa Francesco, presto una lettera apostolica su Santa Teresa del Bambino Gesù

Posté par atempodiblog le 8 juin 2023

Papa Francesco, presto una lettera apostolica su Santa Teresa del Bambino Gesù
Continua il ciclo di catechesi dedicato ai santi evangelizzatori. Oggi si parla di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni. E il Papa annuncia una lettera apostolica su di lei
di Andrea Gagliarducci – ACI Stampa

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Non ha mai lasciato il convento, dove è morta a soli 24 anni di turbercolosi e dove era entrata appena adolescente dopo aver chiesto il permesso direttamente a Leone XIII. Eppure Santa Teresa del Bambino Gesù è una santa veneratissima, il cui santuario è la seconda meta di pellegrinaggi in Francia dopo quello di Lourdes. Patrona delle missioni, dottore della Chiesa, Santa Teresina ha lasciato in eredità i suoi scritti, in cui spiegava anche la “piccola via”, la santità dei gesti quotidiani. Papa Francesco ha ripreso questa idea di santità del quotidiano. E oggi tiene l’udienza generale davanti le sue reliquie, davanti le quali si ferma a pregare prima dell’udienza continuando il ciclo di catechesi sui santi missionari. “Alla Chiesa servono cuori come quello di Santa Teresa di Lisieux”. E annuncia: “Lei nacque 150 anni fa, e in questo anniversario ho intenzione di dedicarle una lettera apostolica”.

Nella catechesi, Papa Francesco ne ripercorre la vita, sottolinea che era “patrona della missioni, ma non era mai stata in missione”, ha vissuto una vita “all’insegna della piccolezza e della debolezza”, e si è definita “un piccolo granello di sabbia”, aveva un corpo infermo, ma un cuore “vibrante, missionario”, desiderio che lei aveva.

Papa Francesco ricorda che Teresa fu “sorella spirituale di diversi missionari”, offriva per loro continui sacrifici, intercedeva per le missioni. Eppure, non fu spesso capita dalle sorelle monache, da cui ricevette “più spine che rose”, e lo accettò “per i bisogni della Chiesa, perché fossero apparse rose su tutti”.

Il Papa ricorda due episodi della vita di Suor Teresa. Il Natale 1886, poco prima dei 14 anni, il padre era tornato a casa del lavoro e non aveva voglia di assistere all’apertura dei regali della figlia e commentò: « Meno male che è l’ultimo anno » – perché già a 15 anni non si faceva più. Teresa ci rimase male, pianse, e poi represse le lacrime e piena di gioia fu lei a rallegrare il padre. Era successo “che in quella notte, in cui Gesù si era fatto debole per amore, lei era diventata forte d’animo: in pochi istanti era uscita dalla prigione del suo egoismo e del suo piangersi addosso; cominciò a sentire che ‘la carità le entrava nel cuore, col bisogno di dimenticare sé stessa’.” Fu la prima svolta della vita, a partire dal quale rivolse il suo zelo per gli altri, proponendo di consolare Gesù di farlo amare per le anime.

Quindi, il secondo episodio: Teresa viene a sapere della storia di Enrico Pranzini, criminale, condannato a morte per l’omicidio di tre persone, che non vuole i conforti della fede prima della ghigliottina. “Teresa – racconta Papa Francesco – lo prende a cuore e fa tutto ciò che può: prega in ogni modo per la sua conversione, perché lui che, con compassione fraterna, chiama ‘povero disgraziato Pranzini’, abbia un piccolo segno di pentimento e faccia spazio alla misericordia di Dio, in cui Teresa confida ciecamente”.

La condanna a morte viene eseguita e sul giornale Teresa viene a sapere che Pranzini, appena prima di poggiare la testa sul patibolo, afferrò il crocifisso e baciò tre volte le piaghe di Gesù.

Chiosa Papa Francesco: “Ecco la forza dell’intercessione mossa dalla carità, ecco il motore della missione. I missionari, infatti, di cui Teresa è patrona, non sono solo quelli che fanno tanta strada, imparano lingue nuove, fanno opere di bene e sono bravi ad annunciare; no, missionario è chiunque vive, dove si trova, come strumento dell’amore di Dio; è chi fa di tutto perché, attraverso la sua testimonianza, la sua preghiera, la sua intercessione, Gesù passi”.

Il Papa sottolinea che è questo lo zelo apostolico, che “non funziona mai per proselitismo o per costrizione, ma per attrazione. La fede nasce per attrazione. Non si diventa cristiani perché forzati da qualcuno, ma perché toccati dall’amore”.

Insomma, conclude Papa Francesco, “alla Chiesa, prima di tanti mezzi, metodi e strutture, che a volte distolgono dall’essenziale, occorrono cuori come quello di Teresa, cuori che attirano all’amore e avvicinano a Dio”.

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Non c’è che l’eterno che ci può contentare

Posté par atempodiblog le 1 octobre 2021

Non c’è che l’eterno che ci può contentare dans Citazioni, frasi e pensieri Santa-Teresina-del-Bambin-Ges-di-Lisieux

“Sulla terra non bisogna attaccarsi a nulla, neppure alle cose più semplici e innocenti, perché ci vengono a mancare quando meno ci si pensa. Non c’è che l’eterno che ci può contentare”.

Santa Teresa di Lisieux

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Teresa di Lisieux, l’Amore sgorga dalla contemplazione

Posté par atempodiblog le 1 octobre 2019

Teresa di Lisieux, l’Amore sgorga dalla contemplazione
Pur nutrendo il desiderio di essere missionaria, santa Teresina scelse la clausura del Carmelo per vivere solo per Gesù «e salvare, così facendo, più anime». Sebbene giovanissima, era ben consapevole degli impegni che prendeva e della propria debolezza. Ma, anziché scoraggiarsi, si abbandonò completamente all’Amore di Dio. Questo è il punto di partenza della sua “piccola via”.
di Giorgio Maria Faré – La nuova Bussola Quotidiana

Teresa di Lisieux, l’Amore sgorga dalla contemplazione dans Articoli di Giornali e News Santa-Teresa-di-Lisieux

Santa Teresa di Gesù Bambino nacque ad Alençon nel 1873, figlia dei santi coniugi Luigi e Zelia Martin. La sua anima fu plasmata in seno a una famiglia autenticamente devota. La piccola Teresa imparò con naturalezza l’amore per Dio, per la Vergine Maria e la pratica della virtù.

