Un milione di bambini prega il Rosario – 18 ottobre 2024

Posté par atempodiblog le 10 octobre 2024

Un milione di bambini prega il Rosario  18 ottobre 2024
di Aiuto alla Chiesa che Soffre

“Quando un milione di bambini pregherà il Rosario, il mondo cambierà”. (San Pio da Pietrelcina)

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Il 18 ottobre 2024 bambini di tutto il mondo si uniranno nella recita del Rosario nell’ambito della campagna di preghiera “Un milione di bambini prega il Rosario”, organizzata da Aiuto alla Chiesa che Soffre. Questa iniziativa, che si svolge ogni anno, nel 2023 ha superato il milione di bambini registrati, un segno tangibile della potenza della preghiera.

Papa Benedetto XVI già nel 2008 sottolineava l’importanza del Rosario con queste parole:

“Il Santo Rosario non è una pia pratica relegata al passato… Il Rosario sta conoscendo quasi una nuova primavera. Questo è senz’altro uno dei segni più eloquenti dell’amore che le giovani generazioni nutrono per Gesù e per la Madre sua Maria”.

Il Santo Rosario è una potente preghiera che continua a ottenere grazia e pace per tutto il mondo. La Vergine Maria, attraverso la recita del Rosario, ci aiuta a mettere Cristo al centro della nostra vita, seguendo così il Suo esempio di vita.

Aiuto alla Chiesa che Soffre incoraggia bambini e famiglie a unirsi a questa grande iniziativa di preghiera. I benefici di questa supplica sono profondi, sia per chi recita il Rosario, sia per il mondo intero che oggi è provato da guerre e persecuzioni.

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Come partecipare?
E’ molto semplice, basta scaricare i materiali di preghiera qui e distribuirli.
Invitiamo famiglie, parrocchie, scuole e gruppi di preghiera a organizzare incontri il 18 ottobre coinvolgendo il maggior numero possibile di bambini.
Dopo aver fatto conoscere l’iniziativa tramite social media, mezzi di comunicazione o passaparola, è possibile far sapere ad ACS Italia cosa hai organizzato, e quanti bambini si sono uniti sotto il manto amorevole di Maria, inviando un’e-mail a serviziobenefattori@acs-italia.org

Il Presidente di ACS Internazionale, Cardinale Mauro Piacenza, e l’Assistente Ecclesiastico internazionale, Padre Anton Laesser CP, hanno scritto una lettera speciale per tutti coloro che si uniranno alla preghiera (Leggi la lettera completa qui).

Progetti per bambini in Libano, Sud Sudan, Cuba e Uruguay
Oltre alla preghiera, quest’anno vogliamo insegnare ai bambini la bellezza del donare agli altri. In occasione dell’iniziativa di ottobre, ACS ha lanciato due progetti importanti:

1. Sostegno per l’acquisto di materiale scolastico per i bambini in Libano.
Aiutiamo i bambini libanesi a ricevere tutto il necessario per la scuola; per contribuire clicca qui.

2. Bibbie per bambini in Sud Sudan, Cuba e Uruguay.
Sosteniamo la stampa e distribuzione di Bibbie per bambini in questi Paesi; per informazioni e per donare clicca qui.

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Un milione di bambini recita il Santo Rosario

Posté par atempodiblog le 16 octobre 2023

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Un milione di bambini recita il Santo Rosario
I cristiani sviluppano il seme della fede ricevuto da bambini. Per questo anche quest’anno ACS, il 18 ottobre, coinvolge in molte nazioni i più piccini nell’iniziativa Un milione di bambini pregano il Rosario per l’unità e la pace.
di Aiuto alla Chiesa che Soffre

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Cari amici,

Un milione di bambini pregano il Rosario. Il 18 ottobre di ogni anno ACS organizza con grande impegno questa azione. Perché? Perché vogliamo che i bambini imparino e preghino il Rosario. Perché vi chiediamo di impegnarvi personalmente, affinché il maggior numero possibile di bambini accolgano questo invito? Perché siamo giunti alla conclusione che il Rosario è uno strumento dato da Dio e necessario, che segna una differenza decisiva! E da dove viene questa nostra convinzione? Da un lato, dalla richiesta della Madre di Dio nelle sue apparizioni. Dall’altro, dalla sicura esperienza della Chiesa e di molti santi.

Così scrive ad esempio san Luigi Maria Grignon de Montfort:

“Vi scongiuro, pregate ogni giorno il Rosario! Ringrazierete un giorno nel cielo il giorno e l’ora in cui mi avete creduto”.

La sua dichiarazione è soltanto una delle centinaia di santi e papi, che ci hanno fatto riconoscere il valore della preghiera del Rosario. Nelle apparizioni di Fatima ufficialmente riconosciute dalla Chiesa la stessa Madre di Dio ha chiesto ai giovanissimi veggenti di offrire la preghiera del Rosario ogni giorno, per la conversione dei peccatori e per la pace nel mondo. La veggente Lucia ha scritto: “In questi ultimi tempi in cui viviamo, la Santissima Vergine ha attribuito al Rosario una nuova potenza. Non esiste quindi alcun problema, per quanto grave, che non possiamo risolvere attraverso la preghiera del Rosario. Con il Rosario ci salveremo, ci santificheremo, ci affideremo a nostro Signore e otterremo la guarigione di molte anime”.

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ACS dalle sue origini fino ad oggi si consacra al messaggio di Fatima e si impegna decisamente ad osservarlo. Per la campagna di preghiera di quest’anno vogliamo volentieri soffermarci su un aspetto della preghiera del Rosario, su cui spesso non si riflette molto. Nella preghiera del Rosario la contemplazione dei misteri della vita di Gesù Cristo è inserita nel contesto della visita dell’arcangelo Gabriele a Maria. Pronunciamo ripetutamente le parole dell’angelo mentre contempliamo importanti misteri nella vita di Gesù. In quel momento così importante della storia della salvezza è un angelo, l’arcangelo Gabriele, che porta il messaggio di Dio alla santa vergine Maria. È ancora un angelo che accoglie la risposta di Maria e la porta a Dio. La Chiesa conosce il mondo degli angeli, la creazione visibile e invisibile. Da essa possiamo imparare che ciascuno di noi ha ricevuto un angelo che è al suo fianco, portatore del messaggio di Dio. Può e desidera aiutarci a cogliere e materializzare la vita nuova ed eterna, che abbiamo ricevuto con il Battesimo. 

“Dal suo inizio (Mt 18, 10) fino alla morte (Lc 16, 22) gli angeli custodiscono sotto le loro ali e nella loro preghiera la vita dell’uomo (Sal 34, 8; 91, 10-13). Un angelo è protettore e pastore al fianco di ogni credente, per portarlo alla vita. Già in questa terra la vita cristiana nella fede prende parte alla comunità dei beati, che unisce uomini e angeli.” (Catechismo della Chiesa Cattolica No. 336). Non è forse un messaggio per il mondo di oggi tornare consapevoli della presenza degli angeli custodi e chiedere il loro aiuto, perché nelle tante sfide del tempo attuale possiamo discernere chiaramente e  compiere scelte giuste? Non sarebbe sensato insegnare di nuovo ai bambini la preghiera dell’angelo custode, che per tanti secoli era così naturale nella vita della Chiesa?

Con questo pensiero abbiamo voluto presentare nella campagna di quest’anno una storia illustrata per i bambini, che parla dell’aiuto dell’angelo a san Giuseppe. Come lui è stato avvisato dall’angelo in sogno e subito è partito per l’Egitto per salvare la vita del Bambino Gesù.

Un-milione-di-bambini-prega-il-Santo-Rosario dans Fatima

Per cui vi invitiamo cordialmente a partecipare anche quest’anno alla preghiera del Rosario il giorno 18 ottobre. Vi chiediamo di organizzare incontri, informare i gruppi di bambini, le scolaresche, i gruppi di preghiera, radio e televisioni, piattaforme digitali, social media… chiamando anche i vostri figli e nipoti. Prestiamo la nostra voce al Signore, che chiama i suoi discepoli anche oggi: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite! A chi è come loro appartiene infatti il Regno di Dio (Mt 19, 14).

Appellandoci alla vostra collaborazione, vi impartiamo la nostra benedizione.

