San Giuseppe

Posté par atempodiblog le 19 mars 2025

San Giuseppe
Il beato Pio IX lo ha dichiarato patrono della Chiesa universale, consapevole della potentissima intercessione di Giuseppe, che si estende a ogni grazia, come già ricordava santa Teresa d’Avila
di Ermes Dovico – La nuova Bussola Quotidiana

San Giuseppe dans Angeli San-Giuseppe

Se giustamente l’antico adagio teologico afferma che di Maria non si dice mai abbastanza, similmente si può dire del suo castissimo sposo poiché in nessun altro santo, eccetto la stessa Madre di Dio, la dimensione del mistero è così grande come in san Giuseppe. E in nessun altro santo come nel padre putativo di Gesù le logiche divine appaiono del tutto straordinarie e ribaltate rispetto alle logiche del mondo. La Chiesa insegna che solo a Dio si deve il culto di latria (adorazione); a Maria è riservata una venerazione specialissima detta iperdulia («oltre la dulia», cioè il culto di angeli e santi), cui segue immediatamente la protodulia dovuta a Giuseppe, da venerare come primo tra tutti i santi.

Il perché lo spiega bene Leone XIII nella Quamquam Pluries: «Poiché tra Giuseppe e la beatissima Vergine esistette un vincolo coniugale, non c’è dubbio che a quell’altissima dignità, per cui la Madre di Dio sovrasta di gran lunga tutte le creature, egli si avvicinò quanto nessun altro mai. Infatti il matrimonio costituisce la società, il vincolo superiore ad ogni altro: per sua natura prevede la comunione dei beni dell’uno con l’altro. Pertanto se Dio ha dato alla Vergine in sposo Giuseppe, glielo ha dato pure a compagno della vita, testimone della verginità, tutore dell’onestà, ma anche perché partecipasse, mercé il patto coniugale, all’eccelsa grandezza di lei». Non è perciò casuale il posto unico che san Giuseppe occupa nel cuore dei credenti, dai fedeli più semplici ai più grandi teologi, fino ai pontefici, che da secoli esortano i cristiani ad accrescere la devozione verso il Custode della Sacra Famiglia, in sommo grado ripieno di fede, speranza e carità.

Il Vangelo non gli attribuisce direttamente nessuna parola, ma il suo silenzio e ogni circostanza in cui si parla di lui hanno un peso specifico enorme. Giuseppe collega Gesù alla discendenza di Davide, è l’uomo chiamato da Dio a cooperare alla realizzazione delle profezie e all’adempimento delle antiche promesse. Perciò il primo capitolo di Matteo, l’evangelista che più si rivolge ai Giudei, si apre con la genealogia di Gesù e – al suo culmine – ci presenta Giuseppe come «lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo». Come Luca approfondirà la prospettiva interiore della Vergine, Matteo ci offre uno spaccato dei pensieri di Giuseppe, da lui lodato quale «giusto». Un giusto che in ogni istante, per quanto tormentato, pensò a proteggere Maria, preservandola dalla lapidazione e custodendone l’onore, fino al conforto del messaggero celeste: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

Giuseppe abbracciò quindi la sua vocazione di sposo e «fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore», prendendo con sé la sua sposa. Quel «fece» dice molto su questo glorioso santo nascosto, che ama la legge di Dio e dunque la osserva, abbandonandosi totalmente alla Volontà divina, con il pieno assenso del suo intelletto. Come Maria ha detto liberamente sì a Dio, così Giuseppe: entrambi sorpresi da Lui, entrambi pronti a servire il Suo disegno salvifico. «La sorpresa del casto Giuseppe era paragonabile a quella della Vergine Maria quando al momento dell’Annunciazione ha chiesto: « Come può accadere se non conosco uomo? » Maria voleva sapere come avrebbe potuto essere vergine e madre allo stesso tempo, e san Giuseppe non sapeva come poter essere vergine e padre», ha detto il venerabile Fulton Sheen (1895-1979) in una splendida catechesi: «L’Angelo del Signore ha spiegato a entrambi che solo Dio aveva il potere di fare una cosa simile».

Attraverso il matrimonio con Maria, luce per tutti gli sposi, Giuseppe divenne padre di Gesù e ne servì la missione proprio con la sua paternità verginale. Salvò il Bambino da Erode con la fuga in Egitto, lo allevò, lo nutrì, lo vestì, gli insegnò un mestiere, assolvendo di giorno in giorno i suoi compiti paterni verso Gesù, il quale da parte sua obbediva docilmente ai genitori e «cresceva in sapienza, età e grazia», preludio della sua attività pubblica. A Dio piacque che Gesù, Verbo incarnato, venisse chiamato figlio di Giuseppe e volle che alla custodia del santo patriarca fossero affidati «gli inizi della Redenzione» (Messale Romano). Come ricorda san Giovanni Paolo II nella Redemptoris Custos, Giuseppe fu allo stesso tempo il Custode del Redentore, il primo devoto di Maria e il primo uomo al quale fu partecipato il mistero dell’Incarnazione che si era compiuto nella sua sposa. Alla quale è indissolubilmente legato. Perciò, insegnano i santi, la vera devozione dell’uno accresce la devozione verso l’altra: e insieme sono strada sicura verso Cristo.

Ecco perché san Giovanni Crisostomo ne sottolineava l’eccezionale ruolo di «ministro della salvezza» e il beato Pio IX lo ha dichiarato patrono della Chiesa universale, consapevole della potentissima intercessione di Giuseppe, che si estende a ogni grazia, come già ricordava santa Teresa d’Avila: «Ad altri sembra che Dio abbia concesso di soccorrerci in questa o in quell’altra necessità, mentre ho sperimentato che il glorioso San Giuseppe estende il suo patrocinio su tutte. Con ciò il Signore vuol darci a intendere che, a quel modo che era a lui soggetto in terra, dove egli come padre putativo gli poteva comandare, altrettanto gli è ora in cielo nel fare tutto ciò che gli chiede».

Divisore dans San Francesco di Sales

Per saperne di più:

Freccia dans Viaggi & Vacanze Quamquam Pluries, enciclica di Leone XIII, con in calce l’orazione «A te, o beato Giuseppe…»

Publié dans Angeli, Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Riflessioni, San Giovanni Crisostomo, San Giuseppe, Santa Teresa d'Avila, Stile di vita, Venerabile Fulton John Sheen | Pas de Commentaire »

L’angelo custode può scherzare e giocare con chi custodisce?

Posté par atempodiblog le 11 mars 2025

L’angelo custode può scherzare e giocare con chi custodisce?
di Corrado Gnerre – Il Cammino dei Tre Sentieri

L’angelo custode può scherzare e giocare con chi custodisce? dans Amicizia HGAU8991

Nel Diario di santa Gemma Galgani (nata il 12 marzo 1878, ndr) si legge questo episodio:

La Santa sta per andare a dormire, ma si sente fortemente agitata a causa della vicinanza del demonio. Invoca il suo angelo custode che le appare, e così ella gli chiede di non lasciarla sola, di vegliare al suo fianco quella notte.

Ma l’angelo le risponde che ha bisogno di riposo, che anch’egli vuole andare a dormire. Giustamente santa Gemma gli ribatte che questo non può essere perché gli angeli non hanno bisogno di riposo e di sonno. A queste parole, l’angelo sorride e le fa capire che aveva voluto scherzare.

La questione che pone la domanda è tutt’altro che banale: è possibile che l’angelo possa scherzare e giocare con chi custodisce?

E’ possibile perché lo scherzo, così come il gioco, possono servire per alzare il morale. Scherzo e gioco rientrano nel ristoro dello spirito, che, proprio perché è oggettivamente un bene, sta certamente a cuore a colui che la Divina Provvidenza ha scelto come sostegno e conforto.

A proposito del gioco non sono poche le esperienze che hanno avuto santi bambini di poter giocare perfino con Gesù Bambino.

Il piccolo san Gerardo Majella soleva recarsi al santuario di Nostra Signora delle Grazie dove si trovava una statua della Vergine avente tra le braccia il Divino Bambino. Un giorno, tornando dal santuario, san Gerardo mostrò alla mamma un pezzo di pane. La madre, insospettita, decise di seguire Gerardo la volta successiva in cui si fosse recato al santuario. Fu così testimone di un fatto straordinario: il Bambino della statua prendeva vita e scendeva dalle braccia della Vergine per giocare con il piccolo Gerardo… se dunque Gesù arriva a giocare con i Santi, volete che non lo possano fare gli angeli custodi?

Publié dans Amicizia, Angeli, Corrado Gnerre, Fede, morale e teologia, Riflessioni, Santa Gemma Galgani, Sorriso | Pas de Commentaire »

La scala che Cristo salì durante la Passione e il luogo più santo al mondo

Posté par atempodiblog le 25 février 2025

La scala che Cristo salì durante la Passione e il luogo più santo al mondo
La tradizione li identifica nei 28 gradini del Pretorio di Pilato percorsi da Gesù prima di essere condannato a morte. Moltitudini di fedeli giungono a Roma per salirli in ginocchio e ottenere l’indulgenza plenaria per sé o per un defunto. Nel Santuario affidato alla custodia dei Passionisti si conserva anche l’antica cappella privata dei Papi, detta « Sancta Sanctorum » che custodisce al suo interno reliquie di grande valore
di Paolo Ondarza – Vatican News

La scala che Cristo salì durante la Passione e il luogo più santo al mondo dans Angeli La-Scala-Santa

È per eccellenza il Santuario della Passione di Cristo. Sorge a pochi passi dalla Basilica di San Giovanni in Laterano dove fino al XIV secolo, prima della attività avignonese, sorgeva il Patriarchio, l’antica residenza ufficiale del romano Pontefice. Conserva i ventotto gradini che la tradizione ci ha tramandato come quelli del Pretorio di Ponzio Pilato, fatti trasportare a Roma dalla madre dell’imperatore Costantino, Sant’Elena. La donna ritenuta di fatto la prima archeologa cristiana, durante il suo viaggio in Terra Santa tra il 327 ed il 328, effettuò numerose ricerche per ritrovare i luoghi della vita di Gesù.

A custodire “in perpetuum” la Scala Santa dal 1854, per volere di Pio IX, sono i Religiosi Passionisti il ​​cui carisma è quello di “promuovere la memoria della Passione del Signore”: “la più grande e stupenda opera del divino amore”, come diceva il fondatore San Paolo della Croce.

Per il Giubileo atteso un milione di visitatori
Ci lasciamo alle spalle l’intenso traffico urbano che caratterizza Piazza di San Giovanni in Laterano e ci dirigiamo a piedi verso questo luogo venerato e visitato da secoli da moltitudini pellegrini di tutto il mondo. Ad accoglierci nel silenzio dell’adiacente convento, voluto 150 anni fa da Papa Mastai, è il rettore Padre Leonello Leidi: “Generalmente in un anno superiamo il mezzo milione di visitatori. Quest’anno stima di arrivare al milione”, commenta illustrandoci anche le varie iniziative messe in calendario per l’Anno Santo. Tra tutte la celebrazione della Via Crucis e della Messa internazionale ogni venerdì pomeriggio, ad eccezione dei mesi di luglio e agosto.

Il trasporto è avvenuto in una notte
“Il Santuario – spiega il sacerdote – risale all’epoca di Papa Sisto V che lo istituì nel 1590 con la bolla Cum rerum singolarum . Un anno prima il Pontefice aveva chiesto al suo architetto di fiducia Domenico Fontana di traslare, in una sola notte come dicono le cronache, la Scala Santa dal lato nord dell’antico Patriarchio al luogo in cui oggi è collocata, al centro di altre quattro scale. Abbiamo notizie certe che fin dall’anno Mille questi 28 gradini siano identificati dai pellegrini con quelli saliti da Cristo diverse volte, quando venne giudicato e condannato a morte nel Pretorio di Gerusalemme”.

I-segni-delle-ginocchia-scavati-nel-marmo dans Apparizioni mariane e santuari

I segni delle ginocchia scavati nel marmo
Per antica tradizione la Scala Santa si sale solo in ginocchio. L’evidente segno del passaggio di generazioni di pellegrini sono i solchi scavati nei gradini di marmo, ricoperti di legno di noce nel 1724 da Papa Innocenzo XIII. “Salire è molto faticoso”, ammette padre Leidi, “questo esercizio ascetico vuole significare un atto di penitenza, un’immedesimazione nella Passione di Cristo”.

