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Supplica a Gesù per le anime del Purgatorio

Posté par atempodiblog le 2 novembre 2022

Supplica a Gesù per le anime del Purgatorio
Tratta da: Radio Maria FB

Supplica a Gesù per le anime del Purgatorio dans Festa dei Santi e dei fedeli defunti Ges

Gesù amabilissimo, oggi Ti presentiamo le necessità delle Anime del Purgatorio. Esse soffrono tanto e desiderano ardentemente venire a Te, loro Creatore e Salvatore, per restare con Te in eterno.
Ti raccomandiamo, o Gesù, tutte le Anime del Purgatorio, ma specialmente quelle che sono morte improvvisamente per incidenti, infortuni o malattie, senza poter preparare la loro anima ed eventualmente liberare la loro coscienza.
Ti preghiamo anche per le Anime più abbandonate e per quelle che sono più vicine alla gloria.
Ti scongiuriamo in modo particolare di aver pietà delle Anime dei nostri parenti, amici, conoscenti ed anche dei nostri nemici. Per tutti intendiamo applicare le indulgenze che ci sarà possibile acquistare.
Accogli, o pietosissimo Gesù, queste nostre umili preghiere. Te le presentiamo per le mani di Maria Santissima, tua Madre Immacolata, del glorioso Patriarca San Giuseppe, tuo Padre putativo, e di tutti i Santi del Paradiso. Amen.

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La morte è sconfitta là dove lo spirito vince

Posté par atempodiblog le 1 novembre 2022

La morte è sconfitta là dove lo spirito vince
2 novembre 1935 – Dall’agenda tascabile del 1932 di san Giustino Maria Russolillo Apostolo delle Vocazioni – Al cimitero di Pianura

La morte è sconfitta là dove lo spirito vince dans Citazioni, frasi e pensieri San-Giustino-Apostolo-delle-Vocazioni

Ubi est mors victoria tua – Dov’ è, o morte, la tua vittoria? Ora sembra tutt’altro, ecco il trionfo della morte! Vediamo chiaro! La morte trionfa là dove lo spirito è asservito alla materia, sia nella vita presente sia nella futura.
La morte è sconfitta là dove lo spirito vince e si asservisce la carne, nella vita presente e nella vita futura. Omnes quidem resurgemus sed non omnes immutabimur – I morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati.

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Esperienze ordinarie di Paradiso

Posté par atempodiblog le 1 novembre 2022

Esperienze ordinarie di Paradiso
Tratto da: Il Paradiso, di Padre Livio Fanzaga – Edizioni Ares

Esperienze ordinarie di Paradiso dans Fede, morale e teologia Festa-di-tutti-i-santi

Il paradiso è ciò che l’uomo desidera dal profondo del suo cuore. E’ la ragione per la quale è stato creato. E’ il fine ultimo della vita. E’ l’approdo della tormentata navigazione nel mare del tempo. Il golfo di luce del paradiso dà senso alle fatiche e alle traversie affrontate. Ogni uomo nasce crocifisso. Senza la gloria della resurrezione e la beatitudine eterna la vita avrebbe l’amaro sapore di una beffa. Se la vita è dolore, come insegnano l’esperienza e la saggezza dei popoli, che senso avrebbe se finisse, come osservava Pascal, con un paio di badilate di terra sulla fatidica bara? L’attesa del paradiso ha una sua logica razionale. Non è solo un desiderio insopprimibile, ma un postulato della ragione. Senza la prospettiva della vita eterna non varrebbe neppure la pena incominciare l’estenuante traversata. Il tentativo patetico di chi colloca il paradiso su questa terra per motivare la fatica di vivere, altro non è che una pietosa bugia, come l’ultima sigaretta offerta al condannato prima di sistemarsi sulla sedia elettrica. Il paradiso è l’unica risposta ragionevole e accettabile alla domanda che senso abbia una vita flagellata dal male e dalla sofferenza e votata inesorabilmente alla morte.

Il desiderio del paradiso ha una sua razionalità. E’ radicato profondamente nella natura umana nella quale si riflette l’ immagine divina. L’uomo, creato capace di Dio, è stato ordinato fin dal principio al paradiso. L’ Eden originario, dove l’uomo godeva della divina amicizia e di doni straordinari, prima fra tutti quello dell’immortalità, è una profezia del paradiso. La condizione esistenziale dei progenitori dell’umanità era un’attesa della beatitudine eterna. Non c’è da meravigliarsi che le tematiche connesse al paradiso attraversino le culture più diverse. Senza il paradiso, quello vero, che la Parola di Dio ci ha rivelato, la vita umana sarebbe un’ombra subito dissipata e lo stesso cammino storico dell’umanità sarebbe un correre inutile verso il nulla. Il Paradiso è necessario perché la vita umana abbia un senso e la storia uno sbocco. Come il mondo ha bisogno di un Dio creatore per essere razionale e intelligibile, così il mistero della nostra esistenza, assediata dal dolore e dalla morte, ha bisogno della speranza della vita eterna per essere sopportabile.

La ragione può ipotizzare l’esistenza di una felicità ultraterrena a partire dalle considerazioni sulla natura umana, orientata alla trascendenza, e sui desideri del cuore impregnati di infinito. Ma è la Parola di Dio che afferma esplicitamente che l’uomo è stato creato per il paradiso. Nel mirabile affresco, nel quale delinea il grandioso piano della creazione e della redenzione, S. Paolo così si esprime: “In lui (Cristo) ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi, mediante Gesù Cristo, secondo il disegno di amore della sua volontà” (Ef 1, 4-5). Per l’apostolo c’è una vera e propria predestinazione dell’uomo al paradiso, dove gli uomini sono figli adottivi di Dio in Cristo Gesù. Il Padre crea ogni uomo mediante Gesù Cristo e in vista di Lui, perché sia santo e immacolato davanti a Lui nella carità.

Il fine per cui Dio crea gli uomini è la gloria del cielo. Il catechismo tradizionale sintetizzava l’insegnamento millenario della Chiesa con parole di una semplicità disarmante. “Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e per goderlo per sempre nell’altra in paradiso”. La dottrina cattolica ha rigettato l’opinione di Calvino sulla doppia predestinazione, come se Dio creasse gli uomini alcuni per il paradiso e altri per l’inferno (cfr Institutio, 3.221.5). E’ aberrante per il concetto stesso di divinità, come per la dignità dell’uomo creato libero, che Dio decida con un decreto eterno che alcuni siano predestinati alla vita eterna e altri alla dannazione eterna. L’amore di Dio ha creato gli angeli e gli uomini perché partecipino alla gloria e alla gioia della Santissima Trinità. Il raggiungimento della meta è un dono di grazia, ma passa attraverso la libera scelta di ognuno. Decidersi per il paradiso è dunque ciò che l’uomo deve fare nel tempo della vita perché raggiunga il suo fine ultimo.

