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Festa della Madonna del Perpetuo Soccorso

Posté par atempodiblog le 27 juin 2025

Festa della Madonna del Perpetuo Soccorso
Tratto da: Radio Maria GT

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Ogni 27 giugno si celebra la Festa della Madonna del Perpetuo Soccorso, un’invocazione mariana diffusa in tutto il mondo, le cui origini ci riportano all’inizio del primo millennio. E’ una speciale devozione alla Vergine Maria, la Madre di Dio, che è presente ogni volta che uno dei suoi figli soffre un dolore profondo, un’emergenza, una catastrofe, una tentazione, un pericolo imminente, una grave malattia. Maria, come Madre Immacolata, non si stanca mai di offrire aiuto e conforto quando ci rivolgiamo a Lei.

Sollievo perpetuo
La Madonna del Perpetuo Soccorso ha innumerevoli patronati, sparsi in vari paesi, ma è considerata, in modo speciale, patrona dei membri della Congregazione del Santissimo Redentore, i cui membri sono conosciuti come Redentoristi. Vegliano sulla diffusione di questa bella invocazione e sul bene spirituale dei loro devoti.
La Madonna del Perpetuo Soccorso è un’icòna (immagine sacra) della Vergine Maria, il cui originale è conservato, fino ad oggi, sull’altare maggiore della Chiesa di Sant’Alfonso dell’Esquilino nella città di Roma (Italia).
L’immagine del Perpetuo Soccorso ricorda la cura materna che la Vergine Maria ebbe per suo Figlio Gesù, prolungata dal momento in cui fu concepito dallo Spirito Santo fino alla sua morte in croce. In virtù dell’esercizio di una così preziosa maternità, oggi, la Madre di Dio esercita la stessa cura spirituale su di noi, suoi figli.

La storia
La storia dell’icona del Perpetuo Soccorso risale chiaramente al XV secolo, quando un ricco mercante del Mar Mediterraneo acquisì l’immagine per la sua grande bellezza – purtroppo non si conoscono ulteriori dettagli, come ad esempio chi l’abbia dipinta o perché sia stata messa in vendita. Al fine di preservarne l’immagine, il mercante che l’acquistò prese la decisione di portarla in Italia. A metà del viaggio si scatenò un terribile temporale che mise in pericolo di affondare l’imbarcazione su cui era trasportata. Prigioniero della paura, il mercante sollevò l’immagine, chiese aiuto al Signore e alla Vergine e, sorprendentemente, il mare si calmò immediatamente. Ciò che accadde quel giorno risvegliò in coloro che assistettero al momento la consapevolezza che Lei, la Vergine Maria, è perpetua – perenne – e vero aiuto per tutti coloro che sono nel bisogno o nel pericolo.

Tornato a Roma, il mercante mostrò il dipinto a un amico, al quale disse: Un giorno il mondo intero renderà omaggio alla Madonna del Perpetuo Soccorso.

Dopo un po’, quel mercante si ammalò, ma prima di morire fece promettere all’amico che avrebbe assolto ai compiti necessari affinché l’immagine potesse essere collocata in qualche chiesa illustre della città. Il desiderio del mercante non fu esaudito, perché la moglie del suo amico si affezionò al dipinto e lo tenne. La leggenda narra che la Vergine apparve in sogno all’amico, esortandolo a mantenere la promessa, tuttavia non lo fece per compiacere la moglie. Dopo la sua morte, la Vergine apparve alla figlia di sei anni e le chiese di pregare la madre di portare l’immagine in una chiesa. La bambina fece come le aveva chiesto la Vergine, ma la madre, pur avendo paura, non riuscì a mantenere la promessa fatta dal marito defunto.
Una vicina, abbastanza consapevole di quello che era successo, trovò in questa storia un motivo di derisione. Pochi giorni dopo, questa donna era così addolorata che riuscì solo a chiedere perdono alla Vergine e a supplicarla di aiutarla. Sentendosi molto male, chiese di vedere il dipinto e, quando lo ebbe davanti, lo toccò con devozione. Il giorno dopo fu guarita.
La Madonna apparve di nuovo alla ragazza e le disse che il dipinto doveva essere collocato nella chiesa di San Matteo, situata tra le Basiliche di Santa Maria Maggiore e San Giovanni in Laterano. Ora sua madre e  la vicina erano pronte ad esaudire il desiderio della Madre di Dio. Da allora, iniziarono ad essere concessi grandi miracoli per intercessione della Vergine del Perpetuo Soccorso.

Tra Redentoristi e Agostiniani
Alla fine del XVIII secolo, Napoleone, che occupò la città, ordinò la distruzione di molte chiese romane, tra cui quella di San Matteo. Provvidenzialmente, un sacerdote agostiniano riuscì a prendere segretamente il quadro della Madonna del Perpetuo Soccorso. In seguito, l’immagine sarebbe stata collocata nella cappella agostiniana in Posterula. Allo stesso tempo, i Redentoristi iniziarono la costruzione della Chiesa di Sant’Alfonso sulle rovine della vecchia chiesa di San Matteo. Appresero che il quadro miracoloso del Perpetuo Soccorso era stato sul posto e che in quel momento era nelle mani degli Agostiniani. A favore dei Redentoristi si aggiunse la testimonianza di un sacerdote gesuita che conosceva il desiderio della Vergine che desiderava essere onorata in quel luogo.

La Vergine, il Papa e la Congregazione del Santissimo Redentore
Il superiore dei Redentoristi, così, chiese al Beato Papa Pio IX che il dipinto fosse riportato al suo posto originale. Il Papa dispose che ciò avvenisse, cosa che gli Agostiniani accettarono; e affidò ai Redentoristi la missione di propagare la devozione alla Madonna.
Oggi, la devozione a Nostra Signora del Perpetuo Soccorso è diffusa in tutto il mondo cristiano. Chiese, santuari, scuole cattoliche e altri edifici sono dedicati in suo onore. I suoi devoti la venerano e chiedono il suo aiuto in tutto il mondo.

Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, prega per noi!

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Quel Rosario che unisce Leone XIII e il beato Longo

Posté par atempodiblog le 11 juin 2025

Quel Rosario che unisce Leone XIII e il beato Longo
di Vito Magno– Avvenire
Tratto da: Radio Maria

Quel Rosario che unisce Leone XIII e il beato Longo dans Apparizioni mariane e santuari Santo-Rosario

Terminato il mese di maggio, l’invito di Leone XIV a recitare ogni giorno il Rosario per la pace resta ed è stato accolto da diverse comunità cristiane.
La Madonna stessa ha raccomandato il Rosario nelle sue apparizioni e così hanno fatto i Papi dell’ultimo secolo. Proprio Leone XIII, di cui nei giorni scorsi si è ricordata l’attenzione verso la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale, è stato anche il Papa che più degli altri ha scritto encicliche sul Rosario; ben undici dal 1883 al 1898, tanto da meritarsi il titolo di “Papa del Rosario”. In realtà, alla sua epoca, maggio era “mariano” a tutti gli effetti, contrassegnato dalla recita del Rosario in famiglia, come sacramento supplementare per i duri impegni della vita. Le prime testimonianze che mettono in rapporto il mese appena trascorso e Maria risalgono al medioevo. A Chartres, in Francia, nel XII secolo, sorgeva una scuola di filosofia all’ombra di un santuario mariano molto rinomato. I filosofi locali riuscirono a convertire un gran numero di feste pagane, che si celebravano a maggio, in feste cristiane.

Nasce in quest’epoca il Rosario, come un insieme di Ave Maria da recitare ispirandosi, quanto al nome, alle ghirlande di rose con cui veniva ornata la statua della Vergine. Fu poi san Domenico di Guzman a propagare in tutta Europa la devozione. Da allora il cammino della fede cristiana è stato sempre costellato di anime anonime, ma non per questo meno grandi, che sono ricorse al rosario per meditare sul Vangelo, ma anche per trasmetterlo. Santa Teresina del Bambin Gesù ha pagine stupende sui Rosari recitati in famiglia, con lei sulle ginocchia del padre. San Pio X attribuiva la sua prima conoscenza del Vangelo ai Rosari e alle spiegazioni dei misteri che, nella stalla, al caldo, nelle lunghe notti invernali, mamma Margherita usava per tenere unita ed educare alla fede la famiglia Sarto.

Anche quest’anno il mese di maggio è stato l’occasione per riscoprire la spiritualità mariana attraverso la devozione popolare fatta soprattutto di pellegrinaggi ai santuari, che, a dire del Collegamento Santuari Italiani, hanno registrato un incremento di pellegrini grazie al Giubileo. Quello di Pompei, tra i più frequentati, conserva le spoglie del beato Bartolo Longo, di cui venerdì verrà annunciata la data di canonizzazione. Per Longo il Rosario era considerato uno strumento di sviluppo spirituale e sociale e come tale lasciò la sua personale testimonianza, con opere di carità rivolte agli orfani e ai figli dei carcerati. Nella Supplica alla Madonna di Pompei, da lui composta e che si è recitata l’8 maggio, il Rosario viene descritto con una metafora poetica, “la dolce catena che ci rannoda a Dio”. Ma in quel fine Ottocento di acceso anticlericalismo, neppure a Bartolo Longo fu facile promuovere la “dolce catena”. Lo si vedeva girare per Napoli con grosse corone e bussare casa per casa per raccogliere fondi per l’erigendo santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, non curante degli insulti e dei torsoli che gli venivano scagliati. Per propagare la devozione alla Madonna mediante il Rosario si inventò più di qualche iniziativa. Nel 1877 iniziò la pubblicazione dei “Quindici sabati”; nel 1883 compose la Supplica e l’anno successivo diede vita al bollettino “Il Rosario e la Nuova Pompei. Era convinto che il Rosario servisse ad affratellare i cristiani appartenenti a culture diverse. In questa convinzione va inquadrata l’attualità del Rosario, forse oggi meno praticato, ma non con minore intensità, del tempo in cui la corona scorreva tra le mani dei componenti di una famiglia insieme ai propri vicini di casa.

