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Buone vacanze!!

Posté par atempodiblog le 15 juillet 2013

 Il tempo della libertà dans Don Luigi Giussani buonevacanze

Atempodiblog prende una pausa estiva.

Gli aggiornamenti saranno meno frequenti, ma potrebbe anche esserci qualche novità nelle prossime settimane… quindi occhio al blog. f4.png

Buone vacanze con Gesù e Maria sempre nel vostro cuore!

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Il pellegrinaggio

Posté par atempodiblog le 15 juillet 2013

A piedi, in treno o in auto, il pellegrinaggio è una metafora della vita umana, che è un cammino dal tempo all’eternità, dalla terra al cielo, dall’effimero all’assoluto. Per pregare, purificarsi, nutrire l’anima e prepararsi alla meta finale del Cielo.
di Padre Livio Fanzaga – Il Timone

Il pellegrinaggio dans Libri 5k0a

Il pellegrinaggio è una pratica presente in molte esperienze religiose, in particolare nell’ebraismo, nel cristianesimo e nell’Islam, le tre religioni che fanno riferimento ad Abramo, il pellegrino di Dio per eccellenza. Il Signore disse ad Abramo: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò» (Gn 12,1). In questo comando vi sono già compresi quegli elementi che distinguono il pellegrinaggio in senso stretto dal semplice turismo, sia pure quello che non disdegna le mete religiose. Infatti, nella dinamica del pellegrinaggio vi è innanzi tutto una rottura con la vita di ogni giorno: «Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre». All’origine vi è una spinta ad uscire fuori dagli ingranaggi di un’esistenza soffocata dagli affanni del vivere, dalle paure e dalle preoccupazioni del futuro e dai limiti angusti della finitezza. Non si tratta però di una fuga da se stessi e dalle proprie responsabilità. Infatti, l’abbandono del quotidiano è per cercare qualcosa di più grande e di eterno: «Verso il paese che io ti indicherò», dice il Signore.

In questa prospettiva il pellegrinaggio è una metafora della vita umana, che è un cammino dal tempo all’eternità, dalla terra al cielo, dall’effimero all’assoluto. Alla radice della decisione del pellegrino di mettersi in viaggio non vi è tanto un bisogno di evasione, quanto invece il desiderio di infinito. Potremmo dire che il pellegrinaggio religioso è una testimonianza sull’uomo e sul suo destino.

L’uomo non è un animale più evoluto di altri, che si esaurisce nel ciclo finito della materia. In lui vi è una dimensione eterna, che invano si cercherebbe di sopprimere. Nella sua decisione di mettersi in viaggio verso una meta santa, il pellegrino attesta che il cuore dell’uomo è affamato di eternità e che il cielo è la meta a cui siamo stati predestinati.

Il cristianesimo ha ereditato il pellegrinaggio dalla ricca tradizione di Israele. Per ogni buon Israelita era necessario recarsi tre volte all’anno davanti al Signore nel suo santuario (Es 23, 14-19). Infatti là si trova «la casa di Dio» e «la porta del cielo», dove vi è il punto di contatto e di incontro fra Dio e l’uomo. Nel santuario ci si reca innanzi tutto per cercare «il volto di Dio». Alla partenza il cuore si ricolma di gioia: «Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore» (Sal 122,1). Anche il viaggio, per quanto faticoso e non di rado esposto a pericoli, viene percorso festosamente: «verso la casa di Dio camminavamo in festa» (Sal 55,15). Giunti al santuario ci si riposa non solo e non tanto il corpo quanto l’anima, finalmente giunta alla meta dei suoi desideri: «Questo è il mio riposo per sempre, qui abiterò perché l’ho desiderato» (Sal 132, 13-14). Gesù stesso si è fatto pellegrino, salendo a Gerusalemme con i genitori all’età di dodici anni, per obbedire alla legge (Lc 2,41ss) e, nel corso della sua missione, vi sale ancora in occasione di diverse festività.

La tradizione biblica è rimasta viva nel cristianesimo e ha avuto un impulso notevole a partire dal IV secolo, quando la religione cristiana diviene lecita. In questo periodo incomincia la costruzione di grandiosi edifici nei luoghi santi della redenzione, che inaugurano quel pellegrinaggio in Palestina che fino ai nostri giorni è rimasto il «pellegrinaggio» per eccellenza, nonostante le difficoltà dovute all’invasione mussulmana.
Nel medioevo il pellegrinaggio cristiano raggiunge il suo apogeo. Esso è l’espressione di quello straordinario fervore religioso che ha innalzato in tutta Europa della mirabili cattedrali, capolavori di arte, ma soprattutto espressione di fede granitica e di carità operosa.

Accanto a Gerusalemme sono Roma e Santiago de Compostela le mete dei pellegrini nell’ambito della «Respublica christiana», come allora veniva chiamata l’Europa, unita da un’unica fede e un’unica lingua, il latino, mentre fioriscono ovunque pellegrinaggi regionali e locali, in modo particolare laddove sono conservate le reliquie e i corpi dei santi. A partire dall’VIII fino al XVI secolo il pellegrinaggio è stata una pratica altamente espressiva della concezione cristiana dell’esistenza umana. Molti pellegrini lo vivevano come una preparazione al momento estremo della vita, quando l’anima abbandona la scena di questo mondo e compare davanti al Giudice divino. Prima di partire vi erano quelli che vendevano tutti i loro averi per darli ai poveri e iniziare in povertà il cammino purificatore verso l’eternità. Altri facevano il testamento, ben consapevoli dei pericoli che li attendevano lungo vie infestate da briganti e attraverso territori devastati dalla guerra. Nel cuore di tutti vi era un desiderio di purificazione attraverso la preghiera e la dura penitenza del viaggio, oltre al lavacro rigeneratore del luogo santo da raggiungere, con i sacramenti, l’intercessione dei santi e le loro reliquie, ritenute onnipotenti.

Lungo il corso dei secoli il pellegrinaggio era fatto a piedi, o in barca o sul dorso di animali. La fatica del viaggio era una componente penitenziale essenziale. Il pellegrinaggio a piedi ha conservato il suo fascino anche al giorno d’oggi, ma si tratta sopratutto di imprese solitarie e non di una prassi comune come nei secoli andati. Nei tempi moderni ha preso un certo vigore il pellegrinaggio in bicicletta, che ha il vantaggio di comportare anch’esso una certa dose di penitenza corporale, pure essendo assai più rapido di quello a piedi. Si è invece affermato a livello di massa il pellegrinaggio in treno o in corriera. Se ben preparato e guidato produce indubbiamente gli effetti spirituali desiderati, anche se i disagi del viaggio sono minimi.

Personalmente ho scoperto il fascino segreto e la straordinaria efficacia del pellegrinaggio in macchina. Con una quattroruote ho percorso l’Europa da un capo all’altro, visitando i santuari mariani, i luoghi delle apparizioni del Signore e della Madonna, le grandi cattedrali e le innumerevoli sorgenti di santità di cui il nostro continente è punteggiato. Mi è bastato ritagliarmi ogni anno una decina di giorni di ferie per poter tracciare itinerari ricchi di spiritualità, di arte, di cultura e di bellezze naturali. I vantaggi del pellegrinaggio su una quattroruote sono innumerevoli, sia che si compiano da soli che in compagnia. In macchina infatti si può viaggiare pregando e meditando, ottenendo così uno degli obbiettivi primari del pellegrinaggio stesso. Inoltre in macchina si può riposare, mangiare e persino dormire, coniugando le esigenze delle penitenza con quelle del risparmio. Sopratutto in macchina si può andare dove e quando si vuole, senza la schiavitù dei gruppi e degli orari e senza i limiti di distanza e di tempo imposti dal pellegrinaggio a piedi e in bicicletta.

Le componenti di un pellegrinaggio vero in ultima istanza sono: il pellegrino, la strada e la meta. Queste tre componenti sono presenti anche nel pellegrinaggio sulla quattroruote. I giovani e le famiglie in particolare possono inaugurare una stagione nuova e originale del pellegrinaggio cristiano. Le radici dell’Europa non possono restare sulla carta. Vanno riscoperte e rinverdite per una nuova stagione della fede.

divisore dans Medjugorje

DA NON PERDERE
Padre Livio Fanzaga,
Pellegrino a quattroruote – sulle strade d’Europa, Sugarco Edizioni

Nostra Signora de La Salette dans Apparizioni mariane e santuari pellegrinoaquattroruote

Questo libro è la testimonianza di un vissuto personale. Racconta i pellegrinaggi effettuati in automobile durante le vacanze estive in alcuni dei luoghi di grazia dell’Europa (esclusa l’Italia), santificati dalle apparizioni di Gesù Cristo e della Santa Vergine, oppure dalla presenza dei santi. Si tratta di un’esperienza accumulata nel corso di decenni e che alla fine ha preso la forma di un reportage in prima persona. Tuttavia il protagonista non è tanto il pellegrino, quanto quei luoghi dell’Infinito che egli ha incontrato e che ritiene utile fare conoscere agli altri, affinché possano attingere una nuova forza spirituale da sorgenti d’acqua viva che non cessano di zampillare. Numerosi sono i luoghi descritti per le loro bellezze artistiche, per la memoria storica e soprattutto per le straordinarie ricchezze spirituali: Medjugorje, Cracovia, Wadovice, Auschwitz, Czestochowa, Lourdes, Avignone, Taizé, Paray le Monial, Nevers, Parigi, Ars, Domremy, Reims, Rouen, Chartres, Lisieux, Alencon, Dozulé, Mont-Saint-Michel, Montligeon, Pontmain, Monfort-sur-Meu, Saint-Laurent-sur-Sèvres, Pellevoisin, Issoudun, La Salette, Laus, Banneuux, Beauring, Amsteerdam, Montserrat, Barcelleona, Saragozza, Torreciudad, Peralta del la Sal, Avila, Alba de Tormes, Santiago de Compostela, Fatima.

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Il buon Samaritano

Posté par atempodiblog le 14 juillet 2013

PAPA FRANCESCO

ANGELUS
Castel Gandolfo
Domenica
, 14 luglio 2013

Video

Il buon Samaritano dans Commenti al Vangelo 5zilft

Cari fratelli e sorelle,
buongiorno!

Oggi il nostro appuntamento domenicale dell’Angelus lo viviamo qui a Castel Gandolfo. Saluto gli abitanti di questa bella cittadina! Voglio ringraziarvi soprattutto per le vostre preghiere, e lo stesso faccio con tutti voi pellegrini che siete venuti qui numerosi.

Il Vangelo di oggi – siamo al capitolo 10 di Luca – è la famosa parabola del buon samaritano. Chi era quest’uomo? Era uno qualunque, che scendeva da Gerusalemme verso Gerico sulla strada che attraversa il deserto della Giudea. Da poco, su quella strada, un uomo era stato assalito dai briganti, derubato, percosso e abbandonato mezzo morto. Prima del samaritano passano un sacerdote e un levita, cioè due persone addette al culto nel Tempio del Signore. Vedono quel poveretto, ma passano oltre senza fermarsi. Invece il samaritano, quando vide quell’uomo, «ne ebbe compassione» (Lc 10,33) dice il Vangelo. Si avvicinò, gli fasciò le ferite, versandovi sopra un po’ di olio e di vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e pagò l’alloggio per lui… Insomma, si prese cura di lui: è l’esempio dell’amore per il prossimo. Ma perché Gesù sceglie un samaritano come protagonista della parabola? Perché i samaritani erano disprezzati dai Giudei, a causa di diverse tradizioni religiose; eppure Gesù fa vedere che il cuore di quel samaritano è buono e generoso e che – a differenza del sacerdote e del levita – lui mette in pratica la volontà di Dio, che vuole la misericordia più che i sacrifici (cfr Mc 12,33). Dio sempre vuole la misericordia e non la condanna verso tutti. Vuole la misericordia del cuore, perché Lui è misericordioso e sa capire bene le nostre miserie, le nostre difficoltà e anche i nostri peccati. Dà a tutti noi questo cuore misericordioso! Il Samaritano fa proprio questo: imita proprio la misericordia di Dio, la misericordia verso chi ha bisogno.