Non solo l’uomo è creato per il paradiso, ma lo sperimenta già qui sulla terra, grazie al dono dello Spirito Santo. La presenza dello Spirito nel cuore dell’uomo fa sì che il desiderio della felicità eterna si faccia strada nel groviglio dei desideri carnali e tenga viva la speranza della luce anche nei momenti più oscuri. Lo Spirito Santo è l’amore di Dio diffuso nei nostri cuori. La sua azione intima e silenziosa fa pregustare, nel tempo del pellegrinaggio, la gioia del cielo, acuendone sempre più il desiderio. La certezza del paradiso proviene indubbiamente dall’atto di fede, che crede fermamente nella divina rivelazione, in particolare alle parole di Gesù al riguardo. Tuttavia la verità della fede è confortata dall’esperienza della vita cristiana, che, in quando avvolta dall’amore di Dio e dalla sua grazia, fa pregustare la felicità del cielo. Dio, nella sua sublime sapienza nel guidare le anime, le infiamma per il paradiso facendo pregustare quella che S. Paolo chiama la “caparra” della vita eterna.

“In Lui (Cristo) siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà –a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo, che era stato promesso, il quale è la caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria” (Ef 1, 11-14). Nella visione paolina, prima di conseguire la completa redenzione in cielo, il cristiano può già sperimentare su questa terra un “anticipo” (“caparra”) della gloria e della gioia future. Non si tratta un dono particolare riservato ad alcune anime privilegiate, ma della normalità della vita cristiana, in quanto permeata e guidata dallo Spirito Santo (cfr Rm 8, 14- 17).

Tuttavia l’esperienza del paradiso può anche assumere il significato di una grazia particolare, che Dio concede, in determinati momenti della loro vita, a delle anime privilegiate. Al riguardo assumono uno straordinario valore le esperienze mistiche di alcuni santi, che Dio concede non solo come dono personale, ma anche per la edificazione del popolo cristiano. Si tratta indubbiamente di esperienze straordinarie, che però confermano la vita cristiana ordinaria vissuta sotto la guida dello Spirito. L’anima sposa, accesa dall’amore di Dio, vorrebbe sciogliere i vincoli della carne per poter unirsi subito a  Cristo sposo. La vita sulla terra appare un esilio insopportabile e la morte una liberazione. “Mòro perché non moro” (“Muoio perché non muoio”) recita il celebre ritornello di una poesia di S. Teresa d’Avila. “ Morte, orsù, dunque, affrettati, scocca il tuo dardo d’oro! Quella che in ciel tripudia, quella è la vira vera; ma poiché invan raggiungerla, senza morir, si spera, morte, crudel non essere, dammi il il Tesor che imploro!” (S. Teresa d’Avila – Poesie- Desiderio del Cielo).

Non bisogna tuttavia pensare che i mistici abbiano trascorso l’intera vita in questa continua tensione amorosa. Anche loro hanno avuto momenti, a volte lunghi, di oscurità e di aridità. Dio conduce le anime non solo con infinita sapienza, ma anche con straordinaria dolcezza. Ciò che Dio concede come dono straordinario ad alcune anime, non lo nega come esperienza ordinaria a tutte quelle anime che aprono il cuore al suo amore. Non c’è anima aperta ai tocchi della grazia nella quale Dio non versi qualche goccia del suo amore purissimo. Si tratta di momenti speciali, che sono delle vere e proprie perle preziose da conservare gelosamente nel segreto del cuore lungo il cammino della vita. Quando si è sperimentata, anche per un solo istante, la dolcezza del paradiso non la si dimentica più.

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Vale la pena ricalcare l’esempio dei santi

Posté par atempodiblog le 31 octobre 2022

Vale la pena ricalcare l’esempio dei santi dans Citazioni, frasi e pensieri Marcia-dei-santi

I santi sono persone e non personaggi immaginari come i supereroi. Vale la pena ricalcarne l’esempio perché sono stati uomini, donne e bambini che hanno lottato contro il mondo per essere fedeli al Signore. Loro ci insegnano che la santità non richiede forze e poteri sovrumani.

Travestendosi, invece, da zombi, demoni, fantasmi e quant’altro per Halloween si può dare ai giovani la sensazione che gli spiriti maligni siano divertenti, amichevoli e che non ci sia nulla di sbagliato nel volerli emulare.

Padre Michell Joe B. Zerrudo

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Onoriamo i santi perché seguono Dio e sono degni delle nostre imitazioni e devozioni

Posté par atempodiblog le 29 octobre 2022

Onoriamo i santi perché seguono Dio e sono degni delle nostre imitazioni e devozioni dans Citazioni, frasi e pensieri Rev-fr-Marius-P-Roque
Padre Marius P. Roque (20/09/1962 – 26/04/2021)

Smettetela di vestirvi da fantasmi, vampiri o streghe. Cambiamo questa tradizione. Se guardi “Halloween”, la radice della parola è “hallow” che significa “holy”. Ecco perché il primo di novembre è il giorno di tutti i santi. Onoriamo i santi perché seguono Dio e sono degni delle nostre imitazioni e devozioni.

+Rev. padre Marius P. Roque

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Questa è la volontà di Dio, che siamo santi

Posté par atempodiblog le 1 novembre 2021

Questa è la volontà di Dio, che siamo santi dans Fede, morale e teologia Santi-amici-di-Dio

Ci sentiamo scossi, e il cuore batte più forte, quando ascoltiamo con attenzione il grido di san Paolo: Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione (1 Ts 4, 3). Oggi, ancora una volta, lo ripropongo a me stesso, lo ricordo a voi e a tutti gli uomini: questa è la volontà di Dio, che siamo santi.

La santità personale
Per dare la pace alle anime, ma una pace vera, per trasformare la terra, per cercare il Signore Dio nostro nel mondo e attraverso le cose del mondo, è indispensabile la santità personale. Nelle mie conversazioni con persone di tanti paesi e dei più diversi ambienti sociali, spesso mi sento domandare: «Che cosa può dire a noi che siamo sposati? E a noi che lavoriamo nei campi? E alle vedove? E ai giovani?».

“Un’unica zuppiera”
Rispondo sistematicamente che ho “un’unica zuppiera” da offrire, e ribadisco che Gesù ha predicato a tutti la buona novella, senza distinzione alcuna. Una sola zuppiera e un solo alimento: Il mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato, e portare a compimento la sua opera (Gv 4, 34).

