• Accueil
  • > Antoine de Saint-Exupéry

120 anni fa nasceva Saint-Exupery. In suo onore arriva il Piccolo Principe Day

Posté par atempodiblog le 29 juin 2020

120 anni fa nasceva Saint-Exupery. In suo onore arriva il Piccolo Principe Day
Il 29 giugno è dedicato al libro più tradotto del mondo dopo la Bibbia e il Corano
di RaiNews

120 anni fa nasceva Saint-Exupery. In suo onore arriva il Piccolo Principe Day dans Antoine de Saint-Exupéry Il-piccolo-principe

La Francia celebra il 120esimo anniversario della nascita a Lione dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry, nato il 29 giugno 1900. Morì il 31 luglio del 1944 inabissandosi nel mar Tirreno durante una ricognizione con il suo aereo, dopo essere stato colpito dalla contraerea tedesca e non seppe mai del successo del suo capolavoro, Il Piccolo Principe, pubblicato nel 1943 e tradotto in 300 lingue e dialetti diversi.

Scrisse anche una serie di racconti sui primi voli aerei, tra i quali Volo di notte, Terra degli uomini e L’aviatore vincendo vari premi letterari.

La Fondazione Antoine de Saint-Exupéry lancia per il 120esimo anniversario “Il Piccolo Principe Day”, una giornata internazionale destinata a celebrare i valori umanistici del libro. E in autunno si terrà tra Lione e Tolosa una doppia grande mostra ricca di inediti  sulla vita e l’opera dell’autore dal titolo “Un Petit Prince parmi les Hommes” (Un Piccolo Principe tra gli Uomini), che poi sarà allestita a Parigi e Bruxelles.

A Lione saranno esposti filmati d’archivio e una raccolta di oggetti personali, foto, manoscritti e disegni che raccontano la storia della vita di Antoine.  A Tolosa, dove Saint-Exupéry divenne un pilota, la mostra ripercorrerà il rapporto dell’autore con il cielo e gli aerei, dalla bicicletta alata di un bambino sognante alla sua tragica morte a bordo del  leggendario P38 al largo del Mar Mediterraneo.

“Il Piccolo Principe” con oltre 200 milioni di copie vendute è l’opera letteraria francese più conosciuta e più letta sul pianeta. In un contesto globale in cui si stanno moltiplicando crisi e tensioni, i valori umanistici del libro – spiega la Fondazione Antoine de Saint Exupéry in un comunicato – stanno attualmente trovando una risonanza molto speciale presso il grande pubblico. Grazie alla sua forza evocativa e alla sua capacità di ispirazione per costruire insieme un futuro migliore, l’appropriazione da parte di ciascuno del messaggio del Piccolo Principe diventerà più  ricca e varia. Tutto ciò che mancava era una giornata internazionale per celebrarlo. Ora questo appuntamento c’è: il prossimo 29 giugno.

Le illustrazioni dell’autore
Saint-Exupéry  lasciò il suo progetto di manoscritto e le illustrazioni originali dipinte ad acquerello in un “sacchetto di carta sgualcito” sul tavolo di un amico prima di partire di nuovo per la guerra. Le 140 pagine del manoscritto erano in una prosa illeggibile, macchiate dal caffè, e rovinate da bruciature di sigarette. Era un regalo d’addio, accompagnato da un biglietto: “Mi piacerebbe lasciarti qualcosa di splendido, ma questo è tutto quello che ho” .

Il libro inizia quando il pilota protagonista incontra un bambino nel pieno del deserto del Sahara ed è tratto da una storia vera, di quando nel 1935, nel Sahara libico, insieme al compagno Andrè Prevot, lo scrittore rischiò quasi di morire disidratato. Pubblicato la prima volta nel 1943 , Il Piccolo Principe è uscito in francese e in inglese solo negli Stati Uniti. A causa delle sue idee politiche controverse, le opere di Saint- Exupéry non erano facilmente disponibili sotto il regime di Vichy, quindi il libro non è stato pubblicato fino alla liberazione della Francia, dopo la morte dell’autore.

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Articoli di Giornali e News | Pas de Commentaire »

Cristo luce per la nostra vita

Posté par atempodiblog le 26 décembre 2019

Natale è il Dio che viene verso di noi perché noi possiamo vivere di Lui!
Cristo luce per la nostra vita
Omelia del giorno di Natale del 2019. Trasmessa dalla Cappella della Medaglia Miracolosa in Rue du Bac a Parigi
Tradizione di Claudio Forti
Trasmessa da Radio Maria Francia e da France Culture

Cristo luce per la nostra vita dans Antoine de Saint-Exupéry Buon-Natale

La Messa, trasmessa da RADIO MARIA FRANCIA – è quella in cui viene letto il famoso prologo al Vangelo di San Giovanni 1, 1-18.

In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

Botti di Capodanno, l'appello dei medici degli ospedali: “E' una tradizione negativa e pericolosa” dans Articoli di Giornali e News Santo-Natale

Lorenza era qui qualche giorno fa per celebrare il Signore. Ella era aiutata da una guida. Lorenza ci vede pochissimo. All’uscita dalla celebrazione il suo viso era luminoso. Mi chiese di benedirla assieme alla sua guida. Lei non era credente, per questo la sua domanda mi ha sconvolto. Molti fedeli presenti erano impreparati a questa benedizione inattesa e luminosa.

Fratelli e sorelle, questa recente scena si inscrive nel mistero della nostra umanità. Oggi l’umanità cerca la luce. Chi glie la potrà donare? «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto levarsi una grande luce. Tu hai portato la gioia…», diceva il profeta Isaia. Ma noi, abbiamo riconosciuto il Cristo? Abbiamo accolto il Messia, il Bambino Gesù, l’Emmanuele? (Quali luci ci attraggono – mi verrebbe da chiedere -: quella effimera degli schermi TV o dei cellulari? Ndt).