Cardinale Mauro Piacenza – Presidente di ACS Internazionale

P. Anton Laesser CP – Assistente ecclesiastico di ACS Internazionale

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Il Papa: affidiamo alla Madonna i popoli dove regnano guerra e miseria

Posté par atempodiblog le 18 octobre 2022

Il Papa: affidiamo alla Madonna i popoli dove regnano guerra e miseria
In un tweet dall’account @Pontifex, Francesco chiede di unirsi in preghiera per l’Ucraina e gli altri Paesi dove si consumano tragedie quotidiane, insieme al milione di bambini che oggi partecipa al Rosario per la pace nel mondo. L’iniziativa di Aiuto alla Chiesa che Soffre coinvolge i piccoli di asili, parrocchie, scuole e famiglie dei cinque continenti
di Salvatore Cernuzio – Vatican News

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C’è l’Ucraina martoriata, ma anche lo Yemen, la Siria, la Libia, il Myanmar, i Paesi di Africa e Medio Oriente, e tutti quei luoghi “dove regnano guerra, violenza e miseria” al centro dei pensieri del Papa che chiede di unirsi in preghiera per queste popolazioni insieme al milione di bambini che oggi recita il Rosario per la pace nel mondo. In un tweet dall’account in nove lingue @Pontifex, raggiungendo contemporaneamente milioni di persone in ogni angolo del globo, Francesco invita a unirsi all’iniziativa lanciata ogni anno dalla Fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre:

#PreghiamoInsieme ai bambini di tutti i continenti che oggi recitano il Rosario per la pace nel mondo. Affidiamo all’intercessione della Madonna il martoriato popolo ucraino e le altre popolazioni dove regnano guerra, violenza e miseria. #1millionchildrenpraying

Il ricordo all’Angelus
Già dopo l’Angelus di domenica scorsa, ribadendo l’angoscia ricorrente per la popolazione ucraina, finita negli ultimi giorni sotto una nuova pioggia di fuoco, il Papa aveva ricordato questo evento mondiale di preghiera.

Grazie a tutti i bambini e le bambine che partecipano! Ci uniamo a loro e affidiamo all’intercessione della Madonna il martoriato popolo ucraino e le altre popolazioni che soffrono per la guerra e ogni forma di violenza e di miseria.

Scuole, famiglie, parrocchie da tutto il mondo
Alla campagna di Acs sono invitati i bambini di parrocchie, asili, scuole e famiglie, ai quali viene fornito un pacchetto informativo gratuito con istruzioni su come recitare il Rosario, brevi meditazioni sui Misteri del Rosario e altri materiali – tutti disponibili online – insieme alle immagini da colorare, in 26 lingue diverse.

Piacenza: Dio ha il controllo anche su guerre e malvagità
Lo scopo dell’iniziativa, spiega in un comunicato il presidente della Fondazione, il cardinale Mauro Piacenza, “è implorare pace e unità in tutto il mondo, incoraggiando bambini e giovani a confidare in Dio nei momenti difficili”. Il tema scelto è l’“amore del Padre per il mondo”, rappresentato anche dal poster della campagna che presenta due mani aperte che racchiudono il globo e lo sostengono insieme ai bambini di ogni continente. “Queste mani simboleggiano il Padre divino che ha creato il mondo nell’amore e che desidera salvare tutti i popoli e condurli a Sé sani e salvi”, dice Piacenza. “Guardando intorno a noi le guerre e le malvagità, le persecuzioni, le malattie e le paure che gravano sul nostro mondo, la gente potrebbe chiedersi: Dio ha davvero il controllo? Sì lo ha, ma dobbiamo anche tendergli le nostre mani tese e aggrapparci a lui”.

Collegati dai cinque continenti
È dal 2005, con un primo gruppi di bambini riuniti in un santuario a Caracas, che Acs organizza il Rosario per pregare per i Paesi afflitti dalle tragedie. Ampia la partecipazione registrata nelle precedenti edizioni, anche quest’anno l’iniziativa – trasmessa in diretta da Fatima – sembra aver raccolto una risposta globale: dalla stessa Ucraina, dove la Chiesa greco-cattolica ha tradotto i testi in ucraino e organizzerà il Rosario in tutto il Paese, all’Argentina, dove i bambini non si riuniscono un solo giorno ma hanno deciso di fare un’intera novena. Dal e il Kenya, dove 45 scuole hanno assicurato la loro ‘presenza’ spirituale, alla Nigeria, piagata dalle alluvioni e da un ennesimo rapimento di un sacerdote, dove 60 chiese e scuole in diverse diocesi reciteranno la coroncina.

Barta: “L’amore trionfa sulla violenza”
“Alcune delle reazioni più positive che abbiamo avuto sono arrivate proprio dalle regioni dove la pace è più necessaria”, spiega padre Martin M. Barta, assistente ecclesiastico internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre. “È particolarmente commovente sapere che ci sono bambini in Iraq, Siria, Bielorussia o Myanmar che pregano insieme a coloro che si radunano a Fatima, in Portogallo, in Canada o negli Stati Uniti. Ci fa sperare che l’amore che viene dalla fede possa trionfare sulla violenza”.

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Anche quest’anno estese a tutto novembre le indulgenze per i defunti

Posté par atempodiblog le 29 octobre 2021

Anche quest’anno estese a tutto novembre le indulgenze per i defunti
A causa del perdurare della pandemia e delle misure di contenimento, la Penitenzieria Apostolica viene incontro alle richieste avanzate da numerosi vescovi emanando un Decreto in cui si annuncia la proroga delle indulgenze plenarie in modo analogo al 2020
di Adriana Masotti – Vatican News

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Un Decreto della Penitenzieria Apostolica, pubblicato oggi, stabilisce la possibilità anche quest’anno di ottenere le Indulgenze plenarie per i defunti per tutto il mese di novembre. Nel testo si legge che la decisione è stata presa dopo aver ascoltato “le varie suppliche recentemente pervenute da diversi Sacri Pastori della Chiesa, a causa dello stato di perdurante pandemia”. La Penitenzieria Apostolica, dunque, “conferma ed estende per l’intero mese di novembre 2021 tutti i benefici spirituali già concessi il 22 ottobre 2020”, attraverso un analogo Decreto col quale, sempre a causa del Covid-19, le Indulgenze plenarie per i fedeli defunti venivano prorogate per tutto il mese di novembre 2020.

L’opportunità spirituale offerta dalla proroga
Il testo prosegue illustrando i benefici della proroga: “Dalla rinnovata generosità della Chiesa  si legge  i fedeli attingeranno certamente pii propositi e vigore spirituale per indirizzare la propria vita secondo la legge evangelica, in filiale comunione e devozione verso il Sommo Pontefice, visibile fondamento e Pastore della Chiesa Cattolica”.

Il cardinale Piacenza: una devozione molto sentita
Il presente Decreto, così come quello emesso l’anno scorso, in piena pandemia, vuol venire incontro alla necessità ancora viva di evitare assembramenti causa potenziale di diffusione del Covid-19 che, anche se in diversa misura, colpisce ancora la popolazione mondiale. In un’intervista a Vatican News, dello scorso 23 ottobre, il Penitenziere Maggiore cardinale Mauro Piacenza, spiegava che “la consuetudine codificata è quella dell’indulgenza plenaria in ogni giorno dell’ottavario dall’1 all’8 novembre per tutti quelli che visitano i cimiteri pregando per i defunti, e il 2 novembre, nello specifico, la visita ad una chiesa o ad un oratorio recitando il Pater e il Credo. Questo è lo standard”. Si tratta di una forma di devozione molto sentita, proseguiva il cardinale Piacenza, che si esprime nel partecipare alla Messa e nella visita ai cimiteri, per questo, perché le persone possano diluire le visite senza creare resse, “si è pensato di diluire nel tempo la possibilità di fruire delle indulgenze e così per tutto novembre si potrà acquisire ciò che era previsto per i primi 8 giorni di novembre”.

Ravvivare la fede nella vita eterna
Riguardo poi al legame tra la solennità di Tutti i Santi e la commemorazione dei defunti il Penitenziere Maggiore ricordava che: “Siamo chiamati in questi giorni a ravvivare la nostra certezza nella gloria e nella beatitudine eterna” e raccomandava: “chiediamo con umiltà e fiducia il perdono per quanti ci hanno lasciati, per le loro piccole o grandi mancanze, loro che comunque sono già salvati nell’amore di Dio, e rinnoviamo il nostro impegno di fede”.

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Segreto, psicologo e assoluzione: 3 consigli per una corretta Confessione

Posté par atempodiblog le 16 octobre 2021

Segreto, psicologo e assoluzione: 3 consigli per una corretta Confessione
I suggerimenti del cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore di Santa Romana Chiesa rilanciano un sacramento a volte bistrattato dagli stessi religiosi che lo praticano
di Gelsomino Del Guercio – Aleteia

Segreto, psicologo e assoluzione: 3 consigli per una corretta Confessione dans Cardinale Mauro Piacenza Sacramento-confessione-Sigillo-scaramentale

Mai violare il segreto della confessione, mai confondere questo sacramento con consigli degni di uno psicologo, e sopratutto mai negare l’assoluzione, a patto che il penitente rifletta sul suo agire.

Sono i tre suggerimenti del cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore di Santa Romana Chiesa, per un’efficace sacramento della Confessione. Il cardinale ne ha parlato con Angela Ambrogetti di Aci Stampa (15 ottobre).

Il peccatore incontra il Padre Misericordioso
«La natura del sacramento della Riconciliazione – spiega il cardinale Piacenza – consiste nell’incontro personale del peccatore con il Padre Misericordioso. L’oggetto del sacramento è il perdono dei peccati, la riconciliazione con Dio e con la Chiesa e la restituzione della dignità filiale in forza della redenzione operata da Gesù Cristo. L’insegnamento della Chiesa circa la Confessione è sinteticamente presentato nel Catechismo della Chiesa Cattolica che, al n. 1422 riprende il n. 11 della Lumen Gentium del Vaticano II e dal canone 959 del Codice di Diritto Canonico».