Un uomo che ha vissuto pienamente questo Vangelo del buon samaritano è il Santo che ricordiamo oggi: san Camillo de Lellis, fondatore dei Ministri degli Infermi, patrono dei malati e degli operatori sanitari. San Camillo morì il 14 luglio 1614: proprio oggi si apre il suo quarto centenario, che culminerà tra un anno. Saluto con grande affetto tutti i figli e le figlie spirituali di san Camillo, che vivono il suo carisma di carità a contatto quotidiano con i malati. Siate come lui buoni samaritani! E anche ai medici, agli infermieri e a coloro che lavorano negli ospedali e nelle case di cura, auguro di essere animati dallo stesso spirito. Affidiamo questa intenzione all’intercessione di Maria Santissima.

E un’altra intenzione vorrei affidare alla Madonna, insieme a tutti voi. E’ ormai vicina la Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro. Si vede che ci sono tanti giovani di età, ma tutti siete giovani nel cuore! Io partirò tra otto giorni, ma molti giovani partiranno per il Brasile anche prima. Preghiamo allora per questo grande pellegrinaggio che comincia, perché Nostra Signora de Aparecida, patrona del Brasile, guidi i passi dei partecipanti, e apra i loro cuori ad accogliere la missione che Cristo darà loro.

Tratto da: Vatican.va

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«Sarebbe sciocco rinunciare al consiglio di Benedetto»

Posté par atempodiblog le 13 juillet 2013

«Sarebbe sciocco rinunciare al consiglio di Benedetto»
In una telefonata all’amico ex alunno Jorge Milia, Papa Francesco parla dell’affetto per il predecessore

Andrea Tornielli – Vatican Insider

«Sarebbe sciocco rinunciare al consiglio di Benedetto» dans Andrea Tornielli ckx0

«Non ti immagini l’umiltà e la saggezza di quest’uomo… Non ci penso nemmeno a rinunciare al consiglio di una persona del genere, sarebbe sciocco da parte mia!». Sono parole di Papa Bergoglio riferite al suo predecessore, Benedetto XVI. Parole dette per telefono a Jorge Milia, giornalista, scrittore ed ex alunno di Bergoglio. Le riporta lo stesso Milia in un articolo pubblicato sul blog di Alver Metalli Terre d’America.

Lo scrittore inizia col dire che il Papa con lui si è lamentato per aver ricevuto una sua lettera di ben dodici pagine. «Ma non puoi negare che ti ho fatto ridere…» gli ha risposto Milia. «Ha riso. Per quelle ragioni che nessuno può spiegare, tanto meno io, tollera ancora la mia prosa come tanti anni fa, quando eravamo professore e alunno. Gli ho detto che avevo iniziato a leggere l’enciclica Lumen Fidei e lui ha declinato ogni merito personale.

Ha commentato che Benedetto XVI aveva fatto la maggior parte del lavoro, che era un pensatore sublime, non conosciuto o capito dalla maggior parte delle persone». Poi lo scrittore riferisce altre parole del Pontefice: «Oggi ero con el viejo, il vecchio … – l’ha chiamato così, all’argentina, con quel carattere affettuoso che diamo alla parola – abbiamo chiacchierato molto; per me è un piacere scambiare idee con lui»  «E davvero quando parla di Ratzinger – rimarca Milia – lo fa con riconoscenza e tenerezza. A me fa un po’ l’effetto di uno che ha ritrovato un vecchio amico, un ex compagno di classe, di quelli che si fanno vedere di tanto in tanto, che a scuola frequentavano uno o due corsi dopo il nostro e che in qualche modo ammiravamo, magari con le differenze che il tempo aveva levigato, ammorbidito».   Francesco per telefono ha aggiunto all’amico ex alunno: «Non ti immagini l’umiltà e la saggezza di quest’uomo».

Milia ha ribattuto: «Allora tienilo vicino…». «Non ci penso nemmeno – ha replicato il Papa – a rinunciare al consiglio di una persona del genere, sarebbe sciocco da parte mia!». A proposito dell’accessibilità nel rapporto con le persone, Francesco ha confidato all’amico: «Non è stato facile, Jorge, qui ci sono molti “padroni” del Papa e con molta anzianità di servizio». «Poi ha commentato – scrive Milia – che ogni cambiamento che ha introdotto gli è costato degli sforzi (e, suppongo, dei nemici …) Tra questi sforzi la cosa più difficile è stata di non accettare che gli gestissero l’agenda. Per questo non ha voluto vivere nel palazzo, perché molti Papi hanno finito con il diventare “prigionieri” dei loro segretari».

«Sono io che decido chi vedere – ha detto Francesco all’ex alunno – non i miei segretari…  A volte non posso vedere chi vorrei, perché devo vedere chi chiede di me». «Questa frase mi ha molto colpito – osserva lo scrittore -. Io, che non sono Papa e non ho il suo potere, sento il cuore che si accelera quando aspetto un caro amico e non so proprio se darei la precedenza ad un altro al suo posto. Lui, invece, si priva dell’incontro che vorrebbe per stare con chi lo richiede. Mi ha detto che i Papi sono stati isolati per secoli e che questo non va bene, il posto del Pastore è con le sue pecore…».

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La faccia di chi ci crede

Posté par atempodiblog le 12 juillet 2013

“Al momento della Messa, bisogna sentirsi trasformati. Deve scomparire ogni preoccupazione di tempo e di scuola poiché la Messa, assieme alla Comunione e alla Meditazione, costituisce l’essenza del fine!”.

Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

La faccia di chi ci crede dans Costanza Miriano Maria-e-Ges

La faccia di chi ci crede
di Costanza Miriano – Credere
Tratto da: Il blog di Costanza Miriano

Spesso la messa è per me l’unico momento della giornata in cui mi fermo, non posso fare niente altro che essere lì. Telefono staccato, iPad disconnesso, agenda chiusa. Ed è allora che si scatenano, gli infami.

I pensieri più remoti, assurdi, inaspettati vengono fuori di soppiatto, fanno capolino e poi si installano a un lato della mia fronte, apposta per molestarmi. Tu dimmi, ma quella zia che non vedo da almeno due anni, ma proprio adesso mi deve venire in mente?

Sì, va bene, la chiamo, e quando torno dai miei, in estate, la vado a trovare, promesso, però adesso fammi ascoltare la lettura. … No, il libretto vaccinale del figlio numero tre non so dove sia, ma è in casa, quindi per favore adesso prega, dopo lo troverai. … No, non so come stia Paola, adesso, e neanche cosa fare di contorno. Devo trovare spinaci al sapore di nutella, o una zucchina disponibile a travestirsi da cono gelato, per avere qualche speranza che Lavinia ingerisca qualcosa che un tempo ebbe un lontano contatto con una verdura. Comunque non è adesso il momento di risolvere il problema.

Adesso sono in chiesa, e fra poco Gesù Cristo si farà pane e sarà dentro di me, chiudendo un occhio, e anche tutti e due, sulla mia distrazione, poca presenza, poca comprensione (dell’indegnità non parliamo neanche).

Eppure la messa può essere un momento importante anche per fare apostolato, per essere testimoni. Qualche giorno fa, non so perché, mi è capitato di essere davvero presente a quello che stava succedendo sull’altare. Succede. Mi sembrava che tutto fosse così evidentemente vero che devo avere fatto una faccia speciale. È entrato un signore distratto, e si è girato tre o quattro volte a guardarmi (e non era per me, ero vestita orribilmente e pettinata alla mazzo di carciofi). Deve avere notato la faccia di una che crede che Dio stava entrando in quella chiesa per invadere con la sua immensità la nostra povertà. Chissà, magari ci ha riflettuto anche lui.

È così importante, per noi ma anche per i nostri fratelli, come viviamo la messa. Non serve molto, basta essere presenti in cuore, intelligenza, forza, spirito. E vi assicuro che poi il libretto vaccinale smarrito si ritrova sempre (a casa mia è sempre lì, sotto il portapenne).

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Pier Giorgio Frassati un testimone della fede in Cristo

Posté par atempodiblog le 7 juillet 2013

Pier Giorgio Frassati un testimone della fede in Cristo.
La vita di un giovane di 24 anni che ha illuminato e tutt’ora illumina la strada di molti altri giovani distanti nel tempo e nello spazio, ma non dal cuore.

Fonte: www.stpauls.it
Tratto da: Sursum Corda

Pier Giorgio Frassati un testimone della fede in Cristo dans Beato Pier Giorgio Frassati

Nasce nel 1901 a Torino da una famiglia ricca borghese. Quando, fanciullo, apprese i primi racconti del Vangelo, Pier Giorgio ne restò colpito, a volte in modo così profondo da diventare protagonista di gesti inattesi in un bimbo tanto piccolo. Dopo l’infanzia venne istruito con la sorella privatamente, e successivamente fu avviato alle scuole  statali, ma Pier Giorgio in questi primi studi non mostrava molta attenzione, tanto che un anno fu bocciato. Vista la non brillante carriera scolastica, la  famiglia lo affidò al salesiano don Cojazzi che oltre ad insegnargli la  letteratura lo accosterà alla spiritualità cristiana.

 dans Santa Caterina da Siena
Pier Giorgio è il primo a  destra


“Come  il sale dà sapore al cibo e la luce illumina le tenebre, così la santità dà  senso pieno alla vita, rendendola riflesso della gloria di Dio. Quanti Santi,  anche tra i giovani, annovera la storia della Chiesa! Tra i molti basti  ricordare: Agnese di Roma, Teresa di Lisieux, Pier Giorgio Frassati… Scoprite le  vostre radici cristiane, imparate la storia della Chiesa, approfondite la  conoscenza dell’eredità spirituale che vi è stata trasmessa, seguite i testimoni  e i maestri che vi hanno preceduto!”.

I Frassati erano una delle famiglie  più in vista della città, di estrazione alto-borghese. Il padre Alfredo era proprietario del quotidiano «La Stampa», ma Pier Giorgio, che non voleva i soldi di suo padre, aveva dichiarato pubblicamente che la sua eredità l’avrebbe divisa tutta con i poveri. Per essi aveva intrapreso gli studi molto difficili di ingegneria per diventare ingegnere minerario e così potersi dedicare al servizio di Cristo fra i minatori, tra i più derelitti degli operai. Avrebbe potuto allietare la sua giovinezza con ricevimenti e feste da ballo, ma preferiva  essere il “facchino” dei poveri, trascinando per le vie di Torino i carretti  carichi di masserizie degli sfrattati… e come membro della Conferenza di S. Vincenzo visitare le famiglie più bisognose per portarvi conforto e aiuto  materiale. Vi si recava generalmente al mattino, prima delle lezioni  all’Università, oppure nelle uscite serali, carico di pacchi, vincendo con la  carità l’umana ripugnanza che si accompagnava al tanfo nauseante di certi tuguri.

 dans Stile di vita

Un albero lo si  riconosce dai suoi frutti. E i frutti di Pier Giorgio sono davvero straordinari. In tutto il mondo sono circa millecinquecento le Associazioni a lui intitolate. Il suo nome è stato dato a Scuole, Oratori, Cappelle, complessi sportivi,  Patronati, Circoli di studenti universitari. Nel solco di Pier Giorgio sono  sorte Cooperative, iniziative sociali e culturali, gruppi e Centri giovanili. Chiese e parrocchie a lui dedicate sono in ogni angolo della terra, dall’Italia all’America Latina, dagli Stati Uniti all’Africa.

