Accuse assurde e infamanti

Posté par atempodiblog le 16 avril 2023

Accuse assurde e infamanti
A proposito delle presunte rivelazioni su Papa Wojtyla e il caso Orlandi
di Andrea Tornielli – Vatican News

Accuse assurde e infamanti dans Andrea Tornielli Giovanni-Paolo-II

Pensate che cosa sarebbe accaduto se qualcuno fosse andato in televisione ad affermare, sulla base di un “sentito dire” proveniente da una fonte anonima e senza lo straccio di un riscontro o testimonianza anche soltanto di terza mano, che vostro padre o vostro nonno di notte usciva di casa e insieme a qualche “compagno di merende” andava in giro a molestare ragazze minorenni. E immaginate che cosa sarebbe successo se il vostro parente, ormai defunto, fosse universalmente conosciuto e da tutti stimato, a motivo di qualche importante ruolo ricoperto. Non avremmo forse letto commenti ed editoriali indignati per il modo inqualificabile con cui è stata lesa la buona fama di questo grande uomo, amato da tanti?

È accaduto davvero, purtroppo, con san Giovanni Paolo II, Pontefice della Chiesa cattolica dal 16 ottobre 1978 al 2 aprile 2005. L’accusa è stata lanciata da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, la ragazza scomparsa nel centro di Roma in un pomeriggio di giugno del 1983. Pietro, in presenza del suo avvocato Laura Sgrò che annuiva, ha raccontato nel corso della trasmissione Di martedì condotta su La7 in prima serata da Giovanni Floris, che papa Wojtyla la notte usciva in compagnia di qualche monsignore per andare a cercare ragazzine. Il tutto è stato presentato come indiscrezione credibile, accompagnata da qualche sorrisino ammiccante, come se si parlasse di un segreto di Pulcinella. Prove? Nessuna. Indizi? Men che meno. Testimonianze almeno di seconda o terza mano? Neanche l’ombra. Solo anonime accuse infamanti.

Parole che Pietro Orlandi ha accompagnato all’audio attribuito ad un sedicente membro della Banda della Magliana il quale asserisce – anche lui senza prove, indizi, testimonianze, riscontri o circostanze – che Giovanni Paolo II “pure insieme se le portava in Vaticano quelle”, intendendo Emanuela e altre ragazze: per porre fine a questa “schifezza” il segretario di Stato di allora si sarebbe rivolto alla criminalità organizzata per risolvere il problema. Una follia. E non lo diciamo perché Karol Wojtyla è santo o perché è stato Papa. Anche se questo massacro mediatico intristisce e sgomenta ferendo il cuore di milioni di credenti e non credenti, la diffamazione va denunciata perché è indegno di un Paese civile trattare in questo modo qualunque persona, viva o morta, che sia chierico o laico, Papa, metalmeccanico o giovane disoccupato. È giusto che tutti rispondano degli eventuali reati, se ne hanno commessi, senza impunità alcuna o privilegi. È sacrosanto che si indaghi a 360 gradi per cercare la verità sulla scomparsa di Emanuela. Ma nessuno merita di essere diffamato in questo modo, senza neanche uno straccio di indizio, sulla base dei “si dice” di qualche sconosciuto personaggio del sottobosco criminale o di qualche squallido anonimo commento propalato in diretta Tv.

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Difendere la propria reputazione? Ecco cosa ci dice san Francesco di Sales

Posté par atempodiblog le 9 juin 2022

Difendere la propria reputazione? Ecco cosa ci dice san Francesco di Sales
Fonte: La divinizzazione della sofferenza di padre Adolphe Tanquerey, Verona 2021, pp.111-112
Tratto da: Il Cammino dei Tre Sentieri

Difendere la propria reputazione? Ecco cosa ci dice san Francesco di Sales dans Fede, morale e teologia San-Francesco-di-Sales

A volte stimiamo la nostra reputazione anche più della salute e dei beni temporali.

E’ certo doveroso vigilare su di essa ed evitare qualunque cosa che possa danneggiarla o diminuirla: la stima degli altri è un bene utile non solo per noi stessi, ma per esercitare un’influenza legittima intorno a noi.

Tuttavia, Dio consente in alcuni casi che, senza colpa da parte nostra, perdiamo questa buona fama.

(…)

La ragione risiede nel fatto che l’umiltà è una delle virtù più eccellenti e il fondamento del nostro edificio spirituale, specialmente quando è praticata per amore di Dio.

Questa è la ragione per cui i santi accettarono di perdere la loro reputazione e quando si videro calunniati risposero con san Francesco di Sales: “Non dicono che questo soltanto? Oh! Davvero non sanno tutto; mi lusingano, mi risparmiano; vedo che mi considerano meglio di me. Dio sia benedetto! Dobbiamo correggerci; se non merito di essere umiliato in questo, lo merito in molte altre cose; è sempre per gran misericordia che io sia trattato così benevolmente.”

Il santo però aggiunge: “Nondimeno, faccio eccezione per alcuni crimini, così atroci e infami che nessuno dovrebbe subirne calunnia, qualora ne sia davvero colpevole; senza contare che dalla buona reputazione – o viceversa dalla cattiva fama  di alcune persone dipende spesso l’edificazione o lo scandalo di molti. In questi casi, bisogna a buona ragione badare a riparare il torto ricevuto”.

Tale era la condotta del Santo: voleva che la dignità episcopale fosse rispettata nella sua persona e si giustificava da certe calunnie che avrebbero compromesso il suo ministero.

A parte questo, mai cercò di scusarsi o giustificarsi.

Per riuscire meglio in questi propositi, egli patì ogni umiliazione o affronto per amore di Gesù rimettendo a Lui la custodia della propria fama.

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Fai il tifo per gli altri o li spii con occhi impuri?

Posté par atempodiblog le 4 juin 2022

Fai il tifo per gli altri o li spii con occhi impuri?
La sequela è anche smettere di avere uno sguardo modano sui fratelli e le sorelle accanto a noi. È rifiutare l’ubriacatura del gossip. È non perdere di vista ciò che ci aiuta ad essere santi.
don Luigi Maria Epicoco – Aleteia

Fai il tifo per gli altri o li spii con occhi impuri? dans Commenti al Vangelo Se-voglio-che-egli-rimanga-finch-io-venga-che-importa-a-te-Tu-seguimi

Vangelo di sabato 4 giugno 2022
Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: «Signore, e lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?».
Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

(Giovanni 21,20-25)

Tu seguimi
Il vangelo di Giovanni finisce con un finale dal sapore quasi comico. In realtà non è nelle intenzioni di Giovanni restituirci una scena paradossale, ma l’atteggiamento di Pietro che è eccessivamente curioso della vita di Giovanni fa dire a Gesù parole risolute:

«Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi».

“Che ti importa? Tu seguimi!”
I Padri della Chiesa hanno dato a queste parole il giusto peso teologico collegandolo con i grandi temi del martirio o del dono dello Spirito, io vorrei semplicemente riportare la questione a un dettaglio forse non intenzionale di questo brano ma che credo possa essere decisivo per la vita di ciascuno di noi.

La tentazione dell’eccessiva curiosità
Troppo spesso, infatti, personalmente e forse anche comunitariamente ci occupiamo di ciò che non dovrebbe interessarci. La vita e i fatti altrui ci sembrano un argomento molto interessante su cui posare la nostra attenzione, ma la fede cristiana è anche lasciarci ridimensionare in questa tentazione di eccessiva curiosità dalle parole di Gesù: “che ti importa? Tu seguimi!”.

Rifiutare l’ubriacatura del gossip
La sequela è anche smettere di avere uno sguardo modano sui fratelli e le sorelle accanto a noi. È rifiutare l’ubriacatura del gossip. È non perdere di vista ciò che ci aiuta ad essere santi.