Nessuna confusione
Il cardinale Piacenza premette che la confessione non ha nulla a che vedere con una seduta dallo psicologo. «E’essenziale sottolineare che il sacramento della Riconciliazione. Essendo un atto di culto, non può e non deve essere confuso con una seduta psicologica o una forma di counselling. In quanto atto sacramentale, tale sacramento deve essere tutelato in nome della libertà di religione e ogni ingerenza deve essere ritenuta illegittima e lesiva dei diritti della coscienza».

Il segreto della Confessione
Per essere tutelato, il sacramento deve muoversi intorno ad un “patto segreto” tra il confessore e il confessato.

«Tutto quanto detto in confessione – afferma Penitenziere Maggiore – cioè dal momento in cui ha inizio questo atto di culto con il segno della croce e il momento in cui termina o con la assoluzione, o con la assoluzione negata, è sotto sigillo assolutamente inviolabile. Tutte le informazioni riferite in confessione sono “sigillate” perché date a Dio solo, per cui non sono nella disponibilità del sacerdote confessore (cf canoni 983-984 CIC; 733-734 CCEO). Anche nel caso specifico in cui, durante la confessione, per esempio un minore riveli di aver subito abusi, il colloquio deve rimanere, per sua natura, sempre e comunque sigillato. Ciò non toglie che il confessore  raccomandi vivamente al minore stesso di denunciare l’abuso ai genitori, agli educatori, alla polizia».

L’assoluzione a patto che…
L’assoluzione, prosegue il cardinale Piacenza, non va negata. Ci sono però alcuni aspetti da considerare.

«Se il confessore non ha alcun dubbio sulle disposizioni del penitente e questi chiede la assoluzione – dichiara il cardinale ad Aci Stampa – essa non può essere negata né differita (cf can. 980). Esiste certamente il dovere di riparare ad una ingiustizia perpetrata e di impegnarsi sinceramente ad evitae che l’abuso si ripeta, ricorrendo, se necessario, ad un aiuto competente. Ma questi doveri gravi legati al percorso di conversione non comportano la autodenuncia. Il confessore dovrà comunque invitare il penitente ad una riflessione più profonda e a valutare le conseguenze del suo agire, soprattutto quando un’altra persona sia stata sospettata o condannata ingiustamente».

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Il Dio uomo che attende di consolare l’uomo

Posté par atempodiblog le 6 décembre 2020

Il Dio uomo che attende di consolare l’uomo
Nella seconda domenica di Avvento la parola di Dio ci invita alla pace. È il Signore stesso che prorompe con il grido: “Consolate, consolate il mio popolo”. Non si tratta di una pace qualsiasi, ma di un dono di Dio che si realizza parlando al cuore dell’uomo. Il primo dono che precede la pace è la misericordia di Dio, il suo perdono. Se umilmente lo accoglieremo, se non aspetteremo la consolazione del mondo, ma “nuovi cieli e una nuova terra”, saremo davvero nella pace.
di Christopher Zielinski, Padre Abate dell’Abbazia di Nostra Signora del Pilastrello (Lendinara) – La nuova Bussola Quotidiana

Il Dio uomo che attende di consolare l'uomo dans Articoli di Giornali e News Padre-Misericordioso

Nella seconda domenica di Avvento la parola di Dio ci invita alla pace. Non si tratta di una pace qualsiasi, ma del dono di Dio, della sua consolazione personale e profonda. È il Signore stesso che prorompe con il grido di consolazione: “Consolate, consolate il mio popolo”. È il Signore che vuole con forza la nostra consolazione e la realizza in prima persona, attraverso lo Spirito Santo donato al nostro cuore. Si tratta dello “Spirito consolatore” che solo può realizzare la nostra pace.

Fuori tira un freddo vento e pioviggina; i giorni sono sempre più corti e la gente è in cerca di un caldo angolo buono dove celebrare Natale.

La prima lettura del profeta Isaia pone in rilievo come occorra parlare “al cuore di Gerusalemme”. L’unica consolazione che consola, infatti, non può che essere diretta al cuore perché la sola vera consolazione si realizza quando parla al cuore. Anche nei rapporti tra di noi, solo ciò che sgorga dal nostro cuore ha il potere di parlare al cuore del fratello in difficoltà, di offrirgli concretamente una vera consolazione, e anche se piccola, sarà vera e non apparente e potrà donare un attimo di sollievo.

Come c’insegna il grande cardinale John Henry Newman “il cuore parla al cuore”, e qui sta il mistero di Natale.

Nei brani biblici di questa domenica è il cuore stesso di Dio che si apre, che si rivolge a noi e lo fa per consolarci. Il primo dono che precede la pace è la misericordia di Dio, il suo perdono, il cui annuncio è già pregustazione di pace e di consolazione. È un annuncio prorompente: “Gridate, gridate al mio popolo che la sua tribolazione è compiuta. È finita la sua sofferenza, la sua colpa è scontata”.

Se in te la semplicità non fosse, come t’accadrebbe il miracolo di un Dio che si fa piccolo per noi? L’ascesi mistica di tanti monaci insegna che bisogna diventare umile come le rocce, e attenti e pazienti come le colline che ospitano questo grande miracolo. I grandi ci invitano ad andare a vedere il presepe vivente, spesso troppo vivace. C’è la figlia di un pezzo grosso che fa Maria, e il povero Giuseppe è il fidanzato di turno. Ma a noi non basta andar a vedere i buoi inginocchiati, perché la nostalgia per il bello, buono, e giusto ci fa cercare il Salvatore.

Si tratta, però, di un dono che Dio vuole elargire a tutti, perché tutti sono suoi figli ed è per tutti che Cristo è morto affinché tutti potessero avere la pace, ossia il dono dello Spirito consolatore. Questo, però, comporta ciò che ai nostri occhi è un “ritardo” perché noi spesso ci sentiamo salvati e giusti e vorremmo un Dio che punisce chi secondo i nostri criteri non dovrebbe avere diritto alla salvezza, non meriterebbe lo Spirito di consolazione. È la seconda lettura che ci svela un piano di Dio forse diverso dal nostro. Pietro, infatti, ci assicura che “Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi”. Dio non è come noi, ha un cuore grande e aspetta, con pazienza, la nostra conversione. Aspetta come il padre del figlio prodigo. Un padre che ama e che spera sempre nel ritorno del figlio a casa, con lui. Mentre il figlio non ha esitato a lasciarlo, illudendosi che lontano dal padre ci fosse la libertà e con essa la gioia, mentre ha trovato solo miseria e morte. Si tratta di un padre che non giudica ma che abbraccia, perdona e che fa festa. La lentezza, allora, non è nel Padre, ma nella testardaggine del figlio che fino a quando non ha sperperato tutto e non sente il morso della fame, non pensa al ritorno, alla conversione, al pentimento.

Ecco il cuore di Dio, in paziente attesa che il nostro cuore si apra a lui e perché avvenga questo, Dio annuncia, grida il suo perdono.

Domani, come ordine del giorno, ho chiesto ai miei monaci di addobbare il monastero in preparazione della grande festa dell’Immacolata: li voglio belli, luminosi, e caldi. Papa Benedetto, il cardinale Piacenza e anche il cardinale Ravasi mi hanno insegnato che poesia e teologia, arte ed evangelizzazione non sono in conflitto, e nemmeno in concorrenza… ma a ciascuno il suo. Il bello è pane per l’anima!

È ancora la prima lettura di Isaia ad offrirci indicazioni della modalità con cui Dio si rapporta con noi. “Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”. È la dolcezza del pastore la chiave con la quale Dio vuole aprire il nostro cuore e condurci a lui. È l’amore del pastore che dà la vita per le sue pecore ad attirare la nostra attenzione, il nostro sguardo verso di lui e che permette al nostro cuore di aprirsi e di ascoltare la voce di Dio.

Anche il salmo responsoriale ci parla di un cuore che parla al nostro cuore, invitandoci ad ascoltare la voce di Dio che “annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli. Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo”.

La terra e il cielo, l’uomo e Dio, non comunicavano più a causa del peccato, il cielo era diventato chiuso per l’uomo.

Lo Spirito consolatore è disceso nei nostri cuori grazie al dono pasquale di Cristo e i cieli si sono aperti al perdono di Dio e alla sua pace. Ora possiamo corrispondere al suo amore se accogliamo la sua pace e sarà il nostro frutto che germoglierà dalla terra e potrà incontrarsi con la giustizia che si affaccerà dal cielo. Allora, saremo davvero nella pace, come ci ricorda Pietro, se non aspettiamo una semplice consolazione che può derivare dal mondo ma “nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia”.

Non c’è via per la pace, perché la pace è la via: via, verità e vita l’incontriamo nella persona del Figlio di Maria, Gesù Cristo, il figlio di Dio.

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Le indulgenze plenarie per i defunti estese a tutto il mese di novembre

Posté par atempodiblog le 25 octobre 2020

Le indulgenze plenarie per i defunti estese a tutto il mese di novembre

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Decreto
Questo anno,
nelle attuali contingenze
dovute alla pandemia
da “covid-19”,
le Indulgenze plenarie
per i fedeli defunti
saranno prorogate per tutto
il mese di Novembre,
con adeguamento delle opere
e delle condizioni
a garantire l’incolumità
dei fedeli.

