Paura dell’Infinito

Posté par atempodiblog le 30 août 2015

Paura dell’Infinito
Passiamo da un’attività all’altra per non dover stare soli, per non essere costretti a guardarci allo specchio
Preferiamo vivere in società, andare al cinema o a teatro per poi essere portati al cimitero, piuttosto che rimanere un minuto di fronte al Signore
di Dietrich Bonhoeffer
Tratto da: L’Osservatore Romano

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La paura è in un certo qual modo il nostro principale nemico. Essa si annida nel cuore dell’uomo e lo mina interiormente finché egli crolla improvvisamente, senza opporre resistenza e privo di forza. Corrode e rosicchia di nascosto tutti i fili che ci uniscono al Signore e al prossimo. Quando l’essere umano in pericolo tenta di aggrapparsi alle corde, queste si spezzano, ed egli, indifeso e disperato, si lascia cadere tra le risate dell’inferno.

Allora la paura lo guarda sogghignando e gli dice: ora siamo soli, tu e io, e ora ti mostro il mio vero volto. Chi ha conosciuto e si è abbandonato a questo sentimento in un’orribile solitudine — la paura di fronte a una grave decisione, la paura di un destino avverso, la preoccupazione per il lavoro, la paura di un vizio a cui non si può più opporre resistenza e che rende schiavi, la paura della vergogna, la paura di un’altra persona, la paura di morire — sa che è soltanto una maschera del male, una forma in cui il mondo ostile a Dio cerca di ghermirlo. Non c’è nulla nella nostra vita che ci renda evidente la realtà di queste forze ostili al Creatore come questa solitudine, questa fragilità, questa nebbia che si diffonde su ogni cosa, questa mancanza di vie di uscita e questa folle agitazione che ci assale quando vogliamo uscire da questa terribile disperazione. Avete mai visto qualcuno assalito dalla paura? Il suo viso è orribile quando è bambino e continua a essere spaventoso anche da adulto: quella fissità dello sguardo, quel tremore animalesco, quella difesa supplichevole. La paura fa perdere all’uomo la sua umanità. Non sembra più una creatura di Dio, ma del diavolo; diventa un essere devastato, sottomesso.

Abbiamo paura della quiete. Siamo così abituati all’agitazione e al rumore, che il silenzio ci appare minaccioso e lo rifuggiamo. Passiamo da un’attività all’altra per non dover stare soli, per non essere costretti a guardarci allo specchio. Ci annoiamo, a tu per tu con noi stessi. Spesso le ore che siamo costretti a trascorrere in solitudine ci sembrano le più tristi e le meno fruttuose. Ma non abbiamo soltanto il timore di noi e di scoprirci; temiamo molto di più l’Onnipotente. Vorremmo evitare che disturbi la nostra tranquillità e ci smascheri, creando un rapporto esclusivo a due per poi disporre di noi secondo la sua volontà. Questo incontro misterioso ci preoccupa e cerchiamo di sottrarci a questa esperienza. Ci teniamo alla larga dal pensiero di Dio, per evitare che Egli arrivi inaspettatamente e ci rimanga troppo vicino. Sarebbe terribile doverlo guardare negli occhi e doversi giustificare. Dal nostro volto potrebbe scomparire per sempre il sorriso. Potrebbe, per una volta, accadere qualcosa di molto serio a cui non siamo più abituati.

Questa paura è una caratteristica della nostra epoca. Viviamo con l’ansia di essere improvvisamente avvolti e manovrati dall’Infinito. Allora preferiamo vivere in società, andare al cinema o a teatro per poi essere portati al cimitero, piuttosto che rimanere un minuto di fronte al Signore.

Il cristianesimo ha sempre prodotto l’opposizione forte e sdegnata di una filosofia aristocratica che esaltava la forza e il potere, in contrapposizione con i nuovi valori di rifiuto della violenza ed esaltazione dell’umiltà. Anche nella nostra epoca siamo testimoni di questa lotta. Il cristianesimo resiste o fallisce con la sua protesta rivoluzionaria contro l’arbitrio e la superbia del potente, con la sua difesa del povero. Credo che i cristiani facciano troppo poco, e non troppo, per rendere chiaro questo concetto. Si sono adattati troppo facilmente al culto del più forte. Dovrebbero dare molto più scandalo, scioccare molto più di quanto facciano ora.

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I peccati miei e degli altri

Posté par atempodiblog le 17 octobre 2014

I peccati miei e degli altri dans Citazioni, frasi e pensieri i44yg1

Se il mio peccato mi sembra in qualche modo inferiore a quello degli altri, meno ri­provevole, non riconosco affatto il mio esser peccatore. Il mio pecca­to deve per forza essere il più grande, il più grave, il più riprovevole di tutti.

Per i peccati degli altri ci pensa l’amore fraterno a trovare sempre qualche scusante, mentre per il mio non ce ne sono. Per questo è il più grave. A questo livello di umiltà deve giungere chi voglia servire i fratelli nella comunione.

Come potrei infatti non es­sere ipocrita nel servire umilmente anche colui che in tutta serietà mi risulta peccatore più di me? Non è inevitabile che mi metta al di sopra di lui? Mi è consentito avere ancora speranza per lui? Sa­rebbe un servizio ipocrita.

«Non credere di aver fatto progressi nella tua santificazione, se non hai un profondo sentimento della tua infe­riorità rispetto agli altri».

di Dietrich Bonhoeffer - Vita comune

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Una scoperta incomparabile

Posté par atempodiblog le 16 octobre 2014

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Se si esercita fin dall’inizio la disciplina della lingua, ognuno potrà fare una scoperta incomparabile. Riuscirà cioè a smettere di tener d’occhio continuamente l’altro, di giudicarlo, di condannarlo, di inquadrarlo nel posto che a lui sembra gli spetti, di esercitare violenza su di lui. Ora riesce a riconoscere il fratello nella sua piena libertà, così come Dio glielo ha posto davanti. La visione si amplia, e con sua sorpresa è in grado di riconoscere nei suoi fratelli, per la prima volta, la ricchezza e la gloria della creazione divina.

di Dietrich Bonhoeffer – Vita comune

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Attendere, un’arte che il nostro tempo ha dimenticato

Posté par atempodiblog le 1 décembre 2013

Attendere, un'arte che il nostro tempo ha dimenticato dans Avvento 1z2qhhy

Celebrare l’Avvento, significa saper attendere, e l’attendere è un’arte che, il nostro tempo impaziente, ha dimenticato. Il nostro tempo vorrebbe cogliere il frutto appena il germoglio è piantato; così, gli occhi avidi, sono ingannati in continuazione, perché il frutto, all’apparenza così bello, al suo interno è ancora aspro, e, mani impietose, gettano via, ciò che le ha deluse. Chi non conosce l’aspra beatitudine dell’attesa, che è mancanza di ciò che si spera, non sperimenterà mai, nella sua interezza, la benedizione dell’adempimento.

Dietrich Bonhoeffer

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Dio vuole irrompere nella nostra vita

Posté par atempodiblog le 22 décembre 2009

Dio vuole irrompere nella nostra vita dans Citazioni, frasi e pensieri Santa-Famiglia-Natale

«Cristo nella mangiatoia [...]. Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro [...]. Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono “perduto”, lì Egli dice “salvato”; dove gli uomini dicono “no”, lì Egli dice “sì”. Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì Egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente incomparabile. Dove gli uomini dicono “spregevole”, lì Dio esclama “beato”. Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima, lì Egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il Suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del Suo amore, della Sua vicinanza e della Sua grazia».

Dietrich Bonhoeffer

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