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Il martirio di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni. Fedeli a Cristo fino alla fine

Posté par atempodiblog le 3 juin 2025

Il martirio di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni. Fedeli a Cristo fino alla fine
Oggi, la loro memoria. Ripercorriamo le vicende del loro martirio in Uganda avvenuto nel 1886
di Antonio Tarallo – ACI Stampa

Il martirio di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni. Fedeli a Cristo fino alla fine dans Antonio Tarallo San-Carlo-Lwanga-e-Compagni-martiri

“Questi martiri Africani aggiungono all’albo dei vittoriosi, qual è il Martirologio, una pagina tragica e magnifica, veramente degna di aggiungersi a quelle meravigliose dell’Africa antica, che noi moderni, uomini di poca fede, pensavamo non potessero avere degno seguito mai più”, con queste parole, il 18 ottobre 1964, durante il Concilio Vaticano II, san Paolo VI canonizzava Carlo Lwanga e altri ventuno compagni (tra cattolici e anglicani), colpiti dalle persecuzioni contro i cristiani avvenute sul finire del 1800 in Uganda, in Africa.

E sarà sempre Paolo VI, recatosi nella cittadina africana nel 1969, a consacrare l’altare maggiore del Santuario di Namugongo, costruito sul luogo del loro martirio. Il santuario nato per ricordare questi martiri presenta una particolarità: la sua forma architettonica ricorda una capanna tradizionale africana e poggia su 22 pilastri, simbolo dei 22 martiri cattolici vittime della persecuzione del re ugandese Mwanga.

Lo stesso re, in un primo momento, si dimostrò aperto ai cosiddetti “Padri Bianchi del cardinale Lavigérie”, ma poi cambiò idea. Il re Mwanga prima vietò ai sudditi di seguire la religione cristiana, poi nel 1885 passò all’aperta persecuzione contro loro.

Una strage, un martirio vero e proprio: a maggio del 1886 si cominciò con alcune decapitazioni, mutilazioni e torture infernali contro sette prigionieri. Il 25 maggio 1886, Carlo Lwanga venne condannato a morte, insieme ad altri compagni. Inoltre, per aumentare disumanamente la sofferenza dei condannati, il re decise di trasferirli dal Palazzo reale di Munyonyo a Namugongo, luogo per le esecuzioni capitali. Fra i due luoghi ci sono ben 27 miglia di distanza: una distanza che diventerà una “Via Crucis” per i prigionieri. Otto giorni di cammino: in questi giorni, molti moriranno trafitti da lance, impiccati e persino inchiodati agli alberi.

Poi, la data cruciale: quella del 3 giugno 1886. In questo giorno, Carlo Lwanga e dodici altri ragazzi, furono bruciati vivi in un unico grande rogo a Namugongo. La loro, una forte testimonianza di martirio: pregarono fino alla fine lodando Dio.

Uno tra loro, tale Bruno Ssrerunkuma, dirà, prima di spirare: “Una fonte che ha molte sorgenti non si inaridirà mai. E quando noi non ci saremo più, altri verranno dopo di noi”.

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Giugno, la Chiesa ricorda solennemente il Sacro Cuore di Gesù

Posté par atempodiblog le 30 mai 2025

Giugno, la Chiesa ricorda solennemente il Sacro Cuore di Gesù
di Cristina Siccardi

Giugno, la Chiesa ricorda solennemente il Sacro Cuore di Gesù dans Apparizioni mariane e santuari Sacro-Cuore

Nel mese di giugno la Chiesa ricorda solennemente il Sacro Cuore di Gesù. «Sentivo nel mio cuore un fuoco così ardente e violento che avrei voluto trasmetterlo a tutte le creature affinché amassero il mio Dio», così scriverà nella sua autobiografia santa Margherita Maria Alacoque, benedetta da stati mistici straordinari, l’umile religiosa di Paray-le-Monial si è consumata al servizio della devozione per il Sacro Cuore di Gesù. 

Esistono soltanto pochi eventi che segnano la vita di santa Margherita Maria. La sua esistenza coincide, in pratica, con i molteplici fenomeni mistici di cui fu divinamente favorita, perché gli eventi della vita si riassumono in poche tappe: la nascita nel 1647 in Borgogna; la morte dal padre nel 1655, in seguito alla quale entrò in un pensionato di clarisse; una grave malattia che durò quattro anni; la cresima del 1669 e, infine, la monacazione, nell’anno 1671, nel convento delle Visitantine di Paray-le-Monial, fondate da san Francesco di Sales con santa Francesca Frémiot de Chantal, dove vi rimase fino al dies natalis, che sopraggiunse il 17 ottobre (giorno della sua festività per la Chiesa) del 1690.

Leggiamo nel Vangelo di san Giovanni: «Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv. 19, 33-34). A tanto arrivò l’amore del Crocifisso…

Era la festa di san Giovanni evangelista, il 27 dicembre del 1673, quando Gesù apparve alla visitandina santa Margherita Maria Alacoque, invitandola a prendere il posto che san Giovanni aveva occupato durante l’Ultima Cena, ovvero posare il capo sul suo Cuore e le disse: «Il mio divino Cuore è così appassionato d’amore per gli uomini, che non potendo più racchiudere in sé le fiamme della sua ardente carità, bisogna che le spanda. Io ti ho scelta per adempiere a questo grande disegno». Margherita Maria ebbe tali apparizioni per 17 anni, sino alla morte.

Il Cuore divino si manifestava su un trono di fiamme, circondato da una corona di spine simboleggianti le ferite inferte dai peccati e sormontato da una croce, quella della Redenzione. Gesù si presentava sfolgorante di gloria, con le cinque piaghe, brillanti come soli e da quella sacra umanità uscivano fiamme da ogni parte, ma soprattutto dal suo petto che, racconterà la mistica, assomigliava ad una fornace, la quale, aprendosi, mostrava l’ardente e amante Cuore, sorgente di quelle fiamme.

Gesù Cristo lamentava l’ingratitudine degli uomini e la loro indifferenza, rivelando alla mistica che si sentiva ferito dalle irriverenze dei fedeli e dai sacrilegi degli empi, ma ciò «che mi è ancor più sensibile è che sono i cuori a me consacrati» a provocare cocente dolore. Quindi chiese a santa Margherita di supplire a tali mancanze, sollecitandola a fare la Comunione il primo venerdì di ogni mese e di prostrarsi, con faccia a terra, dalle 23:00 alle 24:00, nella notte tra il giovedì e il venerdì. Chiese ancora che il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini fosse dedicato alla festa del suo Cuore. Indicò, inoltre, come esecutore della diffusione di questa devozione il padre spirituale della santa, il gesuita san Claudio de la Colombière.

Le prime due cerimonie in onore del Sacro Cuore, presente la mistica, si ebbero nel Noviziato delle Suore della Visitazione di Paray-le-Monial, nella regione della Borgogna-Franca Contea, il 20 luglio 1685 e il 21 giugno 1686. Nel 1856, con il beato Pio IX, la festa del Sacro Cuore divenne universale. Sull’esortazione di questo Pontefice si diffusero gli Atti di consacrazione al Cuore di Gesù della famiglia e delle nazioni.

Sorsero ovunque cappelle, oratori, chiese, basiliche, santuari dedicati al Sacro Cuore di Gesù. Proliferarono quadri e stampe; si iniziò la pia pratica della Comunione nel primo venerdì del mese e si composero le Litanie del Sacro Cuore, dedicando il mese di giugno al suo culto.

Numerose congregazioni religiose, sia maschili che femminili, sono strettamente legate alla devozione del Sacro Cuore di Gesù, la cui festa viene celebrata il venerdì dopo la solennità del Corpus Domini.

Questa venerazione è inscindibile a quella del Cuore Immacolato di Maria, il cui promotore fu san Giovanni Eudes, già devoto al Sacro Cuore di Gesù prima ancora delle apparizioni della santa visitandina.

Sono dovuti trascorrere duecento anni prima di arrivare al trionfo della devozione per il Sacro Cuore di Gesù. Disprezzo, scherni, collera da parte di uomini della Chiesa che si opposero a quella che sarcasticamente, gesuiti e vescovi e non solo, definivano «teologia muscolare». Nonostante ciò, la devozione, grazie alla eroica resistenza della santa, che fu sottoposta a molteplici esami ed interrogatori, continuò a svilupparsi passo dopo passo, attraverso immagini, libri, prediche, altari consacrati, santuari e confraternite.
Dieci anni dopo la sua morte, tutti i conventi della Visitazione in Francia, ma anche a Friburgo, a Napoli, a Vienna e in Polonia, avevano introdotto la devozione, e la confraternita di Digione contava 13 mila membri in tutta Europa.