Fare il tifo per gli altri
È rispettare e riconoscere che il Signore ha un progetto su ognuno e che molto spesso esso è misterioso a prima vista. Dovremmo sempre fare il tifo per gli altri e smettere invece di spiarli con occhi impuri, che proprio perché non hanno retta intenzione vedono sempre e comunque solo il male anche lì dove non c’è.

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Pace, pace, pace!

Posté par atempodiblog le 27 février 2022

PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 27 febbraio 2022
[Multimedia]

Pace, pace, pace! dans Commenti al Vangelo Papa-Francesco-e-Maria

Lo sguardo e il parlare

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel Vangelo della Liturgia odierna Gesù ci invita a riflettere sul nostro sguardo e sul nostro parlare. Lo sguardo e il parlare.

Anzitutto sul nostro sguardo. Il rischio che corriamo, dice il Signore, è concentrarci a guardare la pagliuzza nell’occhio del fratello senza accorgerci della trave che c’è nel nostro (cfr Lc 6,41). In altre parole, essere attentissimi ai difetti degli altri, anche a quelli piccoli come una pagliuzza, trascurando serenamente i nostri, dandogli poco peso. È vero quanto dice Gesù: troviamo sempre motivi per colpevolizzare gli altri e giustificare noi stessi. E tante volte ci lamentiamo per le cose che non vanno nella società, nella Chiesa, nel mondo, senza metterci prima in discussione e senza impegnarci a cambiare anzitutto noi stessi. Ogni cambiamento fecondo, positivo, deve incominciare da noi stessi. Al contrario, non ci sarà cambiamento. Ma – spiega Gesù – facendo così il nostro sguardo è cieco. E se siamo ciechi non possiamo pretendere di essere guide e maestri per gli altri: un cieco, infatti, non può guidare un altro cieco (cfr v. 39).

Cari fratelli e sorelle, il Signore ci invita a ripulire il nostro sguardo. Per prima cosa ci chiede di guardare dentro di noi per riconoscere le nostre miserie. Perché se non siamo capaci di vedere i nostri difetti, saremo sempre portati a ingigantire quelli altrui. Se invece riconosciamo i nostri sbagli e le nostre miserie, si apre per noi la porta della misericordia. E dopo esserci guardati dentro, Gesù ci invita a guardare gli altri come fa Lui – questo è il segreto: guardare gli altri come fa Lui –, che non vede anzitutto il male, ma il bene. Dio ci guarda così: non vede in noi degli sbagli irrimediabili, ma vede dei figli che sbagliano. Cambia l’ottica: non si concentra sugli sbagli, ma sui figli che sbagliano. Dio distingue sempre la persona dai suoi errori. Salva sempre la persona. Crede sempre nella persona ed è sempre pronto a perdonare gli errori. Sappiamo che Dio perdona sempre. E ci invita a fare lo stesso: a non ricercare negli altri il male, ma il bene.

Dopo lo sguardo, Gesù oggi ci invita a riflettere sul nostro parlare. Il Signore spiega che la bocca «esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (v. 45). È vero, da come uno parla ti accorgi subito di quello che ha nel cuore. Le parole che usiamo dicono la persona che siamo. A volte, però, prestiamo poca attenzione alle nostre parole e le usiamo in modo superficiale. Ma le parole hanno un peso: ci permettono di esprimere pensieri e sentimenti, di dare voce alle paure che abbiamo e ai progetti che intendiamo realizzare, di benedire Dio e gli altri. Purtroppo, però, con la lingua possiamo anche alimentare pregiudizi, alzare barriere, aggredire e perfino distruggere; con la lingua possiamo distruggere i fratelli: il pettegolezzo ferisce e la calunnia può essere più tagliente di un coltello! Al giorno d’oggi, poi, specialmente nel mondo digitale, le parole corrono veloci; ma troppe veicolano rabbia e aggressività, alimentano notizie false e approfittano delle paure collettive per propagare idee distorte. Un diplomatico, che fu Segretario Generale delle Nazioni Unite e vinse il Nobel per la Pace, disse che «abusare della parola equivale a disprezzare l’essere umano» (D. Hammarskjöld, Tracce di cammino, Magnano BI 1992, 131).

Domandiamoci allora che genere di parole utilizziamo: parole che esprimono attenzione, rispetto, comprensione, vicinanza, compassione, oppure parole che mirano principalmente a farci belli davanti agli altri? E poi, parliamo con mitezza o inquiniamo il mondo spargendo veleni: criticando, lamentandoci, alimentando l’aggressività diffusa?

La Madonna, Maria, di cui Dio ha guardato l’umiltà, la Vergine del silenzio che ora preghiamo, ci aiuti a purificare il nostro sguardo e il nostro parlare.

Divisore dans San Francesco di Sales

Dopo l’Angelus

Pace, pace, pace!

Cari fratelli e sorelle!

In questi giorni siamo stati sconvolti da qualcosa di tragico: la guerra. Più volte abbiamo pregato perché non venisse imboccata questa strada. E non smettiamo di pregare, anzi, supplichiamo Dio più intensamente. Per questo rinnovo a tutti l’invito a fare del 2 marzo, Mercoledì delle ceneri, una giornata di preghiera e digiuno per la pace in Ucraina. Una giornata per stare vicino alle sofferenze del popolo ucraino, per sentirci tutti fratelli e implorare da Dio la fine della guerra.

Chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio. E si distanzia dalla gente comune, che vuole la pace; e che in ogni conflitto è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra. Penso agli anziani, a quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i loro bambini… Sono fratelli e sorelle per i quali è urgente aprire corridoi umanitari e che vanno accolti.

Con il cuore straziato per quanto accade in Ucraina – e non dimentichiamo le guerre in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria, in Etiopia… –, ripeto: tacciano le armi! Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza. Perché chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (Art. 11).

Ieri, a Granada, in Spagna, sono stati proclamati Beati il sacerdote Gaetano Giménez Martín e quindici compagni martiri, uccisi in odium fidei nel contesto della persecuzione religiosa degli anni Trenta del secolo scorso in Spagna. La testimonianza di questi eroici discepoli di Cristo possa suscitare in tutti il desiderio di servire il Vangelo con fedeltà e coraggio. Un applauso ai nuovi beati.

Saluto tutti voi, romani e pellegrini!

Saluto in particolare las niñas Quinceñeras di Panamá; i giovani universitari della diocesi di Porto; i fedeli di Mérida-Badajoz e di Madrid, in Spagna; quelli di Parigi e della Polonia; i gruppi di Reggio Calabria, della Sicilia e dell’Unità Pastorale Alta Langa; i cresimandi di Urgnano e i ragazzi di Petosino, diocesi di Bergamo.

Un saluto speciale a quanti sono venuti in occasione della Giornata delle Malattie Rare, che ricorre domani: incoraggio le diverse Associazioni dei malati e dei familiari, come pure i ricercatori che operano in questo campo. Vi sono vicino! Saluto i popoli qui presenti… Vedo anche tante bandiere dell’Ucraina! (in ucraino) Sia lodato Gesù Cristo!

A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.


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Giudizi temerari/ Imprudenza e leggerezza nel giudicare un’azione e temerarietà nel voler giudicare il cuore

Posté par atempodiblog le 6 février 2022

Giudizi temerari/ Imprudenza e leggerezza nel giudicare un’azione e temerarietà nel voler giudicare il cuore
Tratto dal commento di padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, al libroEsercizio di perfezione e di virtù cristiane” di padre Alfonso Rodriguez S.J.