Il Signore Gesù verrà presto solo se lo aspetteremo molto. Il Signore Gesù non verrà presto se la sua attesa non sarà forte in noi. Era davvero atteso il Dio che è nato stanotte? Era molto atteso? Era desiderato intensamente? Siamo convinti con tutto il nostro essere che attraverso Gesù si è manifestata la grazia di Dio, e che questa venuta era per la salvezza di tutti gli uomini?

Voi avete ascoltato dalla liturgia di questa mattina che “Dio ci ha parlato per mezzo di Suo Figlio”. «Il Verbo è la luce vera. La luce vera che illumina il cammino di ogni uomo che viene nel mondo». Per i credenti Betlemme non è dunque solo il luogo di una nascita, ma la certezza che tutto ciò che esiste è venuto all’esistenza per Gesù.

Fratelli e sorelle, guardiamo alla nostra vita. Molte cose vorrebbero giungere a maturazione; molte dimensioni sono ancora in cammino; molti progetti sono ancora in attesa. Tu non conosci il tempo in cui si adempiranno. Ma tu, per come Dio ti vede, non sembri dare la stessa importanza che Egli dà ad essi. Come potremo allora fare discernimento? Quante volte cercheremo di mettere in atto ciò che sarà in grado di donarci una gioia profonda, una pace duratura, una giustizia per tutti?

È Cristo una luce per la nostra vita? È una luce per la nostra fede? È Lui la via nelle nostre decisioni? Col Natale tutto riceve nuova vita, ma ciò dipende dalla nostra umiltà. Lasciamo perciò perdere i miraggi che trasformano il Natale in una serie di emozioni superficiali, in un consumismo che non nutre i desideri profondi della nostra anima, o gli aspetti meravigliosi (della tecnica e della scienza moderne) Ndt), che non riescono a renderci più fraterni! Il Natale non è quell’immagine che spesso ci viene presentata. Natale è il Dio che viene verso di noi perché noi possiamo vivere di Lui!

Lorenza, di cui vi ho parlato prima, non ha ricevuto tutto ciò attraverso la vista, che è tanto flebile in lei. Il Vangelo ci parla di ciechi che vedono l’ineffabile bellezza dell’Assoluto. (Un grande francese, Antoine de Saint-Exupéry, nel suo “Il piccolo principe”, parla di un’altra “vista” quando dice «Non si vede che con il cuore». E la Bibbia definisce come «sapienza del cuore», la sapienza umana illuminata dalla fede. Ndt). Il Vangelo ci parla di questa comprensione degli umili. Essi comprendono ciò che Dio deve ancora rivelare ai sapienti.

Fratelli e sorelle, fino a quando i nostri occhi (del cuore) rimarranno bendati dalla nostra sufficienza (orgoglio e supponenza), la grazia del Natale non entrerà in noi. La gioia del Natale è come un fuoco nel caminetto. Se voi osservate quel fuoco sentirete i crepitii che sono come il gioioso annuncio del Natale Divino. Ma, a causa degli ostacoli posti dalla nostra rugosità, dal nostro correre e affannarci, la brace non ha ancora preso fuoco e il fumo causato da questa resistenza è ancora troppo denso.

Gesù, da Betlemme, Gesù, fuoco d’amore, vuole renderci ardenti d’amore nel progetto di Suo Padre! È Natale, ed è importante e urgente vivere il vero Natale, di cui l’uomo è davvero degno. «Allontànati dal tumulto», diceva Sant’Anselmo. Tieniti lontano dal tumulto (e dalla confusione). È tempo di fuggire dalle occupazioni superficiali! Scendi nel segreto della tua anima. Conserva in te ciò che può aiutarti a cercare il Salvatore!

Cari ascoltatori di France Culture, a voi rivolgo un pensiero particolare, specialmente per coloro che in questi giorni vivono in una grande solitudine. E a voi tutti qui presenti, a voi e alle vostre famiglie, auguro una Santa e gioiosa Natività. La gioia del Natale vuol risplendere nei nostri cuori!

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Riflessioni, Santo Natale, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Choc al Miur: la biblioteca dei ragazzi, dieci classi scelgono il ‘Mein Kampf’

Posté par atempodiblog le 10 décembre 2016

Choc al Miur
La biblioteca dei ragazzi, dieci classi scelgono il Mein Kampf
Il concorso lanciato al Salone di Torino dal ministero dell’Istruzione ha coinvolto tre milioni e mezzo di studenti. In otto città, però, alcuni studenti hanno scelto l’autobiografia di Hitler. Il Miur: “Hanno partecipato anche i docenti”

di Corrado Zunino – la Repubblica

Choc al Miur: la biblioteca dei ragazzi, dieci classi scelgono il ‘Mein Kampf’ dans Antoine de Saint-Exupéry Mein_Kampf_di_Hitler

Ci sono dieci classi in Italia che, richieste di esprimere il loro libro preferito, hanno messo nella lista dei primi dieci “Mein Kampf”, l’opera scritta da Adolf Hitler in carcere, poi diventata la pietra angolare del nazismo tedesco. Alcune classi l’hanno indicata al primo posto.

Non è stata – per il concorso lanciato dal ministero dell’Istruzione al Salone di Torino lo scorso maggio – una pensata di dieci singoli studenti, ma di dieci gruppi di ragazzi delle scuole medie e superiori “dopo una discussione condivisa”, come recitava la richiesta del bando.