Nel 1697 la Sacra Congregazione dei Riti emise un decreto con il quale si accordava «ai monasteri della Visitazione la messa delle cinque piaghe per la festa del Sacro Cuore».
Roma, tuttavia, continuava ad avere dubbi, nonostante le suppliche, nel XVIII secolo, del Re della Polonia e del Re di Spagna. La definizione della parola «Cuore» creava timori per il rischio di scontentare i filosofi moderni.
Finalmente, nel 1765, ad alcune diocesi della Polonia e della Spagna fu consentito di celebrare la festa.
Dovette, però, passare ancora molto tempo prima che in Francia la devozione assumesse una dimensione nazionale e ciò avvenne, simbolicamente, con l’edificazione, iniziata nel 1873, della chiesa del Sacré-Coeur sulla sommità della collina di Montmartre a Parigi. Papa Benedetto XV la elevò al rango di Basilica minore nel 1919. La pietra calcarea della Basilica ha la caratteristica di non trattenere polvere e smog, così dopo ogni pioggia il Sacré-Cœur risulta ancora più splendente.

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Il Papa al santuario della Madre del Buon Consiglio di Genazzano

Posté par atempodiblog le 10 mai 2025

Il Papa al santuario della Madre del Buon Consiglio di Genazzano
Leone XIV oggi pomeriggio nella cittadina fuori Roma per visitare privatamente il luogo di culto di presenza agostiniana, dove è custodita l’immagine mariana proveniente dall’Albania. Il Pontefice ha salutato la gente in piazza e ha pregato dinanzi all’icona della Vergine: “Ho voluto tanto venire qui in questi primi giorni del nuovo Ministero che la Chiesa mi ha consegnato, per portare avanti la missione come Successore di Pietro”
de La Redazione di Vatican News

Il Papa al santuario della Madre del Buon Consiglio di Genazzano dans Apparizioni mariane e santuari La-Madre-del-Buon-Consiglio-a-Genazzano

Per la sua prima uscita a sorpresa Papa Leone XIV ha scelto un luogo simbolico, un santuario fuori Roma caro agli agostiniani che sono lì presenti dal 1200: il Santuario della Madre del Buon Consiglio a Genazzano. Il Pontefice vi si è recato oggi pomeriggio intorno alle 16, per una visita in forma privata.

Retto dai religiosi dell’Ordine di Sant’Agostino, il santuario custodisce un’antica immagine della Vergine, proveniente da Scutari (Albania), cara all’Ordine e alla memoria di Leone XIII, Pontefice che non riuscì mai a visitarlo ma che nel 1903 lo elevò alla dignità di basilica minore. Altri Papi si erano recati invece dalla Madre del Buon Consiglio: Giovanni XXIII nel 1959 e Giovanni Paolo II nel 1993. Oggi, invece, Papa Leone XIV che da cardinale, il 25 aprile 2024, aveva celebrato nel Santuario la Messa in occasione della Festa della “Venuta” della Madre del Buon Consiglio. Nella sua omelia, l’allora cardinale Prevost espresse la sua devozione alla Vergine, esortando i fedeli a ispirarsi a Maria per diffondere la pace e la riconciliazione nel mondo.

Il saluto alla gente e la preghiera alla Madonna
Questo pomeriggio Papa Leone è giunto in un multivan della Volkswagen, seduto nel sedile anteriore; è stato accolto da una folla festante di centinaia di persone radunatesi nella piazza o affacciate da finestre e balconi. In molti gridavano “Leone, Leone” e le stradine vicine si sono via via gremite. Entrato in chiesa, dove ha salutato i religiosi, il Pontefice si è fermato in preghiera, prima davanti all’altare e poi di fronte all’immagine della Vergine, lasciando in dono un mazzo di rose bianche. Al santuario, Leone XIV ha donato un calice e una patena. Con i presenti ha recitato la preghiera di Giovanni Paolo II alla Madre del Buon Consiglio.

L’affidamento a Maria
Al termine, dopo l’Ave Maria e il canto del Salve Regina, il Papa si è rivolto a quanti erano in chiesa, salutando loro e il popolo di Genazzano riunito all’esterno: “Ho voluto tanto venire qui in questi primi giorni del nuovo Ministero che la Chiesa mi ha consegnato, per portare avanti questa missione come Successore di Pietro”. E ricordando la visita fatta dopo l’elezione a priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino, e la scelta di “offrire la vita alla Chiesa”, Leone XIV ha ribadito la sua “fiducia nella Madre del Buon Consiglio”, compagnia di “luce, saggezza” con le parole rivolte da Maria ai servitori nel giorno delle Nozze di Cana, riferite nel Vangelo di Giovanni: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Insieme alla comunità il Papa ha poi raggiunto una sala interna per un incontro privato.

Un dono e una grande responsabilità per Genazzano
Al termine dell’incontro con la comunità agostiniana di Genazzano, il Pontefice si è affacciato dal portale della Basilica e, salutando i presenti, ha ripetuto due volte “Buonasera!”. Quindi ha rivolto loro alcune parole, esprimendo la gioia di essere potuto venire a pregare la Madre del Buon Consiglio. Ha ricordato la grande devozione “che da molti anni ho nel mio cuore”, e di essere stato a Genazzano diverse volte, da “quasi 50 anni”. La presenza della Madonna, ha aggiunto, è “un dono così grande” per il popolo della cittadina laziale, da cui deriva anche una grande responsabilità: “come la Madre mai abbandona i suoi figli, voi dovete essere anche fedeli alla Madre”. Quindi il Papa ha salutato i ragazzi, e i giovani di cuore – “Lo siamo tutti, è vero?”, ha detto – e ha evocato lo spirito di entusiasmo con cui seguire Gesù, secondo l’esempio di Maria. Un fedele peruviano lo ha salutato a voce alta, e il Pontefice ha risposto: “Bene, bene, i peruviani miei fratelli!”. Infine, prima di lasciare il Santuario, ha benedetto tutti i presenti.

Divisore dans San Francesco di Sales

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La scala che Cristo salì durante la Passione e il luogo più santo al mondo

Posté par atempodiblog le 25 février 2025

La scala che Cristo salì durante la Passione e il luogo più santo al mondo
La tradizione li identifica nei 28 gradini del Pretorio di Pilato percorsi da Gesù prima di essere condannato a morte. Moltitudini di fedeli giungono a Roma per salirli in ginocchio e ottenere l’indulgenza plenaria per sé o per un defunto. Nel Santuario affidato alla custodia dei Passionisti si conserva anche l’antica cappella privata dei Papi, detta « Sancta Sanctorum » che custodisce al suo interno reliquie di grande valore
di Paolo Ondarza – Vatican News

La scala che Cristo salì durante la Passione e il luogo più santo al mondo dans Angeli La-Scala-Santa

È per eccellenza il Santuario della Passione di Cristo. Sorge a pochi passi dalla Basilica di San Giovanni in Laterano dove fino al XIV secolo, prima della attività avignonese, sorgeva il Patriarchio, l’antica residenza ufficiale del romano Pontefice. Conserva i ventotto gradini che la tradizione ci ha tramandato come quelli del Pretorio di Ponzio Pilato, fatti trasportare a Roma dalla madre dell’imperatore Costantino, Sant’Elena. La donna ritenuta di fatto la prima archeologa cristiana, durante il suo viaggio in Terra Santa tra il 327 ed il 328, effettuò numerose ricerche per ritrovare i luoghi della vita di Gesù.

A custodire “in perpetuum” la Scala Santa dal 1854, per volere di Pio IX, sono i Religiosi Passionisti il ​​cui carisma è quello di “promuovere la memoria della Passione del Signore”: “la più grande e stupenda opera del divino amore”, come diceva il fondatore San Paolo della Croce.

Per il Giubileo atteso un milione di visitatori
Ci lasciamo alle spalle l’intenso traffico urbano che caratterizza Piazza di San Giovanni in Laterano e ci dirigiamo a piedi verso questo luogo venerato e visitato da secoli da moltitudini pellegrini di tutto il mondo. Ad accoglierci nel silenzio dell’adiacente convento, voluto 150 anni fa da Papa Mastai, è il rettore Padre Leonello Leidi: “Generalmente in un anno superiamo il mezzo milione di visitatori. Quest’anno stima di arrivare al milione”, commenta illustrandoci anche le varie iniziative messe in calendario per l’Anno Santo. Tra tutte la celebrazione della Via Crucis e della Messa internazionale ogni venerdì pomeriggio, ad eccezione dei mesi di luglio e agosto.

Il trasporto è avvenuto in una notte
“Il Santuario – spiega il sacerdote – risale all’epoca di Papa Sisto V che lo istituì nel 1590 con la bolla Cum rerum singolarum . Un anno prima il Pontefice aveva chiesto al suo architetto di fiducia Domenico Fontana di traslare, in una sola notte come dicono le cronache, la Scala Santa dal lato nord dell’antico Patriarchio al luogo in cui oggi è collocata, al centro di altre quattro scale. Abbiamo notizie certe che fin dall’anno Mille questi 28 gradini siano identificati dai pellegrini con quelli saliti da Cristo diverse volte, quando venne giudicato e condannato a morte nel Pretorio di Gerusalemme”.

I-segni-delle-ginocchia-scavati-nel-marmo dans Apparizioni mariane e santuari

I segni delle ginocchia scavati nel marmo
Per antica tradizione la Scala Santa si sale solo in ginocchio. L’evidente segno del passaggio di generazioni di pellegrini sono i solchi scavati nei gradini di marmo, ricoperti di legno di noce nel 1724 da Papa Innocenzo XIII. “Salire è molto faticoso”, ammette padre Leidi, “questo esercizio ascetico vuole significare un atto di penitenza, un’immedesimazione nella Passione di Cristo”.

