Il Duomo di Milano

Posté par atempodiblog le 18 octobre 2015

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Dedicazione del Duomo di Milano, solennità liturgica celebrata dalla Chiesa latina di Rito Ambrosiano la III Domenica di ottobre

Ogni tanto alzava gli occhi ai fastigi del duomo, che gli apparivano da prospettive diverse: dovunque sulle guglie gotiche c’erano statue, fatte dello stesso marmo delle pareti, erano centinaia e centinaia. Pensò ai maestri scalpellini che le avevano scolpite: uomini sconosciuti i quali, qui e altrove, avevano spesa la vita intera, soprattutto nel medio evo, a scolpire con pazienza, e spesso con arte mirabile, le statue delle cattedrali, anche quando sapevano che una volta issate al loro posto, nessuno avrebbe potuto ammirarle: nessuno, tranne Dio. Lui dopo tutto non si era sempre considerato uno scalpellino? Sebbene scolpisse pagine anziché pietra. Cos’era dunque questa pena che l’attanagliava perché la gente non avrebbe forse mai conosciuta la sua opera? Certo, come dice il Vangelo, non si accende un lume per metterlo sotto il moggio: tuttavia il suo dovere era di continuare a scrivere senza lasciarsi turbare, seguisse o no il successo. Delle sue opere avrebbe certamente goduto Iddio; e anche suo padre, lo scalpellino–scultore, che si trovava con Dio là in alto.

di Eugenio Corti – Il cavallo rosso

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2e2mot5 dans Diego Manetti Un popolo e il suo Duomo

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Una società senza Dio

Posté par atempodiblog le 5 février 2014

E’ morto ieri, a 93 anni, il grande scrittore Eugenio Corti. I funerali saranno celebrati sabato 8 febbraio.

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Una Società senza Dio
Una “teologia della storia” che ci aiuta a capire il senso più profondo degli eventi a cavallo tra secondo e terzo millennio.
di Eugenio Corti – Il Timone