Dinamico, volitivo, pieno di vita, Pier  Giorgio amava i fiori e la poesia, le scalate in montagna. Spesso raggiungeva a  piedi il Santuario della Madonna di Oropa, il grande tempio mariano del  Piemonte. Arrivato al Santuario, dopo un’ora di marcia e completamente digiuno, era solito assistere alla Santa Messa, poi faceva la Comunione, quindi si raccoglieva in preghiera nel transetto di destra, davanti all’immagine della  Vergine Bruna. Nel ritorno verso casa recitava il Rosario lungo la via, ad alta voce, cantando le Litanie. Pier Giorgio amava anche comporre dei rosari con i  semi di una pianta di Pollone, che poi regalava agli amici. Era questo un modo  per ricordare loro l’impegno della preghiera e la devozione verso la Vergine, che per lui era irrinunciabile.

Il 28 maggio 1922, nella chiesa torinese di San Domenico, ricevette l’abito di terziario domenicano: Pier Giorgio, da fervente discepolo di San  Domenico, recitava ogni giorno il Rosario, che portava sempre nel taschino della giacca, non esitando a tirarlo fuori in qualsiasi momento per pregare, anche in tram o sul treno, persino per strada.

“Il mio testamento – diceva, mostrando la corona  del Rosario – lo porto sempre in tasca”. Il 30 giugno 1925 Pier Giorgio accusa  degli strani malesseri, emicrania e inappetenza: non è una banale influenza, ma una poliomielite fulminante che lo stronca in soli quattro giorni, il 4 luglio,  tra lo sconcerto e il dolore dei suoi familiari e dei tanti amici e conoscenti,  a soli 24 anni.
Sulla sua scrivania, accanto ai testi universitari, erano aperti l’Ufficio della Madonna e la vita di Santa Caterina da Siena. Nasceva alla vita del Cielo di sabato, giorno mariano, così come anche di sabato, il  Sabato Santo di ventiquattro anni prima, era venuto al mondo. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 20 maggio 1990.

Pier  Giorgio è stato questo, e molto altro ancora. Difficile raccontarlo in poche  parole. Da tutte le testimonianze e dai ricordi di chi lo conobbe balza fuori il ritratto di un giovane limpido e forte, acceso dalla gioia, dal cuore generoso e pieno di fede.

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La nostra vocazione: nel nostro cuore ci deve essere l’amore che c’è in Dio

Posté par atempodiblog le 2 juillet 2013

La nostra vocazione: nel nostro cuore ci deve essere l’amore che c’è in Dio
di
Padre Livio Fanzaga – Radio Maria

La nostra vocazione: nel nostro cuore ci deve essere l’amore che c’è in Dio dans Anticristo 6hxk

I catechisti dicono che se vanno a dire ai giovani che i rapporti prematrimoniali sono contro la volontà di Dio quelli lasciano le chiese e allora tacciono. Si oscura il peccato, ma questo è un atteggiamento profondamente sbagliato e non è l’atteggiamento di Gesù Cristo.

I catechisti così sono sciocchi e non amano il prossimo quando tacciono i comandamenti di Dio che ci dicono il bene da fare e il male da evitare. Far percorrere certe strada che fanno si che uno divenga più debole, più fragile… fanno si che uno va sotto l’influsso del Maligno.
L’atteggiamento di chi dice che non è un male è sbagliato perché lascia quella persona sotto la sua malattia spirituale, la lasci nel fango, lo prendi in giro.

Oggi il mondo inganna perché nega il male e dice che il male è un bene. Ciò che noi chiamiamo un male per loro è un bene, dicono che il divorzio fa bene, la masturbazione fa benissimo, la prostituzione è tutta salute, e così via… Questo è il mondo. Così il mondo, ragazzi miei, in questo modo incrementa il vizio, disgrega la natura umana. A forza di esaltare il male gli uomini sono brutti e cattivi, sono egoisti, sono inaffidabili e sono impietosi, infelici e insensibili. Che umanità c’è?

Il mondo ci vuol dar ad intendere che facendo il male si sta bene. E’ una menzogna satanica. Anche un moto di invidia, di gelosia, di impurità dal fondo del cuore è veleno satanico che inquina.
La grazia dello Spirito Santo illumina, aiuta, stimola, perché non sempre riusciamo a fare il bene subito, ma la volontà tesa al bene è quella a cui guarda Dio. Gesù non guarda i risultati… quando noi siamo impegnati a mettere in pratica i Comandamenti, a mettere in pratica il Vangelo, specialmente nelle sue esigenze più costose… Gesù non guarda i risultati perché quelli ce li da Lui, ma guarda all’intenzione cioè alla tensione della nostra volontà. Guarda a quello che noi vogliamo fare, guarda – come direbbe santa Caterina da Siena – ai nostri santi desideri.

Anche se facciamo dei ruzzoloni, Dio guarda “l’affocato desiderio”. La messa in pratica Dio ce la dà pian piano, nella misura in cui siamo umili, perché se Lui ci da il risultati quando non siamo umili noi ci prendiamo il merito… Quando abbiamo rotto il ‘naso’ parecchie volte e siamo diventati umili, allora Dio ci da il risultato… così noi ringraziamo Lui e non diciamo “come sono bravo”.
E’ fondamentale desiderare la santità con tutto il cuore.
Perciò i catechisti non tengono conto che l’uomo è fragile, è debole, e di qual è l’attegiamento di Gesù verso i peccatori…

La malattia va denunciata e nel medesimo tempo per il malato la massima comprensione. Un confessore che si meravigliasse per i peccati non è adatto a confessare.

Gesù davanti alla peccatrice piena di peccati che gli ungeva i piedi dice “va’”, mica gli ha detto quante volte…  ha detto “va’ e non peccare più”, leggeva nei cuori, subito ha perdonato.
Gesù ci indica un ideale così grande di santità che non siamo capaci di mettere in pratica perché… L’Occidente si sta ribellando al Cristianesimo e i motivi non riguardano tanto la fede… anche se poi tirano fuori i motivi di fede… La fede cristiana ha anche una solida base razionale, è qualcosa di formidabile… Se l’Occidente vuole disfarsi del cristianesimo è per la morale… In questo secolo in cui si è attuata la rivoluzione sessuale, la morale della Chiesa diventa un motivo per buttar via il Cristianesimo… Siccome il Cristianesimo vuole arginare quella che è una dittatura dell’istinto sessuale che c’è in Occidente, proprio l’Occidente vuole liberarsi del Cristianesimo.

Si dice che è una morale troppo severa, che non è alla portata degli uomini. Infatti, senza la grazia non si può riuscire a metterla in pratica. Infatti senza l’aiuto della grazia nessun uomo può mettere in pratica i comandamenti. La morale cristiana ha bisogno dell’aiuto di Dio, ha bisogno della preghiera e della grazia.

Molti dicono: “senza sconti… ci vediamo la prossima volta”… ma nel nostro cuore ci deve essere l’amore che c’è in Dio, questa è la nostra vocazione.
Gesù propone un ideale morale che è quasi divino perché noi siamo creati capaci di Dio e partecipare alla divina natura. Noi siamo stati creati con il fine di essere partecipi della santità  di Dio.
Tutta la morale, tutta la santità consiste nella perfezione dell’amore. L’amore è l’anima di tutte le virtù.

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“Tutti sono benvenuti!” del card. Timothy Dolan

Posté par atempodiblog le 2 juillet 2013

“Tutti sono benvenuti!” del card. Timothy Dolan dans Fede, morale e teologia wzcg

C’è una lezione che ho cominciato a imparare quando avevo sette o otto anni…
Il mio amico Freddie, che abitava di fronte a casa, ed io stavamo giocando fuori. Mamma mi ha chiamato per la cena.
Le ho chiesto: “Può rimanere anche Freddie e stare a cena con noi?”.
“E’ certamente il benvenuto, se va bene a sua mamma e papà”, rispose lei.
“Grazie, signora Dolan,” rispose Freddie. “Sono sicuro che va bene, perché mamma e papà sono fuori, e la babysitter aveva intenzione di farmi un panino quando sarei rientrato”.
Ero così orgoglioso e felice. Freddie era il benvenuto a casa nostra, alla nostra tavola. Tutti e due siamo corsi dentro e ci siamo seduti.
“Freddie, sono contento che tu sia qui”, ha osservato papà, “ma…. Sembra sia meglio che tu e Tim andiate a lavarvi le mani prima di mangiare”.
Piuttosto semplice…senso comune… papà stava dicendo: ora sei un membro benvenuto e rispettato della nostra tavola, della nostra famiglia, ma ci sono alcune aspettative molto naturali che questa famiglia ha, come lavarsi le mani!…

Così è dentro la famiglia soprannaturale che chiamiamo la Chiesa: tutti sono i benvenuti!

Ma, benvenuto a che cosa? Ad una comunità che ti amerà e rispetterà, ma che ha delle esigenze piuttosto chiare che la regolano, rivelate da Dio nella Bibbia, per mezzo del suo Figlio Gesù, instillate nel cuore dell’uomo, e insegnate dalla Sua Chiesa.
La Chiesa è cattolica. . . questo significa che tutti sono i benvenuti;
La Chiesa è una. . . ciò significa che abbiamo una Persona – Gesù – e il suo insegnamento morale che ci uniscono;
La Chiesa è apostolica. . . questo significa che l’insegnamento di Gesù è stato affidato ai suoi Apostoli, e con diligenza tramandato dalla sua Chiesa. Il sacro dovere della Chiesa è quello di invitare le persone, stimolare queste persone, a vivere il messaggio e gli insegnamenti di Gesù.
Questo equilibrio può causare qualche tensione. Freddie e io eravamo amati e accolti alla mensa di famiglia, ma era chiara la richiesta: niente mani sporche!
Il beato Giovanni Paolo II diceva che il modo migliore di amare qualcuno è dirgli la verità: insegnare la verità con amore. Gesù ha fatto questo – Lui era l’amore e la verità in persona – e così fa anche la sua Chiesa.
Noi amiamo e rispettiamo tutti quanti. . . ma questo non significa necessariamente che amiamo e rispettiamo le loro azioni.
Chi” è una persona? Noi amiamo e rispettiamo lui o lei…
Che cosa” una persona fa? La verità può richiedere che diciamo a questa persona che amiamo che certe azioni non sono in sintonia con ciò che Dio ha rivelato.
Non possiamo mai giudicare una persona. . . ma, possiamo giudicare le azioni di una persona.
Gesù lo ha fatto benissimo. Ricordate la donna colta in adulterio? Gli anziani stavano per lapidarla. Dopo le parole di Gesù, se ne sono andati via.
“Non c’è nessuno rimasto a condannarti?” Il Signore ha chiesto con tenerezza alla donna accusata.
“Nessuno, Signore”, sussurrò lei.
“Neppure io ti condanno”, ha concluso Gesù . “Ora vai, ma non peccare più”.

