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Prima di partire

Posté par atempodiblog le 22 juillet 2008

Viaggi: attenzione alla profilassi prima di partire
Novità sui farmaci e consigli utili

Prima di partire dans Viaggi & Vacanze manualeviaggiatorexh1

24 novembre 2007. Le vacanze di Natale si avvicinano e molti avranno già programmato un viaggio in una località esotica o in montagna per tornare ritemprati e abbronzati al lavoro in gennaio. Prima di partire però sarebbe meglio prendere alcune semplici precauzioni al fine di tutelare la propria salute e non rischiare di passare l’intera vacanza chiusi in una stanza d’albergo. Può essere utile seguire le indicazioni fornite dal sito della Farnesina “Viaggiare Sicuri” per quanto riguarda le aree più a rischio di malattie endemiche e nei casi opportuni fare le vaccinazioni consigliate. Inoltre presso gli ambulatori di Profilassi Internazionale si possono reperire utili manuali dove è possibile leggere tutte le informazioni necessarie (nella foto, il Manuale Sanitario del Viaggiatore della SIMVIM, Società Italiana di Medicina dei Viaggi e delle Migrazioni).

Il primo passo essenziale è rivolgersi al proprio medico di base per i consigli in caso di vaccinazioni. Prima di una partenza è importante procurarsi i farmaci che si assumono abitualmente, poiché potrebbe non essere facile trovarli all’estero, e poi dotarsi di una piccola farmacia da portare con sé.

I farmaci che si dovrebbero mettere in valigia sono quelli che possono contrastare i malesseri più comuni per chi viaggia e che sappiamo essere i problemi di tossinfezioni alimentari, disturbi come la febbre, il mal di testa e altri inconvenienti come i problemi dovuti al sole e al clima. Non dovrebbero mancare: un antibiotico in caso di febbre, un antidiarroico sintomatico in caso di diarrea, antifebbrili, antidolorifici, antispastici contro le coliche, un antichinetosico per il mal d’aria o di mare, gli antistaminici per le fastidiose punture d’insetti, le gocce per problemi alle orecchie e un collirio.

Per chi dovrà affrontare un lungo viaggio in aereo può essere d’aiuto cercare di muoversi un po’ ogni tanto e bere molto, evitando caffè e alcool, per prevenire problemi di gonfiore agli arti inferiori o, ancora peggio, delle possibili flebiti. Arrivati sul posto occorrerà cercare di smaltire la sindrome dei fusi orari, detta comunemente jet lag, cercando di riappropriarsi dei propri regolari cicli circadiani.

Occorre poi prestare grande attenzione a ciò che si beve e si mangia. Infatti gli alimenti e l’acqua sono uno dei principali modi di contrarre malattie infettive o intossicazioni. Per non correre rischi è sempre meglio bere acqua sigillata in bottiglia, non aggiungere ghiaccio alle bevande, non mangiare frutta e verdure crude, evitare il latte e latticini preparati con latte non pastorizzato, non mangiare mai frutti di mare e non scegliere mai pesce, carni, o uova crude. Evitare sempre di mangiare in luoghi poco puliti e pieni di insetti e, soprattutto, sarebbe meglio non acquistare cibi o bevande da venditori ambulanti, proprio perché privi dei requisiti minimi di igiene. In caso ciò non fosse possibile per il tipo di vacanza avventurosa scelta, la raccomandazione è quella di mangiare poco per essere così aiutati nella prevenzione dal succo gastrico. Allo stesso modo i cibi offerti dalla cordialità della gente del luogo sono vivamente sconsigliati perché potrebbero essere un veicolo per infezioni contro le quali noi non siamo in grado di difenderci, a differenza dei residenti che possono avere sviluppato una naturale immunità. 

