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LEWIS/ Il cristianesimo? Non è cosa per “brave persone”

Posté par atempodiblog le 9 septembre 2013

LEWIS/ Il cristianesimo? Non è cosa per “brave persone”
di Andrea Monda – Il Sussidiario
Tratto da: Il Centro culturale Gli scritti

LEWIS/ Il cristianesimo? Non è cosa per “brave persone” dans Andrea Monda Il-cristianesimo-Non-cosa-per-brave-persone

Nel 1952 viene pubblicato in Inghilterra un libro dallo strano titolo, Mere Christianity di Clive Staples Lewis, già famoso, anche al di fuori della madrepatria, per Le lettere di Berlicche e Le Cronache di Narnia. Con quest’opera dedicata al «mero» cristianesimo, cioè ai principi-base della fede, comuni ad ogni confessione cristiana, il poliedrico genio del professore di filologia di Cambridge, poeta e apologeta, saggista e romanziere, metteva ordine e raccoglieva in un unico volume le sue riflessioni di oltre una decade sulla fede cristiana, quella fede che alla fine degli anni ’20 aveva riscoperto e abbracciato grazie a diversi “incontri”, con i libri di George MacDonald e di Gilbert Keith Chesterton e con la persona di J.R.R.Tolkien.

Da buon convertito egli fu infatti un energico apologeta: proprio come Chesterton aveva fatto nei primi decenni del secolo, così Lewis tra gli anni ’40 e ’60 percorre in lungo e in largo il territorio britannico per sfidare, dal vivo o anche per radio, atei e agnostici a singolar tenzone e quindi sconfiggerli in virtù di una eccezionale forza dialettica. Quella stessa forza che insieme alla propria cultura filologica, ad un notevole acume psicologico ed una grande conoscenza del cuore umano, troviamo riversata in tutte le sue opere. È proprio dalla sua attività di conferenziere che nasce nel 1942 il volume Broadcast Talks e l’anno successivo Christian Behaviour: A Further Series of Broadcast Talks e poi Beyond Personality: the Christian Idea of God pubblicato nel 1944. Mere Christianity è di fatto l’edizione riveduta e ampliata di questi tre volumi in un’unica raccolta e in qualche modo è la summa del Lewis apologeta (anche se a questo saggio devono essere aggiunti Il problema della sofferenza, La mano nuda di Dio: uno studio preliminare sui miracoli, I quattro amori e L’onere della gloria). In Italia Lewis non ha conosciuto la fortuna del suo amico Tolkien e nemmeno quella del suo “maestro” Chesterton: Mere Christianity è stato tradotto solo nel 1981, prima dalle Edizioni G.B.U. con il titolo Scusi, qual è il suo dio? e poi nel 1997 da Adelphi, con il titolo Il cristianesimo così come è.

In questo libro piccolo quanto prezioso splende la forza intellettuale e il nitore spirituale del Lewis apologeta pugnace, degno erede di Chesterton, forse meno sanguigno e spassoso dell’illustre creatore di Padre Brown, ma dotato di uno stile più limpido e distaccato (e non per questo meno efficace, tutt’altro). Il lettore italiano del terzo millennio riesce a gustare i ragionamenti di Lewis che lo introducono con la forza di un moderno Padre della Chiesa nel vivo della fede cristiana presentata ad un tempo con passione ed equilibrio.

Ritroverà nelle pagine di Lewis gli insegnamenti di Agostino (splendida nella prima parte la critica al dualismo) per cui “…la malvagità non può nemmeno riuscire ad essere un male allo stesso modo in cui la bontà è un bene. La bontà è, per così dire, se stessa, ma la malvagità è solo bontà deteriorata. Ci deve dunque essere, prima, qualcosa di buono, perché possa poi essere guastato [...] Cominciate ora a capire perché il cristianesimo ha sempre affermato che il diavolo è un angelo caduto? Non è semplicemente una storiella per bambini; è il riconoscimento del fatto che il male è un parassita, non qualcosa di originale”, ma anche quella forte rivalutazione dei sensi e della ragione umana di chiara marca “tomista”.

Tutto questo condito con le “salse” tipicamente britanniche del buon senso, dell’umorismo e di un innato sentimento poetico. Se per Borges, “inglese di Buenos Aires”, la poesia è essenzialmente cogliere la stranezza delle cose della vita, anche per Lewis, seguace di Chesterton, il cristianesimo eccelle tra le altre religioni per la sua stranezza, cioè corrispondenza con la realtà: “Di solito, infatti, la realtà è qualcosa che non si sarebbe mai potuta immaginare. Questa è una delle ragioni per cui credo nel cristianesimo: è una religione che non si sarebbe mai potuta immaginare. Se ci proponesse proprio il tipo di universo che ci saremmo sempre aspettati, mi sembrerebbe il frutto di una nostra invenzione. Ma in effetti, non è niente che qualcuno abbia potuto inventare e presenta quelle strane contraddizioni che sono proprie delle cose vere”.

Con questa stessa freschezza e leggerezza Lewis si muove tra i principali dogmi del cristianesimo, dalla creazione all’incarnazione, passando per il peccato originale (“Per quanto ne sappiamo, a Dio non costa nulla creare cose belle; ma convertire delle volontà ribelli gli costa la crocifissione”), con ragionamenti rigorosi e nitidi quanto politicamente scorretti (si tratta sempre di parlare di Cristo, segno di contraddizione) fino alla distinzione finale tra “brave persone” e “uomini nuovi” che il cristianesimo, questa religione sempre giovane, è venuta a sancire definitivamente: “paragonata allo sviluppo dell’uomo su questo pianeta, la diffusione del cristianesimo nella razza umana sembra sia avvenuto nel tempo di un lampo, perché duemila anni sono quasi nulla nella storia dell’universo […] siamo ancora i ‘primi cristiani’ […] stiamo mettendo i primi denti. Il mondo esterno, senza dubbio, pensa esattamente il contrario, e cioè che stiamo morendo di vecchiaia, ma ogni volta il mondo è rimasto deluso [...] L’uniformità è più diffusa tra gli uomini ‘naturali’ che tra chi si arrende a Cristo. Come sono stati monotonamente simili tutti i grandi tiranni e conquistatori! E come sono gloriosamente diversi i santi!”.

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Radio Maria: una voce cristiana nella tua casa

Posté par atempodiblog le 9 septembre 2013

Radio Maria: una voce cristiana nella tua casa dans Stile di vita kwzu

L’anima di Radio Maria
Dopo oltre 25 anni dalle sue umili origini, Radio Maria, ormai divenuta una rete mondiale di radio locali che comprende 65 emittenti, ha sentito la necessità di fissare in un Documento ufficiale le sue caratteristiche irrinunciabili, che fanno di essa un fenomeno unico nel panorama delle radio cattoliche. Questa esigenza si è manifestata nel Convegno mondiale che si è tenuto nell’Ottobre 2012, quando erano presenti le delegazioni di tutte le Radio Maria dei cinque continenti. Abbiamo compreso che era giunto il momento di fissare, nero su bianco, in un testo condiviso e vincolante, ciò che costituisce l’identità di Radio Maria, in modo tale che possa valere non solo oggi ma anche per il futuro.
L’importante Documento non rivela nulla di nuovo, ma sancisce i principi ispiratori del Progetto-Radio Maria, al quale tutte le Radio Maria devono ispirarsi ed essere fedeli, pena la perdita del nome. Invitiamo i nostri affezionati ascoltatori a leggere attentamente il testo inserito nel giornalino, perché si possano rendere conto di questo straordinario dono della Madonna e quanto sia importante che tutti lo custodiamo e lo facciamo crescere, perché possa dare frutti anche per le future generazioni. Guai se, per mancanza di fede, il sale divenisse scipito! A cosa servirebbe se non ad essere gettato via e calpestato dagli uomini?
L’amore per la Madonna, l’annuncio della conversione, la preghiera e l’evangelizzazione, la rinuncia alla pubblicità, l’affidamento alla Provvidenza, l’amore e l’obbedienza alla Chiesa, in particolare al Sommo Pontefice, la cooperazione fra laici e sacerdoti, la forza del volontariato, l’attenzione ai poveri, ai sofferenti, alle persone sole, agli anziani e ai carcerati, il coinvolgimento degli ascoltatori, sono gli elementi distintivi di Radio Maria in ogni paese del mondo.