È certo che il Signore seminò precocemente nel suo cuore la vocazione alla vita monastica: già da piccina non amava i giochi comuni e si annoiava con le altre bambine. Appena poteva, coinvolgeva la cuginetta per “giocare agli eremiti”. Così descrive il gioco la stessa Santa nella sua autobiografia: «La loro esistenza trascorreva in una contemplazione ininterrotta, cioè a dire che uno dei due solitari sostituiva l’altro nell’orazione quando bisognava occuparsi di vita attiva. [...] Quando la zia veniva a prenderci per la passeggiata, il nostro gioco continuava anche per la strada. I due romiti recitavano insieme il rosario, servendosi delle dita».[1]

A soli 9 anni, in occasione dell’entrata al Carmelo di Lisieux della sorella maggiore Paolina, Teresa ebbe la certezza di essere chiamata a seguirla: «Sentii che il Carmelo era il deserto nel quale il Signore voleva che mi nascondessi. Lo sentii con tanta forza che non rimase il minimo dubbio in me: non era un sogno di bambina che si lasci trascinare, bensì la certezza d’una chiamata divina; volevo andare al Carmelo non per Paolina, ma per Gesù solo…».[2]

La sorella Celina scrive di lei: «Ciò che l’attirava nel Carmelo era il sacrificio per la Chiesa, per i sacerdoti… voleva che la sua vita fosse consacrata alla santificazione dei ministri del Signore».[3] Pur avendo in cuore il grande desiderio di essere missionaria, Teresa scelse di essere monaca «per soffrire di più nella monotonia di una vita austera e salvare, così facendo, più anime».[4]

Per l’indole vivace, intelligente e curiosa di Teresina la “monotonia” doveva essere una vera penitenza, soprattutto se si pensa che entrò nel Carmelo a soli 15 anni. La sua scelta fu tutt’altro che superficiale. Sebbene fosse giovanissima era ben consapevole degli impegni che prendeva. Così diceva alla sorella Celina, con lei in monastero: «Ti lamenti di non fare la tua volontà e questo non è giusto. Ammetto che tu non la faccia nei dettagli di ogni giorno, ma la vita in se stessa non sei stata tu a sceglierla? Dunque tu fai la tua volontà non facendola, giacché tu sapevi bene a cosa andavi incontro entrando nel Carmelo. Ti confesso che io, per costrizione, non resterei qui un minuto di più. Se mi si costringesse a vivere questa vita non riuscirei a farlo; ma sono io che lo voglio… voglio tutto ciò che mi contraddice».[5]

Letto in questo contesto, l’atto di offerta all’Amore Misericordioso è l’apice e la sintesi della spiritualità di Teresina. In esso la Santa racchiude tutti i suoi “desideri immensi” e, con intuizione tanto semplice quanto geniale, escogita il modo di realizzarli “ad ogni battito del cuore”, ciò che costituisce l’essenza della “piccola via” che le ha guadagnato il titolo di Dottore della Chiesa.

“O Dio! Trinità Beata, desidero Amarti e farti Amare, lavorare per la glorificazione della Santa Chiesa salvando le anime che sono sulla terra e liberando quelle che soffrono in Purgatorio”.

Santa Teresina inizia l’Atto d’offerta esprimendo il proprio slancio apostolico e missionario, che le fu infuso per Grazia divina nel Natale del 1886: «Sentii un desiderio grande di lavorare alla conversione dei peccatori, un desiderio che mai avevo provato così vivamente… Sentii che la carità mi entrava nel cuore, col bisogno di dimenticare me stessa per far piacere agli altri, e da allora fui felice! […] Un grido di Gesù sulla Croce mi echeggiava continuamente nel cuore: “Ho sete!”. Queste parole accendevano in me un ardore sconosciuto e vivissimo… Volli dare da bere all’Amato, e mi sentii io stessa divorata dalla sete delle anime».[6]

“… desidero essere Santa, ma sento la mia impotenza e ti chiedo, o Dio, di essere tu stesso la mia Santità”.

Santa Teresa ambisce alla santità ma riconosce la propria debolezza, la propria incapacità a compiere grandi atti di virtù. Questo, lungi dall’indurla allo scoraggiamento o al ripiegamento, le funge da slancio per abbandonarsi completamente all’Amore di Dio. Questo è il punto di partenza della “piccola via”.[7]

Così Teresina prosegue l’Atto offrendo a Dio non i propri meriti, dei quali sente di essere priva, ma quelli di Gesù – che con la logica disarmante tipica dei Santi lei considera propri, essendone la Sposa – quelli della Vergine, dei Santi e degli Angeli. Così spiegava alla sorella Celina: «Davanti alla nostra impotenza occorre offrire le opere degli altri; ed è questo il beneficio della comunione dei Santi; e poi, di questa impotenza, non dobbiamo mai farcene una pena, ma dobbiamo dedicarci unicamente all’amore. Dice bene Taulero: “Se amo il bene che c’è nel mio prossimo più di quanto lo faccia egli stesso, questo bene è più mio che suo. Se in San Paolo amo tutte le grazie che Dio gli ha concesso, tutto questo mi appartiene alla stessa stregua che a lui. Per questa comunione posso essere partecipe di tutto il bene che c’è in cielo e sulla terra, negli angeli, nei santi e in tutti quelli che amano Dio”».[8]

Leggendo Santa Teresa di Gesù Bambino esiste il pericolo di confondere il suo sguardo fiducioso e pacificato per quietismo. Deve essere ben chiaro che la via di Teresina si fonda sulla pura umiltà, sul più rigoroso e sano realismo che non può essere disgiunto da un serio impegno a evitare ogni colpa e difetto. Santa Teresa insegna a non cedere alla falsa umiltà, che in realtà è superbia, di chi si immalinconisce, indispettisce o scoraggia pensando ai propri difetti o alle colpe del passato.

Viceversa, dice alla sorella Celina: «Occorre fare tutta la nostra parte, donarsi senza misura, rinunciare costantemente a se stessi; in una parola dimostrare il nostro amore con tutte le buone opere in nostro potere. Ma, per la verità, essendo tutto questo ben poca cosa… è necessario una volta fatto tutto quello che ritenevamo di dover fare, che ci consideriamo degli “inutili servitori”, sperando tuttavia che Dio ci darà, per grazia, tutto ciò che desideriamo. È questo ciò che sperano le piccole anime che “corrono” nella via dell’infanzia: Dico “corrono”, e non “si riposano”».[9]

1. Continua

* Sacerdote e Carmelitano Scalzo

[1] S. Teresa di Gesù Bambino, Opere complete, LEV – Edizioni OCD, Manoscritto A, 23r° – 23v°.

