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2 gennaio 2016: “sabato privilegiato” alla Chiesa del Gesù Vecchio di Napoli

Posté par atempodiblog le 1 janvier 2016

Immacolata di don Placido

Ogni anno, il primo sabato successivo al 30 dicembre (giorno dell’incoronazione della statua), si celebra il “sabato privilegiato”, in memoria della promessa fatta dall’Immacolata a don Placido: “Beati i sacerdoti che celebreranno al mio altare e i fedeli che vi faranno la Santa Comunione il primo sabato dopo la mia Incoronazione”.

di Luigi Vinciguerra – Radici Cristiane

2 gennaio 2016: “sabato privilegiato” alla Chiesa del Gesù Vecchio di Napoli dans Apparizioni mariane e santuari Divisore

Per approfondire Freccia dans Articoli di Giornali e News La Chiesa del Gesù Vecchio di Napoli e la devozione del “sabato privilegiato”

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Il venerabile don Placido Baccher, la Madonna e il “Sabato privilegiato”

Posté par atempodiblog le 3 janvier 2015

Sabato_Privilegiato

I teologi gesuiti napoletani, come quelli di tutta la Compagnia di Gesù, seguendo l’esempio di altre Università, specie della Sorbona, s’impegnarono con giuramento a difendere l’Immacolata Concezione, e i membri dell’ordine nei secoli XVII-XIX stesero ben 900 studi sull’argomento. Vanno ricordate, per il loro influsso alla vigilia della definizione dogmatica dell’Immacolata, le opere poderose di Giovanni Perrone e Carlo Passaglia.

Grande fu a Napoli, nel Settecento, il contributo di S. Alfonso de’ Liguori e, nella prima metà dell’Ottocento, quella del venerabile don Placido Baccher (Napoli 5 aprile 1781-10 ottobre 1851).

Quest’ultimo, durante la repubblica partenopea, ebbe esiliato il padre, fucilati due fratelli ed egli stesso, imprigionato in Castel Capuano in attesa di condanna, in giorno di sabato fu riconosciuto innocente e liberato. Egli il giorno precedente con fede viva aveva così pregato: «Domani è sabato; questo giorno non mi può arrecare sventura, perché è il giorno della Madonna, giorno della divina misericordia».

La sera, mentre egli si assopiva recitando il Rosario, gli apparve la Madonna, che gli disse: «Confida, figliuolo; domani sarai liberato da questo orrido carcere. Tu poi dovrai essere mio; e sarai chiamato in una delle principali chiese di Napoli a zelare le glorie del mio immacolato concepimento».

Grato al Signore e alla Vergine, Placido Baccher abbracciò la vita clericale e il 31 maggio 1806 fu ordinato sacerdote nella Basilica di Santa Restituta. Collaborando con D. Pignataro, rettore della chiesa di S. Tommaso d’Aquino, promosse intensamente una cosciente partecipazione ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, l’adorazione frequente del Cristo eucaristico, la devozione all’Immacolata e un’intensa attività evangelizzatrice e caritativa.

Nominato ben presto rettore della chiesa del Santissimo Salvatore, detta del Gesù Vecchio, egli, dopo essersi consigliato col suo confessore, il barnabita Francesco Saverio Bianchi, poi canonizzato, accettò l’incarico e subito si mise all’opera per sistemare questa artistica chiesa che con la soppressione della Compagnia di Gesù era passata al Demanio e adibita a teatro, ad aula magna dell’Università e, per diversi anni, persino abbandonata. A sue spese don Placido riparò il tetto e la cupola, acquistò suppellettili ed arredi sacri, riportò all’antico splendore marmi e bronzi, e fece costruire un organo idoneo per rendere più solenni le funzioni liturgiche.

Malgrado tutto, don Placido soleva dire che la chiesa gli sembrava una casa senza padrona e una reggia senza regina. Fece perciò modellare dall’artista napoletano Nicola Ingaldi la Madonnina, come gli era apparsa durante la sua prigionia in Castel Capuano. La statua è di proporzioni ridotte, è parte in creta e parte in legno; le sue vesti sono di lino ingessato e inargentato; sul manto, sulla veste e sopravveste sono dipinti fiori, stelle e frange dorate. La Madonnina sorregge sul braccio sinistro il Bambino, mentre col piede schiaccia la testa del serpente.