La meravigliosa storia di Radio Maria
Radio Maria ha avuto ufficialmente inizio nel 1987 quando l’associazione RadioMaria ha rilevato la radio parrocchiale di una frazione del comune di Erba.
Con l’aiuto e la spinta degli ascoltatori abbiamo potuto approfittare del triennio 1988-1990, prima dell’entrata in vigore della legge che ha normalizzato l’esistente, per creare una rete nazionale con più di 500 ripetitori. Ovviamente ci siamo trovati anche con molti debiti, ma la generosità degli ascoltatori non è mancata e in pochi anni tutto è rientrato nella norma. Nel decennio successivo si è ottimizzata la rete privata che è divenuta quella con la presenza più capillare in Italia per essere fedeli al nostro slogan: “Ovunque ci sia un uomo, Radio Maria sarà al suo fianco”.
Raggiunta buona parte della popolazione italiana si trattava di portare il segnale agli italiani all’estero e puntualmente nel 1992 sono iniziate le trasmissioni a New York con il programma italiano ritrasmesso negli USA via satellite, a cui è seguito il segnale per gli italiani in Canada e in tutta Europa.
Nel frattempo sono pervenute due chiamate: dal Burkina Faso (Africa) e dal Perù (Sud America).
Una delle caratteristiche della “nuova” Radio Maria era quella di un ampio dialogo degli ascoltatori con i vari conduttori dei programmi, in modo particolare con il direttore. Sono stati gli ascoltatori a spingerci non solo a rispondere a queste chiamate, ma anche ad aiutare economicamente le radio che nascevano nei paesi più poveri del mondo.
Dal 1992 al 1997, iniziando da Burkina Faso e Perù, Radio Maria Italia ha visto nascere emittenti in Europa, America Latina e Africa.
È stato quindi necessario costituire una nuova associazione che raccogliesse le radio esistenti e si aprisse alle nuove chiamate: così è nata il 3 giugno 1998 l’Associazione World Family of Radio Maria, organizzazione non governativa in seguito riconosciuta anche dall’Onu.
È stato un lavoro entusiasmante. Oggi siamo in 59 paesi con 19 radio nelle Americhe, 19 in Europa, 17 in Africa, 3 in Asia e 1 in Oceania, più cinque radio per le minoranze linguistiche e un gemellaggio in Libano.
Quale futuro? Sicuramente la Santa Vergine, nei tempi che solo Lei conosce, vorrà coprire con il suo manto tutto il mondo arrivando anche dove oggi sembrerebbe utopia.
Noi continuiamo giorno dopo giorno a installare antenne e trasmettitori, a migliorare le attrezzature tecnologiche, a raggiungere anche i paesi con scarsa presenza cattolica, oltre a formare costantemente nel mondo tutte le persone coinvolte nel progetto.
Chiediamo alla Santa Vergine la Sua protezione, affinché possiamo essere sempre fedeli ai nostri due pilastri: aiutare la Santa Chiesa nell’opera di evangelizzazione ed essere accanto all’uomo con una parola di conforto e di speranza.

L’identità di Radio Maria
Nel panorama radiofonico Radio Maria ha una sua precisa identità, che la distingue ovunque nel mondo e si è delineata lungo il corso del tempo, restando fedele alla ispirazione originaria. Gli elementi costitutivi dell’identità di Radio Maria sono un patrimonio prezioso da custodire e da sviluppare.

L’amore per la Madre di Dio è l’anima di Radio Maria
Radio Maria è nata e si è diffusa prima in Italia e poi nei cinque continenti sotto la spinta dell’amore per la Madonna. Senza un amore filiale per la Madre di Dio e la Madre della Chiesa Radio Maria sarebbe una realtà inspiegabile. Il desiderio di aiutare l’Ancella del Signore nell’opera della salvezza delle anime è all’origine di Radio Maria ed è la sorgente da cui scaturiscono energie sempre nuove.
Se svanisse l’amore per la Madonna Radio Maria appassirebbe come un fiore senza l’acqua. Lo stesso nome “Radio Maria” vuole indicare una identità e una appartenenza. Indica un’emittente che si ispira alla Santa Vergine e si pone al suo servizio.
Nella solennità dell’Annunciazione tutte le Radio Maria del mondo rinnovano la loro consacrazione alla Madonna.

La Radio strumento al servizio di Maria
Dio sceglie gli strumenti più semplici per incontrare gli uomini. Ha usato il libro per comunicare la sua Parola e la predicazione per diffonderla. La Radio si pone nella prospettiva della diffusione della parola. Infatti lo strumento radiofonico è portatore della voce che, dalla bocca di chi parla, giunge agli orecchi di chi ascolta: fides ex auditu, la fede nasce dall’ascolto (Rm 10,17). L’annuncio della Parola di Dio è il grande mezzo usato da Gesù Cristo e dagli Apostoli: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato” (Mc 16,15). La Radio è un mezzo semplice ed efficace per la propagazione del Vangelo. L’evoluzione tecnologica ne ha fatto uno strumento capillare che raggiunge le persone ovunque si trovino. La Radio è uno strumento per sua natura missionario. La voce arriva fino al cuore e lo interpella. La centralità della Radio non esclude ma, al contrario, valorizza i mezzi ausiliari di comunicazione sociale che l’innovazione tecnica propone.

Le finalità di Radio Maria
Radio Maria è una iniziativa che nasce sotto la spinta dell’amore cristiano. Il suo obbiettivo è quello di aiutare le persone a cercare e trovare il senso della vita alla luce della buona novella del Vangelo di Gesù Cristo. Attraverso le onde dell’etere si propone di portare la riconciliazione e la pace nei cuori, nelle famiglie e nella società. Radio Maria è “una mano tesa” che si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà, per incoraggiarli nelle difficoltà della vita e guardare con fiducia al futuro. La sua attenzione è rivolta in modo speciale ai sofferenti nel corpo e nello spirito, alle persone sole, agli anziani, ai poveri e ai carcerati. Nel rispetto delle coscienze, testimonia l’amore di Dio e la speranza della vita eterna.

La configurazione giuridica di Radio Maria
La struttura giuridica di Radio Maria è costituita da una Associazione civile (e in caso di impossibilità da una Fondazione o altro ente no profit) senza fine di lucro, composta da persone che ne condividono gli ideali e le finalità. L’Associazione civile è uno strumento che consente a Radio Maria di essere presente, come soggetto giuridico, ovunque nel mondo per realizzare i suoi scopi. La struttura giuridica di Associazione civile no profit consente a Radio Maria la gestione delle varie attività e permette all’Autorità Ecclesiastica competente la vigilanza sulla dottrina attraverso il Sacerdote Direttore. La World Family of Radio Maria è una Associazione civile, con sede in Italia, costituita dalle Associazioni nazionali di Radio Maria. La WF vigila sull’identità di Radio Maria, sostiene la sua diffusione nel mondo e ne promuove l’unità e la solidarietà nell’ambito di un’unica grande famiglia.

Radio Maria nella Chiesa e nella società
Radio Maria opera nell’ambito sia della comunità ecclesiale come della società multireligiosa odierna.
Lo strumento della radio per sua natura si estende all’intera popolazione. Il destinatario del messaggio è ogni uomo che porta nel suo cuore la fame di Dio e il bisogno della salvezza. Le onde dell’etere portano la luce del Vangelo ben oltre i confini dell’appartenenza ecclesiale. Una parte degli ascoltatori e dei sostenitori di Radio Maria sono pecorelle che si trovano fuori dall’ovile. Radio Maria, pur essendo un’Associazione civile, garantisce la vigilanza della Chiesa cattolica sul messaggio attraverso la presenza del Sacerdote Direttore, munito del permesso dell’Autorità ecclesiastica competente.
La Famiglia Mondiale di Radio Maria è l’interlocutore dell’Autorità Ecclesiastica locale per qualsiasi questioni di reciproco interesse e mantiene regolari rapporti informativi col Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali. Radio Maria si impegna in modo particolare a seguire gli insegnamenti e le direttive pastorali del Sommo Pontefice.

