Vedere, o no

Posté par atempodiblog le 1 juillet 2022

Vedere, o no
di Marina Corradi – Avvenire

Vedere, o no dans Aborto Vita-che-nasce

Una giovane coppia sull’ascensore di una maternità milanese. Sorridono, parlano eccitati guardando qualcosa sullo smartphone. «Ha già la bocca! E che naso!», dice lei, e ride. E chiama la madre, «Ciao mamma, sì, dieci settimane, sta benissimo, si vedono le manine, i piedi…». Della madre non sento la risposta, ma già deve parlare di corredini, «Sì, certo mamma, andiamo insieme…», risponde la ragazza. I due escono abbracciati, ancora riguardando il video. Il più emozionante dei video: tuo figlio appena spuntato da quel buio, che lo avvolge come una notte. E sì, ha il naso, la bocca, le mani. È una cosa straordinaria. È lungo pochi millimetri. Ma sarà un uomo, sarà una donna. Quando vedo questa naturale gioia davanti a un’ecografia, un pensiero però mi sbalordisce: quella stessa creatura, se non fosse desiderata da sua madre, non sarebbe niente, sarebbe qualcuno di eliminabile, anzi qualcuno che per qualcun altro è un “diritto” eliminare. E guai a obiettare, a provare a discuterne: pare un sacrilegio.

Fatico a capire questo sguardo strabico. Se lo si vuole è un bambino, sennó, non è niente. Certo, quel figlio vive nel corpo di una donna. Ma la tua libertà può cancellare una vita, sia pure dipendente da te? Ed è un dogma, questo diritto, e perché?

Se quel video fosse mostrato a delle ragazzine delle medie, senza parole. Un bambino? Un niente? A 13 anni forse si vede ancora la realtà. Poi, l’ideologia ti rieduca.

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Le parole di Papa Francesco sulla vita

Posté par atempodiblog le 25 juin 2022

Le parole di Papa Francesco sulla vita
Nei suoi nove anni di Pontificato, Francesco ha pronunciato parole molto chiare sulla difesa della vita nascente che, afferma, è legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. La vita, osserva, va difesa sempre: quella dei nascituri come quella degli anziani e dei malati o di chi rischia di morire per fame o sul lavoro o sui barconi dei migranti
di Vatican News

Le parole di Papa Francesco sulla vita dans Aborto Papa-Francesco-benedice-una-donna-incinta

La Chiesa difende la vita, in particolare la vita di chi non ha voce. Nella Chiesa – ricorda il Papa in “Evangelii gaudium” - c’è un segno che non deve mai mancare: “l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via” (EG 195). È l’attenzione preferenziale per i più deboli.

Al fianco dei più deboli e dei diritti umani
“Tra questi deboli, di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione – sottolinea Francesco – ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo. Frequentemente, per ridicolizzare allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri, si fa in modo di presentare la sua posizione come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Eppure questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno” (EG 213).

Non è progressista eliminare una vita umana
Papa Francesco ha parole chiare: “Non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione su questa questione. Voglio essere del tutto onesto al riguardo. Questo non è un argomento soggetto a presunte riforme o a ‘modernizzazioni’. Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana. Però è anche vero che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie, particolarmente quando la vita che cresce in loro è sorta come conseguenza di una violenza o in un contesto di estrema povertà. Chi può non capire tali situazioni così dolorose?” (EG 214). Il Papa ha parole molto forti: l’aborto “è un crimine. È fare fuori uno per salvare un altro. È quello che fa la mafia” (Conferenza stampa durante il volo di ritorno dal Messico, 17 febbraio 2016). “È come affittare un sicario per risolvere un problema” (Udienza generale,10 ottobre 2018).

Aborto, problema umano non religioso
Il Papa lo ha ripetuto più volte che il problema dell’aborto “non è un problema religioso: noi non siamo contro l’aborto per la religione. No. È un problema umano” (Conferenza stampa durante il volo di ritorno da Dublino, 26 agosto 2018). E spiega: “L’aborto è un omicidio. L’aborto… senza mezze parole: chi fa un aborto, uccide. Prendete voi qualsiasi libro di embriologia, di quelli che studiano gli studenti nelle facoltà di medicina. La terza settimana dal concepimento, alla terza settimana, tante volte prima che la mamma se ne accorga, tutti gli organi stanno già lì, tutti, anche il DNA. Non è una persona? È una vita umana, punto. E questa vita umana va rispettata (…) Scientificamente è una vita umana. I libri ci insegnano. Io domando: è giusto farla fuori, per risolvere un problema? Per questo la Chiesa è così dura su questo argomento, perché, se accetta questo, è come se accettasse l’omicidio quotidiano” (Conferenza stampa durante il volo di ritorno da Bratislava, 15 settembre 2021).

I piccoli gettati dagli spartani
“Da bambino, alla scuola – ricorda il Papa – ci insegnavano la storia degli spartani. A me sempre ha colpito quello che ci diceva la maestra, che quando nasceva un bambino o una bambina con malformazioni, lo portavano sulla cima del monte e lo buttavano giù, perché non ci fossero questi piccoli. Noi bambini dicevamo: ‘Ma quanta crudeltà!’. Fratelli e sorelle, noi facciamo lo stesso, con più crudeltà, con più scienza. Quello che non serve, quello che non produce va scartato. Questa è la cultura dello scarto, i piccoli non sono voluti oggi” (Omelia a San Giovanni Rotondo, 17 marzo 2018).

Difendere ogni vita, sempre
Francesco ricorda che stare dalla parte della vita non vuol dire occuparsene solo al suo inizio o alla sua fine, ma significa difenderla sempre: “Il grado di progresso di una civiltà si misura proprio dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili, più che dalla diffusione di strumenti tecnologici. Quando parliamo dell’uomo, non dimentichiamo mai tutti gli attentati alla sacralità della vita umana. È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia. È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza. È attentato alla vita la morte per denutrizione. È attentato alla vita il terrorismo, la guerra, la violenza; ma anche l’eutanasia. Amare la vita è sempre prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, coltivare e rispettare la sua dignità trascendente” (Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dall’associazione Scienza e vita, 30 maggio 2015).

La misericordia è per tutti
Il Papa sottolinea il dramma che vivono le donne e a chi lo accusa di non avere misericordia risponde così: “Il messaggio della misericordia è per tutti, anche per la persona umana che è in gestazione. È per tutti. Dopo aver fatto questo fallimento, c’è misericordia pure, ma una misericordia difficile, perché il problema non è nel dare il perdono, il problema è nell’accompagnare una donna che ha preso coscienza di avere abortito. Sono drammi terribili. Una volta ho sentito un medico che parlava di una teoria secondo cui – non mi ricordo bene… – una cellula del feto appena concepito va al midollo della mamma e lì c’è una memoria anche fisica. Questa è una teoria, ma per dire: una donna quando pensa a quello che ha fatto… Io ti dico la verità: bisogna essere nel confessionale, e tu lì devi dare consolazione, non punire niente. Per questo io ho aperto la facoltà di assolvere [dal peccato di] aborto per misericordia, perché tante volte – ma sempre – devono incontrarsi con il figlio. E io consiglio, tante volte, quando piangono e hanno quest’angoscia: “Tuo figlio è in cielo, parla con lui, cantagli la ninna nanna che non hai cantato, che non hai potuto cantargli”. E lì si trova una via di riconciliazione della mamma con il figlio. Con Dio già c’è: è il perdono di Dio. Dio perdona sempre. Ma la misericordia è anche che lei [la donna] elabori questo. Il dramma dell’aborto. Per capirlo bene, bisogna essere in un confessionale. È terribile » (Conferenza stampa durante il volo di ritorno da Panama, 28 gennaio 2019).

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Il 41° anniversario delle apparizioni della Madonna a Medjugorje

Posté par atempodiblog le 25 juin 2022

Il 41° anniversario delle apparizioni della Madonna a Medjugorje
di Padre Livio Fanzaga
Tratto da: Blog di p. Livio – Direttore di Radio Maria

Il 41° anniversario delle apparizioni della Madonna a Medjugorje dans Aborto Apparizioni-della-Gospa-a-Medjugorje

Cari amici,

oggi festeggiamo il 41.mo anniversario delle apparizioni della Madonna a Medjugorje.

Chi avrebbe mai immaginato una così lunga presenza della Madre di Dio in mezzo a noi come Madre che ci protegge e Maestra che ci guida?

Dobbiamo essere grati alla “Gospa” che ci ha chiamato e ci ha coinvolto nel suo piano di salvezza per il mondo.

Oggi rinnoviamo il nostro “Sì, Sì” e la nostra Consacrazione al suo Cuore Immacolato.

Ringraziamola per il grande dono di Radio Maria col quale ha fatto giungere i suoi messaggi in ogni parte del mondo.

Restiamo fedeli nel tempo delle prove in modo da giungere con Lei ai tempi nuovi della benedizione e della pace.

P.S.
Ringraziamo la Madonna che, per il suo anniversario, ha voluto fare il dono inestimabile della sentenza della Corte suprema americana che limiterà molto la pratica dell’aborto e la mentalità abortista negli USA e nel mondo.

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Questa può essere l’ultima generazione di persone con la sindrome di Down

Posté par atempodiblog le 7 octobre 2021

Questa può essere l’ultima generazione di persone con la sindrome di Down
E non è una buona notizia. Discriminati e abortiti, i bambini affetti da Trisomia 21 sono sempre di meno. La medicina dà loro una vita “normale”, la società preferisce scartarli
di Piero Vietti  Tempi

Questa può essere l’ultima generazione di persone con la sindrome di Down dans Aborto Il-talento-non-fa-differenz
Una delle foto esposte nell’esposizione “Il talento non fa differenze. Mostra fotografica su bambini di talento ed ex bambini divenuti artisti”, nel 2011 a Siena (foto Ansa)

Quando Arthur è nato, e i suoi genitori hanno scoperto che soffriva della sindrome di Down, sua mamma Rebecca ha pensato «che non sarei mai più andata in vacanza e che non avrei mai più avuto una vita. Ma Arthur è fantastico, divertente, brillante ed è una gioia assoluta».