[2] Opere complete, cit., Manoscritto A, 26r°.

[3] Consigli e ricordi, Città Nuova, p. 106.

[4] Consigli e ricordi, cit., p. 108.

[5] Consigli e ricordi, cit., p. 135.

[6] Opere complete, cit., Manoscritto A, 45v°.

[7] Per un’esposizione più ampia della dottrina della “Piccola Via” si rimanda al Manoscritto autobiografico B.

[8] Consigli e ricordi, cit., pp. 63-64.

[9] Consigli e ricordi, cit., p. 52.

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10 frasi di giovani santi per una santità senza età

Posté par atempodiblog le 16 septembre 2015

10 frasi di giovani santi per una santità senza età
Perché non si tratta di un ideale bello e nobile, riservato solo a pochi “eletti”
di Rafael Pérez del Solar
Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti
Tratto da: Aleteia

10 frasi di giovani santi per una santità senza età dans Beata Chiara Luce Badano papa-francesco-e-i-giovani

Quando ero bambino, mia nonna aveva la sana abitudine di portarmi sempre alla Messa domenicale. Devo riconoscere che all’epoca non capivo cosa accadeva nell’Eucaristia e mi annoiavo abbastanza. Per questo, ho preso l’abitudine (per intrattenermi) di osservare le grandi immagini di legno o di gesso collocate ai lati dell’altare o nelle navate laterali della chiesa. Raffiguravano tutte persone che indossavano un abito: sacerdoti, suore e religiosi, dal volto serio e allo stesso tempo mistico.

In questo modo, mi sono fatto un’idea di quello che era la santità: un ideale molto bello e nobile, ma riservato ad alcuni “eletti” e che implicava il fatto di essere come minimo sacerdote o monaco.

Alla fine dell’adolescenza, tuttavia, ho conosciuto maggiormente Dio e ho scoperto a poco a poco la ricchezza della Chiesa, la sua varietà di carismi e l’immensa diversità dei santi che esistevano nel pianeta. Le loro testimonianze hanno acceso in me l’ideale che il cambiamento del mondo passi per la santità di ciascuno e per la testimonianza dell’Amore di Cristo.

Papa Francesco ci spiega il significato della santità:

“La santità non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano… Qualcuno pensa che la santità è chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta. No! Non è questo la santità! La santità è qualcosa di più grande, di più profondo che ci dà Dio. Anzi, è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi. E ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova”.

Quanto è importante ricordare e curare questo dono di Dio, quel fuoco iniziale di chi incontra Dio fin da giovane! Sono i cuori giovani che portano con sé ogni entusiasmo e ogni forza per lottare per gli ideali che il Signore ha seminato nei nostri cuori.

Pier Giorgio Frassati, Chiara Luce Badano, Nennolina, Maria Goretti, Domenico Savio, Teresina di Lisieux, Giacinta e Francesco Marto, Laurita Vicuña, Santa Agnese e la Beata Imelda (e tanti altri giovani santi!), ciascuno di loro, in base al proprio stato di vita e alla propria età e consapevole delle proprie fragilità, è stato un giovane con un grandissimo amore per Dio, assolutamente convinto che l’Amore per Gesù e per gli altri sia ciò che cambia davvero i cuori e il mondo.

Ecco una piccola rassegna che ci può spingere a conoscere la loro vita e il loro esempio.

01-meo dans Beata Imelda Lambertini

Nennolina era una bambina che andava a scuola e scriveva lettere a Gesù che dettava alla sua mamma. È tornata alla casa del Padre dopo una grave malattia ad appena 7 anni.

02-savio dans Beato Pier Giorgio Frassati

Domenico era chierichetto della Messa domenicale alla quale assisteva, ha fatto parte dell’Oratorio di Don Bosco e ha imparato fin da piccolo a compiere sacrifici alla Vergine e a vivere l’austerità. È tornato alla casa del Padre a 14 anni.

03-frassati dans Citazioni, frasi e pensieri

Pier Giorgio era un giovane laico di spiritualità domenicana che aiutava i bisognosi e faceva alpinismo con i suoi amici. È tornato alla casa del Padre a 24 anni.

04-chiara-luce-baddano dans Fede, morale e teologia

Chiara “Luce” è stata una ragazza del Movimento dei Focolari che giocava a tennis, faceva escursioni e praticava il nuoto. È tornata alla casa del Padre a 18 anni dopo un cancro alle ossa e offrendo a Gesù la sua malattia.

05-imelda-lambertini dans Papa Francesco I

Imelda Lambertini è stata una giovane religiosa domenicana del XIV secolo, entrata in convento da bambina e tornata alla casa del Padre dopo aver ricevuto la Prima Comunione a 13 anni.

06-sant-agnese dans Riflessioni

Sant’Agnese era una ragazza molto bella che ha deciso di offrire la propria vita e la propria verginità a Dio. Nel corso della persecuzione del V secolo, venne condannata a morte quando si scoprì che era cristiana.

07-beata-laura dans San Domenico Savio

Laurita Vicuña frequentava una scuola salesiana e ha offerto la sua vita a Dio per la conversione della madre, che viveva in una condizione di peccato. È tornata alla casa del Padre a 12 anni dopo aver ascoltato il pentimento della madre.

08-beata-giacinta-marto dans Santa Maria Goretti

Giacinta e Francesco sono stati due dei piccoli testimoni delle apparizioni della Madonna a Fatima. Sono tornati alla casa del Padre rispettivamente a 9 e 10 anni.

09-santa-teresa-del-bambin-Ges dans Santa Teresa di Lisieux

Teresina era una giovane monaca carmelitana che dall’età di 14 anni ha imparato a offrire preghiere per i peccatori. L’anno successivo è entrata nella vita religiosa, scrivendo poi la Storia di un’anima. È tornata alla casa del Padre a 24 anni.

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Maria Goretti era una giovane laica che ha subito il martirio per difendere la sua purezza, perdonando il suo assassino prima di morire, a 11 anni.

