• Accueil
  • > Archives pour le Mercredi 30 juillet 2008

Il conto

Posté par atempodiblog le 30 juillet 2008

Il conto dans Don Bruno Ferrero diddlrz7

Una sera, mentre la mamma preparava la cena, il figlio undicenne si presentò in cucina con un foglietto in mano.
Con aria stranamente ufficiale il bambino porse il pezzo di carta alla mamma, che si asciugò le mani col grembiule e lesse quanto vi era scritto:
“Per aver strappato le erbacce dal vialetto: Lire 5.000.
Per avere ordinato la mia cameretta: Lire 10.000.
Per essere andato a comperare il latte: Lire 1.000.
Per aver badato alla sorellina (tre pomeriggi): Lire 15.000.
Per aver preso due volte ottimo a scuola: Lire 10.000.
Per aver portato fuori l’immondizia tutte le sere: Lire 7.000.
Totale: Lire 48.000″.

La mamma fissò il figlio negli occhi, teneramente. La sua mente si affollò di ricordi. Prese una biro e, sul retro del foglietto, scrisse:
“Per averli portato in grembo per 9 mesi: Lire 0.
Per tutte le notti passate a vegliarti quando eri ammalato: Lire 0.
Per tutte le volte che ti ho cullato quando eri triste: Lire 0.
Per tutte le volte che ho asciugato le tue lacrime: Lire 0.
Per tutto quello che ti ho insegnato, giorno dopo giorno: Lire 0.
Per tutte le colazioni, i pranzi, le merende, le cene e i panini che ti ho preparato: Lire 0.
Per la vita che ti do ogni giorno: Lire 0.
Totale: Lire 0″.

Quando ebbe terminato, sorridendo la mamma diede il foglietto al figlio. Quando il bambino ebbe finito di leggere ciò che la mamma aveva scritto, due lacrimoni fecero capolino nei suoi occhi.
Girò il foglio e sul suo conto scrisse: “Pagato”.
Poi saltò al collo della madre e la sommerse di baci.

Quando nei rapporti personali e familiari si cominciano a fare i conti, è tutto finito. L’amore è gratuito, o non è.

“In un giorno caldo, preparai dei coni gelato e dissi ai miei quattro figli che potevano comprarli per un abbraccio. Quasi subito, i ragazzi si misero in fila per fare il loro acquisto. I tre più piccoli mi diedero una veloce stretta, afferrarono il cono e corsero di nuovo fuori. Ma quando venne il turno di mio figlio adolescente, l’ultimo della fila, ricevetti due abbracci. Tieni il resto disse con un sorriso”.

di Bruno Ferrero – A volte basta un raggio di sole

Publié dans Don Bruno Ferrero, Racconti e storielle | Pas de Commentaire »