I test nipt spingono ad abortire
Rebecca è Rebecca Hulbert, attrice inglese che in un’intervista al quotidiano britannico Telegraph ha raccontato la storia di suo figlio: «Non sapevo che avesse la sindrome di Down finché non è nato. Mi spaventa pensare a cosa avrei fatto se l’avessi scoperto quando ero incinta. Non avevo mai incontrato nessuno con quella condizione, avevo solo immagini stereotipate di cosa fosse». Da luglio di quest’anno tutte le donne incinte inglesi posso effettuare gratuitamente i test non invasivi nipt (già introdotti nel sistema sanitario qualche anno fa), che da una semplice analisi del sangue riesce a individuare se il feto ha quella copia in più del cromosoma 21 che causa la sindrome di Down.

Ora c’è un dato che rende questo servizio pagato dello stato una notizia preoccupante, e che fa dire a Rebecca Hulbert di «avere la nausea vedendo che stiamo percorrendo la strada dell’eliminazione delle persone»: nei paesi in cui questo tipo di screening viene offerto, quasi tutte le donne abortiscono il nascituro che risulta affetto da trisomia 21. Spaventati dalle disabilità che il figlio avrà in vita, sempre più genitori preferiscono togliersi una fatica che temono di non potere affrontare. Il risultato è che «la popolazione globale con sindrome di Down sta precipitando», scrive il Telegraph, ed è destinata a scomparire.

Le nascite «immorali»
I numeri ci dicono che questa è probabilmente l’ultima generazione di persone con la sindrome di Down. Vittoria per la scienza e la salute dell’umanità? Non esattamente. C’è innanzitutto un piano umano di cui tenere conto, a prescindere dall’accettazione morale dell’aborto in quanto tale. «Invece di sostenere i nostri simili con la sindrome di Down e i loro genitori, incondizionatamente, invitiamo questi ultimi a porre fine alle loro vite», dice al Telegraph la dottoressa Helen Watts dell’Anscombe Bioethics Centre. «L’assenza dalla nostra comunità di persone con sindrome di Down lascia chi di loro riesce a nascere con la sensazione di non essere graditi e accolti dalla società».

Eppure illustri studiosi hanno spiegato che è giusto così: il biologo e scienziato di Oxford Richard Dawkins, che anni fa disse che «un feto è meno umano di un maiale adulto», ha ribadito che la possibilità tecnica di effettuare lo screening prenatale ha di fatto reso «immorale» mettere al mondo un bambino con quella sindrome. Il filosofo e professore di Bioteica a Princeton Peter Singer ha detto che in fin dei conti la perdita di bimbi con sindrome di Down è un danno «riequilibrato dalla nascita di altri bambini» che quegli stessi genitori che hanno deciso di abortire avranno, quindi accettabile. Il dramma è che il pensiero di Dawkins e Singer non è così lontano da quello di tanti.

I passi avanti della medicina
Bisognerebbe mettersi d’accordo sul significato del termine “accettabile”: la legge che ha depenalizzato l’aborto in Inghilterra nel 1967 permette di abortire legalmente fino all’ultimo giorno di gravidanza un figlio con gravi disabilità (per qualcuno l’aborto è più aborto che per gli altri, scrivevamo). A poco servono le proteste di attivisti e associazioni che difendono i diritti di queste persone, le quali ricordano come ormai molti dei tratti legati alla disabilità di chi è affetto da questa sindrome possono essere curati, e che essendo immuni a diversi tipi di cancro il loro patrimonio genetico può offrire informazioni importanti alla ricerca: in Danimarca ormai il 95 per cento degli screening positivi portano a un aborto, in Islanda il 100 per cento dal 2017, e in tutta Europa in pochi anni è nato il 54 per cento in meno di bambini down.

Spiega ancora il Telegraph che adesso la battaglia è impostata sul creare consapevolezza nei genitori che «grazie alla medicina moderna, i loro figli possono frequentare le scuole tradizionali, vivere in modo indipendente e godere di un’aspettativa di vita simile al resto di noi. Cinquant’anni fa la sindrome di Down era considerata una grave disabilità. La maggior parte dei bambini colpiti è stata sottratta ai genitori, non istruita e cresciuta in istituti, dove è morta prima dell’età adulta. Ora la maggior parte delle complicazioni associate alla sindrome, comprese le difficoltà di apprendimento, possono essere trattate in tutto o in parte».

I down possono essere discriminati
Tempi vi ha raccontato della ventiseienne Heidi Crowter, ragazza con la sindrome di Down che ha provato a cambiare la legge sul’aborto tardivo in Inghilterra, e della sua campagna Don’t Screen Us Out respinta lo scorso 23 settembre dall’alta corte (per Heidi la legge è «offensiva e non rispetta la mia vita», ma oggi sono altre offese che vengono tutelate). Crowter sosteneva che ai genitori di bambini con diagnosi di disabilità non vengono fornite le informazioni e l’aiuto di cui hanno bisogno per scegliere di accettare e crescere il loro bambino disabile.

Il fatto è che, con buona pace delle teorie di Dawkins e Singer, le persone con sindrome di Down non sono mai state bene come adesso, la scienza e lo studio della malattia permettono una vita “normale” e felice e in moltissimi casi. Il Telegraph ha intervistato anche Máire Lea-Wilson, di cui Tempi aveva scritto qui, mamma trentatreenne di Aidan che dopo avere effettuato lo screening ha subito pressioni dai medici fino all’ultimo gioro di gravidanza perché abortisse. Da bambina però Máire aveva una compagna di scuola affetta dalla sindrome di Down, e la ricorda felice e non problematica. Tanto è bastato per scegliere di non uccidere suo figlio.

Più ricerca, meno aborti
Ma se in Inghilterra (e in generale in Europa) la situazione è questa, in America le cose vanno un po’ meglio: grazie alle limitazioni dei finanziamenti alla disponibilità di test e a un’opposizione combattiva all’aborto le nascite di bambini con sindrome di Down sono diminuite solo di un terzo. Frank Stephens, attivista della Global Down Syndrome Foundation, dice da anni che i fondi federali dovrebbero essere utilizzati per migliorare la vita delle persone colpite, piuttosto che eliminare i bambini con quella condizione.

«Siamo il canarino nella miniera di carbone eugenetica», aveva detto al Congresso nel 2017, «stiamo aiutando a sconfiggere il cancro e l’Alzheimer, e rendiamo il mondo un posto più felice». Le argomentazioni pro life contro l’aborto non reggono più a livello di dibattito pubblico, lo sappiamo, ecco perché Stephens ha ribaltato il tavolo buttandola sulla ricerca: le informazioni contenute nel patrimonio genetico delle persone con sindrome di Down sono utili alla ricerca scientifica per curare le malattie che affliggono tutti, loro compresi. Non trattandole da cavie, ma da «individui che hanno diritto alla salute e alla felicità», dice al Telegraph Brian Skotko, genetista della Harvard Medical School.

Fallito l’assalto al comma della legge che in Inghilterra permette l’aborto tardivo nel caso di malformazioni, il fronte si sta riorganizzando con una proposta di legge per «definire una strategia nazionale per identificare e soddisfare i bisogni di tutti gli adulti e i bambini che vivono con quella condizione». «Mi sento molto triste e preoccupata», ha detto Rebecca Hulbert al Telegraph, «stiamo cercando di creare una razza superiore di bambini tutti uguali tra loro e capaci di andare a Oxford, o vogliamo anche persone che sappiano capire come ti senti e ti abbraccino? Abbiamo bisogno di più Arthur, Aidan e Heidi in questo mondo».

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Stop all’aborto eugenetico, la Polonia fa la storia

Posté par atempodiblog le 25 octobre 2020

Stop all’aborto eugenetico, la Polonia fa la storia
Il 22 ottobre la Corte costituzionale ha dichiarato che il cosiddetto «aborto terapeutico» (l’uccisione del malato) è incompatibile con la carta fondamentale polacca, che tutela il diritto alla vita. Proteste violente da parte degli abortisti. L’evento è storico e mostra, anche all’Italia, che le norme ingiuste si possono abolire
di Roberto Marchesini – La nuova Bussola Quotidiana

Stop all’aborto eugenetico, la Polonia fa la storia dans Aborto Stop-all-aborto-eugenetico-la-Polonia-fa-la-storia

Il 22 ottobre 2020, memoria di san Giovanni Paolo II, è una data che resterà negli annali della difesa della vita nascente. La Corte costituzionale della Polonia ha infatti dichiarato che l’«aborto terapeutico» (cioè eliminare la malattia uccidendo il malato), che in Polonia è chiamato anche «aborto eugenetico», è incompatibile con la Costituzione di quel Paese.

Ricapitoliamo. L’articolo 4.a della legge del 7 gennaio 1993 sulla pianificazione familiare, la protezione del feto umano e le condizioni per consentire l’interruzione della gravidanza prevede che si possa abortire nei seguenti casi:

1) la gravidanza rappresenta una minaccia per la vita o la salute di una donna incinta;

2) i test prenatali o altre indicazioni mediche indicano un’alta probabilità di un danno grave e irreversibile del feto o di una malattia incurabile potenzialmente letale;

3) vi è un giustificato sospetto che la gravidanza sia derivata da un atto illecito.

Il punto due permette quindi il cosiddetto «aborto terapeutico». Nel 2019, 119 parlamentari di PiS (Diritto e Giustizia), PSL-Kukiz’15 e Konfederacji hanno chiesto alla Corte costituzionale se questa legge fosse conforme alla Costituzione polacca. La carta fondamentale, infatti, all’articolo 38, dichiara: «La Repubblica di Polonia offre a tutti la protezione legale della vita». Tutti significa tutti, senza distinzioni tra sani e malati, tra bambini e adulti. La Corte Costituzionale, dietro una specifica richiesta di alcuni parlamentari, ha infatti stabilito che la legge che regola l’aborto in Polonia viola la Costituzione. Questa sentenza avrà conseguenze enormi sulla legislazione polacca in materia.