Le gocce del sangue di Gesù
Sul primo, sull’undicesimo e sull’ultimo gradino il rettore del Santuario ci fa notare la presenza di alcuni oblò in vetro, oltre i quali si intravedono croci di ottone e marmo: “Secondo una tradizione sviluppatasi nel Medioevo, su alcuni scalini gocce del Sangue di Cristo dopo la flagellazione.

Quelle macchie, oggi invisibili, sono ancora oggetto di devozione da parte dei pellegrini che qui si fermano, e vi posano il capo o oggetti religiosi”: innumerevoli preghiere, crocifissi, rosari, immaginette o fotografie di persone care per le quali si chiede una grazia speciale, sono stati ritrovati al di sotto della copertura lignea rimossa in occasione dei restauri conclusi nel 2020. Oggi sono conservati dai Padri Passionisti in un’apposita teca.

Un percorso penitenziale accessibile a tutti
Nel corso dello stesso intervento conservativo, condotto dalle maestranze dei Musei Vaticani e finanziato dai ‘Patrons of the Arts in the Vatican Museums’, in una delle quattro scale costruite attorno alla Scala Santa è stato installato un montascale per consentire anche alle persone con difficoltà motorie di compiere il pellegrinaggio e ottenere l’indulgenza plenaria che nel Santuario è concessa alle consuete condizioni (Confessione, Comunione, Credo e Preghiera per il Papa), ogni giorno dell’anno, al di là del Giubileo.

L’arte che favorisce la fede
La contemplazione nella salita di due delle scale laterali è favorita da 75 meravigliose scene bibliche affrescate sulle pareti e sulla volta nel XVI secolo su commissione di Sisto V, da almeno 12 pittori diversi: una Biblia Pauperum che aiuta il pellegrino ad immergersi nella storia della salvezza. Un ricco apparato decorativo di 33 affreschi con la Passione di Cristo avvolge invece il percorso della Scala Santa. Di 1700 mq in totale la superficie dipinta nel Santuario. In ginocchio saliamo i 28 gradini e grazie a queste opere è più facile immedesimarsi e meditare sui dolori del Rendentore.

Colomba Bonifacio VIII concepì il Giubileo
Terminata l’ascesa si giunge nel cuore del Santuario: la Cappella di San Lorenzo in Palatio, nota come « Sancta Sanctorum ». Originariamente inglobata nel Patriarchio, menzionata per la prima volta nel Liber Pontificalis dell’ottavo secolo, era la cappella privata del Pontefice. Padre Leidi la definisce “la Cappella Sistina dei primi tempi” dove “si svolgevano alcune funzioni della Settimana Santa”. Era il punto di partenza della “processione che portava il Pontefice appena eletto all’intronizzazione nella Basilica di San Giovanni”. “Possiamo immaginare – osserva il rettore del Santuario della Scala Santa – che in questo luogo Bonifacio VIII concepì l’idea del primo Giubileo del 1300”.

La cappella privata dei Papi
La cappella è chiusa da una massiccia porta in bronzo che, varcata, introduce ad un ambiente decorato da elementi gotici e affreschi della Scuola Romana voluti da Papa Nicolò III. Sotto i nostri piedi si stende come un pregiato tappeto il pavimento cosmatesco costituito da un mosaico di porfido, granito e marmo, colorato proveniente dagli antichi monumenti di età imperiale.

L-icona-del-Santissimo-Salvatore dans Articoli di Giornali e News

L’icona non dipinta da mano d’uomo
Appena dentro il sacello lo sguardo è catturato da un’antica icona di Cristo in trono, ricoperta da preziose lastre d’argento fin dai primi anni del secondo millennio. La sua esecuzione è databile tra la fine del V e l’inizio del VI secolo. L’icona è da sempre venerata come il “Santissimo Salvatore”, titolo della vicina Basilica Lateranense. Avvolti nel mistero sono l’autore, le origini e l’arrivo a Roma di questa immagine che un’antica leggenda vorrebbe iniziata dall’evangelista Luca e completata dagli angeli: è detta infatti “acheropita”, ovvero “non dipinta da mano umana”.

Nei secoli passati al mattino di Pasqua i Pontefici si recavano nel « Sancta Sanctorum » per assistere all’ Anastasis, l’apertura delle ante che chiudevano l’icona, un rito che evocava l’uscita di Cristo dal sepolcro. Inoltre nella notte del 14 agosto, alla vigilia della solennità dell’Assunta, l’immagine del Santissimo Salvatore veniva condotta in processione attraverso il Foro Romano fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore dove alle prime luci dell’alba avveniva l’incontro con l’icona della “Salus Populi Romani”.

L’altare cassaforte
Al di sotto della venerata immagine si imponente un altare di epoca carolingia su cui può celebrare solo il Papa: si presenta come una cassaforte chiusa da porte di bronzo e circondata da una massiccia grata di ferro, serrata da un sistema di lucchetti molto complessi. Sulle porte in bronzo del XIII secolo sono effigiate le figure dei santi Pietro e Paolo, a memoria delle due teste degli Apostoli che qui un tempo si conservavano. All’interno è racchiusa un’arca cipressina dei tempi di Leone III contenente numerose reliquie di santi dei primi secoli del cristianesimo e altre riconducibili alla vita di Gesù Cristo stesso: dai sandali di Nostro Signore alle teste delle sante Agnese o Prassede. Erano custodite in preziosi reliquiari e teche medievali, dal 1905 esposti nel Museo Sacro della Biblioteca Apostolica Vaticana, oggi parte del percorso di visita dei Musei Vaticani sotto la responsabilità del Reparto Arti Decorative.

Il frammento del triclinio dell’Ultima Cena
Sulla parete antistante la porta di ingresso della cappella è conservato invece in un reliquiario di legno e cristallo un frammento di legno che la tradizione identifica con una parte del triclinio su cui Gesù era adagiato durante l’Ultima Cena, il Giovedì Santo.

Il silenzio e il mistero si avvolgono chi accede in questo ambiente caratterizzato da una sacralità senza tempo. “Non est in toto sanctior orbe locus” recita il cartiglio lungo la parete: non esiste al mondo luogo più santo di questo.

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Il nunzio Cavalli: Medjugorje luogo di grazia scelto dal Signore per farsi incontrare

Posté par atempodiblog le 16 janvier 2025

Il nunzio Cavalli: Medjugorje luogo di grazia scelto dal Signore per farsi incontrare
Intervista con l’arcivescovo visitatore apostolico inviato da Papa Francesco nella parrocchia delle presunte apparizioni: è lui a leggere preventivamente i messaggi attribuiti alla “Regina della Pace” e ad autorizzarne la pubblicazione
di Andrea Tornielli – Vatican News
Tratto da: Radio Maria

Il nunzio Cavalli: Medjugorje luogo di grazia scelto dal Signore per farsi incontrare dans Andrea Tornielli Radio-Vaticana-Andrea-Tornielli-e-il-Nunzio-Apostolico-Cavalli

«Medjugorje è un posto normale, senza alcuna cosa speciale ed è divenuto per grazia un luogo spirituale dove le persone vengono da ogni parte del mondo. Vengono, e lì cominciano a pregare». Lo afferma in un’intervista con i media vaticani l’arcivescovo Aldo Cavalli, 78 anni, lecchese, una vita trascorsa al servizio della Santa Sede nelle nunziature, che nel novembre 2021 è stato inviato da Papa Francesco come visitatore apostolico nel piccolo paese della Bosnia ed Erzegovina divenuto negli ultimi quarant’anni uno dei centri mariani più visitati del mondo. Il 2024 è stato un anno importante per Medjugorje: lo scorso maggio il Dicastero per la dottrina della fede ha pubblicato le nuove norme sui presunti fenomeni soprannaturali che facilitano il via libera alla devozione senza impegnare la Santa Sede nella dichiarazione di soprannaturalità. E a settembre è stata divulgata la nota intitolata “La Regina della Pace”, dedicata all’esperienza spirituale di Medjugorje, che assegna al fenomeno mariano il “nulla osta”, cioè il riconoscimento più alto tra quelli previsti dalle nuove norme. Da allora i “presunti messaggi” che i veggenti ricevono vengono pubblicati «con approvazione ecclesiastica».

Già da qualche anno lei vive nella parrocchia di Medjugorje e incontra i pellegrini. Qual è stata la sua esperienza?
A Medjugorje non ero mai stato. Però sono italiano, e come tanti del mio Paese avevo avuto contatti con chi ci era andato. Sempre notavo, quando tornavano da Medjugorje, che queste persone erano più impegnate a livello spirituale e umano: in chiesa, nelle catechesi, nel fare il bene. Erano molto più impegnate di prima. Ora sono lì da tre anni: è un luogo normale, senza nessuna cosa speciale ed è divenuto per grazia un luogo spirituale dove le persone vengono da ogni parte del mondo. Vengono e lì cominciano a pregare. Entrano in comunione con il Signore Gesù e la Vergine Maria li accompagna. È un pregare semplice: vogliono cambiare vita, vivere meglio di prima, vogliono risolvere o affrontare bene i problemi che hanno. Un cambiamento che si chiama conversione, che si attua in particolare nel sacramento della penitenza. Questo accade normalmente a Medjugorje.