E le dieci classi (su 138mila che si sono espresse) sono in provincia di Palermo e Catanzaro, a Potenza, a Tivoli e Gaeta, due ancora a Piacenza e infine nelle province di Trieste e Udine. Il testo, “Mein Kampf”, non avrebbe potuto essere votato, poiché non italiano e pubblicato prima del Duemila (nel 1925, esattamente). Provocazione? Goliardia? Una sincera ammirazione per il testo? Il Miur ancora non lo sa.

Il capo di gabinetto Alessandro Fusacchia, denunciando il fatto, ha detto: “Stiamo facendo approfondimenti”. Ma al ministero sono convinti che il voto al libro di Hitler non sia una cattiva interpretazione della richiesta, piuttosto una libera scelta. Era un docente, comunque, a inserire i titoli ricevuti dagli studenti nel sistema informatico.

“Mein Kampf” a parte, il concorso è stato un successo. Alle votazioni, aperte l’1 giugno 2016 e chiuse lo scorso 1 dicembre, hanno partecipato 68.381 classi della primaria e 70.107 della secondaria, per tre milioni e mezzo di studenti. Ogni scuola adesso riceverà 150 euro per l’acquisto dei libri scelti, anche in formato digitale, lo stanziamento complessivo è stato di 1,3 milioni di euro. In Campania e Puglia ha partecipato quasi il 60 per cento delle classi, in Sardegna il 19,1 per cento.

Diecimila i titoli scelti e, alla fine, i più votati della scuola elementare sono stati “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry (che ha vinto in tutte le regioni eccetto il Molise e la Basilicata), “Le avventure di Pinocchio” di Carlo Collodi e “La fabbrica di cioccolato” di Roald Dhal. Per medie e superiori hanno vinto “Bianca come il latte, rossa come il sangue” di Alessandro D’Avenia, “Io non ho paura” di Niccolò Ammaniti e “Gomorra” di Roberto Saviano.

Fra i dieci libri che arriveranno nelle biblioteche delle scuole secondarie molti ragazzi hanno indicato – contrariamente alle dieci classi che hanno scelto il “Mein Kampf” – due opere di forte impatto sociale: “Nel mare ci sono i coccodrilli”, di Fabio Geda, storia di un ragazzino afghano arrivato in Grecia su un gommone, solo, quindi in Italia, a Torino, dove sarà adottato da un assistente sociale, e “Mio fratello insegue i dinosauri”, di Giacomo Mazzariol, un ragazzo di 19 anni che ha raccontato la sua quotidianità con il fratello Giovanni, affetto da sindrome di Down.

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Articoli di Giornali e News, Libri, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

I piccoli ci salveranno

Posté par atempodiblog le 6 juillet 2015

I piccoli ci salveranno
Quante volte abbiamo detto da adulti ciò che non sopportavano sentire quando eravamo ragazzi: “Quando sarai più grande, capirai”…
di Marco Pappalardo – Vino Nuovo

I piccoli ci salveranno dans Antoine de Saint-Exupéry 2qbd6xw

A volte pensiamo che l’essere adulti serva a risolvere tutti i problemi, soprattutto quelli dei più piccoli. Ma le difficoltà degli adulti chi le risolve? Altri adulti probabilmente! Eppure, i piccoli sono una grandissima risorsa per i grandi se formati e aiutati a crescere con amore, equilibrio, libertà e responsabilità.

Chi non ha trovato sollievo dai tanti pensieri di una giornata, una volta tornato a casa la sera, proprio grazie all’abbraccio o al sorriso dei figli? Quale educatore, non egocentrico, non ha gioito delle gioie dei ragazzi affidatigli? Quanti adulti restano uguali e immutati dopo un bel confronto aperto con degli adolescenti? La storia de “Il piccolo principe” (un libro per grandi che solo apparentemente è per i piccoli!) ci insegna che ogni adulto può essere un aviatore caduto con il proprio aereo nel deserto, cioè tra le difficoltà della vita, oppure “un uomo serio” che svolge importantissime attività ma profondamente e fisicamente solo. Ci insegna pure che proprio nel momento del disastro o della ripetitiva routine c’è un “Piccolo Principe” che può sconvolgerci la vita con le sue domande e richieste strane, con i racconti straordinari dei viaggi, con quelle esperienze speciali che riempiono il cuore una volta svuotato del di più.

Nella vita di una famiglia, di un educatore, di un docente, ciò accade costantemente e non c’è da attendere l’arrivo di un “giovane favoloso” dal cielo. Però, spesso, la tendenza è quella di dover sempre insegnare qualcosa, difficilmente quella di ascoltare a cuore aperto, con le “orecchie grandi”, a pieni polmoni, a braccia aperte! Cosa c’entrano i polmoni e le braccia nell’ascolto? Vuol dire che tutta la nostra persona, anche fisicamente, deve aprirsi all’ascolto delle domande e delle parole dei piccoli, degli adolescenti, dei giovani. Direi che deve aprirsi pure alle loro proposte, alle idee, ai consigli, attribuendo il valore giusto, non liquidando con un “sei ancora troppo giovane”.

Quante volte abbiamo detto da adulti ciò che non sopportavano sentire quando eravamo ragazzi: “Quando sarai più grande, capirai” o “Non è il momento giusto” oppure “È così e basta”. Affermiamo queste cose con l’aria seriosa, ma non indichiamo un momento e un tempo reale, per cui l’unico segnale che viene ricevuto è un “no” o, ancor peggio, un “non m’interessi” senza limiti. Ci dimentichiamo di generazioni di ragazzi che per secoli hanno aiutato le famiglie nei lavori manuali, che hanno purtroppo combattuto guerre sempre ingiuste, che hanno difeso i diritti civili e hanno dato la vita per questo, che si dedicano con generosità costante al volontariato, che sono santi nella Chiesa. Molti tra questi sono stati e sono veri e propri “maestri”, mentre noi abbiamo bisogno – come afferma spesso papa Francesco – di “imparare ad imparare”.

