La gioia del carnevale spiegata da Joseph Ratzinger

Posté par atempodiblog le 25 février 2020

La gioia del carnevale spiegata da Joseph Ratzinger
In una riflessione pubblicata nel 1974, il Papa emerito spiega perché questa ricorrenza che precede il tempo di Quaresima ha a che fare con l’umanità profonda della fede cristiana. E sottolinea: «Noi cristiani non lottiamo contro, ma a favore dell’allegria»
di Famiglia Cristiana

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«In merito al Carnevale non siamo forse un po’ schizofrenici? Da una parte diciamo molto volentieri che il carnevale ha diritto di cittadinanza proprio in terra cattolica, dall’altra poi evitiamo di considerarlo spiritualmente e teologicamente. Fa dunque parte di quelle cose che cristianamente non si possono accettare, ma che umanamente non si possono impedire? Allora sarebbe lecito chiedersi: in che senso il cristianesimo è veramente umano?». Comincia così la riflessione dell’allora cardinale Joseph Ratzinger sul Carnevale, il periodo che precede la Quaresima e in qualche modo ha a che fare con il calendario liturgico cattolico. La riflessione è contenuta nel libro Speranza del grano di senape (Queriniana, Brescia 1974).

«L’origine del carnevale», spiega Ratzinger, «è senza dubbio pagana: culto della fecondità ed evocazione di spiriti vanno insieme. La chiesa dovette insorgere contro questa idea e parlare di esorcismo che scaccia i demoni i quali rendono gli uomini violenti e infelici. Ma dopo l’esorcismo emerse qualcosa di nuovo, completamente inaspettato, una serenità sdemonizzata: il carnevale fu messo in relazione con il mercoledì delle ceneri, come tempo di allegria prima del tempo della penitenza, come tempo di una serena autoironia che dice allegramente la verità che può essere molto strettamente congiunta con quella del predicatore della penitenza. In tal modo il carnevale, una volta sdemonizzato, nella linea del predicatore veterotestamentario può insegnarci: “C’è un tempo per piangere e un tempo per ridere…” (Qo 3,4)».

Per questo, nota il Papa emerito, «anche per il cristiano non è sempre allo stesso modo tempo di penitenza. C’è anche un tempo per ridere. L’esorcismo cristiano ha distrutto le maschere demoniache, facendo scoppiare un riso schietto e aperto. Sappiamo tutti quanto il carnevale sia oggi non raramente lontano da questo clima e in qualche misura sia diventato un affare che sfrutta la tentabilità dell’uomo. Regista è mammona e i suoi alleati. Per questo noi cristiani non lottiamo contro, ma a favore dell’allegria. La lotta contro i demoni e il rallegrarsi con chi è lieto sono strettamente uniti: il cristiano non deve essere schizofrenico, perché la fede cristiana è veramente umana».

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Le frittelle di Carnevale (castagnole)

Posté par atempodiblog le 4 mars 2014

Le frittelle di Carnevale (castagnole)
Ricetta tratta da: L’arte di cucinare di Monica Zappa – Radio Maria

Le frittelle di Carnevale (castagnole) dans Carnevale Castagnole

Ingredienti:
500 g. di farina
150 g. di zucchero
4 uova
200 ml. di latte
1 bustina di lievito per dolci
1 limone
1 bicchierino di liquore all’anice
zucchero a velo q.b.
olio di semi di arachide q.b.


Preparazione:

In una terrina sbattete le uova energicamente aiutandovi con la frusta, incorporatevi lo zucchero e continuate a montare fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso. Aggiungete quindi la scorza di un limone, il latte, un pizzico di sale e il liquore all’anice. Continuate a mescolare l’impasto e, quando sarà omogeneo, incorporatevi a poco a poco tutta la farina setacciata e alla fine la bustina di lievito.

Quando il composto sarà vellutato, lasciatelo riposare qualche minuto nella terrina e intanto mettete a scaldare l’olio in un tegame con i bordi alti. Non appena l’olio sarà ben caldo (dovrà raggiungere almeno i 180°C) con un cucchiaio prendete un po’ di impasto e immergetelo nell’olio bollente. Fate friggere le palline di pasta rigirandole di tanto in tanto, fin quando non saranno dorate su tutta la superficie.
Scolate le frittelle su della carta assorbente e disponetele su un piatto da portata. Spolverizzatele con lo zucchero a velo e servite.