Odia il peccato, ama il peccatore…
Nel mio ultimo anno in seminario, ho guidato una delegazione dal rettore sostenendo che era giunto il momento di abbandonare la pretesa “fuori moda” che a noi seminaristi venisse richiesto di dedicarci allo studio della filosofia. Insistevamo dicendo che quei tempi “rivoluzionari” – eravamo nel 1971 – richiedevano a noi futuri sacerdoti di essere specialisti in altre aree “rilevanti”, come la psicologia o la sociologia.
Il rettore, un uomo saggio, ascoltò con attenzione e pazienza. Ci ha ringraziato e ha chiesto un po’ di tempo per riflettere e consultarsi sulla nostra richiesta.
Una settimana più tardi ci ha richiamato e ha detto che il requisito della filosofia sarebbe rimasto (ora sono ben contento che lo abbia fatto, tra l’altro!). Uno degli studenti più irruenti è saltato su: “Vede? Lei non ci ascolta mai! Non ci rispetta!”.
Il rettore ha spiegato con calma: “Solo perché non sono d’accordo con voi, o non accetto la vostra proposta, non significa che non vi ascolto, né che io non vi ami e rispetti”.
Non cattiva come lezione di filosofia, diciamo.
Allo stesso modo, per esempio, la Chiesa ama, accoglie e rispetta l’alcolista. . . ma non dovrà accettare la sua sbornia.
La Chiesa ama, accoglie, rispetta un uomo d’affari di primo piano … ma non può passar sopra al suo mancato pagamento di un giusto salario a un lavoratore immigrato.
La Chiesa ama, accoglie e rispetta una giovane coppia di innamorati. . . ma non potrebbe non contestare la loro decisione di “vivere insieme” prima del matrimonio.
La Chiesa ama, accoglie e rispetta una donna che ha compiuto un aborto e l’uomo, padre del bambino, che ha incoraggiato l’aborto. . . ma sarebbe unita a loro nel piangere il lutto e nel pentimento per quella scelta mortale.
La Chiesa ama, accoglie e rispetta una donna o un uomo con un’attrazione per lo stesso sesso. . . e nello stesso tempo ricorda a lui o lei il chiaro insegnamento per cui, mentre la condizione di omosessualità non è affatto un peccato, tuttavia l’insegnamento di Dio è chiaro che gli atti sessuali sono riservati ad un uomo e una donna uniti nel vincolo d’amore e fedeltà del matrimonio, che dura tutta la vita ed è aperto a dare la vita.
La Chiesa ama, accoglie e rispetta le persone ricche e nello stesso tempo insegna profeticamente la “a-volte-scomoda” virtù di giustizia e di carità verso i poveri.
Siamo parte di una Chiesa in cui, sì, tutti sono i benvenuti, ma, no, non di una Chiesa in cui tutto è permesso.
Ricordate il commovente vangelo di Domenica scorsa, quello di Gesù, il Buon Pastore? Un pastore che fa efficacemente il suo lavoro custodisce, protegge, nutre e conduce il suo gregge, mentre accoglie con benevolenza le sue pecore nel gregge. Ma… egli non permetterà loro di vagabondare, né permetterà alle pecore di fare tutto quello che vogliono o di andare dovunque vogliano. Il suo compito è quello di riportarle a casa e salvarle dal pericolo.
Questo pastore qui sta ancora cercando di imparare ad essere come quello: ad amare tutti senza mai fare compromessi sulla verità. 

Tratto da: Il blog di Costanza Miriano

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Una clamorosa e sconosciuta serie di miracoli eucaristici a Buenos Aires con Bergoglio vescovo

Posté par atempodiblog le 29 juin 2013

Una clamorosa e sconosciuta serie di miracoli eucaristici a Buenos Aires con Bergoglio vescovo
di Antonio Socci – Libero
Tratto da: Ascolta tua Madre

Una clamorosa e sconosciuta serie di miracoli eucaristici a Buenos Aires con Bergoglio vescovo dans Antonio Socci b5a

C’è un “segno” miracoloso rimasto finora sconosciuto che ha toccato la storia personale del cardinale Bergoglio.

E’ accaduto – prima e durante gli anni del suo episcopato – nella chiesa parrocchiale di Santa Maria che si trova al centro di Buenos Aires, fra i quartieri Almagro e Caballito e – per decisione del parroco e dei suoi fedeli – non si voluto è fare del clamore mediatico.

Tuttavia adesso la “notizia” si sta diffondendo. A rompere il silenzio con una prima rivelazione è stato, poco tempo fa, un religioso, Fr. M. Piotrowski SChr, sul sito “Love one another”. Riassumo ciò che ha scritto.

Era il 18 agosto 1996, alle ore 19. Alla fine della messa padre Alejandro Pezet vide arrivare un fedele che aveva trovato un’ostia (evidentemente profanata) in un angolo della chiesa.

Il sacerdote si comportò secondo la prassi, mise la particola in un contenitore di acqua e ripose tutto nel tabernacolo. Tuttavia pochi giorni dopo, il 26 agosto, dovette constatare, stupefatto, che la particola anziché dissolversi si era trasformata in una frammento di carne sanguinosa.

Così il parroco – secondo la cronaca di Piotrowski – avrebbe informato Bergoglio che era vescovo ausiliare del cardinale Antonio Quarracino, ordinario di Buenos Aires. Ricevendo da lui il mandato di fotografare ciò che era accaduto e conservare tutto nel tabernacolo.

Qualche tempo dopo il prelato – diventato intanto arcivescovo di Buenos Aires – vedendo che non vi era traccia di decomposizione decise di far analizzare quella misteriosa particola.

Il 5 ottobre 1999 si procede. Sono presenti emissari del vescovo e il  dottor Castanon che prelevò un campione del frammento di carne e lo inviò a un laboratorio americano ignaro della sua origine.

Lì il dottor Frederic Zugiba, cardiologo e medico legale, rilevò che si trattava di tessuto umano. Secondo quanto scrive Piotrowski, egli fece questa sconvolgente analisi:

“Il materiale analizzato è un frammento del muscolo cardiaco tratto dalla parete del ventricolo sinistro in prossimità delle valvole. Questo muscolo è responsabile della contrazione del cuore. Va ricordato che il ventricolo cardiaco sinistro pompa sangue a tutte le parti del corpo. Il muscolo cardiaco in esame è in una condizione infiammatoria e contiene un gran numero di globuli bianchi. Ciò indica che il cuore era vivo al momento del prelievo… dal momento che i globuli bianchi, al di fuori di un organismo vivente, muoiono… Per di più, questi globuli bianchi sono penetrati nel tessuto, ciò indica che il cuore aveva subito un grave stress, come se il proprietario fosse stato picchiato duramente sul petto”.

Testimoni di queste analisi furono due australiani, il giornalista Mike Willesee e l’avvocato Ron Tesoriero , i quali chiesero quanto potevano vivere i globuli bianchi se fossero appartenuti a un frammento di carne umana tenuto in acqua.

La risposta fu: “pochi minuti”. Quanto il dottor Zugiba seppe dai due che quel materiale era stato tenuto per un mese in acqua e per tre anni in acqua distillata, restò esterrefatto.

Ancor più sconvolto però quando scoprì, dal dottor Castanon, che quel frammento di cuore umano “vivente” era in origine un’Ostia, ossia un pezzetto di pane consacrato.

Si chiesero con sgomento com’era possibile che un frammento di pane diventasse un pezzetto di cuore umano e ancor più come, un tale reperto, prelevato nel 1996, evidentemente da un uomo morto, fosse ancora vivo tre anni dopo?

L’articolo di Piotrowski prosegue riferendo il clamore che questa notizia ha fatto in Australia, dove è stata diffusa e spiegata dalle persone citate.

Questo articolo nei giorni scorsi ha cominciato a circolare in rete, tradotto, fra i siti cattolici, e a fare molta impressione. Così ho fatto delle verifiche sul posto, a Buenos Aires, e ho scoperto che la storia è ancora più clamorosa (però con alcuni importanti dettagli diversi).

In realtà i “segni” sono ben più di uno e cominciano nel maggio 1992, lo stesso mese ed anno in cui Bergoglio fu nominato vescovo ausiliare di Buenos Aires.

Il 1° maggio di quell’anno, un venerdì,  due pezzi di Ostia furono trovati sul corporale del tabernacolo. Su indicazione del parroco furono messi in un recipiente d’acqua posto poi nel tabernacolo. Però passavano i giorni e le particole non si scioglievano.

Venerdì 8 maggio si notò che i due frammenti avevano assunto un colore rosso sangue.

Domenica 10 maggio – alle messe serali – furono notate delle gocce di sangue sulle patene, il piattino su cui si pone l’ostia.

Domenica 24 luglio 1994 mentre il ministro dell’Eucarestia prendeva il calice contenuto nel Tabernacolo si accorse che una goccia di sangue scorreva sulla parete interna dello stesso Tabernacolo.

Dopo questi segni si arriva ai fatti dell’agosto 1996 di cui abbiamo parlato. Ma – a quanto risulta – iniziano non il 18, ma il 15, festa dell’Assunzione di Maria al cielo. Quando poi ci si accorse della inaudita metamorfosi di quella particola, fu informato direttamente l’arcivescovo Quarracino.

Fu lui che raccomandò la massima discrezione, dette le indicazioni sulla conservazione dei frammenti e ordinò che si stilasse un resoconto dei fatti fotografando tutto e facendo studi approfonditi. Tutto fu poi spedito a Roma.

Quali studi vennero compiuti?

Nel 1992 il sangue fu fatto analizzare da un medico del posto che era una parrocchiana e da altri ematologi. Tutti rilevarono che si trattava di sangue umano.

Nel 1999 – stando a quanto risulta a me – l’arcivescovo Bergoglio (che cominciò a occuparsi del caso solo dal giugno 1997, una volta diventato coadiutore dell’arcidiocesi) autorizzò analisi approfondite negli Stati Uniti di entrambi i “casi”, quello del 1992 e quello del 1996. E tutto si svolse nel 2000.

Le analisi si svolsero in California con le procedure usate per le indagini dell’Fbi. Un dettaglio ulteriore riguarda il campione del 1992 che conteneva anche frammenti di pelle umana. Quindi c’è stata l’analisi del laboratorio di New York col risultato impressionante che sappiamo sul campione del 1996.

E’ evidente che ogni miracolo eucaristico (e ne sono avvenuti diversi, nel corso dei secoli) è per i cattolici il segno del grande miracolo che avviene ogni giorno, in tutte le chiese: la trasformazione del pane e del vino in Corpo e Sangue di Cristo.

Adesso qualche voce tradizionalista già accusa (sulla base di informazioni imprecise) il vescovo Bergoglio di aver tenuto un troppo “basso profilo” su questo caso invece di sbandierare il miracolo.

Ma è evidente invece che egli ha mostrato già in questa vicenda le sue preziose qualità di pastore. Anzitutto è stato l’arcivescovo Quarracino a gestire il caso nei primi anni e a raccomandare discrezione e prudenza.

Quindi Bergoglio ha osservato i criteri dettati dall’ex S. Uffizio nel documento “Discernimento nelle apparizioni e rivelazioni” del 1978.

Ha poi disposto tutte le analisi scientifiche per comprendere cosa è accaduto e – ascoltando la volontà della parrocchia dove si sono svolti i fatti di vivere senza clamori spettacolari quegli eventi misteriosi – ha aiutato la comunità a comprenderli secondo la fede della Chiesa, alimentando la devozione eucaristica.

Lui stesso andava diverse volte ogni anno a fare lì l’adorazione eucaristica.  Che pian piano è diventata adorazione permanente e ora sta coinvolgendo un numero sempre crescente di parrocchie (si parla anche di fatti miracolosi che sono avvenuti).

L’ “impronta” è il segno di Qualcuno che è passato. E il desiderio del cardinale Bergoglio era che quanti andavano ad adorare il Signore lì presente si accorgessero che Egli si avvicina a ciascuno, passa dentro la vita di ciascuno e lascia in tutti la sua impronta. Quindi il cardinale esortava a non trasformare in un rito quell’adorazione, ma a commuoversi, a stupirsi di Gesù e a chiedergli che lasciasse la sua impronta indelebile nel proprio cuore.