Che cosa la colpisce guardando ai tanti pellegrini?
Arrivano giovani e adulti. Vengono senza alcuna sponsorizzazione. Arrivano tutti con uno scopo: incontrare il Signore e la Vergine Maria. Non trovano niente da vedere o da visitare: come turismo religioso siamo a zero. Ma qui giovani e adulti cominciano a pregare. Ero appena arrivato, a febbraio di tre anni fa, e mi trovavo tra le panchine all’aperto dietro la chiesa. Viene una famiglia latinoamericana, con un ragazzo quindicenne che era un ribelle, un vero ribelle! Dopo appena cinque minuti è venuto a confessarsi… e i genitori lo guardavano sorpresi. È un luogo di grazia che il Signore ha scelto per farsi incontrare. Il nulla osta del Papa vuol dire: andate, andate, andate! Andate lì perché è un luogo di grazia, dove si incontra il Signore e il Signore ti incontra.

Grazie alle nuove norme volute da Papa Francesco, ora il procedimento per esaminare e pronunciarsi su questi casi punta più sui frutti spirituali.
Il Dicastero per la Dottrina della fede ha esaminato due punti che sono documentabili. Il primo riguarda i frutti. A Medjugorje vengono da ogni parte del mondo, in migliaia e migliaia. Quest’anno sono venuti due milioni di persone adulti e giovani. Quasi 50.000 preti sono venuti per pregare, per convertirsi. Poi altri frutti molto importanti sono le tante vocazioni. Tante persone che pregano. Il secondo elemento che è stato esaminato sono i messaggi. Ogni messaggio è stato confrontato con la nostra fede e si è constatato che i messaggi vi corrispondono. Frutti molto positivi, e i messaggi positivi per la fede: questo ha permesso di dire che Medjugorje è un luogo di grazia.

Lei è personalmente coinvolto nella pubblicazione dei messaggi che vengono divulgati una volta al mese. Che cosa accade concretamente?
È molto semplice: quando c’è un messaggio, chi l’ha ricevuto lo scrive e me lo invia nella lingua in cui scrive, cioè il croato. Me lo traducono subito in italiano. Questo processo è molto interessante: ci sono almeno due mediazioni umane molto importanti: per quello che parliamo sempre di “presunti messaggi” anche se siamo in favore al punto che alla fine del messaggio scriviamo: “con approvazione ecclesiastica”. Ma attenzione, i messaggi sono definiti “presunti” perché passano attraverso due mediazioni umane: non scrive la Madonna, scrive la persona che riceve. La seconda mediazione è la traduzione dal croato all’italiano: sono due lingue totalmente differenti. Noi diciamo che il messaggio va bene, che corrisponde alla fede e invitiamo a leggerlo e meditarlo perché è positivo. Non aggiunge nulla alla Rivelazione, però arricchisce. Aiuta a vivere meglio la fede oggi.

Sappiamo che nessuna rivelazione privata, dunque nessuna delle apparizioni mariane, aggiunge niente alla Rivelazione. Quale atteggiamento dobbiamo avere e quali rischi evitare? Perché talvolta c’è il rischio di lasciarsi prendere da un eccesso di curiosità verso i “segreti”, una curiosità un po’ apocalittica.
Il Dicastero per la Dottrina della fede lo scorso maggio ha pubblicato delle norme che sono fondamentali per capire la decisione su Medjugorje. Ha ricordato che prima cosa la Rivelazione, la Parola di Dio, è solo la Bibbia è che questa Rivelazione si è conclusa con l’Apocalisse. Ciò non toglie che lo Spirito Santo si possa servire di messaggi e di rivelazioni private affidate a persone e che servono per attuare meglio l’unica vera Rivelazione. Tutto questo non aggiunge niente alla Rivelazione, ma può essere utile. Ecco l’importanza dei messaggi. Possono essere utili per attuare oggi la Rivelazione che il Signore ha fatto una volta per sempre.

Lei ha conosciuto i veggenti di Medjugorje? Li ha incontrati?
Sì. E posso dire che sono persone semplici, hanno la loro famiglia, hanno i problemi che ha ogni famiglia.

Scusi se la interrompo: qualcuno aveva fatto un’obiezione per il fatto che nessuno di loro era diventato prete o suora…
Ma ognuno ha la sua vocazione! Sono persone semplici, persone buone. Non ho niente da dire. Ci vediamo spesso, prendiamo il caffè insieme. Sono persone che crescono nella fede, ognuno alla propria maniera, e diventano sapienti, sempre più sapienti. Sto in contatto con loro: non sono diventati preti o suore e ognuno ha la sua missione, la sua vita di famiglia.

Che cosa ha imparato in questi tre anni trascorsi nella parrocchia di Medjugorje?
Che lì c’è la grazia. Ho imparato che il Signore, con la sua grazia, ci segue sempre. Ho imparato che il Signore nella nostra vita ha un piano e ci accompagna. Ci vuole bene.

A Medjugorje la Madonna si è definita “Regina della Pace”. Un messaggio quanto mai attuale in questo nostro tempo.
Uno dei primi presunti messaggi, del 1981, è molto profondo a questo proposito. Dice: pace, pace, pace che regni la pace. Attenzione: non tra di noi, ma innanzitutto tra Dio e noi, e poi anche tra di noi. Questo è fondamentale. Quando gli ebrei sono usciti dall’Egitto, Dio ha detto tramite il profeta Mosè: se volete vivere liberi, ci sono alcune regole da seguire, sono i Comandamenti. Dio per la pace è fondamentale. Nei comandamenti ci vengono dette poche cose per vivere: rispettare la vita e non uccidere, la famiglia è fondamentale punto di riferimento, rispettiamoci a vicenda. Se viviamo così viviamo in pace. Se invece non viviamo così ci sono le guerre.

Un’altra caratteristica che rende particolarmente attuale il messaggio di Medjugorje è il fatto che la presunta apparizione sia avvenuta in una terra dove convivono religioni diverse e che è stata segnata in tempi recenti da violenze terribili. Ci sono messaggi che toccano questo tema. Che cosa può dire in proposito?
La parola che usiamo è dialogo. Dia logos, dialogo tra di noi, ma logos vuol dire: io ti presento la mia identità, ti presento il mio modo di vivere, di pensare, di credere, di attuare. Tu mi presenti la tua identità. Dialogando ci conosciamo, ognuno mantenendo la sua identità. Se perdiamo l’identità, non dialoghiamo più. E allora viene la tragedia. Lì ci sono diverse religioni, diversi modi di vivere. Dobbiamo dialogare. E lì noi a Medjugorje abbiamo una identità chiara: il Signore Gesù Cristo è per noi l’unico Signore.

Le nuove norme pubblicate lo scorso maggio dal Dicastero per la Dottrina della fede sono espressione dell’animo pastorale di Papa Francesco e corrispondono all’atteggiamento di grande attenzione verso la fede dei semplici e la devozione popolare. Quanto è importante questo aspetto?
Dobbiamo mettere dei punti di riferimento di fede molto forti. La fede popolare si arricchisce mettendo come punto di riferimento la Madre di Dio e punto di riferimento assoluto, il Signore Gesù Cristo. La Madre di Dio che ti accompagna a questo incontro. Quando la gente semplice viene con tutti i suoi problemi, si incontra con la Madre di Dio che ha sofferto come loro. L’immagine della Vergine Addolorata c’è in quasi tutte le parrocchie: lei che ha sofferto come te, e ti accompagna al Signore Gesù che ti dà la forza per vivere bene. Cambiare vita non è lasciare la famiglia, lasciare il lavoro… quando ritorni nella vita di prima, sei cambiato dentro. Sai che con il Signore posso affrontare i problemi. Ecco la fede dei semplici. Ecco il Rosario, l’Eucaristia e l’adorazione eucaristica. La scorsa estate avevo davanti a me 30/40 mila giovani che stavano in adorazione in un silenzio assoluto. Lì, in quel pane trasformato, c’è la presenza reale, sostanziale del Signore Gesù Cristo. Lui mi guarda, io lo guardo, Lui mi parla, io gli parlo. Quante persone mi han detto: io lì ho sentito il Signore che mi ha parlato.

Da quanto ci ha raccontato e da quanto abbiamo letto nella Nota del Dicastero sul fenomeno di Medjugorje, si può concludere rivolgendo l’invito a tutti di compiere questo pellegrinaggio?
Il documento vuol dire in modo ben chiaro: andate a Medjugorje perché è un luogo di grazia.

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Banneux/ La Madonna ha dato alla sorgente un significato cristologico ben preciso

Posté par atempodiblog le 14 janvier 2025

Banneux/ La Madonna ha dato alla sorgente un significato cristologico ben preciso
di padre Livio Fanzaga – Radio Maria

La Vergine dei poveri di Banneux dans Apparizioni mariane e santuari La-Vergine-dei-Poveri-di-Leon-Jamin
La Vergine dei Poveri di Leon Jamin

La Madonna, a Banneux, nell’interpretazione del significato della sorgente svolge un ruolo particolare, che possiamo anche evidenziare sotto il profilo teologico perché dice: “questa sorgente è riservata per me”. Crea un intimo rapporto tra Lei e la sorgente. Le dà un significato profondamente cristologico: la sorgente è Cristo.
La Madonna che dal giardino, dove appare, indietreggia e guida Mariette lungo la via e la porta fino alla sorgente, sta ad indicare una mariologia simbolica straordinaria: la Madonna mediatrice tra noi e Gesù Cristo, “ad Jesum per Mariam” (san Bernardo).
È la Madonna che ci conduce a Cristo, sorgente d’acqua viva. Quando la Madonna invita a mettere le mani nella sorgente, ci invita ad attingere le grazie da Colui che è la fonte di ogni grazia: Gesù Cristo, “dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia” (Gv 1,14.16).
La Madonna ha dato alla sorgente un significato cristologico ben preciso.