Una società senza Dio dans Articoli di Giornali e News 2z59bbl

Il ‘900 è stato il secolo che in ambito culturale ha visto avanzare – con preoccupante forza – i sostenitori della cosiddetta “morte di Dio”. Si tratta di un movimento di idee che ha avuto origine nei secoli precedenti, e si può riassumere nella radicale opposizione all’idea che invece dominava la cristianità nel Medioevo: se in quel periodo era Dio al centro dell’Universo, questi “riformatori” del pensiero moderno spostano al centro del mondo l’uomo. Dal teocentrismo si è passati all’antropocentrismo, facendo sempre meno spazio a Dio.
Non è un caso che questi pensatori siano partiti dalla scoperta rinascimentale del paganesimo. Questo percorso d’idee s’è concretato dapprima nell’illuminismo inglese e francese, e poi nell’idealismo tedesco, ed è approdato alla monumentale ridefinizione della realtà fatta da Hegel. Nel cui solco si muovono filosofi – come ad esempio Nietszche e Feuerbach – che hanno apertamente prospettato l’estromissione di Dio dalla storia dell’uomo. Costruire una società senza Dio è stato il sogno dei grandi totalitarismi del ‘900: da una parte il nazismo, dall’altra il comunismo.
Il fatto più rilevante accaduto nel ‘900 è però che i libri scritti dai fautori della “morte di Dio” sono usciti dagli scaffali delle biblioteche e delle austere aule universitarie e sono diventati ideologia, vita vissuta. Intendo dire che la filosofia anticristiana e antiumana si è tradotta nell’azione, nella pratica e nel senso comune. Conseguenza è stata non certo la morte di Dio, ma la morte dell’uomo, su scala terribile. Abbiamo così avuto più di 100 milioni di uomini uccisi dal comunismo e 25 milioni di vittime innocenti del nazismo.
Numeri impressionanti, di cui c’era già stata un’avvisaglia nella Francia rivoluzionaria, dove a fine Settecento gli illuministi giacobini avevano massacrato 500.000 vandeani, solo in parte combattenti, ma per lo più donne, vecchi e bambini inermi.
Oggi, sebbene l’orrore dei nostri contemporanei per queste mattanze inaudite sia pressoché unanime, l’eredità culturale dei fautori della morte di Dio e dell’edificazione di un mondo che lo esclude non è stata affatto ripudiata. Sono solo cambiate le forme e sono diversi i nomi sotto cui questa filosofia si presenta. Se il nazismo è finito da un pezzo, e il comunismo è imploso, oggi dobbiamo ancora fare i conti col laicismo, e tra l’altro col “pensiero debole”, un fenomeno piuttosto marginale altrove – come ad esempio in Francia, dove mi reco spesso per le presentazioni dei miei libri – ma assai significativo qui in Italia. Questa visione che esclude Dio dalla società costituisce di nuovo l’idea dominante nell’ambito della cultura. Cosicché, se qualcuno prova a farle fronte, subito gli vengono tagliate le gambe nel consesso degli intellettuali. È qualcosa che prosegue in maniera non cruenta ciò che avveniva con il leninismo, che invece decretava la morte fisica degli elementi ritenuti ostili al pensiero unico. Qui non si viene uccisi, ma si subisce la morte civile, secondo un procedimento studiato in particolare da Gramsci. Si viene tagliati fuori dai giornali che contano, dalle televisioni, dagli ambienti preposti alla produzione della cultura condizionatori dell’opinione pubblica.
Vediamo questo meccanismo operare in modo spicciolo soprattutto col “politicamente corretto”: chi non è politicamente corretto viene emarginato, messo in un angolo. Per questo motivo, gli uomini veramente fedeli alla Chiesa hanno subito una progressiva strisciante forma di emarginazione.
Tuttavia, negli ultimi anni stiamo assistendo a un fenomeno nuovo, nell’universo laicista, che è stato battezzato da alcuni con l’espressione “teocon”, che allude all’emergere di figure assai eterogenee, accomunate da un sentimento in controtendenza: l’idea che si debbano in qualche modo riscoprire e difendere le radici cristiane della nostra civiltà. Non di rado i campioni di questa impostazione sono degli atei dichiarati – di qui la formula denigratoria di “atei devoti” – ma ciò non impedisce loro di essere spesso più d’accordo con il Papa Benedetto XVI di quanto lo siano tanti politici, intellettuali ed altri individui sedicenti cattolici, in pratica però influenzati dal laicismo.
Come si deve valutare questo fenomeno? Che cosa devono fare i sinceri credenti in Cristo e nella Chiesa di fronte a tale nuova posizione culturale? Credo si debba assumere l’atteggiamento suggerito da San Paolo nella lettera ai Tessalonicesi: «Prendete in esame tutto, trattenete ciò che è buono». Quegli “atei devoti” sono mossi soprattutto da una percezione: che il confronto tra Occidente e Islam ci vede in una posizione di tremenda debolezza. L’Occidente esprime in realtà una cultura che non crede più in niente. Il musulmano, invece, ha una fede e finirebbe quindi inevitabilmente col soverchiarci. Certo, all’inizio, il gap bellico ed economico permette all’Occidente di tenere testa alle masse islamiche, che però hanno dalla loro una forte identità e una tendenza demografica esattamente opposta all’egoismo di casa nostra.
I cristiani non devono in questa situazione farsi prendere dallo sconforto. Consideriamo bene qual è la nostra prospettiva: sappiamo che un Dio di straordinaria potenza (Creatore della nostra galassia che comprende più di 100 miliardi di sistemi solari, e Creatore intorno a questa di più di altri 100 miliardi di galassie) quel Dio è sceso tra noi facendosi uomo per venirci in aiuto. Perché – come Lui stesso ha spiegato – ci ama. Dobbiamo perciò confidare che non permetterà si arrivi allo scempio totale, cui senza dubbio ci porterebbero le scelte contro Dio che l’Occidente sta facendo una dopo l’altra nel nostro tempo. Alludo alle leggi che consentono di uccidere ogni anno su scala di milioni i bambini non nati, o le leggi che stanno legalizzando in molti Stati le prevaricazioni di Sodoma e Gomorra, o quelle che stanno scristianizzando studiatamente un grande Paese cristiano come la Spagna; e del resto basterebbe pensare alla caduta a picco dovunque dei costumi, indotta in particolare dalla televisione.
Pur lasciando agli uomini una così terribile libertà, Dio però non si disinteressa della loro sorte. Nel corso della mia vita ho assistito a diversi Suoi grandi interventi diretti nella storia. Non c’è qui spazio per riepilogarli, ma basterebbe ricordare la colossale implosione del comunismo in Russia, dopo la consacrazione di tale Paese alla Madonna operata dal Papa come richiesto dalla stessa Madonna a Fatima. Possiamo dunque confidare che a un certo punto Egli ci verrà ancora incontro. A una condizione, però: che la miriade di uomini che con la loro buona volontà letteralmente tengono in piedi il mondo (ricordate i dieci di Abramo che sarebbero bastati a salvare l’intera città?) continuino ciascuno nel suo modesto ambito a operare, e non s’adagino nell’inerzia.
Contro il pericolo di addormentarsi nell’indifferenza generale, teniamo presente ciò che è accaduto nel secolo scorso, quando i più tragici accadimenti si sono verificati mentre solo pochi anni prima nessuno li prevedeva o se li aspettava.

