Solo la Chiesa è davvero cattolica. La Chiesa in ciabatte da spiaggia

Posté par atempodiblog le 6 septembre 2014

Solo la Chiesa è davvero cattolica. La Chiesa in ciabatte da spiaggia
di Costanza Miriano – Credere

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Una delle cose più belle della vacanza, insieme al brivido di andare in giro senza smalto, al privilegio di poter puntare la sveglia cattolica, come la chiama il mio amico Pippo (ci si alza «quando Dio vuole»), alla bellezza di stare con le persone a cui si vuole bene, è andare a Messa in posti lontani, a volte sconosciuti, a volte estranei, e sentirsi lo stesso a casa, o comunque in un luogo amico, dove si sa di cosa si stia parlando, dove si è amici della stessa Persona, dove si è parte dello stesso corpo.

È vero, la vicina con la gonna che proviene da un’altra era geologica può avere i capelli raccolti da un’audace architettura di forcine mai vista, il signore davanti indossa una camicia furi moda almeno dal 1972, ma queste sono quisquilie. Quello che conta è che solo la Chiesa è davvero cattolica, cioè la stessa in tutto il mondo abitato.

Solo noi possiamo trovare un posto aperto per accoglierci, senza che ci venga chiesto nulla, soldi, documenti o certificati di appartenenza. Un posto nel quale si celebrerà un rito che conosciamo, in cui verranno ripetute parole che ci sono state regalate e consegnate duemila anni fa, in cui verremo ammessi al mistero di Dio che si fa pane e si lascia mangiare da noi.

Con tutti i nostri limiti, i difetti, le pecche, noi cattolici possiamo, dobbiamo essere orgogliosi di appartenere a una famiglia così grande e così accogliente. Si dice, un po’ scherzando, che la prova che Dio esiste è che la Chiesa vada avanti nonostante i suoi uomini.

Io credo che vada avanti perché essa è di Dio, perché chi entra in chiesa avverte che si sta dicendo qualcosa di fondamentale su di lui, qualcosa che riguarda la sopravvivenza stessa dell’uomo, qualcosa di essenziale, non un rito, ma la vita stessa.

I riti cambiano, passano, si dimenticano, ma la verità sull’uomo la troviamo solo lì. Anche in quell’edificio anonimo, pieno di gente in ciabatte da spiaggia.

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Bernadette e il segno della croce

Posté par atempodiblog le 30 septembre 2013

Bernadette e il segno della croce dans Costanza Miriano 3ac

Verso la fine dell’estate un gruppo di cari amici è andato a Lourdes a fare servizio agli ammalati. Io, non potendo andare con loro, ho pensato di portare un po’ di Lourdes a casa mia, e così ho estratto dalla pila dei libri da leggere la biografia di Bernadette che era posizionata al numero centosessantuno della lista d’attesa (continuo a comprarli e a impilarli, nella speranza di rompermi una o due gambe: allora finalmente potrò dedicarmi alla lettura, stesa sul divano).

Così ho scoperto che subito dopo la prima apparizione, la pastorella, poverissima e ignorante, mostrò di avere capito alcune cose che solo la Madonna poteva averle spiegato, tanto più che Bernadette non poteva andare neppure a catechismo, era analfabeta.

Come prima cosa iniziò a farsi il segno della croce con un’attenzione e una solennità tutte diverse da prima. Quando dico nel nome del Padre e del Figlio – spiegava – con le mani vado dalla testa al cuore: l’amore, che noi collochiamo nel cuore, deve essere accompagnato dalla forza e dalla razionalità. Amare Dio con tutto il cuore e con tutta la mente. Invece il gesto di andare da una spalla all’altra significa – diceva la pastorella – avere la forza di prendere sulle nostre spalle la realtà. Sulle spalle, ma con la fiducia di chi sa che lo Spirito Santo farà per noi ciò che noi non riusciremo a portare a compimento.

In un gesto, dunque, si può esprimere il cuore della nostra fede: la misteriosa unità delle tre persone della Trinità, e la nostra partecipazione a questo mistero, che solo possiamo vagamente intuire; il nostro desiderio di essere docili alla realtà che ci viene consegnata; l’impegno di dire sì alla croce. Una fede, dunque, che esprime insieme il desiderio di farsi carico, ma anche la fiducia di sapere, come ha insegnato la Madonna a Bernadette, che a quello a cui non arriviamo noi penserà lo Spirito Santo.