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La testimonianza dei coniugi Martin: la santità della tenerezza

Posté par atempodiblog le 19 mars 2015

La testimonianza dei coniugi Martin
Zelia e Luigi presto santi: la santità della tenerezza
di Matteo Liut - Avvenire

La testimonianza dei coniugi Martin: la santità della tenerezza dans Coniugi Martin Coniugi-Martin

Quando si conobbero ad Alençon Luigi Martin (1823-1894) e Zelia Guerin (1931-1877) capirono che il loro progetto di vita andava vissuto assieme, ma non s’immaginavano che avrebbero dovuto quasi “convertirsi” per capire a pieno il senso del matrimonio. Dopo essersi sposati il 13 luglio 1858, infatti, vivevano quasi come due consacrati, proprio perché entrambi, prima di incontrarsi, pensavano alla vita da religiosi. Poi grazie a una guida spirituale capirono il grande valore della chiamata alla generazione della vita e, sempre insieme, si aprirono a questo dono: ebbero nove figli, anche se solo cinque femmine arrivarono all’età adulta. Quattro di queste entrarono nel Carmelo, la quinta scelse un’altra congregazione religiosa. La più piccola, nata nel 1873, morì giovanissima, ma la sua incredibile esperienza spirituale la portò a essere riconosciuta come santa e dottore della Chiesa: si tratta di santa Teresa di Lisieux.

Luigi era un orologiaio e Zelia realizzava merletti, quindi la loro situazione economica era buona, ma in casa Martin lo stile era all’insegna dell’essenzialità, della semplicità, ma anche della dolcezza, della delicatezza e della tenerezza. Virtù che santa Teresina raccontò di riconoscere molto bene nel padre. La partecipazione alla vita della parrocchia, ai sacramenti e l’impegno verso gli ultimi erano la “corona” di una quotidianità vissuta nella condivisione di gioie e dolori ma anche nell’entusiasmo di veder crescere il nucleo domestico. Per Zelia non vi era impegno più affascinante ed entusiasmante dello stare accanto ai propri figli e la morte di alcuni di loro era stata accolta con serenità pur nella sofferenza. Zelia morì a 45 anni di tumore, Luigi 17 anni dopo, consumato dalla sclerosi ma sempre fedele al progetto che aveva condiviso fin dall’inizio con la moglie.

Il loro messaggio è chiaro: anche fare i genitori è una vocazione che va coltivata, fatta crescere, custodita e sostenuta spiritualmente. Ora, sempre insieme, la Chiesa li riconoscerà santi.

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L’esperienza del Natale

Posté par atempodiblog le 20 décembre 2014

L’esperienza del Natale
del Card. Angelo Comastri – Tu sei Trinità

L’esperienza del Natale dans Cardinale Angelo Comastri Santa-Teresa-del-Bambin-Ges

Teresa di Lisieux racconta nel suo manoscritto che un Natale coincise con il momento della sua conversione: era il Natale del 1886, l’anno prima del suo pellegrinaggio a Loreto. Cosa accadde in quel Natale? Racconta Teresa: “Andammo in chiesa a vedere il Dio debole e quel Dio debole mi donò una grande forza. Ricevetti la comunione e nella comunione ricevetti la forza di Dio”. E’ paradossale questo linguaggio di Teresa di Lisieux. Ma cosa accadde in quel Natale? Lo racconta lei stessa.

Uscendo dalla messa di mezzanotte, ritornarono a casa; Teresa era l’ultima figlia, vezzeggiata da tutti, in particolare dal padre; ma il padre era stanco, quella notte; arrivato a casa, non aveva voglia di assistere alla gioia semplice e spontanea della bambina che apriva i vari pacchetti dei regali e uscì in questa esclamazione: “Meno male che è l’ultimo anno”.

Teresa si sentì ferita, stava per piangere.

“A un certo punto”, racconta lei stessa, “mi feci forza, andai incontro al papà, cominciai ad aprire i piccoli regali gioiosamente e ritornò la festa nella mia famiglia”.

Commenta Teresa: “Feci un atto di umiltà e sentii la carità di Dio che mi entrava nel cuore e da quel momento fui felice”.

E’ l’esperienza del Natale, l’esperienza di umiltà che diventa accoglienza dell’amore. Se potessimo vivere un’esperienza di amore vero, proveremmo anche noi la gioia di Dio. Se vivessimo l’amore come dono, l’amore come gratuità, l’amore come oblio di se stessi, troveremmo il Paradiso fin da quaggiù.

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Novena a Nostra Signora delle Vittorie

Posté par atempodiblog le 28 avril 2014

Un giorno di maggio del 1883, a Lisieux, il beato Luigi Martin – padre di Teresa – chiese che fosse celebrata nella Basilica di Nostra Signora delle Vittorie una novena di messe per la figlia, gravemente malata. Teresa aveva dieci anni e anche lei “si era rivolta alla Madre del Cielo; la pregò con tutto il cuore di avere finalmente pietà di lei…”. Dopo essere stata guarita in un istante dal sorriso della Vergine, dirà: “Ci voleva un miracolo e fu Nostra Signora delle Vittorie che lo fece”.

Novena a Nostra Signora delle Vittorie dans Mese di maggio con Maria 2crk97b

Novena a Nostra Signora delle Vittorie

Vergine Maria,

Voi che un tempo avete guarito con un sorriso colei che sarebbe diventata santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo, degnateVi ancor oggi di ascoltare le nostre insistenti richieste.

Sollecito la misericordia di Vostro Figlio per … (esporre l’intenzione di preghiera: per una guarigione, una riconciliazione, la mia conversione o quella di un’altra persona, ecc.). Confido fermamente nella bontà del Vostro Cuore Immacolato che ha pietà di tutte le sofferenze umane.

So che accoglierete la mia richiesta, se è conforme alla volontà del Divin Padre, poiché non avete abbandonato Gesù ai piedi della Croce e che Egli vi ha proclamato nostra Madre.

Amen

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L’amore a chi non ci sta simpatico

Posté par atempodiblog le 6 janvier 2014

L’amore a chi non ci sta simpatico dans Citazioni, frasi e pensieri Santa-Teresa-di-Lisieux

“Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori” (Mt 5,43-44). Certo, nel Carmelo non s’incontrano nemici, ma in realtà ci sono delle simpatie; ci si sente attratte da quella sorella mentre un’altra ti farebbe fare un lungo giro per evitare d’incontrarla, così, senza accorgersene, ella diventa un soggetto di persecuzione. Ebbene, Gesù mi dice che questa sorella debbo amarla, debbo pregare per lei, quando anche il suo modo di comportarsi mi portasse a credere che ella non mi ami: “Se amate coloro che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso”.