Sono pervenute a questa Penitenzieria Apostolica non poche suppliche di Sacri Pastori i quali chiedevano che quest’anno, a causa dell’epidemia da “covid-19”, venissero commutate le pie opere per conseguire le Indulgenze plenarie applicabili alle anime del Purgatorio, a norma del Manuale delle Indulgenze (conc. 29, § 1). Per questo motivo la Penitenzieria Apostolica, su speciale mandato di Sua Santità Papa Francesco, ben volentieri stabilisce e decide che quest’anno, per evitare assembramenti laddove fossero proibiti:

a — l’Indulgenza plenaria per quanti visitino un cimitero e preghino per i defunti anche soltanto mentalmente, stabilita di norma solo nei singoli giorni dal 1° all’8 novembre, può essere trasferita ad altri giorni dello stesso mese fino al suo termine. Tali giorni, liberamente scelti dai singoli fedeli, potranno anche essere tra loro disgiunti;

b — l’Indulgenza plenaria del 2 novembre, stabilita in occasione della Commemorazione di tutti i fedeli defunti per quanti piamente visitino una chiesa o un oratorio e lì recitino il “Padre Nostro” e il “Credo”, può essere trasferita non solo alla domenica precedente o seguente o al giorno della solennità di Tutti i Santi, ma anche ad un altro giorno del mese di novembre, a libera scelta dei singoli fedeli.

Gli anziani, i malati e tutti coloro che per gravi motivi non possono uscire di casa, ad esempio a causa di restrizioni imposte dall’autorità competente per il tempo di pandemia, onde evitare che numerosi fedeli si affollino nei luoghi sacri, potranno conseguire l’Indulgenza plenaria purché, unendosi spiritualmente a tutti gli altri fedeli, distaccati completamente dal peccato e con l’intenzione di ottemperare appena possibile alle tre consuete condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), davanti a un’immagine di Gesù o della Beata Vergine Maria, recitino pie orazioni per i defunti, ad esempio le Lodi e i Vespri dell’Ufficio dei Defunti, il Rosario Mariano, la Coroncina della Divina Misericordia, altre preghiere per i defunti più care ai fedeli, o si intrattengano nella lettura meditata di uno dei brani evangelici proposti dalla liturgia dei defunti, o compiano un’opera di misericordia offrendo a Dio i dolori e i disagi della propria vita.

Per un più agevole conseguimento della grazia divina attraverso la carità pastorale, questa Penitenzieria prega vivamente che tutti i sacerdoti provvisti delle opportune facoltà, si offrano con particolare generosità alla celebrazione del sacramento della Penitenza e amministrino la Santa Comunione agli infermi.

Tuttavia, per quanto riguarda le condizioni spirituali per conseguire pienamente l’Indulgenza, si ricorda di ricorrere alle indicazioni già emanate nella nota «Circa il Sacramento della Penitenza nell’attuale situazione di pandemia», emessa da questa Penitenzieria Apostolica il 19 marzo 2020.

Infine, poiché le anime del Purgatorio vengono aiutate dai suffragi dei fedeli e specialmente con il sacrificio dell’Altare a Dio gradito (cfr. Conc. Tr. Sess. XXV, decr. De Purgatorio), tutti i sacerdoti sono vivamente invitati a celebrare tre volte la Santa Messa il giorno della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, a norma della Costituzione Apostolica «Incruentum Altaris», emessa da Papa Benedetto XV, di venerata memoria, il 10 agosto 1915.

Il presente Decreto è valido per tutto il mese di novembre. Nonostante qualsiasi disposizione contraria.
Dato in Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 22 ottobre 2020, memoria di San Giovanni Paolo II.

di Maurus Card. Piacenza
Paenitentiarius Maior

Christophorus Nykiel
Regens

Krzysztof-Nykiel dans Cardinale Mauro Piacenza

Un gesto di prossimità in tempo di pandemia

Questo anno, a causa della pandemia da covid-19, i fedeli hanno la possibilità di lucrare le indulgenze plenarie per i defunti per tutto il mese di novembre e non solo nei giorni tra il 1˚ e l’8, come da tradizione. Lo spiega il reggente della Penitenzieria apostolica, monsignor Krzysztof Nykiel, in questa intervista a «L’Osservatore Romano».

Cosa stabilisce il nuovo decreto?
Sostanzialmente, il decreto della Penitenzieria apostolica modifica le modalità previste per il conseguimento dell’indulgenza plenaria per le anime del Purgatorio, per il prossimo novembre, mese tradizionalmente dedicato al culto dei santi e alla preghiera per i fratelli defunti. Ordinariamente, infatti, l’indulgenza plenaria per i defunti è concessa al fedele che, nei giorni dell’ottava dal 1° all’8 novembre, si rechi al cimitero e preghi per i defunti, oppure a colui che, nel giorno della Commemorazione dei fedeli defunti, visiti una chiesa o vi reciti un Padre nostro e un Credo. Tuttavia, si è ben consapevoli della diffusione del covid-19 in tante aree del mondo e della necessità di prendere adeguate misure per prevenire l’estendersi del contagio, evitando anzitutto assembramenti di persone. Proprio per garantire l’incolumità dei fedeli che nei prossimi giorni intendono recarsi nei cimiteri a pregare sulle tombe dei loro cari, quest’anno la Penitenzieria ha voluto estendere il tenore delle suddette concessioni all’intero mese di novembre, per cui i fedeli potranno compiere le pie opere previste non più soltanto nei giorni dal 1° all’8 novembre o il 2 novembre, ma in un giorno a loro scelta di quel mese. Viene concessa su mandato di Papa Francesco e in accoglimento alle richieste pervenute da diverse Conferenze episcopali.

Ci può ricordare che cos’è l’indulgenza e come si consegue?
L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati già rimessi quanto alla colpa. Essa può essere parziale o plenaria, a seconda che liberi in parte o in tutto dalla pena temporale. Ogni fedele può conseguire per se stesso le indulgenze o applicarle ai defunti a modo di suffragio. Per ottenere l’indulgenza plenaria il fedele, con l’animo distaccato da qualsiasi peccato, deve eseguire l’opera indulgenziata e adempiere alle tre condizioni della confessione sacramentale, della comunione eucaristica e della preghiera secondo le intenzioni del Pontefice. L’indulgenza è la testimonianza concreta di quanto veramente l’amore di Dio è più grande di ogni peccato e che dove arriva la divina misericordia tutto rinasce, tutti si rinnova, tutto è risanato.

Il nuovo decreto non è l’unico provvedimento attuato dalla Penitenzieria in questo tempo di pandemia. Quali altre iniziative ha già preso?
La Penitenzieria apostolica è il tribunale della Curia romana, denominato “Tribunale della misericordia”, cui sono affidate le questioni relative al foro interno e alla concessione delle indulgenze. Il 19 marzo scorso ha emesso due documenti, che hanno avuto ampia risonanza, per chiarire alcuni aspetti legati alle materie di sua competenza in concomitanza con la diffusione su scala mondiale del coronavirus. Attraverso la Nota circa il sacramento della Riconciliazione nell’attuale situazione di pandemia, essa ha individuato nel diffondersi del contagio uno dei casi di grave necessità contemplati dal codice di Diritto canonico per autorizzare la concessione dell’assoluzione collettiva ai fedeli (cfr. can. 961 § 1), demandando al discernimento dei singoli ordinari la determinazione delle modalità concrete per la celebrazione del sacramento e ribadendo con forza, anche e soprattutto in questo tempo di grave sofferenza, la necessità di accostarsi al sacramento della riconciliazione. Con uno speciale decreto, inoltre, si è concesso il dono dell’indulgenza ai fedeli affetti dal morbo nonché agli operatori sanitari, ai familiari e a tutti coloro che, a qualsiasi titolo — anche con la preghiera — si prendono cura di essi. La Chiesa, dunque, è ben consapevole delle sofferenze inflitte dal covid-19 e, nel prendere su di sé la stessa croce del suo Signore e Maestro, si fa prossima a quanti sono nell’afflizione sia sul piano spirituale che materiale.

di Nicola Gori – L’Osservatore Romano

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Il Cardinale Piacenza: “Maria non si è minimamente allontanata da noi”

Posté par atempodiblog le 13 août 2020

Il Cardinale Piacenza: “Maria non si è minimamente allontanata da noi”
Omelia del Penitenziere Maggiore in occasione della Messa celebrata ieri sera presso la Grotta della Vergine della Rivelazione, a Roma, nel corso della novena per la Solennità dell’Assunzione.
di Marco Mancini – ACI Stampa

Il Cardinale Piacenza: “Maria non si è minimamente allontanata da noi” dans Apparizioni mariane e santuari cardinale-mauro-piacenza
Il Cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore
Foto: Alan Holdren – CNA

“Nella realtà dell’Assunzione corporea di Maria trova saldezza e conforto la nostra speranza per il futuro che ci attende oltre la morte e per il nostro tribolato presente”. Lo ha detto il Cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore, nell’omelia della Messa celebrata ieri sera presso la Grotta della Vergine della Rivelazione, a Roma, nel corso della novena per la Solennità dell’Assunzione.