Si tratta di un evento epocale e clamoroso che, purtroppo, non ha avuto alcuna risonanza sui media mondiali, così come su quelli italiani. Ovviamente ci sono state reazioni, anche violente. Una folla di democratici, di quelli che «le sentenze non si discutono», hanno inscenato una manifestazione «pacifica» sullo stile del movimento Black Lives Matters: si sono radunati con il volto mascherato (del resto, c’è il Covid), armati di pietre e bastoni. Non davanti al parlamento, non davanti alla sede della Corte Costituzionale: davanti all’abitazione privata del leader del PiS, Jarosław Kaczyński. La manifestazione è stata così democratica e pacifica che la polizia ha dovuto intervenire per proteggere l’abitazione del politico; ovviamente, le forze dell’ordine sono stati bersagliati da una gragnuola di pietre democratiche e pacifiche.

Ci sono state proteste, più o meno dello stesso tenore, anche davanti alle sedi del PiS e della Corte Costituzionale (qui alcuni filmati). I media hanno riportato la notizia degli scontri, sostenendo che le due parti erano «donne polacche» contro il PiS; eppure gran parte dei manifestanti sembravano attivisti Lgbt (vedi qui). La polizia ha arrestato 15 manifestanti colpevoli di aver lanciato pietre sulle forze dell’ordine. Alcuni manifestanti si sono anche recati presso l’abitazione di un giudice della Corte Costituzionale, la professoressa Krystyna Pawłowicz, e l’hanno aggredita fisicamente; solo l’intervento della polizia ha potuto interrompere l’aggressione.

Spero vivamente che questa vicenda sia un incoraggiamento per il popolo della vita italiano. Non è quindi vero che bisogna rassegnarsi all’aborto e che l’abolizione delle leggi che lo permettono sia un obiettivo irrealistico. Ma, soprattutto, insegna quali sono le strategie realmente efficaci per contrastare questa piaga sociale e morale. In questo caso, a mio modesto parere, si sono rivelati efficaci l’occupazione gramsciana dei posti di potere e la conoscenza dei meccanismi politici e istituzionali.

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Il dramma dell’aborto

Posté par atempodiblog le 10 août 2020

Ministro Speranza non ho mai visto pace nel cuore di donne che hanno abortito. Solo chi come noi sacerdoti ascolta e confessa conosce questo dramma per cui tante mamme non riescono a trovar ragione.

Altro che conquista di civiltà!

don Giovanni d’Ercole

Il dramma dell'aborto dans Aborto bimbo-in-pancia

Italia: aborto farmacologico fino alla nona settimana e senza ricovero
L’annuncio in un tweet del ministro della Salute Roberto Speranza. Il commento della presidente nazionale del Movimento per la Vita, Marina Casini: scelta legata a motivazioni ideologiche e a risparmi economici, le donne saranno sole in un momento difficile per la loro salute, mentre l’eliminazione di una vita umana viene banalizzata
di Amedeo Lomonaco – Vatican News

La pillola abortiva Ru486 potrà essere assunta, senza ricovero obbligatorio, fino alla nona settimana di gestazione. È quanto prevedono in Italia le nuove linee di indirizzo per l’interruzione volontaria di gravidanza che saranno emanate dal Ministero della Salute: è quanto annunciato stamattina su Twitter dal ministro Roberto Speranza. La pillola potrà essere somministrata nelle “strutture pubbliche del sistema sanitario nazionale e quelle private convenzionate autorizzare dalle Regioni”. Nelle nuove linee guida l’aborto farmacologico viene definito sicuro e si aggiunge che dopo mezz’ora la donna potrà tornare a casa. Le nuove direttive superano dunque quelle precedenti che invece consigliavano, per sicurezza, tre giorni di ricovero per l’aborto farmacologico. Viene inoltre superata la limitazione a 7 settimane che vigeva finora.

Donne lasciate sole
Recentemente la Regione Umbria aveva eliminato la possibilità per le donne di ricorrere all’aborto farmacologico in day hospital. Una decisione che ha portato il ministro della Salute Roberto Speranza a richiedere un parere del Consiglio Superiore di Sanità. Da questo parere sarebbero scaturite le nuove linee di indirizzo per l’interruzione volontaria di gravidanza. La procedura farmacologica finalizzata all’aborto è distinta in più fasi. Si basa sull’assunzione di almeno due principi attivi diversi: il mifepristone, che provoca la morte dell’embrione, e la prostaglandina, che porta all’espulsione del feto. Con le nuove linee di indirizzo – afferma la presidente nazionale del Movimento per la Vita Marina Casini - la donna viene lasciata sola in una situazione non esente da rischi per la salute:

R. - Si tratta di un aborto vero e proprio. Non è ‘meno aborto’ per il fatto che non avviene con gli strumenti chirurgici. Siamo di fronte ad una propaganda a favore di questa pillola abortiva Ru486. Siamo di fronte ad una provocazione che ha uno scopo ideologico: quello di rendere l’aborto un fatto tanto banale – basta in fondo bere un bicchiere d’acqua – da far dimenticare che c’è in gioco la distruzione di un essere umano nella fase prenatale della propria vita. Ed è funzionale a questa propaganda ingannatoria il falso ritornello che la Ru486 tutelerebbe la salute della donna e diminuirebbe la sua sofferenza per l’aborto. Noi sappiamo bene, perché ormai ci sono tante esperienze in questo senso, che non è affatto così. Ma in questa direzione vanno però, purtroppo, le due novità. Sono quella di sganciare l’aborto farmacologico da un controllo medico, che va dall’inizio alla fine della “procedura”, e quella addirittura di voler estendere il periodo in cui si può assumere questo prodotto fino alla nona settimana.

Per quanto riguarda la rimozione del ricovero obbligatorio, c’è da dire che la donna può tornare a casa dopo mezz’ora..
R. - Vorrei ricordare che già nel 2009, l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) pubblicò un documento in cui, pur avendo autorizzato la vendita della pillola Ru486, stabilì che doveva essere garantito il ricovero dal momento dell’assunzione fino alla verifica dell’espulsione del feto. Tutto il percorso abortivo deve avvenire sotto la sorveglianza di un medico del servizio ostetrico-ginecologico. E questo perché si tratta di assumere due pillole: una provoca la morte del feto, l’altra le contrazioni e l’espulsione del bambino. Se tutto questo avviene sotto l’esclusivo monitoraggio della donna, significa che la donna viene ricacciata in una situazione di solitudine. Viene affidato a lei e soltanto a lei la morte del figlio. Viene ingannata dicendo che si tratta di un sistema che tutela maggiormente la salute e che la fa soffrire d meno. Non è così: spesso e volentieri ci sono un sacco di complicazioni, di complicanze e di effetti collaterali negativi che vanno dal vomito alla nausea, in qualche caso anche episodi di decessi – questo è stato tutto documentato – ed emorragie fortissime che poi hanno comunque portato la donna in pronto soccorso per arrivare al raschiamento e quindi, comunque, all’intervento comunque chirurgico. C’è questo falso mito dell’aborto come fattore di libertà, di diritto della donna. Ma non è affatto così.

L’altro aspetto, per quanto riguarda l’aborto farmacologico, riguarda l’estensione fino alla nona settimana di gravidanza…
R. - Il fatto che ci sia il prolungamento fino addirittura alla nona settimana è gravissimo: noi sappiamo che questo prodotto è stato calibrato – purtroppo dobbiamo parlare in questi termini, ma questi sono i fatti – per arrivare alla uccisione del bambino entro un determinato periodo di tempo, ovvero 7 settimane. Quindi, allungare questo periodo di tempo significa oltretutto, non soltanto evidentemente continuare ad esporre la donna ad un rischio grave per la sua salute, ma significa anche non riuscire a completare l’aborto e provocare delle gravi malformazioni, delle gravi anomalie al bambino. Stiamo ritornando dell’aborto clandestino. Oggi ci sono nuove forme di clandestinità. Ci sono le pillole del giorno dopo e dei 5 giorni dopo, che sono aborti illegali veri e propri quando ovviamente il concepimento è avvenuto, ma c’è anche questa modalità di procurare l’aborto attraverso la Ru486 al di fuori di qualsiasi controllo medico e di vigilanza sulla donna. La donna viene veramente lasciata sola e, nello stesso tempo, anche ingannata.

Un aspetto della procedura farmacologica rispetto all’aborto chirurgico, che richiede il ricovero, anestesie e sale operatorie è connesso al risparmio economico…
R. - È molto meno dispendioso dare questo prodotto alla donna e dire: fai da te, fai da sola. Si risparmiano posti letto, anestesie ed anche investimento umano di medici e di operatori sanitari. C’è un bel taglio di spesa, effettuato però sulla pelle dei bambini in viaggio verso la nascita e delle loro mamme. Io vorrei invitare a riflettere sul fatto che in Italia ci sono da più di 40 anni i Centri di aiuto alla vita. Svolgono veramente un servizio veramente prezioso per la tutela della vita nascente e della maternità durante la gravidanza. Sono questi i modelli che le istituzioni dovrebbero seguire. Sono questi gli esempi che testimoniano che la donna, se liberata dai condizionamenti, è la prima e la più forte alleata del figlio che vive e cresce dentro di lei. Quindi è verso questa soluzione che si deve guardare di fronte ad una gravidanza difficile o non attesa. Non certo a fornire strumenti che banalizzano e che privatizzano sempre di più l’aborto rendendolo sempre di più un fatto irrisorio, banale. Veramente basta bere un bicchier d’acqua. Ma si perde di vista, con l’inganno, che c’è in gioco una vita umana.