Un gesto bellissimo che nasconde dunque un tesoro di fede, tramandatoci dai santi, dai martiri, dagli apostoli, dai fratelli maggiori; un gesto da insegnare ai figli. Pensiamoci la prossima volta che lo facciamo, magari distrattamente.

di Costanza Miriano – Credere
Tratto da: Il blog di Costanza Miriano

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Il coraggio di amare Dio più della moglie

Posté par atempodiblog le 2 septembre 2013

Il coraggio di amare Dio più della moglie dans Chiara Corbella Petrillo bz2n

Sebbene, si sa, una mamma non vada mai in ferie, e anzi, di solito abbia bisogno di una vacanza, dopo, per riprendersi dalla vacanza, può anche capitare di trovare qualche minuto per leggere. Se poi il libro è la storia di Chiara Corbella Petrillo, Siamo nati e non moriremo più, i minuti volano e può capitare di passare la notte in bianco, avvinti dalla storia di questa donna meravigliosa, e del suo coraggioso marito. I loro amici, Simone Troisi e Cristiana Paccini raccontano la storia di Chiara – Credere ne ha già parlato – raccogliendo, proprio come fecero i primi testimoni di Gesù, quello che hanno visto e toccato con mano. 

C’è qualcosa che mi ha colpita più ancora dell’incredibile avventura di due genitori che accolgono due figli malati, uno dopo l’altro, e li accompagnano con amore nelle loro poche ore di vita. Più ancora della decisione di non danneggiare il terzo bambino, sano, che Chiara si trova in pancia quando scopre di avere un tumore. Più ancora della tenacia con cui la mamma si è curata e ha affrontato il dolore, nel primo anno del bambino. Più del racconto della morte accolta col sorriso, e della forza con cui il marito va avanti da solo senza perdere la fede.

Più di tutto, in questo libro prezioso, mi ha colpito il racconto del tormentato fidanzamento, quando i due ragazzi superano le difficoltà che fino ad allora li hanno fatti litigare, prendersi e lasciarsi, comprendendo la cosa più importante: «Se riconosci – dice Enrico – che solo in Dio puoi amare, devi amare Dio più di tua moglie, più di tuo marito. Se cerchi la consolazione nell’amore di una persona che ti sta vicino, stai prendendo una strada sbagliata. Perché la consolazione te la deve dare solo il Signore». Arrivare a capire una cosa così grande, prima ancora di sposarsi! Che meraviglia! Non mi stupisce che il Signore li abbia scelti, Chiara ed Enrico, per essere un segno profetico del vero Matrimonio cristiano. Qualcosa che fa impallidire l’amore romantico e tutto emotivo che va per la maggiore oggi.

di Costanza Miriano - Credere, la gioia della fede

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Lettera ad un amico omosessuale

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2013

Lettera ad un amico omosessuale
di Costanza Miriano

Lettera ad un amico omosessuale dans Costanza Miriano 5uqq

Caro Fabio,

avrei voluto scrivere caro amico omosessuale, ma perché dovresti essere definito dal tuo orientamento? Io non mi definisco mai eterosessuale, e mi offenderei se qualcuno lo considerasse il mio tratto distintivo. Quindi non vorrei offenderti, chiamandoti omosessuale. Tanto meno userò la parola gay, che vuol dire contento, e mi sembra un modo un po’ disonesto di definirsi, come se gli altri lo fossero di meno. Quanto ad altri sinonimi più all’antica, apprezzo il coraggio di alcuni, per esempio di quelli del Foglio, nell’usarli, ma tu sai quanto ti voglio bene, e quanto rispetto la tua sensibilità, quindi li censurerò.

Comunque, dicevamo, caro Fabio, e fin qui ci siamo. Perché tu davvero mi sei caro. Capisco che tu abbia sofferto per arrivare a definirti omosessuale. Capisco la sofferenza che hai letto negli occhi dei tuoi, e a volte nella curiosità o nel disprezzo di alcune persone. Ma chi di noi non ha sofferto per diventare grande? Per scegliere cosa tenere di quello che aveva ricevuto e cosa buttare via? Per fare i conti con gli errori e le mancanze degli altri? Per la non accettazione, per le cattiverie, gli sgarbi, il cinismo, le falsità? Credi di essere stato solo, ad avere avuto questi privilegi?

L’essere umano è una cosa complicatissima, è un mistero, noi siamo un mistero a noi stessi, ed è una pia illusione piallare asperità e oscurità degli uomini, illuminarne lati oscuri, imbrigliarne imprevisti a colpi di legge.

Ti chiedo scusa se a volte ti sei sentito giudicato da me, è qualcosa di cui dovrò rendere conto, ma d’altra parte sappi che io giudico spesso, e non solo te. Devo correggermi, e non lo farò perché c’è una legge, ma perché ci sto lavorando.