Giudizi temerari/ Imprudenza e leggerezza nel giudicare un’azione e temerarietà nel voler giudicare il cuore dans Fede, morale e teologia sant-Alfonso-Rodriguez-sj

Per quanto riguarda il giudizio: questo può riguardare o l’azione che uno compie oppure la sua intenzione. Come sappiamo, quando Cristo ci ha proibito di giudicare l’intenzione delle persone è perché il cuore è noto soltanto a Dio. Per quanto riguarda l’azione in sé per sé considerata, per es. vediamo una persona che uccide un’altra persona, anche per quanto riguarda l’azione bisogna agire con molta prudenza. Bisogna effettivamente non precipitarsi nel giudizio, ma avere tutti gli elementi necessari. La temerarietà può riguardare sia l’azione in se stessa in quanto noi non sappiamo giudicare con oggettività, per cui molte volte esprimiamo giudizi a partire da dati assolutamente insufficienti, per cui se vediamo una persona in giro a mezzanotte pensiamo “chissà dove va… invece, può darsi, sia andata a trovare un povero, non bisogna essere precipitosi ed imprudenti e di valutare bene la materia in se stessa, sia l’intenzione nota soltanto a Dio, perché soltanto Lui vede nel fondo dei cuori.

Mi ricordo sempre la morte del povero cardinale Daniélou, grande uomo di Chiesa, che era andato a trovare una povera ex prostituta abbandonata (lui era solito fare questi gesti di grandissima carità) e quando arrivò al sesto piano, dopo aver salito tutte le scale a piedi, morì d’infarto. Ebbe un infarto arrivato in cima. Ecco il giudizio temerario, subito c’era chi diceva: “perché era là?”, “cosa faceva là?, “quella era una prostituta!… E giù giudizi a più non posso. Si trattava, invece, di uno squisitissimo atto di carità.

Si chiamano giudizi temerari in quanto c’è una temerarietà, quindi un’imprudenza e una leggerezza nel giudicare un’azione e c’è anche una temerarietà di voler giudicare il cuore e a noi l’intenzione sfugge. [...]

I giudizi temerari già son tali quando si consumano nel nostro cuore, se poi vengono manifestati ad altri assumono una gravità maggiore, cioè la gravità della diffamazione, della calunnia e perciò, diceva il nostro autore, i teologi ci ammoniscono che bisogna guardarsi dal manifestare ad altri tali giudizi o sospetti quando si presentano alla mente per non essere causa agli altri dello stesso sospetto o confermarveli nel caso li avessero già avuti. Tale è infatti la nostra perversa inclinazione che degli altri crediamo più facilmente il male che il bene. Poi abbiamo visto che questo atteggiamento del giudicare temerariamente oltre che offendere il prossimo, offende anche Dio che si è riservato il diritto di giudicare. La persona santa non giudica mai: scusa, compatisce e prega.

S-Alfonso-Rodriguez-gesuita dans Libri

Dei giudizi temerari
Tratto da: Esercizio di perfezione e di virtù cristiane di padre Alfonso Rodriguez S.J.
Proprietà riservata alla Società Editrice Internazionale di Torino
Torino, 1931
Scuola Tipografica Salesiana Via Cottolengo, 32

CAPO XV
Dei giudizi temerari; e si dichiara in che consista la malizia e gravezza di essi (da pag. 147 a p. 149)

1) I giudizi temerari sono contrari alla carità;
2) Perché si infama il prossimo nel nostro cuore;
3) Altro averli, altro ammetterli;
4) E un usurpare la giurisdizione di Dio;
5) Specie se si giudica l’interno altrui.

1) «E tu, dice l’Apostolo S. Paolo, perché giudichi il tuo fratello, o perché disprezzi il tuo fratello?» (Rom. 14, 10). Fra le altre tentazioni colle quali il demonio, nemico del nostro bene, ci suole far guerra, una, e molto principale, è il metterci nella mente giudizi o sospetti contro i nostri fratelli, acciocché, levando da noi la buona opinione che di essi abbiamo, ne levi insieme l’amore e la carità, o almeno ci faccia raffreddare in essa. Per la medesima ragione abbiamo noi altri da procurare di resistere con molta diligenza a questa tentazione, tenendola per molto grave; poiché tocca un tasto tanto principale e delicato, quanto è la carità. Così ce ne avverte S. Agostino (S. Aug. De amicit. l. 2, c. 24): Se ti vuoi conservare in amore e carità coi tuoi fratelli, egli dice, prima d’ogni altra cosa bisogna che ti guardi molto dai sinistri giudizi e sospetti; perché questi sono il veleno della carità. E S. Bonaventura (S. BONAV. Stim. amor. p. 3, c. 8) dice: Una peste sono questi giudizi, occulta e segreta, ma gravissima, la quale scaccia lontano da sé Dio e distrugge la carità dei fratelli.

2) La malizia e gravezza di questo vizio consiste nell’infamare una persona il suo prossimo entro se stessa, disprezzandolo e stimandolo meno, e dandogli un basso e disonorevole luogo entro il suo cuore, per indizi leggieri e a ciò fare non bastevoli. Nel che fa torto ed ingiuria al suo fratello; e tanto sarà maggiore la colpa in questo, quanto la cosa della quale uno giudica il suo fratello sarà più grave e gl’indizi meno sufficienti.

Si potrà ben comprendere la gravezza di questa colpa da un’altra simile. Se tu lacerassi la fama del tuo fratello presso d’un altro, facendo che quel tale perdesse il buon concetto e la buona opinione che prima aveva di lui, e così presso d’un tale venissi ad infamarlo, ben si vede che sarebbe questo un grave peccato. Or questo medesimo torto ed ingiuria gli fai col torgli presso di te, senza cagione e senza bastanti indizi, quel buon concetto e quella buona opinione che avevi tu di lui; perché tanto stima il tuo fratello l’essere in buona riputazione presso di te, quanto l’essere nella medesima presso qualunque altro. E in causa propria potrà ben ciascuno conoscere qual grave torto ed ingiuria fa egli in questo al suo prossimo. Non t’aggraveresti tu, che uno ti tenesse per tale, senza che n’avessi dato motivo bastante? Or così viene aggravato da te quell’altro col giudicarlo tu per tale. Misuralo da te stesso; ché questa è la misura della carità col nostro prossimo e della giustizia ancora.

3) È però qui da avvertirsi che l’esser tentato di giudizi temerari è una cosa, e l’esser vinto dalla tentazione di essi è un’altra. Come siamo soliti di dire nelle altre tentazioni, che l’aver tentazioni è una cosa, e un’altra è l’esser vinto e il consentir in esse; e diciamo che non sta il male nella prima, ma nella seconda cosa; così qui non sta il male nell’esser uno molestato da pensieri di sinistri giudizi e sospetti; sebbene sarebbe meglio che avessimo tanta carità e amore verso i nostri fratelli, tal concetto di essi e tanta cognizione dei nostri propri difetti, che non si risvegliasse in noi il pensiero dei difetti altrui: ma finalmente, come dice S. Bernardo (S. BERN. De inter. domo, c. 8, n. 15), «non sta la colpa nel senso, ma nel consenso» e nell’esser vinto dalla tentazione; ed allora dice uno esser vinto dalla tentazione dei giudizi temerari, quando deliberatamente consente in essi, e per mezzo di quelli perde la buona opinione e il buon concetto che aveva del suo fratello, e non lo stima più come faceva prima; anzi entro se stesso lo disprezza, secondo le parole sopra citate dell’Apostolo S. Paolo.