Una citazione del film “Lo Hobbit” mi permette di sottolineare una bella verità:

«“Perché il mezzuomo?” (NdR. dice il grande Gandalf). “Saruman ritiene che soltanto un grande potere riesca a tenere il male sotto scacco. Ma non è ciò che ho scoperto io. Io ho scoperto che sono le piccole cose, le azioni quotidiane della gente comune che tengono a bada l’oscurità. Semplici atti di gentilezza e amore. Perché Bilbo Baggins (NdR. un hobbit, dunque un piccolo uomo)? Forse perché io ho paura. E lui mi dà coraggio”».

È proprio di questo coraggio che abbiamo bisogno oltre che dell’umiltà di volere imparare dai nostri “Piccoli Principi” o “Hobbit” che siano. Essi ci salvano e ci salveranno!

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Articoli di Giornali e News, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Italia, la terra dei Santi patroni

Posté par atempodiblog le 17 janvier 2013

Un nome da dare ai propri figli, una data da festeggiare solennemente, un volto da implorare nel momento del bisogno. Ai santi protettori si rivolgono anche i non praticanti e perfino i non credenti, in un tempo in cui gli uomini sembrano essersi dimenticati di Dio e della Chiesa. Ecco perché l’abolizione delle feste patronali rende più povero il nostro Paese
di Mario Palmaro – Il Timone

Italia, la terra dei Santi patroni dans Antoine de Saint-Exupéry santipatroni

I santi patroni sono i veri protagonisti della storia e della vita presente del nostro Paese. Vale per l’Italia, così come per tutte le nazioni che hanno avuto una storia, anche remota, di robusto cattolicesimo: borghi e villaggi, piccole città di provincia e metropoli congestionate di traffico e di grattacieli, tutte conservano un legame forte, visibile e duraturo con uno o più santi protettori.
Il Risorgimento ha tentato di dare all’urbanistica del Bel Paese una riverniciata di laicissimo fulgore patriottico, moltiplicando in maniera ossessiva le vie Garibaldi e le piazze Mazzini. Ma le statue dell’eroe dei due mondi o i monumenti equestri a Vittorio Emanuele sono condannati a starsene perennemente davanti alla Cattedrale o alla basilica dedicata al santo patrono della città, che è lì imponente da secoli a dominare la vita quotidiana di innumerevoli generazioni. I turisti giapponesi e tedeschi vengono da lontano per visitare San Pietro a Roma o Sant’Ambrogio a Milano, al cui confronto gli eroi del risorgimento e le loro statue appaiono, in tutti i sensi, davvero molto piccole. Anche con l’avvento della Repubblica lo Stato ha tentato di rinvigorire la desacralizzazione del panorama, dedicando viali e piazze alla Costituzione e alla Resistenza. Ma anche il fulgore democratico non ha potuto sradicare dal cuore dei nostri mille campanili il legame fortissimo con il santo di riferimento, il patrono adottato come protettore sicuro al quale affidare, almeno una volta l’anno, le sorti del proprio angolo di mondo.

L’arte ci parla dei santi patroni
In effetti, la prima cosa che si nota percorrendo le strade del nostro Paese è che i santi protettori hanno dettato le scelte urbanistiche ai nostri antenati. Di solito, nel centro della città – sia essa piccola o grande – sorge la chiesa dedicata al patrono, o che ne ospita il corpo o le reliquie, e che magari dà anche il nome alla piazza o alla via principale. La secolarizzazione, o anche una certa indifferenza religiosa, fanno in modo che si faccia poco caso a tutto questo. In certe grandi città del nord, rese più fredde e anonime dalle trasformazioni economiche e produttive, la cosa può per molti passare inosservata. E in altri centri urbani, sorti nel clima barbaro dell’era contemporanea, il cemento armato ha rimpiazzato le guglie e i rosoni, e il viandante fatica non solo a capire a quale santo sia dedicato quell’edificio, ma innanzitutto a capire se quella che ha davanti sia una chiesa, o una banca.
E tuttavia, fatta eccezione per queste malinconiche vestigia della modernità, ancora oggi, per la quasi totalità delle città italiane è vero il contrario: la chiesa principale domina la scena, ricordando a tutti, ogni giorno, il nome del patrono di turno. E per chi poi varca la soglia del tempio, nella penombra affascinante creata dalla maestria di architetti di cui magari s’è perso ormai il nome e il ricordo, ecco dischiudersi il racconto semplice e diretto, attraverso le immagini degli affreschi, della vita del santo patrono: la sua nascita, la sua conversione, i suoi miracoli, il suo ruolo nella costruzione della città o nella sua conservazione, la sua buona morte. Giovanni il Battista e Gennaro, Ambrogio e Carlo Borromeo, Pietro e Paolo, Caterina e Francesco, e centinaia di altri santi si animano e rivivono nelle immagini che ne raccontano la storia. Quasi una manifestazione della loro presenza reale e sorprendente accanto agli uomini che vivono ancora in questo mondo, e che si ricordano di loro, per lo meno quando hanno un problema da risolvere.

La vita delle persone

È vero: questi meravigliosi segni della nostra tradizione cattolica sorgono oggi in un contesto molto cambiato, forse perfino capovolto rispetto al passato. I sintomi della secolarizzazione si moltiplicano anche in un Paese formalmente cattolico come l’Italia: le chiese si sono svuotate, i seminari chiudono i battenti, i matrimoni civili superano in molti casi quelli religiosi, molti figli non vengono più battezzati, o battezzati con nomi improbabili, che poco hanno a che fare con i santi. Tuttavia, proprio in questo scenario desolante i santi patroni rappresentano un punto di resistenza, un ostacolo all’avvento definitivo della società nichilista. La vita delle persone comuni lo dimostra in molti modi: innanzitutto a cominciare dal nome, che non di rado “tradisce” la devozione di genitori e parenti per il santo protettore della città.
In secondo luogo, di solito un italiano sa chi è il patrono della propria città: può essere un miscredente, un ateo gaudente, un laico impenitente, ma è per così dire costretto ad associare l’identità della sua casa natale con la storia e la figura di un uomo elevato agli onori degli altari dalla Chiesa. E spesso questo rapporto è così misterioso e irrazionale, che il nostro homo secolarizzatus magari non va a messa, ma guai a toccargli il santo patrono. Basta pensare, ad esempio, alle cosiddette “regioni rosse” del nostro Paese, cioè a quelle terre ad altissima concentrazione comunista, che oggi sono spesso le capitali della secolarizzazione relativista post moderna. Non di rado, tra i vecchi militanti comunisti nemici acerrimi del prete, ve n’erano non pochi che erano segretamente devoti del patrono del paese. Una contraddizione dal sapore guareschiano, che tuttavia rivela la misteriosa potenza dei santi patroni, capaci di tenere aperta con un piede la porta dell’anima di un miscredente bolscevico. Ricordo che in alcuni paesini dell’Appennino romagnolo i contadini, molti dei quali iscritti al Partito comunista, disertavano la messa e sparlavano del prete. Poi, una volta l’anno, in occasione della festa del santo patrono, andavano a confessarsi, prendevano messa e facevano la comunione. Una condotta bizzarra, ma che la dice lunga sulla forza dei santi protettori. Per non dire del ruolo decisivo svolto nelle preghiere di rogazione: soprattutto nelle società rurali, se si voleva impetrare un buon raccolto, o una pioggia provvidenziale, o la guarigione da una malattia, si doveva andare da lui: dal santo che tante volte, nella storia, aveva cavato d’impiccio la gente di quella terra cui si sentiva di appartenere. In fondo, qualche cosa del genere accade ancora oggi, quando nell’ora della prova l’uomo moderno, esaurite le soluzioni offerte dalla scienza o dall’economia si mette in ginocchio davanti alla statua della Madonna o del santo protettore.

Il rapporto con il potere civile
I santi patroni dicono anche un’altra cosa importante: finchè ci sono loro, il potere civile mantiene un legame, almeno simbolico, con la Chiesa e con il Cielo. È un legame dal sapore vagamente medioevale, nel senso che il sindaco che con la sua fascia tricolore partecipa alla processione o alla messa in occasione della festa patronale compie un atto di implicito ridimensionamento del potere costituito. La cosa è paradossalmente ancor più forte quando a rivestire quell’incarico è – e accade purtroppo spesso – un uomo notoriamente lontano dalla Chiesa, o addirittura ostile al cristianesimo. In un’epoca di desolante laicizzazione delle istituzioni umane, di giacobina rivendicazione di una impossibile neutralità dello Stato in materia di fede e di valori, ecco: in un epoca come questa, San Gennaro e Sant’Ambrogio obbligano il sindaco relativista di turno a chinare il capo e a portare tutta la città ai piedi della statua di un santo di Santa Romana Chiesa. Questo aspetto rende i santi patroni decisamente scandalosi, elementi di rottura rispetto al progetto di de-cristianizzazione dell’Europa, così ben riuscito in nazioni come la Francia, l’Olanda, e in generale in tutti i Paesi protestanti, dove i santi sono stati le prime vittime illustri del furore iconoclasta del monaco eretico Martin Lutero. C’è più resistenza cattolica in una processione variopinta in onore di santa Rosalia che in un congresso di dotti teologi sull’esegesi biblica del Deuteronomio.

Le feste, i riti e la farina del diavolo
La festa del Santo Patrono ha dunque mille significati, alcuni più profani e visibili, altri più religiosi e profondi. La ricorrenza dedicata al patrono è infatti occasione per far esplodere la voglia di far festa, anche con qualche eccesso, di bere e di mangiare le specialità del luogo, di suonare e di cantare, di divertirsi. Ma la festa sta in piedi fintantoché essa ha la sua radice e la sua spiegazione nella figura del santo, modello da imitare e porto sicuro nel quale cercare rifugio: le feste patronali non ci sarebbero più se, almeno in una parte dei fedeli, non fosse stata conservata una sana devozione per il santo.
Finché la festa del patrono occupa un posto fisso nel calendario, essa coinvolge l’agenda delle autorità civili, impone il cambiamento della routine quotidiana, modifica i ritmi e le abitudini di tutto un popolo. In una parola, la festa del santo protettore della città è un rito. E i riti sono, come spiega magistralmente Antoine de Saint Exupery, «un giorno diverso dagli altri». «Se tu vieni tutti i pomeriggi alle quattro – spiega la volpe al Piccolo principe che lo sta addomesticando – dalle tre io comincerò a essere felice. Ma se tu vieni non si sa quando io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore (…) Ci vogliono i riti» (Il piccolo principe, capitolo XXI).
Il giorno di Sant’Ambrogio a Milano non si lavora, così come a Napoli nel giorno di San Gennaro: ciò non significa che tutti i milanesi e tutti i napoletani siano cattolici devoti del santo, ma implica che tutti, anche i non devoti e pure gli atei, siano obbligati a prendere atto che nella vita, oltre all’ufficio, al negozio, alla banca e al centro commerciale, c’è un’altra dimensione. Che è poi la più importante. Ecco perché abolire queste ricorrenze è un gesto inconsulto che sta certamente bene nell’agenda politica della Cina Popolare, o negli obiettivi di una confraternita di massoni, ma che nulla ha a che fare con la tradizione e la residua identità cattolica del nostro Paese.
Una cosa è certa: la farina prodotta in quel giorno di “festa soppressa”, per dirla con un vecchio adagio pieno di saggezza, è farina del diavolo. E andrà tutta in crusca.

divisore dans Medjugorje

Cliccando sul link sottostante potete scoprire a quale santo siete stati affidati… Il mio santo protettore dell’anno è San Paolo:

http://infodamedjugorje.altervista.org:80/ilsantodellanno.html

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Fede, morale e teologia, Mario Palmaro, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Il Bambino di Praga

Posté par atempodiblog le 8 novembre 2011

Il Bambino di Praga dans Antoine de Saint-Exupéry bambinodipraga

Nel settembre 2009 il Papa ha visitato la Repubblica Ceca, che il comunismo ha lasciato come uno dei Paesi più atei al mondo, dal momento che appena un quarto della sua popolazione si dichiara credente. Nella capitale, Praga, si venera il famoso Bambino, la cui statua miracolosa è da sempre affidata ai carmelitani. Si trova nella chiesa di Santa Maria della Vittoria (eretta dopo la vittoria dei cattolici sui protestanti nella battaglia della Montagna Bianca) nel quartiere praghese di Malá Strana dal 1628. I carmelitani hanno diffuso la devozione al Bambino di Praga in tutto il mondo (specialmente in India vi sono diversi santuari) e ogni anno quasi un milione di pellegrini si recano a venerarlo a Praga.

La statua arrivò in Boemia come dono di nozze per la figlia di una nobildonna spagnola. A quest’ultima era stata regalata da s. Teresa d’Avila in persona. Nel corso della Guerra dei Trent’Anni i protestanti le mozzarono le mani. Fu restaurata dal carmelitano lussemburghese Cirillo della Madre di Dio, al quale il Bambino era apparso in visione promettendo: «Quanto più mi onorerete, tanto più vi benedirò». La devozione al Santo Bambino è sempre stata di casa tra i carmelitani: devotissimi erano s. Teresina di Lisieux (il cui nome religioso era Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo) e s. Edith Stein. Il celebre convertito Paul Claudel gli dedicò un intero poema.

Il priore del Carmelo di Praga, p. Petr Sleich, in occasione della visita del papa rilasciò alcune dichiarazioni all’associazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre, riportate da Zenit il 15 settembre 2009. Tra le altre cose, rivelò: «Quello che pochi sanno è che Antoine de Saint-Exupéry aveva una grande familiarità con la venerazione del Bambin Gesù di Praga». Secondo il priore, il famosissimo libro Il piccolo principe fu ispirato proprio dal Bambino. E, stando a un sacerdote che era presente, anche Antonio Gramsci volle venerare il Bambino: in fin di vita in un ospedale romano, vide che le suore giravano nelle corsie portando ai malati la statuetta e chiese che la portassero anche a lui. Le suore, sapendo chi era, avevano saltato il suo letto ma lui le fece chiamare.

di Rino Cammilleri – La Bussola Quotidiana

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Articoli di Giornali e News, Rino Cammilleri | Pas de Commentaire »

Se voi dite…

Posté par atempodiblog le 13 septembre 2009

Se voi dite... dans Antoine de Saint-Exupéry pensa

Se voi dite ai grandi: « Ho visto una bella casa di mattoni rosa, con dei gerani alle finestre, e dei colombi sul tetto », loro non arrivano a immaginarsela. Bisogna dire: « Ho visto una casa di centomila lire », e allora esclamano: « Com’è bella ».

Antoine de Saint-Exupéry

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Citazioni, frasi e pensieri | 2 Commentaires »

Un tramonto

Posté par atempodiblog le 24 août 2009

Un tramonto dans Antoine de Saint-Exupéry Tramonto

« Mi piacciono molto i tramonti. Andiamo a vedere un tramonto… »

di Antoine de Saint-Exupéry

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Citazioni, frasi e pensieri | Pas de Commentaire »

La nostalgia del mare

Posté par atempodiblog le 20 juillet 2009

La nostalgia del mare dans Antoine de Saint-Exupéry navenapoli

“Se vuoi costruire una nave non richiamare prima di tutto gente che procuri la legna, che prepari gli attrezzi necessari, non distribuire compiti, non organizzare lavoro. Prima risveglia invece negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà svegliata in loro questa sete gli uomini si metteranno subito al lavoro per costruire la nave”.

di Antoine de Saint Exupéry

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Citazioni, frasi e pensieri | Pas de Commentaire »

La collaborazione

Posté par atempodiblog le 16 août 2008

Amarsi non vuol dire guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione
di Antoine de Saint-Exupéry

La collaborazione dans Antoine de Saint-Exupéry Guardare-nella-stessa-direzione

Marito e moglie erano sulle scale alle prese con un pesante cassettone. Li vide un cognato.
«Vi do una mano», disse accorrendo. E afferrò un angolo del mobile.
Qualche minuto dopo, incapaci di muovere il cas­settone anche di un solo centimetro, i tre si conce­dettero qualche minuto di riposo.
«Che fatica
portare su questo cassettone!», com­mentò il cognato.
Marito e moglie scoppiarono a ridere.
«Noi stavamo cercando di portarlo giù!».

Gli amici non si guardano negli occhi. Guarda­no insieme nella stessa direzione.
Una coppia di fidanzati chiese: «Cosa dobbiamo fare perché il nostro amore duri?».
Rispose il maestro: «Amate insieme altre cose».

di Bruno Ferrero – Il canto del grillo

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Don Bruno Ferrero, Racconti e storielle | Pas de Commentaire »

Francesco e Chiara due innamorati, ma di chi?

Posté par atempodiblog le 13 août 2008

Francesco e Chiara due innamorati, ma di chi? dans Antoine de Saint-Exupéry Santa-Chiara-e-San-Franscesco

È divenuto un luogo comune parlare dell’amicizia tra Chiara e Francesco in termini di amore umano. Nel suo noto saggio su Innamoramento e amore Francesco Alberoni scrive che “il rapporto fra santa Chiara e san Francesco ha tutti i caratteri di un innamoramento trasferito (o sublimato) nella divinità”. “Francesco e Chiara”di Fabrizio Costa, la fiction televisiva in onda su Rai Uno nei giorni 6 e 7 Ottobre, meglio forse di “Fratello Sole e sorella Luna” di Zeffirelli, ha saputo evitare questo cedimento al romanticismo, senza nulla togliere alla bellezza anche umana di un tale incontro.

Come ogni uomo, anche se santo, Francesco può aver sperimentato il richiamo della donna e del sesso. Le fonti riferiscono che per vincere una tentazione del genere una volta il santo si rotolò d’inverno nella neve. Ma non si trattava di Chiara! Quando tra un uomo e una donna sono uniti in Dio, questo vincolo, se è autentico, esclude ogni attrazione di tipo erotico, senza neppure che ci sia lotta. È come messo al riparo. È un altro tipo di rapporto. Tra Chiara e Francesco c’era certamente un fortissimo legame anche umano, ma di tipo paterno e filiale, non sponsale. Francesco chiamava Chiara la sua “pianticella” e Chiara chiamava Francesco “il nostro Padre”. L’intesa straordinariamente profonda tra Francesco e Chiara che caratterizza l’epopea francescana non viene “dalla carne e dal sangue”. Non è, per fare un esempio altrettanto celebre, come quella tra Eloisa ed Abelardo, tra Dante e Beatrice. Se così fosse stato, avrebbe lasciato forse una traccia nella letteratura, ma non nella storia della santità. Con una nota espressione di Goethe, potremmo chiamare quella di Francesco e Chiara una “affinità elettiva”, a patto di intendere “elettiva” non solo nel senso di persone che si sono scelte a vicenda, ma nel senso di persone che hanno fatto la stessa scelta.Antoine de Saint-Exupéry ha scritto che “amarsi non vuol dire guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”. Chiara e Francesco non hanno davvero passato la vita a guardarsi l’un l’altro, a stare bene insieme. Si sono scambiati tra loro pochissime parole, quasi solo quelle riferite nelle fonti. C’era una stupenda riservatezza tra loro, tanto che il santo veniva a volte rimproverato amabilmente dai suoi frati di essere troppo duro con Chiara.

Solo alla fine della vita, vediamo questo rigore nei rapporti attenuarsi e Francesco cercare sempre più spesso conforto e conferma presso la sua “Pianticella”. È a San Damiano che si rifugia prossimo alla morte, divorato da malattie, ed è vicino a lei che intona il cantico di Frate Sole e di sorella Luna, con quell’elogio di “Sora Acqua”, “utile et humile et pretiosa et casta”, che sembra scritto pensando a Chiara.

Invece di guardarsi l’un l’altro, Chiara e Francesco hanno guardato nella stessa direzione. E si sa qual è stata per loro questa “direzione”. Chiara e Francesco erano come i due occhi che guardano sempre nella stessa direzione. Due occhi non sono solo due occhi, cioè un occhio ripetuto due volte; nessuno dei due è solo un occhio di riserva o di ricambio. Due occhi che fissano l’oggetto da angolature diverse danno profondità, rilievo all’oggetto, permettono di “avvolgerlo” con lo sguardo. Così è stato per Chiara e Francesco. Essi hanno guardato lo stesso Dio, lo stesso Signore Gesù, lo stesso Crocifisso, la stessa Eucaristia, ma da “angolature”, con doni e sensibilità propri: quelli maschili e quelli femminili. Insieme hanno colto di più di quanto avrebbero potuto fare due Francesco o due Chiara.
Se c’è una lacuna nella fiction su Francesco e Chiara è forse l’insufficiente rilievo dato alla preghiera e con essa alla dimensione soprannaturale della loro vita. Una lacuna forse inevitabile quando la vita dei santi è portata sullo schermo. La preghiera è silenzio, quiete, solitudine, mentre la parola “cinema” viene dal greco kinema che significa movimento! Ha fatto eccezione il film “Il grande silenzio” sulla vita dei certosini, ma anch’esso non reggerebbe sul piccolo schermo.

In passato si tendeva a presentare la personalità di Chiara troppo subordinata a quella di Francesco, appunto come “sorella Luna” che vive di riflesso della luce di “fratello Sole”. L’ultimo esempio in questo senso è il libro uscito nell’estate scorsa su “l’amicizia tra Francesco e Chiara” (John M. Sweeney, Light in the Dark Age: the Friendship of Francis and Clare of Assisi, Paraclete Press 2007 ).

Tanto più quindi è da lodare, nella fiction televisiva, la scelta di presentare Francesco e Chiara come due vite parallele, che si intrecciano e si svolgono in sincronia, con uguale spazio dato all’uno e all’altra. È la prima volta che avviene, in questa forma. Ciò risponde alla sensibilità attuale tesa a mettere in luce l’importanza della presenza femminile nella storia, ma nel caso nostro corrisponde alla realtà e non è una forzatura.

La scena che mi ha colpito di più vedendo, in anteprima, la fiction “Francesco e Chiara” è quella emblematica iniziale, una specie di chiave di lettura di tutta la storia. Francesco cammina su un prato, Chiara lo segue mettendo i suoi piedi, quasi per gioco, sulle orme lasciate da Francesco e alla domanda di lui: “Stai seguendo le mie orme?”, risponde luminosa: “No, altre molto più profonde”.