Chiamata alla santità
Tutti sono chiamati alla santità, il Signore chiede amore a ciascuno: giovani e anziani, celibi e sposati, sani e malati, dotti e ignoranti, dovunque lavorino, dovunque si trovino.

Frequentare Dio nell’orazione
C’è un solo modo per crescere in intimità e in confidenza con Dio: frequentarLo nell’orazione, parlare con Lui, esprimergli — cuore a cuore — il nostro affetto.

di San Josemaría Escrivá de Balaguer
Tratto da: Amici di Dio. Omelie

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La voglia di essere santi

Posté par atempodiblog le 1 novembre 2021

La voglia di essere santi dans Carlo Acutis Acutis

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Anche quest’anno estese a tutto novembre le indulgenze per i defunti

Posté par atempodiblog le 29 octobre 2021

Anche quest’anno estese a tutto novembre le indulgenze per i defunti
A causa del perdurare della pandemia e delle misure di contenimento, la Penitenzieria Apostolica viene incontro alle richieste avanzate da numerosi vescovi emanando un Decreto in cui si annuncia la proroga delle indulgenze plenarie in modo analogo al 2020
di Adriana Masotti – Vatican News

Anche quest'anno estese a tutto novembre le indulgenze per i defunti dans Articoli di Giornali e News Festa-dei-Santi-e-dei-fedeli-defunti

Un Decreto della Penitenzieria Apostolica, pubblicato oggi, stabilisce la possibilità anche quest’anno di ottenere le Indulgenze plenarie per i defunti per tutto il mese di novembre. Nel testo si legge che la decisione è stata presa dopo aver ascoltato “le varie suppliche recentemente pervenute da diversi Sacri Pastori della Chiesa, a causa dello stato di perdurante pandemia”. La Penitenzieria Apostolica, dunque, “conferma ed estende per l’intero mese di novembre 2021 tutti i benefici spirituali già concessi il 22 ottobre 2020”, attraverso un analogo Decreto col quale, sempre a causa del Covid-19, le Indulgenze plenarie per i fedeli defunti venivano prorogate per tutto il mese di novembre 2020.

L’opportunità spirituale offerta dalla proroga
Il testo prosegue illustrando i benefici della proroga: “Dalla rinnovata generosità della Chiesa  si legge  i fedeli attingeranno certamente pii propositi e vigore spirituale per indirizzare la propria vita secondo la legge evangelica, in filiale comunione e devozione verso il Sommo Pontefice, visibile fondamento e Pastore della Chiesa Cattolica”.

Il cardinale Piacenza: una devozione molto sentita
Il presente Decreto, così come quello emesso l’anno scorso, in piena pandemia, vuol venire incontro alla necessità ancora viva di evitare assembramenti causa potenziale di diffusione del Covid-19 che, anche se in diversa misura, colpisce ancora la popolazione mondiale. In un’intervista a Vatican News, dello scorso 23 ottobre, il Penitenziere Maggiore cardinale Mauro Piacenza, spiegava che “la consuetudine codificata è quella dell’indulgenza plenaria in ogni giorno dell’ottavario dall’1 all’8 novembre per tutti quelli che visitano i cimiteri pregando per i defunti, e il 2 novembre, nello specifico, la visita ad una chiesa o ad un oratorio recitando il Pater e il Credo. Questo è lo standard”. Si tratta di una forma di devozione molto sentita, proseguiva il cardinale Piacenza, che si esprime nel partecipare alla Messa e nella visita ai cimiteri, per questo, perché le persone possano diluire le visite senza creare resse, “si è pensato di diluire nel tempo la possibilità di fruire delle indulgenze e così per tutto novembre si potrà acquisire ciò che era previsto per i primi 8 giorni di novembre”.

Ravvivare la fede nella vita eterna
Riguardo poi al legame tra la solennità di Tutti i Santi e la commemorazione dei defunti il Penitenziere Maggiore ricordava che: “Siamo chiamati in questi giorni a ravvivare la nostra certezza nella gloria e nella beatitudine eterna” e raccomandava: “chiediamo con umiltà e fiducia il perdono per quanti ci hanno lasciati, per le loro piccole o grandi mancanze, loro che comunque sono già salvati nell’amore di Dio, e rinnoviamo il nostro impegno di fede”.

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Anime del Purgatorio…

Posté par atempodiblog le 24 octobre 2021

Anime del Purgatorio... dans Citazioni, frasi e pensieri san-padre-pio

Anime sante, anime del Purgatorio, pregate Iddio per me, ch’io Lo pregherò per voi, affinché vi doni presto la gloria del Paradiso”.

di San Pio da Pietrelcina

Divisore dans San Francesco di Sales

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L’Aldilà è tutto

Posté par atempodiblog le 2 novembre 2020

L'Aldilà è tutto dans Fede, morale e teologia L-Aldil-tutto

Ho settantotto anni, vado a gonfie vele verso l’eternità. Ebbene, per me non c’è che un personaggio che conta, ed è Cristo.

Egli ha un’autorità. La parola di Dio ha creato il mondo. Lui dice semplicemente e dice tutto. Tutto mi riporta a Lui. Se non ci fosse Cristo che cosa faremmo? Allora da questo punto di vista la critica è ben poco.

Noi siamo collegati con il mondo invisibile, siamo attaccati a Dio, molto più di quanto non lo sentiamo, con le più intime fibre del nostro essere. Io non sono altro che l’esteriorizzazione d’una delle idee di Dio. Coloro che con l’intimo della loro volontà sono legati a Dio, non credo che possano essere rigettati da Dio. Quanto a me cerco di starGli attaccato per quanto posso.

Tra poco entrerò nella mia eternità.

Credo di non aver mai cercato troppo di comparire; d’altronde l’apparire è stupidaggine, quel che vale è essere. Il gran giorno dell’eternità è un orizzonte talmente vasto che nulla conta davanti a Lui.

Nell’attesa cerco di lavorare alla perfezione delle anime, di farle vivere in una maniera ragionevole.

La vita è semplice. Basta aver l’intenzione di fare il proprio dovere, e il bene che fate vi vien messo in conto. Per noi cristiani le cose della terra non valgono; l’Aldilà è tutto.

Nella vita di Cristo vedete come tutto è orientato verso il Padre; Lui non fa che passare, e anche troppo presto.