Le gocce del sangue di Gesù
Sul primo, sull’undicesimo e sull’ultimo gradino il rettore del Santuario ci fa notare la presenza di alcuni oblò in vetro, oltre i quali si intravedono croci di ottone e marmo: “Secondo una tradizione sviluppatasi nel Medioevo, su alcuni scalini gocce del Sangue di Cristo dopo la flagellazione.

Quelle macchie, oggi invisibili, sono ancora oggetto di devozione da parte dei pellegrini che qui si fermano, e vi posano il capo o oggetti religiosi”: innumerevoli preghiere, crocifissi, rosari, immaginette o fotografie di persone care per le quali si chiede una grazia speciale, sono stati ritrovati al di sotto della copertura lignea rimossa in occasione dei restauri conclusi nel 2020. Oggi sono conservati dai Padri Passionisti in un’apposita teca.

Un percorso penitenziale accessibile a tutti
Nel corso dello stesso intervento conservativo, condotto dalle maestranze dei Musei Vaticani e finanziato dai ‘Patrons of the Arts in the Vatican Museums’, in una delle quattro scale costruite attorno alla Scala Santa è stato installato un montascale per consentire anche alle persone con difficoltà motorie di compiere il pellegrinaggio e ottenere l’indulgenza plenaria che nel Santuario è concessa alle consuete condizioni (Confessione, Comunione, Credo e Preghiera per il Papa), ogni giorno dell’anno, al di là del Giubileo.

L’arte che favorisce la fede
La contemplazione nella salita di due delle scale laterali è favorita da 75 meravigliose scene bibliche affrescate sulle pareti e sulla volta nel XVI secolo su commissione di Sisto V, da almeno 12 pittori diversi: una Biblia Pauperum che aiuta il pellegrino ad immergersi nella storia della salvezza. Un ricco apparato decorativo di 33 affreschi con la Passione di Cristo avvolge invece il percorso della Scala Santa. Di 1700 mq in totale la superficie dipinta nel Santuario. In ginocchio saliamo i 28 gradini e grazie a queste opere è più facile immedesimarsi e meditare sui dolori del Rendentore.

Colomba Bonifacio VIII concepì il Giubileo
Terminata l’ascesa si giunge nel cuore del Santuario: la Cappella di San Lorenzo in Palatio, nota come « Sancta Sanctorum ». Originariamente inglobata nel Patriarchio, menzionata per la prima volta nel Liber Pontificalis dell’ottavo secolo, era la cappella privata del Pontefice. Padre Leidi la definisce “la Cappella Sistina dei primi tempi” dove “si svolgevano alcune funzioni della Settimana Santa”. Era il punto di partenza della “processione che portava il Pontefice appena eletto all’intronizzazione nella Basilica di San Giovanni”. “Possiamo immaginare – osserva il rettore del Santuario della Scala Santa – che in questo luogo Bonifacio VIII concepì l’idea del primo Giubileo del 1300”.

La cappella privata dei Papi
La cappella è chiusa da una massiccia porta in bronzo che, varcata, introduce ad un ambiente decorato da elementi gotici e affreschi della Scuola Romana voluti da Papa Nicolò III. Sotto i nostri piedi si stende come un pregiato tappeto il pavimento cosmatesco costituito da un mosaico di porfido, granito e marmo, colorato proveniente dagli antichi monumenti di età imperiale.

L-icona-del-Santissimo-Salvatore dans Articoli di Giornali e News

L’icona non dipinta da mano d’uomo
Appena dentro il sacello lo sguardo è catturato da un’antica icona di Cristo in trono, ricoperta da preziose lastre d’argento fin dai primi anni del secondo millennio. La sua esecuzione è databile tra la fine del V e l’inizio del VI secolo. L’icona è da sempre venerata come il “Santissimo Salvatore”, titolo della vicina Basilica Lateranense. Avvolti nel mistero sono l’autore, le origini e l’arrivo a Roma di questa immagine che un’antica leggenda vorrebbe iniziata dall’evangelista Luca e completata dagli angeli: è detta infatti “acheropita”, ovvero “non dipinta da mano umana”.

Nei secoli passati al mattino di Pasqua i Pontefici si recavano nel « Sancta Sanctorum » per assistere all’ Anastasis, l’apertura delle ante che chiudevano l’icona, un rito che evocava l’uscita di Cristo dal sepolcro. Inoltre nella notte del 14 agosto, alla vigilia della solennità dell’Assunta, l’immagine del Santissimo Salvatore veniva condotta in processione attraverso il Foro Romano fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore dove alle prime luci dell’alba avveniva l’incontro con l’icona della “Salus Populi Romani”.

L’altare cassaforte
Al di sotto della venerata immagine si imponente un altare di epoca carolingia su cui può celebrare solo il Papa: si presenta come una cassaforte chiusa da porte di bronzo e circondata da una massiccia grata di ferro, serrata da un sistema di lucchetti molto complessi. Sulle porte in bronzo del XIII secolo sono effigiate le figure dei santi Pietro e Paolo, a memoria delle due teste degli Apostoli che qui un tempo si conservavano. All’interno è racchiusa un’arca cipressina dei tempi di Leone III contenente numerose reliquie di santi dei primi secoli del cristianesimo e altre riconducibili alla vita di Gesù Cristo stesso: dai sandali di Nostro Signore alle teste delle sante Agnese o Prassede. Erano custodite in preziosi reliquiari e teche medievali, dal 1905 esposti nel Museo Sacro della Biblioteca Apostolica Vaticana, oggi parte del percorso di visita dei Musei Vaticani sotto la responsabilità del Reparto Arti Decorative.

Il frammento del triclinio dell’Ultima Cena
Sulla parete antistante la porta di ingresso della cappella è conservato invece in un reliquiario di legno e cristallo un frammento di legno che la tradizione identifica con una parte del triclinio su cui Gesù era adagiato durante l’Ultima Cena, il Giovedì Santo.

Il silenzio e il mistero si avvolgono chi accede in questo ambiente caratterizzato da una sacralità senza tempo. “Non est in toto sanctior orbe locus” recita il cartiglio lungo la parete: non esiste al mondo luogo più santo di questo.

Publié dans Angeli, Apparizioni mariane e santuari, Articoli di Giornali e News, Fede, morale e teologia, Quaresima, Santa Pasqua | Pas de Commentaire »

Davvero furono gli angeli a trasvolare la Santa Casa a Loreto? Quattro prove lo dimostrano

Posté par atempodiblog le 10 décembre 2024

Davvero furono gli angeli a trasvolare la Santa Casa a Loreto? Quattro prove lo dimostrano
Per la Santa Casa di Loreto, ovvero la Casa della Vergine Maria, dove Ella ricevette l’Annuncio dell’Angelo, negli ultimi decenni si è detto che essa sarebbe arrivata in Italia non miracolosamente, bensì smontata a pezzi da alcuni Crociati e che una nobile famiglia di nome de Angelis l’avrebbe da questi acquistata. In realtà questa teoria è falsa perché ci sono quattro inequivocabili prove che dimostrano la traslazione miracolosa della Santa Casa. Attingiamo dal prezioso libro: Miracolosa Traslazione a Loreto della dimora della Santissima Annunziata di Giuseppe M.Pace.
Tratto da: Il Cammino dei Tre Sentieri

Davvero furono gli angeli a trasvolare la Santa Casa a Loreto? Quattro prove lo dimostrano dans Angeli Memoria-Beata-Vergine-Maria-di-Loreto
Memoria facoltativa della Beata Vergine Maria di Loreto – Il 10 dicembre 1294 ci fu la traslazione della Santa Casa di Nazaret, 
trasportata in volo dagli angeli nel territorio delle Marche, allora parte dello Stato Pontificio

“Il Santuario della Santa Casa è il luogo privilegiato per contemplare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio”. (Papa Francesco)

Prima prova. La ripuliture delle pareti della santa Casa hanno permesso di scorgere su di esse e in modo chiaramente interpretabile una cinquantina di graffiti. A giudizio di specialisti quali il padre Bellarmino Bagatti e il padre Emmanuele Testa, alcuni raffigurano dei simboli religiosi giudeo-cristiani del II e del III secolo, analoghi a quelli che si leggono sulle pareti rocciose della Grotta dell’Annunciazione a Nazareth. Dal momento che la Santa Casa sarebbe stata riedificata a Loreto tale quale era a Nazareth con pietre sciolte, non si capisce come i muratori del tempo abbiano potuto ricomporre perfettamente questi graffiti. Infatti, tali graffiti attestano che non sono giunti a Loreto dispersi dentro un pietrame sciolto, ma su delle pareti integre e compatte.

Seconda Prova. Le ricerche sulla storicità della Santa Casa di Loreto, venerata da secoli come la dimora di Maria di Nazareth, si arricchiscono di una nuova e importante documentazione con gli studi compiuti dall’ingegnere marchigiano Nanni Monelli, pubblicati nel volume La Santa casa di Loreto – La Santa Casa di Nazareth, per la collana di studi lauretani diretta da padre Giuseppe Santarelli. L’ingegner Monelli ha confrontato pietre, planimetrie e tecniche di costruzione fra la Casa di Loreto e quella di Nazareth, giungendo a conclusioni convincenti: vi sono molte anomalie nella Casa di Loreto che contrastano con lo stile e le tecniche costruttive in uso nelle Marche e appartengono invece alla tradizione palestinese. La stessa lavorazione e finitura delle pietre (il cui impiego era sconosciuto nella regione di Loreto) è propria della cultura nabatea che ebbe influenza anche in Galilea. Infine il Monelli dimostra che queste anomalie scompaiono se la Casa lauretana viene trasportata idealmente davanti alla Grotta di Nazareth che costituiva, secondo la tradizione, un’unica abitazione.

Terza Prova. La Santa Casa è stata edificata in completa violazione della sensibilità urbanistica medioevale. E’ sufficiente solo ricordare il modo di costruire le case, per capire come sia stridente una costruzione sopra una strada, per di più nota perché di vecchissima origine, così come testimoniano i reperti archeologici. Tutta l’urbanistica e l’architettura medioevali marchigiane fanno di questa localizzazione una vera eccezione, un caso abnorme e come tale da porre fuori della prassi urbanistica comune. Se non ci fosse stata traslazione miracolosa, significa che l’autorità competente, prima di permettere la riedificazione della Chiesa Santa casa sulla strada, ostruendola, dovette portare a termine ed aprire al traffico il nuovo tronco di strada che sostituisse il tratto ostruito: tronco nuovo, lungo qualche centinaio di metri, a forma di “S” avvolgente in un’ansa a breve distanza il nuovo edificio. Perché mai l’autorità competente avrebbe dovuto affrontare una tale impresa? Non disponeva di un fazzoletto di terreno pubblico, infatti non se ne esigeva di più, e in posizione tale da rendere più visibile la Chiesa Santa Casa anche da lontano? Le sarebbe bastato riedificarla su uno dei due dossi che affiancavano la strada a soli 200 metri a occidente.

Quarta Prova. Non va inoltre dimenticato che la Santa Casa è deposta sulla strada senza fondamenta proprie. Solo quando si ritenne poco sicura la statica della Santa Casa, anche perché su terreno di scarsa consistenza, si inserirono delle sottofondazioni e poi la Casa venne circondata da un grosso muro. E’ contro il più elementare buon senso che l’autorità competente permetta di erigere un edificio su di una strada pubblica importante, a costo di rifare un tratto considerevole della medesima e che inoltre tale edificio sia senza fondamenta proprie; che si rimedi a tale supposta omissione con delle opere di sottofondazione molto più impegnative e costose di quanto sarebbero state le comuni fondamenta.

Per concludere basterebbe fare questa riflessione. Nella Santa Casa si è realizzato l’avvenimento più umanamente inimmaginabile della storia: l’Incarnazione del Verbo. Ora, se Dio si è fatto veramente uomo, tutto diventa possibile; anche che degli angeli, per evitare che la Santa Casa venisse profanata dai musulmani, l’abbiano trasvolata in Italia.

Publié dans Angeli, Apparizioni mariane e santuari, Fede, morale e teologia, Libri, Riflessioni | Pas de Commentaire »

“Pensate che gli angeli siano lenti come gli aeroplani?”