E non basta amare, bisogna provarlo. Naturalmente siamo felici di fare un dono a un amico, ci piace soprattutto fare delle sorprese, ma ciò non è la carità, poiché anche i peccatori lo fanno. Ecco cosa Gesù mi insegna ancora: “Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo”. Dare a tutte coloro che chiedono, è meno dolce che offrirsi spontaneamente col cuore… Se è difficile dare a chiunque chiede, lo è ancora di più lasciar prendere del proprio senza richiederlo. O Madre mia, dico che è difficile, dovrei dire piuttosto che sembra difficile, poiché il giogo del Signore è dolce e leggero (Mt 11,30). Quando l’accettiamo, ne sentiamo subito la dolcezza ed esclamiamo col salmista: “Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio cuore” (Sal 119,32). Solo la carità può dilatare il mio cuore, Gesù. Da quando questa dolce fiamma lo consuma, corro con gioia nella via del tuo comandamento nuovo (Gv 13,34).

[Santa Teresa del Bambin Gesù (1873-1897), carmelitana, dottore della Chiesa Manoscritto autobiografico C, 15v°-16r°]
Tratto da: Una casa sulla Roccia

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La carità non deve restare affatto chiusa nel fondo del cuore

Posté par atempodiblog le 30 septembre 2013

La carità non deve restare affatto chiusa nel fondo del cuore dans Citazioni, frasi e pensieri 1u5w

“La carità perfetta consiste nel sopportare i difetti degli altri, non stupirsi delle loro debolezze, edificarsi dei minimi atti di virtù che essi praticano, ma soprattutto ho capito che la carità non deve restare affatto chiusa nel fondo del cuore”.

Santa Teresa di Lisieux

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I Papi e la piccola Teresa di Gesù Bambino

Posté par atempodiblog le 30 septembre 2013

Tutti i pontefici del Novecento sono stati affascinati dalla fede semplice della santa di Lisieux. Basata sulla assoluta necessità della grazia
di Giovanni Ricciardi – 30Giorni

I Papi e la piccola Teresa di Gesù Bambino dans Fede, morale e teologia g1kr

Il 20 novembre 1887, santa Teresa del Bambin Gesù incontrò, a 15 anni, papa Leone XIII (1878-1903) nel corso di un pellegrinaggio organizzato dalla diocesi di Lisieux, chiedendogli con ingenua audacia il permesso di entrare nel Carmelo in anticipo sull’età prescritta. Il Papa le ripose in modo lapidario: «Bene. Entrerete se Dio lo vorrà». Il vecchio Pontefice non poteva immaginare che la vicenda di questa fanciulla avrebbe tanto segnato i pontificati dei suoi successori. Tutti i papi del Novecento sono infatti toccati, in un modo o nell’altro, dal “passaggio” di Teresa. Primo fra tutti, Pio XI, che la beatificò nel 1923 e la canonizzò due anni dopo, nominandola poi, nel 1927, patrona delle missioni. La storia di Teresa s’intreccia particolarmente con quella di papa Montini, che fu battezzato il giorno stesso della morte della piccola suora di Lisieux. Ma la prima intuizione della straordinarietà di Teresa si deve senz’altro a Pio X (1903-1914), il papa di cui il 4 agosto prossimo ricorre il centenario dell’elezione.

d52u dans RiflessioniPio X: «La più grande santa dei tempi moderni»
Erano passati solo dieci anni dalla morte di Teresa che Pio X ricevette in dono l’edizione francesce dell’Histoire d’une âme e, tre anni più tardi, nel 1910, la traduzione italiana dell’autobiografia della santa. Traduzione che allora era già alla sua seconda edizione. Pio X non ebbe esitazioni riguardo a Teresa e accelerò per questo l’introduzione della causa di beatificazione, che si data al 1914 e che fu uno degli ultimi atti del suo pontificato. Ma, già qualche anno prima, incontrando un vescovo missionario che gli aveva donato un ritratto di Teresa, il Papa aveva osservato: «Ecco la più grande santa dei tempi moderni». Un giudizio che poteva apparire temerario, anche perché Teresa non aveva allora e non ha a tutt’oggi soltanto estimatori. La semplicità della sua dottrina spirituale, semplicemente imperniata sull’assoluta necessità della grazia, faceva storcere il naso a non pochi ecclesiastici. Nella temperie di un cattolicesimo intriso di giansenismo, una spiritualità tutta imperniata sulla fiducia e sull’abbandono docile alla misericordia di Dio appariva in contrasto con il rigore di un’ascesi centrata sulla rinuncia e sul sacrificio di sé. L’eco di questo “sospetto” verso la dottrina di Teresa giunse così fino alle orecchie del Papa. Il quale, una volta, replicò con decisione ad uno di questi detrattori: «La sua estrema semplicità è la cosa più straordinaria e degna d’attenzione in quest’anima. Ristudiate la vostra teologia».

Tra le altre cose, Pio X era rimasto grandemente impressionato da una lettera che Teresa aveva scritto il 30 maggio del 1889 alla cugina Maria Guérin, la quale, per motivi di scrupolo, si asteneva dalla comunione: «Gesù è là nel tabernacolo apposta per te, per te sola, e arde dal desiderio di entrar nel tuo cuore […]. Comunicati spesso, molto spesso. Ecco il solo rimedio se vuoi guarire». Era allora un atteggiamento diffuso lo scrupolo eccessivo nell’accostarsi all’eucaristia, e la risposta di Teresa apparve al Papa un incoraggiamento a combattere questo atteggiamento. Ed è possibile che i due decreti di Pio X, Sacra Tridentina Synodus, sulla comunione frequente, e Quam singulari, sulla comunione ai bambini, siano stati influenzati della lettura degli scritti teresiani.