Ritratto di Pouget, di Jean Guitton. Traduzione di Gennaro Auletta. Ed. Borla. 1963

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Le indulgenze plenarie per i defunti estese a tutto il mese di novembre

Posté par atempodiblog le 25 octobre 2020

Le indulgenze plenarie per i defunti estese a tutto il mese di novembre

Le indulgenze plenarie per i defunti estese a tutto il mese di novembre dans Articoli di Giornali e News Commemorazione-dei-defunti

Decreto
Questo anno,
nelle attuali contingenze
dovute alla pandemia
da “covid-19”,
le Indulgenze plenarie
per i fedeli defunti
saranno prorogate per tutto
il mese di Novembre,
con adeguamento delle opere
e delle condizioni
a garantire l’incolumità
dei fedeli.

Sono pervenute a questa Penitenzieria Apostolica non poche suppliche di Sacri Pastori i quali chiedevano che quest’anno, a causa dell’epidemia da “covid-19”, venissero commutate le pie opere per conseguire le Indulgenze plenarie applicabili alle anime del Purgatorio, a norma del Manuale delle Indulgenze (conc. 29, § 1). Per questo motivo la Penitenzieria Apostolica, su speciale mandato di Sua Santità Papa Francesco, ben volentieri stabilisce e decide che quest’anno, per evitare assembramenti laddove fossero proibiti:

a — l’Indulgenza plenaria per quanti visitino un cimitero e preghino per i defunti anche soltanto mentalmente, stabilita di norma solo nei singoli giorni dal 1° all’8 novembre, può essere trasferita ad altri giorni dello stesso mese fino al suo termine. Tali giorni, liberamente scelti dai singoli fedeli, potranno anche essere tra loro disgiunti;

b — l’Indulgenza plenaria del 2 novembre, stabilita in occasione della Commemorazione di tutti i fedeli defunti per quanti piamente visitino una chiesa o un oratorio e lì recitino il “Padre Nostro” e il “Credo”, può essere trasferita non solo alla domenica precedente o seguente o al giorno della solennità di Tutti i Santi, ma anche ad un altro giorno del mese di novembre, a libera scelta dei singoli fedeli.

Gli anziani, i malati e tutti coloro che per gravi motivi non possono uscire di casa, ad esempio a causa di restrizioni imposte dall’autorità competente per il tempo di pandemia, onde evitare che numerosi fedeli si affollino nei luoghi sacri, potranno conseguire l’Indulgenza plenaria purché, unendosi spiritualmente a tutti gli altri fedeli, distaccati completamente dal peccato e con l’intenzione di ottemperare appena possibile alle tre consuete condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), davanti a un’immagine di Gesù o della Beata Vergine Maria, recitino pie orazioni per i defunti, ad esempio le Lodi e i Vespri dell’Ufficio dei Defunti, il Rosario Mariano, la Coroncina della Divina Misericordia, altre preghiere per i defunti più care ai fedeli, o si intrattengano nella lettura meditata di uno dei brani evangelici proposti dalla liturgia dei defunti, o compiano un’opera di misericordia offrendo a Dio i dolori e i disagi della propria vita.

Per un più agevole conseguimento della grazia divina attraverso la carità pastorale, questa Penitenzieria prega vivamente che tutti i sacerdoti provvisti delle opportune facoltà, si offrano con particolare generosità alla celebrazione del sacramento della Penitenza e amministrino la Santa Comunione agli infermi.

Tuttavia, per quanto riguarda le condizioni spirituali per conseguire pienamente l’Indulgenza, si ricorda di ricorrere alle indicazioni già emanate nella nota «Circa il Sacramento della Penitenza nell’attuale situazione di pandemia», emessa da questa Penitenzieria Apostolica il 19 marzo 2020.

Infine, poiché le anime del Purgatorio vengono aiutate dai suffragi dei fedeli e specialmente con il sacrificio dell’Altare a Dio gradito (cfr. Conc. Tr. Sess. XXV, decr. De Purgatorio), tutti i sacerdoti sono vivamente invitati a celebrare tre volte la Santa Messa il giorno della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, a norma della Costituzione Apostolica «Incruentum Altaris», emessa da Papa Benedetto XV, di venerata memoria, il 10 agosto 1915.

Il presente Decreto è valido per tutto il mese di novembre. Nonostante qualsiasi disposizione contraria.
Dato in Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 22 ottobre 2020, memoria di San Giovanni Paolo II.

di Maurus Card. Piacenza
Paenitentiarius Maior

Christophorus Nykiel
Regens

Krzysztof-Nykiel dans Cardinale Mauro Piacenza

Un gesto di prossimità in tempo di pandemia

Questo anno, a causa della pandemia da covid-19, i fedeli hanno la possibilità di lucrare le indulgenze plenarie per i defunti per tutto il mese di novembre e non solo nei giorni tra il 1˚ e l’8, come da tradizione. Lo spiega il reggente della Penitenzieria apostolica, monsignor Krzysztof Nykiel, in questa intervista a «L’Osservatore Romano».

Cosa stabilisce il nuovo decreto?
Sostanzialmente, il decreto della Penitenzieria apostolica modifica le modalità previste per il conseguimento dell’indulgenza plenaria per le anime del Purgatorio, per il prossimo novembre, mese tradizionalmente dedicato al culto dei santi e alla preghiera per i fratelli defunti. Ordinariamente, infatti, l’indulgenza plenaria per i defunti è concessa al fedele che, nei giorni dell’ottava dal 1° all’8 novembre, si rechi al cimitero e preghi per i defunti, oppure a colui che, nel giorno della Commemorazione dei fedeli defunti, visiti una chiesa o vi reciti un Padre nostro e un Credo. Tuttavia, si è ben consapevoli della diffusione del covid-19 in tante aree del mondo e della necessità di prendere adeguate misure per prevenire l’estendersi del contagio, evitando anzitutto assembramenti di persone. Proprio per garantire l’incolumità dei fedeli che nei prossimi giorni intendono recarsi nei cimiteri a pregare sulle tombe dei loro cari, quest’anno la Penitenzieria ha voluto estendere il tenore delle suddette concessioni all’intero mese di novembre, per cui i fedeli potranno compiere le pie opere previste non più soltanto nei giorni dal 1° all’8 novembre o il 2 novembre, ma in un giorno a loro scelta di quel mese. Viene concessa su mandato di Papa Francesco e in accoglimento alle richieste pervenute da diverse Conferenze episcopali.

Ci può ricordare che cos’è l’indulgenza e come si consegue?
L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati già rimessi quanto alla colpa. Essa può essere parziale o plenaria, a seconda che liberi in parte o in tutto dalla pena temporale. Ogni fedele può conseguire per se stesso le indulgenze o applicarle ai defunti a modo di suffragio. Per ottenere l’indulgenza plenaria il fedele, con l’animo distaccato da qualsiasi peccato, deve eseguire l’opera indulgenziata e adempiere alle tre condizioni della confessione sacramentale, della comunione eucaristica e della preghiera secondo le intenzioni del Pontefice. L’indulgenza è la testimonianza concreta di quanto veramente l’amore di Dio è più grande di ogni peccato e che dove arriva la divina misericordia tutto rinasce, tutti si rinnova, tutto è risanato.