“L’Assunzione della Madonna - ha proseguito il porporato - dà sostegno alla nostra fiducia nella vita futura, perché rappresenta la primizia e la concreta caparra della risurrezione dei nostri corpi”.

“Maria – ha ricordato ancora il Penitenziere Maggiore – è una di noi, e se dunque una di noi, dietro a Gesù, è entrata nel Regno dei cieli con l’integrità della sua persona, vuol dire che la redenzione del nostro corpo è già cominciata”.

“L’Assunta, pur nella sua straordinaria esaltazione, non si è minimamente allontanata da noi. Il cielo – ha sottolineato il Cardinale Piacenza – è il mondo invisibile e più vero, dove dimora Dio con i suoi angeli e i suoi santi: ed è vicinissimo a noi perché il Creatore non è mai lontano dalle sue creature”.

Concludendo l’omelia il Cardinale ha pregato affinché “la gravissima pandemia che affligge l’umanità richiami tutti ad una illuminata riflessione e alla necessità di conversione” impegnando “tutti alla preghiera e alla cristiana solidarietà”.

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Piacenza ai confessori: la misericordia non si ferma

Posté par atempodiblog le 4 avril 2020

Piacenza ai confessori: la misericordia non si ferma
Lettera tratta da: Vatican News

Piacenza ai confessori: la misericordia non si ferma dans Cardinale Mauro Piacenza Card-Mauro-Piacenza

Lettera del cardinale Penitenziere in occasione della Pasqua: nell’emergenza provocata dalla pandemia,“Dio non si distanzia

La misericordia non si ferma. È questo il leitmotiv della lettera che il cardinale Mauro Piacenza ha inviato ai penitenzieri e confessori in occasione della Pasqua.

La riflessione del penitenziere maggiore prende le mosse dalle difficoltà che l’emergenza pandemia provoca anche nella vita delle comunità cristiane, con le attuali restrizioni in atto in moltissimi Paesi per arginare la propagazione del contagio. Ma, sottolinea appunto il cardinale, «la misericordia non si ferma e Dio non si distanzia». Infatti, sottolinea, il distanziamento sociale «richiesto per motivi sanitari, pur necessario», non può, «né deve mai tradursi in distanziamento ecclesiale».

Il cardinale ricorda in proposito che, qualora fosse impossibile «la celebrazione ordinaria del sacramento», i confessori sono chiamati «a pregare, a consolare, a presentare le anime alla divina misericordia», adempiendo al loro «ruolo sacerdotale di intercessori». In questi momenti più che mai, infatti, tutti hanno «bisogno della prossimità e della “carezza” di Gesù».

Il porporato sottolinea lo sforzo di quanti, in questi tempi di epidemia, si impegnano a rendere più creativa la pastorale per cercare di farsi prossimi al «popolo loro affidato, dando testimonianza di fede, di coraggio, di paternità». La misericordia si rende concreta anche nei «piccoli gesti di tenerezza e di amore compiuti verso i più poveri», in particolare «verso i morenti nelle corsie d’ospedale, verso gli operatori sanitari, verso chi è solo ed impaurito, verso chi non ha una casa nella quale trascorrere il tempo della quarantena o chi non riesce ad avere il necessario per sopravvivere».

Tutto ciò è vivificato dal sacrificio della messa, seppure «celebrata senza la presenza fisica del popolo, dalla quale scaturisce ogni grazia per la Chiesa e per il mondo». Grazie alla Croce, sottolinea il porporato, è donata a tutti gli uomini «la possibilità della salvezza e della riconciliazione». In tal senso, nonostante le attuali drammatiche circostanze, si è chiamati a riscoprire ciò che è essenziale nel ministero sacerdotale: «l’opera di Cristo più che la nostra, l’attuazione sacramentale della salvezza, di cui siamo ministri, cioè servi».

Scaturisce da qui quella misericordia che «non si ferma nella celebrazione della sacra liturgia» ma diventa «carità vissuta, che tende la mano amica a quanti soffrono e nel ministero sacerdotale è offerta del perdono di Dio». In questo senso, la misericordia si esprime anche «nella riscoperta dei valori per i quali vale la pena vivere e morire, nella riscoperta del silenzio, della adorazione e della preghiera, nella riscoperta della prossimità dell’altro e, soprattutto, di Dio». Non viene arrestata nemmeno dalla morte: infatti, anche chi è stato chiamato all’eternità «è raggiunto dalla preghiera di suffragio nella certezza pasquale che con la morte non si spezzano i rapporti ma si trasformano, rafforzati, nella comunione dei santi».

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Un grande manto di misericordia in quest’ora di crisi

Posté par atempodiblog le 22 mars 2020

Un grande manto di misericordia in quest’ora di crisi
Intervista con il cardinale Penitenziere sull’indulgenza plenaria e le possibili assoluzioni collettive
di Andrea Tornielli – L’Osservatore Romano

Un grande manto di misericordia in quest’ora di crisi dans Articoli di Giornali e News Madre-di-Misericordia

«Un grande manto di misericordia viene steso su tutti coloro che desiderano riceverla». Così il cardinale Penitenziere maggiore Mauro Piacenza, in questa intervista con i media vaticani, illustra il decreto sull’indulgenza plenaria offerta in occasione dell’emergenza per la pandemia.

Può spiegare qual è l’origine del decreto sull’indulgenza in questo momento di emergenza per il Covid 19?
La legge suprema della Chiesa è la salvezza delle anime. La Chiesa sta al mondo per annunciare il Vangelo e per offrire i sacramenti, cioè la sovrabbondanza di doni e di grazia divina che sono messi a disposizione di tutti. È evidente a ciascuno di noi la crisi che stiamo attraversando in questo momento, purtroppo ormai in tanti Paesi del mondo. Viviamo in una situazione di emergenza: ci sono ospedali che rischiano di non poter più accogliere i malati, ci sono malati costretti a vivere isolati e purtroppo anche a morire senza il conforto e la vicinanza dei propri cari, ci sono malati ai quali manca la vicinanza di un sacerdote per l’unzione degli infermi e la confessione. Ci sono tantissime persone in quarantena e intere città la cui popolazione deve rimanere chiusa in casa a motivo delle norme per contenere il contagio emanate dalle autorità.

Quali sono le necessità più urgenti?
La straordinarietà di questo tempo richiede provvedimenti straordinari per aiutare, per essere vicini, per confortare, per assistere, per non far mancare mai a nessuno la carezza di Dio di fronte alla sofferenza e alla prospettiva della morte imminente. Per questo la Penitenzieria, agendo al servizio del Papa e con la sua autorità, ha emanato il decreto sulle indulgenze.

Può elencare le peculiarità di questo provvedimento?
Innanzitutto si offre l’indulgenza plenaria a tutti gli ammalati affetti dal Coronavirus che si trovano negli ospedali o in quarantena a casa. La offre anche, alle stesse condizioni, agli operatori sanitari, ai familiari e a quanti assistono i malati. Ancora, l’indulgenza è offerta anche per tutti coloro che, in occasione di questa pandemia, pregano affinché cessi, pregano quanti stanno soffrendo e per quanti il Signore ha chiamato a sé.

Quali sono le condizioni per ricevere il dono dell’indulgenza?
Sono molto semplici. Ai malati e a chi li assiste è chiesto di unirsi spiritualmente, là dove è possibile attraverso i mezzi di comunicazione, alla celebrazione della Messa o alla recita del Rosario o alla Via Crucis o ad altre forme di devozione. Se questo non è possibile, è chiesto di recitare il Credo, il Padre Nostro e un’invocazione a Maria. A tutti gli altri, a chi offre preghiere per le anime dei defunti, per chi soffre, e invoca la fine della pandemia, è chiesto — ove sia possibile — una visita al Santissimo Sacramento o l’adorazione eucaristica. Oppure, ancora, la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz’ora, o la recita del Rosario o la Via Crucis. Come è evidente a tutti, la recita delle preghiere e la lettura della Bibbia possono essere fatte senza muoversi da casa, e dunque nel pieno rispetto delle norme per contrastare la diffusione del contagio.

E chi si trova in punto di morte?
Coloro che sono in punto di morte e non possono ricevere l’Unzione degli infermi, né confessarsi, né comunicarsi, vengono affidati alla Misericordia divina. A ciascuno di loro è donata l’indulgenza plenaria, purché siano debitamente disposti e abbiano recitato abitualmente durante la loro vita qualche preghiera. Come si vede, un grande manto di misericordia viene steso su tutti coloro che desiderano riceverla.

Il decreto della Penitenzieria parla sempre di malati colpiti dal Coronavirus. Questo significa che l’indulgenza non è offerta agli altri ammalati?
Ricordiamoci sempre del bene delle anime: il decreto presenta provvedimenti straordinari dovuti all’emergenza generale che stiamo vivendo. Si estende a tutti gli ammalati, perché tutti gli ammalati ricoverati oggi negli ospedali vivono in un modo o nell’altro le conseguenze dell’emergenza per la pandemia.