E in tal caso, quando si confessa, non ha da dire che gli sono venuti nella mente giudizi temerari contro il suo fratello; ma che ha consentito in essi e che è stato vinto dalla tentazione. E avvertono qui i teologi, che la persona si deve grandemente guardare di comunicar ad un altro il giudizio, o sospetto cattivo, che gli è venuto in mente del suo prossimo; acciocché non sia cagione che l’altro venga ad ammettere il medesimo giudizio e sospetto, o a confermarsi in quello, che forse gli era già venuto prima nella mente; perché è tanto cattiva la nostra inclinazione, che più facilmente crediamo il male dell’altro che il bene. Ed anche avvertono che nel confessarsi non deve uno manifestar la persona contro la quale ha avuto in mente il giudizio, come né anche la persona della quale si sia offeso per la tale o tal cosa che fece; acciocché non venga con questo a ingenerare a di lei pregiudizio nel confessore qualche cattivo sospetto, o qualche mal concetto. La circospezione e la cura che i dottori e i Santi vogliono che abbiamo dell’onore e della buona opinione del nostro prossimo è tanto grande; e tu vuoi per certi leggieri indizi levargli il buon concetto e la riputazione in cui era presso di te, e in cui ha naturale ragione e diritto di essere presso di tutti, mentre le sue azioni non fanno sufficiente testimonianza del contrario?

4) Oltre l’ingiuria e il torto che in questo si fa al prossimo, contiene in sé questo vizio un’altra malizia e ingiuria grave contro, Dio; che è usurpare la giurisdizione e il giudizio che unicamente è proprio del medesimo Dio, contravvenendo a quello che dice Cristo nostro Redentore, come si legge nel Vangelo: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate, e non sarete condannati» (Lc 6, 37). S. Agostino (S. AUG. De serm. Dom. in monte, l. 2, c, 18) dice che il Signore proibisce qui i giudizi temerari, quali sono giudicar l’intenzione del cuore, od altre cose incerte ed occulte: perché Dio riservò a sé la cognizione di queste cause; e così comanda che noi non c’ingeriamo in esse. L’Apostolo S. Paolo dichiara questa cosa più in particolare scrivendo ai Romani: «Chi sei tu che condanni il servo altrui? Egli sta ritto o cade per il suo padrone» (Rom. 14, 4). Il giudicare è atto di superiore: quest’uomo non è tuo suddito: ha padrone lascialo giudicare a lui; non usurpar tu la giurisdizione di Dio. «Per la qual cosa non vogliate giudicare prima del tempo, fintantoché venga il Signore, il quale rischiarerà i nascondigli delle tenebre e manifesterà i consigli del cuore; e allora ciascheduno avrà lode da Dio» (1Cor 4, 5). Questa è la ragione che adduce l’Apostolo S. Paolo del non dover noi giudicare in simili cose; perché queste sono cose incerte ed occulte, che appartengono al giudizio di Dio; e così colui che s’intromette in giudicar queste cose usurpa la giurisdizione e il giudizio che unicamente appartengono a Dio.

5) Nelle Vite dei Padri (De vit. patr. 1. 5, lib. 9, n. 11) si racconta di uno di quei monaci, che con alcuni indizi che vide, o udì, giudicò malamente di un altro monaco, e subito sentì una voce dal cielo che gli disse: Gli uomini si sono ribellati, e hanno usurpato il mio giudizio, e si sono ingeriti nella giurisdizione altrui. E se diciamo questo, e lo dicono i Santi ancora, delle cose che hanno qualche apparenza di male; che sarà di coloro che ancora le cose per se stesse buone le interpretano sinistramente, giudicando che si facciano con mala intenzione e per fini umani? Questo è più propriamente usurpare la giurisdizione e il giudizio di Dio; poiché ancora dentro i cuori degli uomini si vuole entrare e giudicar le intenzioni ed i pensieri occulti; il che è proprio solamente di Dio. «Vi siete fatti giudici di pensamenti ingiusti», dice l’Apostolo S. Giacomo (Gc 2, 4); e il Savio aggiunge che questi tali si vogliono far indovini, giudicando quel che non sanno e non possono sapere (Prov 23, 7).

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Come fermare chiacchiere e pettegolezzi? Mordetevi la lingua e pensate a Maria

Posté par atempodiblog le 8 septembre 2020

Come fermare chiacchiere e pettegolezzi? Mordetevi la lingua e pensate a Maria
Anche i 10 Comandamenti ci richiamano ad una vita più autentica, amando gli altri; sono una via per non cadere nella tentazione del chiacchiericcio e di una vita sterile e banale
di don Fortunato Di Noto – Aleteia

Come fermare chiacchiere e pettegolezzi? Mordetevi la lingua e pensate a Maria dans Articoli di Giornali e News Gossip

Dopo il chiacchiericcio su di me non ci sarò più.

“Non ci sarò più quando riceverai il mio messaggio. Non ci sarò più e mi porterò il chiacchiericcio che non ho più sopportato e mi ha distrutto la mia vita. Fragile, molto fragile e quelle parole mi hanno letteralmente frantumata; meglio disperdersi nell’aria che vivere una vita inconsistente a causa degli altri che tramano contro di te. Gli effetti collaterali sono altrettanto devastanti. il chiacchiericcio ha distrutto ogni relazione umana, rendendola un inferno. Immagina, caro don, quando, una come me, giovane (16 anni) che non ha mai conosciuto un ragazzo, che mai una mano mi ha sfiorata, che ho sempre conservato la bellezza della mia verginità, perchè bella e attraente mi hanno detto: se la fa con tutti, l’ha data a tutti, è una puttanella che fa cose audaci e piccanti; e alle parole, i loro sguardi. No, caro don non è bullismo, è la forza devastante del chiacchiericcio. Io volerò, ma almeno sarò libera. Non giudicarmi, amami e basta”.

Non possiamo rinchiuderci nel chiacchiericcio sterile, è una lebbra che si diffonde e ammala le membra personali che comunitarie.

Sono trascorsi più di 25 anni da quando ricevetti questo breve scritto che una 16enne mi scrisse prima di farla finita “volando”. Tanti sono i suicidi di giovani e meno giovani per tante ragioni che potrebbero essere superate se esistesse una buona e salda rete di aiuto, un punto di riferimento, una possibilità di trovare persone che aiutano e ascoltano. Non è del suicidio di cui voglio parlare, ma del chiacchiericcio che distrugge, devasta, demonicamente frantuma, genera male su male: senza scampo. Chi è particolarmente debole nella già fragilità, le vie d’uscita possono essere quella di smettere di vivere per fermare l’onda d’urto delle maldicenze, diffamazioni e calunnie.

Non solo Papa Francesco ha parlato del chiacchiericcio, più volte e in diverse occasione ne ha parlato; ma anche Papa Benedetto XVI, ecco le sue forti e vibranti parole:

«L’uomo può scegliere una via comoda e scansare ogni fatica. Può anche scendere verso il basso, il volgare. Può sprofondare nella palude della menzogna e della disonestà». Gesù però «cammina avanti a noi, e va verso l’alto. Egli ci conduce verso ciò che è grande, puro, ci conduce verso l’’aria salubre delle altezze: verso la vita secondo verità; verso il coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti; verso la pazienza che sopporta e sostiene l’altro». (29 marzo 2010). Su queste intimidazioni e pericoli: Dio ci dà il coraggio contro il chiacchiericcio.

Che cosa è il chiacchiericcio? E’ un virus mortale.

Papa Francesco più volte ha richiamato la pericolosità del chiacchiericcio definendolo una peste: “il chiacchiericcio contro gli altri è una peste più brutta del Covid” (6 settembre 2020).