Accorgimenti:
Prestate molta attenzione, nella preparazione dell’impasto, ad evitare la formazione di grumi. Oltre alla farina, setacciate anche il lievito prima di aggiungerlo agli altri ingredienti.

Varianti:
Per ottenere delle frittelle ancora più golose, a fine cottura potete riempirle di crema pasticcera aiutandovi con una siringa per dolci.

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Ecco il giudice di cui ha bisogno l’uomo

Posté par atempodiblog le 1 mars 2014

Ecco il giudice di cui ha bisogno l’uomo dans Carnevale 2qd4h7q

È interessantissimo notare il contrasto interiore che esiste tra il carnevale e la Quaresima. Si seguono e si oppongono.
Caratterizzerei volentieri questo contrasto con una parola.
Il carnevale mette la maschera.
La Quaresima toglie la maschera.
Il carnevale veste l’uomo da eroe o da Pierrot.
La Quaresima invita l’uomo a considerare, in un tu a tu, ciò che egli è.
Orbene, non temo di affermarlo, ogni uomo che si toglie la maschera e si considera così com’è, vedrà dentro di sé quattro cose: un bambino, un malato, un ignorante e un colpevole.
Bambino, egli ha bisogno d’un padre; ignorante, ha bisogno di un dottore; ammalato, ha bisogno di un medico; colpevole, ha bisogno di un giudice.
Orbene, ecco il prete nel suo tipo ideale, padre, medico, dottore e giudice. Ma che giudice! Il giudice che perdona. Ecco il giudice di cui ha bisogno l’uomo.

Ernest Hello - Il secolo e i secoli

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Il Carnevale storico d’Ivrea

Posté par atempodiblog le 20 février 2012

Il Carnevale storico d’Ivrea
di Daniele Civisca – Radici Cristiane

Il Carnevale storico d'Ivrea dans Articoli di Giornali e News

Le origini
Il Carnevale di Ivrea è forse l’unico in tutto il mondo ad avere una trama precisa che lo rende simile alla rappresentazione di una antica commedia dell’arte.

Il nucleo originario della leggenda che viene rappresentata risale al Medioevo, sebbene l’odierna festa abbia preso forma solo all’inizio dell’Ottocento.
Due infatti sono i filoni storici che compongono la rappresentazione.
Il primo risale al Medioevo all’insediamento di Raineri di Biandrate come Signore della città.
Rainieri, preso possesso del Castello di S. Maurizio (il Castellazzo) sottrasse al Vescovo i suoi tradizionali poteri opprimendo l’intera cittadinanza, nobili e plebei, tanto che questa, esasperata da violenze e soprusi, nel 1194, insorse scacciandolo e distruggendo il Castellazzo.
Il maniero sorse però nuovamente per opera di GuglielmoVII Marchese del Monferrato che, meno di un secolo dopo, tentò nuovamente di sottomettere la città venendo però scacciato nel 1266 da una nuova sollevazione.
Nella leggenda, Raineri e Guglielmo sfumano in un’unica figura di tiranno che insidia la bella Violetta, figlia di un mugnaio. Questa, pronta a tutto pur di mantenere la propria purezza, mozza il capo del tiranno e, mostrandolo al popolo raccolto sotto gli spalti del castello, lo incita a liberarsi dell’oppressore. Ne segue una grande rivolta che porta alla distruzione del castello e che viene ancor oggi rappresentata dalla battaglia delle arance.
Per comprendere l’attuale struttura del Carnevale, occorre tuttavia completare la storia con uno sguardo ai tempi più recenti. Nel corso dei secoli infatti i vari rioni della città festeggiavano il carnevale separatamente, con feste animate da una accesa rivalità che sfociavano spesso in violenti scontri. Nel 1808 però il governo, preoccupato per l’ordine pubblico, impose di riunire queste feste in un’unica manifestazione, il cui controllo venne affidato ad un eminente cittadino ben accetto alla maggioranza della popolazione.
Nacque così la figura del Generale, “arbitro” del Carnevale, ed ebbe inizio il “moderno” Carnevale di Ivrea che da allora mantiene la stessa struttura.