Il nuovo decreto non è l’unico provvedimento attuato dalla Penitenzieria in questo tempo di pandemia. Quali altre iniziative ha già preso?
La Penitenzieria apostolica è il tribunale della Curia romana, denominato “Tribunale della misericordia”, cui sono affidate le questioni relative al foro interno e alla concessione delle indulgenze. Il 19 marzo scorso ha emesso due documenti, che hanno avuto ampia risonanza, per chiarire alcuni aspetti legati alle materie di sua competenza in concomitanza con la diffusione su scala mondiale del coronavirus. Attraverso la Nota circa il sacramento della Riconciliazione nell’attuale situazione di pandemia, essa ha individuato nel diffondersi del contagio uno dei casi di grave necessità contemplati dal codice di Diritto canonico per autorizzare la concessione dell’assoluzione collettiva ai fedeli (cfr. can. 961 § 1), demandando al discernimento dei singoli ordinari la determinazione delle modalità concrete per la celebrazione del sacramento e ribadendo con forza, anche e soprattutto in questo tempo di grave sofferenza, la necessità di accostarsi al sacramento della riconciliazione. Con uno speciale decreto, inoltre, si è concesso il dono dell’indulgenza ai fedeli affetti dal morbo nonché agli operatori sanitari, ai familiari e a tutti coloro che, a qualsiasi titolo — anche con la preghiera — si prendono cura di essi. La Chiesa, dunque, è ben consapevole delle sofferenze inflitte dal covid-19 e, nel prendere su di sé la stessa croce del suo Signore e Maestro, si fa prossima a quanti sono nell’afflizione sia sul piano spirituale che materiale.

di Nicola Gori – L’Osservatore Romano

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Evitare il Purgatorio

Posté par atempodiblog le 14 août 2020

Evitare il Purgatorio
di Maria Tartaglino
tratto da: Amici di MARIA TARTAGLINO

Evitare il Purgatorio dans Fede, morale e teologia Maria-Tartaglino-e-Maria-Immacolata

«Ci saranno delle anime, tanto delicate, che diranno: “MA NON E’ QUESTA UNA VANA PRESUNZIONE, SPERARE DI EVITARE IL PURGATORIO, CHE NON E’ STATO SFUGGITO DA TANTI SANTI?”.  Io dico di sì, se l’anima si appoggiasse puramente su se medesima, sulla sua aspirazione, ma non già, invece, se quest’anima eccita, in se stessa, una sincera ed efficace risoluzione di voler essere tutta di Dio, convinta, però, appieno, di non avere, in ciò, le forze necessarie, tutta compresa della grande e stragrande bontà di Dio e della Sua onnipotenza e, rivolta a Lui con una semplice e filiale confidenza, dica: “O GESÙ, DOLCE MIO AMORE, AIUTAMI TU A METTERE IN PRATICA LA RISOLUZIONE CHE TU STESSO MI METTESTI IN CUORE, DI ESSERE TUTTA TUA, SCHIVARE PERFINO IL PURGATORIO….”: Una così generosa confidenza in Dio non può non essere grandemente accettata e però gradita a Dio stesso, più conforme al gusto del suo benefico cuore, e quindi capace di ottenere all’anima i più copiosi favori per arrivare felicemente ad avere ciò che essa confida nella sua aspirazione. Ma queste care anime potrebbero anche dire: “MA COME PUÒ QUESTO AVVENIRE SE, DA UNA PARTE, E’ INFINITA LA GIUSTA ESIGENZA DI DIO NEL NON TOLLERARE AL SUO COSPETTO NESSUN DIFETTO E, DALL’ALTRA PARTE, SI SA CHE E’ ANCHE INCONTESTABILE L’UMANA FRAGILITÀ, CHE E’ SEMPRE SOGGETTA A MILLE IMPERFEZIONI?”:  Io dico, per quello che ho capito, che questo è solo possibile per mezzo della perfetta ed intensa carità!!  E, difatti, non è forse vero essere parola di Dio, che la carità toglie la moltitudine dei peccati? Nella Chiesa si diedero sempre, e si danno, esempi tali di carità così perfetta ed efficace, nei quali tante persone, che, per il passato, si trovarono immerse in ogni sorta d’iniquità e, poi, in forza di tali atti di perfettissima carità e contrizione, colti anche improvvisamente dalla morte, passarono immediatamente alla visione di Dio, senza neppure toccare le fiamme del Purgatorio [...].

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La festa dei santi: milioni e milioni di amici, intercessori, modelli di vita

Posté par atempodiblog le 1 novembre 2019

La festa dei santi: milioni e milioni di amici, intercessori, modelli di vita
Festa in cielo; festa sulla terra; festa di famiglia; festa di milioni e milioni di nostri fratelli e sorelle; amici, intercessori, modelli di vita. Ci dicono che la santità è possibile; il vangelo è vivibile.
di Fra’ Samuele Duranti – Toscana Oggi

La festa dei santi: milioni e milioni di amici, intercessori, modelli di vita dans Fede, morale e teologia Tutti-i-santi

La santità non consiste nel fare miracoli, ma nell’attuare la volontà di Dio. E la volontà di Dio è la nostra santificazione. Siate santi perché Io sono santo. La santità è una chiamata universale; rivolta a ciascuno. Nessuno escluso. Anche noi siamo chiamati alla santità.

Chi sono i santi? Quanti sono? Qual è la strada della santità?

Lasciamoci guidare dalla Parola di Dio. Giovanni nell’Apocalisse scrive: sono una moltitudine immensa, sterminata, che nessuno poteva contare. Vengono tutti dalla grande tribolazione. Hanno superato la prova; tant’è che tengono in mano la palma della vittoria. Hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello, per questo sono immacolate. Sono i redenti. Cantano un inno di lode e di gratitudine a Dio e all’Agnello, che li ha salvati. Il vangelo delle beatitudini indica la strada percorsa per raggiungere la santità. i santi infatti sono «biografie» del Vangelo. In ciascuna beatitudine c’è posto per un santo. Le beatitudini sono la carta d’identità del discepolo-seguace di Gesù, che tende a conformarsi a Lui. I santi sono i capolavori dello Spirito Santo. Si sono lasciati amare; si sono lasciati modellare. Scolpire. Ho visto un blocco di marco e un uomo che lo scolpiva con forti martellate. Scaglie cadevano a terra. Dopo dei giorni sono tornato e ho visto un angelo. Non sapevo che dentro quel blocco di marmo ci fosse un angelo! E però era proprio così! «Quanto devo acquistare!», diceva Celina alla sorella santa Teresa di Gesù Bambino. E Teresa: «Quanto hai da perdere! Da togliere! Da buttar via!»