Posté par atempodiblog le 10 octobre 2024

“Pensate che gli angeli siano lenti come gli aeroplani?”
Fonte: Fermenti Cattolici Vivi
Tratto da: Radio Maria

“Pensate che gli angeli siano lenti come gli aeroplani?” dans Amicizia San-padre-Pio-da-Pietrelcina

Padre Pio cercava sempre di inculcare nei suoi figli spirituali l’amore verso gli angeli custodi che, fin dalla nascita, illuminano, custodiscono e governano la creatura umana.

Dall’angelo custode riceveva spesso preziosi servigi. A lui affidava poi numerosi incarichi che riguardavano il suo ministero sacerdotale. Per aiutare, in caso di bisogno, i suoi figli spirituali lontani, mandava sempre l’angelo custode.

Un giorno, l’inglese Cecil Humpherey-Smith, noto figlio spirituale di Padre Pio, mentre era in Italia ebbe un incidente d’auto e fu ferito gravemente. Un amico, vedendolo in pessime condizioni, andò all’ufficio postale e inviò un telegramma a Padre Pio chiedendo preghiere per Cecil. Quando consegnò il telegramma allo sportello, il postino gli diede un altro telegramma a lui indirizzato, proveniente da San Giovanni Rotondo. Con esso Padre Pio assicurava le sue preghiere per la guarigione di Cecil Humpherey-Smith.

Passò qualche mese prima che Cecil potesse viaggiare. Appena fu guarito, con l’amico si recò a San Giovanni Rotondo per ringraziare Padre Pio.

Giunti al convento, incontrarono il venerato padre, lo ringraziarono per le sue preghiere e, al fine di soddisfare la loro curiosità, chiesero a Padre Pio come fosse venuto a conoscenza dell’incidente e come avesse fatto a inviare loro così rapidamente il suo telegramma di rassicurazione.

Padre Pio con un largo sorriso sulle labbra disse: “Pensate che gli angeli siano lenti come gli aeroplani?”.

Publié dans Amicizia, Angeli, Fede, morale e teologia, Padre Pio, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Nostra Signora dei dolori a Kibeho, Rwanda

Posté par atempodiblog le 26 mai 2024

Nostra Signora dei dolori a Kibeho, Rwanda
Tratto da: Radio Maria

Nostra Signora dei dolori a Kibeho, Rwanda dans Angeli Nathalie-Kibeho

La Madonna apparve dal 1981 al 1989 a tre studentesse del Collegio di Kibeho (Rwanda): Alphonsine, Nathalie e Marie-Claire.
A Nathalie La madre del Verbo si mostra con le braccia aperte, come nell’immagine della Medaglia miracolosa. La Madonna le chiede di lasciare gli studi per dedicarsi interamente alla missione da Lei affidatale, riceve l’incarico particolare della preghiera di espiazione per la salvezza e la pace nel mondo.

Ecco la sua testimonianza ai microfoni di Radio Maria con Padre Livio Fanzaga il 15 marzo 2024

Padre Livio: Sono felicissimo di poter parlare con Nathalie, la veggente di Kibeho. Ho seguito fin dall’inizio le apparizioni di Kibeho e mai avrei pensato di poter parlare con te, benvenuta ai microfoni di Radio Maria.
Nathalie: Anche io vi ringrazio per avermi chiamata a parlare con voi a Radio Maria Italia.

Padre Livio: Nathalie, vorrei che ci parlassi della tua esperienza con la Madonna a Kibeho, in modo tale che il pubblico italiano possa comprendere l’importanza mondiale di questa apparizione.
Nathalie: La Vergine Maria ci è apparsa a Kibeho dal 28 novembre 1981. La Madonna è apparsa a me, ad altre cinque ragazze e ad un ragazzo: Alphonsine, Marie-Claire, Stephanie Agnes, Vestine ed Emmanuel.
La prima apparizione avvenuta nel collegio di Kibeho, gestito da suore e frequentato da un centinaio di ragazze della zona, sabato 28 novembre 1981. Alphonsine era con noi nel refettorio quando sentì una voce che la chiamava: recatasi nel corridoio, vide una donna bellissima, vestita di bianco, con le mani giunte; quando le chiese chi fosse, rispose: Io sono la Madre del Verbo.
A me la Vergine Maria è apparsa il 12 gennaio 1982, mi ha chiamata per nome e mi ha detto: <Nathalie, figlia mia, prega molto, prega sempre per il mondo perché sta male. Il giorno i seguente la Madonna mi è apparsa di nuovo e mi ha detto che Lei era la Madre di Dio, la Madre del Verbo, come aveva detto ad Alphonsine.
La Vergine Maria è apparsa alla terza veggente Marie-Claire, il 2 marzo 1982. Si è mostrata a lei con il Rosario dei Sette Dolori tra le mani, le ha insegnato questa preghiera e sua volta la ragazza l’ha insegnata a tutte noi. La Vergine Maria voleva che questo Rosario fosse conosciuto nel mondo intero. Ci ha fatto sapere che il Rosario dei Sette Dolori è importante, ma non sostituisce il Rosario ordinario.
La Madonna si mostrata a noi come una mamma bellissima, buona, semplice. Noi parlavamo con Lei senza paura, senza inquietudine proprio perché ci metteva a nostro agio.
Quando ci è apparsa eravamo delle ragazzine, ma il messaggio che ci ha dato era per gli adulti, per le persone già avanti nelle fede.
Guardandola ci sembrava una donna di circa venti/trent’anni; indossava una veste bianca e blu che la copriva dal capo ai piedi; ci chiedeva di stare attenti a tutto quello che ci diceva e di ascoltare bene il messaggio che ci stava dando.
La Vergine Maria ci ha chiesto di pregare incessantemente anche per quelli che non pregano; ci chiedeva di ascoltarla con fede. Parlava come una mamma parla ai suoi figli. 

Padre Livio: Nathalie, puoi raccontarci la tua esperienza quando la Madonna ti ha portato a vedere il Paradiso, l’inferno e il purgatorio?
Nathalie: La Vergine Maria ci ha portato a visitare questi luoghi per farci capire che la vita non finisce qui sulla Terra, ma continua in diversi modi, a seconda della fede che abbiamo avuto in vita.
Eravamo giovani, non capivamo tutto quello che la Madonna ci diceva ma ci chiedeva di non dimenticarlo, voleva farci capire che la vita continua anche dopo la morte e ci invitava a non essere troppo attaccati alle cose materiali perché sono passeggere.
La Vergine Maria ci diceva di prenderci cura della nostra anima come facciamo con il nostro corpo e che dovevamo prendere le cose di Dio sul serio.
In questo viaggio mistico eravamo con la Vergine Maria e ci sentivamo altrove, vedevamo una luce, eravamo distaccati da tutto. Il viaggio è durato più di dodici ore durante le quali la Madonna ci ha fatto vedere diversi tipi di persone e diversi luoghi.
La prima cosa che abbiamo visto sono stati gli angeli e i santi. Gli angeli avevano vesti bianche e la loro fisionomia era quella delle persone bellissime; la Madonna ci ha spiegato che gli angeli ci aiutano.
Abbiamo visto anche un altro luogo, dove ci sono persone che di tanto in tanto sorridono ma non sono pienamente felici; infine, ci ha portato in un altro luogo molto brutto dove ci sono persone cattive.
La Vergine Maria ha attribuito a questi luoghi dei nomi diversi rispetto a quelli che noi conosciamo dal Catechismo della Chiesa Cattolica, ad esempio, dove vivono le persone cattive il posto delle persone ribelli che non ascoltano; i luogo dove ci sono le persone che sorridono di tanto in tanto il luogo del discernimento. In quello che noi chiamiamo purgatorio ci sono le persone che si purificano; in quello che noi chiamiamo Paradiso ci sono persone felicissime e la Madonna ha detto che il luogo della pienezza della gioia e quelli che vivono là sono i benamati di Dio.
Quando siamo rientrati da questo viaggio la Vergine Maria ha detto di pregare sempre e di seguire tutto quello che Lei avrebbe detto per la salvezza.
A me ha affidato il messaggio particolare per la preghiera delle anime del Purgatorio, inoltre mi ha chiesto un tempo di digiuno della durata di quattordici giorni, durante la Quaresima dell’anno 1983. Durante quel periodo ricevevo solamente la Santa Comunione.
Questo viaggio mistico mi ha aiutato a capire che la nostra vita veramente non finisce sulla Terra.
La Vergine Maria mi ha dato il compito di pregare per le anime del Purgatorio proprio durante quel digiuno prolungato.
La Madonna ci ha parlato della sua sofferenza per coloro che pensano che la vita sia unicamente fatta per mangiare, bere e soddisfare bisogni del corpo.

Padre Livio: Grazie Nathalie per questa bellissima testimonianza. Vorrei che ora facessi un’esortazione agli ascoltatori di Radio Maria affinché seguano sempre la Madonna.
Nathalie: Vorrei dire innanzitutto agli ascoltatori di Radio Maria di dare importanza al messaggio che la Vergine Maria ha dato da Kibeho al mondo intero perché, come Lei stessa ha detto, è indirizzato a tutti.
Sul messaggio della Vergine Maria ci sarebbero tante cose da dire, lo si può trovare in tanti libri, su internet e anche Radio Maria ne parla e lo divulga. Inoltre, la Madonna ha detto che desidera che la gente venga a Kibeho in pellegrinaggio.
La Vergine Maria insiste innanzitutto sulla crescita nell’amore per Dio: bisogna amare Dio al di sopra delle altre cose.
La Madonna ci invita anche a fare passi avanti nella fede e fare attenzione alla miscredenza che si sta diffondendo senza che noi ce ne accorgiamo.
Ci ha chiesto anche di pregare incessantemente e senza ipocrisia; la nostra preghiera deve essere nutrita dal senso di sacrificio e da atti di penitenza per arrivare alla vera conversione.
La Madonna ha detto ad Alphonsine che la sua vocazione era la consacrazione e le ha chiesto di pregare tanto per la Chiesa che negli anni avvenire si sarebbe imbattuta in diversi problemi. Attualmente Alphonsine vive in un Convento nella Comunità di Betlemme, a Gubbio, in Italia.
A Marie-Claire la Madonna ha detto che la sua vocazione era quella di essere una moglie e una mamma e le ha detto di pregare per le famiglie; in particolare le ha chiesto di continuare a insegnare la devozione del Rosario dei Sette Dolori. Marie-Claire e suo marito sono stati uccisi nel 1994, Dio li accolga nel suo Regno.
A me la Vergine Maria ha chiesto di rimanere qui, a Kibeho, e di pregare molto per il mondo perché sta per cadere nell’abisso. Mi ha chiesto anche di accettare la sofferenza come penitenza per ottenere la conversione dei ribelli; la mia missione anche quella di pregare per le anime del Purgatorio.
La Madonna ci ha anche detto di avere fiducia in Lei e di chiederle il suo soccorso. Lei sempre con noi anche se non la vediamo con i nostri occhi.

Chiederei a tutti gli ascoltatori di Radio Maria di amare sinceramente la Madonna e di avere fiducia in Lei, è la Madre di Dio, ci ama tanto e ascolta tutti noi.

Un’altra cosa che vorrei dire che la Madonna quando ci appariva ci mostrava spesso un grande prato fiorito: alcuni di questi fiori erano bellissimi, altri un po’ appassiti, altri proprio secchi.
I fiori rigogliosi rappresentano le persone buone che amano Dio e il prossimo; le persone che cambiano idea spesso sono rappresentate da quei fiori appassiti che stanno perdendo vita; fiori secchi rappresentano le persone cattive che non rispettano né Dio né il prossimo.
La Vergine Maria ci chiedeva ogni volta di essere come quei fiori rigogliosi e profumati che effondono il loro buon profumo dappertutto. La Madonna ha detto di essere persone che amano Dio e il prossimo senza ipocrisia.
Vi ringrazio per questo bella condivisione e per l’opportunità di raccontare qualche aspetto de le apparizioni a Kibeho e del messaggio che la Madonna ci ha dato.
La Vergine Maria ha detto che questo messaggio, preso sul serio, è come una medicina per il nostro mondo malato.

