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San Leonardo da Porto Maurizio

Posté par atempodiblog le 26 novembre 2024

San Leonardo da Porto Maurizio
Il primo merito che gli va ascritto è la propagazione della Via Crucis in tutta la Chiesa. Ne eresse ben 572. Attirò folle enormi con i suoi sermoni sulla Passione di Gesù. «È il più grande missionario del nostro secolo», diceva di lui sant’Alfonso Maria de’ Liguori.
di Ermes Dovico – La nuova Bussola Quotidiana

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Il primo merito che va ascritto a san Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751), un frate francescano della cosiddetta «Riformella», è la propagazione della Via Crucis in tutta la Chiesa. Fu lui, nel 1731, a ottenere da Clemente XII il breve Exponi nobis che autorizzava l’allestimento in tutte le chiese della Via Crucis, fino allora un privilegio delle sole chiese francescane. Solo il santo ne eresse ben 572 nelle varie città in cui andò in missione. Attirava folle enormi con i suoi sermoni sulla Passione di Gesù, che arrivavano fino a far lacrimare e singhiozzare i presenti.

San Leonardo introdusse inoltre le meditazioni per ognuna delle 14 stazioni, insegnando che la Via Crucis «è lo stesso che contemplare con tenerezza di cuore tutti quegli strazi e dolori che dalla casa di Pilato sino al Calvario soffrì sotto il peso della Croce l’amatissimo Gesù, il nostro bene». Fu sempre lui a spingere Benedetto XIV verso l’istituzione della Via Crucis al Colosseo, che venne consacrato a Dio e ai tantissimi cristiani che vi avevano patito il martirio. La prima si svolse nel 1750, in pieno Anno Santo. E il fatto religioso contribuì a evitare che il grande anfiteatro romano, a lungo utilizzato come cava di travertino, venisse smantellato.

Al secolo Paolo Girolamo Casanova, il santo era rimasto orfano della madre ad appena due anni. Ricevette l’educazione religiosa dal padre. Lasciò la natìa Liguria poco più che bambino. Studiò teologia al convento romano di San Bonaventura al Palatino e a 25 anni venne ordinato sacerdote. Avrebbe voluto partire missionario per evangelizzare la Cina, ma il cardinale Colloredo gli disse: «La tua Cina sarà l’Italia». Fu così che l’Italia la girò in lungo e in largo, specie le regioni centro-settentrionali. Richiamò il popolo alla preghiera, alla penitenza e all’adorazione del Santissimo Sacramento. «È il più grande missionario del nostro secolo», disse di lui sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Molto noto è un episodio avvenuto in Corsica, allora tormentata da insurrezioni separatiste; dopo una predica sulla Passione, gli uomini scaricarono in aria i fucili e si abbracciarono gridando a gran voce: «Viva frate Leonardo, viva la pace!».

Combatté il giansenismo e la sua errata concezione di Dio, che faceva dubitare dell’amore divino. Raccomandava di porre sopra la porta delle case l’immagine di Gesù, nonché i Santissimi Nomi di Gesù e Maria. Verso la Madonna aveva una devozione filiale. Propagò la promessa delle Tre Ave Maria (che la Vergine aveva fatto a santa Matilde). Fu un convinto assertore dell’Immacolata Concezione. Consigliò di indire una consultazione con i vescovi, che chiamò «concilio per iscritto e senza spese», annunciando nella sua Lettera Profetica che l’Immacolata Concezione sarebbe stata proclamata dogmaticamente. Il suo scritto venne esposto nella cappella del convento di San Bonaventura al Palatino, dove il santo morì.

