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Santa Caterina Tekakwitha

Posté par atempodiblog le 17 avril 2013

Santa Kateri Caterina Takakwitha
17 aprile

Santa Caterina Tekakwitha dans Santa Kateri Tekakwitha Santa-Caterina-Tekakwitha

A quattro anni la beata rimase orfana. Il vaiolo scoppiato nel 1660 le aveva distrutto la famiglia e le aveva deturpato il volto attorno agli occhi. Venne accolta nella capanna di un suo zio paterno, nel villaggio di Gandaouagué, costruito dopo l’epidemia, dove crebbe ritirata e serena, dedita alle faccende domestiche, con un’anima naturalmente cristiana. Quando doveva uscire dalla capanna per andare a fare legna nella foresta o ad attingere acqua alla sorgente vicina, si avvolgeva in un ampio scialle dal colore cremisi per difendere gli occhi malati dalla viva luce del sole. Nelle ore di riposo, paga della compagnia delle zie e di una sorella adottiva, confezionava piccoli utensili domestici con le fibre delle radici o le cortecce degli alberi. Essendo assai ricercati, rappresentavano una fonte non indifferente di guadagno per la famiglia che l’ospitava. Più tardi imparerà a tramutare la pelle dell’alce e del bufalo in graziose borsette, e ad arabescare di cento disegni le grandi sciarpe dei guerrieri e dei cacciatori.

Tekakwitha crebbe senza scuola e senza studio, amante soltanto della solitudine e del lavoro, ma la grazia di Dio la condusse per vie misteriose alla pratica eroica di tutte le virtù, specialmente di quella più sconosciuta agli Indiani, la castità.

Nel 1667 gli Irochesi si erano finalmente decisi a stringere un patto di amicizia con il Canada, dal 1632 divenuto una provincia della Francia, dopo la guerra condotta contro di loro nel 1666 e terminata con la distruzione di tutti i villaggi della vallata del Mohawk. Intermediari di pace furono tre missionari gesuiti decisi a evangelizzare quei selvaggi anche a costo della vita come in precedenza avevano fatto i loro confratelli: 8. Renato Gouspil (+1642), S. Isacco Jogues (+1646) e S. Giovanni de-la-Lande (+1646). I tre “vestenera”, P. Giacomo Frémin, P. Giovanni Bruyas e P. Giovanni Pierron furono accolti nella grande capanna dello zio di Tekakwitha, capo del nuovo villaggio chiamato Caughnawaga. Nel breve tempo della loro sosta essi parlarono alla santa fanciulla di Dio e del suo infinito amore per gli uomini. L’anima di lei ne rimase conquisa per sempre tanto che crebbe con una invincibile ripugnanza, sconosciuta alla sua gente, per la vita matrimoniale.

Per accrescere il benessere della famiglia le vecchie zie della beata non vedevano l’ora di darla in sposa a qualche gagliardo cacciatore. Alla proposta, la fanciulla impallidì, e non l’accettò sia perché era ancora troppo giovane e sia perché non intendeva contrarre matrimonio. Le zie, anziché darsi per vinte, sperarono di giungere al fidanzamento con la sorpresa e l’inganno. Scelsero il fidanzato, stabilirono il giorno dell’incontro ufficiale d’accordo con i parenti, e incominciarono a circuire l’orfana con insolite cortesie. Una sera la invitarono a sedere vicino al fuoco, al posto della zia più anziana. Frattanto la capanna cominciava ad affollarsi di invitati recanti sorrisi e regali. Ad un certo momento entrò anche il giovane prescelto, guardò la fanciulla a lui predestinata, si accostò incerto al focolare, fece cenno di sedersi accanto a Tekakwitha, ma costei, intuito il piano strategico delle zie, confusa e rossa in viso, si alzò di scatto e fuggì fuori della capanna sospirando: “Mio Dio, salvami da chi mi vorrebbe sua sposa. Prendilo Tu il candido giglio della mia verginità. E’ tuo, e tuo sarà per sempre”. La beata non rivarcò la soglia della capanna se non quando fu deserta, ma dovette subire un trattamento molto duro da parte di coloro che non comprendevano le sue aspirazioni.

La perseguitata trovò conforto nel frequentare la cappella che nel villaggio aveva eretta il P. Giovani Pierron in onore di San Pietro. Essendo costui pittore delineava in tanti quadri i principali misteri della fede, e li spiegava ai selvaggi come poteva non essendo ancora padrone della lingua. Diversi bambini e alcuni adulti ricevettero il battesimo. Anche la beata lo desiderava ardentemente, ma lo zio non ne volle sapere. Diverse famiglie cattoliche per vivere in pace la loro fede si erano trasferite in Canada, a Salto San Luigi, sulla riva del San Lorenzo, nella missione di San Francesco Saverio, eretta dai Gesuiti per l’evangelizzazione degli Uroni e degli Algonchini.

Nel 1670 nella direzione della missione al P. Pierron successe il P. Francesco Boniface il quale, conoscendo bene la lingua degli autoctoni, moltiplicò le conversioni. Alla sua morte (+1674) giunse a sostituirlo, dalla Francia, il P. Giacomo de . Egli per trentasette anni sarà l’apostolo degli Irochesi. Nella primavera del 1675, approfittando dell’assenza degli uomini e delle donne dalle capanne, dalla mattina alla sera, a motivo delle semine, si recò qua e là per confortare i malati e visitare i bambini. Non era mai entrato nella capanna dello zio di Tekakwitha perché lo sapeva contrario al missionario, ma quel giorno una voce misteriosa lo spinse a varcarne la soglia. La beata, ormai diciannovenne, ne fu felice. Narrò al ministro di Dio la sua triste storia, gli parlò della sua irriducibile contrarietà al matrimonio e gli espresse la brama che sentiva del battesimo. Il P. Giacomo ne rimase commosso fino alle lacrime. Non si sarebbe mai sognato difatti di trovare nella capanna di un suo fiero avversario un’anima così misteriosamente segnata dalla grazia. Il battesimo alla casta giovane fu differito quasi di un anno per le dolorose defezioni di cui i missionari erano consci. Il “Giglio dei Mohawks” divenne figlia di Dio il 16-4-1676, solennità di Pasqua, attorniata dai pellerossa adorni delle loro penne variopinte che si alzavano alte a raggiera attorno alle loro fronti. Lo zio non vi si era opposto a condizione che la nipote non abbandonasse il villaggio. Le era stato imposto il nome di Caterina.

Da quel giorno la beata trascorse la sua vita tra il lavoro e la preghiera, la capanna e la chiesa. Non sapendo né leggere, né scrivere, con grande semplicità e fiducia ricorreva al missionario in ogni dubbio e difficoltà, e il ministro di Dio la rassicurava, l’incoraggiava e le indicava la maniera migliore per progredire nella virtù. Nei giorni di festa, Caterina rimaneva più a lungo nella chiesetta del villaggio invece di andare con gli zii a lavorare nei campi o nella foresta, ma costoro, avidi come erano di guadagno, cominciarono a maltrattarla, a considerarla una fannullona. a negarle persino, in quei giorni, il cibo necessario. Caterina resistette incrollabile ai nemici della sua fede come in precedenza aveva resistito ai nemici della sua verginità. Contro di lei le zie assoldarono i monelli del villaggio perché la insultassero e la prendessero a sassate al grido di “cristiana” quando, mattina e sera, usciva dalla povera chiesetta intessuta di cortecce d’alberi. La giovane, pur di rimanere fedele a Cristo, avrebbe versato con gioia il proprio sangue. Anche lo zio infierì contro di lei. Un giorno incaricò persino un giovane di penetrare nella capanna quando la nipote era sola, e di minacciarla di morte facendole roteare una scure sopra il capo. Sperava, in quel modo, di costringerla a ritornare pagana, ma la beata disse senza scomporsi all’aggressore: “Eccomi pronta. Puoi togliermi la vita, ma non la fede”.

Gli zii erano decisi a riuscire nei loro perversi intenti anche a costo di fare ricorso all’arma della calunnia. Nell’inverno del 1677, il capo di Caughnawaga partì con la famiglia per la grande caccia nella foresta di Saratoga. La zia più vecchia, che vedeva, nel comportamento molto riservato della nipote, un rimprovero alla sua vita pagana, le pose gli occhi addosso per coglierla in qualche fallo e umiliarla. Un giorno Caterina, parlando del vecchio zio con alcuni cacciatori, dimenticò di aggiungervi il titolo “mio padre” secondo le usanze degli indiani. Bastò questo alla perfida vecchia per pensare a una tresca tra la nipote e lo zio. Al termine della caccia ella corse dal missionario e accusò la nipote di tale misfatto, ma il “vestenera”, al corrente della preconcetta ostilità della delatrice, la congedò senza darle credito. Interrogò in seguito l’accusata, ma la fanciulla, inorridita solo al pensiero di un simile peccato, dichiarò che mai aveva macchiato la purezza del suo giglio.

Da quel giorno Caterina comprese che il villaggio non offriva più sicurezza ne per la sua virtù, né per la sua fede. Con il concorso del missionario da quel momento pensò alla fuga nella missione di Salto San Luigi, dove avrebbe potuto vivere, in pace, nella capanna della sua sorella adottiva che colà si era trasferita e ora desiderava averla con sé. Suo angelo tutelare nella fuga fu un fiero irochese, della tribù degli Oneidas. Dopo la conversione costui era diventato, in qualità di catechista, un prezioso collaboratore dei missionari. Ogni tanto organizzava spedizioni apostoliche nelle vallate irochesi in compagnia di altri due cristiani tra cui il marito della sorella adottiva di Caterina. Nel 1677 era capitato proprio a Caughnawaga. Venuto a conoscenza delle persecuzioni odiose alle quali era sottoposta la giovane, al termine del suo giro missionario la prese con sé nella canoa. All’alba di quel giorno lo zio si trovava nel vicino Fort-Orange per affari con gli inglesi. Appena costui ne ebbe sentore, imbracciò furente il fucile, saltò nel suo canotto e inseguì i fuggitivi. Li raggiunse nel cuore della foresta, ma non riuscì a mettere le mani sulla nipote perché, al suo apparire, il cognato che la seguiva con una fucilata l’aveva avvertita dell’imminente pericolo, ed ella era riuscita a nascondersi in un groviglio di liane.