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Napolitano premia lo scrittore Eugenio Corti

Posté par atempodiblog le 19 avril 2013

Napolitano premia lo scrittore Eugenio Corti dans Articoli di Giornali e News eugeniocorti

La notizia ha del sensazionale: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a poche ore dallo scadere del proprio mandato, ha conferito allo scrittore cattolico Eugenio Corti la Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte.

Lo scrittore, oramai novantaduenne, ha reagito in maniera molto equilibrata alla notizia della premiazione. Nella sua ottica, infatti, tutto quel che accade trova risposta nel disegno provvidenziale di Dio; inoltre, i riconoscimenti in quanto tali non aggiungono o tolgono nulla al merito di una persona, in quanto le cose veramente importanti nella vita di una persona sono ben altre, come, in primis, l’aderire giorno per giorno alla volontà di Dio.

Ad ogni modo – ha proseguito lo scrittore –, “sono felice che le importanti traversie attraverso le quali sono passato vengano ricordate grazie ai miei scritti. Per me questo è sufficiente e mi conforta che un tale genere di memoria non venga perduto”.

La Medaglia conferita a Corti da Napolitano è la decima onorificenza attribuita – da diversi organi e per differenti motivi – allo scrittore e va ad aggiungersi al Premio Internazionale Medaglia d’Oro al merito della Cultura Cattolica, ricevuto da Corti nel 2000, e all’Ambrogino d’oro del 2007.

Secondo una ricerca condotta nel 2000, Eugenio Corti è lo scrittore cattolico vivente più amato in Italia. Autore del romanzo Il cavallo rosso (Edizioni Ares, p. 1280), oramai giunto alla ventisettesima edizione e tradotto in ben otto lingue, Corti è anche noto per la sua profonda conoscenza della realtà comunista e per la sua strenua fedeltà al Magistero ecclesiastico. Fine osservatore del mondo contemporaneo, lo scrittore non può che attribuire i massacri occorsi nel Novecento e le derive morali contemporanee – che hanno portato alla legalizzazione del divorzio e dell’aborto, ad un uso sempre più massiccio di droga, e via discorrendo – ad una sorta di “scristianizzazione” della società. Infatti, in virtù di un processo che Corti reputa essere iniziato già nel Rinascimento, Dio è stato relegato ad un ruolo sempre più marginale all’interno della società, mentre al Suo posto è stato innalzato l’uomo. Tuttavia – sostiene ancora lo scrittore –, le società che escludono Dio dal proprio orizzonte finiscono per essere asservite al “principe di questo mondo”, ossia al diavolo, che ha quali caratteristiche precipue quelle di essere omicida, menzognero e scimmia di Dio.