E’ un terrorista chi semina zizzania: “Chi semina zizzania distrugge la Chiesa, la comunità e la vita. Ti avvelena. Quelli che vivono del chiacchiericcio e vanno sempre mormorando l’uno dell’altro sono dei terroristi. Sparlare di qualcuno per distruggerlo è come essere un terrorista, distrugge e poi se ne va tranquillo”. (18 maggio 2018)

E’ una bomba atomica.

“Il chiacchiericcio ha il potere di distruggere come una bomba atomica e Sparlare degli altri sembra dolce, ci piace. E’ una cosa brutta. Non è una cosa nuova, dal tempo di Gesù si faceva questo”. (3 marzo 2019)

E’ zizzania.

“La zizzania della mormorazione, del chiacchiericcio” è “la peggiore zizzania che distrugge una comunità” (25 settembre 2019).

Divide e fa male anche nei media (social e internet).

“Soldi, vanità, chiacchiericcio dividono la comunità ecclesiale” (21 aprile 2020)

E’ un “male” anche nella Chiesa e nel mondo, no a “chiacchiericcio” che porta a “uso fuorviante” dei media. (24 febbraio 2020)

E’ accanimento sociale e comunitario con solo il fine di distruggere. Il chiacchiericcio è un accanimento che viene dal demonio.

“Il chiacchiericcio è pure un accanimento, un accanimento sociale: nella società, nel quartiere, nel posto di lavoro, ma sempre contro di lui. È un accanimento non tanto forte come questo, ma è un accanimento, per distruggere l’altro perché si vede che l’altro disturba, molesta”. (27 marzo 2020)

Come si fa ad uscirne fuori?

Discutere non si può. La via del tacere, del silenzio che non è giustificazione, quando si capisce che non ci sono parole per parlare e spiegare: si tace. Il silenzio che è più eloquente delle parole.

“Cosa si fa – si è domandato allora Francesco – nel momento dell’accanimento? Si possono fare soltanto due cose: discutere con questa gente non è possibile perché hanno le proprie idee, idee fisse, idee che il diavolo ha seminato nel cuore. Abbiamo sentito qual è il piano di azione loro. Cosa si può fare? Quello che ha fatto Gesù: tacere. Colpisce, quando leggiamo nel Vangelo che davanti a tutte queste accuse, a tutte queste cose Gesù taceva. Davanti allo spirito di accanimento, soltanto il silenzio, mai la giustificazione. Mai. Gesù ha parlato, ha spiegato. Quando ha capito che non c’erano parole, il silenzio. E in silenzio Gesù ha fatto la sua Passione. È il silenzio del giusto davanti all’accanimento. E questo è valido anche per – chiamiamoli così – i piccoli accanimenti quotidiani, quando qualcuno di noi sente che c’è un chiacchiericcio lì, contro di lui, e si dicono le cose e poi non viene fuori niente … stare zitto. Silenzio. E subire e tollerare l’accanimento del chiacchiericcio”. (27 marzo 2020)

E’ atteggiamento assassino.

«Il chiacchiericcio è un atteggiamento assassino, perché uccide, fa fuori la gente, fa fuori la “fama” della gente» (17 maggio 2028), il chiacchiericcio non è fecondo, anzi desertifica le relazione e quando diventa ‘sistema’ le distrugge.

Aveva ragione quella ragazza, dispiace molto che non ci sia più, come tanti altri. Il chiacchiericcio e la maldicenza l’ha uccisa, si è fatta uccidere, il potere del male ha preso il sopravvento, ma non possiamo rassegnarci.

Come si fa ad uscirne fuori?

Il percorso è lungo e impegnativo, ma possibile.

Mordersi la lingua contro il veleno della maldicenza:  “Il chiacchiericcio semina guerra, la lingua fa iniziare le guerre. Per questo – ha detto Bergoglio – ci sono due medicine.La prima è la preghiera, la seconda è una cosa pratica: ‘morditi la lingua’. Ma forte, perché così si gonfierà e non potrai parlare”. (9 marzo 2019)

I 10 Comandamenti ci richiamano ad una vita più autentica, amando gli altri; sono una via per non cadere nella tentazione del chiacchiericcio e di una vita sterile e banale. Alle comunità si chiede la conversione: ama il tuo nemico e prega per lui, siate perfetti nell’unità e no nella divisione.

Maria di Nazareth, la donna delle relazioni autentiche, Colei che portava dentro di sè la Verità che ci renda liberi e autentici; ci dà l’esempio a cui guardare per essere uomini e «donne della gioia» capaci di insegnare alla Chiesa ad amare i poveri, a soccorrere le fragilità, per essere piene di parresia, lontane dal chiacchiericcio ma intraprendenti e autorevoli per prevenire gli abusi di potere. (Francesco, 1 giugno 2020)

Ritornare a Lui per essere raggianti di vita e non di “fango putrido” .

Forse se i compagni di quella ragazza avessero conosciuto qualcuno che li avesse educati al rispetto e alla non maldicenza avremmo conquistato la vita di una persona e delle altre che non ce l’hanno fatta nel sopportare.

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Il silenzio di discrezione

Posté par atempodiblog le 11 août 2020

Il silenzio di discrezione

Il silenzio di discrezione dans Fede, morale e teologia Vergine-del-silenzio

La lingua, le chiacchiere, il pettegolezzo sono armi che ogni giorno insidiano la comunità umana, seminando invidia, gelosia e bramosia del potere. Con esse si può arrivare a uccidere una persona. Perciò parlare di pace significa anche pensare a quanto male è possibile fare con la lingua. (Papa Francesco)

Quale esempio di discrezione ci dà la Madre di Dio! Nemmeno a Giuseppe dà a conoscere il mistero. Chiedi alla Madonna la discrezione che ti manca. (San Josemaria Escrivà de Balaguer)

Credo che la saggezza delle persone sta nel “sapere” quello che si dice e non parlare e sparlare su persone e situazioni senza conoscerle in profondità.

Il silenzio è anche una “sospensione del giudizio” davanti al mistero dell’altro che deve essere ascoltato, accolto, amato com’è e non giudicato o analizzato come una cavia da laboratorio. La discrezione è una virtù che ci permette di rispettare il pudore e la complessità del mistero dell’altro.

Non possiamo andare continuamente alla ricerca di news, di scandali, di gossip, di quello che fanno gli altri… il tempo è un dono di Dio e va usato per pregare, amare, lavorare, leggere e pensare prima di tutto alla propria conversione. Chi è discreto è custode dei segreti degli altri ed è gentile nell’ascoltare e nel partecipare alle gioie e ai dolori degli altri. O Maria, Vergine della Bellezza interiore aiutaci a guardare nel volto degli altri il Volto del tuo Figlio.

Tratto da: Santuario Madonna del Silenzio

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Non giudichiamo, ma ricordiamo agli altri chi sono davvero

Posté par atempodiblog le 13 janvier 2020

Non giudichiamo, ma ricordiamo agli altri chi sono davvero
E’ facile giudicare quello che vediamo, molto più difficile è vedere al di là dei pregiudizi, della prima sensazione, di quello che appare. Neanche Gesù è immune da questo trattamento, ma ci ricorda che dietro quello che siamo diventati, peccatori, farisei, pubblicani, c’è molto di più.
don Luigi Maria Epicoco – Aleteia

Non giudichiamo, ma ricordiamo agli altri chi sono davvero dans Commenti al Vangelo Ges

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione.
Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi. Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».
Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca. (Luca 4,14-22)

Il racconto del Vangelo [...] è tutto costruito sul contrasto tra la fama di Gesù e il pregiudizio dei suoi compaesani. Ormai Gesù è conosciuto ovunque, e i racconti dei suoi miracoli e delle sue predicazioni hanno travalicato i confini. Eppure tornando a casa Egli deve combattere con un demonio più pericoloso di tutti: il pregiudizio.

Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è il figlio di Giuseppe?».

Troppo spesso viviamo schiavi dei pregiudizi. Sono essi la causa principale della sofferenza nelle nostre relazioni e nei nostri ambienti. Eppure pur avendo a volte sperimentato in prima persona quanto si possa soffrire a causa di essi, capita anche a noi di ingrossare il numero di coloro che non si creano molti problemi a ragionare nello stesso modo. Un cristiano è uno che sa guardare sempre al di là della prima sensazione, del chiacchiericcio della gente, degli errori fatti, delle cadute vissute. È Gesù che ci ha educato a questo. Infatti molto spesso si intratteneva con persone che la maggior parte della gente aveva emarginato: pubblicani, peccatori, prostitute, poveri, lebbrosi, ultimi. Il suo era un andare controcorrente non per un vago buonismo o populismo, ma per una chiara volontà teologica: ricordare a queste persone chi sono davvero al di là di ciò che sono diventati. E ognuno di loro è immagine e somiglianza di Dio. Ognuno di loro è stato creato dal Padre guardando una bellezza e una bontà che forse a prima vista non si riconosce più. Gesù disseppellisce sotto i pregiudizi le vere identità delle persone, il loro vero nome. “Non è il figlio di Giuseppe?”; certo che lo è, ma è anche molto di più. E’ questa la grande lezione del Vangelo di oggi: le persone sono molto di più di quello che pensiamo e giudichiamo.

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Papa Francesco: fermare subito i piccoli risentimenti, distruggono fratellanza nel mondo

Posté par atempodiblog le 13 février 2017

Papa Francesco: fermare subito i piccoli risentimenti, distruggono fratellanza nel mondo
La distruzione delle famiglie e dei popoli inizia dalle piccole gelosie e invidie, bisogna fermare all’inizio i risentimenti che cancellano la fratellanza: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Una Messa che ha voluto offrire per padre Adolfo Nicolás, preposito generale della Compagnia di Gesù dal 2008 al 2016, che dopodomani torna in Oriente per il suo lavoro. “Che il Signore – ha detto Francesco – retribuisca tutto il bene fatto e lo accompagni nella nuova missione. Grazie, padre Nicolás”. Hanno partecipato alla celebrazione i membri del Consiglio dei Nove Cardinali, in Vaticano per la loro 18.ma riunione.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Papa Francesco: fermare subito i piccoli risentimenti, distruggono fratellanza nel mondo dans Commenti al Vangelo Papa_a_Santa_Marta

Fratellanza distrutta dalle piccole cose
Al centro dell’omelia del Papa, la prima Lettura, tratta dalla Genesi, che parla di Caino e Abele. Per la prima volta nella Bibbia “si dice la parola fratello”. E’ la storia “di una fratellanza che doveva crescere, essere bella e finisce distrutta”. Una storia – osserva il Papa – che comincia “con una piccola gelosia”: Caino è irritato perché il suo sacrificio non è gradito a Dio e inizia a coltivare quel sentimento dentro di sé. Potrebbe controllarlo ma non lo fa:

“E Caino preferì l’istinto, preferì cucinare dentro di sé questo sentimento, ingrandirlo, lasciarlo crescere. Questo peccato che farà dopo, che è accovacciato dietro il sentimento. E cresce. Cresce. Così crescono le inimicizie fra di noi: cominciano con una piccola cosa, una gelosia, un’invidia e poi questo cresce e noi vediamo la vita soltanto da quel punto e quella pagliuzza diventa per noi una trave, ma la trave l’abbiamo noi, ma è là. E la nostra vita gira intorno a quello e quello distrugge il legame di fratellanza, distrugge la fraternità”.

Il risentimento non è cristiano
Pian piano si diventa “ossessionati, perseguitati” da quel male, che cresce sempre di più:

“E così cresce, cresce l’inimicizia e finisce male. Sempre. Io mi distacco da mio fratello, questo non è mio fratello, questo è un nemico, questo dev’essere distrutto, cacciato via … e così si distrugge la gente, così le inimicizie distruggono famiglie, popoli, tutto! Quel rodersi il fegato, sempre ossessionato con quello. Questo è accaduto a Caino, e alla fine ha fatto fuori il fratello. No: non c’è fratello. Sono io soltanto. Non c’è fratellanza. Sono io soltanto. Questo che è successo all’inizio, accade a tutti noi, la possibilità; ma questo processo dev’essere fermato subito, all’inizio, alla prima amarezza, fermare. L’amarezza non è cristiana. Il dolore sì, l’amarezza no. Il risentimento non è cristiano. Il dolore sì, il risentimento no. Quante inimicizie, quante spaccature”.

Il sangue di tanta gente nel mondo grida a Dio dal suolo
Alla Messa a Santa Marta ci sono alcuni nuovi parroci, e il Papa dice: “Anche nei nostri presbiteri, nei nostri collegi episcopali: quante spaccature incominciano così! Ma perché a questo hanno dato quella sede e non a me? E perché questo? E … piccole cosine … spaccature … Si distrugge la fratellanza”. E Dio domanda: “Dov’è Abele, tuo fratello?”.  La risposta di Caino “è ironica”: “Non so: sono forse io il custode di mio fratello?”. “Sì, tu sei il custode di tuo fratello”. E il Signore dice: “La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo”. Ognuno di noi – afferma il Papa, e anche lui si mette nella lista – può dire di non aver mai ucciso nessuno:  ma “se tu hai un sentimento cattivo verso tuo fratello, lo hai ucciso; se tu insulti tuo fratello, lo hai ucciso nel tuo cuore. L’uccisione è un processo che incomincia dal piccolo”.  Così, sappiamo “dove sono quelli che sono bombardati” o “che sono cacciati” ma “questi non sono fratelli”:

“E quanti potenti della Terra possono dire questo … ‘A me interessa questo territorio, a me interessa questo pezzo di terra, questo altro … se la bomba cade e uccide 200 bambini, ma, non è colpa mia: è colpa della bomba. A me interessa il territorio …’. E tutto incomincia da quel sentimento che ti porta a staccarti, a dire a l’altro: ‘Questo è fulano [tizio], questo è così, ma non è fratello …’, e finisce nella guerra che uccide. Ma tu hai ucciso all’inizio. Questo è il processo del sangue, e il sangue oggi di tanta gente nel mondo grida a Dio dal suolo. Ma è tutto collegato, eh? Quel sangue là ha un rapporto – forse un piccolo goccetto di sangue – che con la mia invidia, la mia gelosia ho fatto io uscire, quando ho distrutto una fratellanza”.

Una lingua che distrugge il prossimo
Il Signore – è la preghiera conclusiva del Papa – oggi ci aiuti a ripetere questa sua domanda: « Dov’è tuo fratello? », ci aiuti a pensare a quelli che “distruggiamo con la lingua” e “a tutti quelli che nel mondo sono trattati come cose e non come fratelli, perché è più importante un pezzo di terra che il legame della fratellanza”.

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I nuovi “forni crematori”

Posté par atempodiblog le 11 février 2017

I nuovi “forni crematori”
di Anna Vercors

I nuovi “forni crematori” dans Mormorazione chiacchiere

Come si sa, dal Parrucchiere, in genere si fa provvista di pettegolezzi… fino alla seduta successiva.

In genere non do peso a quanto viene detto anche perché non conosco le persone di cui si mormora in modo così sventato.

Ieri però ho sentito qualcosa che mi ha abbastanza impressionato e fatto riflettere sul tipo di rapporto che si instaura con le persone. Una giovane signora raccontava la sua disavventura su un social. Scambiava delle battute con un’amica su una conoscente comune, battute forse un po’ pesanti senza naturalmente dire il nome dell’interessata.