A Salto San Luigi, ai confini tra il Canada e Stati Uniti, Caterina fu avviata alla santità dal P. Pietro Cholenec, superiore della missione, e dal P. Claudio Chauchetière, suo collaboratore. Quella località veniva chiamata pure “Villaggio della preghiera” per la serietà con cui le varie tribù degli irochesi, degli uroni e degli algonchini si davano all’orazione e ad ogni opera buona. Caterina non poteva desiderare un ambiente migliore. Nella lettera di presentazione al P. Cholenec, il P. Giacomo diceva: “Caterina Tekakwitha viene a Salto San Luigi. Vi prego di volervi interessare della sua direzione. Conoscerete presto il dono che vi facciamo; è un tesoro”.

La giovane fu ospitata subito nella capanna della sorella adottiva, dove trovò pure Anastasia, la dolce amica della sua mamma e la più autorevole cristiana del villaggio, fuggita anche lei per gli stessi motivi dalla valle del Mohawks. La gioia di Caterina raggiunse il colmo. Ne parlava quasi estasiata ai missionari, motivo per cui prese subito con ardore a praticare quanto di edificante vedeva compiere dagli altri. In breve tempo si distinse talmente tra le giovani della missione che tutti, francesi e indiani, l’ammirarono. Il vaiolo le aveva deturpato il viso, la poca salute l’aveva resa esile e quasi diafana, eppure da lei si sprigionava un fascino che incantava. I suoi sorrisi erano sempre molto luminosi.

A Salto San Luigi Caterina condusse una vita apparentemente semplice, senza estasi e senza visioni. Invece la sua unione con Dio fu totale e continua. Ogni mattina e ogni sera si recava nella povera chiesetta della missione per attingere dalla grazia divina la luce e la forza necessario per più ardue ascensioni. Durante il giorno continuava la sua preghiera nel silenzio della capanna, mentre lavorava nei campi o ascoltava il fruscio degli alberi nella foresta, mentre si beava al profumo dei fiori o alla contemplazione della grande croce solitaria che dominava la riva del fiume. Una cosa ancora le mancava, l’incontro con lo sposo dell’anima sua nella Comunione. Caterina vi si preparò vivendo e lavorando in compagnia di Anastasia, visitando e aiutando i malati, consolando gli afflitti. Attestò il P. Cholenec che “non poteva soffrire che si parlasse bene di lei, Allora fuggiva o con un lembo del suo scialle si copriva, per rossore, il volto pudico”.

Nel villaggio la beata esercitava un meraviglioso ascendente su tutti gli indiani, ma in modo speciale sui bambini. Preoccupata del loro avvenire cristiano, faceva festa quando li incontrava per le viuzze del villaggio. Per tutti aveva un sorriso, una carezza, una buona parola. I missionari, consci dell’incostanza degli indiani, non li ammettevano alla prima comunione se non dopo molti anni di prove. Per dare ai battezzati un’idea altissima dell’Eucaristia la stessa condotta tennero con Tekakwitha. Per il suo primo incontro con Dio scelsero la solennità del Natale 1677. Quando quel sospirato momento venne, ne pianse di gioia. Affermò il P. Cholenec; “Da quel giorno ella pareva più creatura del cielo che della terra, tanto restò piena di Dio e del suo amore”. Ebbe in seguito la felicità di comunicarsi sovente, ma lo fece sempre con tanta devozione che le donne più devote cercavano di mettersi accanto a lei per infervorarsi nello spirito.

Nell’inverno del 1678 anche Caterina, per dovere di giustizia, si inoltrò nella foresta per la grande caccia. Colà, prima del lavoro, si ritirava lungo le rive del ruscello vicino, dove le querce intrecciavano i loro rami a forma di arcata, e sostava a lungo in preghiera davanti alla rozza croce che aveva intagliato sul tronco di un vecchio abete. Chiudeva le sue devozioni con una dura disciplina. Durante la giornata prendeva parte ai lavori del gruppo, e quando la conversazione delle compagne si faceva più rumorosa, ella le incitava a cantare qualche inno imparato nella chiesetta della missione. C’era però chi la spiava con occhi torbidi e lei lo ignorava.

All’inizio della primavera del 1678 i cacciatori avevano già fatto ritorno con le loro famiglie al villaggio per le semine e per la celebrazione della Pasqua. Era la prima volta che Caterina vi prendeva parte e faceva la sua seconda comunione tra un profluvio di lacrime. Alla meditazione fatte dai missionari sulla Passione del Signore ella sentì crescere in sé il misterioso desiderio della sofferenza. Cercò di soddisfarlo in mille maniere. Per la vita sempre più edificante che conduceva, i missionari le permisero di iscriversi all’Associazione della Santa Famiglia che il primo vescovo di Québec, il B. Francesco Montmorency-Laval (+1708), aveva approvata.

Il desiderio della beata di soffrire sempre di più per amore del Signore fu presto appagato. Durante la grande caccia, una donna, gelosa del marito, aveva guardato con sospetto le uscite di Caterina dalla capanna all’alba, e le prolungate veglie di lei al termine del giorno. Una notte suo marito, avendo dovuto durante il giorno inseguire a lungo un cervo, ritornò stanco alla capanna. Invece di andare a coricarsi accanto alla moglie, si era sdraiato e addormentato sul primo giaciglio che nel buio aveva trovato: quello poco lontano da Caterina. Un’altra volta, parlando di una canoa che aveva preparato nella foresta per il ritorno nel villaggio, l’uomo aveva detto che Tekakwitha l’avrebbe aiutato a trasportarla fuori di là perché era molto abile e caritatevole. Alla donna gelosa non occorse altro per pensare a una tresca del marito con Caterina. Si presentò quindi al missionario e li accusò di azioni disoneste. Il missionario, costernato, chiamò a sé la fanciulla, le manifestò l’atroce accusa, ma il “Giglio dei Mohawks”, pur con lo schianto in cuore, fissò serena il missionario, e poi con voce sicura gli disse: “Non ho nulla da rimproverarmi”.

Essendo sola la mondo, non stupisce che Caterina sentisse come tutti il bisogno dell’amicizia. Ne contrasse una con una irochese trentenne, Tegaiaguenta. Il P. Bruyas l’aveva battezzata con il nome di Maria Teresa, ma ella cominciò a vivere secondo gli insegnamenti della fede soltanto dopo la morte per fame del marito durante una grande caccia. Ai piedi della croce, davanti alla quale Caterina amava prolungare le sue preghiere, si narrarono le loro tristi vicende, e proposero di vivere spiritualmente unite nella preghiera comune e nella penitenza.

Sull’avvenire di Caterina, la sorella adottiva credeva di potersi arrogare qualche diritto di decisione. Essendo contrario alle usanze delle giovani irochesi il rimanere sempre zitelle, cominciò anche lei a farle proposte di matrimonio. Se fosse rimasta sola al mondo chi si sarebbe preso cura di lei? Il P. Cholenec, al quale la beata si era rivolta, le raccomandò di pregare e di riflettere bene prima di prendere una decisione, essendo lei sola responsabile del suo avvenire. Caterina accolse l’invito ma, siccome continuava a provare una invincibile avversione per il matrimonio, sia alla sorella adottiva e sia al missionario dichiarò che, a costo della miseria e della fame, sarebbe stata per sempre soltanto la sposa di Gesù!

Alla scuola dei missionari Caterina crebbe pure nella devozione alla Madonna. In Lei era certa di trovare una potente difesa alla sua purezza, virtù ignorata dai selvaggi. Quando ne parlava si stringeva fortemente al petto il rosario che portava sempre appeso al collo come un prezioso monile. Da buona figlia di Maria lo recitava ogni giorno, con le Litanie Lauretane talora persino con i piedi affondati nella neve. Ogni sabato onorava Maria SS. con speciali preghiere e mortificazioni. Meritò così il 25 marzo 1679 di consacrare pubblicamente e perpetuamente a Dio il candore della sua verginità.
Fino alla morte Caterina conservò intatta la sua innocenza battesimale, pregando e facendo penitenza. Aveva capito alla perfezione le parole di Gesù: “Chi vuole venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Sentì ella il fascino della sofferenza pensando ai dolori del Figlio di Dio e ai gravi disordini ai quali si abbandonavano ovunque gli indiani. Nella ricerca delle mortificazioni era assecondata dall’amica Maria Teresa, un tempo apostata. Personalmente Caterina doveva riparare soltanto piccole vanità della prima giovinezza: capelli ben ravviati, abiti più appariscenti, ninnoli e fronzoli al collo e ai polsi.

Caterina aveva iniziato segretamente la vita di mortificazione fin dalla fanciullezza, ma nella missione canadese la volle inasprire. Digiunava ogni mercoledì e sabato. Sovente il nutrimento, già scarso, lo rendeva insipido con la cenere. Attorno ai fianchi portava una specie di fascia intessuta di punte di ferro, e talora si buttava sui fasci di spine da lei raccolte lungo le siepi. Ogni sabato, con la sua amica, prima di andarsi a confessare dal P. Cholenec, si ritirava in una capanna, fuori del villaggio, per pregare e farsi dare una dura disciplina sulle spalle con un fascio di verghe. Tra le lacrime la beata sospirava: “O Gesù, misericordia, pietà!”. Due giorni dopo la morte apparirà alla vecchia Anastasia con una croce tra le mani e le dirà: “Mamma, guarda questa croce quanto è bella! Essa fu la mia felicità per tutta la vita. Oh, quanto desidero che tutti l’amino come io l’amai!”.