Se non siete proprio riusciti a resistere alle tentazioni della cucina locale, è probabile che dovrete fare i conti con situazioni alquanto sgradevoli, come la diarrea acuta. Anche in questo caso ricordatevi di premunirvi prima di partire, specialmente se vi recate in zone con clima molto diverso. Sono oggi disponibili nuovi farmaci che non presentano effetti collaterali o interazioni con altri medicinali, come succedeva invece per i loro predecessori e, soprattutto, non mascherano eventuali patologie più gravi che possono essere diagnosticate e quindi curate una volta tornati dal viaggio. Questi nuovi prodotti sono efficaci nel ridurre i tempi di guarigione e i fastidiosi sintomi associati alla patologia in questione e possono essere somministrati anche in età pediatrica.

Naturalmente per situazioni più gravi è sempre buona norma chiedere all’agenzia di viaggi se è possibile stipulare un’assicurazione che copra tutte le eventuali spese di ricovero, cure sanitarie e dell’eventuale rimpatrio anticipato.

di Monica Costa - buonenotizie.it

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L’abbronzatura, il lifting e la « Bella ragazza » di Nazareth…

Posté par atempodiblog le 22 juillet 2008

Guardatevi attorno: tutto è un grido verso quel 15 agosto…

L’abbronzatura, il lifting e la

Sembra ieri che abbiamo vinto il campionato del mondo di calcio e già le belle bandiere tricolori messe a sventolare sulle finestre, sulle terrazze, nei bar o nei bagni al mare si sono scolorite. Erano così scintillanti. Ora sono inguardabili. Ne vedi alcune sfilacciate e strappate dal vento, altre consunte dal sole, altre ancora sporcate dalla pioggia. E’ incredibile come facciano presto, le bandiere, a sciuparsi. Tutte le bandiere. Non fai in tempo a crepare per loro che sono già diventate un cencio indecente. Da vessilli garruli e trionfanti in poco tempo diventano stracci tristi e smorti. E’ la parabola inevitabile delle cose. E anche dei sogni.

Eppure c’è una speranza. Splenderà proprio a Ferragosto e molti non se ne accorgeranno. E’ vero che le bandiere si consumano, i vestiti si sgualciscono, il giornale di ieri è già ingiallito e illeggibile, i campi di grano appena ieri pieni di spighe dorate, sembrano già steppe autunnali. I boschi cominciano a ingiallire e anche i fiori appassiscono. “Se son rose sfioriranno” dice una fulminante battuta di Montanelli. Una polvere impalpabile si posa incessantemente su tutte le cose. Guardi casa tua, ti sembra solida e robusta e invece ha bisogno di continua manutenzione, perché tutto invecchia e si guasta, si corrompe. Tutto tende al disordine, tutto decade e s’incasina, dice un fondamentale principio della fisica. Tutto si consuma.

Di solito evitiamo distrattamente di pensarci. Ma la prima cosa a decadere, consumarsi, guastarsi è il nostro stesso corpo. Osservare gli esseri umani sulla spiaggia, in questi giorni d’estate, è impressionante. Il vigore e la formosa armonia dei corpi giovani, orgogliosamente esibiti, fanno pensare alla scultura gotica, quella che rende leggero il marmo delle cattedrali e dà quasi la sensazione che lo proietti nel cielo vincendo la forza di gravità. Ma nel giro di qualche anno la forza di gravità si prenderà la sua rivincita: tutto cala, cade, si affloscia, si sforma, si usura. La terra chiama la terra verso di sé. Polvere sei e polvere tornerai. E allora cominciano i poderosi e continui lavori di manutenzione: tingere quei capelli imbiancati, tirar su quei glutei cadenti, stirare quelle rughe, consumare quel grasso in eccesso, cancellare quelle borse sotto gli occhi. Lavori interminabili, continui, costosi, instancabili come per tirar su ogni giorno un muro che la notte crolla. E poi la visita dall’oculista perché non si legge più bene senza occhiali e i capelli che cadono. E quei doloretti alle spalle.Si tenta di fermare in ogni modo (vanamente) l’invecchiamento. Si vorrebbe fermare l’attimo come il Faust di Goethe, ma svaniscono perfino gli imperi millenari, figuriamoci i singoli. “Tutto al mondo passa e quasi orma non lascia”, avverte Leopardi. Gli attimi della vita quotidiana sembrano non passare mai, ma sono gli anni che corrono imperterriti. Implacabili. In un batter d’occhio. E un sottile strato di polvere copre tutte le cose. Quella noia impalpabile che alla fine ammoscia perfino gli amori più ardenti e gli ideali più infiammati. E’ il peso della natura decaduta. La forza di gravità.