Benedetto XV: «Contro la presunzione di raggiungere con mezzi umani un fine soprannaturale»
Pio X non ebbe il tempo di seguire l’iter della causa di beatificazione. Il suo successore, Benedetto XV (1914-1922), lo accelerò ulteriormente. Il 14 agosto 1921 proclamò il decreto sulle virtù eroiche della piccola Teresa e, per la prima volta, un papa usò l’espressione “infanzia spirituale” per riferirsi alla “dottrina” della santa di Lisieux: «L’infanzia spirituale» disse il Papa «è formata da confidenza in Dio e da cieco abbandono nelle mani di Lui […]. Non è malagevole rilevare i pregi di questa infanzia spirituale sia per ciò che esclude sia per ciò che suppone. Esclude infatti il superbo sentire di sé; esclude la presunzione di raggiungere con mezzi umani un fine soprannaturale; esclude la fallacia di bastare a sé nell’ora del pericolo e della tentazione. E, d’altra parte, suppone fede viva nella esistenza di Dio; suppone pratico omaggio alla potenza e misericordia di Lui; suppone fiducioso ricorso alla provvidenza di Colui, dal quale possiamo ottenere la grazia e di evitare ogni male e di conseguire ogni bene. […] Auguriamo che il segreto della santità di suor Teresa di Gesù Bambino non resti occulto a nessuno».

Pio XI: «La stella del mio pontificato»
Pio XI (1922-1939), più di ogni altro papa, fu accompagnato per tutta la vita, anche prima dell’elezione al soglio di Pietro, da una profonda devozione verso la piccola Teresa. Quando era ancora nunzio apostolico a Varsavia, teneva sempre sul tavolo la Storia di un’anima; lo stesso continuò a fare dopo essere divenuto arcivescovo di Milano. Durante il suo pontificato Teresa fu elevata, con grande rapidità, all’onore degli altari. Beatificata il 29 aprile del 1923; canonizzata il 17 maggio del 1925, nel corso dell’Anno Santo; il 14 dicembre 1927 fu proclamata, insieme a san Francesco Saverio, patrona universale delle missioni cattoliche. Sia la beatificazione che la canonizzazione furono le prime del pontificato di Achille Ratti. E già l’11 febbraio del 1923, nel discorso tenuto in occasione dell’approvazione dei miracoli necessari per la beatificazione, osservava: «Miracolo di virtù in questa grande anima, da farci ripetere col Divino Poeta: “cosa venuta di cielo in terra a miracol mostrare” […]. La piccola Teresa si è fatta Ella pure una parola di Dio […]. La piccola Teresa del Bambino Gesù vuol dirci che ci è facile modo di partecipare a tutte le più grandi ed eroiche opere dello zelo apostolico, mediante la preghiera». Ai pellegrini francesi accorsi a Roma per la beatificazione di Teresa, disse: «Eccovi alla luce di questa Stella – come noi amiamo chiamarla – che la mano di Dio ha voluto far risplendere all’inizio del nostro pontificato, presagio e promessa di una protezione, di cui noi stiamo facendo la felice esperienza».

All’intercessione di Teresa papa Ratti attribuì in seguito una protezione speciale in momenti cruciali del suo pontificato. Nel 1927, in uno dei frangenti più duri della persecuzione contro la Chiesa cattolica in Messico, affidò quel Paese alla protezione di Teresa: «Quando la pratica religiosa sarà ristabilita in Messico», scriveva ai vescovi, «desidero che venga riconosciuta in santa Teresa di Gesù Bambino la mediatrice della pace religiosa nel vostro Paese». A lei si rivolse per implorare la soluzione del duro contrasto tra la Santa Sede e il governo fascista nel 1931, che portò l’Azione cattolica italiana a un passo dalla soppressione: «Mia piccola santa, fate che per la festa della Madonna tutto venga regolarizzato». La controversia giunse a soluzione il 15 agosto di quello stesso anno. Già alla fine dell’Anno Santo 1925 papa Ratti aveva inviato a Lisieux, in calce a una sua fotografia, un’espressione eloquente: «Per intercessionem S. Theresiae ab Infante Iesu protectricis nostrae singularis benedicat vos omnipotens et misericors Deus». E, nel 1937, al termine della lunga malattia da cui fu colpito negli ultimi anni di pontificato, ringraziò pubblicamente colei «la quale così validamente e così evidentemente è venuta in aiuto al sommo Pontefice e ancor sembra disposta ad aiutarlo: Santa Teresa di Lisieux». Non poté coronare il desiderio di recarsi personalmente a Lisieux negli ultimi mesi della sua vita. Alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra mondiale il pontificato passava nelle mani di Pio XII (1939-1958), che ben conosceva e apprezzava la piccola santa.

Pio XII: «Far valere davanti a Dio la povertà spirituale di una creatura peccatrice»
«Figlia di un cristiano ammirevole, Teresa ha imparato sulle ginocchia paterne i tesori di indulgenza e di compassione che si nascondono nel cuore del Signore! […] Dio è un Padre le cui braccia sono costantemente rivolte ai figli. Perché non rispondere a questo gesto? Perché non gridare senza posa verso di lui la nostra immensa angoscia? Bisogna fidarsi della parola di Teresa, quando invita, sia il più miserabile che il più perfetto, a non far valere davanti a Dio che la debolezza radicale e la povertà spirituale di una creatura peccatrice». Così papa Pacelli esprimeva, nel radiomessaggio dell’11 luglio 1954, in occasione della consacrazione della Basilica di Lisieux, il cuore della “via dell’infanzia spirituale” indicata da Teresa. Egli tenne per tutta la vita rapporti epistolari con il Carmelo di Lisieux. L’inizio di questa corrispondenza data al 1929, al tempo della nunziatura apostolica a Berlino, quando spedì a Lisieux una lettera di ringraziamento per aver ricevuto la prima edizione tedesca della Storia di un’anima. Fu poi più volte incaricato da Pio XI di recarsi al Carmelo di Teresa per presiedere alcune funzioni speciali in sua vece. Quando si recò a Buenos Aires, nel 1934, come legato pontificio al Congresso eucaristico internazionale, portò con sé una reliquia di Teresa a cui aveva affidato la sua missione. Per tutto il pontificato si mantenne in contatto per lettera con suor Agnese e suor Celina, le sorelle di Teresa che ancora vivevano nel Carmelo di Lisieux.