Le figure del Presidente e del Sacerdote Direttore di Radio Maria
Il Presidente dell’Associazione e il Sacerdote Direttore dei programmi sono i due centri propulsivi dell’attività di Radio Maria. In essi si realizza la collaborazione nell’apostolato fra sacerdozio e laicato, auspicata dal Concilio Vaticano II. Sono due figure di pari dignità, che si completano e si sostengono a vicenda, operando ognuna nel proprio settore di competenza. La loro attività concorde si muove nell’ambito delle finalità di Radio Maria e nella tutela della sua identità. La loro sinergia è assicurata dalla reciproca presenza negli organi direttivi e operativi.
Il Presidente è il legale rappresentante dell’Associazione e il Paterfamilias che ne promuove l’unità. Al Presidente fanno capo tutte le attività di gestione.
Il Sacerdote Direttore è responsabile di tutto ciò che riguarda i programmi, promuove la vita spirituale e garantisce la comunione con la Chiesa cattolica.

Il Presidente e il Director Advisor della Famiglia Mondiale
All’interno della World Family, il Presidente, nominato dal Consiglio Direttivo, è il rappresentante legale della World Family e il vero Paterfamilias di tutti i presidenti delle Associazioni Radio Maria promuovendone l’unità e la appropriata formazione; fa in modo che i principi di tutte le attività di gestione delle Associazioni siano conformi allo spirito dell’Identità.
Il Director Advisor è colui il quale ha il compito di rappresentare la World Family “nel processo di approvazione” (oppure “per l’approvazione”) della nomina del Sacerdote Direttore di ogni Radio Maria. Essendo il custode della conformità ecclesiale dell’Identità di Radio Maria, deve vigilare in modo che l’attività editoriale di ogni Radio Maria sia conforme allo spirito dell’Identità.
Il primo direttore del Progetto Radio Maria è Director Advisor incaricato. Il Director Advisor è nominato dal Consiglio Direttivo della World Family tra i suoi membri sacerdoti ed eserciterà la sua carica presso le sedi della World Family.

Il volontariato forza propulsiva di Radio Maria
“Date e vi sarà dato” (Lc 6,38). Il progetto di Radio Maria si basa sull’apporto insostituibile del volontariato. I volontari sono il cuore pulsante che fa scorrere il sangue in ogni parte del corpo. L’anima del volontariato è il desiderio di aiutare la Madonna nella realizzazione della sua opera materna di pace e di amore. Lo spirito del volontariato è una fiamma accesa in tutti gli operatori di Radio Maria, anche di coloro che hanno una retribuzione. Tutte le trasmissioni di Radio Maria sono a titolo gratuito.
È necessario sollecitare i volontari nei vari servizi ausiliari che sono alla loro portata. Gli ascoltatori di Radio Maria sono una fonte inesauribile di volontariato.

La Divina Provvidenza sostegno sicuro di Radio Maria
“Cercate prima il Regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù” (cfr. Lc 12,31). Il lavoro ben fatto è benedetto da Dio. Radio Maria per i suoi bisogni materiali fa appello alla generosità dei suoi ascoltatori ed estimatori. Rinuncia ai finanziamenti che provengono dalla pubblicità e da altre fonti che possano limitare o condizionare la sua missione. Il sostegno degli ascoltatori è una garanzia che non viene mai meno ed è, nel medesimo tempo, una verifica della qualità dei programmi. L’esperienza testimonia che Radio Maria trova nel suo pubblico le risorse necessarie. Radio Maria evita le forme spurie di finanziamento come, ad esempio, la trasmissione a pagamento di programmi altrui. La fiducia nella Divina Provvidenza non è passiva ma operativa e richiede iniziative appropriate per rendere corresponsabili gli ascoltatori nel sostegno quotidiano.

Lo spirito di ogni attività di gestione in Radio Maria
Lo spirito che anima la gestione di ogni attività di Radio Maria è quello dell’essenzialità e della sobrietà, essendo costituita come una associazione civile no profit ed essendo guidata da un particolare zelo missionario.
Uno degli scopi principali delle attività di gestione di ogni Radio Maria è il raggiungimento dell’intera popolazione nazionale e dei cosidetti “ultimi”.
Questo deve avvenire con serietà professionale in modo che le risorse a disposizione possano garantire la graduale e ottimale copertura nazionale del segnale radiofonico anche con l’ausilio delle più moderne tecnologie della comunicazione.
Le principali informazioni di gestione devono essere aperte e condivise con gli ascoltatori e tutto deve essere orientato al principio dell’onestà e oculatezza amministrativa attraverso l’estrema cura e attenzione nella gestione delle risorse (edifici, equipaggiamenti, stipendi) come espressione del rispetto verso i poveri che affidano alla radio il loro denaro.
I soci dell’Associazione civile e i membri del consiglio direttivo possiedono lo spirito del volontariato e pertanto la gratuità di tutte le cariche nell’associazione e il controllo dell’amministrazione tramite un ente indipendente sono parte integrante dello spirito di gestione dell’Identità di una Radio Maria.

Radio Maria annuncia la conversione
“Convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1,15). Radio Maria, attraverso il suo palinsesto, chiama gli uomini alla conversione, perché possano camminare nella luce di Dio e vivere nella pace. Il palinsesto di Radio Maria si ispira ai valori spirituali e morali del Vangelo e agli insegnamenti della Chiesa cattolica. Le componenti fondamentali del palinsesto di Radio Maria sono la preghiera, l’evangelizzazione, la promozione umana cristianamente ispirata e l’informazione illuminata dalla fede. Anche la musica deve elevare l’anima e aprire i cuori.
La preghiera è l’attività più importante di Radio Maria e comprende: le preghiere del buon cristiano al mattino e alla sera, la S. Messa quotidiana trasmessa dalle parrocchie e dalle comunità, la Liturgia delle Ore, il S. Rosario, l’Angelus, Devozioni e preghiere particolari.
L’evangelizzazione fa riferimento a tutto il patrimonio di fede e di cultura della Chiesa cattolica e comprende: l’annuncio delle verità fondamentali della fede, la spiegazione sistematica del Catechismo della Chiesa Cattolica, corsi di Teologia Dogmatica, Teologia Morale, Sacra Scrittura, Spiritualità, Storia della Chiesa, Mariologia, Agiografia, Dottrina Sociale della Chiesa, problematiche pastorali, Ecumenismo, Religioni non cristiane, ecc.
La promozione umana si concentra in modo particolare sulla famiglia, l’educazione, la bioetica, la salute, il lavoro, il rispetto del creato, ecc.
L’informazione presenta gli avvenimenti del mondo nell’ottica della fede e informa correttamente gli ascoltatori sulla via della Chiesa universale e locale.
In ogni momento del suo palinsesto Radio Maria deve comunicare luce, pace e fraternità.

I Conduttori di Radio Maria
I Conduttori di Radio Maria sono dei cattolici che condividono il progetto di Radio Maria e danno il loro apporto volontario per la sua realizzazione. Ogni conduttore si ispira all’insegnamento della Chiesa cattolica, attenendosi in particolare al nuovo Catechismo universale. Le trasmissioni di Radio Maria operano per il risveglio e la crescita della fede e per costruire la comunione ecclesiale. Nel medesimo tempo comunicano valori autenticamente umani e si rivolgano ai lontani e ai non credenti per aiutarli a trovare la via della salvezza. Ogni conduttore di Radio Maria deve essere non solo un annunciatore, ma un testimone credibile, che si propone ai microfoni con umiltà e bontà, vivendo quanto comunica e mettendo al servizio della Madonna e degli ascoltatori la propria testimonianza di fede e le proprie competenze professionali.