La quale però ha capito subito di essere l’oggetto della discussione e allora: apriti cielo! Discussioni e accuse a non finire… e poi non conosco il seguito.

Ho voluto dirlo perché noto spesso tra i molti contatti che ho nei vari social, mi capita spesso di vedere lamentele e critiche su persone che non conosco e penso con dispiacere a come devono sentirsi gli interessati se vengono a conoscenza di essere oggetto di ludibrio in un social.

Credo che sia giusto controllare i propri malumori contro terzi riservandosi caso mai di parlarne in separata sede con chi può capire; anzi, l’ideale è parlare direttamente con la persona o semplicemente tacere perché in fondo uno può sbagliare anche in buona fede.

Ma tutto questo discorso vale nel senso che abbiamo dimenticato che la maldicenza, la calunnie, la mormorazione sono estremamente pericolose se si vuole una società pacifica.

E nessuno ce lo dice.

Io ne ho sentito parlare solo una volta qualche anno fa da un giovane prete che definiva le nostre linguacce maldicenti come i nuovi forni crematori (che distruggono la reputazione e la serenità delle persone), ed ora per fortuna il Papa non smette mai di invitarci a guardarci da tante parole inutili.

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Il pettegolezzo è come l’idra di Lerna

Posté par atempodiblog le 30 novembre 2016

«Sì. Market Loughborough… nel Berkshire. Ho sempre saputo che era uno di quei posti dove la gente si dedica al pettegolezzo, ma non avevo mai preveduto che potesse arrivare al punto in cui è arrivata».  Tirò un po’ più avanti la seggiola. «Monsieur Poirot, non potete immaginare che cosa ho passato. In principio non avevo nessun sospetto di quello che stava accadendo. Mi ero accorto che la gente sembrava meno cordiale, che c’era una tendenza ad evitarmi… Ma avevo attribuito tutto questo… al lutto recente che mi aveva colpito. Poi questo atteggiamento è diventato più marcato. Capitava addirittura che la gente girasse l’angolo, in strada, per evitare di parlarmi. La clientela diminuiva. Dovunque andassi, mi accorgevo che si facevano commenti sottovoce, occhi malevoli mi sorvegliavano, lingue maligne bisbigliavano frasi velenose. Ho ricevuto anche un paio di lettere… cose ignobili».

Fece una pausa… poi continuò: «E… e io non so cosa farci. Non so come lottare contro questa… rete fatta di vili menzogne e di sospetto. Come si fa a smentire quello che vi è mai stato detto apertamente in faccia? Sono impotente… in trappola… e mi stanno distruggendo lentamente, senza pietà».

Poirot annuì con aria pensierosa. Poi disse: «Sì. Il pettegolezzo è proprio come l’idra di Lerna, l’idra a nove teste, che non poteva essere distrutta perché, non appena veniva tagliata una testa, subito al suo posto ne crescevano altre due».

di Agatha Christie – L’idra di Lerna

Il pettegolezzo è come l’idra di Lerna dans Citazioni, frasi e pensieri l_idra_di_Lerna

«Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; … Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio» (vv. 21-22). Con questo, Gesù ci ricorda che anche le parole possono uccidere! Quando si dice di una persona che ha la lingua di serpente, cosa si vuol dire? Che le sue parole uccidono! Pertanto, non solo non bisogna attentare alla vita del prossimo, ma neppure riversare su di lui il veleno dell’ira e colpirlo con la calunnia. Neppure sparlare su di lui. Arriviamo alle chiacchiere: le chiacchiere, pure, possono uccidere, perché uccidono la fama delle persone! È tanto brutto chiacchierare! All’inizio può sembrare una cosa piacevole, anche divertente, come succhiare una caramella. Ma alla fine, ci riempie il cuore di amarezza, e avvelena anche noi. Vi dico la verità, sono convinto che se ognuno di noi facesse il proposito di evitare le chiacchiere, alla fine diventerebbe santo! È una bella strada! Vogliamo diventare santi? Sì o no? [Piazza: Si!] Vogliamo vivere attaccati alle chiacchiere come abitudine? Sì o no? [Piazza: No!] Allora siamo d’accordo: niente chiacchiere! Gesù propone a chi lo segue la perfezione dell’amore: un amore la cui unica misura è di non avere misura, di andare oltre ogni calcolo.
[...] Da tutto questo si capisce che Gesù non dà importanza semplicemente all’osservanza disciplinare e alla condotta esteriore. Egli va alla radice della Legge, puntando soprattutto sull’intenzione e quindi sul cuore dell’uomo, da dove prendono origine le nostre azioni buone o malvagie.

Tratto da: l’Angelus di Papa Francesco (Domenica, 16 febbraio 2014)

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Le due mele

Posté par atempodiblog le 2 novembre 2016

Le due mele dans Fede, morale e teologia Le-due-mele

Una bambina teneva due mele con entrambe le mani. La mamma le si avvicina e chiede alla figlioletta se le potesse dare una delle sue due mele. La bimba rapidamente morde l’una e poi l’altra mela.

La mamma sente il sorriso sul suo volto congelarsi e cerca di non rivelare la sua delusione. Ma la bambina le porge una delle due mele dicendo: tieni mammina, questa è quella più dolce.

Non importa chi sei, come sei vissuto, e quanta conoscenza pensi di avere, ritarda sempre il giudizio. Dai agli altri il privilegio di spiegarsi. Quello che percepisci può non essere la realtà.

Tratta dal web

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Papa Francesco: cristiani rifiutino lotte, lavorare per l’unità nella Chiesa

Posté par atempodiblog le 21 octobre 2016

Papa Francesco: cristiani rifiutino lotte, lavorare per l’unità nella Chiesa
Umiltà, dolcezza, magnanimità. Nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, Papa Francesco ha indicato questi tre punti chiave per costruire l’unità nella Chiesa. Ancora una volta, il Pontefice ha dunque esortato i cristiani a rifiutare le gelosie, le invidie e le lotte.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

 Papa Francesco: cristiani rifiutino lotte, lavorare per l'unità nella Chiesa dans Commenti al Vangelo Papa_Francesco

“Pace a voi”. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia sottolineando che il saluto del Signore “crea un vincolo”, un vincolo di pace.

Un saluto, ha ripreso, che “ci unisce per fare l’unità dello spirito”. “Se non c’è pace – ha osservato – se non siamo capaci di salutarci nel senso più ampio della parola, avere il cuore aperto con spirito di pace, mai ci sarà l’unità”.

Lo spirito del male semina guerre, i cristiani evitino lotte 
E questo, ha precisato Francesco, vale per “l’unità nel mondo, l’unità nelle città, nel quartiere, nella famiglia”:

“Lo spirito del male semina guerre, sempre. Gelosie, invidie, lotte, chiacchiere … sono cose che distruggono la pace e pertanto non può essere l’unità. E come è il comportamento di un cristiano per l’unità, per trovare questa unità? Paolo dice chiaramente: ‘Comportatevi in maniera degna, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità’.

Questi tre atteggiamenti. Umiltà: non si può dare la pace senza l’umiltà. Dove c’è la superbia, c’è sempre la guerra, sempre la voglia di vincere sull’altro, di credersi superiore. Senza umiltà non c’è pace e senza pace non c’è unità”.

Riscoprire la dolcezza, il sopportarsi a vicenda
Il Papa ha quindi constatato con amarezza che abbiamo ormai “dimenticato la capacità di parlare con dolcezza, il nostro parlato è sgridarci. O sparlare degli altri … non c’è dolcezza”.