Un secolo più tardi divenne papa un devotissimo dell’allora beato Leonardo, Pio IX (sarà proprio lui a canonizzarlo), che conosceva bene quella cappella, dove si ritirava spesso a pregare. Poco dopo essere salito al Soglio petrino, Pio IX volle leggere e avere copia della Lettera Profetica, le cui parole gli rimasero impresse. Il 2 febbraio 1849, sollecitato anche dalle suppliche di molti fedeli, il pontefice pubblicò l’enciclica con cui chiedeva a tutti i vescovi del mondo di manifestare quale fosse il loro pensiero e la pietà del popolo cristiano verso l’Immacolata Concezione. Si sa com’è andata a finire: l’8 dicembre 1854 il dogma venne solennemente proclamato.

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La scala che conduce in Cielo ha 3 gradini: Gesù, Maria e Giuseppe

Posté par atempodiblog le 19 mars 2020

La scala che conduce in Cielo ha 3 gradini: Gesù, Maria e Giuseppe dans Citazioni, frasi e pensieri San-Giuseppe

“La scala che conduce in Cielo ha 3 gradini: Gesù, Maria e Giuseppe.
Le nostre preghiere vengono affidate in primo luogo a Giuseppe, questi le consegna a Maria che le offre a Gesù.
Scendendo, le risposte passano da Gesù a Maria e Maria le offre a Giuseppe.
Gesù fa tutto per Maria perché è suo Figlio, Giuseppe ottiene tutto perché è sposo di Maria e padre di Gesù”.

San Leonardo da Porto Maurizio

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Via Crucis

Posté par atempodiblog le 8 mars 2013

Il significato profondo e decisivo di una tra le più note devozioni popolari. Dalla strettoia del Calvario passa la strada di ogni uomo che anela alla resurrezione per la vita eterna. La Via Crucis ci aiuta a percorrerla.
di Rosanna Brichetti Messori – Il Timone