L’ecologismo integrista

Posté par atempodiblog le 30 juillet 2008

Sporcano l’universo. Smettete di far figli

L'ecologismo integrista dans Articoli di Giornali e News didldv1

L’ultima dalla Gran Bretagna: fate meno bambini, perché inquinano…

L’ultima dalla Gran Bretagna: fate meno bambini, perché inquinano. Il British Medical Journal pubblica l’appello del professor John Guillebaud, professore emerito di Pianificazione familiare all’University College di Londra, che esorta i suoi connazionali di andarci piano, con la riproduzione:
«Un bambino che nasce nel Regno Unito produrrà gas serra in misura 160 volte maggiore a un bambino etiope», denuncia il docente emerito, e spiega che se si vuole lasciare un pianeta abitabile ai nipoti «è opportuno non avere più di due figli». In realtà, quest’ansia pare inattuale, visto che a oggi il tasso di fecondità delle inglesi è di 1, 8 figli per donna, dunque di un figlio a coppia, al massimo due, più o meno come nel resto d’Occidente.
Ma questo non soddisfa i professori dell’«Optimum population trust», dediti ad alacri brain storm (tempeste di cervelli) sulla potenzialità inquinante di quell’invadente animale chiamato uomo. Basta fare due conti: quanto latte in polvere, quanti omogeneizzati e relativi vasetti, quanto detersivo fa consumare ogni nuovo arrivato, mentre ci distrae con quel suo candido sorriso? E i pannolini, vogliamo parlare dei pannolini, sintetici e orribilmente antiecologici? Ogni neonato ne consuma almeno cinque al giorno, per due anni fanno 3650 pannolini da riciclare – senza contare che qualcuno tarda anche di più, a imparare a non farsela addosso. E poi, crescendo, tricicli, biciclette, computer, moto. Plastica, chip, carta, ed energia, e carburante: è una massa opprimente, a pensarci, ciò che consumerà ogni nuovo venuto – con quella sua aria falsamente innocente.
E dunque, dicono dalle aule austere dell’University College, piantatela di fare tanti bambini. Bucano l’ozono, rodono le foreste amazzoniche, surriscaldano il pianeta, squagliano i ghiacci del Polo. Occorre essere responsabili, e pianificare il figlio unico come modello corretto di Famiglia Ecologicamente Sostenibile.
Un’amenità, quella del British Medical Journal, da stampa di mezza estate, quando si tirano fuori dai cassetti i resti che finora non si è osato pubblicare? No, all’«Optimum population trust» fanno sul serio.
L’appello possiede una sua logica, anche se declinata all’estremo: quella di un ecologismo integralista, che individua nell’uomo il distruttore del pianeta, e si affanna a contrastarlo in difesa di un ideale di natura incontaminata, senza strade né case né fabbriche. Un pianeta di foreste vergini, e pinguini e gnu felicemente prolificanti: dove tutte le creature si riproducono liete, tranne l’homo sapiens. L’uomo, che produce gas, e scava discariche, e inquina i cieli – l’uomo, che sporca.
È un idolo la natura per questo ambientalismo, un Eden da restaurare, ma espellendo Adamo. Che è un animale, sì, ma fastidiosamente, ostinatamente diverso: animale che immagina e crea, sempre teso ad andare oltre ciò che ha ereditato dai padri. Come da un altro stampo ricavato. Certo, l’uomo, anche, distrugge. E tuttavia, dalle palafitte al Partenone, alla scoperta del Dna, non tutto il fare dell’uomo può essere ridotto a un parassitario depredare. Ma, l’idolatria di certo ambientalismo sta proprio in questa divinizzazione di una natura intangibile, in antitesi all’operare umano, quasi che del Creato fossimo gli intrusi.
Forse, se gli accorati appelli dei Guillebaud britannici e nostrani venissero integralmente raccolti, secoli dopo l’implosione demografica e il crollo dell’economia sui ruderi delle autostrade tornerebbero a verdeggiare le foreste, e i fiumi scorrerebbero trasparenti come al principio. Un pianeta di nuovo vergine e selvaggio. Peccato che a guardarlo, e a raccontarlo, e a domandarsi chi ha creato tutto questo, non ci sarebbe più nessuno.

image11ha6 dans Marina Corradi di Marina Corradi – Avvenire

Publié dans Articoli di Giornali e News, Marina Corradi, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Quando vediamo i nostri cari soffrire…