La dolcezza, invece, “ha un nocciolo che è la capacità di sopportare gli uni gli altri”: ‘Sopportandovi a vicenda’, dice Paolo. Bisogna avere pazienza, ha ripreso il Papa, “sopportare i difetti degli altri, le cose che non piacciono”:

“Primo: umiltà; secondo: dolcezza, con questo sopportarsi a vicenda; e terzo: magnanimità: cuore grande, cuore largo che ha capacità per tutti e non condanna, non si rimpiccolisce nelle piccolezze, ‘che ha detto questo’, ‘che ho sentito questo’, ‘che …’: no: largo il cuore, c’è posto per tutti. E questo fa il vincolo della pace, questo è il modo degno di comportarci per fare il vincolo della pace che è creatore di unità. Creatore di unità è lo Spirito Santo, ma favorisce, prepara la creazione dell’unità”.

Aiutiamo a costruire l’unità con il vincolo della pace
“Questa – ha detto ancora – è la maniera degna della chiamata del mistero al quale siamo stati chiamati, il mistero della Chiesa”. Il Papa ha così invitato tutti a riprendere il capitolo XIII della Lettera ai Corinzi che ci “insegna come fare lo spazio allo Spirito, con quali atteggiamenti nostri perché Lui faccia l’unità”:

“Il mistero della Chiesa è il mistero del Corpo di Cristo: ‘Una sola fede, un solo Battesimo’, ‘un solo Dio Padre di tutti che è al di sopra di tutti’, opera ‘per mezzo di tutti ed è presente in tutti’: questa è l’unità che Gesù ha chiesto al Padre per noi e che noi dobbiamo aiutare a fare, questa unità, con il vincolo della pace. E il vincolo della pace cresce con l’umiltà, con la dolcezza, con il sopportarsi l’uno con l’altro, e con la magnanimità”.

“Chiediamo che lo Spirito Santo – è stata la sua invocazione – ci dia la grazia non solo di capire, ma di vivere questo mistero della Chiesa, che è un mistero di unità”.

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Papa Francesco: “Ogni mafia è oscura!”

Posté par atempodiblog le 19 septembre 2016

Papa Francesco: “Ogni mafia è oscura!”
Tratto da: Radio Vaticana

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Papa Francesco: “[...] Ma quante volte la gente ha fiducia in una persona o in un’altra e questo trama il male per distruggerlo, per sporcarlo, per farlo venire a meno…

E’ il piccolo pezzetto di mafia che tutti noi abbiamo alla mano; quello che si approfitta della fiducia del prossimo per tramare il male, è un mafioso! ‘Ma, io non appartengo a …’: ma questa è mafia, approfittare della fiducia … E questo copre la luce. Ti fa oscuro. Ogni mafia è oscura!”.

Il Papa ha quindi messo l’accento sulla tentazione del litigare sempre con qualcuno, il piacere di litigare anche con chi non ci ha fatto “nulla di male”.

“Sempre – ha constatato – cerchiamo qualcosina per litigare. Ma alla fine stanca, litigare: non si può vivere. E’ meglio lasciar passare, perdonare”, “far finta di non vedere le cose … non litigare continuamente”:

“Un altro consiglio che dà questo Padre ai figli per non coprire la luce: ‘Non invidiare l’uomo violento e non irritarti per tutti i suoi successi, perché il Signore ha in orrore il perverso, mentre la sua amicizia – del Signore – è per i giusti’[...]”.

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Il Papa ai giovani italiani: il programma di vita è fare ponti

Posté par atempodiblog le 28 juillet 2016

Il Papa ai giovani italiani: il programma di vita è fare ponti
In Polonia si è vissuta una serata di musica e spettacolo rivolta ai giovani italiani. Momento culminante dell’evento, denominato ‘Live da Cracovia’ e organizzato dal Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile della Conferenza episcopale italiana, è stato l’intervento video in diretta di Papa Francesco che ha risposto alle domande di tre giovani. Il Santo Padre ha esortato i giovani ad andare oltre le ferite, a vincere “il terrorismo delle chiacchiere” e a costruire ponti di pace.
di Amedeo Lomonaco – Radio Vaticana

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La paura è un trauma che può lasciare delle cicatrici ma non cancellare gli orizzonti, la voglia di andare oltre. E’ questo il senso della risposta del Papa ad una ragazza che ha raccontato di non essere salita per puro caso a bordo di uno dei due treni che lo scorso 23 luglio si sono scontrati in Puglia provocando la morte di 23 persone:

La saggezza riesce a leggere le cicatrici
La ragazza, che conosceva una delle vittime – uno dei due macchinisti – ha detto che l’incidente ferroviario l’ha particolarmente sconvolta. Queste le parole del Papa:

“Quello che è successo a te è una ferita; alcuni sono stati feriti nell’incidente – nel corpo, no? – e tu sei stata ferita nel tuo animo, nel tuo corpo, nel tuo cuore e la ferita si chiama “paura”… Tu hai subito uno shock, uno shock che non ti fa stare bene, ti fa male ma questo shock ti dà anche l’opportunità di andare oltre… La vita è piena di cicatrici. La saggezza, la saggezza umana… è proprio questo: portare avanti le cose belle e le cose brutte della vita”.

Terrorismo delle chiacchiere
Contro quello che il Papa ha definito “terrorismo delle chiacchiere”, la forza più grande è il perdono. Sono queste le parole che Papa Francesco ha rivolto ad una ragazza trasferitasi in Italia da bambina e vittima di bullismo. Il Santo Padre si è rivolto così a questa giovane che ha detto di aver tentato anche il suicidio:

“La crudeltà è un atteggiamento umano che è proprio alla base di tutte le guerre, di tutte. La crudeltà che non lascia crescere l’altro, la crudeltà che uccide l’altro… Le chiacchiere sono un terrorismo. è una cosa che noi dobbiamo vincere.

Come si vince, questo?  Si può perdonare totalmente? E’ una grazia che dobbiamo chiedere al Signore. Noi, da noi stessi, noi non possiamo. è una grazia che ti dà il Signore, il perdono… E anche, c’è un altro atteggiamento che va proprio contro questo terrorismo della lingua, siano le chiacchiere, gli insulti e tutto questo: è l’atteggiamento della mitezza”.

I ponti uniscono, i muri dividono
Rispondendo alla terza domanda rivolta da un giovane che era a Monaco di Baviera lo scorso 22 luglio – quando è stato compiuto l’attentato costato la vita a 10 persone – il Pontefice ha affermato che i ponti sono la via per la pace:

“La pace costruisce ponti, l’odio è il costruttore dei muri. Tu devi scegliere, nella vita: o faccio ponti, o faccio muri. I muri dividono e l’odio cresce… I ponti uniscono.

Quando tu stringi la mano a un amico, a una persona, tu fai un ponte umano.  Invece, quando tu colpisci un altro, insulti un altro, tu costruisci un muro. Io voglio vedere tanti ponti umani … Ecco, così: alzate bene le mani … E’ così. Questo è il programma di vita: fare ponti, ponti umani”.

Il saluto dalla finestra dell’arcivescovado
Affacciandosi dalla finestra dell’arcivescovado, il Papa ha infine ricordato un giovane volontario polacco alla Giornata mondiale della gioventù morto recentemente di cancro. Come grafico ha dato un prezioso contributo. “Questo ragazzo che ha lavorato tanto per la Gmg – ha detto il Santo Padre – adesso è in Cielo, con Gesù. Lì lo incontreremo un giorno”.

“Ora io mi ritiro. Voi - ha affermato infine il Papa – dovete fare il vostro dovere, che è fare chiasso tutta la notte, e far vedere la vostra gioia cristiana, la gioia che il Signore vi dà di essere la comunità che segue Gesù”.

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