Gli ascoltatori di Radio Maria
Gli ascoltatori di Radio Maria non sono una moltitudine anonima, ma una famiglia che si riconosce in un cammino da compiere insieme.
Essi svolgono un ruolo attivo e dinamico nelle trasmissioni, intervenendo con le loro domande e le loro riflessioni. Le testimonianze di vita degli ascoltatori non sono meno importanti degli insegnamenti dei conduttori. Gli ascoltatori rispondono quando vengono sollecitati ad aiutare Radio Maria nei modi possibili, con la preghiera, il sostegno economico e il volontariato. Gli ascoltatori sono il vero tesoro di Radio Maria, da proteggere, incoraggiare e incrementare ogni giorno.

di Padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria
Tratto da: Il giornalino di RM

Divisore dans Stile di vita

Freccia La trappola di Dio

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“Vi chiedo solo preghiera e digiuno!” – Padre Slavko

Posté par atempodiblog le 7 septembre 2013

“Vi chiedo solo preghiera e digiuno!” - Padre Slavko dans Digiuno nixz

Il digiuno è di sicuro un messaggio molto importante, ma purtroppo anche dimenticato da noi cattolici; e un messaggio biblico ed è un messaggio della tradizione della Chiesa. Sappiamo bene che la Madonna fin dall’inizio ci ha invitati proprio a digiunare e a pregare. Non dobbiamo dimenticare che ha detto che con il digiuno e la preghiera si possono fermare le guerre e anche allontanare le catastrofi naturali.

“Pregate e digiunate! Vi chiedo solo preghiera e digiuno!” (14.12.81)

Io direi che dobbiamo almeno pregare per ottenere questa grazia di poter digiunare e poter vivere così come la Madonna ci invita. Ma se incominciamo a digiunare e a pregare, di sicuro capiremo anche la volontà di Dio, la potremo accettare e vinceremo la nostra propria volontà. Non dobbiamo dimenticare che la volontà di Dio è veramente il nostro bene.

Molte volte quando stiamo bene non diciamo che “è la volontà di Dio”, ma se qualche cosa va male diciamo facilmente che “è la volontà di Dio”: cosi possiamo proprio presentare Dio in una luce non giusta, non buona. Anche quando noi combiniamo qualche guaio, la volontà di Dio è trasformare tutto per il bene.

Una volta S. Agostino ha detto: “felice colpa”. Allora anche il nostro peccato, tutte le esperienze del peccato e tutte le ferite, il Signore le vuole guarire, vuole che tutto sia trasformato per il nostro bene e per la gloria di Dio.

Scoprendo la volontà di Dio, di sicuro diventeremo “apostoli dell’amore”.

Forse molte volte abbiamo sentito la domanda o abbiamo noi stessi chiesto: “come posso aprirmi al Signore?”. Ecco la risposta: nella preghiera. Ma la preghiera che ci apre al Signore è la preghiera per la quale prendiamo tempo. Una preghiera veloce o breve o superficiale di sicuro non può aprirci; così come un fiore non si può aprire se non ha le condizioni della terra, dell’acqua…. Chiediamo al Signore la grazia di una preghiera profonda, di una preghiera fatta con amore, di una preghiera del cuore. E´ veramente bello guardare un fiore che si apre ai raggi mattutini del sole, ma più bello è vedere o fare l´esperienza di questa apertura a Dio nella preghiera, perché, aprendoci così a Dio, faremo l´esperienza dell’amore, della pace, della gioia, della speranza e anche della guarigione interiore. La Madonna ci incoraggia a non aver paura.

Tutto e dono. Anche voler pregare e digiunare, anche poter credere e un dono. Qualche volta qualcuno si chiedeva: “Che cosa viene prima? Prima la preghiera e dopo l’apertura del cuore o prima l’apertura del cuore e dopo la preghiera?”. Non c’è bisogno quà di una teoria o di una filosofia. In questo momento, sentendo questo messaggio, se ci decidiamo per la preghiera, il cuore si aprirà, il cuore farà questa esperienza di Dio e di sicuro accetterà il dono della conversione e riceverà anche la forza di lasciare il male, di superare il male. La conversione è uno dei messaggi principali che la Madonna ha dato quì a Medjugorje. Conversione significa lasciare il male, superare il male, le abitudini del peccato e aprirci sempre di più al Signore, camminare verso il Signore con Maria.

La Madonna ci assicura che solo accettando il dono della conversione, capiremo “l´importanza della grazia in questi tempi”. questi tempi sono tempi di grazia e insieme sono tempi in cui abbiamo bisogno della grazia. Tutti coloro che hanno cominciato ad accettare e a vivere i messaggi della Madonna, di sicuro capiscono come è importante la grazia. Le scienze umane ci offrono tante possibilità e così tutti noi siamo un po´ tentati a contare su noi stessi, sulla tecnica, sulla medicina. Tutto bene, ma la grazia è più importante, la grazia non si può sostituire. Se ci apriremo così a Dio, la Madonna ci assicura: “Dio vi diventerà più vicino”. Non è che Dio si sia allontanato da noi, ma noi possiamo allontanarci da Dio. Allora saremo più capaci nel cuore a capire che Lui è veramente con noi. Il Suo desiderio e di aiutarci ad incontrare Gesù nella Parola e nell´Eucarestia. E quando cominciamo a capire e ad accettare la Sua Parola, quando cominciamo ad aprirci all´Eucarestia, ecco che sentiremo Dio vicino a noi Lo scopo e la gioia dell´EMMANUELE (Dio con noi) è proprio di rimanere con noi, con il Suo popolo, con i Suoi figli.

Commento di Padre Slavko Barbaricwww.medjugorje.org – [Info da Medju] -
Tratto da: Ascolta tua Madre

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San Nicola da Tolentino

Posté par atempodiblog le 1 septembre 2013

San Nicola da Tolentino  dans Digiuno San-Nicola-da-Tolentino

Nacque nel 1245 a Castel Sant’Angelo in Pontano nella diocesi di Fermo. A 14 anni entrò fra gli eremitani di sant’Agostino di Castel Sant’Angelo come oblato, cioè ancora senza obblighi e voti. Più tardi entrò nell’ordine e nel 1274 venne ordinato sacerdote a Cingoli. La comunità agostiniana di Tolentino diventò la sua «casa madre» e suo campo di lavoro il territorio marchigiano con i vari conventi dell’Ordine, che lo accoglievano nell’itinerario di predicatore.
Dedicava buona parte della sua giornata a lunghe preghiere e digiuni. Un asceta che diffondeva sorriso, un penitente che metteva allegria. Lo sentivano predicare, lo ascoltavano in confessione o negli incontri occasionali, ed era sempre così: veniva da otto-dieci ore di preghiera, dal digiuno a pane e acqua, ma aveva parole che spargevano sorriso. Molti venivano da lontano a confessargli ogni sorta di misfatti, e andavano via arricchiti dalla sua fiducia gioiosa.
Sempre accompagnato da voci di miracoli, nel 1275 si stabilì a Tolentino dove resterà fino alla morte il 10 settembre 1305.

Tratto da: Avvenire

Divisore dans San Francesco di Sales

Freccia dans Viaggi & Vacanze Preghiera a San Nicola da Tolentino (utilizzabile sia come novena sia come triduo. Può essere recitata in preparazione della festa del santo, il 10 settembre, dal 1 al 9 settembre, o in qualsiasi momento per le proprie necessità)

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Non giudicate, ma amate

Posté par atempodiblog le 30 août 2013

Non giudicate, ma amate dans Correzione fraterna La-Parabola-del-fariseo-e-del-pubblicano

Cosa vuol dire non giudicate? La Madonna nel messaggio ha commentato un brano del Vangelo dove Gesù dice: “non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati, perdonate e vi sarà perdonato”. Non vuol dire non giudicare i pensieri, le parole, i comportamenti, vuol dire non giudicare le persone. Tu non puoi dare nessun giudizio sulla persona perché il suo grado di responsabilità a nessuno è dato conoscerlo, se non a Dio.

Solo Dio sa cosa c’è nel cuore di quella persona, solo Dio sa quali sono i condizionamenti che ci sono stati, solo Dio sa quali erano le sue intenzioni. Difatti Gesù Cristo svela le intenzioni dei suoi avversari, vedeva nel fondo dei cuori, ma noi non vediamo! Quindi non dobbiamo giudicare le persone.