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Shock per la morte di un’elefantessa incinta, ma resta normale la strage di bambini

Posté par atempodiblog le 9 juin 2020

Shock per la morte di un’elefantessa incinta, ma resta normale la strage di bambini
Il dolore e l’indignazione per la morte di un pachiderma e del cucciolo che aveva in gestazione sono doverosi e sono tratti propriamente umani! Come mai non riusciamo più a riconoscere la dignità dell’uomo, il suo valore e la gravità della pratica dell’aborto in tutto il mondo?
di Arianna Trotta
Tratto da: ALETEIA 

Shock per la morte di un’elefantessa incinta, ma resta normale la strage di bambini dans Aborto Elefantessa

Due giorni fa (il 3 giugno scorso, NdR) è uscita la notizia che in India è morta un’elefantessa e il suo cucciolo che portava in grembo per aver ingerito un ananas ripieno di petardi. Va subito detto che la notizia è stata riportata in modo incorretto, l’ananas di petardi non le è stato dato da mangiare con l’intento di vederla morire per divertimento, ma è stato messo da dei contadini con lo scopo di proteggere i propri terreni dalla devastazione dei cinghiali selvaggi, e per errore è stato trovato ed ingerito dalla sfortunata elefantessa incinta.

Qualcuno potrebbe dire: e allora? non cambia! se l’avesse mangiato un cinghiale sarebbe stato altrettanto crudele! Fermo restando che gli intenti (quello vero e quello falsamente narrato) sono evidentemente non equiparabili, non è questo il punto su cui ci vogliamo soffermare.

Dando per buona la notizia come falsamente narrata, si sono visti in Italia post lunghissimi e seguitissimi di gente che giustamente condannava il fatto, ma poi iniziava a condannare l’intero genere umano (dimenticando forse di farne parte) con frasi come “anche oggi l’umanità ha fallito” o “finché l’uomo continuerà con queste atrocità sarà lui la bestia”. Ma anche questo non è il punto che ci interessa sottolineare.

Le gravidanze degli elefanti di questa razza durano circa 22 mesi, questa elefantessa avrebbe partorito fra 18, dunque si trovava a circa 4 mesi su 22 (18% della gravidanza).

L’aborto è consentito, in Italia, entro i primi 3 mesi su 9 (33% della gravidanza) se non oltre. In altri Paesi le percentuali variano arrivando anche fino al 100%.

Qualcuno si è per caso fatto tutti questi calcoli prima di dire (giustamente) che quello che portava l’elefantessa in grembo fosse semplicemente suo figlio, un elefantino, e non: parte del suo utero, un grumo di cellule, solo un feto, non senziente, non ancora formato, non autosufficiente ecc…

Qualcuno se l’è domandato? O per gli animali è scontato che se una femmina è incinta e muore, muore pure suo FIGLIO, mentre per i “cuccioli d’uomo” ci inventiamo qualsiasi giro di parole, qualsiasi appiglio pseudo scientifico (smentito abbondantemente), pur di consentire che i figli dell’uomo vengano avvelenati o smembrati nei grembi delle loro stesse madri?

L’aborto tra l’altro è ben peggiore per almeno due motivi: 1) a perdere la vita è un’essere umano (se la vita dell’uomo valesse quanto quella animale dovremmo tutti costituirci per l’assassinio di zanzare e insetti vari che sicuramente ci sarà capitato di commettere). 2) la povera mamma elefante non ha scelto la morte di suo figlio, è capitato; la donna che sceglie di abortire (così come chiunque la sostenga o collabori alla pratica abortiva) si rende invece responsabile in prima persona della morte del figlio che porta in grembo, ricorrendo all’utilizzo del personale medico che dovrebbe essere deontologicamente vincolato a salvare vite, non ad ucciderle.

Quindi, fermo restando che uccidere animali per divertimento (anche se non è questo il caso) è qualcosa di perverso ed aberrante da condannare, se ci si scandalizza per la morte di un feto di elefante ma non per l’uccisione di un feto umano, anzi, magari a promuoverla sono proprio gli stessi, allora sì che “l’umanità ha fallito” perché “finché l’uomo continuerà con QUESTE atrocità sarà lui la bestia”.

P.S. è ovvio che di per sé la vicenda di un’elefantessa incinta che muore insieme al figlio in questo modo non c’entri nulla con una donna che decide di abortire suo figlio, ma se si rappresenta così (prima immagine) un’elefantessa incinta al quarto mese su 22, è giusto che venga rappresentato così (seconda immagine) un aborto consentito fino al terzo mese su 9 se non di più.

Non si può piangere (giustamente) la morte di mamma e figlio elefante se contemporaneamente però si promuove l’uccisione dei figli dell’uomo, permettendo che questi vengano fatti a pezzi nel grembo delle loro stesse madri.

Freccia dans Viaggi & Vacanze QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DAL BLOG UNIVERSITARI PER LA VITA

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Il Papa: vita umana inviolabile, no a diagnosi prenatale per abortire

Posté par atempodiblog le 25 mai 2019

Il Papa: vita umana inviolabile, no a diagnosi prenatale per abortire
Ricevendo i partecipanti al convegno “Yes to life! Prendersi cura del prezioso dono della vita nella fragilità”, Francesco esorta ad accompagnare le famiglie sia nell’elaborazione del lutto di un bambino che nella cura di un figlio malato. “Uno sforzo – spiega – volto a portare a compimento l’amore di una famiglia”
di Benedetta Capelli – Vatican News

Il Papa: vita umana inviolabile, no a diagnosi prenatale per abortire dans Aborto Papa-Francesco

“Nessun essere umano può essere incompatibile con la vita”. Le parole del Papa non lasciano dubbi e portano consolazione a chi ha scelto di accogliere la debolezza di un bimbo o semplicemente di accompagnarlo in pochi istanti di vita. Nell’udienza ai partecipanti al convegno “Yes to life! Prendersi cura del prezioso dono della vita nella fragilità”, organizzato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e dalla Fondazione “Il Cuore in una Goccia”, Francesco ricorda che ogni bimbo cambia la storia della famiglia in cui nasce, che le tecniche di diagnosi prenatale spesso fanno emergere patologie che possono anche essere curate nel grembo materno. L’invito del Pontefice è poi di diffondere un approccio scientifico e pastorale di accompagnamento, un’esortazione ai medici perché si facciano carico delle vite altrui. “L’aborto – afferma – non è mai la risposta” che si cerca.

Ogni bambino è un dono
La cultura dello scarto impone l’idea che i bimbi fragili siano incompatibili con la vita, “condannati a morte”. Non può essere così per la madre che, spiega Francesco, vive “un senso di mistero profondo” appena si scopre in gravidanza. E’ l’inizio di un dialogo reale, intenso che cresce da una parte e dall’altra: il bimbo diventa figlio “muovendo la donna con tutto il suo essere a protendersi verso di lui”.

Ma nessun essere umano può essere mai incompatibile con la vita, né per la sua età, né per le sue condizioni di salute, né per la qualità della sua esistenza. Ogni bambino che si annuncia nel grembo di una donna è un dono, che cambia la storia di una famiglia: di un padre e di una madre, dei nonni e dei fratellini. E questo bimbo ha bisogno di essere accolto, amato e curato. Sempre!

Il grido silenzioso delle famiglie
Il Papa si fa voce delle paure, delle angosce che agitano i cuori delle madri e dei padri dinanzi ad una diagnosi di malattia dei figli, ma ricorda che ci sono delle strade da percorrere per i “piccoli pazienti” e per scongiurare “l’aborto volontario e l’abbandono assistenziale alla nascita di tanti bambini con gravi patologie”. Ci sono “interventi farmacologici, chirurgici e assistenziali straordinari” – spiega Francesco – “le terapie fetali” e “gli Hospice Perinatali” che ottengono risultati sorprendenti, fornendo supporto alle famiglie.

Oggi, le moderne tecniche di diagnosi prenatale sono in grado di scoprire fin dalle prime settimane la presenza di malformazioni e patologie, che a volte possono mettere in serio pericolo la vita del bambino e la serenità della donna. Il solo sospetto della patologia, ma ancor più la certezza della malattia, cambiano il vissuto della gravidanza, gettando le donne e le coppie in uno sconforto profondo. Il senso di solitudine, di impotenza, e la paura della sofferenza del bambino e della famiglia intera emergono come un grido silenzioso, un richiamo di aiuto nel buio di una malattia, della quale nessuno sa predire l’esito certo.

I medici, alleati della vita
Chiaro l’invito di Francesco ai medici perché non solo abbiano come obiettivo la guarigione, ma anche “il valore sacro della vita” e perché siano sostegno per chi è nella difficoltà e nel dolore. Parla del “confort care perinatale”, una modalità di cura che umanizza la medicina, “perché muove ad una relazione responsabile con il bambino malato, che viene accompagnato dagli operatori e dalla sua famiglia in un percorso assistenziale integrato, che non lo abbandona mai, facendogli sentire calore umano e amore”.

La professione medica è una missione, una vocazione alla vita, ed è importante che i medici siano consapevoli di essere essi stessi un dono per le famiglie che vengono loro affidate: medici capaci di entrare in relazione, di farsi carico delle vite altrui, proattivi di fronte al dolore, capaci di tranquillizzare, di impegnarsi a trovare sempre soluzioni rispettose della dignità di ogni vita umana.

Curare per dare compimento all’amore
La cura non è “inutile impiego di risorse” né ulteriore sofferenza per i genitori ma, sottolinea il Papa, il compimento dell’amore della famiglia.

Prendersi cura di questi bambini aiuta, infatti, i genitori ad elaborare il lutto e a concepirlo non solo come perdita, ma come tappa di un cammino percorso insieme. Quel bambino resterà nella loro vita per sempre. Ed essi lo avranno potuto amare. Tante volte, quelle poche ore in cui una mamma può cullare il suo bambino, lasciano una traccia nel cuore di quella donna, che non lo dimentica mai. E lei si sente – permettetemi la parola – realizzata. Si sente mamma.

L’aborto non è la risposta
Non si può abortire un figlio in condizioni di fragilità come “pratica di prevenzione”. “L’aborto – dice il Papa – non è mai la risposta che le donne e le famiglie cercano. Piuttosto sono la paura della malattia e la solitudine a far esitare i genitori”. Forte l’accento del Pontefice sull’aborto che non è una questione di fede ma umana.