A questo punto però vorrei che anche tu fossi onesto con me. Perché credi che ci sia bisogno di una legge contro l’omofobia? L’Italia è oggettivamente uno dei paesi più tolleranti al mondo. Quello che fai in camera da letto non è reato – e ci mancherebbe. La coppietta di uomini che voleva sposarsi è salita sul palco di Sanremo, lo spettacolo più nazionalpopolare che ci sia, guardato da nonnette e bambini. In ogni fiction c’è sempre l’amico omosessuale intelligente e simpatico, mai cattivo, perfido, disonesto. Se vuoi comprarti una casa con un tuo amico vai da un notaio e ve la cointestate. Se venissi picchiato per strada, e grazie al cielo non ti è mai successo, gli aggressori verrebbero puniti, qualunque sia il motivo che li muove. Qualunque fosse la discriminazione, la violenza, l’offesa alla tua dignità, il nostro codice già ti fornisce abbondanti strumenti di difesa (con in più la già esistente aggravante per motivi abietti) .

Sai bene, te l’ho raccontato, che a scuola, lo posso testimoniare da mamma e da rappresentante di classe, si fanno delle vere e proprie catechesi contro le discriminazioni, per la diffusione delle teorie di genere. Le vogliono i ministeri per le pari opportunità e quello per l’educazione.

Mi resta ancora da capire in cosa tu venga discriminato. Io, come anche molti pensatori dentro e fuori la Chiesa, rifiuto le gender theories, e in questo caso sono io, o meglio, i miei figli che vengono discriminati.

Non capisco davvero a cosa serva questa legge, cosa davvero ti manca.

Ho una paura. Tra i tanti rischi che comporta l’affermazione delle teorie di genere, e sono davvero tanti, ma non riguardano te, Fabio, ce ne è uno che mi sta particolarmente a cuore. Non vorrei che un giorno io potessi essere fuori legge se mi trovassi a dire che i bambini hanno bisogno di un padre e di una madre, di un maschio e di una femmina. Non vorrei che questa legge fosse propedeutica a una proposta sui matrimoni omosessuali, e soprattutto sulle adozioni.

Questo no, non puoi chiedermelo. Puoi anzi devi pretendere rispetto, tutela, astensione dal giudizio. Ma non puoi pretendere che neghiamo la realtà, e cioè che  non difendiamo i bambini da questo rischio: essere cresciuti da due genitori dello stesso sesso, essere privati del confronto con uno dei due sessi, che non sono orientamenti culturali, né caratteristiche accessorie, ma i due cardini profondissimi della struttura dell’essere umano. Tutti noi ci siamo formati in parte somigliando in parte negando la somiglianza al genitore del nostro sesso, e confrontandoci con quello dell’altro sesso, pietra di paragone. Tutti noi abbiamo ricevuto accudimento materno ed educazione paterna. Tutti noi, infine, veniamo da un padre e una madre, e questo nessuna legge potrà mai cancellarlo.

Io non giudico neanche il tuo desiderio di diventare padre, ma purtroppo i figli non sono un diritto, sono loro ad avere diritto a un padre e una madre, e una legge di un paese civile deve necessariamente tutelare loro per primi, la parte debole.

Se tu vorrai un figlio dovrai aggirare l’ostacolo, chiedendo la collaborazione di una donna, e sappiamo cosa questo possa concretamente significare: donne bombardate di ormoni per produrre ovuli, o costrette a portare in grembo un bambino di cui non saranno le madri, e non vedo altro motivo a spingerle che la necessità economica (perché le femministe non protestano contro questa massima forma di schiavitù?). Oppure potrai adottarlo, e come dici tu, sarà sempre meglio di niente, per il bambino, ma io non credo affatto, come Obama, che love is love, e credo che un bambino a cui venga tolto il confronto con la madre e il padre non potrà crescere bene.

Se la legge venisse approvata, queste cose non le potremo più dire? Questo sarà discriminarti? Se così fosse la legge sarebbe inapplicabile, perché se il problema delle carceri è il sovraffollamento, tante persone di buon senso dovrebbero essere pronte a sfidare la legge.

Di certo tra gli altri lo saremo noi cattolici. Se proclamare il Catechismo della Chiesa cattolica diventerà fuori legge, non si troverà un milione di cattolici pronti a leggerlo in pubblico? Se non un milione, centomila? Se non centomila, diecimila? E dove ci metteranno?