Cosa bisogna giudicare? Quello che uno dice, se non va bene, se è errata, se è falsa, se è ingiusta, la si contraddice. “Tu hai detto così, ma non è vero”, non dico sei un “bugiardo” ma “questo non è vero”. Alcuni dicono “il mio parroco ha detto che l’Inferno non c’è, ma non voglio giudicare”, come non vuoi giudicare! “Inferno non c’è” è un’espressione sbagliata, contraria alla fede, quindi distinguiamo fra la persona e quello che una persona fa, dice, insegna, ecc… Perché lì occorre il discernimento alla luce della verità.

In questo ambito rientra la correzione fraterna, si dice con carità fraterna a tu per tu, dicendo “forse non ti sei reso conto… ma guarda che è una cosa sbagliata… hai trattato male quella persona, non dovevi farlo… ecc…”. Non rientra nel giudizio, ma è l’aiutare quella persona a rendersi conto che certe cose dette o fatte non sono conformi alla verità e alla rettitudine.

Non giudicare, non condannare, “tu hai fatto questo perciò tu sei…!”, micidiale! Tu ti metti nei confronti di tuo fratello esattamente come il fariseo con il pubblicano.

La gravità nel condannare la persona consiste nel fatto che uno che fa così non si converte, non si convertirà mai, si è precluso la via alla conversione e per quello che la Madonna dice “non giudicare” perché invece di vedere i suoi peccati guarda quello degli altri.

E’ tipico poi che i peccati degli altri sono più gravi dei tuoi, perché il medesimo peccato se lo ha fatto un altro è un grave peccato, se lo hai fatto tu è un piccolo difetto! Si sa che è così, no?

Quindi l’atteggiamento del condannare è pericolosissimo perché punti il dito su tuo fratello e non vedi il peccato che è in te, anzi tu ritieni di non aver bisogno di conversione, sei già perfetto!

Noi puntiamo il dito, facendo male a noi stessi, siamo una maledizione per gli altri perché li allontaniamo. Se invece anche quelli che ti hanno fatto del male, bada bene, tu però li perdoni, preghi per loro, non rispondi pan per focaccia, ma al massimo stai zitto… Bisogna amare, ma per arrivare all’amore c’è tutto un cammino da fare che incomincia dal non giudicare, dal non sparlare, dal saper tacere, dal non vendicarsi, dal non controbattere e c’è tutto un processo… e poi si incomincia a pregare. Allora se tu fai così sei una benedizione per i lontani, per quelli che non hanno conosciuto l’amore di Dio.

Tratto da una riflessione audio di Padre Livio Fanzaga a Radio Maria

Divisore dans San Francesco di Sales

Per approfondire Freccia dans Viaggi & Vacanze Commento di p. Livio al messaggio di Medjugorje del 2/05/2013 dato a Mirjana

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Vicka di Medjugorje a Gerusalemme. L’apparizione unisce i fedeli in Israele

Posté par atempodiblog le 22 août 2013

L’apparizione unisce i fedeli in Israele
Circa 13.000 cristiani, ebrei e musulmani hanno pianto di gioia insieme quando la veggente Vicka Ivankovic-Mijatovic ha avuto l’apparizione in Mealia, Israele, il 21 agosto. Precedentemente, il gruppo di pellegrini di Vicka ha visitato i luoghi biblici vicino al mare di Galilea. Stanotte ci sarà l’apparizione nel giardino del Getsemani.
di Jakob Marschner, 22 aogosto 2013
Tratto da: Medjugorje Today
Traduzione a cura di Atempodiblog

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Processione iniziale a Mealia

L’apparizione pubblica di mercoledì della veggente di Medjugorje Vicka Ivankovic-Mijatovic era attesa da cristiani, ebrei e musulmani e ha anche riunito i tre vescovi di Galilea con preti ortodossi quando la Messa è stata celebrata. Gli organizzatori stimano che erano presenti 13mila persone.

“E’ stato il più grande evento realizzato dagli uomini in Galilea. Non abbiamo mai avuto prima questo incontro con Nostra Signora e un così grande numero di persone”, ha detto  Charbel Maroun il presidente del Movimento Mariano dei laici in Galilea a Medjugorje Today.

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Parte delle persone presenti

“Molte persone hanno pianto di gioia, pianto per la grazia che hanno sperimentato. Hanno sentito parlare di Medjugorje e se ne sono innamorati. Migliaia di giovani erano presenti. E uno dei mie collaboratori mi ha riferito di un numero enorme di confessioni”, ha detto.

La stazione della Tv libanese Télé Lumière ha trasmesso l’evento in diretta da una foresta in Mealia dove le differenze sono state accantonate per un giorno.

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Una mamma musulmana presenta suo figlio malato a Vicka

“C’erano molti musulmani”. Gli è piaciuto molto, hanno iniziato a piangere perché erano molto felici di essere presenti. C’erano anche molti membri dell’esercito italiano. Senza dar peso all’etnia o al background religioso, tutti erano presenti e felici riporta Charbel Maroun.

“Si poteva avvertire lo Spirito Santo in tutta la zona. La gente di Galilea non dimenticherà mai questo incontro. La maggior parte delle persone qui ha una devozione e una spiritualità debole, e così per molti era la prima volta che vedevano una così grande manifestazione di preghiera”.

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Santa Messa concelebrata dai 3 Vescovi di Galielea e da più di 40 sacerdoti

Durante l’apparizione di Vicka, la Vergine Maria ha chiesto ai presenti di pregare per la chiesa in Galilea.

“Vicka era molto, molto felice, e così Nostra Signora, nel vedere così tante persone. Ha pregato su di noi, ha benedetto tutti noi, e ci ha detto di pregare per la chiesa di qui”, ha detto Charbel Maroun.

Ieri 21 agosto, Vicka e altri 550 partecipanti nel primo pellegrinaggio internazionale Maranatha hanno visitato i siti biblici presso il mare di Galilea: il luogo del sermone di Gesù sulle Beatitudini (Mt 5, 1-12), il luogo dove Gesù ha chiamato Pietro, Andrea, Giovanni e Giacomo a seguirlo (Mt 4, 18-22) e il luogo dove Gesù ha affidato l’autorità della Chiesa a San Pietro (Gv 21, 15-19).

L’apparizione a Vicka di giovedì (oggi, ndt) avrà luogo nel giardino del Getsemani dove saranno presenti solo i pellegrini di Maranatha. Prima dell’apparizione, durante il giorno, incontrerà il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Boutros Ibrahim Twal.

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E Marco scrisse subito

Posté par atempodiblog le 20 août 2013

Da un autore pagano del primo secolo la conferma che il vangelo di Marco fu scritto pochi anni dopo la morte di Gesù. Come attesta la tradizione cristiana primitiva.
Un punto a favore della credibilità storica del Vangelo.
di Marta Sordi – Il Timone