Già fino dal marzo del 1679 Caterina aveva incominciato a deperire, forse in seguito a tante penitenze che non sempre i missionari riuscivano a moderare. In uno sforzo supremo continuò a frequentare la chiesetta, a lavorare nella capanna, e a praticare la mortificazione. Nell’inverno del 1680 rimase immobile nel suo lettuccio e assorta in profonda meditazione. Fu assistita dal P. Chauchetière il quale, a sollievo dell’inferma che amava tanto l’innocenza dei bambini, ogni tanto si faceva accompagnare dai fanciulli ai quali faceva il catechismo. Due mesi prima di morire disse al missionario che sarebbe andata in paradiso nella settimana santa. Quando le fu portato il viatico fu lieta di poterlo ricevere con la candidissima veste di seta che la sua amica le aveva imprestato. Morì, assistita dal P. Cholenec, invocando i nomi di Gesù e di Maria il mercoledì santo 17 aprile 1680, come aveva predetto ad alcune donne dell’Associazione della Santa Famiglia.

La salma verginale di Caterina non fu posta in una povera corteccia di albero, avvolta in una coperta, secondo il costume indiano, ma in una cassa di legno, dono di due francesi. Oltre che ad Anastasia, l’angelica fanciulla apparve pure al P. Chauchetière e all’intima sua amica. Sulla sua tomba cominciarono ad accorrere indiani e francesi da ogni parte, persino da Montreal e da Québec. Per intercessione di lei i miracoli si moltiplicarono.

Le reliquie della vergine pellerossa, poste in una cassetta di ebano, dal 1719 sono custodite dai Padri Gesuiti a Caughnawaga, nella diocesi di Albany. Pio XII ne riconobbe l’eroicità delle virtù il 3 gennaio 1943 e Giovanni Paolo II la beatificò il 22 giugno 1980.

di Guido Pettinati – Santi e Beati

Divisore dans San Francesco di Sales

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La Vergine ci invita a tornare a Dio senza paura

Posté par atempodiblog le 11 avril 2013

La Vergine ci invita a tornare a Dio senza paura dans Libri verginerivelazionetrefo
12 aprile, Vergine della Rivelazione

Noi ci siamo erroneamente abituati a ritenere che la Madonna appaia soltanto a bambini e a persone buone. Alle Tre Fontane Lei appare a un adulto, a un adulto “non buono”.

Quando un Vescovo domandò al veggente: “perché la Vergine è apparsa proprio a te?”, la risposta fu: “Beh, non so”. “Domandaglielo! Per ubbidienza, se dovesse apparire di nuovo, domandaglielo!”. E così il veggente domandò: “Vergine cara, ma perché proprio a me?”. “Rispondi al mio figlio Pastore che non ho trovato uno più peccatore di te!”.

Allora significa che la Vergine non si schifa di noi, suoi figli, anche se peccatori. Ma viene a trovarci per dirci di convertirci e di ritornare a Dio e di non avere paura, perché lei ci accompagna.

Tratto da: La Bella Signora delle Tre Fontane. Storia della Vergine della Rivelazione – Padre Angelo Maria Tentori, Ed. Paoline

divisore dans Medjugorje

Per approfondire iconarrowti7 La Bella Signora delle Tre Fontane

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A me basta sapere che la Chiesa è divina…

Posté par atempodiblog le 9 avril 2013

A me basta sapere che la Chiesa è divina... dans Citazioni, frasi e pensieri Altro-Ges

«Le obiezioni sentimentali (contro la Chiesa – n.d.r.) non hanno alcun valore. Abbiamo, sì o no, il dovere di ubbidire a Dio e alla Chiesa. Tutto sta qui. Da questo punto di vista, semplicissimo, il sacerdote è soltanto uno strumento soprannaturale, un generatore di Infinito, e bisogna esser asini per considerarlo diversamente, perché tutto questo avviene e deve avvenire nell’Assoluto. Da più di trent’anni, ascolto Messe dette da sacerdoti che non conosco e mi confesso con altri che non so se siano santi o assassini. Io non sono il loro giudice. E sarei un idiota se pretendessi di indagare. A me basta sapere che la Chiesa è divina e che i Sacramenti amministrati da un cattivo sacerdote hanno esattamente la stessa efficacia di quelli amministrati da un santo sacerdote… Il mondo protestante che mi attornia è incontestabilmente laido, mediocre, privo di assoluto fino all’inverosimile. Qual è il carattere specifico di questo mondo? È l’esclusione del soprannaturale, è il Soprannaturale escluso dal Cristianesimo, cioè l’idea più illogica e sragionevole che sia potuta entrare nella mente umana. Conseguenza: il disprezzo del Sacerdozio, l’avvilimento della funzione sacerdotale al di fuori della quale il soprannaturale non può manifestarsi. Senza il potere di consacrare, di legare e di sciogliere, il Cristianesimo svanisce per far posto… ad un razionalismo abietto, certamente inferiore all’ateismo. Il sacerdote cattolico ha una tale investitura che, se è indegno, la sublimità del suo Ordine risplende molto di più. C’è un sacerdote criminale, meritevole, poniamo della più ampia dannazione? Ebbene, ha ugualmente il potere di transustanziare!… Come non sentire questa infinita grandezza?» (Antologia di cattolici francesi del secolo XIX , trad. e notizie di Domenico Giuliotti, lanciano, Carabba 1931, pp. 198-199)

di Leon Bloy
Tratto da: Oblatio Rationabilis

Divisore dans Fede, morale e teologia

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Novena a Santa Bernadette

Posté par atempodiblog le 7 avril 2013

Novena a Santa Bernadette dans Libri Bernardette

Da tutti i santi, anche da Bernadette, ci viene un messaggio di alta e pacificante sapienza: nella sovrana libertà del suo Spirito creatore, Dio concede a ciascuno di noi quei doni che Lui sa appropriati e commisurati al nostro essere. Siamo tutti variamente privilegiati dal suo amore. Dentro un chiostro o sulle strade del mondo, è solo l’adesione totale a questo dono, solo la risposta d’amore a questo amore che ci viene incontro per primo ciò che dà senso alla nostra vita, ciò che sazia il nostro primario e inestinguibile bisogno di felicità.

Tratto da: Sui passi di Bernadette — Padre Livio Fanzaga

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La confessione. Dove il cuore trova pace

Posté par atempodiblog le 7 avril 2013

“La confessione. Dove il cuore trova la pace”
Recensione del libro di padre Livio Fanzaga

Roma, 26 Marzo 2013 (Zenit.org) Stefano Chiappalone

La confessione. Dove il cuore trova pace dans Fede, morale e teologia Ges-misericordioso

Tra le tante crisi di cui soffre il nostro mondo, un posto di rilievo spetta alla crisi della confessione, strettamente connessa a quella perdita del senso del peccato di cui già parlava il venerabile papa Giovanni Paolo II, individuando tra le cause principali di questa epocale «eclissi della coscienza», il secolarismo e il relativismo, nonché alcune tendenze ecclesiali che hanno generano una certa confusione nella predicazione, nella catechesi e nella direzione spirituale. In effetti, bisogna constatare che spesso i confessionali sono vuoti da entrambe le parti: sia quella del penitente sia quella del confessore.

La gente si confessa sempre più di rado, ma è anche vero che chi vuole confessarsi, raramente riesce a trovare in confessionale, o almeno in chiesa, un sacerdote disponibile – impegnato magari in attività che potrebbero benissimo svolgere i laici… L’esempio di sacerdoti santi, quali san Pio da Pietrelcina, san Leopoldo Mandic, o il santo Curato d’Ars – per non citare che i più noti – mostra però lo stretto legame tra l’aureola di cui ora godono in cielo, e le ore passate in confessionale quando erano ancora in questo mondo. Senza contare che un buon confessore, a sua volta è anche un assiduo penitente…

Questo libro di padre Livio Fanzaga, popolare direttore di Radio Maria, costituisce dunque una lettura utilissima per tutti – chierici e laici -, particolarmente in quest’ultimo scorcio dell’Anno Sacerdotale fortemente voluto da papa Benedetto XVI.

La situazione non è disperata, come dimostra la felice eccezione dei santuari,  i cui confessionali sembrano colmare il vuoto dell’ordinaria vita parrocchiale. E comunque, spiega padre Livio, la crisi c’è stata sin dall’inizio, quando Gesù fu accusato di bestemmia soltanto per aver dichiarato di avere il potere di rimettere i peccati (Marco 2,7). «Da allora le ondate minacciose del mysterium iniquitatis si sono abbattute innumerevoli volte. Basti ricordare la dolorosa deriva della riforma protestante che, con la motivazione che basta confessarsi a Dio, ha spazzato via i confessionali da una buona parte dell’Europa. Tuttavia la confessione è sempre risorta, dimostrando di essere un albero dalle radici inattaccabili» (pp. 10-11), poiché essa «trae la sua forza da Gesù Cristo stesso. Questa è la ragione della sua perenne giovinezza» (p. 11).

La confessione è un sacramento apparentemente semplice, eppure «prima che il penitente si accosti al confessionale per ricevere l’assoluzione, nel suo intimo è stata combattuta una battaglia. La luce  e le tenebre, il bene e il male, la disperazione e la speranza si sono contesi il dominio del cuore» (p. 14). Nel confessionale avviene un miracolo che non può verificarsi in nessun laboratorio: «oggi la scienza compie progressi, fino a qualche tempo fa inconcepibili, per quanto riguarda la salute psicofisica dell’uomo. Tuttavia non potrà mai trovare la medicina che trasformi un uomo cattivo in un uomo buono e che dia la pace e la gioia a chi è nel tormento e nella tristezza» (p. 17). Eppure non tutti sembrano voler ricorrere a questa medicina, poiché molti pensano di non essere malati: «ciò che mette in crisi il sacramento della confessione è il crescente offuscamento del senso del peccato. La maggior parte dei cristiani pensa di non avere dei peccati di cui accusarsi. Non c’è quindi da meravigliarsi se non solo si abbandona la pratica del sacramento, ma si finisce per non chiedere perdono a Dio neppure nelle proprie preghiere personali» (p. 19).

Sin dall’inizio il peccato inganna, manifestandosi sotto apparenza di bene. Nella sua falsa imitazione di Dio, «Satana punta a trasformare le sue prede a sua immagine e somiglianza» (p. 22). All’inizio presenta i suoi frutti come graditi agli occhi e desiderabili (cfr. Genesi 3,6), altrimenti chiunque li rifiuterebbe. In realtà però, appena mangiato il frutto, questo si rivela incapace di saziare, generando arsura mai placata e sete mai soddisfatta: «l’incanto si rompe e quella che era un’illusione di felicità si trasforma in delusione» (p. 25) e schiavitù, poiché essendo incapace di appagare, ogni peccato conduce alla vana e interminabile ricerca di sempre nuovi piaceri e, di conseguenza, alla continua necessità di reprimere la voce della coscienza.