Ma l’insegnamento della Chiesa su questo punto è chiaro: la vita umana è sacra e inviolabile e l’utilizzo della diagnosi prenatale per finalità selettive va scoraggiato con forza, perché espressione di una disumana mentalità eugenetica, che sottrae alle famiglie la possibilità di accogliere, abbracciare e amare i loro bambini più deboli. Delle volte noi sentiamo: “Eh, voi cattolici non accettate l’aborto, è il problema della vostra fede”. No: è un problema pre-religioso. Pre. La fede non c’entra. Poi viene, ma non c’entra: è un problema umano. È un problema pre-religioso. Non carichiamo sulla fede una cosa che non le compete dall’inizio. È un problema umano. Soltanto due frasi ci aiuteranno a capire bene questo: due domande. Prima domanda: è lecito far fuori una vita umana per risolvere un problema? Seconda domanda: è lecito affittare un sicario per risolvere un problema? A voi la risposta. Questo è il punto. Non andare sul religioso su una cosa che riguarda l’umano, eh? Non è lecito. Mai, mai, fare fuori una vita umana né affittare un sicario per risolvere un problema.

Reti d’amore
La raccomandazione del Pontefice è anche quella di fornire “azioni pastorali più incisive” per sostenere coloro che accolgono dei figli malati. ”Bisogna creare spazi, luoghi e reti d’amore ai quali le coppie si possano rivolgere, come pure dedicare tempo all’accompagnamento di queste famiglie”.

Grazie, in particolare, a voi famiglie, mamme e papà, che avete accolto la vita fragile – la parola fragilità sottolineata, eh? – perché le mamme, e anche le donne, sono specialista in fragilità: accogliere la vita fragile e che ora siete di sostegno e aiuto per altre famiglie. La vostra testimonianza d’amore è un dono per il mondo.

Le meraviglie della vita
Il pianto dei bimbi in Chiesa è lode a Dio. E’ il concetto che il Papa sottolinea nel corso dell’udienza quando, a braccio, parla del lamento di un piccolo. “Questa – afferma – è una musica che tutti noi dobbiamo ascoltare… Mai, mai, cacciare via un bambino perché piange”.

Toccante poi la storia raccontata dal Papa riguardante una ragazzina down di 15 anni che i genitori volevano far abortire. Francesco racconta della determinazione di un giudice a saperne di più:

Il giudice, un uomo retto sul serio, ha studiato la cosa e ha detto: “Sì, io voglio interrogare la bambina”. “Ma è down, non capisce…”. “No no, che venga”. È andata la ragazzina quindicenne, si è seduta lì, ha incominciato a parlare con il giudice e gli ha detto:
“Ma tu sai cosa ti succede?”;
“Sì, sono malata…”;
“Ah, e com’è la tua malattia?”;
“Eh, mi hanno detto che ho dentro un animale che mi mangia lo stomaco, e per questo devono fare un intervento”;
“No… tu non hai un verme che ti mangia lo stomaco. Tu sai cos’hai lì? Un bambino!”;
E la ragazza down ha fatto: “Ohhh, che bello!”: così.
Con questo solo, il giudice non ha autorizzato l’aborto. La mamma lo vuole. Sono passati gli anni. È nata una bambina. Ha studiato, è cresciuta, è diventata avvocato. Quella bambina, dal momento che ha capito la sua storia perché gliel’hanno raccontata, ogni giorno di compleanno chiamava il giudice per ringraziarlo per il dono della nascita. Le cose della vita. Questa bambina… Il giudice è morto e adesso lei è diventata promotore di giustizia. Ma guarda che cosa bella!
L’aborto non è mai questa risposta che le donne e le famiglie cercano.

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La storia di Emilia che non abortì

Posté par atempodiblog le 18 mai 2019

La storia di Emilia che non abortì
Tratto da: Fermenti Cattolici Vivi

La storia di Emilia che non abortì dans Aborto Emilia-Wojtyla

“Lei deve abortire signora. Non ha nessuna alternativa purtroppo”. Queste furono le durissime parole dei medici per la terza gravidanza di Emilia che sbiancò e si appoggiò al braccio del marito. Continuarono: “È malata ai reni e il suo cuore è appeso ad un filo… rischiate di morire entrambi. Nelle sue condizioni non riuscirà a portare a termine la gravidanza, il suo bambino, per il quale vuole sacrificare la sua vita, morirà”.

La salute di Emilia cominciò a vacillare sin dalla seconda gravidanza; era soggetta a fortissimi mal di schiena che la costringevano a letto per giorni interi. I medici dicevano che aveva i reni compromessi. Emilia non prese in considerazione l’idea dell’aborto nemmeno un attimo. Sì affidò a Dio.

Quel bambino nacque il 18 maggio 1920 in Polonia col nome di Karol Josef Wojtyla.

Emilia visse ancora per nove anni sopportando il dolore con fede, col sorriso, senza parlare mai dei suoi disturbi. Il resto della storia lo conosciamo.

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BAMBINO DOWN/ Il volto di Lucas scelto dalla Gerber come simbolo 2018: da abortiti a emblema della felicità

Posté par atempodiblog le 21 février 2018

BAMBINO DOWN/ Il volto di Lucas scelto dalla Gerber come simbolo 2018: da abortiti a emblema della felicità
Il volto di un bambino down è stato scelto dall’azienda di prodotti per l’infanzia Gerber come immagine simbolo della sua produzione, ecco di cosa si tratta
di Paolo Vites – Il Sussidiario

BAMBINO DOWN/ Il volto di Lucas scelto dalla Gerber come simbolo 2018: da abortiti a emblema della felicità dans Aborto Lucas_bimbo_scelto_da_Gerber

In un momento storico che vede quasi scomparsi i bimbi down, abortiti una volta che gli esami rivelano alle madri in gravidanza il loro stato (in Islanda ad esempio sono cinque anni che non ne nasce uno, mentre in Inghilterra si raggiunge una percentuale del 90% di bimbi down abortiti ogni anno), non è una notizia da poco che il volto di uno di loro sia stato scelto da una delle aziende più importanti al mondo di prodotti per l’infanzia come simbolo del 2018. Da sempre, quando è nata nel 1928, la Gerber ogni anno cambia l’immagine del bambino che apparirà per tutto l’anno su ogni suo prodotto. Negli ultimi anni, per rendere i clienti più “attaccati” l’azienda ha organizzato un concorso aperto a tutti: mandare una foto del loro bambino tra cui sceglierne uno. Nel 2017 ne sono arrivate ben 140mila, ma la Gerber ha scelto come proprio simbolo immagine l’unico bambino down, Lucas Warren, originario dello stato della Georgia in America.

A parte la bella cifra che la famiglia di Lucas si porta a casa (41mila euro) la scelta, giustificata come il sorriso più bello di tutti, ha una importanza fondamentale nel riconoscimento dei bambini down al diritto della vita. Non sappiamo se la motivazione sia stata quella o semplicemente il meraviglioso sorriso, ma sta di fatto che in questo modo la gente, forse, capirà che un bambino down è felice come tutti gli altri, anzi di più, non un povero handicappato sofferente che porterà la famiglia nella disperazione come oggi si cerca di farli passare. In realtà non è la prima volta che una azienda sceglie un down come proprio simbolo aziendale, era già successo con la Mark & Spencer nel 2012 e la Bell & Shop nel 2015. In questo 2018, per chi non lo avesse notato, i consumatori di prodotti di alimentazione, sviluppo, linguaggio vedranno Lucas sorridente in primo piano.

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“L’aborto è un crimine come la mafia”. Non è don Francesco ma Papa Francesco

Posté par atempodiblog le 21 novembre 2017

“L’aborto è un crimine come la mafia”. Non è don Francesco ma Papa Francesco
“Shock” per le parole del parroco bolognese che ha accostato Totò Riina a Emma Bonino. Ma anche il Papa ha detto più o meno le stesse cose a febbraio dello scorso anno
della Redazione de Il Foglio

“L'aborto è un crimine come la mafia”. Non è don Francesco ma Papa Francesco dans Aborto No_all_aborto

La tempistica scelta da don Francesco Pieri, il parroco (e teologo) bolognese che sui social ha domandato se abbia “più morti innocenti sulla coscienza Totò Riina o Emma Bonino”, non è forse opportuna, ma le reazioni ancora meno. Il parroco è stato subito subissato di accuse e a un commento su Facebook in cui un utente scrive “sicuramente la Bonino”, don Pieri ha risposto questo “non rende certo migliore Riina, ma dice qualcosa sulle nostre ipocrisie diffuse”. Sui giornali, online e cartacei, è stato un diluvio di “shock”, di proteste per le parole del sacerdote, reo di aver accostato la militante radicale a un ergastolano condannato al 41 bis.

Non era stato rilevato però l’analogo “shock” quando a dire più o meno le stesse cose fu Papa Francesco, nel corso della conferenza stampa pronunciata il 18 febbraio del 2016 su volo di ritorno dal Messico. All’epoca, la conferenza stampa del Papa passò alla storia solo per la frase su Trump – “una persona che pensa soltanto a fare muri, sia dove sia, e non a fare ponti, non è cristiana” – mentre nulla si disse su quanto Francesco sottolineò a proposito dell’aborto. “L’aborto non è un ‘male minore’. E’ un crimine. E’ fare fuori uno per salvare un altro. E’ quello che fa la mafia. E’ un crimine, è un male assoluto”.