Don Placido volle porre nelle mani della Madonna e del Bambino la corona del Rosario, e ai piedi della Vergine, sul globo, simbolo del mondo, un gruppo di teste di angeli; a destra e a sinistra due angeli recanti nelle mani un giglio e una stella; e ancora a destra uno specchio e a sinistra una rosa quasi a richiamare le litanie lauretane.

La Madonnina fu collocata su un trono composto di colonne e cornici di legno indorato e ghirlandato di lauro, con in alto, a rilievo, le persone della Santissima Trinità. Vi si accede con due rampe di scale in marmo, sulle quali si adagiano due angeli sostenenti candelabri di bronzo dorato.

A questo punto va menzionata una data storica di grande importanza per la devozione dell’Immacolata a Napoli. Leone XII, a chiusura dell’anno giubilare del 1825, concesse all’Archidiocesi partenopea di celebrarlo ancora per tutto il 1826. Don Placido promosse ed ottenne dal Capitolo Vaticano che la Madonnina fosse incoronata il 30 dicembre 1826 dal card. Luigi Ruffo di Scilla, arcivescovo di Napoli.

La celebrazione fu solennissima e vi presenziò il re Francesco II con la regina Elisabetta. Incessante fu il pellegrinaggio dei fedeli e straordinaria la partecipazione ai Sacramenti. Allora don Placido scrisse al cardinale arcivescovo che la gran Signora gli aveva imposto di riferirgli queste sue parole: «Beati i sacerdoti che celebreranno al mio altare e beati i fedeli che vi faranno la comunione nel sabato seguente alla mia incoronazione».

Da allora sino ad oggi nel cosiddetto Sabato privilegiato accorrono a venerare la Madonnina di don Placido innumerevoli pellegrini a confessarsi e a ricevere l’Eucaristia da Napoli e dalla Campania. All’altare maggiore si celebrano ininterrottamente sante Messe durante la notte e il giorno e vari sacerdoti e diaconi distribuiscono l’Eucaristia. Non manca mai a presenziare l’Eucaristia e a confessare il cardinale arcivescovo.

Tratto da: GiuseppeMoscati.it
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“Ho protetto e proteggerò Napoli”

Posté par atempodiblog le 28 décembre 2014

“Ho protetto e proteggerò Napoli” dans Apparizioni mariane e santuari fkms1h

Ho letto in varie pubblicazione sulla Basilica del Gesù Vecchio che don Placido – dopo il Giubileo 1825, esteso solo per Napoli al 1826 – aveva sempre vagheggiato che la nostra città diventasse come le bibliche città di rifugio [...] per la protezione dell’Immacolata. [...]

L’ha promesso a don Placido morente allorché gli sussurrò: “Ho protetto e proteggerò Napoli”.

di Nanà Corsicato

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Il 3 gennaio: “sabato privilegiato” alla Chiesa del Gesù Vecchio di Napoli

Posté par atempodiblog le 28 décembre 2014

La Chiesa del Gesù Vecchio di Napoli e la devozione del “sabato privilegiato” dans Apparizioni mariane e santuari Ges_Vecchio_Napoli

Ogni anno, il primo sabato successivo al 30 dicembre (giorno dell’incoronazione della statua), si celebra il “sabato privilegiato”, in memoria della promessa fatta dall’Immacolata a don Placido: “Beati i sacerdoti che celebreranno al mio altare e i fedeli che vi faranno la Santa Comunione il primo sabato dopo la mia Incoronazione”.

di Luigi Vinciguerra – Radici Cristiane

Il 3 gennaio: “sabato privilegiato” alla Chiesa del Gesù Vecchio di Napoli  dans Apparizioni mariane e santuari Divisore

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La Chiesa del Gesù Vecchio di Napoli e la devozione del “sabato privilegiato”

Posté par atempodiblog le 4 janvier 2014

La Chiesa del Gesù Vecchio
di Luigi Vinciguerra – Radici Cristiane

La Chiesa del Gesù Vecchio di Napoli e la devozione del “sabato privilegiato” dans Apparizioni mariane e santuari Ges_Vecchio_Napoli