E Marco scrisse subito dans Commenti al Vangelo E-Marco-scrisse-subito

L’ identificazione, da parte di J. O’Callaghan nel 1972, ribadita poi da C. P. Thiede agli inizi degli anni ’90, di un frammento papiraceo in lingua greca (7Q5), trovato nella grotta 7 di Qumran, con Marco 6,52-53, ha riaperto, come è noto, nonostante le molte contestazioni, il problema della datazione dei Vangeli e di quello di Marco in particolare.
La scrittura del frammento, studiata prima dell’identificazione con il Vangelo, aveva imposto una datazione non posteriore al 50 d.C.; la grotta, inoltre,risultava chiusa dopo il 68; l’identificazione del frammento con un passo di Marco scompaginava così, se convalidata, tutte le ipotesi, date per certe dagli esegeti, della composizione tarda del Vangelo e confermava invece pienamente i dati conservati dalla tradizione cristiana primitiva: Papia di Gerapoli, vissuto tra la fine del I secolo e la prima metà del II (apud Euseb. H. E. II, 15 e III, 39,15) e Clemente di Alessandria (apud Euseb. H. E. II, 15 e VI, 14,6) affermavano infatti che Marco aveva scritto il suo Vangelo, su richiesta dei Romani, che avevano ascoltato la predicazione di Pietro, all’inizio del regno di Claudio (nel 42, secondo la traduzione di Gerolamo del Chronicon di Eusebio).
Una citazione dello stesso passo di Clemente (p. 9 Staehlin) spiegava che i Romani, da cui era partita la richiesta erano Cesariani e cavalieri, ut possent quae dicebantur memoriae commendare. Si trattava di persone della classe dirigente romana, abituate alla comunicazione scritta e la richiesta da loro rivolta a Marco è perfettamente comprensibile; specialmente se si tiene conto del fatto che, nel 42/43, mentre Claudio era assente per la spedizione in Britannia, il governo di Roma era tenuto da L. Vitellio, che nel 36/37, come legato di Siria, aveva avuto occasione di occuparsi dei cristiani a Gerusalemme. Il desiderio di avere ulteriori informazioni sulla nuova “setta” giudaica poteva rientrare nelle normali preoccupazioni per l’ordine pubblico del governo di Roma. Ciò che fu allora appurato dovette tranquillizzare i Romani che, da quel momento e fino al 62, in Giudea come nelle province, cercarono di impedire azioni persecutorie derivate da accuse giudaiche contro i Cristiani. La data del 42/43 è  innanzitutto, secondo Papia e Clemente, la data dell’arrivo di Pietro a Roma: una conferma dell’importanza di questa data per la Chiesa di Roma è che al 42/43 risale, secondo Tacito (Ann. XIII, ro 32), la conversione di Pomponia Grecina, la moglie di Aula Plauzio, il legato le che precedette in Britannia Claudio, ad re una superstizio externa che è certamente il cristianesimo. Ma ciò che ci interessa ora è la stesura del Vangelo di le Marco: si è detto che 7Q5 non fa che a, confermare, con l’autorità di un documento contemporaneo, ciò che sapevamo già da autorevoli fonti del II secolo, che solo l’ipercritica, da tempo el superata negli studi di storia antica, ma ancora presente negli studi delle origini cristiane, ha troppo a lungo e ingiustamente sottovalutato. Paradossalmente, anche se 7Q5 non fosse un frammento di Marco, le testimonianze di Papia e di Clemente dovrebbero indurci ad ammettere come probabile la venuta di Pietro a Roma nel 42 e la stesura in quell’occasione del Vangelo di Marco.
Ma un’ulteriore e importante conferma ci viene ora da un autore pagano, quel Petronio autore del Satyricon, che scrive nel 64/65 e mostra di conoscere il testo marciano, come ha dimostrato, con ottimi argomenti, I. Ramelli in un articolo pubblicato su Aevum nel 1996. Contatti fra i Vangeli e passi del Satyricon erano stati già notati in passato, per la crocifissione, la risurrezione, l’eucaristia, ma erano stati spiegati come pure coincidenze o con interpretazioni antropologiche. Il passo studiato dalla Ramelli (Sat. 77,7-78,4) riguarda l’unzione durante la cena di Betania (Me 14,3-9), un episodio, cioè, la cui importanza non è così grande da poterne spiegare la conoscenza da parte dei pagani in base a semplici voci, come quelle che circolavano in quell’epoca a Roma sui flagitia attribuiti dal volgo ai Cristiani nel 64, come dice Tacito (Ann. XV, 44x) parlando dell’incendio. Qui i contatti sono tali che già il Preuschen, agli inizi del XX secolo, aveva pensato a una dipendenza reciproca, attribuendo però a Marco l’imitazione di Petronio: l’evidente assurdità dell’ipotesi (dato il carattere di sprezzante parodia del passo di Petronio) ne aveva determinato il rifiuto.
Il giudizio è necessariamente diverso se il Vangelo di Marco era già noto nel 64/65 e se ammettiamo che è petronio a parodiare Marco e non Marco a imitare Petronio: c’è l’ampolla di nardo, che solo Marco conosce fra gli evangelisti (i sinottici parlano di un vaso di unguento non specificato, Giovanni parla di una libbra di nardo); c’è la prefigurazione da parte di Trimalcione di un’ unzione funebre, in un contesto che parla continuamente – ma senza giustificazione apparente, visto che Trimalcione dichiara che vivrà ancora 30 anni di morte; c’è, poco prima (ib. 74, 1/3),dalla consuetudine pagana) come profeta di sventura e come index, accusatore. Se Petronio conosce il testo di Marco e intende parodiarlo (e la cosa non ci sorprende alla corte di Nerone, dove, come risulta da Paolo [FiI4,22] il cristianesimo era ben noto), anche gli altri accenni di Petronio che sembrano implicare la conoscenza del cristianesimo diventano importanti: penso in particolare al cap. 141, in cui Eumolpo chiede nel suo testamento che i suoi eredi mangino il suo corpo, e alla novella della matrona di Efeso (cap. III), con il trafugamento del corpo di un crocifisso e la sua « rianimazione » al terzo giorno: un motivo anticristiano reso attuale dal cosiddetto editto di Nazareth, se, come sembra probabile, l’editto è di Nerone e rivela l’ accettazione, da parte del governo romano, delle accuse giudaiche ai discepoli di Cristo di aver trafugato il corpo del loro Signore, come attesta Matteo (28,15).
La parodia di Petronio è dunque la miglior conferma delle notizie della tradizione cristiana del II secolo sull’antichità del Vangelo di Marco.

Ricorda
La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e costanza massima che i quattro vangeli, di cui afferma senza alcuna esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza ».
(Concilio Vaticano Il, Costituzione Dei Verbum sulla divina Rivelazione, 19).

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Inoltre Freccia dans Viaggi & Vacanze Vangeli: al centro la storia

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Nostra Signora delle Vittorie, Parigi

Posté par atempodiblog le 11 août 2013

Nostra Signora delle Vittorie, Parigi

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Un po’ di storia…

Il 3 dicembre 1836, il Padre Desgenettes, curato di Nostra Signora delle Vittorie celebrava la Messa a l’Altare della Vergine. La Chiesa era deserta. Aveva deciso di andare a chiedere al Vescovo l’autorizzazione di lasciare la Parrocchia, quando sentì ben distintamente queste parole: “Consacra la Parrocchia al Santissimo Cuore Immacolato di Maria”.

Rientrato a casa sua, si mise a comporre gli statuti di una confraternita mariana di preghiera, avente come scopo la conversione dei peccatori.

La domenica seguente, 11 dicembre, dopo la Messa, annunciò ai 10 fedeli presenti la sua intenzione di consacrare la Parrocchia al Cuore di Maria all’ora dei Vespri. La sorpresa fu grande di vedere in quel momento la Chiesa piena e da allora restò sempre così!

Conversioni e numerose grazie furono da allora attribuite a profusione in questo luogo, Rifugio dei peccatori, come testimoniano i circa 37.000 ex-voto che ricoprono le pareti.

L’arciconfraternita fu riconosciuta da Papa Gregorio XVI il 24 aprile 1838. Ha accolto dall’origine più di 1.680.000 membri individuali, e ha affiliato più di 21.000 comunità, distribuite in tutto il mondo.

Luogo di grande spiritualità, Nostra Signora delle Vittorie ha ricevuto da Papa Pio XI il titolo di Basilica nel 1927.

Il Curato d’Ars e tante altre persone, famose e non, sono iscritte all’Arciconfraternita.

Per approfondire Freccia dans Viaggi & Vacanze La Basilica di Nostra Signora delle Vittorie di Parigi

Prossime feste nella Basilica

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L’Assunzione della Vergine Maria

14 agosto

18:00 primi Vespri dell’Assunzione (non c’è Messa alle 19:00)

21:00 Veglia con processione e a seguire Messa solenne

15 agosto

11:00 Santa Messa solenne

14:45 Santa Messa per glia ammalati (in diretta su Radio Notre-Damehttp://radionotredame.net/)

15:30 Rosario

17:00 Vespri dell’Assunzione

18:00 Messa della sera e a seguire santo Rosario

Coronazione della Beata Vergine Maria

22 agosto

12:15 Messa solenne

14:45 Messa per gli ammalati (su Radio Notre-Damehttp://radionotredame.net/)

15:30 Celebrazioni mariane, Rosario, Adorazione del Santissimo

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I festeggiamenti del 3 e 4 agosto a Rue du Bac

Posté par atempodiblog le 11 août 2013

Il 3 e 4 agosto 2013 a Rue du Bac, dove vi ho ricordato in preghiera, ci sono stati i festeggiamenti per l’anniversario della dedicazione della Cappella consacrata al Sacro Cuore e, successivamente, a Nostra Signora della Medaglia Miracolosa. La Cappella fu solennemente benedetta il 6 Agosto del 1815 e dedicata al Sacro Cuore di Gesù.