Invito vivamente a leggere e meditare l’Esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo di papa Francesco. Da vero scriba toglie fuori cose vecchie e cose nuove e di grande attualità. Ci dona molti spunti di riflessione. Scrive fra l’altro: «La santità è il volto più bello della Chiesa. È una vocazione per tutti; per ciascuno. Ognuno sulla strada che Dio gli ha tracciata. Nel suo stato di vita: famiglia, religiosa, ministeriale… È tessuta di piccoli gesti. La santità feriale, del fratello/sorella della porta accanto. Tessuta di pazienza, di generosità, di attenzioni; di cura e premura; di dono di sé: del tempo, delle energie di mente e di cuore».

Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto; a ogni età; in ogni condizione di vita; in ogni periodo della storia della salvezza.

I santi non sono nati santi. Tantissimi sono i convertiti; anzi, tutti hanno avuto bisogno di conversione. La parola «santità» ci spaventa perché pensiamo che i santi siano quelli che fanno miracoli. Assolutamente! Talvolta il Signore ha concesso anche questo, per manifestare la loro santità, ma la santità non consiste affatto nel fare miracoli, ma nel fare il più possibile la volontà del Signore: quello che Lui ogni giorno ci chiede.

Termino, per farmi capire: la vita cristiana in fondo corre su un binario. La rotaia della fede e la rotaia dell’amore. La rotaia della fede ti fa leggere negli avvenimenti di ogni giorno la volontà di Dio; nel mio dovere c’è il suo volere (magari ogni tanto me lo ricordo: «Ecco, ora il Signore mi vuole qui, a fare questo!»). La rotaia dell’amore ti fa intridere d’amore, appunto, tutto ciò che fai, che così diventa gradito al cuore di Dio, prezioso ai suoi occhi. Fa così e diventerai santo! Scrisse Leon Bloy: «Nella vita non c’è che una tristezza…quella di non essere santi». Riempiamo la vita di gioia!

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Esperienze ordinarie di Paradiso

Posté par atempodiblog le 1 novembre 2018

Esperienze ordinarie di Paradiso
Il Paradiso — Padre Livio Fanzaga, Ed. ARES

Esperienze ordinarie di Paradiso dans Fede, morale e teologia Il-Paradiso

Il paradiso è ciò che l’uomo desidera dal profondo del suo cuore. E’ la ragione per la quale è stato creato. E’ il fine ultimo della vita. E’ l’approdo della tormentata navigazione nel mare del tempo. Il golfo di luce del paradiso dà senso alle fatiche e alle traversie affrontate. Ogni uomo nasce crocifisso. Senza la gloria della resurrezione e la beatitudine eterna la vita avrebbe l’amaro sapore di una beffa. Se la vita è dolore, come insegnano l’esperienza e la saggezza dei popoli, che senso avrebbe se finisse, come osservava Pascal, con un paio di badilate di terra sulla fatidica bara? L’attesa del paradiso ha una sua logica razionale. Non è solo un desiderio insopprimibile, ma un postulato della ragione. Senza la prospettiva della vita eterna non varrebbe neppure la pena incominciare l’estenuante traversata. Il tentativo patetico di chi colloca il paradiso su questa terra per motivare la fatica di vivere, altro non è che una pietosa bugia, come l’ultima sigaretta offerta al condannato prima di sistemarsi sulla sedia elettrica. Il paradiso è l’unica risposta ragionevole e accettabile alla domanda che senso abbia una vita flagellata dal male e dalla sofferenza e votata inesorabilmente alla morte.

Il desiderio del paradiso ha una sua razionalità. E’ radicato profondamente nella natura umana nella quale si riflette l’ immagine divina. L’uomo, creato capace di Dio, è stato ordinato fin dal principio al paradiso. L’Eden originario, dove l’uomo godeva della divina amicizia e di doni straordinari, prima fra tutti quello dell’immortalità, è una profezia del paradiso. La condizione esistenziale dei progenitori dell’umanità era un’attesa della beatitudine eterna. Non c’è da meravigliarsi che le tematiche connesse al paradiso attraversino le culture più diverse. Senza il paradiso, quello vero, che la Parola di Dio ci ha rivelato, la vita umana sarebbe un’ombra subito dissipata e lo stesso cammino storico dell’umanità sarebbe un correre inutile verso il nulla. Il Paradiso è necessario perché la vita umana abbia un senso e la storia uno sbocco. Come il mondo ha bisogno di un Dio creatore per essere razionale e intelligibile, così il mistero della nostra esistenza, assediata dal dolore e dalla morte, ha bisogno della speranza della vita eterna per essere sopportabile.

La ragione può ipotizzare l’esistenza di una felicità ultraterrena a partire dalle considerazioni sulla natura umana, orientata alla trascendenza, e sui desideri del cuore impregnati di infinito. Ma è la Parola di Dio che afferma esplicitamente che l’uomo è stato creato per il paradiso. Nel mirabile affresco, nel quale delinea il grandioso piano della creazione e della redenzione, S. Paolo così si esprime: “In lui (Cristo) ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi, mediante Gesù Cristo, secondo il disegno di amore della sua volontà” (Ef 1, 4-5). Per l’apostolo c’è una vera e propria predestinazione dell’uomo al paradiso, dove gli uomini sono figli adottivi di Dio in Cristo Gesù. Il Padre crea ogni uomo mediante Gesù Cristo e in vista di Lui, perché sia santo e immacolato davanti a Lui nella carità. 
Il fine per cui Dio crea gli uomini è la gloria del cielo. Il catechismo tradizionale sintetizzava l’insegnamento millenario della Chiesa con parole di una semplicità disarmante. “Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e per goderlo per sempre nell’altra in paradiso”. La dottrina cattolica ha rigettato l’opinione di Calvino sulla doppia predestinazione, come se Dio creasse gli uomini alcuni per il paradiso e altri per l’inferno (cfr Institutio, 3.221.5).