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La Nazareth croata

Posté par atempodiblog le 12 décembre 2024

La Nazareth croata
Il Santuario mariano della Santa Casa a Tersatto, in Croazia, è il più antico e più importante della Croazia occidentale: è sorto sul colle ove nel 1291 venne posata la Santa Casa, ivi miracolosamente trasportata dagli angeli, poi scomparsa nel 1294 e ricomparsa, sempre misteriosamente, nei pressi di Ancona (ora nel Santuario di Loreto).
di Luigi Walter Veroi Radici Cristiane

La Nazareth croata dans Apparizioni mariane e santuari Tersatto

Tersatto (Trsat in croato) è un sobborgo a sud della città di Fiume (Rijeka), situato su una collina adiacente all’autostrada che sovrasta la città. Da lì si può ammirare un panorama sulla città di Fiume e sul prospiciente golfo del Quarnaro sino alle isole di Veglia (Krk) e Cherso (Cres).
Tersatto è noto anche come la “Nazareth croata”, per il Santuario mariano più antico e più importante della Croazia occidentale, sorto sul colle ove nel 1291 venne posata la Santa Casa, ivi miracolosamente trasportata dagli angeli, poi scomparsa nel 1294 e ricomparsa, sempre misteriosamente, nei pressi di Ancona (ora nel Santuario di Loreto).

«Venne la Casa della Beata Vergine Maria»
In ricordo di quella sosta vi è ancora una iscrizione scolpita all’inizio della scalinata di oltre 500 gradini, che dalla città sale al Santuario, detta Petar Kruži (nome del capitano croato che la fece costruire nel 1531 come ex voto per consentire ai marinai di accedere al Santuario). Il testo dell’iscrizione recita: «Venne la Casa della Beata Vergine Maria da Nazareth a Tersatto l’anno 1291 allì 10 di maggio et si partì allì 10 di dicembre 1294».
Durante le maggiori affluenze estive dei fedeli (non solo croati, ma anche sloveni, italiani, austriaci e tedeschi) le S. Messe vengono celebrate all’aperto, in una spianata di fronte all’attiguo convento dei Francescani.
Anche papa Giovanni Paolo II si recò qui pellegrino l’8 giugno 2003. A ricordo di quell’evento, sul piazzale che fronteggia la chiesa, vi è ora un’imponente statua del Pontefice in preghiera.
In un’apposita cappella sono conservati gli ex voto (comprese molte stampelle), che testimoniano la riconoscenza alla Madonna per le numerose guarigioni e per gli scampati naufragi per Sua intercessione.
Questo centro di spiritualità mariana della Croazia (secondo per numero di pellegrini, dopo quello di Marija Bistrica a nord di Zagabria) è stato riconosciuto dai vescovi della provincia ecclesiastica fiumana quale Santuario familiare per gli inizi legati alla presenza della Santa Casa, mentre nel 1930 papa Pio XI gli conferì il titolo di basilica minore.

Le approvazioni dei Pontefici
A partire da Clemente V (1305-1314), che con una Bolla del 18 luglio 1310 confermò indirettamente l’autenticità della Santa Casa, molti Papi fecero riferimento alla miracolosa traslazione.
Nel 1367 papa Beato Urbano V (1362-1370), di ritorno da Avignone, passò per Loreto, ove trovò molti pellegrini croati che erano venuti a pregare la Madonna, perché ritornasse presso di loro con la sua Casa. Commosso da tale fede, inviò a Tersatto il francescano padre Bonifacio da Napoli con una icona della Madonna con bambino di origine bizantina attribuita a S. Luca («per calmare il loro dolore»), ritenuta miracolosa, e da allora posta ed onorata sopra l’altare maggiore del Santuario di Tersatto (attualmente, per motivi di sicurezza, l’originale è custodito nel tesoro del convento). Nel 1715, un decreto del Vaticano autorizzò l’incoronazione di quell’immagine e sul capo della Madonna e del Bambino furono poste due corone alla presenza di una delegazione del Parlamento croato.
Nel 1419 papa Martino V concesse ai conti Frangipane di erigere il santuario, che avrebbero gestito i frati Francescani. In un documento pontificio chiamato Breve del 1° giugno 1515, papa Leone X dichiarò che la storia della traslazione miracolosa era comprovata da testimoni degni di fede. Si legge nel testo:

«È provato da testimoni degni di fede che la Santa Vergine, dopo aver trasportato per l’onnipotenza divina la sua immagine e la propria casa da Nazareth in Dalmazia, quindi nella foresta di Recanati e nel campo di due fratelli, la fece deporre per il ministero degli Angeli sulla pubblica via, ove trovasi tuttora e dove l’Altissimo, per i meriti della Santissima Vergine, continua a operare miracoli».

Papa Clemente XII (1730-1740) mandò una commissione a Nazareth e a Tersatto per verificare le misure dell’edificio, risultate tutte coincidenti, e concedendo ai pellegrini che visitavano Tersatto speciali indulgenze.

Il beato papa Pio IX (che nel 1854 dichiarò il dogma dell’Immacolata Concezione) fu nativo dell’anconetano e fu miracolato nella Santa Casa di Loreto, dove fece voto di abbracciare la vita ecclesiastica, se fosse stato guarito da una grave malattia. Proprio lui identificò a Tersatto il primo luogo in cui “sostò” la Santa Casa di Nazareth nel 1291, dopo la prima miracolosa traslazione. Questa la sua dichiarazione solenne nella Bolla Inter Omnia del 26 agosto 1852:

«Fra tutti i Santuari consacrati alla Madre di Dio, l’Immacolata Vergine, uno si trova al primo posto e brilla di incomparabile fulgore: la veneranda ed augustissima Casa di Loreto. A Loreto, infatti, si venera quella Casa di Nazareth, tanto cara al Cuore di Dio, e che, fabbricata nella Galilea, fu più tardi divelta dalle fondamenta e, per la potenza divina, fu trasportata molto lontano, oltre i mari, prima in Dalmazia e poi in Italia».

Papa Leone XIII, in occasione del VI centenario della traslazione nel 1894, pubblicò l’enciclica Felix Lauretana Civitate del 23 gennaio 1894, scrivendo che «per benignissimo consiglio di Dio fu trasportata miracolosamente in Italia». [...]

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Il miracolo della «tilma», tre fatti scientificamente inspiegabili sull’immagine di Guadalupe

Posté par atempodiblog le 11 décembre 2024

La prima manifestazione della Madonna in età moderna è quella di Guadalupe, in Messico, nel 1531: fu un episodio di portata storica enorme perché la “Morenita” apparve non ai cattolici ma agli indios, che avevano altri culti; e quella apparizione segnò l’inizio della conversione dell’America Latina. (René Laurentin)

Il miracolo della «tilma», tre fatti scientificamente inspiegabili sull’immagine di Guadalupe dans Apparizioni mariane e santuari Juan-Diego-Guadalupe

Il miracolo della «tilma», tre fatti scientificamente inspiegabili sull’immagine di Guadalupe
di Aleteia Brasil –  Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti
Tratto da: Il Timone

Il 12 dicembre 1531 la Madonna apparve in Messico a un indigeno di 57 anni di nome Juan Diego, a cui chiese di raccogliere con la sua tilma, un mantello tipico fatto di un tessuto molto povero, delle rose che erano fiorite nonostante fosse inverno e di presentarle all’arcivescovo monsignor Juan de Zumárraga come prova delle apparizioni. Quando Juan Diego dispiegò il mantello con le rose davanti all’arcivescovo, i presenti si resero conto che sulla tilma dell’indigeno era impressa l’immagine che oggi tutti conoscono come Nostra Signora di Guadalupe.

L’immagine impressa sul mantello di San Juan Diego ha delle caratteristiche straordinarie che sfidano la scienza ormai da cinque secoli:

1 – L’immagine sul mantello non è dipinta ed è impossibile replicarla
Il manto, tessuto principalmente con fibre di cacto, è di qualità molto bassa. La sua superficie ruvida, già difficile da indossare, rende quasi impossibile la conservazione di qualsiasi immagine che vi sia dipinta sopra. L’immagine di Guadalupe, tuttavia, è intatta da 500 anni.
Gli scienziati e gli esperti di fotografia che l’hanno studiata garantiscono che non è stata usata alcuna tecnica di pittura adeguata a quel tessuto, e che non esistono tracce di pennello. Quello che si è invece scoperto è che l’immagine è stata letteralmente impressa, tutta allo stesso tempo, sul mantello, e che la sua colorazione non presenta elementi animali né minerali, oltre a cambiare leggermente di tonalità in base all’angolazione dalla quale si guarda. Come se non bastasse, anche se il mantello è ruvido, la parte di esso sulla quale è rimasta impressa l’immagine è diventata liscia come seta.
Non si è mai riusciti a replicare alcuna immagine con le stesse proprietà di quella impressa sul mantello di Juan Diego, a cominciare dal fatto che dura da 500 anni senza scolorirsi su un tessuto di pessima qualità. Le migliori approssimazioni sono state ottenute dall’artista Miguel Cabrera nel XVIII secolo, che ha descritto l’immensa difficoltà di ricreare quell’immagine anche sulle superfici migliori.