La Chiesa del Gesù Vecchio sorse come prima chiesa dell’ordine della Compagnia di Gesù a Napoli. Resasi insufficiente la vecchia diaconia dei Santi Giovanni e Paolo che sorgeva sullo stesso luogo, i Gesuiti commissionarono fin dal 1563 la costruzione di un nuovo convento e di una nuova chiesa, quest’ultima eretta su disegno di padre Pietro Provedo, grazie al generoso patronato di Tommaso Filomarino.

transetto_destra dans Fede, morale e teologia

Al secolo XVII risale gran parte della ricca decorazione interna, ma la chiesa subì profonde trasformazioni dopo il 1767, anno in cui furono espulsi i gesuiti del Regno di Napoli.

transetto_sinistra dans Venerabile Placido Baccher

La chiesa mutò il nome in quello del Santissimo Salvatore, quasi per cancellare il ricordo dell’ordine fondato da sant’Ignazio di Loyola e il convento, con l’annesso bellissimo chiostro, divenne sede dell’Università degli Studi (attualmente ospita la biblioteca dell’Istituto). La chiesa rischiò di essere trasformata in aula magna o in teatro e subì un periodo di decadenza.

don_placido_baccher

Ritornati a Napoli nel 1804, i Gesuiti rientrarono in possesso della chiesa solo per breve tempo, in quanto fin dal 1806 la chiesa divenne Rettoria e nel 1811 fu affidata al venerabile Placido Baccher, figura carismatica di quei tempi che istallò il culto per l’Immacolata. Il nuovo rettore fece di tutto per far tornare la chiesa agli antichi splendori.
Questa è ad unica navata con cappelle laterali e grande crociera. Il transetto destro fu eseguito su disegno del Fanzago, al quale sono attribuite anche le due statue di Isaia e Geremia, mentre la pala con San Francesco Saverio è di Cesare Fracanzano (1641).
Nell’altro transetto le sculture di Giosuè e di Gedeone sono del Bottiglieri (1724) e la pala con Sant’Ignazio è del Solimena.

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L’altare maggiore è una modesta costruzione tardo barocca che racchiude la venerata scultura dell’Immacolta fatta realizzare da don Placido.
La chiesa riserva però altre notevoli opere tra le quali si segnalano dei dipinti di Marco Pino da Siena (Trasfigurazione, Madonna e Santi, Circoncisione), il San Luigi Gonzaga di Battistello Caracciolo (1627) (terza cappella a sinistra); alcune tele di Girolamo Cenatiempo (1712) (prima, terza e quarta cappella a sinistra); la decorazione della terza cappella a destra, su disegno del Vinaccia con la statua di sab Francesco Borgia, è di Pietro Ghetti.
In sacrestia è da notare la grande pala con la Madonna che indica il monogramma di Cristo a san Luigi Gonzaga di Francesco De Mura, opera della metà del XVIII secolo, un tempo forse sull’altare maggiore. Quivi sono conservate anche varie statue destinate alle processioni o all’esposizione in occasione delle rispettive solennità e il presepe, anch’esso fatto realizzare da don Placido, conscio dell’importanza che esso aveva per la devozione popolare.

La devozione del “sabato privilegiato”

Sabato_Privilegiato

Con la nomina di don Placido Baccher a suo rettore, la basilica (divenuta poi pontificia) del Gesù Vecchio divenne un centro mariano ed eucaristico importantissimo. Lo stesso Papa si compiaceva dell’elevata partecipazione dei fedeli al “Sabato privilegiato” dedicato a Maria e del gran numero di Comunioni distribuite. Una devozione che permane fino ai nostri tempi: basti pensare che in pochi anni si distribuirono circa 20.000 comunioni.
La statua della Madonna, realizzata da Nicola Ingaldi, scultore popolare autore anche di numerose altre statue a soggetto religioso e di vari “pastori” del presepe napoletano, è di dimensioni ridotte (36x54cm) e di umili materiali (legno, gesso e stoffa): ha le sembianze della visione che il venerabile ebbe l’ultima notte della sua prigionia in Castel Capuano, prima di essere miracolosamente liberato a pochi istanti dall’esecuzione della sua condanna a morte; la statua, comunque complessa e piena di significati mariani e liturgici, fu abbellita da una corona d’oro donata da una commissione pontificia nel 1826 e da un arco d’argento offerto dai fedeli come ex voto al termine dell’epidemia di colera 1837.