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La faccia di chi ci crede

Posté par atempodiblog le 12 juillet 2013

“Al momento della Messa, bisogna sentirsi trasformati. Deve scomparire ogni preoccupazione di tempo e di scuola poiché la Messa, assieme alla Comunione e alla Meditazione, costituisce l’essenza del fine!”.

Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

La faccia di chi ci crede dans Costanza Miriano Maria-e-Ges

La faccia di chi ci crede
di Costanza Miriano – Credere
Tratto da: Il blog di Costanza Miriano

Spesso la messa è per me l’unico momento della giornata in cui mi fermo, non posso fare niente altro che essere lì. Telefono staccato, iPad disconnesso, agenda chiusa. Ed è allora che si scatenano, gli infami.

I pensieri più remoti, assurdi, inaspettati vengono fuori di soppiatto, fanno capolino e poi si installano a un lato della mia fronte, apposta per molestarmi. Tu dimmi, ma quella zia che non vedo da almeno due anni, ma proprio adesso mi deve venire in mente?

Sì, va bene, la chiamo, e quando torno dai miei, in estate, la vado a trovare, promesso, però adesso fammi ascoltare la lettura. … No, il libretto vaccinale del figlio numero tre non so dove sia, ma è in casa, quindi per favore adesso prega, dopo lo troverai. … No, non so come stia Paola, adesso, e neanche cosa fare di contorno. Devo trovare spinaci al sapore di nutella, o una zucchina disponibile a travestirsi da cono gelato, per avere qualche speranza che Lavinia ingerisca qualcosa che un tempo ebbe un lontano contatto con una verdura. Comunque non è adesso il momento di risolvere il problema.

Adesso sono in chiesa, e fra poco Gesù Cristo si farà pane e sarà dentro di me, chiudendo un occhio, e anche tutti e due, sulla mia distrazione, poca presenza, poca comprensione (dell’indegnità non parliamo neanche).

Eppure la messa può essere un momento importante anche per fare apostolato, per essere testimoni. Qualche giorno fa, non so perché, mi è capitato di essere davvero presente a quello che stava succedendo sull’altare. Succede. Mi sembrava che tutto fosse così evidentemente vero che devo avere fatto una faccia speciale. È entrato un signore distratto, e si è girato tre o quattro volte a guardarmi (e non era per me, ero vestita orribilmente e pettinata alla mazzo di carciofi). Deve avere notato la faccia di una che crede che Dio stava entrando in quella chiesa per invadere con la sua immensità la nostra povertà. Chissà, magari ci ha riflettuto anche lui.

È così importante, per noi ma anche per i nostri fratelli, come viviamo la messa. Non serve molto, basta essere presenti in cuore, intelligenza, forza, spirito. E vi assicuro che poi il libretto vaccinale smarrito si ritrova sempre (a casa mia è sempre lì, sotto il portapenne).

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Non è per sparlare, eh…

Posté par atempodiblog le 17 juin 2013

Non è per sparlare, eh… dans Correzione fraterna sm4w

Le volte più pericolose sono quando si comincia con “non è per sparlare, eh…”, o anche con il micidiale “non vorrei giudicare ma…”. Allora sì che il rischio è grave.

Come ha detto Papa Francesco, si comincia parlando magari benevolmente di qualcuno, si finisce regolarmente per spellarlo.

Che poi lei non voleva, non voleva proprio far notare che quella persona che l’ha criticata ha quei due o tre chiletti di troppo, e forse guardando bene sono anche dieci… “Magari è bella dentro”.

C’è la pericolosa gara di mamme (“non ho investito tanto sui miei figli per vedere assegnata a un mio virgulto la parte della pecora alla recita di Natale, noi ci meritiamo dall’angelo in su!”), la gara dei bravi cristiani (“eh, quello viene a Messa, ma detto fra noi…”), la gara al lavoro e in tutti gli altri ambiti in cui dobbiamo vivere accanto ai fratelli. Perché essere figli di Dio ci piace un sacco, ma essere fratelli è così fastidioso…

Poiché il nostro cuore è pericoloso (Gesù sapeva cosa era nel cuore dell’uomo, e non si fidava), e poiché neanche noi stessi possiamo controllarlo, c’è un’unica, fondamentale, decisiva cosa che è in nostro potere fare. Vigilare sulla lingua. Sbarrarle le porte con un cancello, una serratura chiusa a tripla mandata.

Neanche noi sappiamo cosa finiremo per dire quando cominceremo a parlare. E allora è meglio non parlare per nulla. Chiedersi piuttosto cosa direbbe Gesù in quel momento. Se le persone sono assenti, non parlarne per niente, neanche per condividere uno stato d’animo con un amico. Il fatto è che anche se partiamo con le migliori intenzioni, la lingua può sempre scivolare. La regola d’oro è parlare di un assente solo se la cosa serve direttamente a lui.