Padre Livio: Grazie Nathalie per questa bellissima testimonianza. Ti chiedo di pregare per tutti noi, affinché Radio Maria possa compiere la sua missione di portare il Vangelo in tutta l’Africa.
Nathalie: Anche io vi ringrazio per questa bella conversazione e per l’impegno che Radio Maria mette nel diffondere l’amore per la Madonna.
Caro Padre Livio, tanti auguri per il tuo anniversario di sacerdozio che hai festeggiato il 19 marzo, San Giuseppe sia sempre con te nel tuo cammino sacerdotale. Preghiamo sempre per voi, pregate per noi. Che Dio ti benedica, caro Padre Livio e renda fruttuoso il tuo apostolato.
A tutti gli ascoltatori di Radio Maria auguro mille benedizioni.

Publié dans Angeli, Apparizioni mariane e santuari, Fede, morale e teologia, Kibeho, Padre Livio Fanzaga, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Un milione di bambini recita il Santo Rosario

Posté par atempodiblog le 16 octobre 2023

Un milione di bambini recita il Santo Rosario dans Angeli Un-milione-di-bambini-recita-il-santo-rosario

Un milione di bambini recita il Santo Rosario
I cristiani sviluppano il seme della fede ricevuto da bambini. Per questo anche quest’anno ACS, il 18 ottobre, coinvolge in molte nazioni i più piccini nell’iniziativa Un milione di bambini pregano il Rosario per l’unità e la pace.
di Aiuto alla Chiesa che Soffre

Un-milione-di-bambini-prega-il-santo-rosario dans Articoli di Giornali e News

Cari amici,

Un milione di bambini pregano il Rosario. Il 18 ottobre di ogni anno ACS organizza con grande impegno questa azione. Perché? Perché vogliamo che i bambini imparino e preghino il Rosario. Perché vi chiediamo di impegnarvi personalmente, affinché il maggior numero possibile di bambini accolgano questo invito? Perché siamo giunti alla conclusione che il Rosario è uno strumento dato da Dio e necessario, che segna una differenza decisiva! E da dove viene questa nostra convinzione? Da un lato, dalla richiesta della Madre di Dio nelle sue apparizioni. Dall’altro, dalla sicura esperienza della Chiesa e di molti santi.

Così scrive ad esempio san Luigi Maria Grignon de Montfort:

“Vi scongiuro, pregate ogni giorno il Rosario! Ringrazierete un giorno nel cielo il giorno e l’ora in cui mi avete creduto”.

La sua dichiarazione è soltanto una delle centinaia di santi e papi, che ci hanno fatto riconoscere il valore della preghiera del Rosario. Nelle apparizioni di Fatima ufficialmente riconosciute dalla Chiesa la stessa Madre di Dio ha chiesto ai giovanissimi veggenti di offrire la preghiera del Rosario ogni giorno, per la conversione dei peccatori e per la pace nel mondo. La veggente Lucia ha scritto: “In questi ultimi tempi in cui viviamo, la Santissima Vergine ha attribuito al Rosario una nuova potenza. Non esiste quindi alcun problema, per quanto grave, che non possiamo risolvere attraverso la preghiera del Rosario. Con il Rosario ci salveremo, ci santificheremo, ci affideremo a nostro Signore e otterremo la guarigione di molte anime”.

Un-milione-di-bambini-prega-il-rosario dans Cardinale Mauro Piacenza

ACS dalle sue origini fino ad oggi si consacra al messaggio di Fatima e si impegna decisamente ad osservarlo. Per la campagna di preghiera di quest’anno vogliamo volentieri soffermarci su un aspetto della preghiera del Rosario, su cui spesso non si riflette molto. Nella preghiera del Rosario la contemplazione dei misteri della vita di Gesù Cristo è inserita nel contesto della visita dell’arcangelo Gabriele a Maria. Pronunciamo ripetutamente le parole dell’angelo mentre contempliamo importanti misteri nella vita di Gesù. In quel momento così importante della storia della salvezza è un angelo, l’arcangelo Gabriele, che porta il messaggio di Dio alla santa vergine Maria. È ancora un angelo che accoglie la risposta di Maria e la porta a Dio. La Chiesa conosce il mondo degli angeli, la creazione visibile e invisibile. Da essa possiamo imparare che ciascuno di noi ha ricevuto un angelo che è al suo fianco, portatore del messaggio di Dio. Può e desidera aiutarci a cogliere e materializzare la vita nuova ed eterna, che abbiamo ricevuto con il Battesimo. 

“Dal suo inizio (Mt 18, 10) fino alla morte (Lc 16, 22) gli angeli custodiscono sotto le loro ali e nella loro preghiera la vita dell’uomo (Sal 34, 8; 91, 10-13). Un angelo è protettore e pastore al fianco di ogni credente, per portarlo alla vita. Già in questa terra la vita cristiana nella fede prende parte alla comunità dei beati, che unisce uomini e angeli.” (Catechismo della Chiesa Cattolica No. 336). Non è forse un messaggio per il mondo di oggi tornare consapevoli della presenza degli angeli custodi e chiedere il loro aiuto, perché nelle tante sfide del tempo attuale possiamo discernere chiaramente e  compiere scelte giuste? Non sarebbe sensato insegnare di nuovo ai bambini la preghiera dell’angelo custode, che per tanti secoli era così naturale nella vita della Chiesa?

Con questo pensiero abbiamo voluto presentare nella campagna di quest’anno una storia illustrata per i bambini, che parla dell’aiuto dell’angelo a san Giuseppe. Come lui è stato avvisato dall’angelo in sogno e subito è partito per l’Egitto per salvare la vita del Bambino Gesù.

Un-milione-di-bambini-prega-il-Santo-Rosario dans Fatima

Per cui vi invitiamo cordialmente a partecipare anche quest’anno alla preghiera del Rosario il giorno 18 ottobre. Vi chiediamo di organizzare incontri, informare i gruppi di bambini, le scolaresche, i gruppi di preghiera, radio e televisioni, piattaforme digitali, social media… chiamando anche i vostri figli e nipoti. Prestiamo la nostra voce al Signore, che chiama i suoi discepoli anche oggi: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite! A chi è come loro appartiene infatti il Regno di Dio (Mt 19, 14).

Appellandoci alla vostra collaborazione, vi impartiamo la nostra benedizione.

Cardinale Mauro Piacenza – Presidente di ACS Internazionale

P. Anton Laesser CP – Assistente ecclesiastico di ACS Internazionale

Publié dans Angeli, Articoli di Giornali e News, Cardinale Mauro Piacenza, Fatima, Fede, morale e teologia, Riflessioni, San Luigi Maria Grignion de Montfort, Stile di vita | Pas de Commentaire »

L’Angelo custode

Posté par atempodiblog le 2 octobre 2023

“Chiedi continuamente aiuto al tuo Angelo custode che deve diventare il tuo migliore amico”.

Beato Carlo Acutis

L'Angelo custode dans Angeli Carlo-Acuris-e-l-Angelo-custode

Publié dans Angeli, Carlo Acutis, Citazioni, frasi e pensieri, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Ponte Sant’Angelo, dove gli angeli cantano sfiorando la terra

Posté par atempodiblog le 9 mars 2023

Ponte Sant’Angelo, dove gli angeli cantano sfiorando la terra
Può far pensare alle vie colonnate di epoca antica, o all’attitudine barocca della decorazione fastosa, quella degli angeli lungo gli spalti del ponte a Roma. Invece le ragioni affondano, come sempre, in motivi più profondi e sacri. Le dieci statue ricordano ciascuno un oggetto della Passione di Cristo. Si tratta di un luogo dedicato alla Quaresima come incarnazione del suo significato di passaggio, di cammino verso la Pasqua di Risurrezione
di Maria Milvia Morciano – Vatican News

Ponte Sant'Angelo, dove gli angeli cantano sfiorando la terra dans Angeli Ponte-Sant-Angelo

Le statue degli angeli di Ponte Sant’Angelo non sono una semplice decorazione, l’eco dei fastigi imperiali di vie colonnate e percorsi trionfali. Questi angeli di pietra ci accompagnano nella traversata del Tevere in ricordo di un avvenimento memorabile. Il giorno in cui scesero sulla terra schiere alate, planando intorno alla preziosa icona della Vergine proveniente dalla basilica di Santa Maria Maggiore, la Salus Populi Romani, portata in processione per far cessare la peste.

L’origine del regina Coeli, tra gli angeli e lo sguardo di Maria
Papa Gregorio pregava per la fine dell’epidemia che aveva messo in ginocchio l’intera città, causando migliaia di vittime. Era il 590. Aveva organizzato una processione settiforme verso San Pietro, e procedeva alla guida con la sacra icona mariana e tutto il popolo a seguire.

Giunti al mausoleo di Adriano, allora denominato Castellum Crescentii, unico collegamento in quel punto tra le due sponde del Tevere, l’aria divenne un unico turbinio di angeli: “Regina Coeli, laetare, Alleluja – Quia quem meruisti portare, Alleluja – Resurrexit sicut dixit, Alleluja!”, cantavano. “Ora pro nobis rogamus, Alleluja!”, rispose San Gregorio. Queste sono proprio le parole del Regina Coeli, che da allora si recitano al posto dell’Angelus in tempo pasquale e salutano Maria Regina in segno di gioia per la Risurrezione del Figlio. L’origine dell’antifona nasce proprio in questo luogo e ha radici angeliche.

Ponte-Sant-Angelo dans Articoli di Giornali e News

San Michele arcangelo e gli angeli intorno
La storia è nota: con l’intervento dell’arcangelo Michele, che apparve e rinfoderò la sua spada, la peste cessò. Da allora, il luogo è stato dedicato alle creature celesti. Sul mausoleo, che mutò per questo motivo il suo nome in Castel Sant’Angelo, fu posta la statua del principe degli angeli.
Una prima effige, risalente all’epoca di Paolo III, è del 1544 e opera di Raffaello da Montelupo, in marmo e rame, alta poco più di 3 metri e restaurata dal Bernini nel 1660. Successivamente fu sostituita da quella che oggi vediamo sul colmo del mausoleo anche da molto lontano, nella sua sagoma inconfondibile, opera dello scultore fiammingo Peter Anton Verschaffelt, che vinse il concorso indetto da Papa Benedetto XIV Lambertini in occasione del Giubileo del 1750, e inaugurata due anni dopo, nel 1752.

Il ponte in origine
La struttura del ponte, come la vediamo oggi, è il risultato di rifacimenti secolari. All’inizio fu fatto costruire dall’imperatore Adriano per collegare quello che aveva progettato fosse il suo mausoleo, il suo sepolcro dinastico, enorme e ricchissimo, inaugurato nel 134 d.C. Anche il suo nome era una celebrazione del suo costruttore, si chiamava infatti pons Aelius o Hadriani.

Non aveva tanto una funzionalità di passaggio quanto la dimostrazione del potere imperiale. Tuttavia l’importanza sempre maggiore assunta dall’area sulla riva sinistra del Tevere, grazie all’attrazione esercitata dai luoghi dove era stato crocifisso l’apostolo Pietro e quindi dalla basilica a lui dedicata, divenne nel tempo punto nevralgico della viabilità. Nel Medioevo, infatti, si trovava lungo il percorso compiuto dai pellegrini diretti alla tomba di Pietro. Così, di conseguenza, prese il nome di pons Sancti Petri. Un percorso molto affollato, soprattutto durante i giubilei, come quello del 1450 che costò la vita di molti pellegrini precipitati nel fiume a causa del crollo delle spallette, cedute a causa della calca di gente che si avvicendeva sul ponte. All’imbocco del ponte vi erano due cappelle che in seguito, nel 1527, furono abbattute e sostituite, nel 1535, dalle due statue di Pietro e Paolo.

La mano del Bernini
Nel 1669, papa Clemente IX fece sostituire e realizzare un nuovo parapetto, progettato dal principale protagonista della scena artistica romana del XVII secolo: Giovan Lorenzo Bernini.
Sulle balaustre furono poste dieci statue, cinque per lato, raffiguranti angeli che recano gli strumenti della Passione. La direzione dei lavori fu sempre affidata al Bernini ma la realizzazione si deve agli allievi, tranne due scolpite dallo stesso artista: l’angelo con il cartiglio e quello con la corona di spine, che ora si trovano nella basilica di Sant’Andrea delle Fratte, mentre sul ponte ci sono due copie. Su ogni sostegno, su cui insistono le statue, ci sono brevi versetti tratti dall’Antico e Nuovo Testamento che aiutano nella comprensione dell’oggetto portato dalle creature alate.