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Ogni anno, il primo sabato successivo al 30 dicembre (giorno dell’incoronazione della statua), si celebra il “Sabato privilegiato”, in memoria della promessa fatta dall’Immacolata a don Placido: “Beati i sacerdoti che celebreranno al mio altare e i fedeli che vi faranno la Santa Comunione il primo sabato dopo la mia Incoronazione”.

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Anche ai nostri giorni, in tempi di indifferenza religiosa e dei grandi sconvolgimenti politici e sociali, la chiesa si è sempre affollata da fedeli che fanno la fila per ore per ricevere l’Eucarestia e per salire la rampa che porta sopra all’altare e pregare al cospetto della “Madonnina” di don Placido.

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Napoli e la devozione dei “sabati privilegiati” all’Immacolata

Posté par atempodiblog le 4 janvier 2014

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Il primo sabato dopo il 30 dicembre la chiesa del Gesù Vecchio a Napoli si riempie di fedeli che partecipano in massa alla devozione annuale del istituita due secoli fa dal venerabile don Placido Baccher, un sacerdote dalla figura mite e dalla religiosità eroica, sostenuto per tutta la propria travagliata esistenza dalla fede nell’Immacolata.

di Gianandrea de Antonellis

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Per leggere del venerabile Placido Baccher e della devozione dei “sabati privilegiati” all’Immacolata cliccare qui 2e2mot5 dans Diego Manetti “A Gesù per Maria”

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“A Gesù per Maria”

Posté par atempodiblog le 25 octobre 2012

“A Gesù per Maria”. Questo il motto cui fu sempre fedele nel corso della sua esistenza il venerabile don Placido Baccher (1781-1851). Definito l’“Apostolo dell’Immacolata”, è noto a Napoli per la diffusione del culto della “sua” Madonnina, che si venera nell’antica Basilica pontificia del Gesù Vecchio, nel centro antico della città.
Si tratta di una piccola statua in legno realizzata da un valido artista popolare napoletano, Nicola Ingaldi; le dimensione sono ridotte, ma la creazione artistica è vivacemente colorata, seguendo le indicazioni dello stesso don Placido, che volle la statua dell’Immacolata, così come l’aveva sognata una notte di tanti anni prima, nel buio di una cella…
di Gianandrea De Antonellis – Radici Cristiane

“A Gesù per Maria” dans Fede, morale e teologia v7fgom

Una famiglia fedele alla Chiesa e al Re
Già, perché don Placido, non ancora sacerdote, aveva sofferto la prigione: vi era stato molti anni prima, nel 1799, durante la rivoluzione giacobina che aveva instaurato a Napoli la cosiddetta Repubblica Partenopea.
La famiglia di don Placido (che era l’ultimo di sette fratelli), infatti, era rimasta fedele al Re, Ferdinando IV di Borbone, ed aveva aderito ad una società realista che tentava di riportare sul Trono il legittimo sovrano.
Accadde che il fratello di don Placido, Gerardo Baccher, consegnò ad una sua amica, la famosa Luisa Sanfelice, un salvacondotto che la avrebbe messa al riparo da eventuali ritorsioni dei legittimisti. Costei, di costumi non irreprensibili, fece pervenire il salvacondotto ad un suo amante, di fatto denunziando i Baccher che vennero tutti arrestati.
Gerardo e un altro fratello, Gennaro, vennero fucilati l’ultimo giorno di esistenza della sanguinaria Repubblica Partenopea (durò soli sei mesi, ma i suoi tribunali, emuli di quelli del “Terrore” parigino, mandarono a morte una media di dieci persone al giorno), nonostante l’esercito del cardinale Ruffo premesse alle porte di Napoli e la flotta inglese di Nelson impedisse i rifornimenti dal mare.
Con disumana crudeltà, i prigionieri furono più volte condotti sul luogo dell’esecuzione e quindi di nuovo in cella prima di essere realmente fucilati, per torturarli con la speranza di una grazia. Il padre e due altri fratelli si salvarono solo perché, essendo stata rimandata di un giorno la loro esecuzione, le truppe lealiste del Cardinal Ruffo conquistarono la città e liberarono i prigionieri.