Parliamo del sacramento della confessione. Sono possibili altre forme rispetto a quella individuale, a tu per tu con il sacerdote?
L’assoluzione collettiva, senza la confessione individuale, può essere sempre data in imminente pericolo di morte, oppure in casi — recita il Codice di diritto canonico — di “grave necessità”. Come Penitenzieria Apostolica abbiamo chiarito che, soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio e fino a quando il fenomeno non sarà rientrato, ricorrono i casi di grave necessità. E dunque i vescovi diocesani, per il bene delle anime, possono prendere decisioni in questo senso, come pure possono farlo nei casi di necessità improvvisa i sacerdoti, preavvertendo il loro vescovo o informandolo quanto prima dopo aver amministrato il sacramento. Si possono pensare assoluzioni collettive alle porte dei reparti degli ospedali dove si trovano fedeli contagiati in pericolo di morte, coinvolgendoli per quanto possibile.

Che cosa può dire sulla confessione individuale?
Raccomandiamo che, ove avvenga, sia sempre celebrata nel pieno rispetto delle norme per contenere il contagio, e dunque a debita distanza con l’uso di mascherine, ovviamente sempre preservando il segreto sacramentale. Ma vorrei ricordare qui, come ha fatto anche il Santo Padre nell’omelia della Messa di Santa Marta venerdì 20 marzo, l’importanza dell’atto di contrizione, quando si è impossibilitati a confessarsi. È una possibilità citata dal Catechismo della Chiesa cattolica: l’esame di coscienza e la recita dell’Atto di dolore, una vera contrizione accompagnata dal proposito di non peccare più e di recarsi al confessionale non appena sarà possibile, sono graditi a Dio, ci riconciliano con lui e ottengono il perdono dei peccati.

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Il Cardinale Piacenza: Il confessionale è come la grotta di Betlemme

Posté par atempodiblog le 22 décembre 2018

Il Cardinale Piacenza: Il confessionale è come la grotta di Betlemme
di Angela Ambrogetti – ACI Stampa

Il Cardinale Piacenza: Il confessionale è come la grotta di Betlemme dans Cardinale Mauro Piacenza Confessionale

“Il confessionale, che vede la Chiesa generare sempre di nuovo i suoi figli, assume quasi le fattezze della  “grotta di Betlemme”, nella quale Cristo si appresta a nascere e dove tutto e tutti concorrono ad accogliere la Sua venuta”. E’ questa la riflessione del Penitenziere Maggiore il Cardinale Mauro Piacenza per il Natale a tutti i confessori delle Basiliche Papali.

In una lettera il cardinale ricorda che “dalla memoria viva della Natività di Cristo riceve una particolare luce proprio il Sacramento della Riconciliazione” con lo sguardo  “all’Immacolata, alla Tota Pulchra, che ha meritato, per grazia di Dio, di aprire in se stessa l’umanità intera all’Incarnazione del Verbo”.

“Il Divin Bambino, che giace nella mangiatoia, regna nel cuore stesso del Confessore”, San Giuseppe, “splende come maestro di fedeltà al compito ricevuto”, e Maria, “sintetizza in se stessa il mistero della mediazione salvifica della Chiesa, illuminando e plasmando continuamente il cuore del confessore, perché si dilati, con una disponibilità totale e sempre crescente”.

L’auspicio per i Penitenzieri delle Basiliche Romane e a tutti i Confessori che, sono stati chiamati a collaborare sacramentalmente con il Signore che viene per il rinnovamento spirituale del popolo cristiano è di essere strumenti della divina Misericordia: “accogliete in voi la divina misericordia e riversatela con amore ineffabile su quanti si presentano al vostro confessionale!”.

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Il cardinale Piacenza: no ai preti che chattano sui social durante le confessioni, «atto gravissimo»

Posté par atempodiblog le 9 mars 2018

«Il fedele, soprattutto se giovane, non scambi l’entusiasmo per la vita nuova in Cristo, con una specifica chiamata»
Il cardinale Piacenza: no ai preti che chattano sui social durante le confessioni, «atto gravissimo»
Lectio del Penitenziere Maggiore al corso sul Foro interno: «La confessione è ascolto e incontro con Dio, non si entra in confessionale col cellulare acceso»
di Salvatore Cernuzio – Vatican Insider

Il cardinale Piacenza: no ai preti che chattano sui social durante le confessioni, «atto gravissimo» dans Cardinale Mauro Piacenza Confessione

Sono banditi da ogni confessionale cellulari, smartphone, iPad e qualsiasi altro apparecchio tecnologico che rischia di distrarre il sacerdote durante quello che è un momento fondamentale per la vita dei fedeli, specie quelli giovani, e di snaturare l’intero sacramento. Il cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere maggiore, non usa troppi giri di parole durante la lectio magistralis in apertura del 29esimo corso sul Foro interno, al via oggi fino al 9 marzo al Palazzo della Cancelleria di Roma: «Si ha notizia di taluni confessori, intenti a “chattare sui social”, mentre i penitenti fanno la loro accusa. Questo è un atto gravissimo, che non ho timore di definire: “ateismo pratico”, e che mostra la fragilità della fede del confessore nell’evento soprannaturale di grazia che si sta vivendo!», dice il porporato. E aggiunge: «Non è raro, purtroppo, ricevere le lamentele di fedeli scandalizzati dalla distrazione del confessore, non attento alle loro parole o, addirittura, intento a fare altro, durante il dialogo. Sotto questo aspetto, mi si permetta una sola indicazione, che vale per tutti: non si entra in confessionale con il cellulare acceso, né tanto meno lo si utilizza durante i colloqui sacramentali».

La confessione è, infatti, anzitutto «ascolto» – a 360 gradi – oltre che «incontro» con Cristo, autentico «spazio di libertà», occasione per individuare la propria «vocazione». Dunque un evento per tutti i fedeli, i giovani in modo particolare, dove vedere soddisfatti i «bisogni molteplici ed universali» di ogni persona umana: «bellezza, giustizia, libertà, verità, amore».

Il confessore è chiamato allora a riconoscere la «“apertura del cuore” di chi si accosta al sacramento della Riconciliazione, soprattutto se giovane», considerando anche che «chi vi si accosta compie una scelta libera e contro corrente». Fino a mezzo secolo fa, infatti, annota il Penitenziere maggiore, era quasi scontato «che ci si avvicinasse a quello che molti definiscono “il sacramento difficile”, per mera abitudine o condizionamento del contesto». Oggi, è «incontrovertibile» che, «non ci sia più nulla che culturalmente inviti alla riconciliazione sacramentale, anzi…».

A maggior ragione il confessore deve porsi «in un atteggiamento di profonda “valorizzazione del penitente”, che significa valorizzare non certo il suo peccato, ma il gesto di accostarsi al sacramento, per chiedere perdono a Dio».

Per farlo bisogna tener conto di un assunto fondamentale: «I sacramenti sono azione di Cristo e della Chiesa», rimarca Piacenza; pertanto, «non è pensabile ridurre i sacramenti a mera automanifestazione della fede personale, come accade in certe odierne derive della speculazione teologica». In particolare quello della riconciliazione che solo nelle apparenze ha «come protagonisti il sacerdote ed il fedele, ma che, in realtà, è un incontro del penitente con Cristo stesso».

Una tale consapevolezza «plasmerà» il «tratto umano del confessore» verso una maggiore carità. Non sempre è facile: spesso i penitenti arrivano in confessionale con «espressioni inadeguate, talora perfino distorte o pretenziose». Tuttavia, raccomanda il cardinale, «la sapienza del confessore deve saper leggere» anche in queste «l’eco remota della domanda di felicità e di compimento, presente nel cuore di ogni uomo». «L’accusa dei peccati – spiega Piacenza – è, oggettivamente, un momento di crisi, di messa in discussione del proprio giudizio, delle proprie espressioni, del proprio operato (pensieri, parole, opere ed omissioni). Per tale ragione è indispensabile chiedere allo Spirito Santo la grazia che quella “crisis” sia trasformata realmente in un momento di crescita, attraverso l’incontro con Cristo».

Un incontro che «è capace di ri-costruire il nostro essere, distrutto dal peccato». Il penitente questo lo sa, o anche qualora non ne fosse consapevole, accostandosi alla Riconciliazione egli «domanda al Signore di essere ri-creato, domanda che la sua vita sia trasformata». È chiara, perciò, «l’enorme e santa responsabilità del Sacerdote, per ogni singola confessione, per ogni singolo penitente, perché l’incontro con i Signore non sia mai ostacolato». Anche se ciò non implica mai «la rinuncia al compito di “giudice e medico”».

Il Penitenziere maggiore chiarisce poi un altro punto: «La dinamica relazionale, insita nella celebrazione del Sacramento, ha in se stessa una valenza vocazionale», laddove per vocazione si intende non tanto «la scelta che l’io compie, quanto piuttosto la libera scelta che Dio compie, stabilendo la forma del rapporto, che ciascuno vive con Lui». Certamente possono esserci «vicende esistenziali nelle quali la conversione coincida con la vocazione, ma – ammonisce il porporato – è sempre opportuno verificare che le due realtà siano distinte e che il fedele, soprattutto se giovane, non scambi l’entusiasmo per la vita nuova in Cristo, con una specifica chiamata».