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Berlusconi come Maria Antonietta

Posté par atempodiblog le 26 juin 2013

Come curare e salvare le anime dans Apoftegmi dei Padri del deserto

C’è chi cerca di strattonare i cristiani per strappare loro qualche scomunica del peccatore Berlusconi. Gad Lerner ha amplificato la voce della suorina che ha tuonato “Non ti è lecito!” contro il Cav come il Battista contro Erode.
Bene. Con quella suorina però – a proposito di Erode – tuoniamo “non ti è lecito” pure contro una cultura dominante che a livello planetario ha legalizzato la pratica dell’aborto arrivando in cinquant’anni a totalizzarne un miliardo, una cultura che abbassa sempre di più il livello di difesa della vita umana.

E vorrei ricordare a quella suorina che Giovanni Battista tuonava soprattutto contro l’ipocrisia di scribi e farisei che chiamava: “Razza di vipere!”.
Anche Gesù tuonerà contro di loro. Lui mostra compassione per i peccatori, i pubblicani e le prostitute, ma non per i “sepolcri imbiancati” che puntano il dito sul peccato altrui: “essi all’esterno sono belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume”.
E’ di tutti noi che parla. Perché di un gran peccatore, come Zaccheo, Gesù può fare un santo, anche un grande santo come Paolo o Agostino. Ma di chi presume di giudicare gli altri, dei sepolcri imbiancati? Del resto loro saranno col dito puntato contro di Gesù fin sotto la croce.

di Antonio Socci, Libero 02/2011

divisore dans Medjugorje

Berlusconi come Maria Antonietta
Per il filosofo Scruton il processo al Cav. ricorda l’umiliazione inflitta alla regina di Francia, accusata di incesto: “Il risentimento non si accontenta di privare la vittima dei beni, lo spoglia anche dell’umanità”

di Giulio Meotti – Il Foglio

Berlusconi come Maria Antonietta dans Articoli di Giornali e News fh0n

“Che ipocriti:
prima liberalizzano ogni condotta sessuale, prima riducono il sesso a una funzione corporale emancipata dalla moralità, prima rendono moralmente ineccepibile tutto ciò che gli adulti condividono in privato, poi condannano in tribunale un ex primo ministro per le sue cene”. Roger Scruton è uno che sfida sempre l’opinione pubblica ma difficilmente sostiene quella corrente (giorni fa sul New York Times ha tessuto l’elogio del pessimismo). Filosofo inglese al St. Andrews College, culla di cultura e nobiltà, editorialista per il Times e celebre erudito autore di trenta libri che ne hanno fatto il più noto filosofo conservatore britannico, Roger Scruton commenta la condanna a sette anni inflitta a Silvio Berlusconi.
“E’ come la massima di La Rochefoucauld, ‘l’ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla virtù’. [...]

Nella condanna a Berlusconi Scruton intravede “una forma di puritanesimo moralista verso ogni forma di piacere. Questo vizio culturale accomunava il padre della Rivoluzione francese, Maximilien de Robespierre, e il leninismo, totalitario anche nella vita privata delle persone. E’ come nel detto di Jean-Paul Sartre, mutuato da Rousseau,  sul ‘costringere l’altro a essere libero’. La Rivoluzione francese semplificò perfino l’abbigliamento. Tutti erano diventati ‘citoyen’, una parola che presto avrebbe acquisito il tono ironico di ‘compagno’ nell’impero sovietico, e allora si capì che la distruzione delle antiche maniere era il preludio al futuro taglio delle teste. Nel caso di Berlusconi penso anche che ci sia un risentimento verso il successo. Nietzsche aveva ragione a dire che il socialismo è risentimento. E cosa meglio dei soldi incarna il successo? Berlusconi attrae questo odio, perché è il tipico italiano old fashioned da biasimare e ‘riformare’”.

“L’accusa è automaticamente colpa”
Secondo Scruton, si tratta del vecchio risentimento che caratterizza il pensiero totalitario e antiliberale. “Il risentimento è la componente fondamentale delle nostre emozioni sociali. Il XX secolo è il secolo del risentimento. Gli anarchici russi colpirono le persone ricche, di successo, di potere. Il terrore di Stalin, che fu iniziato da Lenin, era diretto contro chi si ‘approfittava del sistema’, i kulaki. Il terrore nazista colpì gli ebrei per il loro successo materiale. E se volete sapere perché gli Stati Uniti siano diventati l’obiettivo del moderno terrorismo, basta vedere il loro ‘stile di vita’. Il successo coltiva il risentimento in coloro che invidiano e il risentimento produce l’odio. L’invidia consiste nel desiderio di possedere quel che l’altro ha e il risentimento è il desiderio di distruggerlo. E’ questo il puritano secondo H. L. Mencken, uno che ha ‘paura che qualcuno, da qualche parte, sia felice’”.

Per questo secondo Scruton contro Berlusconi si è messa in moto una delle caratteristiche del rancore nella sua forma patologica: “Non concedere diritto alla difesa, l’accusa è automaticamente colpa. Il totalitarismo è uno stato mentale che razionalizza il risentimento attorno a una causa comune. E gli intellettuali sono particolarmente inclini a questo risentimento generalizzato. Istituzioni come la legge, la proprietà, la religione creano gerarchie, autorità, privilegi, e per il risentimento queste sono causa di ineguaglianza. I giacobini colpirono l’aristocrazia in quanto ‘emigrés’. Eric Voegelin ha giustamente definito il marxismo come uno gnosticismo, un governo attraverso la conoscenza. I rivoluzionari, infatti, agiscono in nome del popolo, annunciano libertà, uguaglianza, fraternità, si credono illuminati, vogliono il potere in solidarietà con quelli che ne sono esclusi. E’ una energia negativa, una vendetta. Questo risentimento, che si avventa contro Berlusconi, non si acquieta quando la vittima è privata dei beni materiali; cerca di spogliarla anche della sua umanità, di dimostrare che non ha mai avuto il diritto di possedere la più piccola fetta delle risorse della Terra e che la sua morte non deve essere rimpianta più di quanto si debba rimpiangere quella di ogni altro tipo di parassita”.
Il filosofo inglese chiude con un paragone storico. “E’ come nell’umiliazione inflitta alla regina di Francia, Maria Antonietta, accusata di ogni possibile crimine, incluso l’incesto, in modo da presentarla come un essere che non appartiene alla normale congregazione umana”.

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Nostra Signora Aparecida

Posté par atempodiblog le 11 juin 2013

Nostra Signora Aparecida
Anno 1717. Dalle acque del fiume Paraíba emerge una statuetta della Vergine ricoperta di fango. È l’inizio della devozione di un intero popolo
di Stefania Falascala – 30Giorni

Il tempio fu inaugurato il 26 giugno del 1745 con l’invocazione di Nostra Signora Aparecida.
Il 16 giugno del 1930 papa Pio XI dichiarò Nostra Signora Aparecida patrona del Brasile.
Il 4 luglio del 1980, l’attuale Basilica, che ha dimensioni appena inferiori a quelle di San Pietro in Vaticano, fu consacrata da Giovanni Paolo II.

Nostra Signora Aparecida dans Apparizioni mariane e santuari aparecida

«Nostra Signora Aparecida!

In questo momento così solenne, così eccezionale, voglio aprire davanti a voi, o Madre, il cuore di questo popolo, in mezzo al quale avete voluto dimorare in un modo tanto speciale […]. Desidero aprire davanti a voi il cuore della Chiesa e il cuore del mondo al quale questa Chiesa fu mandata dal vostro Figlio. Desidero aprirvi anche il mio cuore […]. Maria! Io vi saluto e vi dico “Ave”! In questo santuario, dove la Chiesa del Brasile vi ama, vi venera e vi invoca come Aparecida, come a lei rivelata e data in modo particolare! Come sua Madre e Patrona! […] Come modello di tutte le anime che possiedono la vera sapienza e, nello stesso tempo, la semplicità del bimbo e quell’intima fiducia che supera ogni debolezza e ogni sofferenza!».
(Preghiera di Giovanni Paolo II nella Basilica di Aparecida, 4 luglio 1980)

La storia
Era il 1554. Un gruppo di gesuiti guidato da padre José de Anchieta arrivò a San Paolo con il desiderio di trasmettere il tesoro della fede cristiana agli indios Tupi e Guaraní. Fondarono San Paolo, che diventò un importante centro di evangelizzazione. I missionari insegnavano con molto fervore la devozione alla Vergine Maria, mettendo in rilievo il ruolo che lei, come Madre di Dio, ha avuto nell’opera della redenzione. Tutti i pomeriggi c’era la catechesi e si pregava il santo rosario. In molti villaggi e città si diffusero le confraternite del rosario, si facevano processioni e novene.
Arriva il 1717. Il governatore della capitania di San Paolo, don Pedro de Almeida, è in viaggio verso Minas Gerais e deve passare per la Valle del Paraíba. Per l’alimentazione del governatore e della sua comitiva era stato chiesto ai pescatori del posto che portassero la maggior quantità possibile di pesci.
I pescatori, tra cui Domingo Martins, Juan Alves e Felipe Pedroso, presero le loro canoe, andarono verso il fiume Paraíba e cominciarono a pescare. Lanciarono le reti più e più volte ma non riuscirono a prendere niente. Navigarono per circa sei chilometri lungo il fiume, fino al porto di Itaguassú. Buttarono di nuovo le reti ma l’unica cosa che presero fu una statuetta ricoperta di fango e senza la testa. Quando la ributtarono in acqua apparve la sua testa e scoprirono che era l’immagine di Nostra Signora della Concezione. I pescatori tornarono a casa con una grande quantità di pesci e molto sorpresi da quanto era accaduto. Felipe Pedroso conservò l’immagine a casa sua per circa sei anni e nel 1733 la regalò a suo figlio. Questi fece costruire un oratorio e vi pose l’immagine della Vergine.
Presto cominciarono ad accadere prodigi straordinari e la fama della Vergine si diffuse spontaneamente. Il numero di pellegrini che venivano dai villaggi vicini era molto cresciuto e la piccola cappella di Itaguassú non era più sufficiente a contenerli. Così il vicario della parrocchia di Guaratinguetá fece costruire una cappella più grande nel Morro dos Coqueiros. Il tempio fu inaugurato il 26 giugno del 1745 con l’invocazione di Nostra Signora Aparecida. Il numero di pellegrini continuò ad aumentare e la devozione si estese in tutto il Brasile. Molte chiese e cappelle vennero dedicate a Nostra Signora Aparecida e ovunque era invocata come Madre e Patrona. Nel 1852 venne fatta una nuova costruzione e nel 1888 un’altra ancora. Nel 1904 l’immagine fu solennemente incoronata e nel 1908 il tempio fu elevato a Basilica minore. Il 16 giugno del 1930 papa Pio XI dichiarò Nostra Signora Aparecida patrona del Brasile. Nel 1946 ebbe inizio la costruzione dell’attuale Basilica. Nel 1967, per commemorare i 250 anni del rinvenimento dell’immagine nelle acque del fiume, papa Paolo VI inviò una rosa d’oro che fu posta ai piedi del trono. Il 4 luglio del 1980, l’attuale Basilica, che ha dimensioni appena inferiori a quelle di San Pietro in Vaticano, fu consacrata da Giovanni Paolo II.

Divisore dans San Francesco di Sales

Per approfondire: Freccia dans Viaggi & Vacanze La Madonna Aparecida regina e patrona del Brasile

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La memoria

Posté par atempodiblog le 8 juin 2013

La memoria dans Citazioni, frasi e pensieri papafrancescomemoria

“La memoria è una custodia della Parola di Dio. Ci aiuta a custodirla, a ricordare tutto quello che il Signore ha fatto nella mia vita”. Ci ricorda, ha detto ancora, “tutte le meraviglie della salvezza nel suo popolo e nel mio cuore. La memoria custodisce la Parola di Dio”.

Papa Francesco
Tratta da: Radio Vaticana

divisore dans Medjugorje

iconarrowti7 La preghiera di memoria (di Padre Livio Fanzaga)

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Sulle tracce di Maria: Notre Dame du Laus

Posté par atempodiblog le 2 juin 2013

Sulle tracce di Maria: Notre Dame du Laus
di Diego Manetti

Sulle tracce di Maria: Notre Dame du Laus dans Apparizioni mariane e santuari 1zg7v2v

Ogni primo sabato del mese, su Radio Maria, va in onda alle 22.45 un programma condotto da Diego Manetti e titolato “Sulle tracce di Maria”. Si tratta di un cammino che, puntata dopo puntata, porta gli ascoltatori nei tanti santuari dedicati alla Madonna. Per gentile concessione dell’autore, seguiremo anche noi questo cammino, pubblicando la trascrizione di ogni puntata del programma, non appena terminata. Oggi iniziamo con la puntata andata in onda ieri sera che, dopo una introduzione che spiega il senso di questo itinerario, ci porta nel santuario di  Notre Dame du Laus, Nostra Signora del Lago.
Tratto da: La nuova Bussola Quotidiana

SULLE TRACCE DI MARIA

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Vorrei anzitutto provare a rendere ragione del titolo scelto per questa trasmissione che tiene compagnia a tutti gli ascoltatori di Radio Maria il primo sabato di ogni mese dalle ore 22,45 alle 24,00. “Sulle tracce di Maria” allude chiaramente all’intenzione che questa iniziativa si propone, ovvero di seguire – passo dopo passo – il cammino di Maria tra gli uomini, ripercorrendo alcune delle più importanti tracce che la Vergine ha lasciato nel mondo, ovvero i santuari a Lei dedicati.

Perché i santuari mariani sono le “tracce” del cammino della Madonna nel mondo? Perché essi non nascono per libera iniziativa dell’uomo, non sono cioè il frutto dell’inventiva del popolo, ma rappresentano anzitutto una risposta della devozione popolare a una iniziativa che Dio stesso tramite Maria ha assunto rivolgendo un invito, una chiamata, un messaggio a un determinato popolo in un certo momento della storia. E questo è tanto più vero se si considera che moltissimi santuari mariani sono sorti in località dove hanno avuto luogo apparizioni, dove la Vergine Maria ha cioè scelto di presentarsi a uno o più veggenti per consegnare loro un messaggio o un insegnamento da diffondere alla parrocchia, al paese, alla gente.

Basta nominare Lourdes per comprendere quanto ciò sia vero: Lourdes, che oggi è una delle mete di pellegrinaggi religiosi più frequentata al mondo. Lourdes, a cui accorrono milioni di persone ogni anno – malati e non, credenti e non solo – alla ricerca di un segno, di un miracolo – nel corpo, ma ancor più spesso nell’anima. Ebbene, Lourdes è diventato ciò che oggi è a partire dalle apparizioni il cui privilegio Maria Santissima. riservò a una umile e semplice ragazzina di metà Ottocento: Bernadette. Da quell’11 febbraio 1858, quando tutto ebbe inizio, a oggi, dopo oltre 150 anni, la devozione all’Immacolata Concezione si è radicata nella fede e nel cuore delle decine di milioni di pellegrini che a Lourdes si sono recati da tutto il mondo, animati dalla speranza di un conforto e di un incontro personale con la Mamma del Cielo. La splendida basilica dell’Immacolata, dedicata a Notre Dame de Lourdes, è sorta come risposta del popolo a una precisa richiesta della Vergine che aveva fatto sapere per bocca di Bernadette di desiderare che sul luogo delle apparizioni fosse costruita una cappella e che là il popolo si recasse in processione e in preghiera.

Osservare la Basilica di Lourdes oggi non significa solo ammirare uno splendido quanto imponente esempio di architettura religiosa, quanto piuttosto vuol dire scorgere l’immagine concreta della risposta che i fedeli hanno dato a un preciso invito che Maria aveva loro rivolto in quel luogo. Significa dunque scorgere un segno della presenza di Maria nel mondo. Un segno che chiamiamo “traccia” perché è come se fosse uno dei molti passi che hanno segnato il cammino dell’Immacolata per le vie del mondo nel corso dei due millenni intercorsi dalla morte di Cristo al presente.

Ora, se si trattasse di scorgere solamente una traccia del passato, probabilmente non varrebbe la pena di affaticarsi a compiere un simile percorso. Invece, c’è ben di più. Si tratta infatti di scorgere le tracce di una presenza che è viva ancora oggi – prova ne sono i milioni di pellegrini che tuttora vanno a Lourdes o nei diversi santuari mariani sparsi per il mondo – e che soprattutto si collega a messaggi e segni che, affidati a uno o più veggenti particolari, indirizzati a una certa parrocchia o a un determinato paese, hanno però una valenza universale, capace di travalicare i confini della nazione e del tempo d’origine. Così, sempre per restare all’esempio di Lourdes – ben comprensibile per la grande popolarità di cui tale santuario gode presso il popolo dei fedeli – non si può negare che il messaggio della Vergine Maria sulla necessità di fare penitenza e di pregare per i peccatori abbia una attualità e una portata tali da renderlo importante e vero anche per noi, oggi. Ecco perché vale la pena di percorrere le tracce di questo cammino mariano, esplorando i luoghi delle apparizioni – quando queste ci sono state – oppure illustrando i caratteri specifici della devozione a Maria che hanno originato una pietà popolare particolarmente attenta a questo o quell’attributo mariano.

IL CRITERIO DI SCELTA
I santuari mariani sono moltissimi e la scelta non si presenta affatto semplice. Se decidessimo anche solo di privilegiare quelli che sono legati ad apparizione mariane ne avremmo centinaia tra i quali poter spaziare, contando che alle apparizioni mariane già riconosciute dalla Chiesa si aggiungono le molte che ancora sono in attesa di riconoscimento ma che, nei luoghi in cui sarebbero accadute, hanno visto crescere e diffondersi negli anni una profonda devozione mariana. Un esempio in merito può essere ad esempio Ghiaie di Bonate, dove la Madonna si presenta come “Regina della Famiglia”, attraverso una serie di apparizioni avvenute nel 1944, durante la Seconda guerra mondiale, alla piccola Adelaide Roncalli, di appena sette anni. Ebbene, queste apparizioni sono ancora in attesa di riconoscimento, e tuttavia la risposta della gente è stata immediatamente positiva e nel tempo è venuta consolidandosi attraverso le migliaia di pellegrini che ogni anno raggiungono la piccola cappella edificata sul luogo delle apparizioni.

Altro criterio di scelta poteva essere ancora quello cronologico, a partire dai santuari più antichi o alla cui origine sta una apparizione mariana accaduta nei tempi più remoti. Un esempio in tal senso può essere la Basilica di Saragozza, dedicata alla Virgen del Pilar, ovvero alla Vergine che sarebbe apparsa a San Giacomo Apostolo durante una tappa del suo cammino di evangelizzazione per la Spagna, intorno all’anno 40 d.C. Ma l’ordine cronologico rischierebbe forse di risultare un tantino arido, forse addirittura costringente rispetto alla possibilità di spaziare con più libertà verso i santuari e i luoghi di devozione mariana che paiono rivestire maggiore importanza e significatività per noi oggi.

Alla fine, ho dunque scelto un criterio che oserei definire evangelico, ovvero quello del “vieni e vedi”, come disse Gesù ai primi apostoli. Che cosa intendo dire con “vieni e vedi”? Intendo dire che occorre anzitutto stare dinnanzi ai fatti, che occorre fare esperienza di ciò che si desidera testimoniare e condividere con gli altri, con i fratelli nella fede. Ecco perché nella estate ci alcuni anni fa mi sono recato in pellegrinaggio in diversi santuari mariani in Francia, Spagna, Portogallo, proseguendo un cammino che avevo cominciato qualche tempo prima a Medjugorje e poi proseguito in Italia nelle diverse località ove si trovi un santuario o un sito di devozione mariana. Mi sono recato in pellegrinaggio – affrontando la fatica di un viaggio di oltre 5.000 km in macchina in appena una decina di giorni – per andare a vedere di persona quello di cui avevo sentito parlare. A vedere cioè la profonda fede che animava la gente del posto, a verificare con mano lo stato delle cose, a respirare l’aria che avevano respirato certi pellegrini secoli prima, a calpestare le pietre sulle quali avevano camminato alcuni veggenti tempo addietro, alla ricerca – appunto – di quelle tracce che Maria aveva lasciato nella storia.

HO VISTO, E HO CREDUTO
Ho visto, cioè ho incontrato persone, ho messo gli occhi negli sguardi dei fedeli che – da ogni parte del mondo – erano giunti a Lourdes, a Fatima, a Saragozza, a La Salette, a Laus, etc. E ho sperimentato che la fede che aveva accolto nel passato – al tempo delle apparizioni in quel luogo o comunque in un certo momento storico – il messaggio di Maria, era la stessa che si respirava al presente. Sono andato, ho visto, ho creduto.

Ma “vieni e vedi” non è solo il metodo che ho seguito per scegliere le mete di questo grande pellegrinaggio. E’ anche la strada che desidero percorrere nel rivolgermi a quanti, il primo sabato di ogni mese, vorranno seguire questo appuntamento su “Radio Maria”. Vorrei cioè invitare ognuno di voi a seguirmi in quei santuari che io stesso ho visitato, tentando di condividere con voi la mia testimonianza, indagando con ognuno di voi le tracce di quel cammino di Maria che ha anche e senza dubbio attraversato quei posti. Dopo questi santuari – sono parecchi, senz’altro sufficienti per il cammino di almeno un anno di trasmissione – potremo andare a quelli in cui, pur non essendoci stato di persona, si rinvengono segni e testimonianze di quel cammino di Maria di cui abbiamo parlato e la cui importanza è tale che non possono essere tralasciati.

IL PUNTO DI PARTENZA: LAUS

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Il primo santuario di cui vorrei parlare è quello dedicato a Notre Dame du Laus, Nostra Signora del Lago. E’ stata la tappa finale del pellegrinaggio che ho compiuto in quella estate – era il 2008 – eppure forse la più significativa. Perché è stata la provvidenza a guidarmici. Ricordo infatti che mi trovavo – con gli amici che mi accompagnavano – al santuario di La Salette. Nei pressi del santuario, dissetandoci alla fonte della Vergine, ho incontrato alcuni pellegrini provenienti da Bergamo. I quali mi hanno detto che stavano compiendo proprio un pellegrinaggio di un paio di giorni a La Salette dopo esser stati a Notre Dame de Laus. Conoscevo il posto per sentito dire, perché sapevo che si trattava di apparizioni molto particolari – durate oltre 50 anni! – e il cui riconoscimento da parte della Chiesa era così recente (risaliva infatti a maggio 2008) che rappresentava un sicuro motivo di ulteriore interesse.

I due amici – perché quando si incontrano pellegrini che condividono le stesse ragioni di un cammino sui luoghi della fede non si può fare a meno di chiamarli “amici” – mi hanno indicato la strada. Il posto si trovava a circa un’ora da La Salette, mi dissero, prodigandosi anche in spiegazioni e indicazioni per facilitarmi il percorso. Per negligenza mia, non prestai loro molto ascolto pensando che, invece di ritenere le molte e complicate informazioni stradali che mi stavano fornendo, avrei potuto senz’altro affidarmi al navigatore satellitare. Al momento di ripartire con l’automobile ho però avuto l’amara sorpresa: tra le centinaia di località riportate sulle mappe memorizzate nel sistema di navigazione – delle quali moltissime indicate come “Notre Dame de…” – non una corrispondeva a Laus, il cui nome risultava sconosciuto al navigatore. Beh, in fondo non era una tappa prevista, e poi ci si poteva tornare anche un’altra volta.