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Embrione è già persona/ Nature, la scienza “conferma” la realtà: è progetto d’individuo

Posté par atempodiblog le 9 juin 2017

Embrione è già persona/ Nature, la scienza “conferma” la realtà: è progetto d’individuo
Embrione è già persona: la scienza conferma la realtà, al netto di ogni discussione. Lo studio su Nature Genetics « rivoluziona » la scienza embrionale e lo sviluppo dell’indiviuo cellulare
di Niccolò Maagnani – Il Sussidiario.net
Tratto da: Una casa sulla Roccia

Embrione è già persona/ Nature, la scienza “conferma” la realtà: è progetto d’individuo dans Aborto Embrione_e_maternit

EMBRIONE È GIÀ PERSONA, LA SCIENZA CONFERMA: “È GIÀ UN PROGETTO DI INDIVIDUO” - Un momento storico per la scienza ma soprattutto storico per l’intera razza umana: con l’ultimo studio pubblicato su Nature si conferma che l’embrione possiede tutto il materiale e gli elementi che lo fanno già un progetto di persona nel momento in cui viene formato nell’utero. L’ultimo articolo apparso nel numero di aprile della storica rivista scientifica mondiale (non certo qualche rivista pro-Life accusabile di poca “neutralità”) rischia di sconfessare anni e anni di contestazioni e attacchi diretti a tutti coloro che osavano affermare come uccidere un embione con l’aborto significa di fatto sopprimere una vita già umana. Un gruppo di ricercatori dell’Università Politecnica Federale di Losanna (Svizzera), guidato da Julien Duc e Didier Tronto, ha pubblicato su Nature Genetics una ricerca che farà certamente parlare e molto nei prossimi mesi a venire. In pratica, studiando la conoscenza del processo di formazione e sviluppo della vita umana individuale, è stato scoperto come in realtà il dna dell’embrione ad una sola cellula (appena dopo il processo di fecondazione) viene già “sfogliato” all’inizio della sua vita cellulare, in questa modalità: quello che contiene  le informazioni per lo sviluppo e il mantenimento dell’architettura del corpo umano è di fatto un materiale d’informazioni fino a quel momento chiuso che si pensava fino a questa ricerca che venisse tradotto solo in un secondo momento, fornendo dunque la “patente” di individuo in qualche stadio successivo e non fin dalla sua origine.

Invece, è stato scoperto lo ‘starter’ dello sviluppo dell’embrione nei mammiferi: è una famiglia di proteine chiamata Dux e specializzata nello sferrare il ‘calcio d’inizio’ del processo di crescita che porta alla formazione di un individuo (spiega l’Ansa riportano ampi stralci dello studio di Nature). Si scopre in questo modo, cercando di essere meno tecnici possibili, che il “libro del Dna” viene aperto fin dall’inizio appena finisce il processo di fertilizzazione e da qui si comincia a guidare lo sviluppo del corpo umano embrionale, proprio sotto lo stimolo di queste proteine. Una preziosa scoperta che alla luce porta una “realtà” da sempre affermata dalla Chiesa e non solo, da chi ritiene che la vita umana abbia senso e valore in quanto esistente in sé e per sé, e che questo processo inizi appena scattata la fecondazione. Questa realtà oggi pare venire confermata anche dalla scienza, facendo risuonare come attualissime le parole della Evangelium vitae, riportate dai colleghi di Avvenire: «dal primo istante si trova fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: una persona, questa persona individua con le sue note caratteristiche già ben determinate. Fin dalla fecondazione è iniziata l’avventura di una vita umana, di cui ciascuna delle grandi capacità richiede tempo, per impostarsi e per trovarsi pronta ad agire».

EMBRIONE È GIÀ PERSONA, LA SCIENZA CONFERMA: LA PROTEINA CHE DÀ IL “CALCIO D’INIZIO” - Si chiama Due ed è di fatto una famiglia di proteine che pare dia il “calcio d’inizio” allo sviluppo dell’embrione, codificando tutte le informazioni che già sono presenti come progetto di persona all’interno dell’embrione (per l’appunto detto “umano”). La scoperta mostrata da Nature Genetics ha del clamoroso e potrebbe ampliare ancora di più le discussioni sul quando comincia ad essere valutata vita umana la vita di ognuno di noi; «abbiamo fatto luce su ciò che attiva il programma genetico che ci fa diventare ciò che siamo» ha commentato uno dei due ricercatori del Politecnico di Losanna, Didier Trono. La scoperta, aggiunge lo scienziato, «può anche aiutarci a comprendere alcuni casi di infertilità e forse portare allo sviluppo di nuovi trattamenti per alcune distrofie muscolari».

Le proteine Dux vengono dimostrare essere decisive per lo sviluppo dell’embrione e dopo anni di esprimenti a partire dalla distrofia muscolare, ora si è arrivati a queste prime conclusioni: «nelle cellule si accumulava una proteina della famiglia Dux, chiamata Dux4, fino a quel momento nota per essere coinvolta nelle fasi iniziali dello sviluppo embrionale», spiega l’Ansa nell’articolo speciale sulla rivista Nature. A questa osservazione si è aggiunta quella che, ancora nelle cellule dei muscoli, «è attivo un intero gruppo di geni attivi a all’inizio dello sviluppo embrionale, quando subito dopo la fecondazione ovicita e spermatozoo si fondono formando la struttura chiamata zigote» conclude lo speciale.

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Incontro con Gianna Jessen a La Spezia

Posté par atempodiblog le 29 mars 2017

Incontro con Gianna Jessen a La Spezia
della redazione di La Spezia Cronaca4

Gianna Jessen

Grande partecipazione ieri sera al teatro Palmaria del Canaletto, gremito di oltre quattrocento persone, per l’incontro con Gianna Jessen, la giovane donna americana sopravvissuta ad un aborto.

Era stata concepita da ventinove settimane e mezzo, e pesava poco più di un chilo. «Io sono viva grazie al potere di Gesù Cristo – racconta ad un pubblico attento e partecipe -. Non mi vergogno di essere cristiana. Gesù non è popolare, specialmente quando si tratta di parlare di Lui nello spazio pubblico. La classe intellettuale non lo trova sofisticato. Se non sono considerata sofisticata, va bene. Preferisco scegliere la saggezza. Non vedo perché dovrei raccontare una storia miracolosa e poi vergognarmi del Dio che ha compiuto il miracolo». L’aborto salino avviene per corrosione e il bambino viene espulso dal corpo della madre entro ventiquattr’ore dall’iniezione. Caso molto raro, Gianna non era morta quando venne alla luce. «Erano le sei di mattina, e il medico abortista di Planet Parenthood non c’era ancora. Così l’infermiera chiamò l’ambulanza. Ho un debito di gratitudine per l’infermiera!».

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Era solo l’inizio di una grande avventura. «Quando pesavo due chili dicevano che sarei morta. Ma io non muoio. Persino allora dicevano che quella bambina piccola aveva un incredibile desiderio di vivere. Fui poi trasferita ad una struttura affidataria, con persone orribili. Mi rinchiudevano in una stanza, che è molto traumatizzante per un bambino, perché non ha ancora la percezione del tempo. Mezz’ora può sembrare un anno. Finalmente, fui trasferita presso una persona bellissima, Penny. Avevo 17 mesi, pesavo 15 Kg. e mi era stata diagnosticata una paralisi cerebrale, causata dalla mancanza di ossigeno al cervello durante la procedura dell’aborto».

«Le femministe radicali dicono che l’aborto riguarda i diritti delle donne. Ma se conta solo questo, dove erano i miei diritti? Perché i diritti delle donne valgono solo se abortiste? Perché non vengo invitata alle marce per le donne in USA? Perché non vogliono sentire parlare una donna che non odia gli uomini?».

«E se il figlio è disabile? Questo argomento si sente spesso, a proposito dell’aborto. Ma è la più alta manifestazione di arroganza. Chi sei tu, persona sana, che si permette di giudicare? Come puoi tu decidere della mia qualità della vita? Che ne sai, che sono infinitamente più felice di chi ha tutte le capacità umane? Trovo anche interessante il fatto che non sarei disabile se non fossi stata sottoposta ad aborto…»

«Considero la paralisi un grande dono. Ho avuto problemi neurologici, specie negli ultimi anni, con grandi difficoltà di equilibrio. Sembra sia effetto diretto del trauma al cervello durante la nascita. Cammino zoppicando, ma in USA vivo una vita normale, guido la macchina, etc. Per camminare ho bisogno di tenermi al braccio di qualcuno, perché è come se il mio cervello mi dicesse “fermati”. Non so se si può guarire. Ma non mi arrenderò mai. Non mi importa se dovrò gattonare fino in cielo».

«E’ un grande onore gattonare fino in paradiso appoggiandomi al braccio forte di Gesù. Voi siete capaci di alzarvi e camminare liberamente? Allora fatemi un favore, non lamentatevi. Il senso dell’equilibrio ha così tanti effetti. Vi è stato dato un grande dono, riconosctelo! Grazie Gesù! Non è popolare parlare di Gesù. Ma se la gente non riesce a capire perché sei felice nonostante abbia sempre bisogno del braccio di qualcuno, questo significa che vogliono sentire parlare di Gesù. Se devo attraversare tutto questo affinché una sola persona debba conoscere Gesù, rifarei tutto dall’inizio. E’ un onore».

«Quando mi diagnosticarono la paralisi, dissero alla cara Penny che sarei rimasta paralizzata tutta la vita. Ma sottovalutavano il potere di una donna buona. E a Dio niente è impossibile. Penny pregava per me e faceva fisioterapia per me tre volte al giorno. Cominciai a tenere su il collo sulla testa. “Farà solo quello”, dicevano. Poi cominciai a gattonare, poi a camminare. Dieci anni fa, ho corso due maratone. Non sono un atleta. Ma non è questo il punto, il punto è completarle. Ci misi sette ore, a Londra otto. Erano rimasti solo i servizi medici. Ora vorrei scalare una montagna. Non contemplo la sconfitta. Se continuo a considerare la cima della montagna nella mia mente, vinco».

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«Poi venni adottata dalla figlia della madre affidataria. Così, molto inusualmente, Penny diventò mia nonna. Ma rimasi legata a lei come madre. Credo che Dio sapeva che il mio spirito si sarebbe infranto se mi fossi staccata da Penny. Per il resto, la mia adozione è stata una sfida. Già da bambina ero incompresa. Non veniva apprezzata la mia forte volontà. Era considerata sfidante. Ma ero abbastanza dolce, se posso dirlo di me stessa. Ci vuole una volontà forte per sopravvivere ad un aborto, imparare a camminare e re-imparere, dopo un’operazione alla spina dorsale a dieci anni, viaggiare, raccontare questa storia, parlare di Gesù. Se avete un bambino con una volontà forte, non rimproveratelo, ma educatelo. Di fronte ad una forte pressione, gran parte delle persone scappano, chi ha volontà forte resiste».