L’immagine contiene un’infinità di dettagli che colpiscono:

  •     I capelli sciolti della Madonna di Guadalupe sono un simbolo azteco di verginità.
  •     Una delle mani è più scura e l’altra più bianca, a indicare l’unione tra i popoli.
  •     Le 46 stelle impresse sul mantello rappresentano esattamente le costellazioni viste nel cielo la notte del 12 dicembre 1531.
  •     I raggi del sole, la principale divinità venerata dalla cultura azteca, si intensificano sul ventre di Maria, che è incinta.
  •     La luna sotto i piedi, oltre a evocare la “donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi” descritta nell’Apocalisse, richiama anche il nome del Messico in lingua azteca: “centro della luna”.
  •     L’angelo, rappresentato con ali di uccelli tipici della regione di Città del Messico, simboleggia l’unione tra la terra e il cielo.

2 – Il mantello ha le caratteristiche di un corpo umano vivo!
Nel 1979, il biofisico dottor Phillip Callahan, dell’Università della Florida, ha analizzato il mantello con una tecnologia a raggi infrarossi e ha scoperto che ha una temperatura costante tra i 36.6 e i 37 gradi Celsius, che è la temperatura normale di una persona viva.
Il medico messicano dottor Carlos Fernández de Castillo, che ha esaminato il tessuto, ha trovato sul ventre di Maria un fiore a quattro petali che gli aztechi chiamavano “Nahui Ollin”, simbolo del sole e della pienezza.
Proseguendo i suoi esami, il dottor Fernández de Castillo ha concluso che le dimensioni del corpo della Madonna nell’immagine erano le stesse di una gestante che deve partorire entro pochi giorni. Il 12 dicembre, giorno dell’apparizione, è decisamente vicino al 25 dicembre, Natale.
L’oculista peruviano dottor José Alte Tonsmann si è invece concentrato sullo studio degli occhi dell’immagine della Madonna di Guadalupe. Ingrandendoli 2.500 volte, ha identificato il riflesso di fino a 13 individui in entrambi gli occhi, con proporzioni diverse, esattamente come avviene quando l’occhio umano riflette un’immagine. Sembra che sia stato catturato il momento esatto in cui San Juan Diego ha dispiegato il mantello davanti all’arcivescovo Zumárraga e alle altre persone presenti in quell’occasione.

3 – Il mantello, nonostante la pessima qualità, sembra essere indistruttibile!
Nel 1785, in occasione della pulizia del vetro che protegge il mantello, del solvente con acido nitrico si è riversato su gran parte dell’immagine, che avrebbe dovuto corrodersi all’istante. L’immagine, tuttavia, si è restaurata da sola in 30 giorni e ancora oggi è intatta, con piccole macchie in alcune parti del mantello che non contengono l’immagine.
Nel 1921 un militante anticlericale ha posto davanti all’immagine, nella basilica di Nostra Signora di Guadalupe, un vaso di rose che in realtà conteneva 29 cariche di dinamite. L’esplosione ha fatto volare in aria dal pavimento all’inginocchiatoio di marmo, raggiungendo perfino finestre situate a 150 metri di distanza. Un pesante crocifisso di bronzo e i candelabri di metallo che erano ai lati dell’immagine si sono accartocciati per la forza dell’esplosione, ma l’immagine e il vetro che la proteggeva, che non era neanche a prova di pallottole, sono rimasti perfettamente intatti.

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Davvero furono gli angeli a trasvolare la Santa Casa a Loreto? Quattro prove lo dimostrano

Posté par atempodiblog le 10 décembre 2024

Davvero furono gli angeli a trasvolare la Santa Casa a Loreto? Quattro prove lo dimostrano
Per la Santa Casa di Loreto, ovvero la Casa della Vergine Maria, dove Ella ricevette l’Annuncio dell’Angelo, negli ultimi decenni si è detto che essa sarebbe arrivata in Italia non miracolosamente, bensì smontata a pezzi da alcuni Crociati e che una nobile famiglia di nome de Angelis l’avrebbe da questi acquistata. In realtà questa teoria è falsa perché ci sono quattro inequivocabili prove che dimostrano la traslazione miracolosa della Santa Casa. Attingiamo dal prezioso libro: Miracolosa Traslazione a Loreto della dimora della Santissima Annunziata di Giuseppe M.Pace.
Tratto da: Il Cammino dei Tre Sentieri

Davvero furono gli angeli a trasvolare la Santa Casa a Loreto? Quattro prove lo dimostrano dans Angeli Memoria-Beata-Vergine-Maria-di-Loreto
Memoria facoltativa della Beata Vergine Maria di Loreto – Il 10 dicembre 1294 ci fu la traslazione della Santa Casa di Nazaret, 
trasportata in volo dagli angeli nel territorio delle Marche, allora parte dello Stato Pontificio

“Il Santuario della Santa Casa è il luogo privilegiato per contemplare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio”. (Papa Francesco)

Prima prova. La ripuliture delle pareti della santa Casa hanno permesso di scorgere su di esse e in modo chiaramente interpretabile una cinquantina di graffiti. A giudizio di specialisti quali il padre Bellarmino Bagatti e il padre Emmanuele Testa, alcuni raffigurano dei simboli religiosi giudeo-cristiani del II e del III secolo, analoghi a quelli che si leggono sulle pareti rocciose della Grotta dell’Annunciazione a Nazareth. Dal momento che la Santa Casa sarebbe stata riedificata a Loreto tale quale era a Nazareth con pietre sciolte, non si capisce come i muratori del tempo abbiano potuto ricomporre perfettamente questi graffiti. Infatti, tali graffiti attestano che non sono giunti a Loreto dispersi dentro un pietrame sciolto, ma su delle pareti integre e compatte.

Seconda Prova. Le ricerche sulla storicità della Santa Casa di Loreto, venerata da secoli come la dimora di Maria di Nazareth, si arricchiscono di una nuova e importante documentazione con gli studi compiuti dall’ingegnere marchigiano Nanni Monelli, pubblicati nel volume La Santa casa di Loreto – La Santa Casa di Nazareth, per la collana di studi lauretani diretta da padre Giuseppe Santarelli. L’ingegner Monelli ha confrontato pietre, planimetrie e tecniche di costruzione fra la Casa di Loreto e quella di Nazareth, giungendo a conclusioni convincenti: vi sono molte anomalie nella Casa di Loreto che contrastano con lo stile e le tecniche costruttive in uso nelle Marche e appartengono invece alla tradizione palestinese. La stessa lavorazione e finitura delle pietre (il cui impiego era sconosciuto nella regione di Loreto) è propria della cultura nabatea che ebbe influenza anche in Galilea. Infine il Monelli dimostra che queste anomalie scompaiono se la Casa lauretana viene trasportata idealmente davanti alla Grotta di Nazareth che costituiva, secondo la tradizione, un’unica abitazione.

Terza Prova. La Santa Casa è stata edificata in completa violazione della sensibilità urbanistica medioevale. E’ sufficiente solo ricordare il modo di costruire le case, per capire come sia stridente una costruzione sopra una strada, per di più nota perché di vecchissima origine, così come testimoniano i reperti archeologici. Tutta l’urbanistica e l’architettura medioevali marchigiane fanno di questa localizzazione una vera eccezione, un caso abnorme e come tale da porre fuori della prassi urbanistica comune. Se non ci fosse stata traslazione miracolosa, significa che l’autorità competente, prima di permettere la riedificazione della Chiesa Santa casa sulla strada, ostruendola, dovette portare a termine ed aprire al traffico il nuovo tronco di strada che sostituisse il tratto ostruito: tronco nuovo, lungo qualche centinaio di metri, a forma di “S” avvolgente in un’ansa a breve distanza il nuovo edificio. Perché mai l’autorità competente avrebbe dovuto affrontare una tale impresa? Non disponeva di un fazzoletto di terreno pubblico, infatti non se ne esigeva di più, e in posizione tale da rendere più visibile la Chiesa Santa Casa anche da lontano? Le sarebbe bastato riedificarla su uno dei due dossi che affiancavano la strada a soli 200 metri a occidente.

Quarta Prova. Non va inoltre dimenticato che la Santa Casa è deposta sulla strada senza fondamenta proprie. Solo quando si ritenne poco sicura la statica della Santa Casa, anche perché su terreno di scarsa consistenza, si inserirono delle sottofondazioni e poi la Casa venne circondata da un grosso muro. E’ contro il più elementare buon senso che l’autorità competente permetta di erigere un edificio su di una strada pubblica importante, a costo di rifare un tratto considerevole della medesima e che inoltre tale edificio sia senza fondamenta proprie; che si rimedi a tale supposta omissione con delle opere di sottofondazione molto più impegnative e costose di quanto sarebbero state le comuni fondamenta.

Per concludere basterebbe fare questa riflessione. Nella Santa Casa si è realizzato l’avvenimento più umanamente inimmaginabile della storia: l’Incarnazione del Verbo. Ora, se Dio si è fatto veramente uomo, tutto diventa possibile; anche che degli angeli, per evitare che la Santa Casa venisse profanata dai musulmani, l’abbiano trasvolata in Italia.