E’ aberrante per il concetto stesso di divinità, come per la dignità dell’uomo creato libero, che Dio decida con un decreto eterno che alcuni siano predestinati alla vita eterna e altri alla dannazione eterna. L’amore di Dio ha creato gli angeli e gli uomini perché partecipino alla gloria e alla gioia della Santissima Trinità. Il raggiungimento della meta è un dono di grazia, ma passa attraverso la libera scelta di ognuno. Decidersi per il paradiso è dunque ciò che l’uomo deve fare nel tempo della vita perché raggiunga il suo fine ultimo. 
Non solo l’uomo è creato per il paradiso, ma lo sperimenta già qui sulla terra, grazie al dono dello Spirito Santo. La presenza dello Spirito nel cuore dell’uomo fa sì che il desiderio della felicità eterna si faccia strada nel groviglio dei desideri carnali e tenga viva la speranza della luce anche nei momenti più oscuri. Lo Spirito Santo è l’amore di Dio diffuso nei nostri cuori. La sua azione intima e silenziosa fa pregustare, nel tempo del pellegrinaggio, la gioia del cielo, acuendone sempre più il desiderio. La certezza del paradiso proviene indubbiamente dall’atto di fede, che crede fermamente nella divina rivelazione, in particolare alle parole di Gesù al riguardo. Tuttavia la verità della fede è confortata dall’esperienza della vita cristiana, che, in quando avvolta dall’amore di Dio e dalla sua grazia, fa pregustare la felicità del cielo. Dio, nella sua sublime sapienza nel guidare le anime, le infiamma per il paradiso facendo pregustare quella che S. Paolo chiama la “caparra” della vita eterna.

“In Lui (Cristo) siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo, che era stato promesso, il quale è la caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria” (Ef 1, 11-14). Nella visione paolina, prima di conseguire la completa redenzione in cielo, il cristiano può già sperimentare su questa terra un “anticipo” (“caparra”) della gloria e della gioia future. Non si tratta un dono particolare riservato ad alcune anime privilegiate, ma della normalità della vita cristiana, in quanto permeata e guidata dallo Spirito Santo (cfr Rm 8, 14- 17).

Tuttavia l’esperienza del paradiso può anche assumere il significato di una grazia particolare, che Dio concede, in determinati momenti della loro vita, a delle anime privilegiate. Al riguardo assumono uno straordinario valore le esperienze mistiche di alcuni santi, che Dio concede non solo come dono personale, ma anche per la edificazione del popolo cristiano. Si tratta indubbiamente di esperienze straordinarie, che però confermano la vita cristiana ordinaria vissuta sotto la guida dello Spirito. L’anima sposa, accesa dall’amore di Dio, vorrebbe sciogliere i vincoli della carne per poter unirsi subito a Cristo sposo. La vita sulla terra appare un esilio insopportabile e la morte una liberazione. “Mòro perché non moro” (“Muoio perché non muoio”) recita il celebre ritornello di una poesia di S. Teresa d’Avila. “ Morte, orsù, dunque, affrettati, scocca il tuo dardo d’oro! Quella che in ciel tripudia, quella è la vira vera; ma poiché invan raggiungerla, senza morir, si spera, morte, crudel non essere, dammi il il Tesor che imploro!” (S. Teresa d’Avila – Poesie- Desiderio del Cielo).

Non bisogna tuttavia pensare che i mistici abbiano trascorso l’intera vita in questa continua tensione amorosa. Anche loro hanno avuto momenti, a volte lunghi, di oscurità e di aridità. Dio conduce le anime non solo con infinita sapienza, ma anche con straordinaria dolcezza. Ciò che Dio concede come dono straordinario ad alcune anime, non lo nega come esperienza ordinaria a tutte quelle anime che aprono il cuore al suo amore. Non c’è anima aperta ai tocchi della grazia nella quale Dio non versi qualche goccia del suo amore purissimo. Si tratta di momenti speciali, che sono delle vere e proprie perle preziose da conservare gelosamente nel segreto del cuore lungo il cammino della vita. Quando si è sperimentata, anche per un solo istante,la dolcezza del paradiso non la si dimentica più.

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Su Halloween, i Santi e l’insipienza di noi cristiani

Posté par atempodiblog le 30 octobre 2017

Su Halloween, i Santi e l’insipienza di noi cristiani
di Costanza Signorelli – La nuova Bussola Quotidiana

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“Tenete a casa i vostri figli quella notte, perché – anche senza volerlo e a loro insaputa – gioirebbero e danzerebbero per il Grande Cornuto, che appunto… è un cornuto. E che non può salvarli!”. Don Ermes Macchioni, sacerdote in Fontana di Rubiera (Reggio Emilia) ed attivissimo esorcista da oltre trent’anni, sulla cosiddetta “festa” di Halloween ha le idee molto chiare: “quella è la notte più esoterica e satanica di sempre”. Eppure, non è tanto con la festa pagana che il don se la prende perché “il mondo civile può celebrare quello che vuole”, ma è con “l’insipienza e l’incoerenza di noi cristiani”. Tutt’altro che una lamentela la sua: è la semplice (e sempre meno scontata) volontà del buon pastore di condurre il gregge verso una vita cristiana radicale e ben radicata nel Vangelo. E infatti don Ermes ha dato inizio a quella che – dalle sue parti – è ormai diventata una tradizione: la grande festa dei Santi nella sera del 31 ottobre. Sera in cui, per l’appunto, il calendario liturgico cristiano segna la vigilia di Ognissanti. Così: bambini e ragazzi, adulti e piccini, si trovano tutti insieme per festeggiare nel nome e nella gloria del Signore. La Nuova Bq lo ha intervistato per approfondire questa vincente iniziativa e per fare un po’ di chiarezza su Halloween che, molto spesso, è considerata una festa innocua anche dai credenti.

Intanto, don Ermes, ci racconti: com’è questa Festa dei Santi che si è inventato?
Circa dieci anni fa, quando ancora ero parroco nella chiesa di San Michele a Sassuolo, ho capito che era necessario offrire ai bambini e ai ragazzi una proposta positiva che si contrapponesse alla sempre più celebrata notte di Halloween. Fu così che iniziai a organizzare la festa dei Santi proprio nella sera del 31 ottobre, che è in assoluto la notte più esoterica e satanista dell’anno. Qualche anno fa io ho cambiato parrocchia, ma quella festa non ha mai smesso e continua tuttora. Si tratta di un momento di aggregazione semplice e gioioso, con giochi, canti, dolci e tutto quanto si possa trovare in un’autentica festa. E però, è una festa alla luce dei Santi! Ognuno sceglie il santo che più sente vicino alla propria storia personale, per esempio quello di cui porta il nome, e poi è chiamato a dare ragione di questa rappresentazione. Si apre così un momento di gioiosa catechesi sulla vita dei santi e sulla bellezza e l’importanza che la loro vita rappresenta nella storia della Chiesa. Ma anche nella nostra storia personale: i bambini, i ragazzi devono essere educati a guardare ai santi come veri modelli di vita. Poi, chi non si traveste da santo si deve vestire esclusivamente di bianco.