Posté par atempodiblog le 30 juillet 2008

Atteggiamento di fronte alla sofferenza dei nostri cari

Rischiamo spesso di perdere la pace, nel caso in cui una persona a noi vicina venga a trovarsi in una situazione difficile. A volte siamo molto più toccati e preoccupati per la sofferenza di un familiare o di un bambino che per la nostra. Questo in sé è molto bello, ma non deve costituire motivo di disperazione. Quali inquietudini, talvolta eccessive, regnano in alcune famiglie quando uno dei componenti è provato nella salute, disoccupato, vive un momento di depressione, ecc. Quanti genitori si lasciano consumare dalla preoccupazione per un problema di un loro figliolo.
Tuttavia il Signore ci invita, anche in questo caso, a non perdere la pace interiore. Il nostro dolore è legittimo, purché mantenuto in una condizione di tranquillità. Il Signore non potrebbe abbandonarci: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se questa donna si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai» (ls 49,15).
Un punto sul quale vorremmo insistere è il seguente: così come è importante saper distinguere tra la vera e la falsa umiltà, tra il vero pentimento (pacifico e fiducioso) ed il falso (l’inquieto rimorso che para­lizza), si rende necessario saper distinguere tra quelle che po­tremmo chiamare la vera e la falsa compassione.
È pur certo che più avanziamo nella vita cristiana, più la nostra compassione cresce. Mentre noi siamo per natura tanto indifferenti e duri, lo spettacolo della miseria del mondo e la sofferenza dei fratelli strappano lacrime ai santi, ai quali l’intimità con Gesù ha reso il cuore «liquido», secondo l’espressione del Curato d’Ars, San Domenico passava le sue nottate a supplicare il Signore, pregando e piangendo: «Mia Misericordia, cosa ne sarà dei peccatori?». Potremmo arro­gare il diritto di mettere seriamente in dubbio la validità della vita spirituale di una persona che non manifestasse una vera compassione per il prossimo.
La compassione dei santi è profonda, pronta a sposare tutte le miserie e ad alleviarle, ma è anche sempre dolce, calma e fiduciosa. Essa è un frutto dello Spirito Santo.
Mentre la nostra compassione è spesso intrisa di preoccupazione e turbamento. Abbiamo un modo di coinvolgerci nella sofferenza dell’ altro che talvolta non è giusto, perché motivato più dall’amor proprio che da un vero amore. Riteniamo sia giusto preoccuparsi eccessivamente per qualcuno in difficoltà e che questo sia un segno evidente dell’ amore che nutriamo nei suoi confronti. Ciò è falso. Spesso in questo atteggiamento nascondiamo un grande amore per noi stes­si: non sopportiamo la sofferenza degli altri perché noi stessi abbiamo paura di soffrire, ci sentiamo minacciati da questa sofferenza dell’ altro, mancando per primi di fiducia in Dio. E normale essere profondamente toccati dalla sofferenza di qualcuno che ci è caro, ma se a causa di questo ci tormentiamo fino a perdere la pace, significa che il nostro amore per questa persona non è ancora pienamente spirituale e puro, non è ancora fondato in Dio. E un amore troppo umano, un po’ egoista e che non ha sufficiente fondamento in un’incrollabile fiducia in Dio.
Per essere veramente una virtù cristiana, la compassione deve procedere dall’amore (che consiste nel desiderare il bene di una persona, nella volontà di aiutarla alla luce di Dio e in accordo con i suoi disegni) e non dal timore (paura della sofferenza, di perdere qualcosa o qualcuno). Di fatto, dobbiamo riconoscere che troppo spesso il nostro atteggiamento di fronte ai nostri cari, che sono nella sofferenza, è più condizionato dalla paura che fondato sull’ amore.
Diciamoci chiaramente una cosa: Dio ama infinitamente più di noi e meglio di noi quelli che ci sono vicini. Egli desidera che crediamo a questo amore ed anche che sappiamo abbandonare tra le sue mani gli esseri a noi cari. Così facendo li aiuteremo in modo ben più valido. I nostri fratelli e sorel­le che soffrono hanno bisogno di avere attorno a loro perso­ne serene, fiduciose e gioiose. Saranno da esse aiutati molto più efficacemente che da persone preoccupate ed ansiose.
Spesso la nostra falsa compassione non fa che aggiungere tri­stezza alla tristezza e smarrimento allo smarrimento. Essa non è fonte di pace e di speranza per coloro che soffrono.

 Vorrei riportare, come esempio concreto. Una giovane donna soffre molto a causa di una forma di depressione, con paure angosciose che le impediscono spesso di uscire sola in città. Ho parlato con la madre: scoraggiata, in lacrime, ha supplicato che si pregasse per la guarigione della figlia. Ho rispetto infinitamente il dolore comprensibile di una madre.
Naturalmente abbiamo pregato per questa figlia, ma ciò che mi ha colpito è che più tardi, avendo avuto l’occasione di parlare con la giovane, mi sono reso conto che viveva la sua sofferenza nella pace.
Mi diceva: «Sono incapace di pregare, ma la sola cosa che non smetto mai di dire a Gesù è la parola del Salmo: Tu sei il mio pastore, non manco di nulla». Diceva anche di vedere dei frutti positivi della sua malattia, in particolare in suo padre che, un tempo tanto lontano da lei e dal Signore, cambiava ora atteggiamento.
Ho incontrato spesso casi del genere: una persona è nella prova e la vive molto meglio di quanti, tra quelli che la circondano, si agitano e si preoccupano per lei!
C’è, a volte, la tendenza a moltiplicare in modo esagerato le preghiere di guarigione, perfino di liberazione, ricercare tutti i modi possibili ed immaginabili per ottenere la guarigione della persona, e non ci si rende conto che la mano di Dio è su di lei in modo del tutto evidente.
Si devono accompagnare le persone che soffrono con una preghiera perseverante, sperarne la guarigione, e fare il possibile per ottenerla, ma occorre farlo in un clima di pace e di abbandono in Dio.

Fonte: comeunafonte

Publié dans Fede, morale e teologia, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »