Chiara Corbella Petrillo, la grazia di dire “sì” a Dio

Posté par atempodiblog le 13 juin 2022

Il decennale
Chiara Corbella Petrillo, la grazia di dire “sì” a Dio
Ricorrono oggi dieci anni dalla morte della Serva di Dio. Una ragazza del suo tempo, vivace, intuitiva, empatica, ironica, con molti interessi, dai viaggi alla musica. Una “santa della porta accanto”, che ha affrontato la malattia con fortezza ed è stata madre eroica dei suoi tre figli, fino al dono della vita.
di Luca Marcolivo – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: 
Radio Maria

Chiara Corbella Petrillo, la grazia di dire “sì” a Dio dans Articoli di Giornali e News Chiara-Corbello-Petrillo

Ci sono santi di cui apprendiamo l’esistenza al momento della beatificazione o canonizzazione. Altri, al contrario, diventano celebri subito dopo la morte. La Serva di Dio Chiara Corbella Petrillo (1984-2012) è sicuramente tra questi ultimi. Il suo processo canonico è iniziato il 21 settembre 2018, a poco più di sei anni dalla morte. In tempi recenti, soltanto San Giovanni Paolo II (1920-2005) e Santa Teresa di Calcutta (1910-1997) e pochi altri sono stati avviati sulla via degli altari con più rapidità.

La popolarità di Chiara Corbella divampò immediatamente dopo il suo funerale, celebrato il 16 giugno 2012, in una gremitissima parrocchia di Santa Francesca Romana all’Ardeatino. La storia della giovane sposa e madre romana aveva avuto immediato risalto mediatico, grazie soprattutto alle sue virtù non comuni, in particolare al coraggio nell’affrontare una malattia incurabile e nell’aprirsi alla vita dei tre figli, due dei quali morti subito dopo la nascita. L’allora cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, l’aveva definita la “nuova Gianna Beretta Molla”: un parallelo non inopportuno, sebbene negli anni siano emerse notevoli peculiarità che rendono questa storia unica nel suo genere.

Già nei mesi precedenti la sua nascita al Cielo, in tutta la diocesi di Roma erano girate numerose richieste di preghiere per Chiara, gravemente malata. Poco dopo la morte della loro prima figlia, era diventato virale il video caricato su YouTube della testimonianza di Chiara e di suo marito Enrico Petrillo, riguardo a un dramma che, vissuto in pace con Dio, si era trasformato in una sorprendente grazia.

Nei suoi 28 anni di vita, Chiara Corbella ha convintamente abbracciato la via della santità che il Signore ha voluto per lei. Un percorso di certo non facile, particolarmente drammatico nell’ultima fase della sua vita. Un percorso tanto coerente quanto aperto agli impulsi imprevedibili che la Provvidenza le metteva davanti. Chiara attinse a carismi ecclesiali diversi e complementari: cresciuta nel Rinnovamento Carismatico, si rafforzò e si plasmò definitivamente nella spiritualità francescana, sotto la guida di padre Vito D’Amato, OFM. In particolare, dopo il matrimonio, Chiara ed Enrico furono molto vicini a don Fabio Rosini, seguendo con attenzione il ciclo catechetico delle “Dieci Parole”. La Serva di Dio ha quindi vissuto una spiritualità a 360 gradi, molto dinamica e versatile, ma, al tempo stesso, articolata su discernimenti molto rigorosi. Il vero elemento “vincente” della spiritualità di Chiara è stato comunque la devozione mariana: un aspetto che non è sfuggito a padre Romano Gambalunga, carmelitano e postulatore della causa di beatificazione, che ha sempre colto nella Serva di Dio un “modello di santità molto attuale” che la rende una santa “della porta accanto”. Una ragazza del suo tempo, vivace, intuitiva, empatica, ironica, con molti interessi, dai viaggi alla musica (suonava piuttosto bene il violino).