L’unico modo per porre freno alla secolarizzazione è mettere in pratica gli insegnamenti di Cristo. E in tale prospettiva Eugenio Corti – che ha donato tutta la propria vita alla realizzazione del versetto del Padre Nostro che recita: “Venga il Tuo Regno” – è un modello da seguire.

di Giulia Tanel
 
Fonte: Libertà e Persona
Tratto da: Una casa sulla Roccia

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Una via che conduce a Dio

Posté par atempodiblog le 26 mars 2013

Le scoperte scientifiche confermano che l’universo è opera di un Creatore intelligente.
Con buona pace del caso: che non ha logica e manca di buon senso.
di Eugenio Corti – Il Timone

Una via che conduce a Dio dans Articoli di Giornali e News eugeniocorti

Leggo che secondo il filosofo Gianni Vattimo (uno dei capifila del “pensiero debole”, che va ora per la maggiore in Italia e in Occidente) la scienza sarebbe nel nostro tempo il luogo in cui risulta più evidente il naufragio del pensiero metafisico, tanto che proprio essa darebbe oggi senso e compimento al programma nietzscheano della morte di Dio.
L’affermazione mi sorprende, anche se da tre secoli ormai – in pratica dal tempo delle prime scoperte astronomiche moderne – sentiamo parlare d’incompatibilità tra scienza e fede. Nella Bibbia tali scoperte non sono contemplate, e ciò inficiava, a giudizio di più d’uno, l’intero testo sacro, anzi inficiava la stessa esistenza di Dio, almeno del Dio della Bibbia.
Purtroppo tale discorso ha turbato in passato la fede di diversi credenti, i quali convenivano che in effetti la Bibbia avrebbe dovuto tener conto delle scoperte fatte dalla scienza nei secoli successivi alla sua stesura, in particolare nel Milleseicento e nel Millesettecento. Ma – ci chiediamo noi – perché non anche delle scoperte fatte nel nostro secolo allora (il big bang, le galassie, le macrocelle, le nane bianche, le supernove, i “buchi neri” al cui margine il tempo si arresta, nonché i quasar, i neutrini, i muoni, i pulsar, gli spin,  e tante altre ancora)? E perché non avrebbe dovuto tener  conto,  la Bibbia, anche delle  scoperte che verranno fatte nei secoli e millenni a venire, finché l’uomo abiterà la terra? In questo caso però le parole del sacro testo non sarebbero state comprese dai lettori cui erano rivolte: sia da quelli contemporanei alla sua stesura, sia da quelli venuti dopo mille, o duemila anni, e neanche da noi: per millenni tali parole avrebbero semplicemente costituito una cabala incomprensibile.
Oggi sappiamo che l’universo al suo inizio, cioè al momento del big bang (da 10 a 20 miliardi di anni fa) era composto di materia oscura ultracompressa, che mentre si espandeva divenne luminosissima. Fu quella la prima luce, e raggiunse una tale intensità, quale non si sarebbe più avuta in seguito. Quanto al nostro sole, sappiamo che – essendo una stella di seconda o terza generazione, si è formato diversi miliardi di anni più tardi. Affascinante oltre ogni immaginazione è in realtà la storia dell’universo che la scienza ci propone oggi. Gli scienziati – com’è giusto – hanno effettuato il loro lavoro di ricerca senza farsi condizionare dal presupposto dell’esistenza o no di Dio. Ed ecco: nei credenti di oggi, incluso l’estensore delle presenti note, l’impressione è che il procedere scientifico (forse perché consiste in continue individuazioni di frammenti della verità) riporti di continuo a Dio. Certo – come i cristiani sanno – le cose sono organizzate in modo che l’uomo non sia costretto, quasi obbligato fisicamente, a dichiarare che crede (la libertà, infatti – che nella sua fase più alta è libertà di aderire a Dio, o di respingerlo – fa parte costitutiva della natura umana: senza tale libertà l’uomo sarebbe snaturato). Comunque oggi non meno di un tempo, mano a mano scopre nuovi aspetti della realtà che lo circonda, l’uomo si trova puntualmente davanti all’evidenza di un’azione pregressa di Dio creatore. La vita è comparsa sulla terra circa 3,7 miliardi di anni fa; per tre miliardi