Illudendosi di diventare «come Dio» (Genesi 3,5) l’uomo in realtà si riduce spiritualmente ad una larva; la malattia e la rovina sono temporali, prima ancora che eterne, e il degrado verso l’animalità è visibile già su questa terra. «Allora l’uomo, creato per essere abitato da Dio, diviene l’oscura dimora del serpente infernale» (p. 33). Questa malattia, prima o poi conduce inesorabilmente alla morte. L’unico modo per guarirla e spezzare la catena è mettersi in ginocchio davanti alla croce.

«Non ti sei mai chiesto per quale motivo, quando ti confessi, vieni assolto da ogni peccato di cui ti sei pentito? Anche se avessi compiuto i delitti più abominevoli, se ti presenti con un cuore contrito, ricevi un’assoluzione completa. [...] La ragione per cui il sacerdote assolve sempre chi si pente dei suoi peccati è da ricercare nel sacrificio della croce, dove Gesù ha già espiato al nostro posto e a nostro favore. Per essere liberati dal male spirituale che ci affligge, basta accogliere il perdono che il Crocifisso ci offre attraverso la persona del sacerdote»(p. 53). La confessione dunque opera una vera e propria risurrezione dell’anima morta, che passa dal tormento alla pace, prima con Dio, quindi con i fratelli. Alla paura subentra la fiducia.

Ovviamente un cadavere non è in grado di risollevarsi da sé: è Dio a compiere il primo passo verso la confessione, andando in cerca della pecorella smarrita (cfr. Luca 15,4). È una grazia che «sgorga dal Cuore trafitto di Gesù e dal suo amore per ogni anima, ma anche per i meriti di tante anime che pregano e si sacrificano per i peccatori. [...] Questo significa che molte grazie di conversione hanno degli anonimi benefattori i quali hanno interceduto a nostro favore e senza che noi lo sapessimo. La grazia della conversione è un grande mistero di amore e ognuno di noi un giorno saprà chi ha pregato per lui, ottenendogli l’intervento dell’Amore misericordioso» (p. 69).

Dio si fa sentire inizialmente con il rimorso della coscienza: buon segno, poiché significa che qualcosa sta riprendendo vita. Tuttavia non è un rimorso che conduce allo scoraggiamento, in quanto Gesù oltre alla diagnosi ci annuncia anche la guarigione. Non resta che lasciarsi curare, a patto però di affidarsi umilmente al medico: «Pensi che le cose sarebbero più semplici se potessimo confessarci da soli, mettendoci direttamente in contatto con Dio? [...] Ma è quando ti metti in ginocchio davanti al sacerdote che la tua umiltà viene provata  e trovata autentica. Gesù, nella sua divina pedagogia, ha trovato un modo molto semplice per spezzare alla radice il nostro orgoglio, che è la causa della perdizione di molte anime» (p. 78).

La scuola più efficace per imparare a confessarsi è il Crocifisso, un libro vivo dove si apprendono tanto la malizia del peccato, quanto la grandezza della misericordia divina. Non a caso la prima confessione, quella del buon ladrone, avvenne proprio sul Calvario. La croce rivela l’iniquità del mondo e la nostra personale iniquità: «guardando alla croce, ognuno deve imparare a vedere gli effetti del proprio peccato. Soprattutto deve considerare che le sofferenze fisiche del Crocifisso sono poca cosa se paragonate alle trafitture del suo Cuore divino, provocate dall’ingratitudine, dall’indifferenza, dal disamore e dal disprezzo nei confronti della sua sconfinata carità» (pp. 81-82). La croce è un invito a contraccambiare quell’amore: «S. Caterina da Siena lo afferma con parole di fuoco: “Chi è quello stolto bestiale che vedendosi così amato non ami?”» (p. 83).

Dopo aver parlato della bruttezza del peccato e della bellezza del perdono, padre Livio dedica gli ultimi capitoli ai «sette passi» di questo cammino. Innanzitutto la preghiera e l’esame di coscienza, proseguendo fin dentro il cuore del sacramento, con il dolore di aver offeso Dio, il proponimento di non offenderLo più, l’accusa dei peccati, l’assoluzione e infine la penitenza. Il primo passo, la preghiera, è in realtà l’inizio e la fine del perdono – “la fonte e il culmine” potremmo dire, parafrasando quanto afferma il Concilio a proposito della liturgia: «Prima di incominciare il tuo esame di coscienza, raccogliti in preghiera e chiedi a Dio la luce necessaria. Infatti è la grazia che ci aiuta a vedere i peccati, anche i più riposti, e a evitare le forme di autoinganno e di auto giustificazione» (p. 84).

«La preghiera non solo apre il cammino della confessione, ma ne è la logica conclusione. All’inizio è una preghiera di invocazione, alla fine di ringraziamento» (p. 85). Attingendo al Catechismo e al magistero dei Pontefici, oltre che alla propria esperienza, padre Livio ci guida concretamente nei vari passaggi di questo percorso, alla fine del quale «ci viene restituita la grazia santificante e la comunione con Dio. Tuttavia rimangono le pene temporali del peccato, che si devono scontare in questa vita o in purgatorio» (p. 135).

Ancora una volta il penitente non è solo, poiché può beneficiare dell’aiuto e dei meriti dei santi, mediante il grande – quanto dimenticato – tesoro delle indulgenze. «In questo ammirabile scambio, la santità dell’uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell’uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato…» (p. 137).

Prima di lasciarci, padre Livio ci fornisce qualche ulteriore consiglio per la battaglia spirituale: l’avversario, infatti, non si arrende e tornerà a bussare alla nostra porta. Dopo il miracolo della conversione e della confessione, il passo successivo è quello della perseveranza. La battaglia durerà per tutta la vita.

Padre Livio Fanzaga, La confessione. Dove il cuore trova la pace, Sugarco Edizioni, Milano 2008, € 15,50

(Recensione pubblicata a maggio 2010 in: Totus tuus Network)

Divisore dans San Francesco di Sales

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L’importanza dei segni

Posté par atempodiblog le 6 avril 2013

“E’ importantissimo, signori, sottolineare il fatto empirico e sensibile dell’apparizione pasquale. Se non facciamo questo, noi cristiani corriamo il grande rischio di trasformare il cristianesimo in una gnosi”.
Paolo VI

L'importanza dei segni dans Commenti al Vangelo L-incredulit-di-Tommaso

L’importanza dei segni
Tommaso viene rimproverato da Gesù perché avrebbe già dovuto credere per la testimonianza degli altri discepoli
di Padre Ignace de la Potterie

[...] Nell’ultimo episodio Gesù riappare ai discepoli una settimana dopo. Adesso c’è anche Tommaso, assente la prima volta. L’inizio è lo stesso, la vera novità è costituita dalla presenza di Tommaso, che riveste qui un duplice ruolo: essendo «uno dei Dodici» deve aver visto il Signore risorto; ma d’altra parte, lui è anche uno di quelli che non l’ha visto la prima volta e quindi rappresenta un pò tutti noi. Così il caso di Tommaso prefigura l’atteggiamento di tutti i credenti. Perciò vale per tutti l’invito: «Diventa un uomo di fede». Ma poi Gesù dice: «Perché mi hai visto, Tommaso, hai creduto», e l’evangelista utilizza due volte il perfetto. Ma viene rimproverato da Gesù perché avrebbe già dovuto credere per la testimonianza degli altri discepoli, i quali a loro volta avevano creduto a ciò che aveva detto loro la Maddalena.

Credere sui segni
Gesù dice allora all’apostolo: «Beati coloro che senza aver visto hanno creduto». Su questo versetto c’è molta confusione. Per Bultmann e per Marxsen sarebbe una critica radicale all’importanza dei segni e dell’apparizione pasquale del risorto. Una apologia della fede privata di ogni appoggio esteriore. Il fedele non deve vedere i segni come fatti storici ma come una rappresentazione simbolica che serve a far comprendere l’efficacia della croce. Allora la resurrezione non c’è! Ma un’altra lettura sbagliata è anche quella che traduce: «Beati coloro che senza aver visto crederanno». Non è corretto tradurre con un futuro. Ci sono due verbi all’aoristo, e in tutti gli altri casi di aoristo utilizzati da Giovanni questi hanno valore di anteriorità. Gesù si riferisce quindi al passato ed è questa la ripresa di quanto è accaduto all’inizio del capitolo, cioè il fatto che i discepoli hanno cominciato a credere già sui segni e poi anche sulla testimonianza degli altri senza avere visto il risorto. [...]

Per approfondire Freccia dans Viaggi & Vacanze Non è la richiesta di una fede cieca

Per approfondire Freccia dans Viaggi & Vacanze Guardare per credere

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Una falsa veggente contro papa Francesco

Posté par atempodiblog le 5 avril 2013

Una falsa veggente contro papa Francesco
di Massimo Introvigne – La nuova Bussola Quotidiana

Una falsa veggente contro papa Francesco dans Anticristo bookid

«Il regno nella Casa di Pietro [di Papa Francesco] è alla fine e presto il mio caro Papa Benedetto XVI guiderà i figli di Dio dal suo luogo di esilio. Pietro, il mio Apostolo, il fondatore della Chiesa sulla Terra, lo guiderà nei difficili Ultimi Giorni, mentre la mia Chiesa combatterà per la sua stessa vita». Questa presunta profezia di Gesù Cristo, diffusa lo scorso Venerdì Santo, si è diffusa rapidamente su siti Internet e blog di tutto il mondo, Italia compresa, dove chi si chiede tra Francesco e Benedetto XVI «chi è il Papa?» –con la malcelata intenzione di non obbedire né all’uno né all’altro – spesso si alimenta alla dubbia tavola di rivelazioni private spurie.

Negli ultimi giorni La Nuova Bussola Quotidiana ha ricevuto molte richieste di chiarimenti, perfino da vescovi, sulle presunte profezie – al cui novero appartiene quella appena citata – di una donna irlandese che si fa chiamare Maria della Divina Misericordia («Maria Divine Mercy»). Non solo dall’Italia, dove pure il suo «Libro della verità» è stato tradotto e circola in diversi ambienti. Ci sono Paesi stranieri dove Maria della Divina Misericordia è diventato in pochi giorni un nome noto alla grande stampa.

Chi è Maria della Divina Misericordia? Nessuno lo sa. Oltre a leggere il suo libro, e le rivelazioni private che afferma di ricevere da Gesù Cristo a getto continuo, è possibile sentire la sua voce in un’intervista registrata dove afferma di essere una donna d’affari irlandese madre di quattro figli, che ha cominciato con sua sorpresa a essere destinataria di messaggi divini il 9 novembre 2010. Ma nessuno ha mai visto la donna, né il suo nome è stato comunicato, e non manca nella stessa Irlanda chi pensa che non esista nessuna Maria e che un gruppo di persone anonime diffonda queste presunte rivelazioni per finalità poco chiare.

Il contenuto dei messaggi di Maria della Divina Misericordia li rivela come una classica forma di millenarismo. Si tratta di quella corrente che pretende di conoscere dettagli su come, e spesso anche su quando – con tanto di date precise – sarà la fine dei tempi: una corrente che la Chiesa, con le parole del «Catechismo della Chiesa Cattolica» condanna come una «falsificazione del regno futuro», di cui i buoni fedeli sanno che non possono conoscere «né il giorno né l’ora» (Matteo 25, 13) e neppure le esatte modalità.

Maria della Divina Misericordia annuncia che è in atto l’«Avvertimento», un periodo che sarebbe stato predetto dalla Madonna nelle apparizioni di Garabandal (1961-1965). Queste apparizioni non sono state riconosciute dalla Chiesa, ma – qualunque cosa se ne pensi – non bisogna confondere il movimento di fedeli che s’interessano a Garabandal con il gruppo di preghiera «Gesù all’umanità», che riunisce i seguaci di Maria della Divina Misericordia. In effetti, la grande maggioranza dei devoti di Garabandal non accetta i messaggi di Maria della Divina Misericordia e denuncia il suo tentativo di ricollegarsi a Garabandal come abusivo.

Maria – che si presenta, cosa non nuova tra i millenaristi, come il settimo angelo o il settimo messaggero di cui parla l’Apocalisse – afferma che il periodo della Grande Tribolazione è iniziato nel dicembre 2012 e finirà nel maggio 2016. In questo periodo si rivelerà l’Anticristo, preceduto dal Falso Profeta, il suo alleato. A un certo punto, durante questo tempo, secondo Maria «due comete si scontreranno nel cielo», e tutti potranno vedere i propri peccati e «lo stato della propria anima davanti a Dio». «Molte persone cadranno per terra e piangeranno lacrime di sollievo» e «ogni persona di età superiore ai 7 anni vivrà  un incontro privato mistico con Gesù Cristo che durerà fino a 15 minuti». Miliardi di persone si convertiranno. L’Anticristo e il Falso Profeta saranno sconfitti e ci saranno la Seconda Venuta di Gesù Cristo e il Millennio, il regno futuro del Signore che non coinciderà con la fine del mondo ma con l’inizio di un periodo che durerà letteralmente mille anni in cui Satana sarà legato e non potrà più tentare i buoni. Siamo nell’ambito di quello che la teologia chiama «millenarismo mitigato», una dottrina anch’essa condannata dalla Chiesa a più riprese e da ultimo nel «Catechismo della Chiesa Cattolica».

Ma dove ci troviamo oggi? Utilizzando anche le profezie attribuite al vescovo medievale irlandese Malachia di Armagh (1094-1148) – che gli storici sanno essere un falso costruito nel XVI secolo per influenzare i cardinali in conclavi del Rinascimento –, le quali prevedono un numero di futuri Pontefici secondo il quale Francesco sarebbe l’ultimo Papa prima della fine dei tempi, Maria ha cominciato mesi fa a prevedere che Benedetto XVI sarebbe stato «cacciato dal Vaticano» da un complotto di cardinali. Oggi afferma di avere previsto le dimissioni di Papa Ratzinger, ed è questo che l’ha resa così famosa in molti Paesi. Ma in realtà, se uno legge i suoi messaggi, si rende conto che non ha previsto quello che è effettivamente accaduto. Secondo i testi di Maria, Benedetto XVI avrebbe dovuto essere scacciato dal Vaticano contro la sua volontà, e avrebbe quindi chiamato a raccolta i buoni per difendere la vera Chiesa contro gli usurpatori. Ma non è andata così. È del tutto ovvio che Papa Ratzinger si è dimesso di sua spontanea volontà e che non si appresta a promuovere nessuna crociata contro il nuovo Papa, cui al contrario ha promesso obbedienza.

Per Maria della Divina Misericordia – o chi si nasconde dietro questo nome – Papa Francesco è invece il Falso Profeta, l’alleato dell’Anticristo. Già durante il Conclave Maria aveva predetto che, chiunque fosse stato eletto, si sarebbe trattato di un inganno organizzato da cardinali infedeli in combutta con la massoneria e con l’Ordine degli Illuminati. Ora spiega che l’incoronazione di Papa Francesco «sarà celebrata in ogni angolo della Terra dai gruppi massonici» e che durante la Settimana Santa il Papa farà un «gesto di profanazione del Santo Nome» di Gesù che sarà visibile da tutti coloro che «avranno occhi per vedere» e rivelerà definitivamente Francesco come il Falso Profeta.

sigillov dans Articoli di Giornali e News

Che cosa dovrebbero fare i buoni? Rifiutare Francesco, considerare Benedetto XVI l’unico vero Pontefice e accettare il «Sigillo del Dio Vivente», un nuovo simbolo rivelato a Maria della Divina Misericordia cui è collegata una preghiera recitando la quale si è sicuri della protezione divina nel periodo della Grande Tribolazione. Alla fine della Grande Tribolazione – come accennato, maggio 2016 – ci saranno poi tre giorni e tre notti di oscurità che precederanno la seconda venuta di Gesù Cristo per inaugurare il Millennio.

Per chiunque studi i movimenti millenaristi in tutto questo non c’è nulla di particolarmente nuovo. Si tratta di un aggiornamento, con il riferimento a Papa Francesco, d’idee che circolano in ambienti protestanti da diversi secoli, e che hanno sempre influenzato anche qualche cattolico, determinando le chiarissime condanne riportate nel «Catechismo della Chiesa Cattolica». Le profezie che danno dettagli e date sulla fine dei tempi sono condannate dalla Chiesa come false profezie. E naturalmente sono tanto più gravi se incitano a ribellarsi al Papa e a porre la propria fiducia in profeti anonimi che nessuno ha neppure mai visto e in nuovi segni e preghiere estranee alla tradizione cattolica. Il fatto che decine di migliaia di persone – in modo particolarmente grave nel mondo di lingua inglese, e in alcuni Paesi dell’Europa dell’Est – prestino fede a questi inganni è un ulteriore segno della straordinaria confusione che regna nelle anime.

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Il Cardinale Biffi presenta l’anticristo secondo il filosofo russo Solovev

Posté par atempodiblog le 20 mars 2013

Il Cardinale Biffi presenta l’anticristo secondo il filosofo russo Solovev
Le riflessioni quaresimali al Papa e alla Curia Romana
Tratto da: Storia Libera
Fonte: Zenit, il mondo visto da Roma – 28/02/2007

Il Cardinale Biffi presenta l’anticristo secondo il filosofo russo Solovev dans Anticristo Card-Giacomo-Biffi

Nel corso degli Esercizi spirituali al Pontefice e alla Curia Romana, martedì 27 febbraio [2007], il Cardinale Giacomo Biffi ha riflettuto su L’ammonimento profetico di Vladimir S. Solovev”.

Facendo riferimento in particolare all’opera del filosofo russo I tre dialoghi e il racconto dell’anticristo”, l’arcivescovo emerito di Bologna ha ricordato che l’anticristo si presenta come pacifista, ecologista ed ecumenista. Convocherà un Concilio ecumenico e cercherà il consenso di tutte le confessioni cristiane concedendo qualcosa ad ognuno. Le masse lo seguiranno, tranne dei piccoli gruppetti di cattolici, ortodossi e protestanti”.

Secondo la sintesi del discorso del porporato offerto dalla Radio Vaticana”, il cardinale Biffi avrebbe spiegato che l’insegnamento lasciatoci dal grande filosofo russo è che il Cristianesimo non può essere ridotto ad un insieme di valori. Al centro dell’essere cristiani c’è infatti l’incontro personale con Gesù Cristo”.

Verranno giorni in cui nella cristianità si tenterà di risolvere il fatto salvifico in una mera serie di valori”, ha scritto nella sua ultima opera nell’anno 1900 il filosofo russo Vladimir Solovev, che con grande acume aveva profetizzato le tragedie del XX secolo.

Nel racconto breve dell’Anticristo” Solovev scrive che Incalzati dall’anticristo, quel piccolo gruppetto di cattolici, ortodossi e protestanti risponderanno all’anticristo: Tu ci dai tutto, tranne ciò che ci interessa, Gesù Cristo”. Per il Cardinale Biffi questo racconto è un ammonimento. Oggi, infatti, corriamo il rischio di avere un Cristianesimo che mette tra parentesi Gesù con la sua Croce e Risurrezione”.

L’arcivescovo emerito di Bologna ha spiegato che se i cristiani si limitassero a parlare di valori condivisibili saremmo ben più accettabili nelle trasmissioni televisive come nei salotti. Ma così avremmo rinunciato a Gesù, alla realtà sconvolgente della Risurrezione”. Per il Cardinale Biffi è questo il pericolo che i cristiani corrono nei nostri tempi”, perché il Figlio di Dio, non è traducibile in una serie di buoni progetti omologabili con la mentalità mondana dominante”.

Tuttavia – ha precisato il porporato – tutto ciò non significa una condanna dei valori, che tuttavia vanno sottoposti ad un attento discernimento. Ci sono, infatti, valori assoluti come il bene, il vero, il bello. Chi li percepisce e li ama, ama anche Cristo, anche se non lo sa, perché Lui è la verità, la bellezza, la giustizia”.

Il Predicatore degli Esercizi spirituali per la Quaresima di quest’anno ha quindi precisato che ci sono valori relativi come la solidarietà, l’amore per la pace e il rispetto per la natura. Se questi si assolutizzano, sradicandosi o perfino contrapponendosi all’annuncio del fatto salvifico, allora questi valori diventano istigazioni all’idolatria e ostacoli sulla strada della Salvezza”.

In conclusione, il Cardinale Biffi ha affermato che se il cristiano per aprirsi al mondo e dialogare con tutti, stempera il fatto salvifico, preclude la sua connessione personale con Gesù e si ritrova dalla parte dell’anticristo”.

Sull’anticristo e sul romanzo di Solovev, il Cardinale Biffi aveva già svolto una dettagliata relazione il 4 marzo del 2000 in una conferenza organizzata dal centro Culturale E. Manfredini e dalla Fondazione Russia Cristiana. Il testo del suo intervento è stato poi riportato per intero nel libro Pinocchio, Peppone, l’Anticristo” (Cantagalli 2005).

In quell’intervento ricordando le parole profetiche del filosofo russo, il cardinale di Bologna aveva detto: Soprattutto è stupefacente la perspicacia con cui (Solovev) descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento, crisi che Soloviev vede come l’Anticristo che riesce a influenzare e a condizionare un pò tutti, quasi emblema, ipostatizzazione della religiosità confusa e ambigua di questi nostri anni”.

L’Anticristo – proseguiva – sarà «convinto spiritualista», un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo”. E ancora, ironizzava il Cardinale Biffi, quell’Anticristo sarà anche un esperto esegeta: la sua cultura biblica gli propizierà addirittura una laurea honoris causa a Tubinga. Soprattutto, si dimostrerà un eccellente ecumenista, capace di dialogare con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza”.

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“Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”

Posté par atempodiblog le 16 mars 2013

“Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei” dans Commenti al Vangelo benedettoxvimadonna

Il brano evangelico narra l’episodio della donna adultera in due suggestive scene: nella prima assistiamo a una disputa tra Gesù e gli scribi e i farisei riguardo a una donna sorpresa in flagrante adulterio e, secondo la prescrizione contenuta nel Libro del Levitico (cfr 20,10), condannata alla lapidazione. Nella seconda scena si snoda un breve e commovente dialogo tra Gesù e la peccatrice. Gli spietati accusatori della donna, citando la legge di Mosè provocano Gesù – lo chiamano maestro” (Didáskale) – chiedendogli se sia giusto lapidarla. Conoscono la sua misericordia e il suo amore per i peccatori e sono curiosi di vedere come se la caverà in un caso del genere, che secondo la legge mosaica non presentava dubbi. Ma Gesù si mette subito dalla parte della donna; in primo luogo scrivendo per terra parole misteriose, che l’evangelista non rivela, e poi pronunciando quella frase diventata famosa: Chi di voi è senza peccato (usa il termine anamártetos, che viene utilizzato nel Nuovo Testamento soltanto qui), scagli per primo la pietra contro di lei » (Gv 8,7). Nota sant’Agostino che il Signore, rispondendo, rispetta la legge e non abbandona la sua mansuetudine”. Ed aggiunge che con queste sue parole obbliga gli accusatori a entrare dentro se stessi e guardando se stessi a scoprirsi peccatori. Per cui, colpiti da queste parole come da una freccia grossa quanto una trave, uno dopo l’altro se ne andarono” (In Io. Ev. tract 33,5).

Uno dopo l’altro, dunque, gli accusatori che avevano voluto provocare Gesù, se ne vanno cominciando dai più anziani fino agli ultimi”. Quando tutti sono partiti il divino Maestro resta solo con la donna. Conciso ed efficace il commento di sant’Agostino: relicti sunt duo: misera et misericordia, restano solo loro due, la misera e la misericordia” (Ibid.). Fermiamoci, cari fratelli e sorelle, a contemplare questa scena dove si trovano a confronto la miseria dell’uomo e la misericordia divina, una donna accusata di un grande peccato e Colui, che pur essendo senza peccato, si è addossato i peccati del mondo intero. Egli, che era rimasto chinato a scrivere nella polvere, ora alza gli occhi ed incontra quelli della donna. Non chiede spiegazioni, non esige scuse. Non è ironico quando le domanda: Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?” (8,10). Ed è sconvolgente nella sua replica: Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più” (8,11). Ancora sant’Agostino, nel suo commento, osserva: Il Signore condanna il peccato, non il peccatore. Infatti, se avesse tollerato il peccato avrebbe detto: Neppure io ti condanno, va’, vivi come vuoi… per quanto grandi siano i tuoi peccati, io ti libererò da ogni pena e da ogni sofferenza. Ma non disse così” (Io. Ev. tract. 33,6).

Cari amici, dalla parola di Dio che abbiamo ascoltato emergono indicazioni concrete per la nostra vita. Gesù non intavola con i suoi interlocutori una discussione teorica: non gli interessa vincere una disputa a proposito di un’interpretazione della legge mosaica, ma il suo obbiettivo è salvare un’anima e rivelare che la salvezza si trova solo nell’amore di Dio. Per questo è venuto sulla terra, per questo morirà in croce ed il Padre lo risusciterà il terzo giorno. E’ venuto Gesù per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore. Anche in questo episodio, dunque, comprendiamo che il vero nostro nemico è l’attaccamento al peccato, che può condurci al fallimento della nostra esistenza. Gesù congeda la donna adultera con questa consegna: Va e d’ora in poi non peccare più”. Le concede il perdono affinché d’ora in poi” non pecchi più.

Benedetto XVI

Per leggere il brano dell’opera di Maria Valtorta su questo Vangelo cliccare iconarrowti7 La donna adultera e l’ipocrisia dei suoi accusatori

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«Tempi da Anticristo, un Papa guerriero ci guiderà»

Posté par atempodiblog le 12 mars 2013

«Si avvicina il tempo della grande prova, e l’unico modo per rispondere è una riforma della Chiesa attraverso la santità». Padre Livio Fanzaga, direttore e vera anima di Radio Maria, non ha dubbi. Guidato anche dai messaggi trasmessi dai veggenti di Medjugorje, sa leggere in profondità questo nostro tempo così pieno di incognite, con un mondo attraversato da una grave crisi, morale ancora prima che economica, e una Chiesa che aspetta l’elezione del nuovo Papa tra tensioni e divisioni.

«Tempi da Anticristo, un Papa guerriero ci guiderà» dans Anticristo liviofanzagaradiomaria

Padre Livio, dai microfoni di Radio Maria lei insiste molto sulla prova che aspetta il mondo e soprattutto la Chiesa. Ma quali sono i segni che questo tempo si avvicina?
Mi sembra che i segni siano piuttosto evidenti: in una parola si potrebbe dire l’avanzata del potere delle tenebre. Non solo la grave crisi economica e finanziaria, ma la possibilità che oggi l’uomo ha di distruggere la terra su cui vive, il trionfo della religione umanitaria, la costruzione di un mondo senza Dio e quindi lo scatenarsi di un attacco furioso contro la Chiesa, la persecuzione. Se guardiamo con attenzione non possiamo non vedere come il tempo abbia preso un’accelerazione incredibile, come un masso che prende velocità staccandosi da una montagna e rotolando verso il basso.

Lei parla di un grande attacco alla Chiesa, e lo ha detto più volte anche Benedetto XVI parlando di nemici esterni ma anche interni.
Si deve leggere questa situazione come l’approssimarsi del grande attacco di Satana alla Chiesa, “Satana sciolto dalle catene” nel linguaggio dell’Apocalisse e come afferma la Madonna a Medjugorje. L’obiettivo è distruggere la Chiesa, delegittimare i suoi pastori, e il cristianesimo in generale. Mi sembra sia evidente come la Chiesa sia sotto attacco globale, anche attraverso i media e i grandi poteri che regolano il mondo, mentre si afferma una nuova religione umanitaria, con l’uomo ridotto ad animale. E’ l’impostura anticristica di cui parla anche il catechismo della Chiesa cattolica (no. 675-676). Il tempo della prova, per la Chiesa, è il tempo della grande apostasia, e lo stiamo già vedendo.

Quali sono i segni all’interno della Chiesa?
Lo vediamo soprattutto in uno sbriciolamento della fede, e responsabili ne sono gli stessi sacerdoti. Maria Valtorta lo aveva previsto già nel 1943, ma anche la Madonna nell’apparizione alle Tre Fontane lo aveva annunciato: la crisi del sacerdozio, che è ancora in atto. Non solo dopo il Concilio hanno abbandonato il sacerdozio il 20% dei preti, ma quelli che sono rimasti si sono in larga parte secolarizzati, hanno edulcorato la fede, la stanno dissolvendo. La crisi del sacerdozio è crisi intellettuale più che morale, cioè è crisi di fede. Lo vediamo in tanti libri di teologi, biblisti, negli insegnamenti nei seminari, c’è quello che già Paolo VI chiamava l’affermarsi di un pensiero non cattolico. Si dissolve la fede in Gesù figlio di Dio, si nega l’inferno – se c’è è vuoto, si dice -, addirittura si arriva a negare i miracoli, vale a dire il soprannaturale che è l’essenza della nostra fede. La parola di Cristo viene demolita, la Sua volontà – vedi la questione del sacerdozio alle donne – la si vorrebbe riaggiustare secondo criteri umani. Si dice che la Chiesa si deve aggiornare e si invocano riforme umane. Ma la Chiesa non si deve aggiornare, è la fedeltà alla sua identità che l’ha preservata nei secoli. Guai a noi se perdiamo la dimensione evangelica, radicale, l’affermazione di Cristo salvatore del mondo. La tentazione da superare è il cedimento al mondo. Cosa hanno risolto i protestanti ammettendo le donne al sacerdozio o eliminando il celibato dei preti? Nulla, anche dal punto di vista morale ci sono più pedofili tra i pastori protestanti che tra i preti cattolici. Queste sono le false riforme della Chiesa, e il mondo tifa per quelli che nella Chiesa si mettono su questa strada.

E in questo panorama c’è la rinuncia del Papa…
Anche questo è un segno del tempo che si sta preparando. Benedetto XVI è pienamente cosciente di ciò che si prepara, ha rinunciato per dare spazio a uno più forte fisicamente, e lo ha detto con chiarezza. Andiamo verso tempi in cui c’è bisogno anche della forza fisica, oltre che morale, serve un Papa guerriero, un vero soldato di Cristo. E Benedetto XVI continuerà a seguire la battaglia con la preghiera, che è l’arma principale, come desidera anche la Madonna.

Può spiegare meglio questo passaggio?
L’obiettivo della Madonna è rafforzare la fede attraverso la preghiera. Perché dalla preghiera viene tutto, è una sorgente d’acqua che fa ricrescere tutto: l’incontro con Dio, la scoperta dei sacramenti, la luce del discernimento, la forza del combattimento spirituale. Fin dall’inizio delle sue apparizioni a Medjugorje ha invitato i veggenti a dire il Credo, prima del rosario, dopo la messa: sempre il Credo, che Lei dice essere la preghiera più bella. La Madonna vuole riformare la vita cristiana, bisogna che la grazia cambi i cuori, vuole la conversione, ed ecco quindi l’importanza della confessione. Non è un caso che il simbolo di Medjugorie siano le decine di confessionali all’aperto a cui si accostano ogni giorno centinaia di fedeli. Anche questo peraltro conferma quello che dicevo sulla crisi del sacerdozio: qui da noi i confessionali sono vuoti, ma se le stesse persone qui non si confessano e poi si sentono spinte a farlo a Medjugorje, evidentemente c’è qualcosa che non funziona nei preti qui, non è colpa dei fedeli.
Da questa conversione poi la Madonna desidera la pratica dei comandamenti: al proposito, ha fatto scalpore che nell’apparizione dello scorso 25 dicembre per la prima volta la Madonna non abbia parlato: si è invece alzato Gesù Bambino che ha ammonito “Io sono la vera pace, osservate i miei comandamenti”. Se non abbiamo la vita di Cristo dentro di noi, non siamo credibili.
La vera riforma che è chiesta è la santità, e del resto le grandi riforme nella Chiesa le hanno sempre fatte i santi. E tutti i fedeli sono chiamati alla santità, tutti siamo chiamati a una conversione che dura tutta la vita.

Insomma, sembra proprio che la Madonna stia preparando un piccolo esercito per la battaglia che s’avvicina.
Esatto, c’è un’incessante chiamata a diventare suoi apostoli decisi a testimoniare fino a dare la vita. Nel tempo della prova è necessario che ci sia un piccolo gregge che resiste, per dare luce agli altri, punto di riferimento per gli altri. Dio ha sempre fatto così: laddove ci sono le tenebre accende una luce, basti ricordare  Massimiliano Kolbe e Edith Stein nei lager nazisti.

di Riccardo Cascioli –  La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: Ascolta tua Madre

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Il Papa, il mio più dolce e più grande amore

Posté par atempodiblog le 12 mars 2013

Il Papa, il mio più dolce e più grande amore dans Citazioni, frasi e pensieri sanluigiorione

«Ed ora, ad uno ad uno e insieme, spiritualmente abbracciandovi “in osculo sancto”, vi conforto alla virtù, o figlioli miei, che siete l’anima mia. E vi esorto ad avere sempre grandissima confidenza nella Divina Provvidenza, e ad amarvi, figlioli miei, ad amarvi insieme, e ad amarvi tanto, e ad amare le Anime, le Anime!, cercando specialmente gli umili e i piccoli abbandonati. Questo è il desiderio affocato dell’anima mia; ma, prima ancora il mio più dolce e più grande amore è il Papa, cioè Cristo: il Papa, per me e per Voi, è Gesù Cristo stesso: “il dolce Cristo in terra”, diceva Caterina da Siena.

Amare il Papa è amare Gesù Cristo. Onde dobbiamo avere a singolarissima grazia del Cielo di logorare, di consumare e dare la vita umilmente e fedelissimamente, ai piedi della Chiesa e per la Santa Chiesa, per i Vescovi e per il Papa.  E così, fedeli all’azione interiore e misteriosa dello Spirito e di quella eterna Verità che ci fa liberi: guidati dal magistero autentico, vivo e solo infallibile della Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica e romana: in uno spirito di amore, di comunione soave, sacra, fraterna: i Figli della Divina Provvidenza aiutando Iddio, credano, sperino, lottino, soffrano, amino!».

San Luigi Orione

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Rivolgere nuovamente lo sguardo al cielo

Posté par atempodiblog le 10 mars 2013

Dio è il Padre che aspetta i suoi figli dans Commenti ai Vangeli festivi

Sant’Ambrogio, commentando questa parabola del padre prodigo d’amore nei confronti del figlio prodigo di peccato, introduce la presenza della Trinità: “Alzati, vieni di corsa alla Chiesa: qui c’è il Padre, qui c’è il Figlio, qui c’è lo Spirito Santo. Egli ti corre incontro, perché ti ascolta mentre stai riflettendo tra te e te nel segreto del cuore. E quando ancora sei lontano, ti vede e si mette a correre. Egli vede nel tuo cuore, accorre perché nessuno ti trattenga, e per di più ti abbraccia… Egli si getta al collo, per sollevare chi giaceva a terra, e per far sì che chi già era oppresso dal peso dei peccati e chino verso le cose terrene, rivolgesse nuovamente lo sguardo al cielo, ove doveva cercare il proprio Creatore. Cristo ti si getta al collo, perché vuol toglierti dalla nuca il giogo della schiavitù e imporre sul tuo collo un dolce giogo” (In Lucam VII, 229-230). 

Tratto dall’Udienza Generale di Giovanni Paolo II del 30 agosto 2000

Inoltre, per approfondire la parabola dei due fratelli e del Padre misericordioso cliccare sui link sottostanti :

i Il pericolo che corrono le persone pie

Rivolgere nuovamente lo sguardo al cielo dans Commenti al Vangelo Freccia Dio è il Padre che aspetta i suoi figli

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I segreti di Grillo, tra Apocalisse e tanta volgarità

Posté par atempodiblog le 7 mars 2013

È uscito un volume che fa molto riflettere. Il libro appena pubblicato dai sociologi Roberto Biorcio e Paolo Natale «Politica a 5 stelle. Idee, storia e strategia del movimento di Grillo» legge il movimento del comico genovese da una prospettiva dichiaratamente di sinistra, ma offre diverse osservazioni interessanti e utili, che del resto si ritrovano negli studi di Biorcio di qualche anno fa sulla Lega Nord, acuti anche se talora offuscati da un’antipatia militante.

I segreti di Grillo, tra Apocalisse e tanta volgarità dans Articoli di Giornali e News beppegrillo

La maggioranza dei commentatori, sostengono Biorcio e Natale, non capiscono il movimento di Grillo perché danno rilievo a uno solo dei tre elementi che lo costituiscono: il «partito personale» di un comico che diventa «imprenditore politico»; lo spostamento della comunicazione dalla stampa e dalla televisione a Internet; e il «populismo», una parola ormai talmente abusata da non significare quasi più nulla ma che in questo caso indica la chiamata a raccolta di quanto attribuiscono i mali dell’Italia alla «casta» dei politici di professione, che si tratterebbe di spazzare via così risolvendo d’incanto tutti i problemi. Mentre, sostengono gli autori, questi tre elementi vanno sì analizzati uno per uno, ma vanno poi anche composti insieme perché è dalla loro sintesi che nasce il successo del movimento.

Cominciamo dal primo elemento: un comico si trasforma in organizzatore politico. Qui i punti di riferimento che Grillo ha tenuto presente sono due. Il primo non è un comico – checché ne pensi qualche giornale straniero – ma è Silvio Berlusconi, il quale ha dimostrato che è possibile costruire partiti personali a partire da credito e simpatia acquisiti in campi diversi dalla politica. Stupirà non pochi elettori grillini del 2013, ma nel 1994 quando Berlusconi scende in campo Grillo si schiera con lui, dichiarando: «Sono da mandare via, da mandare via questa gente qua [i politici della Prima Repubblica], da votare gli imprenditori; ecco perché sono contento che è venuto fuori Berlusconi: lo voglio andare a votare»:

Il secondo modello è francese, ed è un amico e mentore di Grillo, il comico Coluche (1944-1986), che lo showman genovese aveva conosciuto sul set del film «Scemo di guerra» di Dino Risi (1916-2008), di cui entrambi erano stati interpreti, nel 1985. Portare alla luce il ruolo di Coluche è un contributo importante del libro di Biorcio e Natale, anche se in un certo senso il comico transalpino aveva provato a diventare il Grillo francese e aveva fallito. In un periodo di scandali che scuotono la classe politica francese Coluche ottiene grande successo a Radio Montecarlo con uno slogan rivolto ai politici che Grillo avrebbe poi ripreso alla lettera: «Vaffanculo», e con un culto studiato della volgarità come forza sovversiva.  Licenziato da quella radio, si candida alla presidenza della Repubblica in vista delle elezioni del 1981, e comincia a volare sia nei sondaggi sia nel sostegno d’intellettuali – di sinistra – molto influenti, tra cui il filosofo Gilles Deleuze (1925-1995) e i sociologi Alain Touraine (1925-) e Pierre Bourdieu (1930-2002).

Quest’ultimo definisce, enfaticamente, l’invito di Coluche ai politici ad andare a quel paese come «le parole più importanti per la Francia dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789». I tempi, però, non sono maturi. C’è ancora la Guerra fredda, il Muro di Berlino non è caduto e nessuno dei due grandi blocchi internazionali vuole vedere un Paese strategico come la Francia consegnato a un comico imprevedibile. Coluche è minacciato di morte e intimidito dai servizi segreti, e la sua campagna finisce in tragedia quando il suo Casaleggio, René Gorlin (+1980), è assassinato in un oscuro omicidio presentato come passionale ma su cui restano molti dubbi. Coluche capisce ll’antifona, si ritira dalla campagna elettorale e invita i suoi sostenitori a votare per il socialismo autogestionario di François Mitterrand (1917-1996). Ma, anni dopo, comincia a far venire qualche idea al suo amico italiano Grillo.

Secondo elemento: Internet. Se il transito di Grillo dalle televisioni – che progressivamente lo emarginano per la sua virulenza anti-politica – all’attivismo militante su temi sociali ed ecologici comincia poco dopo l’incontro con Coluche, all’inizio il comico italiano non accoglie con particolare favore Internet. Nel 2000, anzi, alla fine di ogni spettacolo sfascia in scena un computer, considerato uno strumento dei poteri forti per lavare il cervello alla gente. Ma tutto cambia dopo l’incontro con Gianroberto Casaleggio, che per Biorcio – studioso della Lega – ha per Grillo il ruolo che per Bossi hanno gli incontri con il teorico del federalismo dell’Union Valdôtaine Bruno Salvadori (1942-1980) e con il politologo Gianfranco Miglio (1918-2001).

Casaleggio non è solo uno dei migliori esperti italiani di marketing sul Web. È un guru, interessato all’esoterismo e – ci dicono gli autori – accompagnato da «ipotesi di appartenenza alla massoneria», che ha trasformato Internet in una religione. Il suo pensiero, sintetizzato nel volume con citazioni dirette dai suoi video, si riassume in una profezia apocalittica: siamo alla vigilia di crisi ecologiche e di «guerre ideologiche, razziali e religiose» in cui moriranno i sei settimi degli attuali abitanti della Terra. Il miliardo di sopravvissuti abolirà «i partiti, la politica, le ideologie e le religioni», sostituite da «Gaia» – un nome che in molte teorie esoteriche indica la Terra come organismo vivente e unica divinità -, la quale sarà insieme religione e politica e gestirà il mondo tramite un «nuovo governo mondiale» selezionato e organizzato tramite Internet. Cioè, precisa Casaleggio, tramite gli «influencer», quella piccola percentuale di persone che padroneggia perfettamente la Rete e crea il novanta per cento dei suoi contenuti. Persone come lo stesso Casaleggio, che però per il loro sogno di nuovo governo mondiale hanno bisogno di «portavoce» dotati di quelle «capacità di comunicare con il pubblico» – compreso quello che non ha come suo primo punto di riferimento Internet – che agli «influencer» della Rete spesso mancano. Ma che non mancano a Grillo, il quale diventa leader politico globale quando Casaleggio gli mostra la luce di Internet e la accende, creando per il comico quello che diventa uno dei dieci blog più visitati nel mondo. Senza Casaleggio non ci sarebbe Grillo come leader politico. Ma senza Grillo il guru Casaleggio sarebbe solo il capo di un piccolo movimento esoterico.

Dove abbiamo già visto le sue prospettive apocalittiche? Precisando che i grillini sono adepti della non violenza, Biorcio e Natale paragonano le declinazioni politiche dell’utopia di Casaleggio ai manifesti delle Brigate Rosse degli anni 1970. Per me, studioso di nuovi movimenti religiosi, la teoria di Casaleggio ricorda piuttosto in modo irresistibile – anche qui, senza sospettare il guru di Grillo d’inclinazioni violente – la prospettiva della «Famiglia» del pluri-assassino Charles Manson, un pericoloso nuovo movimento religioso che attendeva l’«Helter Skelter», una guerra razziale in cui la maggioranza degli americani sarebbe morta, convincendo i superstiti a lasciarsi guidare da chi l’aveva prevista, cioè appunto Manson e i suoi adepti.

Terzo elemento: il populismo e l’avversione per la politica. E qui, suggeriscono gli autori, ben prima di incontrare i movimenti globali di «indignati» degli ultimi anni, il modello di Grillo è Umberto Bossi. Come Bossi, il Grillo elettorale non decolla immediatamente. Parte dal 3-4% delle sue liste civiche nel 2009, arriva al massimo del 7% in Emilia alle regionali del 2010. Come Bossi esplode con Mani pulite, così Grillo fa il pieno dopo gli scandali che travolgono esponenti non solo del centro-destra ma anche del centro-sinistra nel secondo decennio del XXI secolo. Il Movimento 5 stelle – il nome è assunto nel 2010 con riferimento a cinque semplici punti programmatici – diventa così il primo partito alle elezioni siciliane del 2012 e a quelle nazionali del 2013.

Ma chi vota Grillo? La sua base originale non poteva sognare le percentuali del 2013, perché rappresentava un blocco – non sociale ma culturale – per sua natura minoritario: gli «innamorati della Rete», persone in maggioranza settentrionali e laureate che hanno deciso di fidarsi soltanto di Internet, disprezzando giornali e televisione. A questi però si sono aggiunti, secondo il volume, altre tre categorie di elettori: anzitutto i «gauchisti», persone di sinistra per cui il PD si è spostato troppo al centro appoggiando il governo Monti, e chi si allea con il PD come Vendola ne condivide le colpe. Ci sono poi quelli che i due sociologi chiamano i «ragionevoli», che votano Grillo sulla base di un calcolo razionale di costi e benefici, convinti che un suo successo, per quanto effimero e problematico, possa costringere la politica a quelle riforme necessarie che i partiti tradizionali da anni promettono invano. Infine, i «menopeggio», elettori dell’estrema destra o della Lega che non condividono le idee di Grillo ma che lo considerano meno peggiore di tutti gli altri quando si tratta di criticare la «casta», le banche o l’Unione Europea. Qui il volume anticipa gli ultimi studi sui flussi dell’Istituto Cattaneo, secondo i quali, se la maggioranza degli oltre otto milioni di elettori di Grillo viene da sinistra, una parte significativa viene dalla Lega e un dieci per cento, in parte transitato da La Destra, votava a suo tempo Alleanza Nazionale.

Tenere insieme questi quattro gruppi di elettori non sarà particolarmente facile, come non lo sarà gestire una massa di deputati selezionati sul Web e che spesso non hanno mai parlato con Grillo. I problemi di democrazia interna del movimento nascono dalla sua stessa natura. Casaleggio potrebbe dire che il problema è mal posto, perché nell’epoca di Gaia comunque la democrazia rappresentativa non ci sarà più. Ma quanti fra gli eletti del Cinque Stelle, per non parlare degli elettori, davvero conoscono e capiscono le profezie di Casaleggio?

Infine, un tema cui Biorcio e Natale dedicano solo due paginette, ma che sta a cuore a me e credo ai miei lettori: il rapporto con la Chiesa. Gli studi di Franco Garelli hanno mostrato che, qualunque cosa suggeriscano loro i vescovi, i cattolici votano più o meno come gli altri italiani. Ma il Cinque Stelle richiede un supplemento di analisi. I questionari somministrati da Biorcio e Natale rivelano tra i suoi militanti ed elettori una percentuale più alta della media nazionale di non credenti e persone ostili alla Chiesa. I due sociologi osservano che il boom del 2012 e 2013 ha portato a votare Cinque Stelle anche cattolici praticanti. Ma questi rimangono in minoranza, e forse non sanno che dopo la morte della maggioranza dei terrestri e il trionfo di Gaia previsti da Casaleggio  le religioni sono destinate a sparire, sostituite dal culto esoterico della Terra Madre.

I cattolici sono del resto in buona compagnia. Nell’utopia di Casaleggio non spariranno solo le religioni ma anche il capitalismo, il socialismo e perfino i libri, che il guru di Grillo vede completamente sostituiti dalla Rete. Se però Grillo e Casaleggio sono inscindibili l’uno dall’altro, la prospettiva generale del movimento non può che essere la distruzione totale di qualunque pensiero politico – o religioso – alternativo. E chi pensa di «mettersi con Grillo» per salvare qualche poltrona assomiglia ai borghesi di cui parlavano i primi bolscevichi. Quelli che portano allegramente ai nemici la corda con cui saranno impiccati.

di Massimo Introvigne – La nuova Bussola Quotidiana

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Papa: martiri di Otranto saranno santi il 12 maggio

Posté par atempodiblog le 12 février 2013

Gli 800 martiri cristiani uccisi a Otranto dans Articoli di Giornali e News

Antonio Primaldo e gli altri martiri di Otranto, vittime dei Turchi nel 1480, saranno canonizzati il 12 maggio del 2013. Lo ha detto il Papa, pronunciando durante il concistoro la formula latina che annuncia che gli ottocento saranno annoverati tra i santi della Chiesa cattolica. Il concistoro ha riguardato anche la canonizzazione di Laura Montoya e Maria Guadalupe Garcia.

Fonte: IL GAZZETTINO.it

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Votare chi difende i valori non negoziabili

Posté par atempodiblog le 5 février 2013

Votare chi difende i valori non negoziabili dans Riflessioni votare

Vi ricordo di leggere bene i programmi dei partiti, prima di andare a votare. Non possiamo avere il comportamento schizofrenico di indossare” la fede durante la Messa domenicale e poi seguire ideologie diametralmente opposte al nostro Credo. Se sale la sinistra per noi credenti saranno tempi molto duri.

Irene Bertoglio

Il significato della croce in un mondo dove gli stadi hanno preso il posto delle cattedrali dans Don Luigi Giussani dongius

Due lettere di Don Luigi Giussani, scritte a ridosso delle elezioni del 18 aprile 1948 (dove si giocò il destino dell’Italia), tratte da: «Don Giussani – Vita di un amico» di Renato Farina. Ed. Piemme:

Cliccare qui per leggere iconarrowti7 Per essere cristiani bisogna obbedire alla Chiesa

votando dans Stile di vita

Ma c’è dell’altro.
Mi chiedo: per un cittadino (cattolico o laico che sia) è meglio essere governato da uno statista che fa leggi utili al Paese, segnatamente alla famiglia, pur avendo privatamente una situazione familiare complicata, oppure da uno statista che ha una famiglia da “Mulino bianco”, ma fa politiche devastanti contro le famiglie altrui e contro il Paese?

Antonio Socci (2007)

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