«Mi chiedono sempre: “Hai mai incontrato tua madre? E’ stato un incontro commovente, come in un film? Stavo nel mezzo di un evento come questo. Mentre salutavo tutti, una donna si avvicinò, senza preavviso. “Ciao, sono tua madre”, disse. Immediatamente iniziai a pregare tra me. “Aiutami Gesù!”. Sentivo come se l’universo mi stesse cadendo addosso. Ma sapevo che la mia battaglia non è contro di lei, come so che la mia battaglia non è contro una donna che ha avuto uno o più aborti, o contro un uomo che ha pagato per un aborto. Se volete essere liberi da un aborto fatto, pregate Gesù. Lui è morto sulla croce anche per quell’aborto. Perché non accettare questa possibilità di misericordia? Se avete avuto un aborto, non interpretate la mia voce come una condanna. Sarebbe una voce sbagliata. Dovete invece ascoltarla come voce della grazia, che è Gesù. Tornando all’incontro con mia madre, le risposi: “Sono cristiana e ti perdono”. “Non voglio il tuo perdono”, replicò la madre, aggiungendo: “sei una disgrazia per la mia famiglia” e iniziò a parlar male di mio padre, adirata. In quel momento, Dio mi disse che cosa fare. “Sono cristiana e ti perdono, ma non ti permetterò di parlarmi oltre in quel modo”, dissi. Me ne alzai e andai via. Perché vi racconto questo? Perché non possiamo essere definiti dalla nostra origine. Forse avete avuto una vita difficile. Ma non siete obbligati a essere vittime. Il vittimismo porta ad una prigione interiore. Tu puoi essere il primo della tua famiglia a fare qualcosa. E’ Gesù che mi definisce. Sta a voi scegliere, oggi, se volete vivere come vittime o nella vittoria».

«Chiedo scusa a tutti gli uomini da parte delle femministe, che vi dipingono come cattivi solo perché uomini. Certo, siamo uguali in valore e dignità, ma anche differenti. Questo è ovvio, ma, per qualche motivo, oggi bisogna parlare anche di cose ovvie, perché non tutti le percepiscono. Ci sono tante donne che hanno piacere a essere donne. Credo che il fatto di non permettere alle donne di essere tali e agli uomini di essere tali abbia creato molti problemi. Non mi dà fastidio se un uomo mi aiuta in quanto donna. Le donne sono fatte per essere adorate. Alcune delle donne più arrabbiate che ho incontrato sono semplicemente arrabbiate con un solo uomo, che non ha avuto cura di lei, tipicamente il padre. Perché era passivo o non coraggioso o violento o negligente o rimaneva in silenzio quando non doveva. Per questo, hanno voluto punire gli uomini».

«Uomini, voi siete fatti per essere coraggiosi, non passivi. Siete fatti per difendere uomini e bambini, non per usarci e abbandonarci. Potreste considerare di sposare una donna prima di andare a letto con lei. Non voglio essere usata e dimenticata. Voglio un uomo d’onore. E’ possibile guardare le donne con un cuore puro. Forse siete stati promiscui, o dipendenti dalla pornografia. Ma, se non volete essere questo tipo di uomo, chiedetelo a Gesù. Parlategli di tutto questo, ditegli che non riuscite a essere l’uomo che vorreste. Chiedetegli cuore puro e mente pura. Ve li darà. C’è molto più potere nella purezza che nell’impurezza».

«Giovani donne, non serve andare dietro ai ragazzi, mendicando la loro attenzione e approvazione. E’ lui che dovrebbe portarvi in giro, pagarvi quello che mangiate, essere fantastico. E’ lui che deve cacciarci. E’ nel suo sangue, gli dovete solo dare la chance di essere uomo. Forse state pensando che non so quello che dico. Potete prendere questa verità o ignorarla, ma non potrete dire che non vi è stato detto. Forse queste cose non sono popolari. Ma non sono sopravvissuta all’aborto per essere popolare. Ho attraversato l’inferno, posso sopportare anche qualcosa in più».

Rispondendo ad una domanda di Giorgio Celsi, presidente nazionale e fondatore dell’associazione “Ora et labora per la vita”, che organizza veglie di preghiera all’esterno di ospedali dove si praticano aborti, la Jessen ha incoraggiato alla testimonianza pubblica, «pacifica e gentile. Credo sia cruciale l’avvicinarsi in spirito di amore, dignità e grazia alle persone che sono in crisi, tra cui quelle sull’orlo di un aborto. Ascoltare è fondamentale. Durante una contro-manifestazione ad una marcia per la vita, alcune gridavano per i diritti donne. Ho iniziato anch’io a gridare verso di loro: “Non capite quanto siete amate da Gesù? Non importa quello che è successo, Gesù vi ama ancora!”. Le ho choccate. Si aspettavano che le insultassi a mia volta».

Prima di Gianna Jessen ha parlato il dottor Paolo Migliorini, già primario di ostetricia e ginecologia all’ospedale di Massa. Negli anni ’70, dopo l’approvazione della legge sull’aborto, «per superficialità ed opportunismo», divenne medico abortista, conforme alla moda radical-chic. «Iniziai a pormi la questione morale, ma con molta pigrizia. Poi ebbi la fortuna/sfortuna di fare un taglio cesareo su cadavere e il bambino che ho estratto dal ventre materno ora ha trentatre anni. Mia moglie mi regalò un libro: “Ipotesi su Gesù”. Mi fece riflettere e capire che la strada per avere un perdono era molto difficile, ma era solo quella della misericordia di Dio». «L’attacco all’obiezione di coscienza c’è sempre stato. Ma adesso probabilmente la politica e la lobby abortista hanno acquisito consapevolezza che i medici sempre più frequentemente smetteranno di fare aborti. Chi fa aborti fa un’esperienza devastante, che alla lunga lo costringere a smettere. Si potrebbe proporre che ai sostenitori della legge abortista venga insegnato come si fa, e poi gli aborti li fanno loro. Per questo sono molto preoccupati». «Un episodio particolare? Riguarda una studentessa universitaria che abortì anche per mia responsabilità. Lei non voleva, ma tutti attorno a lei volevano che abortisse. Dopo alcuni mesi, la madre mi chiese aiuto perché la figlia aveva problemi psichiatrici. Mi fece leggere una lettera che la ragazza aveva scritto a se stessa, con la grafia e gli errori di ortografia di un bambino delle elementari: “Cara mamma, sono molto dispiaciuto che non ci siamo potuti conoscere, ma sono ancor più dispiaciuto che non ci potremo mai incontrare, perché, dove sono io, le mamme che uccidono i propri bambini non possono venire”».

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Introdotta dal presidente Mario Polleschi, una volontaria del Centro di Aiuto alla Vita della Spezia, Anna, ha letto la lettera scritta nel 2013 da una signora spezzina, che non se l’è sentita di venire a portare la propria testimonianza dal vivo. Rimasta incinta del quarto figlio e avendo perso il lavoro un anno prima, Paola sembrava non avere alternative all’aborto, specie secondo l’opinione dei suoi conoscenti. Però era titubante. Trovò un opuscolo del CAV e rimase stupita della tempestività con cui una volontaria rispose alla sua richiesta di aiuto, anche materiale. “Spiegai in breve la mia situazione – dice la lettera -, e vedevo che lei capiva. I miei dubbi, però rimasero. Il giorno fissato per l’aborto chimico utilizzando la pillola RU486, mi recai in ospedale e, per una serie di coincidenze fortunate – o forse il Signore mise la sua mano -, ebbi modo di prendere coscienza della mia volontà. Con mia sorpresa mi senti meglio, allora capii… Il medico arrivò in ritardo, e questo mi diede modo di pensare. L’infermiera mi diede la pastiglia per la “revisione”, il modo in cui i medici chiamano l’aborto. Dietro sua insistenza, la misi in bocca. Mi chiese di bere l’acqua davanti a lei e me lo chiese insistentemente. Non ci riuscii e la sputai. In una frazione di secondo, io ed il mio bambino avevamo deciso per la vita . Fu un momento forte, definibile come istinto di sopravvivenza di mio figlio, già presente”.

A trarre la riflessione finale è stato don Franco Pagano, rettore del seminario, che ha portato i saluti del vescovo Luigi Ernesto Palletti. «Viviamo di messaggi rapidi, di risposte senza radici. Viviamo di emozioni che non ci permettono di cambiare noi, figurarsi il mondo. Portiamo nel cuore, senza giungere a conclusioni affrettate, quanto abbiamo ascoltato oggi! In ogni situazione Dio ci vuole lasciare un messaggio. Da sacerdote, non di rado incontro persone che sono state coinvolte in un aborto. Si può sempre vedere la presenza del Signore, che dà un’opportunità di grazia anche per chi ha vissuto un’esperienza di morte. Il male non si vince opponendo altre male, ma costruendo il bene. Approfittiamo di questa opportunità di riflessione, davvero ricca, che ci è stata data proprio in Quaresima per dare nuova forza al nostro cammino!».

Due giovani volontari dell’associazione ProVita hanno presentato un filmato sulla settima Marcia nazionale per la vita, a cui parteciperà anche Gianna Jessen. Si terrà a Roma sabato 20 maggio, e un pullman verrà organizzato in partenza anche dalla Spezia.

L’incontro è stato presentato da Simona Amabene, giovane originaria di Roverano, che ha fondato la “Costola Rosa”, opera di evangelizzazione orientata ad aiutare le donne a fare esperienza dell’amore di Dio.

Al termine, una lunga fila si è creata verso il palco per poter parlare personalmente con Gianna Jessen, che si è intrattenuta a lungo in teatro.

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Usa. Trump taglia i fondi per l’aborto

Posté par atempodiblog le 24 janvier 2017

Usa. Trump taglia i fondi per l’aborto
Con un ordine esecutivo sancito lo stop ai finanziamenti per le Ong che praticano l’interruzione di gravidanza all’estero
Paolo M. Alfieri – Avvenire

Usa. Trump taglia i fondi per l'aborto dans Aborto Presidente_Trump
Il presidente Trump dopo la firma degli ordini esecutivi nello Studio Ovale (Ansa)

C’è anche lo stop ai fondi per le Ong che praticano aborti all’estero, o forniscono informazioni a riguardo, tra i primi atti dell’era Trump. Con un ordine esecutivo, infatti, il nuovo presidente Usa ha ripristinato un provvedimento che, da quando fu introdotto dall’Amministrazione repubblicana nel 1984, è stato revocato dalle Amministrazioni democratiche e reintrodotto da quelle repubblicane che si sono negli anni succedute.