Mentre l’Angelo con la colonna della flagellazione riproduce perfettamente quella conservata nella basilica di Santa Prassede, il cartiglio è invece rappresentato con la sigla contratta, alla maniera antica, INRI. Il Bernini non si ispirò al cartiglio scoperto nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme con l’iscrizione sulla croce di Cristo, nelle tre lingue ebraico, greco e latino, come raccontato nei Vangeli.

Il ritrovamento del Titulus Crucis fece infatti grande scalpore e da quel momento fu raffigurato abbastanza fedelmente da artisti a partire da Luca Signorelli e Michelangelo. Ma è del tutto evidente che trasferire su una scultura iscrizioni così minute e difficilmente leggibili da lontano avrebbe avuto una resa senz’altro meno efficace.

Publié dans Angeli, Articoli di Giornali e News, Fede, morale e teologia, Quaresima, Riflessioni, Santa Pasqua, Stile di vita | Pas de Commentaire »

«Vi racconto don Dolindo, mistico conformato a Gesù»

Posté par atempodiblog le 19 novembre 2020

«Vi racconto don Dolindo, mistico conformato a Gesù»
«Don Dolindo venne calunniato, perseguitato, ma rimase sempre fedele alla Chiesa, che chiamava santa e indefettibile. E diceva che “i miei libri riabiliteranno la mia memoria”». «Aveva il dono di scrutare i cuori, lo scambio di dolori e Gesù gli disse che doveva prendere su di sé le sofferenze di tutti». «Fu tormentato dal diavolo per il suo ultimo libro, che volle essere un omaggio alla Madonna». La Bussola intervista Grazia Ruotolo, per il 50° anniversario della morte di don Dolindo.
di Ermes Dovico – La nuova Bussola Quotidiana

L'infinita misericordia di Dio nel ricercare i peccatori e nell'accoglierli, in uno sguardo generale alle parabole di Gesù dans Commenti al Vangelo don_Dolindo_Ruotolo

Cade esattamente oggi il 50° anniversario della morte di don Dolindo Ruotolo (1882-1970), mistico originario di Napoli di cui è in corso la causa di beatificazione. Per la circostanza, come già riferito su questo quotidiano, la Ares ha pubblicato il libro “Gesù, pensaci Tu”, con il racconto in prima persona – affidato al giornalista Luciano Regolo – di Grazia Ruotolo (1928), cugina di secondo grado di don Dolindo. Il Servo di Dio aveva un legame fortissimo con il cugino Umberto, padre di Grazia (che nel riferirsi a don Dolindo lo chiama affettuosamente “zio”), della quale poi – dopo averne accompagnato la crescita nella fede – avrebbe anche celebrato le nozze. La Nuova Bussola l’ha intervistata.

Grazia Ruotolo, per lei don Dolindo è stato non solo un familiare ma anche una guida spirituale. Era una presenza consueta a casa vostra?
Sì, era un’emozione, se si trovava nei paraggi passava di giorno ma di solito veniva verso le 11 di sera, dopo aver fatto il giro di tutti i malati. Quando bussava alla porta, mio padre Umberto diceva: “Andate ad aprire, questo è Dolindo che arriva”. Arrivava con la sua famosa borsa a tracolla piena di pietre, che lui chiamava “perle preziose per il Cielo”. Era una delle tante penitenze e sofferenze che offriva per la salvezza delle anime.

A proposito di sofferenze, don Dolindo, un po’ come padre Pio e altri santi, ha avuto tante incomprensioni all’interno della stessa Chiesa.
Lui e padre Pio sono due giganti della Chiesa. Don Dolindo venne calunniato, perseguitato, ma diceva che “i miei libri riabiliteranno la mia memoria”. A lui interessava solo essere un semplice sacerdote, al servizio di Dio e del prossimo. Fu una delle figure più importanti della Napoli cattolica. A volte lo chiamavano per predicare anche in 8-9 chiese al giorno. Anche se subì persecuzioni da alcuni ecclesiastici, fino a due sospensioni a divinis, guai se qualcuno parlava male della Chiesa con lui: “Tacete, la Chiesa è santa, immacolata, indefettibile”, diceva. Negli anni in cui gli fu proibito di esercitare il ministero sacerdotale, si metteva all’ultimo posto della chiesa e poi, per la Comunione, da umile fedele andava a ricevere l’Eucaristia. Voleva che tutti sapessero che lui rimaneva fedele alla Chiesa. Non se ne allontanò mai.

Della vita di don Dolindo stupisce la capacità di accettare la croce, in ogni situazione.
Gesù aveva detto a padre Dolindo di prendere su di sé le sofferenze di tutti. Lui ebbe il dono mistico dello scambio di dolori. Chiamava i conventi, per esempio le suore di clausura, e diceva: “Datemi le vostre sofferenze”. Tutti i giorni chiedeva a Dio il dono del dolore insieme all’amore, la fede, la mansuetudine, l’umiltà.

Tenne questo atteggiamento anche con i suoi calunniatori?
Lui li amava come un padre, pregava per loro, andava perfino a trovarli a casa per far tornare il sereno nel loro cuore e, naturalmente, i suoi denigratori rimanevano sbigottiti per tanta carità. E se i suoi amici protestavano, replicava: “Tacete, quelli sono miei benefattori”. Perché gli davano la possibilità di offrire delle sofferenze, unendole a quelle di Gesù. E poi riteneva che tutto fosse volontà di Dio. Diceva sempre: “In casa nostra si mangia pane e volontà di Dio”. Questa sua santità convertiva le anime. Pensi che nel periodo in cui fu accusato dal Sant’Uffizio convertì una famiglia di massoni che da più di quarant’anni non si avvicinava ai Sacramenti. Ha vissuto con un solo pensiero, la gloria di Dio. Insegnava che qualunque azione, anche la più piccola, deve essere fatta con questo proposito: “Signore, per la tua gloria”. Questa era la spiritualità di padre Dolindo.

Lei ha definito il Commento alla Sacra Scrittura “il più grande miracolo” di don Dolindo. Perché?
Guardi, nei 33 libri del Commento alla Sacra Scrittura c’è tutto, l’esegesi, la meditazione, la psicologia. Lui spiegava che la Sacra Scrittura è una casa esorcizzata, perché la presenza di Dio allontana il Maligno. Quando finiva uno di questi libri, veniva da noi e diceva a mio padre: “Umbe’, leggi, leggi. Questi libri, un giorno, faranno tanto bene alle anime”. Non sa quante persone mi hanno detto di esserne rimaste conquistate. E solo Dio sa quante conversioni sono nate da quest’opera. Sa come l’ha scritta? Stava in ginocchio a pregare anche fino alle due di notte, si flagellava e poi scriveva sempre in ginocchio, con la Madonna o con Gesù vicino a lui. La quantità dei suoi scritti è impressionante. Alcuni devono ancora essere pubblicati, per esempio ci sono dei bellissimi epistolari inediti.

Don Dolindo è stato anche un grande confessore. Ci può raccontare qualcosa?
Aveva il dono di scrutare i cuori. Quando un penitente si inginocchiava per dirgli i propri peccati, lui li sapeva già… Se gli capitavano dei penitenti con peccati gravi, li ascoltava senza dire una parola, ma intanto piangeva pensando al dolore che questi peccati avevano causato a Gesù e Maria. E poi, finita la Confessione, apriva il confessionale e abbracciava forte il confessato: “Quanto sei buono! Io non so se avrei avuto il coraggio di confessare questi peccati”, gli diceva padre Dolindo. Sa quali effetti! Pure i peccatori più incalliti diventavano delle pecorelle, degli apostoli di Dio, non si allontanavano più dalla Chiesa.

Leggendo la sua vita, in effetti, colpisce la quantità di figli spirituali.
Lui viveva una vita celeste, per questo le folle lo seguivano. Ma sempre a proposito della Confessione le voglio raccontare un episodio che nacque dalla carità di tre sue figlie spirituali (Elena Montella, Nina Scotti, Bice Tavassi), che tra le altre cose – come testimoniarono nel libro Tre signorine in mezzo a una strada - andavano in giro per condurre da don Dolindo persone lontane dalla fede.

Ci dica.
Una volta queste tre signorine videro un tipo per la strada e, senza sapere che stava andando ad ammazzare una persona, iniziarono a tirarlo per la giacca per portarlo a una predica di don Dolindo. “Lasciatemi stare!”, gridava lui, ma loro insistevano: “No, lei deve venire”. Se una persona entrava in chiesa e sentiva predicare don Dolindo, il più era fatto. Ebbene, quest’uomo andò a sentire la predica e alla fine le tre signorine lo presentarono a don Dolindo. “Vieni, angioletto”, gli disse don Dolindo. “Angioletto – lui chiamava tutti così -, ti vuoi confessare?”. Quell’uomo gli rispose di no. Don Dolindo non si arrese. “Ma vi vedo agitato, forse avete litigato con vostra moglie? Forse l’avete fatta dispiacere, avete trattato un po’ di droga?”. Per farla breve, don Dolindo gli disse tutti i peccati e alla fine il peccatore disse: “Padre, ho capito, mi voglio confessare”. Poi quel tizio prese dalla tasca un coltello, lo mise sul tavolo e confessò l’intento omicida.

Che legame aveva don Dolindo con la Madonna?
Lui diceva di essere ‘o vecchiariello d’a Madonna! Era la Mamma sua… l’ultimo slancio d’amore, l’ultimo libro lo scrisse per omaggiarla. Questo mentre si avviava alla morte, con una paralisi che gli aveva bloccato da anni il lato sinistro, le gambe gonfie, l’artrosi che l’aveva piegato in due: bisognava prendergli il braccio per fare la consacrazione perché lui da solo non ce la faceva più. Teneva sull’altare una statua di Maria, che adesso custodisco io, e mentre celebrava la Messa volgeva lo sguardo e diceva: “La Madonna, in questo momento, sta portando tante anime in Paradiso”.

La chiamava Corredentrice?
Sì, Corredentrice e Madre della Chiesa, già diversi decenni prima del Vaticano II. Per l’ultimo libro sulla Madonna, il diavolo lo ha tormentato. Lo percuoteva, lo buttava sotto il letto e la cosa era tanto più dolorosa, per le condizioni fisiche di don Dolindo. Ma lui aveva la sua forza nell’Eucaristia e nel Rosario, teneva la corona sempre tra le mani. E consigliava di invocare continuamente e pregare con il proprio Angelo custode.

Che cosa possiamo dire di certo sulle piaghe di don Dolindo?
Beh, queste sono cose segrete, per così dire. Per me aveva le stimmate nascoste. Ci sono delle bottigliette di sangue di don Dolindo, 12 bottigliette più o meno della grandezza di quelle dello sciroppo per la tosse. Poi, una sua figlia spirituale mi parlò della profonda piaga che don Dolindo aveva sulla spalla destra.

Come la Santa Piaga della Spalla di Gesù?
Non me lo disse esplicitamente, però mi rivelò, commossa, di averla toccata: “Grazia, vi si poteva infilare l’intera mano”, mi spiegò. Comunque, lui per amore di Dio e del prossimo faceva di tutto: digiuni, flagellazioni, preghiere a non finire, pur di ottenere una grazia, una conversione, che chiamava “il miracolo più grande”.

Publié dans Angeli, Articoli di Giornali e News, Don Dolindo Ruotolo, Fede, morale e teologia, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Signora dei popoli e splendore degli angeli

Posté par atempodiblog le 22 août 2020

Signora dei popoli e splendore degli angeli
di Benno Scharf – L’Osservatore Romano

Signora dei popoli e splendore degli angeli dans Angeli La-coronazione-della-Vergine

La festa di Maria Regina fu istituita da Pio XII durante l’Anno mariano 1954. Fissata al 31 maggio, a concludere il mese mariano, venne poi spostata dalla riforma liturgica del concilio Vaticano II. La costituzione Lumen gentium dice: «Maria fu assunta alla gloria celeste e dal Signore esaltata come Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al suo Figlio». Nella pietà tradizionale ciò è ribadito dal quinto mistero glorioso nella corona del Rosario, mentre nelle Litanie lauretane per 13 volte si usa l’appellativo “Regina”. La devozione alla regalità della Madonna ha però le sue origini nel Medioevo e lo conferma la sua espressione nel canto.