Però, pensai, il fatto di aver ricevuto questa indicazione dai due amici bergamaschi di passaggio non poteva essere un semplice caso, ma amavo leggerlo come un invito che la Madonna ancora ci rivolgeva per andare a visitarla in un’ultima tappa prima del rientro a casa, nel Monferrato Casalese. Ma come fare a raggiungere il posto? L’alternativa era una: affidare tutto a Maria. Se Lei ci chiamava a Laus, allora ci avrebbe anche indicato la strada. Così, tutto affidando a Dio, siamo partiti per tornare a casa, dicendoci: “Se è destino che si vada a Laus, ci andremo…”. Dopo un’ora di viaggio, improvvisamente, la mia attenzione è colpita da una piccola indicazione fissata a bordo strada “N.D. de Laus”… Ci siamo! Ecco il segnale che cercavamo… appena 9 km, e raggiungeremo anche l’ultima tappa di questo viaggio. Quasi non ci credevo, così lontano, eppure così vicino, proprio sulla strada di casa (eppure le indicazioni che mi avevano dato i due amici incontrati a La Salette mi avevano fatto pensare che fosse molto più complesso il tragitto per giungere a destinazione…). Insomma, sembrava davvero una meta della provvidenza. E questo l’ha resa ancor più speciale di altri santuari che pure hanno una tradizione di devozione mariana molto forte.

Ma un altro è il motivo per cui ho deciso di sceglierlo come santuario di apertura della trasmissione, quasi a inaugurare il nostro cammino. Si tratta del fatto che all’interno della Chiesa che ricorda le apparizioni che ebbero luogo in quella località dal 1664 al 1718 si ritrova un’indicazione tanto semplice quanto significativa: “Questa Chiesa è stata edificata per volontà della Madonna”. Così, senza tanti fronzoli e retorica, si diceva allora – e lo si è potuto leggere fino a oggi – questa grande verità: è Maria che fa, l’uomo poi è chiamato a rispondere. Il santuario – quello di Laus, e assieme a quello ogni altro santuario al mondo – è dunque la risposta dell’uomo a un invito o a una richiesta precisa operata dalla Madonna, in un dato spazio e in un dato momento della storia dell’umanità. Mi è sembrato dunque giusto partire da quella che pareva essere una traccia esplicita di quel cammino di Maria tra gli uomini cui più volte abbiamo accennato.

Infine, ultimo – ma non in ordine di importanza – motivo per privilegiare Laus è il recente riconoscimento delle apparizioni, sulle quali la Chiesa si è ufficialmente pronunciata solo nel maggio del 2008. Ma ben prima di tale riconoscimento, migliaia erano i pellegrini che annualmente si recavano nella piccola località francese. Scegliere Laus significa dunque indicare l’apertura a raccontare anche di quelle realtà il cui giudizio di veridicità la Chiesa deve ancora pronunciare, benché già si vedano frutti di devozione e di conversione che lasciano presumere la bontà del fenomeno nel suo complesso.

A tal proposito credo che possa giovare ricordare quanto il Cardinale Joseph Ratzinger, poi diventato papa col nome di Benedetto XVI, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, diceva a Vittorio Messori in merito alle apparizioni in “Rapporto sulla fede” (Ed. Paoline 1985): “Nessuna apparizione è indispensabile alla fede, la Rivelazione è terminata con Gesù Cristo, Egli stesso è la rivelazione. Ma non possiamo certo impedire a Dio di parlare a questo nostro tempo, attraverso persone semplici e anche per mezzo di segni straordinari che denunciano l’insufficienza delle culture che ci dominano, marchiate di razionalismo e di positivismo… Uno dei segni del nostro tempo è che le segnalazioni di “apparizioni” mariane si stanno moltiplicando nel mondo…”. Nel corso della trasmissione accadrà dunque di riferirsi anche a santuari sorti in luoghi dove le apparizioni di Maria ancora attendono il riconoscimento della Chiesa. Nella piena obbedienza alla Chiesa e nella totale fedeltà al suo Magistero lo faremo dunque dandone conto in termini di pura testimonianza umana, senza richiedere alcun impegno o riconoscimento di fede né intendendo in alcun modo indirizzare, valutare o prevenire il giudizio della Chiesa stessa in merito, desiderando semplicemente illustrare la devozione e le testimonianze di fede raccolti in tali luoghi. Che, a onor del vero, saranno pochi. Ma almeno, cari ascoltatori, sapete fin d’ora come regolarvi. Da parte mia, avrò la massima cura nel distinguere i diversi casi e nel mettere in luce lo stato di fatto rispetto al riconoscimento delle apparizioni che di volta in volta ci potrà accadere di dover illustrare o riportare.

NOTRE DAME DE LAUS

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Tutto ciò premesso, veniamo ora senza indugio alla prima tappa del nostro percorso. Laus si trova a poche decine di chilometri dal confine con il Piemonte, sulle Alpi Marittime del Delfinato francese. Nel santuario di Notre Dame de Laus – che in lingua occitana significa “Nostra Signora del Lago” – si fa memoria delle apparizioni che per ben 54 anni, dal 1664 al 1718, segnarono la vita di una povera pastorella del luogo, di scarsa cultura e di semplici costumi, che la Madonna stessa – oggi a Laus venerata come “rifugio dei peccatori” e “Madre della riconciliazione” – scelse per farne uno straordinario strumento della grazia divina. Tale fanciulla è Benoît Rencurel, Benedetta, che la Chiesa ha riconosciuto nel 1872 come venerabile per tramite di Pio IX, in attesa di poterla elevare, al pari di altri grandi veggenti mariani, all’onore degli altari. Quello di Laus è un messaggio molto particolare, rivolto a tutta l’umanità, benché annunciato da una piccola località francese per bocca di una umile pastorella.

Vediamo di conoscere meglio la protagonista di questa meravigliosa storia. Benedetta Rencurel era nata il 17 settembre 1647 a Saint Etienne. Rimasta precocemente orfana, come si usava all’epoca venne inviata a servizio presso una benestante famiglia del posto, i Jullien, con l’incarico di occuparsi del gregge. Ragazza dolce e sensibile, crebbe sviluppando in sé una grande operosità unita a profonda bontà d’animo, pur essendo però di carattere fermo e risoluto verso il bene. Amante della preghiera fin dalla tenera età, prediligeva in modo particolare la preghiera del Santo Rosario. Al “Vallon des Fours”, cioè il Vallone dei Forni, una località posta sulle alture prossime al villaggio di St. Etienne, Benedetta era solita condurre il gregge al pascolo. Il posto deve il nome al fatto che le montagne limitrofe erano ricche di una terra gessosa che veniva cotta in enormi forni scavati nella terra al fine di ricavarne una calce di ottima qualità. Proprio nei pressi di tale pascolo, nel maggio del 1664, apparve a Benedetta una bellissima Signora con un Bambino per mano, scomparendo dopo poco, senza dire una parola. A questa prima apparizione – all’epoca Benedetta non aveva ancora 17 anni – ne seguirono altre, sempre “silenziose”, quasi a voler avvicinare con dolcezza e pazienza la ragazza, per farle accogliere con cuore aperto e sicuro quanto la Provvidenza andava preparando.

Un po’ alla volta, passo passo, la bella Signora prese confidenza, se così possiamo dire, con la fanciulla, iniziando a parlarle, intessendo un dialogo fatto di domande e risposte, offrendole conforto e rassicurandola rispetto a quanto desidera da lei, esortandola dolcemente ad aprirsi di più a Dio e agli altri. Pur volendo vivere questo straordinario avvenimento nella più grande umiltà, presto Benedetta non riesce più a mantenere il riserbo su quanto le sta accadendo, confidandosi con i familiari. La notizia inizia a girare per il paese e presto vengono coinvolte anche le autorità le quali, timorose che possano circolare idee foriere di menzogna e causa di disordini, esigono spiegazioni.

A quel punto la bella Signora domanda che si faccia una processione di tutto il popolo del Vallone dei Forni, rivelando finalmente il suo nome – “Mi chiamo Maria”, afferma, ed è il 29 agosto 1664 – e dicendo che non sarebbe più apparsa per un certo tempo. Trascorre infatti un mese prima che la Madonna – che ormai si è rivelata come tale – appaia ancora a Benedetta, in una località poco distante dalle prime apparizioni. Questa volta ha un messaggio preciso per la fanciulla: “Figlia mia, salite la costa del Laus. Là troverete una cappella dove sentirete profumo di violetta”. Il giorno dopo, la giovane veggente, animata di profonda fiducia in quanto Maria le ha detto, si reca alla ricerca di quanto indicatole. Seguendo i profumi di violetta che la Madonna aveva preannunciato, Benedetta scopre una cappellina dedicata a Notre Dame de Bon Rencontre. Aperto con ansia e trepidazione l’ingresso della cappellina, ecco che ad attenderla vi trova la Madonna stessa. La cappella, deserta e abbandonata da tempo, si presenta assai desolante, con l’altare ricoperto di polvere. La Madonna rivela un nuovo messaggio: “Desidero far costruire qui una chiesa più grande in onore del mio adorato Figlio; e questo sarà luogo di conversione per numerosi peccatori, e un luogo dove io vi apparirò molto spesso”.

Dal 19 marzo 1665 (festa di San Giuseppe) accorrono a Laus migliaia di pellegrini da tutta la Francia. Il 18 settembre 1665 avviene il riconoscimento diocesano del fenomeno delle apparizioni, principalmente sulla spinta di una guarigione a dir poco prodigiosa che restituisce il completo uso delle gambe a una signora inferma. Nell’ottobre del 1665 comincia infine la costruzione della chiesa come richiesto dalla Madonna che desiderava un luogo di culto e di preghiera sul sito della cappellina originaria di Notre Dame “de bon rencontre”.

BENEDETTA
Le apparizioni di Laus durarono in tutto 54 anni – un tempo straordinariamente lungo, capace di rispondere alle obiezioni che oggi si levano contro quelle apparizioni mariane che sono giudicate inammissibili da molti proprio per la loro durata (il riferimento, ovvio, è a Medjugorje, come facilmente si comprende)-: dapprima si susseguirono praticamente tutti i giorni, poi con scadenza mensile più o meno regolare. Dopo alcuni anni dalle prime apparizioni, precisamente nel 1672, Benedetta andò ad abitare stabilmente a Laus, in una modesta abitazione che ancora oggi è possibile vedere. In questa misera casetta, la ragazza, istruita da Maria SS. nelle Verità della fede, passava ore in preghiera, alternando momenti di profondo raccoglimento ad altri di pesanti vessazioni diaboliche e di accanita lotta contro il Demonio. Demonio che non tarda a manifestarsi anche fisicamente per svelare il motivo di tanto odio contro Benedetta, poiché ella “è causa per me della perdita di molte anime”. In ciò ricordando le vicende di Santa Faustina Kowalska che, nel `900, analoga ira diabolica susciterà proprio a ragione delle innumerevoli anime strappate al demonio. Benedetta scelse dunque di sottoporsi a severe penitenze corporali, conducendo un’esistenza dallo stile assai rigoroso ed austero. Tutto questo per meglio affrontare le prove spirituali che il Signore permetteva le fossero poste innanzi e per preparare il suo spirito a rendere testimonianza alle molte migliaia di pellegrini che cominciavano ad accorrere da tutta la Francia.

Nel luglio del 1673, durante un momento di preghiera ai piedi di Gesù Crocifisso, ha l’apparizione di Gesù stesso, inchiodato alla Croce, ricoperto di sangue. Da quel momento, molte volte e per molti anni Benedetta avrà il dono di rivivere la Passione di Nostro Signore, soffrendone i dolori nel proprio corpo. Ma le prove non sono finite: nel 1692 le truppe del duca di Savoia invadono la regione francese, costringendo Benedetta – obbediente in questo a quanto richiesto dalla Vergine stessa – a lasciare Laus, rifugiandosi a Marsiglia, per farvi ritorno in seguito e trovare solo distruzione e rovina.

