Natale: un calore che scioglie i cuori induriti
Posté par atempodiblog le 25 décembre 2024
Natale: un calore che scioglie i cuori induriti
L’intervento del Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione: per quanto ci si impegni ad oscurarne il significato, questa rimane la festa che unisce tutti, credenti e atei
di Davide Prosperi – Corriere della Sera
Caro direttore,
in una recente intervista al Corriere, Lorenzo Jovanotti dice a un certo punto, commentando Imagine di John Lennon: «Un mondo senza religioni sarebbe peggiore, perché la fede è la cosa più umana di te. (…) Il punto non è liberarsi delle religioni; è liberarci». E più avanti: la Chiesa è «casa mia». In questo, Jovanotti descrive un’esperienza che è anche la mia. Ma soprattutto ha espresso una posizione rivoluzionaria rispetto al pensiero comune.
Le sue parole aprono interrogativi che credo riguardino tutti: in che senso la fede può liberarci? E in che modo la Chiesa, cioè una realtà umana fatta di persone limitate e fragili come tutti, può essere luogo di vera liberazione? Sembra solo una favola, o un’assurdità. C’è però un dato innegabile: tutti hanno il desiderio di essere davvero liberi. Liberi da quel sentimento d’essere niente, numeri casuali persi in una massa indistinta; un sentimento che neanche l’espandersi di una libertà fondata sui diritti e sulla tecnologia è in grado di sopire.
Ci ritroviamo così a sopprimere questo desiderio con svariate distrazioni, immersi in una cultura che fa di tutto per favorirle. E dunque? Scrive Italo Calvino, riferendosi a quella sorta di “inferno” che è spesso la vita quotidiana: «Due modi ci sono per non soffrirne; il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più; il secondo è rischioso ed esige attenzione ed approfondimento continuo, cioè cercare e saper riconoscere chi e che cosa in mezzo all’inferno non è inferno e farlo durare, e dargli spazio».
In apparenza, di fronte al moltiplicarsi di guerre e di episodi di intolleranza e violenza, di fronte all’aridità che spesso prevale nelle nostre giornate, viene la tentazione di rassegnarsi al primo modo. A meno che, in mezzo all’inferno, ci sia davvero qualcosa che inferno non è. Don Giussani commenta così la frase di Calvino: «“Chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno”. È accaduto, questo! (…) il Destino, il Destino nostro, si è reso Presenza. Ma Presenza come padre, madre, fratello, amico, come un compagno improvviso di cammino. Un compagno di cammino: Emmanuele, il Dio con noi! È accaduto questo!». In un momento preciso della storia, è accaduto qualcosa di nuovo che ha cambiato tutto. Eppure, senza apparentemente cambiare niente.
Ecco la cosa veramente “rivoluzionaria” del Natale. Che cosa può cambiare infatti un bambino che giace in una mangiatoia? Per quanto ci si impegni ad oscurarne il significato, questa rimane la festa che unisce tutti, credenti e atei. Quasi inconsciamente tutti sentono lo strano, paradossale calore che si sprigiona da quel neonato che giace al freddo. Un calore che scioglie i cuori induriti, che unisce e riconcilia, ridando speranza. Non credo sia un caso che il Natale si tenda a festeggiarlo con i propri cari. È proprio a Natale, davanti a questo Dio bambino che dorme tra le braccia di sua madre, che riscopriamo il potere che anche i nostri fragili corpi hanno di dirci gli uni gli altri ciò che è più essenziale, scambiandoci l’unica parola che davvero libera: sei amato. Don Giussani diceva che «occorrerebbe guardare alla famiglia come all’esempio più impressionante dell’Incarnazione».
Attraverso la pochezza apparente della nostra umanità continua a passare il calore della compagnia di Dio alla nostra vita: padre, madre, fratello, amico. Dante allude a tutto questo da par suo, nel XXX Canto del Purgatorio: “Io vidi già nel cominciar del giorno / la parte oriental tutta rosata, / e l’altro ciel di bel sereno addorno; / e la faccia del sol nascere ombrata, / sì che per temperanza di vapori / l’occhio la sostenea lunga fiata”. Come l’intensità abbagliante della luce del sole diviene all’alba sopportabile alla vista, grazie ai “vapori rosacei” che a quell’ora la “temperano”, così, l’amore divino, si rende afferrabile, percepibile, attraverso il “rosa” della nostra carne, attraverso cioè una compagnia umana. Non c’è un annuncio più paradossale e al tempo stesso più ragionevole. Ed io mi ritrovo a dire, con umile gratitudine, assieme a tanti altri amici, che questa compagnia guidata dal Papa, la Chiesa, “è casa mia”. Con il desiderio di darle spazio, offrendola a tutti.
L’autore è Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione
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