Giovanni XXIII: «La piccola Teresa ci conduce alla riva»
Santa Teresa la Grande [Teresa d’Avila, ndr], io l’amo molto… ma la Piccola: ella ci conduce alla riva […]. Bisogna predicare la sua dottrina così necessaria». Così Giovanni XXIII (1958-1963) si rivolgeva a un sacerdote che gli aveva offerto una collezione di ritratti della piccola Teresa. A Lisieux Angelo Roncalli si recò cinque volte, soprattutto nel periodo della sua nunziatura a Parigi, ma anche quando era ancora delegato apostolico in Bulgaria. Da pontefice si soffermò a lungo su Teresa durante l’udienza generale del 16 ottobre 1960. In quell’occasione disse: «Grande fu Teresa di Lisieux per aver saputo, nella umiltà, nella semplicità, nell’abnegazione costante, cooperare alle imprese e al lavoro della grazia per il bene di innumerevoli fedeli. A questo proposito il Santo Padre, volendo dare una adeguata similitudine, si compiaceva ricordare quanto più volte egli ebbe modo di osservare, nel porto di Costantinopoli. Giungevano colà ingenti navi da carico, che però non riuscivano, data la natura dei fondali, ad avvicinarsi alle banchine. Ecco quindi, accanto ad ogni grande nave, procedere presso i moli un battello, la cui presenza poteva, a prima vista, sembrare superflua, ed era invece preziosissima, poiché esso assolveva il compito di trasbordare le merci alla grande riva».

Paolo VI: «Sono nato alla Chiesa il giorno in cui la santa nacque al cielo»
Durante una visita ad limina del vescovo di Sées, la diocesi in cui Teresa nacque, papa Montini (1963-1978) ebbe a dire: «Sono nato alla Chiesa il giorno in cui la santa nacque al cielo. Questo le dice quali sono gli speciali legami che ad essa mi vincolano. Mia madre mi ha fatto conoscere santa Teresa di Gesù Bambino ch’ella amava. Ho già letto parecchie volte l’Histoire d’une âme, la prima volta in gioventù». Già nel 1938 scriveva alle monache del Carmelo di Lisieux confessando di «seguire da lunga data e col più vivo interesse lo sviluppo del Carmelo di Lisieux». E aggiungeva «di avere una grande devozione a santa Teresa, della quale conservo una piccola reliquia sul tavolo di lavoro».

Questi accenni basterebbero a significare il profondo legame tra Paolo VI e la piccola Teresa. Più volte, da papa, egli intervenne sulla figura e sulla dottrina della santa di Lisieux. Nel 1973, in occasione del centenario della nascita della santa, scrisse una lettera a monsignor Badré, allora vescovo di Bayeux e Lisieux, condensando in poche pagine il suo pensiero su Teresa. Realismo e umiltà sono i due concetti più espressamente sottolineati da papa Montini a proposito di Teresa: «Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo insegna a non contare su se stessi, sia che si tratti di virtù o di limitatezza, ma sull’amore misericordioso di Cristo, che è più grande del nostro cuore e ci associa all’offerta della sua passione e al dinamismo della sua vita». A proposito della vita di Teresa, che accettò il limite umano e culturale del chiostro, essa insegna, secondo Paolo VI, che «l’inserzione realista nella comunità cristiana, ove si è chiamati a vivere l’istante presente, ci sembra una grazia sommamente desiderabile per il nostro tempo». Teresa visse la sua personale via di santità in mezzo a un ambiente pieno di limiti. Tuttavia «essa non attese, per iniziare ad agire, un modo di vita ideale, un ambiente di convivenza più perfetto, diciamo piuttosto che essa ha contribuito a cambiarli dal di dentro. L’umiltà è lo spazio dell’amore. La sua ricerca dell’Assoluto e la trascendenza della sua carità le hanno permesso di vincere gli ostacoli, o piuttosto di trasfigurare i suoi limiti».
Paolo VI aveva già sottolineato il tema dell’umiltà in Teresa in un’udienza tenuta il 29 dicembre 1971: «Umiltà tanto più doverosa quanto più la creatura è qualche cosa, perché tutto dipende da Dio, e perché il confronto fra ogni nostra misura e l’Infinito obbliga a curvare la fronte». Quest’umiltà non è disgiunta in Teresa da una «infanzia piena di fiducia e di abbandono».
In un discorso pronunciato il 16 febbraio 1964, nella parrocchia di San Pio X, il Papa sottolineava con chiarezza quanto aveva praticato ed insegnato santa Teresa di Gesù Bambino riguardo alla fiducia che dobbiamo avere nella bontà di Dio, abbandonandoci pienamente alla sua Provvidenza misericordiosa: «Uno scrittore moderno assai noto conclude un suo libro affermando: tutto è grazia. Ma di chi è questa frase? Non del ricordato scrittore, perché anch’egli l’ha attinta – e lo dice – da altra sorgente. È di santa Teresa di Gesù Bambino. L’ha posta in una pagina dei suoi diari: “Tout est grâce”. Tutto può risolversi in grazia. Del resto anche la santa carmelitana non faceva che riecheggiare una splendida parola di san Paolo: “Diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum”. Tutta la nostra vita può risolversi in bene, se amiamo il Signore. Ed è ciò che il Pastore Supremo augura a quanti lo ascoltano».

Giovanni Paolo I: «Con somma semplicità e andando all’essenziale»
Papa Luciani non ebbe il tempo, nei trentatré giorni del suo pontificato, di parlare di Teresa. Lo aveva fatto però in due importanti occasioni quando era patriarca di Venezia: quando, il 10 ottobre del 1973 tenne una conferenza in occasione del centenario della nascita di Teresa, e nella lettera alla santa nel libro Illustrissimi. Qui, Albino Luciani racconta di aver letto per la prima volta la Storia di un’anima quando aveva diciassette anni: «Fu per me un colpo di fulmine», scrisse. E rivela l’aiuto ricevuto da Teresa quando, giovane prete, si era ammalato di tubercolosi ed era stato ricoverato in sanatorio. «Mi vergognai di provare un po’ di paura», ricorda Luciani: «Teresa ventitreenne fino allora sana e piena di vitalità – mi dissi –, fu inondata di gioia e di speranza, quando sentì salire alla bocca la prima emottisi. Non solo, ma, attenuando il male, ottenne di portare a termine il digiuno con regime di pane secco e acqua, e tu vuoi metterti a tremare? Sei sacerdote, svegliati, non fare lo sciocco». Nella conferenza del 1973, il futuro Giovanni Paolo I sottolineava l’insegnamento di Teresa: «Essa, avendo acuta intelligenza e doni speciali, ha visto chiarissimo nelle cose di Dio e si è anche espressa chiarissimamente, cioè con somma semplicità e andando all’essenziale». Teresa non cercò esperienze diverse da quelle che il cristianesimo del suo tempo le offriva. Come scrive padre Mario Caprioli, non cercò esperienze straordinarie: «Confessione a sei anni, la preparazione alla prima comunione in famiglia, il pellegrinaggio – che per Teresa furono altamente istruttivi –, il monastero, cioè la vita religiosa coi voti, la regola, l’austerità» (M. Caprioli, I papi del XX secolo e Teresa di Lisieux, p. 349). «Oggi» commentava a questo proposito Luciani «sotto pretesto di rinnovamenti, si tende talvolta a svuotare tutte queste cose del loro valore. Teresa non sarebbe d’accordo, a mio avviso».