L’apertura della festa
Tradizionalmente il ciclo del Carnevale di Ivrea inizia il giorno dell’Epifania, quando la banda di pifferai e tamburini, seguita dalla cittadinanza, percorre le vie per annunciare l’inizio del periodo di festa. Le musiche dei Pifferi hanno origine antica e sono ispirate alle marce seicentesche suonate dalle bande militari piemontesi ai tempi del Duca Emanuele Filiberto di Savoia.
Il Corteo Storico, ricco di figuranti in abiti rinascimentali a piedi e a cavallo, seguendo i Pifferi, raggiunge il Palazzo Comunale dove il Generale prende le consegne dal suo predecessore con la consegna della feluca e della sciabola.
Nel pomeriggio il Corteo, aperto dagli alfieri con le bandiere storiche dei rioni e delle parrocchie cittadine, raggiunge il Duomo dove, alla presenza di una grande folla e delle autorità cittadine si tiene una solenne messa.

La settimana di carnevale
L’inizio alla festa vera e propria avviene però il Giovedì Grasso quando il Generale riceve simbolicamente i poteri dal Sindaco e, subito dopo, si reca al Duomo per prestare omaggio al Vescovo.

Al Sabato viene ufficialmente presentata la Bella Mugnaia che, affacciandosi al balcone del Municipio, apre le danze mascherate in piazza. Solo nel 1858 la Mugnaia, ricordo della figura di Violetta, simbolo di moralità e di libertà, divenne parte integrante della rappresentazione.
L’ultima domenica di Carnevale si arriva al clou della festa. Al mattino si svolgono una serie di rievocazioni storiche, dalla “fagiolata benefica” (ricordo delle distribuzioni effettuate dalle Confraternite religiose ai poveri durante il Medioevo) alla “preda in Dora” durante la quale il Generale, gettando una pietra nel fiume, rievoca la presa del castello; al pomeriggio parte la Marcia in costume e ha finalmente inizio la famosa battaglia delle arance che si protrarrà per i due giorni successivi.

La Marcia
Ad aprire il grande corteo in costume è la Mugnaia su di un carro dorato adorno di garofani rossi e trainato da cavalli bianchi. La Mugnaia indossa una veste di lana bianca lunga fino alle caviglie e stretto ai fianchi da un cordone, un mantello di ermellino e una sciarpa verde su cui è appuntata una coccarda.

La segue il carro del Generale. Oltre alla feluca, alla fascia bianco rossa ed alla sciabola, indossa alti stivali speronati, calzoni, guanti bianchi ed una giubba nera con bordi, bottoni e spalline dorati.
Al fianco del Generale è presente tutto il suo Stato Maggiore: più di trenta persone tra Ufficiali, Aiutanti di campo, Vivandiere ed ex Aiutanti di campo, tutti a cavallo. Dietro di lui, il Podestà con il suo seguito ed infine i carri degli aranceri.
Il corteo percorre il centro storico e ad ogni piazza le squadre degli aranceri a piedi lo attendono pronte per la battaglia.

Gli “scarli” e il funerale del Carnevale
Quella dell’“abbruciamento degli scarli” è un altro aspetto tipico del Carnevale di Ivrea. Il Lunedì Grasso infatti, giovani coppie di sposi innalzano nelle piazze rionali gli “scarli”, alti pali intrecciati d’edera e ginepro, sormontati da una bandiera, simbolo della sacralità e dell’inviolabilità del matrimonio e della famiglia.

Il giorno dopo, l’ultimo giorno di festa, dopo la sfilata dei carri allegorici e la premiazione delle squadre di aranceti vincitrici, nelle cinque piazze rionali il Generale con il suo Stato Maggiore da fuoco agli “scarli”.
Per ultimo viene bruciato lo “Scarlo” in Piazza del Municipio. Il rogo è presieduto dalla Mugnaia che in piedi sul carro brandisce la spada verso l’alto. Se la stanchezza e il peso dell’arma fanno abbassare il suo braccio, la tradizione vuole ci sia da attendersi un anno negativo e i fischi e i rimbrotti della folla non si fanno attendere.
Completato quest’ultimo compito, il Generale riconsegna i poteri al Sindaco, tutti insieme, in un sacro silenzio, rotto solo dalla musica triste e lenta dei Pifferi, si partecipa al funerale del Carnevale fino alla Piazza Ottinetti. “Adverse a giobia n’ bot”, “arrivederci a giovedì all’una”, grida la folla, ovvero arrivederci al prossimo anno: il Carnevale di scherzi e divertimenti è ormai finito e la Quaresima di penitenza è alle porte.

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Buon Carnevale!

Posté par atempodiblog le 24 février 2009

Oggi le nuvole pioveranno coriandoli.
Buon Carnevale!
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