Frattanto, venuto a mancare il suo confessore, incomincia per Benedetta un grave tempo di prova e di solitudine, durante il quale perde molto del sostegno fin lì avuto – da più parti infatti ci si lamenta del fatto che la grande devozione espressa dal popolo a Laus coincide con l’abbandono e la scarsa pratica tipica delle limitrofe realtà parrocchiali, suscitando invidia e malumori -, soprattutto quando giungono al santuario dei preti giansenisti che le negano persino la Comunione e la Messa quotidiana. Addirittura si tenterà di allontanarla da Laus, cercando forse in tal modo di porre fine al fenomeno delle apparizioni, giungendo a progettare di rinchiuderla in un convento. Tali persecuzioni segneranno l’esistenza di Benedetta per circa venti anni.

Nonostante le pressioni esterne, Benedetta non sceglie la strada della consacrazione religiosa, non è infatti chiamata a farsi suora, ma ad assolvere il compito che la Madonna stessa le ha assegnato: incontrare i pellegrini, parlare con loro, offrendo ad ognuno i consigli richiesti e gli aiuti necessari, secondo l’ispirazione che Dio le concedeva. Cosa che non avrebbe potuto fare stando rinchiusa in un convento. Benedetta si prende dunque a cuore la missione ricevuta dalla Santissima Vergine: quella di preparare i peccatori a ricevere il sacramento della Penitenza. Pertanto, incoraggia spesso i sacerdoti addetti al santuario a ricevere i pellegrini con dolcezza, pazienza e carità, dimostrando una bontà particolare per i più grandi peccatori, onde incitarli a pentirsi.

Il Santo Curato d’Ars soleva dire: “Non è il peccatore che torna a Dio per chiederGli perdono, ma è Dio che rincorre il peccatore e lo spinge a tornare da Lui”, aggiungendo: “Per ricevere il sacramento della penitenza, ci vogliono tre cose, aggiungeva lo stesso santo: la Fede che ci rivela Dio presente nel sacerdote, la Speranza che ci fa credere che Dio ci farà la grazia del perdono, la Carità che ci porta ad amare Dio e che ci insinua nel cuore il rimorso di averLo offeso”. Con lo stesso spirito, Benedetta incoraggia i confessori affinché avvertano i penitenti di non avvicinarsi alla Santa Comunione se non dopo una buona confessione, preparata da un esame di coscienza fatto alla luce dei dieci Comandamenti e del Discorso della Montagna. Non è un compito facile quello che la Vergine ha assegnato a Benedetta: ha a che fare con giovani corrotti, fanciulle di facili costumi, nobilotti ingiusti e viziosi, sacerdoti e monaci infedeli ai sacri voti. Ma a tutti Benedetta infonde il desiderio di riconciliarsi con Dio, orientando anche i peccatori più recalcitranti ad affidarsi alla misericordia di Gesù attraverso l’apertura del cuore dinnanzi al confessore. Come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 1645: “Celebrando il sacramento della Penitenza, il sacerdote compie il ministero del Buon Pastore che cerca la pecora perduta, quello del Buon Samaritano che medica le ferite, del Padre che attende il figlio prodigo e lo accoglie al suo ritorno, del giusto Giudice che non fa distinzione di persone e il cui giudizio è ad un tempo giusto e misericordioso. Insomma, il sacerdote è il segno e lo strumento dell’amore misericordioso di Dio verso il peccatore.” Benedetta si sacrifica per i peccatori, sostenendo e accompagnando con la sua preghiera la loro confessione, senza risparmiarsi sacrifici e penitenze severe per riparare i loro peccati e ottenere grazie per essi.

Dalla Pentecoste del 1718 la salute di Benedetta peggiorò drasticamente, fino alla morte avvenuta la sera del 28 dicembre, festa dei Santi Innocenti, all’età di 71 anni. Sepolta davanti all’Altare Maggiore del Santuario, le sue spoglie mortali giacciono ancora oggi proprio sotto la lampada il cui olio serve a ungere i molti devoti che, in cerca di sollievo per malattie e sofferenze del corpo e dell’anima, giungono a Laus da ogni parte della Francia e da moltissimi Paesi d’oltre confine.

I PROFUMI E L’OLIO
Morta Benedetta, la devozione alla Vergine di Laus non venne meno e anzi seppe resistere alla furia della Rivoluzione Francese. Molti furono i vescovi a riconoscere la soprannaturalità dell’apparizione, incoraggiando i fedeli a recarsi in pellegrinaggio presso il santuario di Laus, finché, per opera di Pio IX, Benedetta Rencurel venne proclamata Venerabile, nel 1872.

A Benedetta, donna umile e ignorante, la Madonna affidò un messaggio di grande valore spirituale, invitando la gente del posto per suo tramite a recarsi là in pellegrinaggio, chiedendo l’edificazione del santuario, esortandola a guidare, accogliere e confortare i pellegrini. Segno tangibile dell’amorosa presenza di Maria in quel luogo fu il soavissimo profumo che, ancora oggi, si può sentire nel Santuario. Il fenomeno degli effluvi profumati di Laus è stato indagato anche dalla scienza, senza però raggiungere un verdetto incontrovertibile o esaustivo. Da notare la cura che ancora oggi si presta a permettere di fruire di questo fenomeno tutto particolare evitando di mettere fiori e piante profumate nel santuario e nei suoi pressi, in modo che ogni profumo sia immediatamente riconducibile a quella dolce scia che Maria ha lasciato dietro di sé apparendo a Laus.

Il Santuario di Notre Dame de Laus conserva ancora oggi al proprio interno la cappella originaria detta di “Notre Dame de Bon Rencontre”, dove la vergine apparve a Benedetta. Nell’abside della cappella, davanti al Tabernacolo dell’Altare Maggiore, arde la lampada nel cui olio i pellegrini sono soliti intingere le dita della mano destra per farsi il segno della croce. Come la Madonna stessa aveva promesso alla veggente, se questo olio fosse stato utilizzato con profondo spirito di fede nei confronti dell’onnipotenza di Gesù, esso avrebbe procurato numerose guarigioni, fisiche e spirituali, come in effetti avviene ormai da oltre tre secoli. Oggi il santuario è affidato al clero diocesano coadiuvato dai Frati di San Giovanni.

IL MESSAGGIO
Le apparizioni di Laus rappresentano un invito all’umiltà, alla fiducia, e insegnano che Dio sceglie gli umili (Benedetta è una pastorella, come Bernadette, come i pastorelli di Fatima…). E’ Maria stessa che la educa alla fede, ponendo una grande sapienza in un animo intriso di preghiera e sincera devozione. I segni lasciati da Maria sono aiuti per la fede dei pellegrini, e confermano l’amorosa cura con cui Maria segue l’umanità che Cristo le ha affidato fin da quando, in croce, disse: “Ecco tuo figlio”, invitando Maria ad accogliere come tale non solo Giovanni, ma ogni uomo.

In occasione del riconoscimento ufficiale delle apparizioni, domenica 4 maggio 2008, Festa dell’Ascensione, mons. Jean-Michel di Falco-Leandri, vescovo della diocesi di Gap-Embrun, ha sottolineato come il messaggio di Laus sia improntato all’esaltazione della riconciliazione – degli uomini con Dio e tra di loro – e della misericordia divina.

Un riconoscimento che è giunto dopo molti anni, mentre già tanti fedeli accorrevano a Laus, un santuario così significativo da far dire a Jean Guitton che si trattava di “uno dei tesori più nascosti e più potenti della storia d’Europa”. Un tesoro che oggi richiama annualmente circa 130.000 pellegrini.

Giova ancora ricordare le parole di mons. Di Falco-Leandri: “Le apparizioni avvengono perché Cristo, Maria e i santi sono vivi, perché la Comunione dei Santi non è una parola vuota, perché il Cielo si interessa della terra. Ma le apparizioni non sono fotografie del Cielo; noi continuiamo infatti a camminare nella fede, senza vedere Dio faccia a faccia. (…) Il Santuario di Notre Dame du Laus non è dunque una finestra aperta sul Cielo, ma una strada aperta verso una vita quotidiana da vivere secondo lo stile di Benedetta”.

LA PREGHIERA
Venerando a Laus la Vergine Maria come “rifugio dei peccatori” e “Madre della Riconciliazione”, la migliore preghiera per concludere sembra il “Memorare” di San Bernardo.

Ricordati, o piissima Vergine Maria,
che non si è mai inteso al mondo
che alcuno abbia fatto ricorso a te
per implorare il tuo aiuto
e sia stato abbandonato.

Anch’io, animato da tale confidenza,
a Te ricorro, Vergine Madre purissima,
e vengo in ginocchio dinnanzi a Te,
peccatore avvilito e affranto.

Tu, che sei la Madre del Verbo,
non respingere la mia povera voce,
ma ascolta benevola ed esaudisci

Amen

Per eventuali richieste dell’olio, si può contattare:
Recteur Pére Bertrand Gournay
Sanctuaire Notre Dame du Laus
05130 Saint Etienne – Le Laus (France)

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La Chiesa ci porta a Cristo

Posté par atempodiblog le 29 mai 2013

La Chiesa ci porta a Cristo dans Misericordia papafrancesco

«Ancora oggi qualcuno dice: “Cristo sì, la Chiesa no”. Come quelli che dicono “io credo in Dio ma non nei preti”. Ma è proprio la Chiesa che ci porta Cristo e che ci porta a Dio; la Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio. Certo ha anche aspetti umani; in coloro che la compongono, Pastori e fedeli, ci sono difetti, imperfezioni, peccati, anche il Papa li ha e ne ha tanti. Ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere peccatori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona. Non dimenticatelo: Dio sempre perdona e ci riceve nel suo amore di perdono e di misericordia».

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iconarrowti7 A me basta sapere che la Chiesa è divina… (di Léon Bloy)

iconarrowti7 Pensieri sul Sacramento dell’Ordine (del Santo Curato d’Ars)

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L’avarizia spirituale

Posté par atempodiblog le 21 mai 2013

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L’avarizia spirituale consiste nel desiderare la perfezione o delle grazie straordinarie per uno spirito di proprietà, attaccandosi ai beni di Dio e non accettando di lasciarsi spogliare per entrare nell’intimità divina. Quando l’anima se ne vede spogliata, si sente smarrita e si lamenta, come se fosse stata privata del suo Signore. Vuole a ogni costo gustare di nuovo i doni divini e non si dà pace se non quando ha l’impressione di riaverli. Così dimostra di non amare Dio, ma i Suoi doni: è un’anima ancora avvolta nei desideri del suo io.

Forma classica di avarizia spirituale è l’avidità di accumulare i mezzi di perfezione con una preoccupazione più quantitativa che qualitativa: si collezionano i doni, le grazie, gli avvenimenti spirituali, le pratiche di pietà, i direttori di spirito; si tesaurizzano le indulgenze come se fossero dei conti in banca; si vive nel loro ricordo, nel loro computo minuzioso, nell’avidità di accrescerle; si tiene la contabilità delle preghiere fatte, delle comunioni, delle opere buone; si affastellano con cupidigia immagini e oggetti sacri, magari artistici…: ma se l’anima non viene purificata da questa avarizia spirituale, non potrà gustare nessun avanzamento interiore. Occorre lasciarsi spogliare di tutto per essere capaci di accogliere Dio.

di Padre Livio Fanzaga

Divisore dans Padre Livio Fanzaga

Per approfondire:

Freccia dans Riflessioni La ricerca dello straordinario (gola spirituale)

Freccia Le due facce dell’invidia (invidia spirituale)

Freccia L’orgoglio spirituale

Freccia La vanità spirituale

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