Giovanni Paolo II: Teresa di Gesù Bambino dottore della Chiesa universale
Proclamando, nel 1997, Teresa di Lisieux dottore della Chiesa universale, terza donna a ottenere questo titolo dopo Teresa d’Avila e Caterina da Siena, Giovanni Paolo II ha di fatto raccolto l’eredità dei suoi predecessori.

L’attualità di quel gesto può essere espressa nelle parole che don Luigi Giussani rivolgeva al Papa in piazza San Pietro durante l’incontro dei movimenti ecclesiali il 30 maggio 1998: «Al grido disperato del pastore Brand nell’omonimo dramma di Ibsen (“Rispondimi, o Dio, nell’ora in cui la morte m’inghiotte: non è dunque sufficiente tutta la volontà di un uomo per conseguire una sola parte di salvezza?”) risponde l’umile positività di santa Teresa del Bambin Gesù che scrive: “Quando sono caritatevole è solo Gesù che agisce in me”».

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Novena delle rose in onore di santa Teresina del Bambin Gesù e del Volto Santo

Posté par atempodiblog le 22 septembre 2013

“Passerò il mio Cielo a fare del bene sulla terra. Farò scendere una pioggia di rose”.

Questa novena può essere recitata in preparazione della festa della Santa, il 1 ottobre, dal 22 al 30 settembre, o in qualsiasi momento per le proprie necessità. L’unica condizione per la validità della novena è che sia fatta tutta intera con determinazione, con costanza e senza interruzione per nove giorni consecutivi.

Novena delle rose in onore di santa Teresina del Bambin Gesù e del Volto Santo dans Preghiere 6dsn
Santa Teresina nella Basilica di Nostra Signora delle Vittorie, Parigi

Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, io vi ringrazio per tutti i favori e le grazie di cui avete arricchito l’anima della vostra serva Santa Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo, Dottore della Chiesa, durante i suoi ventiquattro anni trascorsi su questa terra e, per i meriti di questa vostra Santa Serva, concedetemi  la grazia che ardentemente desidero (qui si formula la grazia che si vuol ricevere), se è conforme alla vostra santa volontà e per il bene della mia anima.
Aiutate la mia fede e la mia speranza, o Santa Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo; realizzate ancora una volta la vostra promessa di passare il vostro cielo a fare del bene sulla terra, permettendo che io riceva una rosa come segno della grazia che desidero ottenere.
Si recitano 24 “Gloria al Padre…” in ringraziamento a Dio dei doni concessi a Teresa nei ventiquatro anni della sua vita terrena. Segue ad ogni “Gloria” l’invocazione “Santa Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo, prega per noi”.

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Faustina sogna santa Teresina

Posté par atempodiblog le 22 septembre 2013

Faustina sogna santa Teresina dans Santa Faustina Kowalska santa-Teresina-del-Bambin-Ges

Desidero annotare un sogno che feci su Santa Teresa del Bambino Gesù. Ero ancora novizia ed avevo certe difficoltà, che non mi riusciva di risolvere. Erano difficoltà interne collegate con difficoltà esterne. Avevo fatto parecchie novene a vari santi, ma la situazione diveniva sempre più pesante. Le mie sofferenze per questa ragione erano talmente grandi, che non sapevo più come continuare a vivere, ma improvvisamente mi venne l’idea di pregare Santa Teresa del Bambino Gesù.

Cominciai la novena a questa santa, poiché prima di entrare in congregazione avevo molta devozione per lei. Adesso l’avevo un po’ trascurata, ma trovandomi in questa necessità, di nuovo cominciai a pregarla con grande fervore. Il quinto giorno della novena sogno Santa Teresa, ma come se fosse stata ancora sulla terra. Mi nascose la consapevolezza che era santa e cominciò a dirmi parole di conforto; che non mi rattristassi a motivo di quella questione, ma avessi più fiducia in Dio. Mi disse: «Anch’io ho sofferto molto». Ma io non ero molto convinta che lei avesse sofferto molto e le dissi: «A me sembra che tu non soffra per niente». Ma Santa Teresa rispose assicurandomi che aveva sofferto molto e mi disse: «Sappia, sorella, che fra tre giorni lei risolverà la sua questione nel modo migliore». Dato che io non ero molto propensa a crederle, tutto ad un tratto si fece conoscere come santa.

Allora la gioia inondò la mia anima e le dissi: «Tu sei santa?». Ed essa mi rispose: «Si, sono santa ed abbi fiducia che quella questione la risolverai fra tre giorni». E io le dissi: «Santa Teresina, dimmi, andrò in Paradiso?». Mi rispose: «Sorella, lei andrà in Paradiso». «E sarò santa?». Mi rispose: «Sarai santa». «Ma, Teresina, sarò santa come te, suglialtari?». Ed essa mi rispose: «Sì, sarai santa come me, ma devi avere molta fiducia in Gesù». E poi le chiesi se mio padre e mia madre andranno in Paradiso, se [frase non ultimata]. Mi rispose: «Ci andranno». E domandai ancora: «E le mie sorelle ed i miei fratelli andranno in Paradiso?». Mi rispose che dovevo pregare molto per loro e non mi diede una risposta precisa. Compresi che avevano bisogno di molte preghiere.

Questo è un sogno e come dice un proverbio polacco «Sen mara, a Bég wiara – il sogno è una chimera, mentre Dio è certezza». Però, come mi aveva detto, il terzo giorno risolsi quella difficile questione con grande facilità. Per quanto concerne quella questione, si avverò tutto alla lettera come mi aveva detto. Questo è un sogno, ma ha avuto un suo significato.

Santa Faustina Kowalska

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