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Per approfondire Freccia Rue du Bac – Medaglia Miracolosa

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Sainte-Chapelle, un gioiello dello stile gotico fiorito

Posté par atempodiblog le 11 août 2013

Sainte-Chapelle, un gioiello dello stile gotico fiorito

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Nel cuore de l’Île de la Cité

Il Palazzo della Cité, sede e residenza potere reale dal X al XIV secolo, comprende la Conciergerie e la Sainte-Chapelle, racchiuse nel Palazzo di giustizia, la sua nuova assegnazione.
La Sainte-Chapelle venne edificata fra il 1242 e il 1248 per conservare al suo interno, secondo la volontà di Luigi IX (re dal 1226 al 1270 e futuro San Luigi), le reliquie della Passione di Gesù. La più celebre tra queste, la Corona di Spine, venne acquistata nel 1239 per una somma che superava di gran lunga le spese di costruzione dell’edificio stesso.

Un’importanza religiosa e politica

Le Sante Reliquie appartenevano agli imperatori di Costantinopoli fin dal IV secolo.
Acquistando queste reliquie, Luigi IX aumentò il prestigio della Francia e di Parigi che diventò, agli occhi dell’Europa medievale, una nuova “Nuova Gerusalemme” e, allo stesso tempo, la seconda capitale della cristianità. Durante il periodo della Rivoluzione, la Sainte-Chapelle, simbolo della regalità di diritto divino, subì molti danni. Ciononostante, le vetrate sono ancora oggi quelle originali. Dal 1846, l’edificio fu oggetto di importanti lavori di restauro, che conferirono al momento il suo aspetto attuale.

Due santuari sovrapposti

In origine, le reliquie erano esposte e venerate nella cappella superiore. Solo il re, le personalità della sua cerchia e il collegio dei canonici incaricati degli uffici liturgici potevano accedervi tramite la terrazza esterna, in quel tempo collegata al Palazzo. La cappella inferiore era il luogo di culto riservato al personale del Palazzo.
La pianta, di tipo basilicale con abside semicircolare, è molto semplice e verrà usata come modello per le altre Sainte-Chapelle, tra cui di Vincennes e Châteaudun.

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La cappella inferiore

La statua della Vergine, patrona del santuario, accoglie il visitatore al portale. All’interno, il ripristino delle decorazioni policrome risale, come le decorazioni scolpite nel portico, ai lavori di restauro del XIX secolo. Alla sinistra dell’abside, al di sopra dell’antica sacrestia, un affresco del XIII secolo rappresenta l’Annunciazione. Si tratta della più antica pittura murale di Parigi.
La volta ribassata è sostenuta da puntelli traforati che collegano le colonne delle navate laterali ai muri laterali. Questi ultimi sono animati da fughe di archi ciechi tribolati e da 12 medaglioni raffiguranti gli apostoli. I gigli sul fondo azzurro delle volte si ritrovarono sulle colonne alternati a torri su fondo porpora, insigne della regina Bianca di Castiglia, madre di Luigi IX.

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La cappella superiore

Vero e proprio reliquiario monumentale, questa cappella è stata sontuosamente decorata. Sculture e vetrate in tripudio rendono gloria alla Passione di Cristo e danno l’impressione di raggiungere la Gerusalemme celeste, inondata di luce e di colore. Le vetrate hanno contribuito moltissimo alla fame della Sainte-Chapelle.
Le 1113 scene rappresentante nelle 15 vetrate raccontano la storia dell’Umanità, dalla Genesi alla resurrezione di Gesù. Quattordici vetrate, che rappresentano altrettanti episodi tratti dalla Bibbia, vanno lette da sinistra a destra e dal basso verso l’alto.

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1 La vetrata sulla storia delle reliquie della Passione è l’unica da leggersi secondo l’ordine della scrittura bustrofedica. Nella parte inferiore delle lancette, la vetrata illustra la scoperta delle reliquie da parte di Sant’Elena a Gerusalemme, fino al loro arrivo nel regno di Francia.

2 La statua di San Pietro è quella dell’origine, come altre 5 statue di apostoli. Il santo tiene le chiavi del Paradiso. Le statue dei 12 apostoli, “pilastri della Chiesa”, sono simbolicamente disposte lungo la navata in corrispondenza delle imposte delle volte sulle crociere a ogiva. Queste statue ben rappresentano la scultura parigina tra il 1240 e il 1260, impregnata d’armonia e caratterizzata da volti idealizzati.

3 La grande teca contenente 22 reliquie della Passione di Cristo, tra le quali il frammento della Croce e la Corona di Spine, era un tempo esposta sulla tribuna e venne fusa durante la Rivoluzione. Le restanti reliquie sono oggi conservate nel tesoro della cattedrale di Notre-Dame de Paris.

4 Il rosone occidentale illustra il libro profetico di San Giovanni: l’Apocalisse è rappresentata simbolicamente di fronte alla Passione di Cristo, nella vetrata assiale del coro. Al centro del rosone, il Cristo ritorna in gloria alla fine dei Tempi per giudicare i vivi e i morti.

I 100 capitelli con decorazione a foglie dei muri laterali sono tutti diversi. In corrispondenza delle pietre angolari delle fughe di archi, gli angeli ricordano le 42 scene di martirio raffigurate nei quadrilobi.

L’Île de la Cité

La sede del potere reale

Nel I secolo a.C., la tribù gallica dei Parisi si insediò su un’isola in mezzo alla Senna (la futura Île de la Cité) e vi fondò la città di Luteria. Nel V secolo, questa città prese il nome di Parigi. Nel VI secolo, Clodoveo, primo re dei Franchi, scelse il palazzo della Cité come dimora reale. suo figlio Childerberto, in seguito, fece costruire la prima cattedrale di Parigi. Alla fine del X secolo, Ugo Capeto, primo re capetingio, insediò il suo consiglio e la sua amministrazione nel palazzo che divenne così la sede del potere reale.

Il palazzo abbandonato dai re

Nel 1248, quando Luigi IX firmò l’atto relativo alla fonazione della Sainte-Chapelle, la vicinissima cattedrale di Notre-Dame presentava già la sua attuale facciata. Nel 1358, i consiglieri di re Giovanni II, detto il Buono, furono assassinati sotto gli occhi del Delfino, il futuro Carlo V, il quale, diventato re, scelse di abitare in luoghi più protetti: la residenza di Saint-Pol, edificio andato poi distrutto, il Louvre e Vincennes,. L’amministrazione reale, il Parlamento, la Cancelleria e la Camera dei Conti rimasero a lungo nel palazzo capetingio, ma nel corso dei secoli venne mantenuta solo la parte giudiziaria con l’annessa prigione.
Oggi, la Sainte-Chapelle e la Conciergerie sono le uniche parti ancora visibili del più antico palazzo dei re di Francia.