Nella sua lectio, Piacenza insiste inoltre sulla dimensione «dialogica» della struttura della Riconciliazione. Dialogo che, dalla parte del penitente, si traduce nel «delicatissimo momento dell’accusa» dei propri peccati; da parte del confessore, in ascolto «attento, prudente, accorato, capace di cogliere le sfumature», ascolto «profondo e paterno del penitente». Esso «è il primo passo di quel “miracolo di cambiamento” che la confessione determina». Ed «è frutto di grande autodisciplina», dice il cardinale, pertanto «dovrebbe sempre essere generosamente inserito in un normale orario d’impegni settimanali, e preceduto da qualche momento di raccoglimento profondo e di preghiera, domandando di divenire realmente capaci di ascolto, nella consapevolezza drammatica dell’importanza, talora determinante, della nostra mediazione umana». In questo modo si può incoraggiare il fedele «a confessare anche ciò che (sbagliando, speriamo invincibilmente) non pensava di poter confessare».

Per i giovani l’ascolto è una necessità fondamentale, insiste il cardinale, considerando l’«assenza» nel nostro tempo «di figure capaci di autentico ascolto». «I giovani – dice con lo sguardo rivolto al Sinodo di ottobre - con le loro speranze e delusioni, con i loro desideri e le loro contraddizioni e le loro paure, hanno urgente necessità di essere ascoltati, non soltanto dai propri coetanei (ammesso che siano capaci di ascolto), ma soprattutto da adulti veri, autorevoli, accoglienti, prudenti, capaci di una visione unitaria del mondo, dell’uomo e della vita, capaci da essere per i giovani, punti di riferimento saldi, affettivamente significativi ed esistenzialmente determinanti».

Posto questo, il penitente, specie quello giovane, «ha il diritto di ascoltare, dalle labbra del confessore, non le opinioni personali di un uomo, per quanto culturalmente preparato e teologicamente informato, ma solo ed unicamente la Parola di Dio», «interpretate dal Magistero autentico», precisa Piacenza.

Non poteva mancare nella sua lectio un riferimento a San Giovanni Maria Vianney, il curato d’Ars, «grande ed esemplare confessore». «Dio ci perdona, anche se sa che peccheremo ancora», diceva il sacerdote. Non si tratta di «giustificare il peccato» spiega il cardinale, ma di basarsi sulla «realistica constatazione della fragilità umana e della ferita del “peccato delle origini”», che incide anche su facoltà superiori come intelligenza, libertà e volontà.

Alla luce di questo la Confessione si può definire «come uno “spazio di libertà”, anzi forse è il solo vero spazio di autentica libertà donato all’uomo», afferma il Penitenziere: «Non esiste altro luogo, sulla terra, come la Riconciliazione sacramentale, nel quale sia possibile fare un’analoga esperienza: non solo essere amati incondizionatamente, nonostante il proprio peccato, ma anche vedere distrutto il proprio peccato ed essere amati in modo pieno, in modo infinito».

In quest’orizzonte di libertà, «è possibile intuire la vocazione e scegliere di non seguirla», come accadde nell’episodio evangelico del “giovane ricco”. Gesù «non trattiene il proprio interlocutore con ulteriori ragionamenti persuasivi; continua ad amarlo, ma si arrende umilmente alle sue scelte». Il confessore è chiamato ad immedesimarsi in questo atteggiamento rispettando «le scelte del penitente». Non significa «condividerle e “benedirle”» bensì «accettare di non potersi sostituire alla sua libertà». È questo, sottolinea il cardinale, «un altro grande errore della cultura contemporanea»: pretendere «non solo che le aberrazioni siano rispettate, ma che siano condivise e benedette e che nessuno si permetta di dire il contrario, di affermare l’esistenza, almeno, di un’alternativa reale e possibile.

Solo il cristianesimo riesce ancora a distinguere adeguatamente, per amore, l’errore dall’errante».

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Confessori, un ministero che “non fa rumore ma fa miracoliˮ

Posté par atempodiblog le 5 décembre 2017

Confessori, un ministero che “non fa rumore ma fa miracoliˮ
La lettera del cardinale Piacenza ai penitenzieri delle Basiliche papali e a tutti i sacerdoti che confessano: la vostra «è un’opera realmente al servizio dell’ecologia dell’uomo»
di Andrea Tornielli – La Stampa

Confessori, un ministero che “non fa rumore ma fa miracoliˮ dans Articoli di Giornali e News Confessore

«Il vostro ministero, cari amici confessori, non fa rumore ma fa miracoli! Nessuno nota ma Dio vede, ed è questo che conta!». Lo scrive il cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere maggiore, nella lettera inviata in occasione dell’inizio dell’Avvento ai penitenzieri delle Basiliche papali e a tutti i confessori.

«Mentre procediamo verso la mangiatoia di Betlemme – scrive il cardinale – prepariamo il cuore alla venuta del Dio-Uomo, che continuamente “viene” nel tempo della Chiesa, per liberarci con la sua misericordia, e che verrà alla fine dei tempi, nello splendore della verità, per giudicare gli uomini secondo la loro fede operante nella carità».

«Questo “giudizio finale” – aggiunge Piacenza nella lettera – appare sempre più estraneo ad una cultura contemporanea dominata dalla “dittatura dell’istante” e sempre meno disponibile, se non apertamente ostile, nei confronti del trascendente. Eppure, noi confessori siamo testimoni privilegiati di come tale giudizio ultimo venga, in realtà, mirabilmente anticipato ogni giorno, per la salvezza di tutti gli uomini, attraverso il sacramento della misericordia».

Chi «esercita con fedeltà il ministero della riconciliazione» ha la «grazia immensa» di «potersi offrire al Dio-Uomo per la salvezza di ogni fratello, chinandosi teneramente sull’umana povertà, raggiungendo quella periferia del peccato nella quale Uno soltanto ha la forza di addentrarsi, e vedendo ciascuno risollevato dalla spirituale indigenza ed immediatamente arricchito di ciò che abbiamo più caro nel cristianesimo: Cristo stesso!».

Quella del confessore, infatti, nota ancora il cardinale, «è un’opera realmente al servizio della tanto invocata “ecologia dell’uomo”» citata dal Papa nell’enciclica Laudato si’ dalla quale «trae un invisibile, ma efficacissimo beneficio l’intera umana società. Il vostro ministero, cari amici confessori, non fa rumore ma fa miracoli! Nessuno nota ma Dio vede, ed è questo che conta!».

«Riservate sempre un ruolo privilegiato – conclude Piacenza – al servizio silenzioso, e umanamente non sempre gratificante, della confessione. Fra l’altro mi permetto di ricordare che, col sacramento della penitenza, non solo cancellate i peccati, ma dovete avviare i penitenti sulla via della santità, esercitando su di essi, in una forma convincente, un vero e proprio insegnamento, un ministero di guida e di accompagnamento».

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27 novembre 2016: apertura dell’Anno Giubilare Calasanziano

Posté par atempodiblog le 27 novembre 2016

27 novembre 2016: apertura dell’Anno Giubilare Calasanziano

27 novembre 2016: apertura dell'Anno Giubilare Calasanziano dans Articoli di Giornali e News Anno_Giubilare_Calasanziano

Stemma_Vaticano dans Cardinale Mauro Piacenza

PAENITENTIARIA APOSTOLICA

Prot. N. 215/16/1

BEATISSIMO PADRE
Pedro Aguado Cuesta, Preposito Generale dell’Ordine dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie, ESPONE rispettosamente che Giuseppe Calasanzio, per educare i bambini e gli adolescenti nell’amore e nella sapienza del Vangelo creò le scuole popolari in questa Città di Roma,
nell’anno 1597; e nell’anno 1617 fondò la Congregazione dei Chierici regolari poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie, approvata in seguito da Papa Paolo V, e da Papa Gregorio XV elevata a Ordine Religioso, l’anno 1621. Il Fondatore stesso, insigne per la sua innocenza di vita e miracoli, fu iscritto
nei fasti dei Santi da Papa Clemente XIII, l’anno 1767; e nell’anno 1948 fu proclamato dal servo di Dio, Papa Pio XII, celeste Patrono davanti a Dio di tutte le scuole popolari cristiane del mondo.

Per far sì che la divina larghezza possa dilatarsi ancor più e possa produrre frutti spirituali più abbondanti a favore dei membri di tutta la Famiglia Calasanziana e di tutti i fedeli cristiani, questo reverendissimo supplicante implora umilmente il dono di un Giubileo speciale, per celebrare
degnamente il giorno del duplice anniversario; cioè i 400 anni della fondazione dell’Ordine da San Giuseppe Calasanzio, e il 250 anniversario dell’iscrizione nell’albo dei Santi del suo insigne Fondatore.
Che Dio, etc.