Miracolosa liberazione
Miracolosa la liberazione dalle carceri giacobine: la Madonna gli appare e lo esorta a sperare; il giorno dopo, poco prima della fucilazione, viene invitato a tornare a casa da un giudice: appena uscito, lo stesso giudice si accorge della sua assenza e ordina la sua esecuzione immediata, ma è troppo tardi.
Dal canto suo, il giovane Placido (aveva solo 18 anni) passò in cella 70 giorni di sofferenze e umiliazioni da parte dei carcerieri; questi gli avevano tolto ogni oggetto personale, lasciandogli solamente il rosario.
La notte di un venerdì ebbe un sogno celestiale: la Vergine gli apparve e lo esortò a diffondere per Napoli la propria devozione. Il risveglio, ancora nelle carceri del Castel Capuano, fu traumatico, ma nel corso della giornata avvenne un miracolo: portato nella Cappella dei condannati a morte e quindi di fronte alla Commissione rivoluzionaria che doveva leggergli la sentenza, sentì dirsi da un giudice – visibilmente commosso dal suo aspetto umile e pacifico – che poteva andare.
Si parla di miracolo perché di lì a poco lo stesso giudice notò la sua assenza e comandò di rintracciarlo per eseguire immediatamente la fucilazione.
Varie sono le traversie che accompagnarono le ore successive di Placido: egli riuscì a sfuggire alla cattura calandosi in un pozzo, sopravvisse a una grave ferita alla testa procuratosi nella fuga, venne addirittura arrestato per errore dai sanfedisti che lo scambiarono per un giacobino, ma finalmente fu riconosciuto dal cardinal Ruffo, il quale ordinò che venisse accompagnato sotto scorta alla propria abitazione.

Sacerdote dell’Immacolata
Passata la bufera rivoluzionaria, Placido Baccher, che era già terziario domenicano, sentì rinforzarsi la propria vocazione e nel 1802 vestì l’abito talare frequentando e studiando da esterno prima presso la Congregazione sacerdotale di S. Maria Regina Apostolorum (dove aveva studiato S. Alfonso Maria de’ Liguori), poi presso il collegio di S. Tommaso.
Completati gli studi venne ordinato sacerdote il 30 maggio del 1806, celebrando la prima Messa nella chiesa di S. Lucia al Monte, ai piedi del Santuario dell’Immacolata fatto erigere dalla venerabile suor Orsola Benincasa. Una chiesa che gli stava a cuore, poiché fin da ragazzo vi seguiva la madre ogni sabato: un santuario che la venerabile aveva edificato alle falde del Castel S. Elmo, quasi a proteggere dall’alto la città.
Erano gli anni del dominio napoleonico: Giuseppe Bonaparte era diventato Re di Napoli, ed era ripresa certa politica anticlericale. Mentre venivano incarcerati molti partigiani dei Borbone (lo stesso padre di don Placido, Vincenzo, finì nel terribile carcere piemontese di Finestrelle, una sorta di “Siberia” nostrana), si procedeva alla soppressione di 12 conventi e 26 monasteri nella sola Napoli, veniva espulso l’arcivescovo (che non aveva voluto giurare fedeltà al Napoleonide).
In questa situazione drammatica don Placido comprese l’importanza della propria missione: tener viva la devozione per l’Immacolata, che in lui risaliva alla gioventù e si era consolidata nel periodo di prigionia; egli poté esprimerla al meglio dopo l’ordinazione sacerdotale: don Placido prese immediatamente a fare apostolato in alcune chiese napoletane, instaurando la pratica dei raduni del sabato per recarsi alla chiesa dell’Immacolata; quando poi venne nominato, nel 1811, rettore della Chiesa del SS. Salvatore, conosciuta anche come chiesa del Gesù Vecchio (i gesuiti ne avevano costruita poco distante un’altra, magnifica, chiamata del Gesù Nuovo), don Placido si profuse per trasformarla in un fervido centro di devozione mariana.
Va detto, a questo punto, che la chiesa, dopo l’espulsione dei Gesuiti dal Regno (1768) e la soppressione dell’Ordine (1773), venne annessa all’adiacente università e rischiò di diventare un teatro o l’Aula Magna della stessa.
Quindi don Placido investì ogni sforzo (e anche ogni sostanza personale) per realizzare il ripristino e la riapertura del tempio. Fedele al suo motto “A Gesù per Maria”, fu ardente zelatore del Rosario, da lui considerato arma validissima di apostolato; promosse il culto eucaristico, esortando i fedeli alla Comunione; favorì il culto dei santi gesuiti, primi fondatori della chiesa, in particolare di san Luigi Gonzaga, che aveva abitato lì dal 1586 al 1587; fece costruire l’organo per rendere più solenni le funzioni religiose, riportò al loro splendore i marmi, i bronzi, le suppellettili, gli arredi sacri e le panche, avendo ben compreso l’importanza della bellezza per elevare lo spirito.