Le antifone della sera
Una tradizione, ripresa nel Duecento da Jacopo da Varagine, narra che san Gregorio Magno in un giorno di Pasqua ebbe una visione di angeli che rendevano omaggio alla Madre di Dio cantando «Regina del cielo, rallegrati perché colui che tu meritatamente hai portato è risorto come aveva detto». La melodia, festosa e insieme solenne, restò nell’orecchio al Pontefice che la introdusse nel culto come antifona pasquale. In seguito vi aggiunse una richiesta: «Prega Dio per noi» e inserì l’invocazione «Hallelujah» tra una frase e l’altra. Secondo un’altra versione autore dell’antifona sarebbe il Papa Gregorio v (996-999). In ogni caso già nell’xi secolo il Regina coeli entrò nell’uso liturgico durante il periodo pasquale; Benedetto XIV lo rese obbligatorio nel 1743.

La Salve Regina è il più noto e popolare tra i canti dedicati alla regalità di Maria. Secondo la tradizione essa è opera di Ermanno il Contratto (= lo storpio, morto nel 1054), poeta, musicista e astronomo, monaco nell’abbazia di Reichenau, sul Lago di Costanza. Un’altra versione attribuisce il testo ad Ademaro, vescovo di Puy en Velay, morto nella prima Crociata nel 1099. Il canto semplice e ispirato piacque subito; a Cluny entrò nella liturgia come processionale nel 1135 e l’esempio fu seguito da altri ordini religiosi. Ripreso anche da molte confraternite, esso divenne popolare già dal XIII secolo in poi. Cristoforo Colombo narra che durante il suo primo viaggio attraverso l’Atlantico tutte le sere, al momento di ammainare le vele, i marinai di ognuna delle sue tre navi si radunavano in coperta e cantavano la Salve Regina. Oggi il testo conclude la preghiera della sera nel periodo tra la Santissima Trinità e l’Avvento.

Ave regina coelorum: «Le origini di questa preghiera sono misteriose e il suo autore è sconosciuto». Viene attribuita allo stesso Ermanno il Contratto oppure a san Bernardo. È riportata per la prima volta in un antifonario dell’abbazia di Saint Maur des Fosses, vicino a Parigi, risalente al XII secolo. Il breve canto di omaggio a Maria sovrana si conclude con la preghiera. Oggi la liturgia lo pone a concludere il giorno in Quaresima.

Maria Regina nelle culture nazionali
Le tre antifone citate sono entrate nella liturgia e hanno quindi valore per tutta la Chiesa. Ma nelle varie nazioni europee esse ispirarono numerose composizioni poetiche e musicali. La più antica dovrebbe essere la sequenza Ave Regina omnium, di origine scandinava, composta tra il XII e il XIII secolo e riportata nelle cinquecentesche Piae cantiones (1582).

Essa consta di tre strofe di dieci versi ognuna. «Ave regina di tutti, Maria, salvezza dei credenti, che hai voluto salvare i poveri» inizia la prima. «Tu sei il principio di ogni virtù, il rifugio e la consolazione dei poveri, tu hai dato al mondo la vera luce. Te loda l’esercito celeste degli angeli e tutta la schiera dei beati ti dà gloria, ti esalta e ti adora». La seconda strofa è una grande litania, mentre nell’ultima si passa alla preghiera, invocando il patrocinio di Maria per tutte le necessità della vita fino all’ultima ora. La melodia nel primo modo gregoriano è enfatica e solenne.

All’inizio del XIII secolo risale la bellissima canzone inglese Edi be thu heaven queene, in tre ottave a rima alternata. «Beata sei tu, regina dei cieli, signora dei popoli e splendore degli angeli. Vergine immacolata e madre pura, tu sei la più nobile tra tutte le donne. Mia dolce Signora, ascolta la mia preghiera, se questa è la tua volontà».

Con accenti tipicamente trobadorici l’ignoto autore (forse re Riccardo cuor di leone) chiede poi a Maria di essere il suo cantore, dedicando a lei la sua vita.

La melodia di questo canto, festosa nel sesto modo e con frequenti salti, è molto graziosa, al punto di essere considerata una delle più belle di tutto il Medioevo.

Negli stessi anni in Francia il monaco-troviere Gautier de Coincy dedica alla Royne celestre, la Regina dei cieli la diciottesima canzone dei suoi Miracles de notre dame. In tre lunghe strofe, ognuna di 36 versi, egli esalta le qualità di Maria, modello perfetto di ogni virtù. La visione trobadorica che idealizzava la donna vede nella Regina dei cieli il suo culmine. Ella è «figlia e madre del Figlio di Dio, nostro Signore». (Il concetto della «Vergine Madre, figlia del tuo figlio», reso celebre da Dante, è presente già nell’Alma Redemptoris mater, composta da Ermanno il Contratto verso il 1030 e prima ancora nella patristica con san Gregorio Nazianzeno).

Il poeta chiede a Maria di poter essere suo servitore, con un’affermazione di fondo: chi serve la Madre di Dio è certo della salvezza. Il detto Ad Jesum per Mariam, espresso nel Seicento da san Luigi Grignion de Montfort, era già molto sentito nella cultura trobadorica. La melodia nel terzo modo è solenne; il salto di quinta iniziale le conferisce un’enfatica grandiosità

Di poco posteriori sono le spagnole Cantigas de Santa Maria. Ben 7 di esse sono dedicate alla Regina dei cieli. «Dio ti salvi, gloriosa Regina Maria», «Ogni salvezza viene dalla Santa Regina», «La Regina gloriosa è modello di santità», «Ogni virtù è nella Regina» sono alcuni dei titoli; ma nelle 427 canzoni l’accenno alla regalità di Maria è frequente.

In Italia è da ricordare la lauda Regina sovrana de gran pietade, contenuta nel Laudario di Cortona (fine XIII secolo). In 8 quartine rimate si magnificano le qualità di Maria «Stella chiarita», «Sole lucente», «Fructo piacente», «Giardino ornato» e «Alta Raina de sole ammantata». La melodia è quella della nota lauda Altissima luce.

Nel mondo tedesco dal tardo Medioevo in poi nasce un vero florilegio di canti a Maria Regina; dalle cinquecentesche parafrasi e ampliamenti delle antifone latine a un vasto repertorio nel Romanticismo. Ancora in uso è la bella canzone di Guido Görres (1842) Maria Maienkönigin (“Maria Regina del maggio”). Con accenti spiccatamente romantici Maria è la «Regina di tutte le donne» e i fiori ne simboleggiano le virtù: la speranza, l’amore e la fede. A lei il poeta chiede che l’anima del devoto possa librarsi nel cielo come l’allodola cantando la lode di Dio.

Tre melodie furono composte per questo testo, rispettivamente da K. Aiblinger. A. Schubiger e J.H. Mohr. Max Reger ne fece una elaborazione a 4 voci.

Publié dans Angeli, Fede, morale e teologia, Riflessioni, San Luigi Maria Grignion de Montfort, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Enrico Medi, lo scienziato che amava l’Eucaristia

Posté par atempodiblog le 27 mai 2020

Enrico Medi, lo scienziato che amava l’Eucaristia
Il 26 maggio di 46 anni fa moriva Enrico Medi, docente universitario e fisico che commentò in diretta tv lo sbarco dell’uomo sulla Luna. Oggi Servo di Dio, coniugava fede e ragione, argomentando perché «la scienza per natura sua è cristiana». Figlio spirituale di Padre Pio, era molto devoto al Santissimo Sacramento. Pensando all’infinito valore della Messa, rivolse ai sacerdoti parole memorabili e che dicono tanto della dignità e missione sacerdotale.
di Ermes Dovico – La nuova Bussola Quotidiana

Enrico Medi, lo scienziato che amava l’Eucaristia dans Angeli Enrico-Medi

«La gloria del Signore risplende soprattutto il giorno della nascita dei santi. E il giorno della nascita dei santi è quello che gli uomini chiamano il giorno della morte». Era il 26 settembre 1968 e il professor Enrico Medi, durante i funerali partecipati da circa centomila persone, commentava così la nascita al Cielo del santo di cui era figlio spirituale: Padre Pio da Pietrelcina (†23 settembre 1968).

Se di Padre Pio la Chiesa ha già ‘certificato’ la santità, canonizzandolo, di Enrico Medi (Porto Recanati, 26 aprile 1911 – Roma, 26 maggio 1974), Servo di Dio, è in corso il processo di beatificazione. Fisico, docente universitario e politico, membro dell’Assemblea costituente e due volte deputato, Medi fu un illustre cattolico laico del suo tempo. Ricordarlo oggi, giorno del 46° anniversario della sua morte, può aiutare a inquadrare rettamente il rapporto tra scienza e fede, e insieme gettare luce su quella che dovrebbe essere la vocazione di uno “scienziato”, termine di cui ormai si fa abuso.

I più grandicelli e di buona memoria ricorderanno Medi per il commento scientifico, in diretta tv, allo sbarco del primo uomo sulla Luna. I vecchi video testimoniano la competenza e umiltà mostrate in quei momenti storici, così richiamati da Tito Stagno parlando molti anni dopo alla trasmissione A Sua Immagine: «Il LEM si è appena appoggiato sul Mare della Tranquillità, gli astronauti non sono ancora scesi ma si cominciano a vedere le prime immagini del paesaggio lunare e Medi dice: sì, siamo su un mondo nuovo, meraviglioso, noi chiniamo la testa, proprio in ringraziamento, meditazione e gioia, però sempre con la prudenza che si deve avere quando si affermano cose che non si conoscono. La scienza è fatta di incognite».

Il suo curriculum, in fatto di scienza, ci dice che Medi era un predestinato. A soli 21 anni si laureò in Fisica discutendo la tesi con Enrico Fermi. Nel 1942 vinse la cattedra di Fisica sperimentale all’Università di Palermo. I fatti del 1943 lo costrinsero a stare per mesi nella sua regione di nascita, le Marche, dove un giorno seppe di due uomini che stavano per essere fucilati: si recò al comando di Jesi offrendosi di sostituire i condannati a morte, a cui alla fine venne risparmiata la vita. Nel ’49 divenne presidente dell’Istituto nazionale di geofisica, alla cui guida promosse la rete degli osservatori e si adoperò perché venisse fatta una mappa sismica del Paese. Per un paio di anni fu anche divulgatore scientifico in tv, e nel 1958 fu nominato vicepresidente dell’Euratom. Medi era convinto che l’energia nucleare, usata a fini pacifici, fosse una valida risposta ai problemi energetici. Nel 1965 si dimise dalla vicepresidenza dell’Euratom perché vedeva prevalere gli interessi di enti dei singoli Stati a discapito di un piano comune di ricerca.

Alle molte attività da uomo di scienza, qui accennate a grandi linee, Medi univa la luce della fede: «Se non ci fosse pericolo di essere fraintesi, verrebbe da dire che il cristianesimo è esattamente scientifico; ma la verità è un’altra, è che la scienza per natura sua è cristiana: cioè ricerca della verità, cioè attenta indagine su quella che è la volontà di Dio che si esprime nell’ordine naturale (scienza) e nell’ordine soprannaturale (fede e teologia). Quindi è inconcepibile e assurdo qualsiasi ipotetico contrasto fra fede e scienza, fra vero progresso scientifico e teologia e morale». Medi, che si era pure laureato in teologia alla Gregoriana, spiegava che ogni vera scoperta scientifica non può mai intaccare la fede, bensì fornirle conferme che fanno «gustare meglio alla mente umana la grandezza e la bontà di Dio». In opposizione allo scientismo, che idolatra e falsifica la scienza negando il soprannaturale, Medi spiegava che «la rivelazione e la teologia hanno illuminato e permesso il nascere e lo sviluppo della scienza».

Medi ebbe un rapporto personale con Pio XII, che poté incontrare nel ’46 ricevendo da lui due rosari, uno per la moglie Enrica Zanini e l’altro per la bambina di cui i due coniugi erano allora in dolce attesa. Papa Pacelli imparò a conoscerlo e stimarlo sempre di più, e nel 1955 lo volle a capo della delegazione della Santa Sede alla conferenza di Ginevra sull’energia atomica. Un intenso rapporto lo ebbe pure con Paolo VI, che lo nominò membro della Consulta dei Laici del Vaticano.