Piano piano – mi assicura un amico che questa pratica l’ha adottata come stile di vita – sforzandosi di parlare come Gesù si impara anche a pensare come lui, e poi piano piano magari anche ad agire come lui, quindi ad amare, che poi se non sbaglio è la cosa più importante, ben più della correzione fraterna che tante volte ci fa da alibi.

Se invece proprio non resistete, va be’, per una volta, dai, sfoghiamoci… Parliamone un po’, non lo dico a nessuno. Il mio numero è 33xxxxxxxx…

di Costanza Miriano – Credere

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Politici decenti, non impeccabili

Posté par atempodiblog le 23 avril 2013

Politici decenti, non impeccabili dans Costanza Miriano politicir

Credo che l’ossessione di tante persone e di tanti mezzi di comunicazione per la pulizia morale dei politici – ma cos’è, esattamente, la pulizia?  – venga dall’equivoco di immaginare che possa esserci un uomo davvero totalmente pulito, impeccabile, irreprensibile. Una questione a cui un cattolico non può appassionarsi. Noi cristiani sappiamo di avere bisogno di essere redenti, perché non siamo meglio di nessuno, e sappiamo che nessuno sarà mai senza peccato.

Andando a scavare, suvvia, vuoi che non si trovi una macchia, una pecca, uno scheletruccio, rovistando in qualche remoto armadio, magari anche dello zio di secondo grado (ma magari prima)?

Non è qualunquismo ma è sapere la verità dell’uomo, per come ci è stato raccontato dall’unico giusto, dall’agnello che si è preso su di noi il nostro male, la nostra felix culpa. Noi sappiamo che siamo toccati nel profondo dal male, ed è per questo che abbiamo bisogno di Cristo.

Chi non ha paura di guardare il male, proprio e degli altri, quel male nascosto a volte sotto la maschera della rispettabilità, ha quel sano buon senso che permette di porsi obiettivi ragionevoli: per esempio politici decenti, non impeccabili. Come disse una volta un sacerdote, all’inizio di una messa: mettetevi davanti al Signore meglio che potete. Mi sembra un ottimo programma. “Meglio che possiamo”.

Come sarebbe bello se venisse uno a chiedere un voto e dicesse: “Io sono un nano coi trampoli, cerco di combinare qualcosa, ce la metterò tutta, ma sinceramente non so cosa potrei fare se potessi prendere qualche soldo in più, se potessi avere qualche vantaggio, se magari mi capitasse di poter sistemare un figlio o una figlia (sul familismo amorale, mi dispiace, quasi nessuno è inattaccabile). Però ho incontrato Cristo, che è veramente bello, veramente buono, che ha speso tutto per me, non si è risparmiato, e ha regnato in un modo del tutto alternativo, un re che ha accettato una croce per trono. Allora, stando vicino a Lui, trascorrendo del tempo con Lui, cerco di assomigliargli, di trasformarmi in un altro Cristo. E poiché cerco di amare Cristo, credo che i fratelli siano parte del suo corpo, e cerco di amarli tutti. Non so se troverò la ricetta giusta per la politica, di certo metto le persone al centro del mio programma. Per questo so che nessun fratello si può toccare dal concepimento alla fine naturale della sia vita, che le persone se hanno una famiglia stabile, fatta da madre, padre e figli, sono felici, e che perciò le famiglie sono una cosa buona, e vanno aiutate”.

Io non credo nei valori, che – come dice un professore amico mio – sono una truffa organizzata da quelli che avevano bisogno di credere in qualcosa (anche Hitler aveva un sacco di valori). Non credo neanche in me stessa. Credo solo in Cristo.

Non che la mia opinione conti un gran che. Non dirigo un tg, né un giornale, e se è per questo neanche il tavolo dei compiti, a casa mia. Quindi la mia, per carità, è un’idea come un’altra. Però personalmente trovo del tutto irrilevanti le domande ai politici sul loro stipendio o sul conto del ristorante. Mi sembra chiaro che i problemi del nostro paese si giochino a un livello incredibilmente più alto non solo delle nostre teste, ma anche di quelle dei politici italiani. A questo punto si aprono scenari di macroeconomia che sono davvero fuori dalla mia portata. Ma una cosa che ho capito persino io è che la vera battaglia è contro il principe di questo mondo. E noi lo sappiamo chi è l’unico che può vincere.

di Costanza Miriano
Tratto da: Una casa sulla Roccia

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