di anni dopo la sua comparsa gli unici esseri viventi sul nostro pianeta sono stati i batteri e le alghe azzurre. Come si è formata la vita? Per creazione diretta di Dio, oppure per una “legge” che Dio aveva iscritta nel cuore della materia fin dal momento in cui l’aveva creata? La Bibbia, mentre è chiara ed esplicita in merito alla creazione diretta ad opera di Dio tanto della materia, che dell’anima dell’uomo (rispettivamente all’inizio e al termine del suo processo creativo), circa la comparsa della vita non è altrettanto univoca. Riporta infatti alcuni comandi del Creatore: “La terra produca esseri viventi… Le acque brulichino di esseri viventi…”, ecc, ma dice anche: “Dio creò i grandi mostri marini…” ecc. Tuttavia, che la comparsa della vita non sia stata lasciata unicamente al caso ci sembra risulti evidente da diverse constatazioni scientifiche. Per esempio da quanto scrive Grichka Bogdanov: “Una cellula vivente è composta di una ventina di aminoacidi che formano una ‘catena’ compatta. La funzione di questi aminoacidi dipende a sua volta da circa duemila enzimi specifici… I biologi giungono a calcolare che la probabilità che un migliaio di enzimi differenti si raggruppi per caso in modo ordinato fino a formare una cellula vivente (nel corso di una evoluzione di diversi miliardi di anni) è dell’ordine di 1 seguito mille zeri contro 1”.
Bogdanov ci mette anche davanti al tempo necessario perché si verifichi uno solo dei diversi passaggi necessari per arrivare alla prima cellula vivente: “Affinchè la formazione dei nucleotidi porti ‘per caso’ all’elaborazione di una molecola di RNA (acido ribonucleico) utilizzabile, sarebbe stato necessario che la natura moltiplicasse i tentativi a caso per un tempo di almeno anni 1 seguito da 15 zeri (cioè un milione di miliardi di anni), il che è un tempo centomila volte più esteso dell’età complessiva del nostro universo” (Grichka Bogdanov, Igor Bogdanov, Jean Guitton, Dio e la scienza, Bompiani, Milano 1992, p. 44). Non meno illuminante è quanto ha detto il prof. Bucci del campus biomedico universitario di Roma, nel corso di un congresso internazionale avente per tema “La probabilità nelle scienze”: “Supponiamo che io vada in una grotta preistorica, e vi trovi incisa, su una parete, una scritta, per esempio: ‘Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, che la dritta via era smarrita’, e che io dica ai miei colleghi: in quella grotta, a causa dell’erosione dell’acqua, della solidificazione dei carbonati e dell’azione del vento, si è prodotta, per caso, la prima frase della Divina Commedia. Non mi prenderebbero per matto? Eppure non avrebbero nulla da ridire se dicessi loro che si è formata per caso la prima cellula vivente, che ha un contenuto d’informazioni equivalente a 5000 volte l’intera Divina Commedia”.
Nonostante constatazioni come queste, c’è chi non vuol riconoscere che a monte di ogni cosa ci sia un’Intelligenza e un’azione creatrice, e propone che il tutto provenga dal caso. Francamente non possiamo dire che sia una proposta costruita sulla logica, né sul buon senso.

RICORDA
Obiettivamente è difficile accettare che questo nostro stupefacente ordine cosmico, capace di ospitare e dar forma alla straordinaria complessità della vita e dell’intelligenza, sia frutto di un fortunato lancio dei famosi dadi di Einstein. Anzi, a ben vedere, la similitudine del gioco dei dadi appare perfino sottodimensionata rispetto all’altissima improbabilità che si verifichino spontaneamente tutte le coincidenze indispensabili per la formazione dell’attuale universo. Come dice Trinh Xuan Thuan: «Si potrebbe paragonare la precisione di questa regolazione all’abilità di un arciere che riuscisse a ficcare la sua freccia al centro di un bersaglio di un centimetro quadrato da una distanza di 15 miliardi di anni-luce, l’età del cosmo».
(Roberto Timossi, Dio e la scienza moderna. Il dilemma della prima mossa, Mondadori, Milano 1999, p. 328).

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