A cancellare il bando, l’ultima volta, era stato il presidente Barack Obama nel 2009. Ora Trump ha appunto ripristinato il divieto di usare fondi del governo per sovvenzionare gruppi che pratichino o forniscano consulenza sull’aborto all’estero. Gli altri due ordini esecutivi firmati oggi da Trump riguardano il ritiro degli Usa dall’accordo commerciale Tpp e il congelamento delle assunzioni federali.

Obamacare
Nei giorni scorsi, intanto, la Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha preso posizione sull’abolizione dell’Obamacare, la riforma sanitaria voluta da Obama e criticata dai repubblicani. Il vescovo di Venice, monsignor Frank J. Dewane – che è presidente del comitato per la giustizia interna e lo sviluppo umano dell’episcopato Usa – ha inviato una lettera a tutti i membri del Congresso.

Nella missiva il presule ha rivolto un appello a tutti i parlamentari affinché “lavorino insieme per proteggere gli americani più vulnerabili” e perché conservino “gli importanti passi in avanti compiuti in tema di copertura e accesso alle cure sanitarie”. “Un’abolizione dei punti fondamentali dell’Affordable Care Act – prosegue il testo – non dovrà avvenire senza la contemporanea approvazione di un piano sostitutivo che assicuri l’accesso a cure sanitarie adeguate per quei milioni di cittadini che ora fanno affidamento su questo strumento per la tutela della loro salute”.

Il nuovo Congresso a maggioranza repubblicana ha già approvato la risoluzione sul budget che rappresenta il primo passo verso l’abrogazione di Obamacare, con la richiesta alle commissioni competenti di redigere il testo per la cancellazione entro venerdì. Secondo il Congressional Budget Office, l’abolizione dell’Obamacare senza una sua immediata sostituzione si tradurrà nella perdita dell’assicurazione sanitaria per 18 milioni di americani solo nel primo anno.

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Obiezione di coscienza: un diritto sempre più minacciato

Posté par atempodiblog le 23 octobre 2016

Obiezione di coscienza: un diritto sempre più minacciato
In Italia è a rischio la tutela dei farmacisti contrari all’aborto e dei sindaci contrari alle unioni civili. Il tema discusso in un convegno promosso dal Centro Studi Livatino
di Luca Marcolivo – Zenit

Obiezione di coscienza: un diritto sempre più minacciato dans Aborto Obiezione_di_coscienza

L’obiezione di coscienza è un diritto inalienabile, in Italia tutelato dalla Costituzione. Ciononostante, questo diritto è messo sempre più in discussione dalla cultura relativista odierna. Il tema è stato affrontato ieri nel corso del convegno Coscienza senza diritti?, ospitato alla Camera dei Deputati e promosso dal Centro Studi Rosario Livatino, i cui vicepresidenti, Domenico Airoma, Alfredo Mantovano e Filippo Vari, hanno moderato le sessioni.

In apertura del convegno è stata data lettura del messaggio del cardinale Segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, secondo il quale l’obiezione di coscienza è “una delle molte frontiere lungo le quali si decide il confronto tra una visione strutturata e valoriale della persona umana e una visione molto più fluida, se non addirittura ‘liquida’ […] di un uomo disancorato da solidi punti di riferimento, secondo una malintesa idea della libertà”.

Al tempo stesso, ha aggiunto il porporato, “l’obiezione di coscienza è anche il luogo dove si misura il fondamento della dignità umana e dove, al tempo stesso ed in negativo, si manifestano le contraddizioni conseguenti ad una incontrollata proliferazione dei diritti, spesso avvenuta trascurando i corrispondenti doveri ed il fondamento degli uni e degli altri, che la Chiesa ravvisa nella dignità inalienabile dell’essere umano in quanto creato da Dio”.

La prima tavola rotonda, introdotta dal questore della Camera dei Deputati, Stefano Dambruoso, che ha accennato alle varie proposte di legge giacenti in Parlamento a regolamentazione dell’obiezione di coscienza, tra le quali quella sulle unioni civili, quella a tutela dei farmacisti (a cura del presidente del Movimento per la Vita, Gian Luigi Gigli) e sulla legalizzazione della cannabis (a cura del vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti).

Da parte sua, il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Piercamillo Davigo, ha ricordato la principale fonte del diritto all’obiezione di coscienza, ovvero il “contrasto tra ciò che la coscienza suggerisce e ciò che la legge impone”. In tal senso è la coscienza a prevalere, tanto è vero che perfino nella difesa della patria, definita “sacro dovere del cittadino” (Art. 52 Cost.) – unico passaggio della Costituzione in cui viene utilizzato l’aggetto “sacro” – la legislazione ordinaria ha previsto la possibilità di sostituire il servizio civile al servizio di leva.

Ci sono poi casi, in cui i funzionari pubblici – dal magistrato al capo di stato – possono applicare l’obiezione di coscienza, soltanto dimettendosi dal proprio incarico, come fece – sia pure temporaneamente – il Re del Belgio, Baldovino, nel 1990, per non firmare la legge sull’aborto.

Gregor Puppinck, direttore dello European Center for Law and Justice, ha invece messo in luce un carattere intrinseco dell’obiezione di coscienza: l’astensione da un’azione che la coscienza indica come malvagia, come nel caso dell’uccisione di un bambino ancora nel grembo materno, oppure, in guerra, di un soldato di un esercito avversario.

“Bene e male non sono simmetrici”, ha osservato Puppinck, in quanto “il male va evitato in tutte le circostanze”, mentre il bene va applicato “a seconda delle circostanze”, pertanto andrà sempre applicata la legge che, eventualmente, prescriva l’astensione da un atto anche intrinsecamente buono.

Da parte sua il magistrato Giacomo Rocchi, consigliere della Corte di Cassazione, ha evidenziato come il legislatore italiano, dal 1972 al 2004, abbia sempre privilegiato l’obiezione di coscienza: i casi più significativi, in tal senso, sono il già citato servizio civile e la possibilità per i medici o gli infermieri di non praticare l’aborto, come previsto dalla legge 194, senza trascurare l’astinenza dalla sperimentazione sugli animali o il diritto a non andare a scuola il sabato per gli studenti ebrei.

Oggi, però, “abbiamo perso il significato dell’obiezione”, ha sottolineato Rocchi, come testimoniano le anomalie e i vuoti legislativi come quello della legge sulle unioni civili, che esplicitamente non la prevede.

Eppure, ha aggiunto il magistrato, è proprio “la coscienza che distingue gli esseri umani dagli animali”; essa è qualcosa che va “al di là delle semplici opinioni” e “la grandezza dell’uomo è nelle sue profonde convinzioni”.

Proprio per questo, la recente sentenza del TAR del Lazio che ha vietato l’obiezione di coscienza nei consultori, è la premessa per uno “stato totalitario”.

Le ragioni dei medici obiettori sono state illustrate da Ermanno Pavesi, segretario dell’Associazione Internazionale dei Medici Cattolici, che ha rilevato come in questi anni di “cambiamenti epocali”, si stia verificando un “conflitto tra volontà del malato e del medico”, oggi decisamente sbilanciate a favore del malato; ne è un esempio, l’imposizione in Francia della “sedazione terminale profonda” per i malati terminali, con la quale surrettiziamente si sdogana l’eutanasia.

Altra vittima della mancata chiarezza legislativa è quella dei farmacisti, come ha denunciato Piero Uroda, presidente dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani, anni fa vittima di aggressioni e campagne denigratorie, per il rifiuto di vendere la “pillola del giorno dopo”.

Secondo Uroda, “serpeggiano una mentalità contraria alle verità sgradevoli e l’indifferenza ai valori universali”. La mancata tutela dell’obiezione di coscienza, ha aggiunto, ha determinato veri e propri drammi per farmacisti che si sono ritrovati all’alternativa tra vendere la pillola e chiudere l’attività, pur avendo una famiglia da mantenere.

Il tema dell’obiezione di coscienza per i sindaci che non vogliono ratificare le unioni civili è stato sollevato da Paolo Maria Floris, dirigente della Pubblica Amministrazione, che ha messo in guardia dal rischio di un “mito dell’infallibilità del legislatore” che rischia di andare a scapito della stessa “dignità umana”, mentre il neuropsichiatra Massimo Gandolfini, fondatore e presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, ha ribadito come la sfida si stia spostando soprattutto in ambito educativo.

Di fronte ai pericoli di una disgregazione antropologica rappresentati dall’ideologia del gender, Gandolfini ha preso atto di come, dopo i due Family Day del 20 giugno 2015 e del 30 gennaio 2016, “le famiglie stiano diventando sempre più consapevoli” e si ingrossano le fila dei genitori che, di fronte alle linee guida del MIUR contro le discriminazioni, si stanno battendo per il diritto al “consenso informato preventivo”, che permetterebbe di esentare i bambini dalle lezioni di gender, per le quali il maschile e il femminile biologici non sono più “archetipi” ma “stereotipi”.

Concludendo il convegno, il presidente del Centro Studi Livatino, Mauro Ronco, ha attribuito un ruolo “profetico” alla difesa dell’obiezione di coscienza, in un momento in cui avanza una cultura che trasforma in “desideri”, dei “crimini” come l’eutanasia o la sterilizzazione, peraltro legalizzati nella Germania nazista.

Nel caso delle unioni civili, ha denunciato poi Ronco, sta prendendo piede la prassi delle “celebrazioni” in municipio – atto dalla rilevanza simbolica assai forte – alla stregua di un vero e proprio matrimonio, quando, in realtà esse consistono in una semplice “dichiarazione”.

Quanto all’indottrinamento gender, ha concluso il presidente del Centro Studi Livatino, abbiamo la certezza che, presto o tardi, “la natura prevarrà sull’ideologia” ma se non si interviene in tempo, le “sofferenze” per la società intera potrebbero essere devastanti.

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