D’altra parte perfino i giovani investono giornate e sforzi sovrumani nell’immane quanto vana opera di manutenzione: a “scolpirsi” in palestra, a profumarsi e abbronzarsi. Poveretti, è come costruire i castelli sulla sabbia, come scrivere un nome amato sul bagnasciuga, questo illusorio fuggire dall’offesa del tempo. In fin dei conti è della carnalità del nostro essere che abbiamo terrore. Tutto ci ricorda il suo continuo corrompersi. Sudare è segno del degrado biologico a cui siamo sottoposti, l’odore stesso del corpo deve essere bandito, la nostra società è asettica: è proibito sudare, i corpi devono emanare solo profumo, nulla che sia segno di putrefazione.

L’epoca apparentemente più “materialista” ed edonista, la nostra, in realtà ha orrore della carne. Siamo tutti gnostici senza saperlo. Lo dimostrano l’enorme crescita delle nostre spese per cosmetici e l’orrore che abbiamo per il corpo malato, per la carne sofferente. Lo sconvolgente crocifisso di Grunewald, il più drammatico di tutta la storia dell’arte, fu concepito dal pittore tedesco del Quattrocento per i malati di lebbra e di Fuoco di S. Antonio che affollavano quella cappella disperatamente per pregare, ritrovando sulle carne devastata del Dio-Uomo, le proprie stesse piaghe, il proprio strazio.

Alla fine gli unici trionfalmente “materialisti” restano i cristiani. “E’ una Carne che salva la carne”, diceva un padre della Chiesa come s. Ambrogio. Nei “Fratelli Karamazov” – ottima lettura per l’estate – Dostoevskij racconta la storia di un parricidio che è più di un parricidio. Il vecchio Fedor Pavlovic Karamazov, padre dei tre fratelli, esprime infatti al massimo la terrestre carnalità che ci fa orrore: viene descritto volgare e violento, meschino e cinico, un “misero buffone”. E’ fisicamente calvo, nasone, bocca larga, doppio mento. Provoca ripulsa fisica nei tre figli. Ma mentre Ivan e Dimitrij lo disprezzano apertamente, Alioscia si fa monaco e pensa di evitare l’odio della carne scegliendo lo spirito e scegliendo un “padre spirituale” come il santo starets Zosima. Però il monaco gli dà la lezione più importante morendo: il suo corpo infatti comincia subito a emanare cattivo odore. Alesa prima ne è scioccato, sconvolto, poi comprende che anche quel santo è fatto di carne come suo padre: esce dalla stanza, scoppia in un pianto dirotto e gettandosi a terra abbraccia tutto il creato. Comprende che la fede in Cristo non è una fuga nello spirituale, ma è la certezza sull’unico Dio che ha preso la carne umana e il suo dolore vincendo la forza di gravità della natura decaduta, che ha manifestato con i miracoli il suo dominio sul creato, sulla malattia e perfino sulla putrefazione della carne con la resurrezione.

Alioscia comprende che il destino dell’uomo non è la decomposizione buia e disperata del corpo e non è neanche solo la “salvezza dell’anima”, ma è la resurrezione della carne, la glorificazione di tutto il nostro essere e la “divinizzazione”. E capisce che questa forza è entrata nella storia e questa nuova storia è già cominciata. Con la prima creatura che vive già questa glorificazione della carne, questa eterna giovinezza, questa bellezza che non si corrompe e non passa: Maria.