Come Maria Beltrame Quattrocchi (1884-1965) o la già citata Gianna Beretta Molla (1922-1962), Chiara Corbella vive un percorso di santità che si realizza soprattutto nella vocazione familiare. Una vocazione che diventa fertile, grazie alla straordinaria attitudine alla disponibilità.

Chiara è innanzitutto disponibile con Dio. Fin da bambina impara subito che la preghiera non è un formulario ma un autentico e radicale colloquio con Gesù, che orienta ogni scelta della vita. Anche per questo, nemmeno durante l’adolescenza, Chiara ebbe grandi tentennamenti nella sua fede, che, al contrario, crebbe e maturò, al punto che, già in quegli anni, la vocazione al matrimonio le apparve molto nitida. È proprio nell’incontro con Enrico Petrillo (avvenuto a Medjugorje, il 2 agosto 2002, festa francescana del Perdono d’Assisi), che Chiara compie il passo decisivo nella sua disponibilità all’amore: non certo un amore mondano, zuccheroso ed effimero ma un amore maturo, solido, concreto e, al contempo, ambizioso ed elevato, alla stregua di quello che Gesù manifesta sulla Croce. Con questo spirito, Chiara, negli anni del liceo, respinge delicatamente più di un corteggiatore, preferendo attendere l’unico vero amore della sua vita. Quando conosce Enrico, Chiara intuisce subito il destino che li unirà nel sacramento matrimoniale. Per lui è disposta a scommettere tutto, persino ad accettare – se fosse stata volontà di Dio – l’idea di un’eventuale rottura definitiva nel momento più critico del loro fidanzamento. Enrico e Chiara sono una coppia che vive le stesse ansie e gli stessi dubbi dei loro coetanei: hanno però l’umiltà – lei per prima – di aprirsi all’Amore vero, quello che non pretende e che non conosce orgoglio: da quel momento, il loro legame spiccherà il volo, fino al matrimonio, celebrato nella chiesa di San Pietro ad Assisi, il 21 settembre 2008.

Il successivo passo è la disponibilità alla vita. Anche nella sua maternità, Chiara non conosce mezze misure. Accoglie la malattia e la morte dei piccoli Maria Grazia Letizia (2009) e Davide Giovanni (2010), perché, con gli anni, ha imparato che il possesso è il contrario dell’amore e loro sono figli di Dio, prima che figli suoi. Quando, poi, ad ammalarsi sarà lei, Chiara anteporrà la vita del suo terzogenito Francesco (2011) alla sua, scegliendo di posticipare le cure per sé stessa. Scelte coraggiose, non comprese da tutti ma compiute in totale libertà. Scelte che hanno reso straordinaria una vita simile a molte altre, sebbene indubbiamente “sopra la media” e felicemente intrisa di Spirito Santo.

L’ultimo passaggio chiave nella vita di Chiara Corbella è nella sua disponibilità all’incontro definitivo con lo Sposo. Proprio lei, che aveva fatto del matrimonio la sua vocazione terrena, arriva più che preparata allo sposalizio celeste. Sul letto di morte, al marito che le domanda: “Ma questo giogo è davvero dolce?”, lei risponde: “Sì, è tanto dolce”. Così Enrico vede svanire miracolosamente la sua tristezza: sua moglie – dice – sta andando “da Uno che la ama più di me!”. Circondata dall’affetto di Enrico, del piccolo Francesco, della mamma Anselma, del papà Roberto, della sorella Elisa e di un’impagabile comunità di amici in Cristo, Chiara Corbella si spegne serenamente il 13 giugno 2012, nella provvidenziale coincidenza della memoria liturgica di un francescano: Sant’Antonio di Padova.

Nel decennale della sua nascita al Cielo, che si celebra oggi, Chiara Corbella offre una grande opportunità a chi conosce la sua storia e, ancor più, a chi la conosce poco: quella di imparare ad abbracciare la propria vocazione senza compromessi, nella consapevolezza che non c’è amore senza Croce ma, soprattutto, non c’è Croce che non sia una prova d’amore.

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Siamo nati e non moriremo mai più

Posté par atempodiblog le 13 août 2021

La solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria
Siamo nati e non moriremo mai più
di don Luigi Maria Epicoco – L’Osservatore Romano

Siamo nati e non moriremo mai più dans Chiara Corbella Petrillo Maria-assunta-in-Cielo

C’è così tanta luce nella festa dell’Assunzione di Maria al cielo, che si fa fatica a tenere gli occhi aperti. È la fatica che si prova davanti al Mistero che non riusciamo mai ad addomesticare fino in fondo nella formula giusta, nella teologia più capiente. Per quanto ci sforziamo di dare voce e corpo ai dogmi cristiani (e tra di essi anche quelli che si riferiscono specificamente a Maria), l’unica cosa che rimane è riuscire ad intravedere qualcosa di quel Mistero in una immensa luce. Ecco perché potremmo dire che la festa dell’Assunzione di Maria al cielo è una di quelle feste che evangelizzano lo sguardo. È verso l’alto che dobbiamo guardare. «Siamo nati e non moriremo mai più», scrisse quella straordinaria donna di nome Chiara Corbella che ci ha lasciato una bellissima testimonianza di donna, di moglie, di madre, di amica. Perché la morte è solo quella direzione di cielo che prendiamo con una rincorsa un po’ misteriosa e un po’ carica di paura. Maria che varca il cielo ci ricorda che quello è il nostro destino, cioè quella è la nostra destinazione. Ed è per questo che Maria è per ciascuno di noi “segno sicuro di speranza”, perché guardando Lei capiamo un po’ che fine faremo anche noi.

La liturgia che accompagna la festa di oggi ci fa leggere un brano dell’evangelista Luca in cui si racconta l’incontro tra Maria e la cugina Elisabetta (Lc 1, 39-56). È un incontro in cui l’effetto collaterale si chiama gioia: «Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo», dice Elisabetta, e Maria risponde: «L’anima mia magnifica il Signore». Il segno distintivo che siamo fatti per il cielo lo si vede dalla gioia che proviamo e che portiamo. Un cristiano o è un portatore di gioia o non è cristiano. Ma non la gioia dei sorrisi, ma la gioia di sapersi amati definitivamente. È la gioia di chi riesce a vedere che Dio rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili. Dà conoscenza agli umili e confonde le idee ai superbi. Provvede a chi si riconosce povero e lascia a bocca asciutta coloro che pensano di bastare a se stessi. La festa di oggi quindi, come una seconda Pasqua tutta mariana, accende una luce di speranza sul nostro destino. Questa luce però non è solo una luce che ci parla del dopo, ma è una luce che ci parla del qui ed ora. Infatti è proprio pensando a Maria che tutta la nostra vita di adesso assume una profondità nuova. Ha ragione quindi Dante a dire di Maria: «Sei di speranza fontana vivace».

Un ultimo aspetto riguarda lo “scandalo del corpo”. Fintanto che penseremo alla fede e alla vita spirituale come qualcosa che tocca solo la nostra anima, un nostro principio spirituale, interiore, non ci discosteremo di molto dalle altre esperienze religiose. Ma la fede cristiana è fede nel “corpo del Risorto”, è fede nella risurrezione della carne. Il fatto che Maria sia in cielo non solo con la sua anima, ma con il suo corpo, ci interroga profondamente sulla nostra fede nella risurrezione. Il cristianesimo poggia o cade proprio su questo: sullo scandalo del nostro corpo che non è, come diceva Platone, «la tomba dell’anima», ma bensì «tempio dello Spirito Santo» (1 Cor 6, 13), anch’esso, quindi, in attesa di redenzione. Potremmo quindi aggiungere che oggi è la festa della riconciliazione con il nostro corpo.

Divisore dans San Francesco di Sales

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Il coraggio di amare Dio più della moglie

Posté par atempodiblog le 2 septembre 2013

Il coraggio di amare Dio più della moglie dans Chiara Corbella Petrillo bz2n

Sebbene, si sa, una mamma non vada mai in ferie, e anzi, di solito abbia bisogno di una vacanza, dopo, per riprendersi dalla vacanza, può anche capitare di trovare qualche minuto per leggere. Se poi il libro è la storia di Chiara Corbella Petrillo, Siamo nati e non moriremo più, i minuti volano e può capitare di passare la notte in bianco, avvinti dalla storia di questa donna meravigliosa, e del suo coraggioso marito. I loro amici, Simone Troisi e Cristiana Paccini raccontano la storia di Chiara – Credere ne ha già parlato – raccogliendo, proprio come fecero i primi testimoni di Gesù, quello che hanno visto e toccato con mano. 

C’è qualcosa che mi ha colpita più ancora dell’incredibile avventura di due genitori che accolgono due figli malati, uno dopo l’altro, e li accompagnano con amore nelle loro poche ore di vita. Più ancora della decisione di non danneggiare il terzo bambino, sano, che Chiara si trova in pancia quando scopre di avere un tumore. Più ancora della tenacia con cui la mamma si è curata e ha affrontato il dolore, nel primo anno del bambino. Più del racconto della morte accolta col sorriso, e della forza con cui il marito va avanti da solo senza perdere la fede.

Più di tutto, in questo libro prezioso, mi ha colpito il racconto del tormentato fidanzamento, quando i due ragazzi superano le difficoltà che fino ad allora li hanno fatti litigare, prendersi e lasciarsi, comprendendo la cosa più importante: «Se riconosci – dice Enrico – che solo in Dio puoi amare, devi amare Dio più di tua moglie, più di tuo marito. Se cerchi la consolazione nell’amore di una persona che ti sta vicino, stai prendendo una strada sbagliata. Perché la consolazione te la deve dare solo il Signore». Arrivare a capire una cosa così grande, prima ancora di sposarsi! Che meraviglia! Non mi stupisce che il Signore li abbia scelti, Chiara ed Enrico, per essere un segno profetico del vero Matrimonio cristiano. Qualcosa che fa impallidire l’amore romantico e tutto emotivo che va per la maggiore oggi.

di Costanza Miriano - Credere, la gioia della fede

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Socci: «L’eroica quotidianità di Chiara Corbella. La sua storia è opera della Grazia»

Posté par atempodiblog le 10 octobre 2012

Socci: «L’eroica quotidianità di Chiara Corbella. La sua storia è opera della Grazia» 
 di Emmanuele Michela – tempi.it
 
«C’è un giardino nel mondo dove fioriscono queste meraviglie. È la Chiesa, che però per i giornali è tutt’altro». Intervista ad Antonio Socci, sulla storia di Chiara Corbella: «Colpisce il suo affidamento totale a Gesù»

Socci: «L’eroica quotidianità di Chiara Corbella. La sua storia è opera della Grazia» dans Antonio Socci chiaracorbellaedenrico

Di spazio per lei ce n’è stato ben poco sui giornali nazionali. L’affascinante storia di Chiara Corbella (qui la testimonianza inedita del marito Enrico raccolta da Tempi), la giovane mamma che ha preferito non curare un tumore pur di far nascere il figlio Francesco, ha stupito tante persone, ma nelle pagine dei quotidiani non trova eco. E proprio contro questa “dimenticanza” si è concentrato ieri Antonio Socci dalle colonne di Libero e del suo blog “Lo straniero”, raccontando lui della “semplice santità” di questa ragazza di 28 anni morta lo scorso 13 giugno. «C’è un giardino nel mondo dove fioriscono queste meraviglie. Dove accadono cose stupende, inimmaginabili altrove. È la Chiesa di Dio», scriveva ieri. «Nessuno dei potenti e dei sapienti lo conosce. Per loro e per i giornali la Chiesa è tutt’altro. I giornali strapazzano il Vaticano e Benedetto XVI per il Vatileaks. I riflettori dei media sono tutti per i Mancuso, i don Gallo, gli Enzo Bianchi. O per ecclesiastici da loro ritenuti “moderni”. Ma nel luminoso giardino di Dio, che Benedetto XVI ama e irriga, fioriscono silenziosamente giovani come Chiara».

Socci, cosa l’ha stupita di più della vicenda di Chiara Corbella?
Mi ha colpito la semplicità della sua santità: Chiara è una di quelle persone normali che per serietà con l’incontro fatto con Gesù riescono ad arrivare fino a questo livello di testimonianza. E a vedere e sentire i suoi familiari si capisce che la storia di Chiara è davvero opera della Grazia: mi ha stupito, per esempio, quanto raccontava il marito Enrico. «Siamo stati un po’ spettatori di noi stessi in questi anni». Ecco, anche senza che loro se ne rendessero conto sono diventati testimoni della Grazia che opera tra noi. E ha stupito molti questa storia: in tanti sono rimasti commossi da questa testimonianza di semplice santità.

antoniosoccimedjugorje dans Articoli di Giornali e News

Cos’hanno da insegnare vite così emblematiche?
Potremmo parlare per delle ore. È ciò che compie Cristo nelle nostre vite, è il segno che è vivo e agisce tra noi facendo vivere le cose di tutti giorni in maniera straordinaria, il quotidiano in modo eroico. E di Chiara colpisce una cosa: l’affidamento totale a Gesù. Grazie alla semplicità di Cristo, vivo qualcosa di grande. In più tutto questo succede in un momento in cui si parla della Chiesa solo per metterne in luce divisioni, scandali, rotture, le critiche di chi si reputa la vera Chiesa. Ma in realtà la vera Chiesa è Chiara e le persone come lei. E, guarda caso, di queste vicende non si parla sui giornali, dove l’immagine del mondo ecclesiastico è solo quella di Vatileaks. Oppure, se se ne parla, lo si fa in maniera assurda: mesi fa avevo letto un pezzo dedicato a Chiara sul sito del Corriere, nel blog “Genitori e figli”. Leggere questo post è molto istruttivo su come viene guardata questa vicenda: «Dov’è il limite tra l’amore e l’incoscienza? I genitori hanno il dovere di crescere i figli, di seguirli, di curarli. Sono cattolica, ma non mi riconosco in questo amore, sono mamma, ma rinuncerei di mettere al mondo un figlio già condannato prima di nascere».

In un tempo in cui ci viene spesso data un’immagine del mondo dei giovani vuoto e senza guide, lei titola il suo articolo “Il giardino della giovinezza che il mondo non conosce”. Dove sta l’eccezionalità di questa ragazza? Lei nel suo pezzo fa riferimento anche alla adunata di Tor Vergata per il Giubileo del 2000.
Sì, perché ricordo che allora si ironizzava molto sui giornali circa l’incapacità di capire in cosa la Chiesa potesse interessare ai giovani, e dove stesse il fascino di Gesù per la gente. La nostra società non riesce a capire perché una persona riesca a dire a 20 anni che Cristo è la sua vita, come diceva proprio Giovanni Paolo II e dice oggi Benedetto XVI.

Di storie come questa non se ne parla sui giornali, troppo impegnati a scrivere di Vatileaks e Imu sui beni ecclesiastici. Solo voglia di sparlare su temi che hanno un mercato o c’è invece un’avversione alla Chiesa?
Credo sia prima di tutto un problema di non conoscenza: il cristianesimo è un continente che si crede di aver visto fino in fondo, ma di cui in realtà si ha, tante volte, un’immagine solo superficiale. Niente come il cristianesimo è qualcosa che si pensa di conoscere ma che in realtà non si conosce fino in fondo. Non dimentichiamoci poi quello che diceva Augusto Del Noce: la cultura moderna è estranea al cristianesimo perché non lo vuole conoscere. E infine, bisogna aggiungere come spesso il discorso si ideologizzi quando si parla di Chiesa e fede.

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“Il nostro amore speciale”: il ricordo di Chiara Corbella nelle parole del marito Enrico

Posté par atempodiblog le 20 juin 2012

“Il nostro amore speciale”: il ricordo di Chiara Corbella nelle parole del marito Enrico
Fonte: Radio Vaticana

“Il nostro amore speciale”: il ricordo di Chiara Corbella nelle parole del marito Enrico dans Articoli di Giornali e News

“Vado in cielo ad occuparmi di Maria e Davide, e tu rimani con il papà. Io da lì prego per voi”. E’ questa una frase che Chiara Corbella, una giovane ragazza romana di 28 anni, ha scritto al figlio Francesco prima di morire, una settimana fa, per un tumore scoperto al quinto mese di gravidanza. Una maternità affrontata con forza dopo la scelta di rimandare le cure alla nascita del bambino. Era la terza gravidanza di Chiara: Maria e Davide erano scomparsi poco dopo il parto. Entrambi erano nati con gravi malformazioni. “I nostri cuori innamorati sulla Croce”: così ha detto Enrico Petrillo, il marito di Chiara che al microfono di Benedetta Capelli ha voluto dare la sua testimonianza:

R. – Vivere con mia moglie, con Chiara, sia nel fidanzamento sia da sposati, è stato bellissimo. Abbiamo avuto una vita veramente piena. Io non so bene come definirla… Anche attraverso le vite dei nostri figli abbiamo scoperto che la vita, trenta minuti o cent’anni, non c’è molta differenza. Ed è stato sempre meraviglioso scoprire questo amore più grande ogni volta che affrontavamo un problema, un dramma. In realtà, noi nella fede vedevamo che dietro a questo si nascondeva una grazia più grande del Signore. E quindi, ci innamoravamo ogni volta di più di noi e di Gesù. Questo amore non ci aveva mai deluso e quindi, ogni volta, non perdevamo tempo, anche se tutti intorno a noi ci dicevano: « Aspettate, non abbiate fretta di fare un altro figlio”. Invece noi dicevamo: “Ma perché dobbiamo aspettare?”. Quindi, abbiamo vissuto questo amore più forte della morte. La grazia che ci ha dato il Signore è stata di non aver messo paletti, barriere alla sua grazia. Abbiamo detto questo “sì”, ci siamo aggrappati a lui con tutte le nostre forze, anche perché quello che ci chiedeva era sicuramente più grande di noi. E allora, avendo questa consapevolezza sapevamo che da soli non avremmo potuto farcela, ma con Lui sì. Abbiamo avuto un fidanzamento ordinario, ci siamo lasciati, litigavamo un po’, come tutti i fidanzati. Però, a un certo punto, quando abbiamo deciso di fare le cose seriamente, è cambiato tutto. Abbiamo scoperto che l’unica cosa straordinaria è la vita stessa. Dice il Signore: “A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Chiara ed io abbiamo desiderato profondamente questa cosa: di diventare figli del Signore. Siamo noi che dobbiamo scegliere se questa vita è un caso, oppure se esiste un Padre che ci ha creato e che ci ama.

D. – Quanto accaduto a Chiara assomiglia tanto all’esperienza di Gianna Beretta Molla che Giovanni Paolo II definì « un inno alla vita, una santa della quotidianità ». L’amore per la vita, come ci raccontavi ha proprio guidato Chiara in tutta la sua esistenza…

R. – Sì, è proprio così. Chiara sin da piccola è stata educata da bravi genitori al cristianesimo, all’incontro con Gesù, e da subito ha manifestato una sensibilità e una docilità allo Spirito molto speciale, nutrendo anche fin da piccola un rapporto particolare con la Vergine Maria. Questa cosa se l’è portata per tutta la vita e logicamente, se ami Gesù Cristo, come non si può non amare la vita in tutti i suoi aspetti?

D. – In un filmato su Youtube, Chiara ha detto questa frase: “Il Signore mette la verità in ognuno di noi; non c’è possibilità di fraintendere”. Alla luce di quanto accaduto – dei dolori, delle incertezze, delle scelte fatte – qual è la verità che hai scoperto?

R. – Quella frase si riferisce al fatto che il mondo di oggi, secondo noi, ti propone delle scelte sbagliate di fronte all’aborto, di fronte a un bimbo malato, di fronte a un anziano terminale, magari con l’eutanasia… Il Signore risponde con questa nostra storia che, come ti ho detto prima, un po’ si è scritta da sola: noi siamo stati un po’ spettatori di noi stessi, in questi anni. Risponde a tante domande che sono di una profondità incredibile. Il Signore, però, risponde sempre molto chiaramente: siamo noi che amiamo filosofeggiare sulla vita, su chi l’ha creata e quindi, alla fine, ci confondiamo da soli volendo diventare un po’ padroni della vita e cercando di sfuggire dalla Croce che il Signore ci dona. In realtà, questa Croce – se la vivi con Cristo – non è brutta come sembra. Se ti fidi di lui, scopri che in questo fuoco, in questa Croce non bruci e che nel dolore c’è la pace e nella morte c’è la gioia. Riflettevo molto, soprattutto in quest’anno, sulla frase del Vangelo che dice che il Signore ci dà una Croce dolce e un carico leggero. Quando vedevo Chiara che stava per morire ero ovviamente molto scosso. Quindi, ho preso coraggio e poche ore prima – era verso le otto del mattino, Chiara è morta a mezzogiorno – gliel’ho chiesto. Le ho detto: “Chiara, amore mio, ma questa Croce è veramente dolce, come dice il Signore?”. Lei mi ha guardato, mi ha sorriso e con un filo di voce mi ha detto: “Sì, Enrico, è molto dolce”. Così, tutta la famiglia, noi non abbiamo visto morire Chiara serena: l’abbiamo vista morire felice, che è tutta un’altra cosa.

D. – A tuo figlio Francesco cosa racconterai di quello che è successo e, soprattutto, cosa racconterai quando ti chiederà di mamma Chiara?

R. – Gli racconterò sicuramente di come è bello lasciarsi amare da Dio, perché se ti senti amato puoi fare tutto. Questa, secondo me, è l’essenza, la cosa più importante della vita: lasciarsi amare, per poi a nostra volta amare e morire felici. Questo è quello che gli racconterò. E gli racconterò che questo ha fatto mamma Chiara. Lei si è lasciata amare e, in un certo senso, mi sembra che stia amando un po’ tutto il mondo. La sento più viva oggi che prima. E poi, il fatto di averla vista morire felice per me è stata una sconfitta della morte. A me metteva molto paura pensare, dopo le esperienze anche dei miei figli, di Davide e Maria, di poter veder morire anche mio figlio Francesco. Oggi, so che c’è una cosa bellissima di là che ci aspetta.

D. – Quando ti dicono che c’è questo profumo di santità intorno a Chiara, è una cosa che ti disturba?

R. – Sinceramente, mi lascia abbastanza indifferente. Nel senso che Chiara e io avevamo fatto altre scelte, per la vita: avremmo desiderato tanto invecchiare insieme. Però, anche in questo momento della nostra storia vedo come Dio ogni giorno mi meravigli… Io sapevo che mia moglie era speciale: credo che la beatitudine, che una persona venga proclamata beata perché beato significa essere felici. Chiara e in parte anch’io abbiamo vissuto tutta questa storia con una grande gioia nel cuore, e questo mi faceva intuire delle cose grandi. Però, oggi sono meravigliato, perché mi sembrano molto più grandi di quello che io potessi pensare.

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