La “Madonnina di don Placido”
Malgrado tutto, però, a don Placido la chiesa sembrava una reggia senza regina: fu allora che ebbe l’idea di porre sull’altare maggiore la statua dell’Immacolata, la “Madonnina di don Placido”.
Il culto che si instaurò nel Gesù Vecchio per la Vergine si diffuse per tutta Napoli e folle di fedeli affollavano la chiesa per le cerimonie del sabato, per la Novena e per la festa dell’Immacolata Concezione, particolarmente cara a Napoli ed alla dinastia borbonica (la colonna dell’Immacolata di Piazza di Spagna a Roma venne fatta costruire per volontà ed a spese del sovrano napoletano).
Nel 1826, celebrandosi il Giubileo – con un anno di distanza rispetto all’Anno Santo romano – le cerimonie culminarono con l’apposizione di una corona che il Capitolo Vaticano ogni anno destinava ad una statua mariana che fosse ritenuta celebre per antichità, miracoli o devozione popolare.
Don Placido pose la candidatura della “sua”statua non senza esitazione, in quanto mancava il requisito dell’antichità. Il “processo” si tenne a Roma e lo stesso Papa Leone XII appoggiò la proposta della chiesa napoletana: il 30 dicembre 1826 avvenne la solenne incoronazione della piccola “Madonnina” alla presenza della famiglia reale, della corte e delle principali autorità: nelle strade adiacenti vennero schierati alcuni reparti dell’esercito, mentre i cannoni di Castel S. Elmo e Castel Nuovo sparavano a festa.

Una vita santa
Quel successo rappresentò per don Placido la gioia più grande: considerandosi un semplice prete, umile e penitente, non beveva mai liquori o vini, digiunava tutti i sabati con solo pane e acqua, quando il confessore l’obbligò a cibarsi, il suo pasto si componeva di dodici fagioli o 15 ceci; portava sotto la veste talare il cilicio e spesso si flagellava.
Ricevette varie onorificenze che non ostentò mai; venne nominato Cavaliere di Malta e mise le sue insegne al collo della Madonnina del suo Oratorio privato; rifiutò un vescovado nel Regno delle Due Sicilie e la nomina a canonico della cattedrale per dedicarsi anima e corpo all’Immacolata ed al suo culto.
Nel 1836, l’anno del colera (che mieté oltre 10.000 vittime), fu in primo piano nell’organizzare i soccorsi alla popolazione, non solo con digiuni personali, voti e preghiere, ma anche correndo da un capo all’altro della città, organizzando squadre di soccorso, raccolta e distribuzione di biancheria, indumenti e medicine.
Al termine del morbo i parrocchiani del Gesù offrirono alla statua della Madonna il raggio d’argento che tuttora la circonda.
Nel 1849 Pio IX, scacciato dalla Repubblica Romana ed accolto trionfalmente nel Regno delle Due Sicilie, visitando Napoli si trattenne presso la chiesa del Gesù Nuovo, vi celebrò messa e pregò in ginocchio presso la statua dell’altare: quindi dichiarò di mettersi sotto la protezione di Maria Immacolata.
In quel periodo ebbe più volte occasione di ricevere don Baccher in udienza privata e si ritiene che l’impulso a proclamare il dogma dell’Immacolata Concezione sia nato proprio durante la visita al Gesù Vecchio ed i colloqui con don Placido.
Ma l’anziano sacerdote napoletano non avrebbe potuto assistere alla solenne proclamazione del dogma, avvenuto nel 1854: morì infatti il 19 ottobre 1851, dopo una breve malattia, e come da suo desiderio venne tumulato dietro l’altare maggiore della basilica di cui per 40 anni era stato attivissimo rettore, proprio sotto la protezione di quella statua che aveva tanto amato e di fronte alla quale fino all’ultimo si era mortificato con tanta disciplina.
La causa per la sua beatificazione fu introdotta il 12 maggio 1909 e il 27 febbraio 1944 si ebbe il decreto sull’eroicità delle virtù e il titolo di Venerabile.

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