Giorno 10 Novembre 2016

LA PENITENZIERIA APOSTOLICA, in virtù delle facoltà concesse dal Santissimo Padre Francesco, concede benignamente, dal 27 Novembre del 2016 fino al giorno 27 Novembre del 2017, Anno Calasanziano, l’indulgenza plenaria annessa, alle seguenti condizioni (confessione sacramentale,
comunione eucaristica e una preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice), che potranno guadagnare i fedeli cristiani, veramente pentiti, e stimolati dalla carità, in tutte le chiese, luoghi di culto, santuari e parrocchie, dove si trova l’Ordine delle Scuole Pie – che si può applicare anche, in
forma di suffragio, alle anime dei fedeli del Purgatorio -, se devotamente parteciperanno alle celebrazioni giubilari, per lo meno durante uno spazio di tempo adeguato -, elevando umili preci a Dio, a favore della propria fedeltà alla vocazione cristiana, per chiedere per le vocazioni sacerdotali e
religiose, e in difesa dell’istituzione della famiglia umana, che termineranno con la Preghiera del Padre Nostro, il Simbolo della Fede, ed altre invocazioni alla Santissima Vergine Maria.

I membri della Famiglia Calasanziana che, a causa della malattia o per altre gravi cause, sono impediti ad assistere alle celebrazioni giubilari, possono conseguire l’Indulgenza Plenaria, nel luogo dove si sentono impediti, con l’animo distaccato da qualsiasi peccato, e con l’intenzione di adempiere, non
appena possibile le tre solite condizioni, unendosi spiritualmente ai sacri riti, e offrendo i loro dolori, o le incomodità della propria vita, a Dio misericordioso.
Per fare in modo che l’accesso all’ottenimento del perdono divino – per mezzo delle chiavi della Chiesa – risulti più facile, a favore della carità pastorale questa Penitenzieria chiede che i sacerdoti dell’Ordine Giubilare si prestino con animo generoso alla celebrazione della Penitenza, e all’amministrazione frequente della Comunione ai malati.

Valido per il presente Anno Calasanziano. Nonostante qualunque contraria disposizione.

MAURO Card. PIACENZA
Penitenziere Maggiore

KRZYSZTOF NYKIEL
Reggente

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Peccati e perdono: l’indulgenza, cos’è e come si ottiene

Posté par atempodiblog le 30 décembre 2015

Peccati e perdono: l’indulgenza, cos’è e come si ottiene
Il cardinale Mauro Piacenza, capo della Penitenzieria apostolica, massimo esperto in materia, spiega come vivere il Giubileo. Nel segno del ritorno a Dio e della ritrovata concordia con chi ci vive accanto.
di Saverio Gaeta – Credere
Tratto da: Famiglia Cristiana

card mauro piacenza
Il cardinale Mauro Piacenza è a capo della Penitenzieria apostolica, il più antico dicastero vaticano.

«Vivere la misericordia di Dio significa percepire sulla propria esistenza una promessa di bene e di vita». Il cardinale Mauro Piacenza è a capo della Penitenzieria apostolica, il più antico dicastero vaticano, competente fra l’altro su tutto ciò che riguarda le indulgenze. E in questi mesi di preparazione al Giubileo ha pubblicato diversi contributi sul tema della misericordia che, ci spiega, «ha tre momenti significativi: la richiesta di riceverla, l’esperienza che di essa si fa e la sollecitazione a offrirla a propria volta ai fratelli».

Eminenza, in che consiste la misericordia divina?
«Credo che un’ottima sintesi sia composta da tre frasi di papa Francesco tratte dalla bolla di indizione giubilare Misericordiae vultus: la misericordia è “l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro”, “la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita”, “la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato”».

E in quale modo questa misericordia si intreccia con la giustizia divina?
«Il sacramento della Riconciliazione è il luogo in cui il desiderio umano di misericordia e di verità trova il proprio compimento. Si fonda su una giustizia che non è come quella della legge civile, fatta dall’uomo: come afferma chiaramente il Codice di diritto canonico, “la salvezza delle anime deve sempre essere nella Chiesa la legge suprema” (canone 1752).

La “pastoralità”, il porre insieme giustizia e misericordia, non ha come epilogo la cancellazione del Vangelo, della dottrina o della tradizione ecclesiale, poiché la Chiesa non intende illudere gli uomini lasciandoli nella loro condizione di peccato, ma vuole scendere nelle ferite della vita di ciascuno, come fa il Signore, portandovi la luce della verità».

La Penitenzieria ha preparato uno schema per aiutare il fedele a prepararsi alla Confessione. Quali sono le principali indicazioni?
«Il primo suggerimento è di interrogarsi se ci si accosta al sacramento della Penitenza per un sincero desiderio di purificazione, di conversione, di rinnovamento di vita e di più intima amicizia con Dio, o lo si considera piuttosto come un peso, che solo raramente si è disposti ad addossarsi.

Quindi vengono proposte tre aree di riflessione personale nell’esame di coscienza, in relazione alla parola del Signore. La prima è focalizzata su “amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore”, la seconda si incentra su “amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”, la terza riguarda il “siate perfetti come il Padre”, con la sollecitazione a chiedersi quale sia l’orientamento fondamentale della propria vita».

Si parla spesso anche di «nuovi peccati»…
«Il “progresso” tecnico-scientifico ha reso più “atrofizzata” la coscienza morale di molti uomini.

Di qui questi peccati cosiddetti “nuovi”, in quanto esulano dalla casistica morale in uso fino a soli cinquant’anni fa, anche se poi in realtà il peccato, nella sua radice, non è mai nuovo ma monotonamente ripetitivo».

Qualche esempio?
«Dalle pratiche dell’aborto e della contraccezione, ai tanti mali legati alla fecondazione artificiale (come l’“utero in affitto” e la distruzione degli embrioni), si manifesta il preteso dominio dell’uomo sul mistero della vita, propria e altrui, e la conseguente mercificazione della persona umana, che si vede negata la propria irriducibile dignità.

E, ancora, le piaghe della frode e della corruzione, la criminalità organizzata, tutte le pratiche esoteriche e sataniche, la violenta propagazione di ideologie che pretendono di svuotare di significato le categorie della distinzione sessuale, dell’identità biologica e, quindi, della stessa relazione interpersonale».

Nel Giubileo ha grande importanza l’indulgenza, cioè «la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa». Che cosa significa?
«È certamente importante comprendere bene questo tema della distinzione fra colpa e pena, che, a uno sguardo superficiale, potrebbe apparire di sapore medievale. Concretamente, in aggiunta all’assoluzione dalla colpa che avviene nella Confessione, l’indulgenza è il “condono” del tempo da trascorrere in purgatorio prima di raggiungere la visione di Dio in Paradiso.

È ovvio che l’indulgenza possa risultare incomprensibile all’uomo secolarizzato e persino a quei cristiani che hanno ridotto il cristianesimo a una dottrina etica. Ma, secondo la fede della Chiesa, fra tutti i battezzati si crea un mirabile legame, la comunione dei santi, che non è un’astrazione spirituale: utilizzando una categoria biblica, si tratta di una vera e propria alleanza per la salvezza. In tal senso si parla di “tesoro delle indulgenze”».

In qualche modo, questo ha anche un risvolto sociale?
«Il persistere della pena temporale, anche dopo l’assoluzione sacramentale della colpa, rende ciascun uomo consapevole delle conseguenze dei propri atti, gli indica il dovere responsabile della riparazione e, cosa ancora più importante, lo chiama alla partecipazione all’opera redentiva di Cristo, per sé e per i fratelli».

Quali sono i requisiti per ottenere l’indulgenza che, ricordiamolo, può essere ottenuta anche in favore dei defunti?
«Sono essenzialmente tre: il sacramento della Riconciliazione, la partecipazione all’Eucaristia e la preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre.

La Confessione, vissuta con il cuore sinceramente distaccato da qualsiasi peccato, spinge l’uomo ad avvicinarsi a Dio e a lasciare che Dio si avvicini a lui.

La celebrazione dell’Eucaristia, con la comunione sacramentale, sottolinea la dimensione ecclesiale dell’indulgenza.

La preghiera secondo le intenzioni del Papa ricorda come la comunione non sia genericamente spirituale, ma debba essere concreta comunione con la madre Chiesa».

Nella lettera del 1° settembre Francesco ha fornito ulteriori precisazioni…
«Il Papa chiarisce che, per ottenere l’indulgenza, “i fedeli sono chiamati a compiere un breve pellegrinaggio verso la Porta santa, aperta in ogni cattedrale o nelle chiese stabilite dal vescovo diocesano, e nelle quattro basiliche papali a Roma, come segno del desiderio profondo di vera conversione”.

A quanti ne sono impossibilitati “sarà di grande aiuto vivere la malattia e la sofferenza come esperienza di vicinanza al Signore”, mentre per i carcerati “ogni volta che passeranno per la porta della loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre, possa questo gesto significare per loro il passaggio della Porta santa”.

C’è poi un forte appello in favore delle opere di misericordia corporale e spirituale: “Ogni volta che un fedele vivrà una o più di queste opere in prima persona otterrà certamente l’indulgenza giubilare”».

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