Nel paesetto dove mi trovo, sulla costa toscana vicino a Bolgheri, la chiesina è in mezzo alla pineta, vicino al mare. La parrocchia celebra la sua festa il 15 agosto: l’Assunta, cioè l’Assunzione di Maria in cielo in corpo e anima. Così a ferragosto si porta in processione per le vie, normalmente popolate di gente in costume, alle prese con le guerre dei corpi, la raffigurazione della “Bella Ragazza” di Nazareth, del suo corpo che è già in Cielo, glorificato, del suo volto eternamente giovane, bellissimo. Come il suo cuore. I cristiani sono considerati strani soggetti. Ma in realtà danno corpo alla segreta speranza di tutti.

di Antonio Socci – © “Libero” 25 luglio 2006

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Guidare bene

Posté par atempodiblog le 22 juillet 2008

Non bastano le punizioni
Guidare bene è un problema di
coscienza

di S.E. Mons. COSMO FRANCESCO RUPPI

Guidare bene dans Riflessioni ehx8n9

Le recenti disposizioni governative che hanno inasprito le pene di chi guida in stato di ebbrezza, venendo meno alle norme essenziali del Codice dalla strada, hanno fatto pensare molti autisti ed hanno anche stimolato i gestori delle discoteche ad affiggere cartelli, in cui si ammonisce chi guida a tenersi lontano dalle sostanze alcoliche o stupefacenti.

Tutto giusto, tutto bene, anche la sorveglianza accresciuta sulle strade, specie il sabato notte, il ritiro di patente, la minaccia del carcere e dei cosiddetti lavori forzati per i più incalliti.

Nessuna legge, però, sarà valida, se non trova all’interno dell’uomo la sua doverosa accoglienza; nessuna pena sarà veramente, come dev’essere, «medicinale» se non trova all’interno della coscienza di ciascuno il suo più profondo radicamento.

Forse per questo ci si chiedeva giorni addietro qual è il radicamento di tutto questo nella legge naturale, nella legge della coscienza e la risposta è più che facile: il Codice della strada si fonda sul quinto comandamento, che dice: non uccidere, cioè, non mettere in pericolo la tua e l’altrui vita, non ferire, non esporti al pericolo di perdere la tua vita o di insidiare la vita degli altri.

Tra i dieci comandamenti, che sono patrimonio di tutto il genere umano, dopo quello di onorare i genitori, c’è quello di «non uccidere», cioè non ucciderti e non uccidere neppure l’altro. Non solo non uccidere, ma anche non ferire, non danneggiare la vita altrui, non esporti al pericolo di danneggiare e di ferire, ciò che fa l’autista spericolato, quello che guida in stato di ebbrezza, con scarsa coscienza e responsabilità.

Questo non è un problema religioso, ma civile e soprattutto morale, di quella morale che chiamiamo «naturale» cioè patrimonio di ogni uomo, di ogni tempo, di ogni latitudine.

La vita umana è sacra sin dal suo concepimento e fino alla morte; è sacra e pertanto deve essere rispettata nella propria e nella altrui esistenza. Attentare alla vita, con una guida spericolata o incauta, minacciare di andare o mandare fuori strada, costituisce non solo un reato civile e penale, ma anche un vero e proprio peccato, di cui bisogna pentirsi e confessarsi.

Forse nessuno, anche di quelli che si confessano abitualmente, nel suo esame di coscienza, si interroga sul modo come guida l’automobile o il motorino, invece dobbiamo cominciare a farlo, per radicare nella nostra coscienza il dovere di rispettare la nostra vita e la vita degli altri.

Si tratta, in parole semplici, di «un peccato sociale» pari, se non più grave di quello di non pagare lo tasse, perché non attiene a un dovere civile, ma un dovere morale fondamentale per l’umana esistenza.

Molto può fare la famiglia per rafforzare la coscienza di «guidare con prudenza» se i genitori e gli adulti insegnano ai bambini a conoscere e rispettare le leggi della strada e della guida: molto può fare la scuola e sappiano che lo fa, con l’aiuto dei vigili e della polizia, che volentieri si prestano a svolgere lezioni sul Codice della strada; molto possono fare i pastori delle anime, richiamando i fedeli su un dovere essenziale della vita e del vivere sociale.

Nessuno però può influire seriamente come se stesso. È dentro di noi, che dobbiamo radicare il dovere del rispetto scrupoloso della legge della strada. Tutti dobbiamo aver più rispetto della nostra vita e della vita degli altri.

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