Insomma mi sembra di capire: niente travestimenti da maghi, streghe o morti che camminano…
Quanti sanno davvero perché ad Halloween ci si veste così? Cosa significa? Nel rituale originale di Halloween sta scritto: « Nella vigilia di Ognissanti i defunti uscivano dai sepolcri, per tornare ancora una volta con gli amici di un tempo a godere il tepore, il conforto e la gioia dell’amicizia. Che tutti quanti siano felici e colmi di gioia. Danziamo dunque e stiamo felici per tutti i nostri fratelli che hanno già varcato la soglia……proprio come accade oggi ». No! Questa è esattamente una catechesi al contrario, una catechesi cattolica rovesciata! Non accade per niente questo perché non può accadere: non esiste un auto-risurrezione! Il cristiano non può celebrare questo, nemmeno per scherzo. I nostri defunti non ritornano; essi sono viventi in Cristo (e speriamo tutti), ma non possono tornare da noi. Siamo noi che dobbiamo raggiungere il loro mondo. Attenzione: per raggiungere il loro mondo non serve la magia di streghe e fattucchieri, ma serve seguire Cristo, imparare a vivere come Lui e a morire come Lui. Noi cristiani non celebriamo i demoni, ma i Santi che sono vivi in Cristo!

Perciò un cattolico, per la sua stessa fede, dovrebbe opporsi alla festa di Halloween?
Io non mi presento contro Halloween, ma contro l’insipienza e l’incoerenza di noi cristiani. Cioè: uno è libero di fare come crede, il mondo civile può scegliere di fare tutte le feste che vuole. Però io dico: perché noi cristiani dobbiamo prendere parte a feste pagane?

Molti le risponderebbero: “per divertirsi, per far divertire i bambini, che male c’è?”
A parte che per divertirsi e far divertire i bambini ci son ben altri modi. Per esempio: venendo all’oratorio vestiti di bianco come nella nostra festa, i bambini e i ragazzi fanno tutto quello che fanno quelli vestiti di nero, i quali invece non sanno affatto quello che stanno facendo in quella notte.

Che cosa stanno facendo?
Bisogna sapere che la magia di Halloween è ben di più. Non è solo un fatto sociologico e commerciale, ma è un evento spirituale partecipando al quale, anche solo passivamente, cioè per moda, si commetterebbe un peccato d’idolatria. Poiché si renderebbe comunque un’adorazione implicita a satana, aderendo alla festa magica di quella notte. Noi battezzati respingiamo con forza tutto questo perché amiamo e teniamo dentro un altro tipo di Speranza, che sgorga come Sorgente perenne da un Sepolcro trovato vuoto, in un’alba di splendore accecante: l’Alba Pasquale!

Perché c’entra satana?
Sempre nel rituale originale di Halloween si parla di « decorare e drappeggiare », di « canti, musiche, recitativi…che si ispirino tutti alla morte, agli spiriti, ai fantasmi e alla magia, anche se non devono essere privi di toni di conforto e piacevolezza ». E ancora: « Sull’altare va collocato, fra gli strumenti necessari, anche un elmo cornuto o qualcosa che bene rappresenti questo concetto ». Domando allora: chi rappresenta codesto elmo cornuto?!? Ecco la preghiera del rituale: « Con questo, nella santa vigilia di Samhain, ti concedo il dominio e il potere, o Grande Cornuto, Dio dei regni tenebrosi ». Allora da esorcista io dico a tutti: non si può giocare con i dèmoni, nemmeno indirettamente! Ad Allen Kardec, che è il teorizzatore dello spiritismo e lui stesso grande spiritista dell’Ottocento, gli spiriti fecero questa confessione: “Quando voi ci tendete la mano per chiedere qualunque cosa, anche la più banale, per noi è un invito a farci avanti”.

Però poi c’è un paradosso: si accolgono feste come Halloween o simili, ma si parla sempre meno del diavolo a tutti i livelli, tanto più se si tratta di bambini o ragazzini. Don Ermes, occorre parlare del diavolo? Anche ai più piccoli?
Ma certo che occorre, io sono un esorcista! I genitori dovrebbero smetterla di pensare che il diavolo faccia paura ai loro figli, anche perché i loro figli tramite internet vanno proprio a cercare queste realtà! I genitori magari non se ne accorgono, ma proprio attraverso quei telefoni che i ragazzini hanno sempre tra le mani,  loro imparano, ad esempio, come fare i medium, come fare le sedute spiritiche e fanno anche ben altro… Perciò i genitori non si accorgono che i loro figli, purtroppo, sono molto più avanti di loro. Questo è problema veramente serio che come esorcista conosco bene! E poi aggiungo un’altra cosa.

Prego.
Se la Madonna di Fatima, la prima cosa che ha fatto con i veggenti – che avevano 7, 9 e 10 anni – è stata di fare vedere loro l’inferno. Proprio Lei che è “La Madre”, la prima cosa che ha fatto è stata di portarli a vedere l’inferno. E le nostre mamme cristiane? Perché allora si trattengono da questo?

Magari per paura…
Un cristiano non deve avere paura del diavolo! E’ il diavolo che ha paura di noi cristiani! Noi dobbiamo tenercelo lontano, non dobbiamo andarlo a cercare. Ma dobbiamo anche sapere che il diavolo ha paura di noi, perché se viviamo il nostro battesimo, se lo viviamo fino in fondo, il diavolo non può toccarci! Perciò bisogna cominciare ad educare i bambini sin da piccoli, non si può cominciare quando ormai il mondo li ha avvolti: la preghiera, i sacramenti, una catechesi sulla vita morale. E bisogna anche iniziare a insegnar loro a combattere il maligno che esiste e opera: per esempio, rinunciando a far star male gli altri, rinunciando all’orgoglio, rinunciando a vendicarsi, rinunciando a tutte quelle attività che si contrappongono alla domenica come giorno del Signore, magari ridimensionando un po’ il calcio etc… Ma più che la paura, la ragione per cui non si parla più del diavolo è un’altra.

Quale?
E’ venuta a mancare la fede. E’ venuta a mancare la frequentazione ai sacramenti, in particolare la Santa Messa. Non so dalle vostre parti, ma da noi alla domenica si va a fare la spesa al centro commerciale e non c’è più tempo di andare a messa. Io sono esorcista da trent’anni ormai: prima era difficile trovare dei posseduti, erano davvero pochi. Adesso quelli che, in un modo o in altro, sono caduti nelle mani del diavolo sono davvero tanti. Il diavolo oggi si sta dando un gran da fare e credo che gioisca tanto perché la fede si è intristita, la fede è stata abbandonata. Bisogna tornare con forza ai sacramenti e alla preghiera: le vere armi della vittoria contro il male!

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