Scorrendo tra gli scritti di e su Medi si comprende anche quale amore nutrisse per la famiglia e la centralità che dava all’educazione, che è anzitutto educazione a vivere la volontà di Dio. Aveva sposato Enrica, laureata in Chimica e Farmacia, nel 1938. E da lei aveva avuto sei figlie, sei “Marie” (Maria Beatrice, Maria Chiara, Maria Pia, Maria Grazia, Maria Stella, Maria Emanuela), a testimoniare la devozione verso la Madonna. Per mettere Dio sempre più al centro della vita familiare Medi fece costruire una cappella privata nella sua casa di Torre Gaia, la dedicò alla Sacra Famiglia e ottenne di potervi custodire l’Eucaristia. «In quella cappella – riferiva l’Osservatore Romano negli anni Novanta – iniziava e chiudeva la giornata, soffermandosi in preghiera e in lunghe meditazioni».

Ma dicevamo di Padre Pio. Dopo il primo incontro, fulminante, con il santo da Pietrelcina, Medi aveva voluto approfondirne la conoscenza, andando spesso a trovarlo a San Giovanni Rotondo, sia di sua iniziativa sia su invito diretto del buon frate. Un giorno, ancora padre di 4, appuntava di aver parlato a san Pio delle sue figlie e di aver avuto «la benedizione per Enrica, ma era implicita: è una cosa sola con me…».

L’insegnamento e insieme il dono più grande ricevuto dal santo fu assistere alla Messa da lui celebrata. «La Messa di Padre Pio era rivivere fisicamente tutta l’agonia del Getsemani, del Calvario, della Crocifissione e della morte. Quando assistevamo alla Messa si vedeva l’ansia di una creatura che da una parte era presa da una sofferenza immensa, dall’altra non voleva che questa sofferenza si riversasse sui fratelli che aveva accanto. Come il Signore sul Calvario».

Sarà per questa consapevolezza che Medi, rivolgendosi al clero, diceva parole che continuano a suonare attualissime:

Sacerdoti, io non sono un Prete e non sono mai stato degno neppure di fare il chierichetto. Sappiate che mi sono sempre chiesto come fate voi a vivere dopo aver detto Messa. Ogni giorno avete Dio tra le vostre mani. Come diceva il gran re San Luigi di Francia, avete «nelle vostre mani il re dei Cieli, ai vostri piedi il re della terra». Ogni giorno avete una potenza che Michele Arcangelo non ha. Con le vostre parole trasformate la sostanza di un pezzo di pane in quella del Corpo di Gesù Cristo in persona. Voi obbligate Dio a scendere in terra! Siete grandi! Siete creature immense! Le più potenti che possano esistere.

Chi dice che avete energie angeliche, in un certo senso, si può dire che sbaglia per difetto. Sacerdoti, vi scongiuriamo: Siate santi! Se siete santi voi, noi siamo salvi. Se non siete santi voi, noi siamo perduti! Sacerdoti, noi vi vogliamo ai piedi dell’Altare. A costruire opere, fabbriche, giornali, lavoro, a correre qua e là in Lambretta o in Millecento, siamo capaci noi. Ma a rendere Cristo presente e a rimettere i peccati, siete capaci solo voi! Siate accanto all’Altare. Andate a tenere compagnia al Signore. […] A tutti, anche a noi, ma in particolare a te, sacerdote, dice di continuo: «Tienimi compagnia. Dimmi una parola. Dammi un sorriso. Ricordati che t’amo. Dimmi soltanto “Amore mio, ti voglio bene”: ti coprirò di ogni consolazione e di ogni conforto» [...].

Publié dans Angeli, Articoli di Giornali e News, Fede, morale e teologia, Padre Pio, Riflessioni, Sacramento dell’Ordine, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Annunciazione, quel Sì che restaura la storia

Posté par atempodiblog le 25 mars 2020

Annunciazione, quel Sì che restaura la storia
Il sì della Vergine cambia tutto. Non solo cambia la Storia, ma per così dire “restaura” la Storia che era stata compromessa con il peccato originale di Adamo ed Eva.
di Stefano Bimbi – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: 
Radio Maria

Annunciazione, quel Sì che restaura la storia dans Angeli Annunciazione

Ogni 25 marzo ricorre la bella solennità dell’Annunciazione. Questa data non è convenzionale, ma al pari di quella del Natale, è una data storica. Infatti, recenti studi hanno accertato i turni al tempio di Gerusalemme da parte delle classi sacerdotali. Ebbene, la classe a cui apparteneva Zaccaria, il marito di Elisabetta, aveva il turno a fine settembre. Sapendo che, come ci narra il Vangelo, proprio in quel periodo l’angelo Gabriele annuncia a Zaccaria il concepimento di suo figlio Giovanni, risulta chiaro che il sesto mese di gravidanza per Elisabetta è fine marzo. Ecco quindi che sia la data dell’Annunciazione – e di conseguenza anche quella del Natale – risultano confermate storicamente.

L’Annunciazione ricorda, appunto, l’annuncio che l’arcangelo Gabriele porta a Maria: Dio l’aveva scelta per diventare la madre del Salvatore. Il sì della Vergine cambia tutto. Non solo cambia la Storia, ma per così dire “restaura” la Storia che era stata compromessa con il peccato originale di Adamo ed Eva.

È interessante notare il parallelismo tra le due donne, Eva e Maria. Ad entrambe appare un angelo: Gabriele a Maria e l’angelo decaduto (il diavolo) a Eva. In entrambi i casi è la creatura angelica a prendere l’iniziativa iniziando il discorso. “È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?” chiede Lucifero sotto forma di serpente. Lo scopo è quello di confondere le idee a Eva facendo sembrare che Dio voglia privare di qualcosa l’umanità, mentre il divieto divino voleva preservare l’uomo dalla superbia. L’arcangelo Gabriele invece con dolcezza si rivolge a Maria dicendole “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. Il messo celeste vuole infondere pace e serenità a Colei che sarà chiamata a diventare la madre di Dio.

Dimenticandosi cosa sia la prudenza, Eva ascolta la voce del seduttore e con curiosità prolunga rovinosamente la conversazione con lui. Avrebbe dovuto diffidare chi cercava di allontanarla da Dio! Maria invece, vergine prudentissima, ascolta le parole di Gabriele e si lascia interrogare dal progetto di Dio: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato figlio dell’Altissimo”. Nonostante l’altezza delle promesse divine, Maria non si inorgoglisce, ma restando umile si chiede come possa avvenire questo nonostante il voto di verginità che insieme a Giuseppe aveva fatto. L’arcangelo la rassicura che “nulla è impossibile a Dio”.

Eva non mostra la stessa umiltà, ma appena l’angelo decaduto le assicura che può violare senza problemi il comandamento divino, si lascia affascinare dall’idea di diventare come Dio. L’amor proprio le fa dimenticare la riconoscenza che doveva al Creatore e con superbia afferra il frutto proibito. Al contrario di Eva, così concentrata su se stessa, Maria umilmente riconosce i diritti che Dio ha su di lei proclamandosi la serva del Signore, pronta ad eseguire la Sua Parola.

La conclusione dei due racconti la sappiamo. La disobbedienza di Eva (ed Adamo) porta ad una doppia morte: la “morte” dell’anima per il peccato che cancella la somiglianza con Dio e la morte del corpo che separato da Dio, principio di immortalità, ritornerà nella polvere da dove era stato tratto. Al contrario l’obbedienza di Maria manifesta la potenza di Dio che facendo partorire la Vergine darà al mondo il Suo Figlio per ristabilire l’ordine violato dal peccato originale.

A questo punto ci piacerebbe sapere cosa provava Maria quando sentiva “in diretta” le parole dell’arcangelo Gabriele. Possiamo a tal proposito ricordare cosa disse Maria stessa apparendo a Santa Veronica Giuliani: “Figlia mia, sappi che, quando venne l’angelo Gabriele a darmi questo annunzio da parte di Dio onnipotente, io stavo nella cognizione della mia bassezza e viltà; ed è questo l’esercizio che consegno a te. Sta sempre avvilita e annichilita sotto tutti, come vile fango e polvere”.

Quale esempio di umiltà ci dà Maria! Consigliandoci l’umiltà ci fa il più bel dono che una madre può fare ai suoi figli. Infatti, come lei stessa ricordò alla cugina Elisabetta, Dio “ha guardato all’umiltà della Sua serva, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”. Infatti il Signore “ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili”. L’umile Maria è diventata infatti, come ricordiamo nelle litanie lauretanee, addirittura “Regina degli angeli”. Quindi sovrana anche di quell’arcangelo Gabriele che le portò un così bel messaggio.

A questo punto comprendiamo come mai l’Annunciazione sia un fatto così importante tanto che è uno dei due momenti dell’anno liturgico, in cui nella S. Messa, durante la recita del Credo, anziché chinare soltanto il capo, come accade normalmente, ci dobbiamo inginocchiare alle parole “e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”. La seconda volta che è prevista tale genuflessione è per la Messa di Natale. Entrambe queste feste ricordano infatti il Mistero dell’Incarnazione nei suoi due momenti determinanti (concepimento, nell’Annunciazione, e nascita, nel Natale).

In molti luoghi, ad esempio in Toscana fino al XVIII secolo, l’anno civile iniziava proprio il 25 marzo a sottolineare l’importanza di questo evento. Solo per un esigenza di uniformità fu poi abbandonato in favore del 1° gennaio che comunque era anch’essa una festa liturgica: la circoncisione di Gesù (ad otto giorni dalla nascita).

In conclusione non possiamo non ricordare che l’evento dell’Annunciazione possiamo ricordarlo ogni giorno con l’Angelus. Recitandolo all’alba, a mezzogiorno e al tramonto, nella sua semplicità e brevità, questa preghiera ha una grande efficacia nel sintonizzare i nostri pensieri con quelli di Dio mettendoci al fianco di Maria per guardare meravigliati la grandezza del progetto del Signore che si svela ogni giorno dinnanzi ai nostri occhi.

Publié dans Angeli, Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Riflessioni, Santa Veronica Giuliani, Santo Natale | Pas de Commentaire »

«Così la Madonna e mia moglie mi hanno salvato»

Posté par atempodiblog le 16 février 2020

«Così la Madonna e mia moglie mi hanno salvato»
Antonio ha raccontato alla Nuova Bussola Quotidiana di quando «bestemmiavo la Madonna, consigliavo l’aborto, tradivo e spingevo gli amici a tradire». Finché sua moglie, tornata da Medjugorje, cominciò a pregare tutto il giorno, a digiunare due volte alla settimana, a partecipare alla Messa e a confessarsi: «Era cambiata: nonostante fossi stato nel letto di un’altra, mi chiedeva se doveva stirarmi una camicia o se volevo il caffè». La pace che irradiava spinse Antonio in Erzegovina: «Arrivai che volevo bruciare tutto, tornai che amavo Dio e la mia famiglia».
di Benedetta Frigerio – La nuova Bussola Quotidiana

«Così la Madonna e mia moglie mi hanno salvato» dans Angeli Antonio-di-Napoli

Antonio e Mariele, originari della provincia di Napoli, si sposarono ventenni a marzo del 1999 dopo 5 anni di fidanzamento. «Il matrimonio fu in Chiesa perché dalle nostre parti è d’usanza, ma né io né lei provenivamo da famiglie praticanti». D’altra parte, spiega Antonio alla Nuova Bussola Quotidiana, «volevo sposare una brava ragazza per poi vivere da “uomo vero” che comanda e va alla conquista di altre donne, motivo per cui l’avevo già tradita durante il fidanzamento: avevo una doppia vita, due schede di cellulare e due maschere, di cui lei non sapeva nulla. Anzi mi aveva sempre dato molta fiducia». I coniugi si trasferirono in provincia di Reggio Emilia, dove Antonio era abilissimo a recitare la parte del «marito affettuoso, mentre fuori ero tutt’altro. Volevo sempre di più: cercavo le donne sposate, fino ai locali per scambisti». Era convinto di dominare la situazione ma «quando ti avvicini al fuoco alla fine ti bruci: il peccato si impossessa di te». Perciò nel 2007 «volevo la mia totale libertà, dissi tutto a mia moglie e me ne andai, sebbene avessimo due figli di 8 e 5 anni per cui a Mariele crollò il mondo addosso».