Tratto da: cantalamessa.org – Avvenire

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Fede, morale e teologia, Padre Raniero Cantalamessa, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

La Rosa

Posté par atempodiblog le 23 juin 2008

La Rosa dans Antoine de Saint-Exupéry La-rosa

Il poeta tedesco Rilke abitò per un certo periodo a Parigi. Per andare all’Università percorreva ogni giorno, in compagnia di una sua amica francese, una strada molto frequentata.
Un angolo di questa via era permanentemente occupato da una mendicante che chiedeva l’elemosina ai passanti. La donna sedeva sempre allo stesso posto, immobile come una statua, con la mano tesa e gli occhi fissi al suolo.
Rilke non le dava mai nulla, mentre la sua compagna le donava spesso qualche moneta.
Un giorno la giovane francese, meravigliata domandò al poeta: «Ma perché non dai mai nulla a quella poveretta?».
«Dovremmo regalare qualcosa al suo cuore, non alle sue mani», rispose il poeta.
Il giorno dopo, Rilke arrivò con una splendida rosa appena sbocciata, la depose nella mano della mendicante e fece l’atto di andarsene.
Allora accadde qualcosa d’inatteso: la mendicante alzò gli occhi, guardò il poeta, si sollevò a stento da terra, prese la mano dell’uomo e la baciò. Poi se ne andò stringendo la rosa al seno.
Per una intera settimana nessuno la vide più. Ma otto giorni dopo, la mendicante era di nuovo seduta nel solito angolo della via. Silenziosa e immobile come sempre.
«Di che cosa avrà vissuto in tutti questi giorni in cui non ha ricevuto nulla?», chiese la giovane francese.
«Della rosa», rispose il poeta.

«Esiste un solo problema, uno solo sulla terra. Come ridare all’umanità un significato spirituale, suscitare un’inquietudine dello spirito. E’ necessario che l’umanità venga irrorata dall’alto e scenda su di lei qualcosa che assomigli a un canto gregoriano. Vedete, non si può continuare a vivere occupandosi soltanto di frigoriferi, politica, bilanci e parole crociate. Non è possibile andare avanti così» (Antoine de Saint-Exupéry)

di Bruno Ferrero – L’importante è la rosa

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Don Bruno Ferrero, Racconti e storielle, Rainer Maria Rilke | Pas de Commentaire »

Il colore del grano

Posté par atempodiblog le 28 août 2007

Il colore del grano dans Antoine de Saint-Exupéry Il-piccolo-principe

In quel momento apparve la volpe.
“Buon giorno”, disse la volpe.
“Buon giorno”, rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
“Sono qui”, disse la voce, “sotto al melo…”.
“Chi sei? ” domandò il piccolo principe, “sei molto carino…”.
“Sono una volpe”, disse la volpe.
“Vieni a giocare con me”, le propose il piccolo principe, “sono così triste…”.
“Non posso giocare con te”, disse la volpe, “non sono addomesticata”.
“Ah! scusa”, fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: “Che cosa vuol dire ‘addomesticare’?”.
“Non sei di queste parti, tu”, disse la volpe, “che cosa cerchi?”.
“Cerco gli uomini”, disse il piccolo principe. “che cosa vuol dire ‘addomesticare’?”.
“Gli uomini”, disse la volpe, “hanno dei fucili e cacciano. E’ molto noioso! Allevano anche delle galline. E’ il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?”.
“No”, disse il piccolo principe. “Cerco degli amici. Che cosa vuol dire ‘addomesticare’?”.
“E una cosa da molto dimenticata. Vuol dire ‘creare dei legami’…”.
“Creare dei legami?”.
“Certo”, disse la volpe. “Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dall’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”.
“Comincio a capire”, disse il piccolo principe. “C’è un fiore… credo che mi abbia addomesticato…”.
“E’ possibile”, disse la volpe. “Capita di tutto sulla Terra…”.
“Oh! non sulla Terra”, disse il piccolo principe.
La volpe sembrò perplessa: “Su un altro pianeta?”.
“Sì”.
“Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?”
“No”.
“Questo mi interessa! E delle galline?”.
“No”.
“Non c’è niente di perfetto”, sospirò la volpe. Ma la volpe ritornò alla sua idea: “La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…”.
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: “Per favore… addomesticami”, disse.
“Volentieri”, rispose il piccolo principe, “ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose”.
“Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe. “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”.
“Che bisogna fare?” domandò il piccolo principe.
“Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. “In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”.
Il piccolo principe ritornò l’indomani.
“Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora”, disse la volpe. “Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti”.
“Che cos’è un rito?” disse il piccolo principe.
“Anche questa è una cosa da tempo dimenticata”, disse la volpe. “E’ quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! lo mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza”.
Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l’ora della partenza fu vicina: “Ah” disse la volpe, “…piangerò”.
“La colpa è tua”, disse il piccolo principe, “io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…”.
“E’ vero”, disse la ,volpe.
“Ma piangerai!” disse il piccolo principe.
“E’ certo”, disse la volpe.
“Ma allora che ci guadagni?”.
“Ci guadagno”, disse la volpe, “il colore del grano”.
Poi soggiunse: “Va’ a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto”.
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
“Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente”, disse. “Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo”.
E le rose erano a disagio.
“Voi siete belle, ma siete vuote”, disse ancora. “Non si può morire per voi. Certamente un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa”.
E ritornò dalla volpe.
“Addio”, disse.
“Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.
“L’essenziale è invisibile agli occhi”, ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
“E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”.
“E’ il tempo che ho perduto per la mia rosa…” sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
“Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…”.
“Io sono responsabile della mia rosa…” ripeté il piccolo principe per ricordarselo.

Tratto da “Il piccolo principe” scritto da Antoine de Saint-Exupéry

Publié dans Antoine de Saint-Exupéry, Libri, Racconti e storielle | 1 Commentaire »