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Nostra Signora di Beauraing

Posté par atempodiblog le 28 novembre 2024

Nostra Signora di Beauraing dans Apparizioni mariane e santuari Nostra-Signora-di-Beauraing-Cuore-d-Oro

La Madonna, nella sua eterna giovinezza, guarda dal cielo l’evolversi della storia da circa due millenni. Dal suo trono di Regina vede realizzarsi sulla terra la profezia che lo Spirito Santo le ha ispirato nel canto del Magnificat, quando ha preannunciato che tutte le generazioni l’avrebbero proclamata beata. La gloria di Maria, direbbe il Montfort, anticipa e prepara quella del Figlio e dove Lei è maggiormente venerata, là è più conosciuto, più amato e più seguito Gesù Cristo. […]

In questo luogo dove durante le trentatré apparizioni della Madonna dal 29 novembre 1932 al 3 gennaio 1933 si sono raccolte decine di migliaia di persone (due milioni in un anno) non c’è quasi anima viva. [...]

La sera del 28 dicembre la Madre di Dio mostrò ai veggenti sul suo petto il Cuore d’Oro, tutto splendente, dal quale emanavano dei raggi luminosi che formavano una corona. Quello del cuore è un messaggio che si ripete spesso nelle apparizioni sia della Madonna come di Gesù durante il secondo millennio. Mi domando quale ne sia il significato e nella mia mente si affaccia dubbio che il cielo non sia affatto contento della nostra diffidenza nei confronti dell’amore misericordioso. […]

A Beauraing la Madonna ha lasciato poche parole, ma ognuna di esse vale più di qualsiasi trattato di mariologia. “Io sono la Madre di Dio e la Regina del Cielo”; “Pregate sempre”; “Io convertirò i peccatori”. L’ultima sera, quella del 3 gennaio, all’improvviso il giardino fu illuminato da una palla di fuoco che, dissolvendosi, mostrò la Vergine la quale disse: “Amate mio Figlio? Amate me? Allora sacrificatevi per me. Addio”. Dicendo questo aprì le braccia e mostrò il  suo Cuore Immacolato.

Tratto da: Pellegrino a quattroruote, sulle strade d’Europa – di Padre Livio Fanzaga, ed. SugarCo

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Canto a Maria

Posté par atempodiblog le 27 novembre 2024

Canto a Maria
“Canto a Maria” che la Madonna stessa avrebbe ispirato ad Alphonsine Mumureke, una delle veggenti di Kibeho
Fonte: Diego Manetti Radio Maria

30° anniversario delle apparizioni della Vergine a Kibeho dans Antonio Socci Madonna-di-Kibeho

Madre del Verbo, Maria
Sei anche nostra Madre, Maria
Dispensatrice di Grazie, Maria
Ci hai colmato dei tuoi doni, Maria
Perché ci hai scelti, Maria
Tra i figli del nostro tempo, Maria
Possa tu darci la tua benedizione, Maria
Perché noi agli altri la comunichiamo, Maria
Noi figli di Kibeho, Maria
Noi ti chiediamo la fraternità, Maria
E l’amore per sempre, Maria
Come tu stessa ci hai detto, Maria

Divisore dans San Francesco di Sales

Freccia dans Viaggi & Vacanze Le apparizioni di Nostra Signora dei Dolori a Kibeho (Rwanda)

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Il significato dei simboli sulla Medaglia Miracolosa

Posté par atempodiblog le 27 novembre 2024

Il significato dei simboli sulla Medaglia Miracolosa
de Il Timone
Tratto da: Radio Maria

Il significato dei simboli sulla Medaglia Miracolosa dans Apparizioni mariane e santuari La-Medaglia-Miracolosa

La Medaglia Miracolosa, anche conosciuta come la Medaglia della Immacolata Concezione, è un oggetto religioso cattolico che rappresenta la Vergine Maria. La medaglia è stata creata in seguito alle apparizioni della Vergine Maria a Santa Caterina Labouré, una suora delle Figlie della Carità, a Parigi nel 1830.

I simboli sulla Medaglia Miracolosa includono:

Immacolata Concezione: La medaglia rappresenta la Vergine Maria nella sua forma di Immacolata Concezione, cioè concepita senza il peccato originale. La famosa iscrizione “O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi” afferma appunto l’Immacolata Concezione della Vergine. Questo dettaglio fu espresso a Santa Caterina il 27 novembre 1830, molto prima che il dogma fosse proclamato nel 1854. Allo stesso modo, indica la missione di intercessione della Madre di Dio.

M sulla croce: Sulla parte superiore della medaglia c’è una croce con un “M” sovrapposto. Questo simbolo rappresenta la crocifissione di Gesù e la presenza della Madonna ai piedi della croce.

Cuore di Gesù e Cuore di Maria: Sotto la croce ci sono i Cuori di Gesù e Maria, uniti da una fiamma d’amore. Questo simboleggia l’amore misericordioso di Gesù e Maria per l’umanità. Dodici stelle: Attorno al bordo della medaglia ci sono dodici stelle, che rappresentano le dodici tribù di Israele e simboleggiano anche l’intera Chiesa.

Raggi di luce: Dalla parte delle mani della Vergine Maria, si irradiano raggi di luce, simboleggianti le grazie che Maria concede a coloro che le chiedono.

Il 27 novembre 1830 suor Caterina Labouré ebbe una visione della Vergine. Maria appare in piedi su quella che sembra essere la metà del globo, con in mano una piccola sfera dorata e lo sguardo rivolto al cielo. In un attimo, la Madre di Dio spiega a Caterina che la sfera rappresenta il mondo, e in particolare la Francia. Raggi di luce escono dalle dita della Vergine, adorne di gioielli. Queste sono, continua Maria, le grazie che ottiene per coloro che le chiedono; mentre alcuni gioielli non brillano e rappresentano, precisa la Vergine, «grazie disponibili, ma che nessuno ha chiesto».

In una terza apparizione, la Vergine Maria mostra a Santa Caterina l’iscrizione che circonda la sua figura celeste: «O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ci rivolgiamo a Te». Poi, la Madre di Dio esorta Catherine Labouré a coniare una medaglia che riproduca ciò che i suoi occhi hanno visto e promette che «coloro che indosseranno [la medaglia] riceveranno grandi grazie, soprattutto se la porteranno al collo».

Divisore dans San Francesco di Sales

Freccia dans Viaggi & Vacanze  Supplica alla Madonna della Medaglia miracolosa

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Il Messaggio di Papa Francesco per i 150 anni dell’arrivo del quadro della Vergine del Rosario a Pompei

Posté par atempodiblog le 11 novembre 2024

“Provvidenziale che il giubileo del quadro della Madonna di Pompei coincida con l’imminente Anno Giubilare, incentrato su Gesù nostra speranza”
Il Messaggio di Papa Francesco per i 150 anni dell’arrivo del quadro della Vergine del Rosario a Pompei
Papa Francesco scrive a Monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato di Pompei per l’importante anniversario
di Antonio Tarallo – ACI Stampa

Il Messaggio di Papa Francesco per i 150 anni dell’arrivo del quadro della Vergine del Rosario a Pompei dans Antonio Tarallo Il-quadro-della-Vergine-di-Pompei

E’ indirizzato a Monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato di Pompei, il Messaggio di Papa Francesco in occasione del 150° Anniversario [2025dell’arrivo nella città campana, del quadro della Vergine del Rosario.  Sono parole affettuose, calde, e colme di emozione quelle che il Pontefice riserva per questa importante occasione: “Sono lieto di unirmi spiritualmente a quanti celebreranno la significativa ricorrenza e sosteranno in orante raccoglimento presso il tempio mariano pompeiano, per trovare conforto e speranza nel volto dolcissimo della Madre celeste”.

Il Messaggio poi prosegue con il segnare le tappe storiche più importante della famosa effigie mariana. Papa Francesco ricorda, ovviamente, “l’avvocato Bartolo Longo, Fondatore del Santuario” che “aveva ritrovato la fede, smarrita durante gli anni dei suoi studi universitari. Una voce udita nel profondo dell’animo fu come un lampo nella notte, sottraendolo ad un’aspra lotta, e facendo risuonare con nuova forza nel suo cuore un detto legato alla tradizione devota del Rosario: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario». Quel motto, a lui ben noto, assumeva ora nel suo animo, come spesso accade nelle esperienze mistiche, il senso di una promessa e, in qualche modo, di un mandato”.

Da questo episodio, Longo, infatti diverrà “un apostolo del Rosario e, con innumerevoli iniziative e scritti, e soprattutto con i suoi «Quindici Sabati», fu uno dei più grandi interpreti di questa devozione mariana”. Fa riferimento poi ai suoi predecessori come Papa Leone XIII e  Giovanni Paolo II.

Per Papa Francesco diviene “provvidenziale che il giubileo del quadro della Madonna di Pompei coincida con l’imminente Anno Giubilare, incentrato su Gesù nostra speranza, e con il XVII centenario del Concilio di Nicea (325), che al mistero divino-umano di Cristo, nella luce della Trinità, diede particolare risalto”.

Il Santo Rosario, preghiera tanto quanto antica così sempre attuale perché “di aiuto nella costruzione della pace ed è importante proporla ai giovani perché la sentano non ripetitiva e monotona, ma un atto di amore che non si stanca mai di effondersi. Il Rosario è, altresì, fonte di consolazione per gli ammalati e i sofferenti, «catena dolce che ci rannoda a Dio», ma anche catena di amore che si fa abbraccio per gli ultimi e gli emarginati”.

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