Antonio viveva solo «nella lussuria, anche se poi andavo a casa a mettere a posto la coscienza: facevo il papà part-time per non sentirmi proprio tremendo. E così me ne stavo tranquillo nel mio male. Nella mia testa mi sentivo felice, libero finalmente». Ma accadde qualcosa di imprevisto, di cui solo più tardi comprese il motivo. «Il quarto mese in cui ero fuori casa, cominciai ad avere dei pensieri suicidi: se guidavo pensavo ad andare fuori strada». Nel frattempo la moglie era venuta a conoscenza di un luogo «in cui la Madonna stava apparendo». Sebbene non fosse una donna di fede «Mariele andò a chiedere la grazia della mia conversione». Non disse a nessuno dove sarebbe andata ma «quando tornò capii che era completamente cambiata: prima mi rispondeva quando litigavamo e se doveva urlare parolacce lo faceva, anche perché io negli ultimi tempi avevo alzato le mani. Dopo quel viaggio però non rispondeva più, taceva, subiva tutto. Ma non passivamente: era piena di una pace inspiegabile, che poi capii essere soprannaturale». La cosa sconvolgente, però, era che «nonostante tornassi a casa dopo essere stato nel letto di un’altra, pur sapendolo lei mi chiedeva se doveva stirarmi una camicia o se volevo il caffè. E lo faceva con una dolcezza pazzesca».

Scoprendo la moglie a pregare e a leggere la Bibbia, «la mia violenza peggiorò: avevo un’avversione tremenda per il sacro (una volta le sputai in faccia mentre recitava il Rosario) ma lei non demordeva. Ne avevo quasi paura, ma nello stesso tempo mi faceva stare così bene che le chiesi dove fosse andata». Anche perché la depressione peggiorava: «Volevo andare là non certo per tornare con lei ma per uscire dal mio malessere e poi continuare a vivere la mia vita libertina». Finalmente Antonio ebbe la risposta: «Sono andata a Medjugorje, dove appare la Madonna dal 1981».

In realtà, grazie alle preghiere della moglie, stava vivendo una lotta interiore: «Ero un bestemmiatore incallito, ogni cinque minuti insultavo la Madonna (non posso ripetere cosa dicevo). Consigliavo l’aborto, spingevo gli amici a tradire le mogli, perciò, anche senza saperlo, ero un servo importante del demonio». Ma il fatto che «mia moglie avesse incominciato a seguire tutto quello che la Madonna chiede a Medjugorje (i cinque sassi: Eucarestia settimanale, Confessione mensile, lettura della Bibbia e Rosario quotidiani, digiuno) fece scendere in campo Dio». Mariele diceva ben 10 Rosari al giorno: «Iniziava la mattina presto finché, stremata, andava a letto. Poi andava a Messa la mattina per me e il pomeriggio per sé stessa, digiunava a pane e acqua mercoledì e venerdì (e continua a farlo), si confessava continuamente». E non c’era impegno che tenesse: «Si svegliava prima, pregava in strada, sotto la doccia, mentre faceva i mestieri. Poi seppi che faceva benedire l’acqua, il pane e il sale che io mangiavo… Mia moglie era in guerra e decise di usare ogni arma del cielo».

Così, nell’ottobre 2007 Antonio partì per Medjugorje chiedendo alla moglie di accompagnarlo, perché «in lei vedevo l’unica persona che mi poteva davvero aiutare. Non ero più il marito da riconquistare, ma un’anima da salvare e questo mi attraeva a lei». Ma la lotta drammatica fra Maria e il diavolo fu confermata dal fatto che «in quei mesi avevo sognato una notte il demonio sul mio letto che mi fissava (mi svegliai in una pozza di sudore) e un’altra Medjugorje (un bambino di nome Raffaele che mi accompagna in chiesa, due colline piene di persone, i sacerdoti che pregavano il Rosario, gente che piangeva davanti alla statua della Madonna)» e «quando arrivai lì ricordai il sogno». Messo piede a Medjugorje, «dopo aver passato il viaggio con le cuffie e la musica a tutto volume, chiedendo a mia moglie di tenermi lontano i sacerdoti, perché altrimenti li avrei picchiati, mi portarono subito in chiesa». Ma le migliaia di preghiere recitate in tante lingue fecero infuriare Antonio: «Dopo cinque minuti cominciai a bestemmiare, uscii dalla chiesa. Volevo scappare perché stavo impazzendo. Ma non c’erano mezzi per andarsene. Fumavo, fumavo, fumavo, finché mia moglie venne fuori consigliandomi di tornare in chiesa a pregare, perché sarei stato meglio». Di fronte al suo “no”, Mariele gli parlò della Confessione, «ma fuori dai confessionali c’era la fila e quindi cominciai ad insultare tutti dicendo: “Stupidi, cosa fate qui? Siete ridicoli”».

A quel punto «mia moglie mi disse che ero libero di andarmene ma che lei sarebbe tornata a pregare. Stavo malissimo, non potendo nemmeno fuggire, allora mi dissi: “Ok, ho chiesto io di venire”. E qui lanciai una sfida alla Madonna: “Se è vero che appari io faccio tutto quello che dici, ma tu devi farmi vedere che è vero. Altrimenti spacco e brucio tutto”». Eppure, «per me le donne erano esseri inferiori, figurati la Madonna, ma a quel punto ci provai e cominciai dalla Confessione». Per Antonio era la prima volta dopo la Prima Comunione: «Non dissi tutto ma fui assolto e in effetti la rabbia diminuì».

Il gruppo partecipò poi ad una Messa celebrata da padre Jozo «che ci fece leggere la preghiera di consacrazione alla Madonna». Antonio si commuove ancora pensando a quando ripetevo il «totus tuus, che fu l’inizio della mia liberazione». In ginocchio, a terra, piangeva senza capire il perché, «però mi sentivo così leggero che cominciai a pregare con gli altri. Anche se avevo ancora vergogna di stare con il rosario in mano». In questo caso però l’orgoglio lo aiutò: «Avevo detto che avrei fatto tutto e così dissi le mie prime “Ave Maria”. Poi vidi le colline del sogno per cui chiesi chi fosse Raffaele: mi risposero che era l’arcangelo, il medico che accompagna i malati da Dio. E qui cominciai a credere…».

Il giorno successivo il gruppo partecipò all’apparizione della Madonna a uno dei veggenti: «Rimasi tutto il tempo in ginocchio con la testa a terra. In quel momento mi entrò un fuoco dentro, caldo, e quella pace che trasmetteva mia moglie avvolse anche me. Piansi così tanto che non riuscivo ad alzarmi da terra». Quando si riprese, però, «decisi di confessare tutto il mio passato e il sacerdote mi diede dieci Rosari di penitenza». Antonio, non capendo ancora cosa fosse un Rosario, disse che avrebbe pregato: «Con l’aiuto degli altri cominciai. E più pregavo più ero felice, perciò domandavo a tutti cos’altro la Madonna chiedesse». Prima di partire la moglie consigliò ad Antonio di partecipare all’Adorazione eucaristica spiegandogli che lì c’è Gesù in persona: «Mi addormentai davanti a Lui in pace. Poi sognai che uscivo dal santuario e mia figlia piccola mi diceva: “Papà basta litigare con mamma, vieni a casa con noi”. Per non farla piangere dissi di sì, ma poi domandai a Maria: “Tu mi hai fatto veder tutto e anche di più, ma spiegami che senso ha questo sogno”». Durante l’ultima Messa, allo scambio della pace, mi sentii tirare la maglia. Comparve una bimba simile alla mia che prese la mano solo a me. Poi se ne andò sotto la statua della Madonna dove il padre soddisfatto le diede una pacca sulla spalla. Infine uscirono dalla chiesa anche se la Messa non era finita». Antonio capì poi che era la risposta della Madonna: «Se volevo la pace dovevo tornare a casa come voleva mia figlia. Così chiesi a Maria di darmi l’amore per la mia famiglia e poi domandai perdono anche a loro. Ero felice perché ero stato il peggiore dei peccatori ma ero stato perdonato. Tanto che dissi a Dio: “Ora che ti ho conosciuto posso anche morire”».

Il ritorno fu un trauma per gli altri, non per lui: «Quando mi chiamavano le donne dicevo loro che avevo incontrato Dio, lo stesso dicevo agli amici e ai parenti che mi vedevano pregare in continuazione». L’effetto fu che, dal trascinare decine di persone nella perdizione, Antonio divenne il tramite per la conversione «della mia famiglia intera (mio papà era un bestemmiatore), genitori, cugini, zii e degli amici. Nessuno credeva ai propri occhi, tutti volevano sapere. Tanti tornarono con me a Medjugorje e cominciarono a credere». A confermare che dove sovrabbondò il peccato ora sovrabbonda la grazia.

Ma il demonio ci riprovò: «Il secondo giorno dal ritorno da Medjugorje una zia mi chiese di andare a raccontarle tutto. In macchina avevo una busta di rosari da regalare, ma venni fermato da due prostitute che mi sbarrarono la strada: aprirono le porte della macchina, una mi salì davanti e una dietro. Cercavano qualcosa. Quella davanti provò a prendere il mio rosario, l’altra voleva la busta dei rosari. Riuscii a sottrarli dalle loro mani. Allora, con una voce tremenda, una mi disse: “Non mi toccare che ti ammazzo”. In quel momento capii che avevo a che fare con il demonio. Guardai il crocifisso appeso alla macchina e le dissi di andarsene. A quel punto se ne andarono. Fu lì che capii che satana era infuriato».

Ci sono state persone che ascoltando questa testimonianza si sono convertite, «anche se molti, quando mia moglie spiega che basta vivere i “cinque sassi”, trovano delle scuse: “Non riesco a digiunare, devo lavorare, eccetera”. Così non farai mai nulla. E non è che devi fare per ottenere, ma per abbandonarti completamente a Dio se vuoi vederlo all’opera». Come dice la Madonna: “Cari figli, dedicate il tempo solo a Gesù, e Lui vi darà tutto ciò che cercate, Lui vi si rivelerà in pienezza ». «Penso sempre a mia moglie che prima ancora di partire per Medjugorje, distrutta e bisognosa economicamente, trovò lavoro a tempo indeterminato. Il datore le disse: “O i cinque giorni via o il contratto”». Sappiamo cosa scelse Mariele… «fu così che io, maltrattarore di donne e bestemmiatore della più grande fra loro, fui salvato da due femmine».

Publié dans Angeli, Articoli di Giornali e News, Fede, morale e teologia, Medjugorje, Stile di vita | Pas de Commentaire »

All’Angelo custode

Posté par atempodiblog le 26 décembre 2019

All'Angelo custode dans Angeli Beato-Giustino-Maria-della-Santissima-Trinit-Russolillo

O Angelo mio, non so il nome con cui ti chiamano in cielo i santi, gli angeli, la nostra madre Maria e il nostro Signore Iddio.

Ma in qualche tuo nome risuona anche il mio, e qualche mio nome è preso dal tuo, poiché io sono l’anima a te affidata e tu sei l’Angelo mio!

O Angelo mio, non so a quale gerarchia e a quale ordine di angeli appartieni, come non so a quale sfera e a qual posto di anime mi trovi nel regno dei cieli!

Ma so che nei disegni di Dio, in terra e in cielo, ci troviamo insieme, poiché io sono l’anima a te affidata e tu sei l’Angelo mio!

O Angelo mio, non so se fosti tu a scegliermi fra tutte le anime per tuo, o fu il Signore a sceglierti fra tutti gli angeli per mio!

Eternamente ringrazio te nel Signore e il Signore in te! Poiché in lui tu vuoi me tra gli angeli! O Angelo mio!

Che gioia e che gloria per me, Angelo mio, che nessuna cosa o persona tanto mi appartiene o mi è unita, dopo il Signore, quanto te, Angelo mio!

Possa essere di gioia e gloria, anche a te, che nessuna cosa o persona tanto ti appartiene e deve e vuol esserti unita quanto l’anima mia, dopo il Signore.

E tu, dal mio piccolo mondo, godi il tuo Paradiso di visione di Dio, e anch’io per la divina unione con la santa Chiesa, con la santa Famiglia, con l’augusta Trinità, voglio la tua unione!

Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

Publié dans Angeli, Fede, morale e teologia, Preghiere, San Giustino Maria Russolillo Apostolo delle Vocazioni | Pas de Commentaire »

123456