Via Crucis dans Fede, morale e teologia Via-Crucis-Ges

Tra i pii esercizi con cui i fedeli venerano la Passione del Signore pochi sono tanto amati quanto la Via Crucis” [...] Essa ha alle spalle una lunga storia, che prende le mosse dai primi pellegrinaggi in Terra Santa fin dall’Alto Medioevo. È naturale che, recandosi là, i cristiani visitassero, tra gli altri, anche i luoghi che erano stati testimoni degli ultimi giorni di vita di Gesù. Anzi, delle sue ultime ore. Dal podere chiamato Getzemani sul Monte degli Ulivi, fino all’altro monte, quel Calvario dove fu crocifisso, al giardino dove fu deposto, cadavere, nel sepolcro prestato da Giuseppe d’Arimatea.
È anche naturale che, per coloro che non potevano recarsi in Palestina in tempi in cui i viaggi non erano certo facili, sia nato il desiderio di ricostruire in Occidente, là dove cristiani vivevano ed operavano, dei “cammini” che qualche modo ricordassero quel primo, doloroso percorso.
All’origine non erano proprio come quelli attuali. Ci furono nel tempo versioni diverse tra loro. Sta di fatto però che, poco a poco, molti pendii delle terre cristiane si coronarono con le steli o le cappelle che ricordavano la Passione e Morte del Signore, mentre già a partire dalla prima metà del 1600 la Via Crucis, diffusa soprattutto da S. Leonardo da Porto Maurizio, trovò la struttura che conosciamo, in quattordici stazioni. Essa è troppo nota perché ci soffermiamo sugli specifici contenuti. D’altra parte, sappiamo anche, come ci dimostra da parecchi anni la Via Crucis che si svolge, per iniziativa del Papa, il venerdì santo al Colosseo, e che viene trasmessa in tutto il mondo, che essa può organizzarsi con testi di commento diversi. In essi, trovano di volta in volta risonanza le varie accentuazioni con cui possono essere letti e rivissuti quegli eventi fondamentali della fede. Qui, dunque, ci sembra opportuno cercare di capire il significato fondamentale di questa devozione: cioè che cosa essa deve tendere ad operare in noi. Non vi è dubbio che, anzitutto, essa deve muoverci a compassione per quelle sofferenze patite volontariamente dall’innocente Gesù e commuoverci per il grande amore che questi eventi dimostrano. Ma non ci sembra sufficiente, anche per non rischiare di cadere nel sentimentalismo puro e semplice. Per questo occorre una riflessione più approfondita, che giunga fino a comprendere davvero il perché di quei gesti e di quegli accadimenti.
L’uomo non può salvarsi da solo: ha bisogno di un redentore. Per questo Gesù si è incarnato, è morto e poi è risorto. Oggi tendiamo a dimenticarlo, anche noi cristiani. La soglia in cui scatta il “bisogno di Dio”, in cui si avverte il proprio limite e la necessità di un aiuto e di un significato per la propria vita, si è molto elevata. In effetti, quest’uomo moderno, che molto ha conquistato con la scienza e con la tecnica, che confida nella medicina per diventare immortale e nella psicologia per guarire i propri guasti interiori crede sempre più spesso di essere autosufficiente.
Per questo ha smarrito il senso del peccato. Non riconoscendo, se non a fatica, la propria dimensione di creatura ordinata ad un fine, ad un progetto divino, non capisce il male che procura a se stesso e al mondo quando esce da questo progetto e va per una strada diversa. Gli sfugge che la distanza con Dio è incolmabile se non coglie la mano che questo stesso Dio tende nella persona del Figlio.
Non capisce che è destinato a molto di più di quel poco che la sua intelligenza sa costruire. È chiamato a superare il limite imposto dal peccato e dalla morte, a vincere la tendenza al male, realizzando così quella immagine divina che porta impressa nella sua natura.
Ecco, tutto questo può e deve ricordarci la Via Crucis.
Quelli compiuti da Cristo non sono solo gesti d’amore, sono gesti che, nell’amore, portano la nostra salvezza, necessari per vincere il peccato e la morte. Gesù doveva salire su quella croce per aprirci la Via che egli è: questa è la Verità ed è al contempo la Vita.
Così, in ogni Via Crucis noi contempliamo, attraverso le quattordici stazioni, quella salvezza che va prendendo forma, le catene del peccato che si allentano fino a spezzarsi. Così, seguendo quegli straordinari eventi, vediamo come la sofferenza umana da tragedia inspiegabile, da scandalo intollerabile, diventi un mistero, un prezioso mistero di salvezza. E capiamo perché anche noi, al seguito di Gesù, possiamo e dobbiamo accettare di percorrere la medesima via: la croce, la purificazione attraverso la morte progressiva del nostro io cieco ed egoista sono passaggio necessario ed inevitabile. È la vita stessa con le sue esigenze a farcelo capire. Ma noi spesso resistiamo, difendiamo con tutte le nostre forze noi stessi e quella felicità che ci sembra di meritare. Fatichiamo ad entrare nel paradosso evangelico, che sconvolge ogni logica umana: “Beati coloro che piangono perché saranno consolati”. Fino a quando, proprio attraverso la sofferenza, non ci viene concesso il dono della sapienza che ci fa capire come la gioia promessa dal Vangelo non sia una favola ma una realtà. Una certezza che fin da ora colma il nostro cuore, solo però quando ci arrendiamo alla verità che la Risurrezione, cui giustamente aneliamo, ha un passaggio obbligato, una strettoia che si chiama Calvario. La Via Lucis [...] passa dalla Via Crucis.

RICORDA
“La via crucis ha sempre qualcosa da dire. Ora è una stazione che parla con più insistenza, ora è un’altra. Qualche immagine resta a lungo muta. Poi, risvegliata da qualche esperienza interiore incomincia improvvisamente a parlare all’anima. Altre l’accompagnano invariate, col loro splendido segreto, per molti anni. E se poi qualcuno si abitua a portare nella via crucis esperienze personali, problemi che tormentano e perplessità, riceve spesso luce insospettata e insuperata consolazione”.
(Romano Guardini, Via Crucis, Queriniana, Brescia 1976, p. 8).

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