Fonte: Centre des monuments nationaux

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Per approfondire Freccia La Sainte-Chapelle di Parigi, scrigno di luce

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È il Signore che opera. Padre Leopoldo Mandic

Posté par atempodiblog le 30 juillet 2013

“Preferisco sbagliare per troppa bontà che per troppo rigore”.
San Francesco di Sales

È il Signore che opera. Padre Leopoldo Mandic dans Fede, morale e teologia 90rn9l
San Leopoldo Mandic

È il Signore che opera
«… nel confessionale, non dobbiamo fare sfoggio di cultura, né dobbiamo dilungarci in spiegazioni, altrimenti roviniamo quello che il Signore va operando». Così raccomandava padre Leopoldo Mandic, il confessore della misericordia di Dio
Fonte: di Stefania Falasca – 30giorni
Tratto da: Sursum Corda

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Una delle ultime foto di padre Leopoldo Mandic

Confessarsi da lui era cosa breve. Anzi brevissima. Non si dilungava mai in parole, spiegazioni, discorsi. Aveva imparato dal Catechismo di san Pio X che la brevità è una delle caratteristiche di una buona confessione. Eppure il suo confessionale è stato per più di quarant’anni una specie di porto di mare per le anime. Tanti erano quelli che andavano, che assiduamente lo frequentavano. Padre Leopoldo era sempre lì, dodici, tredici, quindici ore al giorno. Confessava e assolveva oves et boves, cioè tutti. E di quella sua amabile delicatezza, di quell’umiltà semplicissima, fiduciosa nell’infinita misericordia di Dio e nell’azione della grazia che opera attraverso i sacramenti, sono testimoni quanti lo conobbero. La sua celletta confessionale è rimasta com’era, lì dove tuttora si trova, accanto alla chiesa di Santa Croce, nel convento dei frati Cappuccini a Padova. Una piccola stanza con tutte le poche cose che hanno fatto la sua vita: un inginocchiatoio, un crocifisso, un’immagine della Madonna, la stola, la sedia. Neanche la furia dei bombardamenti, che nel maggio del 1944 rasero al suolo la chiesa e il convento, è riuscita a demolirla. Da tanta distruzione solo quel confessionale rimase miracolosamente illeso. Due anni prima della sua morte, avvenuta il 30 luglio 1942, padre Leopoldo, confidandosi con un amico, aveva predetto i bombardamenti che avrebbero colpito Padova. «E questo convento?», chiese quel signore; «padre, anche questo convento sarà colpito?». «Purtroppo, anche il nostro convento sarà duramente colpito» rispose con un filo di voce padre Leopoldo. «… Ma questa celletta no, questa no. Qui il Padrone Iddio ha usato tanta misericordia alle anime… deve restare a  monumento della Sua bontà».
Leopoldo Mandic è stato proclamato santo il 16 ottobre 1983. Elevato vox populi agli onori degli altari. Dalla morte alla canonizzazione sono trascorsi solo quarantun anni: una delle canonizzazioni più rapide del nostro secolo.

Di nobile stirpe bosniaca
Nato nel 1866 in Dalmazia, a Castelnuovo di Cattaro, Adeodato Mandic era di nobile stirpe bosniaca. Prese nome di fra Leopoldo entrando nel seminario dei frati Cappuccini a Bassano del Grappa. A ventiquattro anni è ordinato sacerdote e da questo momento in poi, prima a Venezia, poi a Bassano, Thiene e dal 1909 stabilmente a Padova, non fa altro che attendere al sacramento della penitenza. Per i suoi superiori  non poteva fare altro: statura un metro e trentotto, costituzione debolissima, stentato e un po’ goffo nel camminare… Fisicamente era un nulla e per di più anche impacciato nella lingua poiché aveva lo “sdrùcciolo”, cioè mangiava le parole, e questo difetto si sentiva soprattutto quando pregava o doveva ripetere le formule a memoria, tanto che in pubblico non poteva dire neanche un «oremus». Cosa non da poco in un ordine di predicatori qual è quello dei Cappuccini! «Tante volte» ricordò al processo un suo confratello «si meravigliava egli stesso che  professori universitari, uomini importanti, persone molto qualificate venissero proprio da lui, “povero frate”; e tutto egli, con grande umiltà, attribuiva alla grazia del Signore che per mezzo suo, “meschino ministro pieno di difetti”, si degnava di fare del bene alle anime». Tutti quelli che lo hanno conosciuto ricordano questa sua umiltà sincera, piena di riconoscenza e gratitudine. A Padova, a tarda sera di un giorno di Pasqua, un giovane sacerdote incontrò padre Leopoldo che quasi non si teneva in piedi dalla stanchezza per le tante ore passate in confessionale. Con tono di filiale compassione gli disse: «Padre, quanto sarà stanco…»; «e quanto contento…», riprese lui con dolcezza. «Ringraziamo il Signore e domandiamogli perdono, perché si è degnato di permettere che la nostra miseria venisse a contatto con i tesori della sua grazia».
Davanti alla porticina del suo confessionale ogni giorno un folto gruppo di persone di tutte le classi sociali era lì ad attenderlo. Analfabeti e rozzi contadini, professionisti, sacerdoti e religiosi, magnati dell’industria e professori, tutti aspettavano in silenzio il loro turno e tutti padre Leopoldo accoglieva sempre con la stessa premura, la stessa delicata discrezione, specialmente chi si riavvicinava alla confessione dopo tanto tempo. «Eccomi, entri pure, s’accomodi… l’aspettavo sa… » si sentì dire un signore di Padova che da molti anni non si accostava ai sacramenti. E tanto era impacciato e confuso che, entrato nel confessionale, invece di mettersi in ginocchio andò a sedersi sulla sedia del prete; padre Leopoldo non disse niente, si mise lui in ginocchio al posto del penitente e  ascoltò così la sua confessione. Ed era, la sua, una delicatezza attenta a non umiliare inutilmente, comprensiva della fragilità umana: «Non abbia riguardo, veda, anch’io, benché frate e sacerdote, sono tanto misero» disse a un altro. «Se il Padrone Iddio non mi tenesse per la briglia farei peggio degli altri … Non abbia nessun timore». E a quel tale che aveva grosse colpe da confessare e a cui costava molto vuotare il sacco, dire certe miserie: «Siamo tutti poveri peccatori: Dio abbia pietà di noi…». Glielo diceva con un tono tale che quell’uomo si sentì immediatamente incoraggiato ad accusarsi con sincerità. Spesso ripeteva ai penitenti: «La misericordia di Dio è superiore a ogni aspettativa», «Dio preferisce il difetto che porta all’umiliazione piuttosto che la correttezza orgogliosa».

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La chiesa e il convento dei Cappuccini a Padova, fotografati prima della loro distruzione nel bombardamento aereo del 14 maggio 1944 

«Non roviniamo con le nostre spiegazioni ciò che il Signore opera»
Credendo fermamente nell’efficacia della grazia che il  Signore stesso comunica attraverso i sacramenti, padre Leopoldo su di un punto solo fu costantemente irremovibile: la brevità della confessione. Delle volte, è vero, nei giorni di scarso concorso, si intratteneva con una persona magari mezz’ora, o perché s’interessava dei suoi studi o del suo ufficio o per intrattenersi con quei chierici o quelle anime che lo chiedevano come guida spirituale. Ma la confessione, come tale, era sempre breve. E i penitenti testimoniano questa sua brevità e semplicità di parole. Scrive un monsignore di Padova: «La confessione con il padre Leopoldo era ordinariamente brevissima. Egli ascoltava, perdonava, non molte parole, spesso anche in dialetto quando si rivolgeva a persone non istruite, qualche motto, uno sguardo al crocifisso, talvolta un sospiro. Sapeva che in via ordinaria le confessioni lunghe sono a scapito del dolore, e sono, il più delle volte, accontentamento di amor proprio, pertanto sulla modalità della confessione si atteneva a quanto indicato nel catechismo della dottrina cristiana». In una lettera indirizzata a un sacerdote, padre Leopoldo scrive: «Mi perdoni padre, mi perdoni se mi permetto… ma vede, noi, nel confessionale, non dobbiamo fare sfoggio di cultura, non dobbiamo parlare di cose superiori alla capacità delle singole anime, né dobbiamo dilungarci in spiegazioni, altrimenti, con la nostra imprudenza, roviniamo quello che il Signore va in esse operando. È Dio, Dio solo che opera nelle anime! Noi dobbiamo scomparire, limitarci ad aiutare questo divino intervento nelle misteriose vie della loro salvezza e santificazione».
Sempre esortava i suoi penitenti ad avere fede, a pregare, ad accostarsi frequentemente ai sacramenti. Ma il piccolo frate, nelle penitenze, inutile dirlo, era magnanimo e diceva a chi gli obiettava di darle facili: «Oh è vero… e bisogna che dopo soddisfi io… ma è sempre meglio il purgatorio che l’inferno. Se chi viene da noi a confessarsi, col dargli poca penitenza deve poi andare in purgatorio, dandogliela grave non c’è pericolo che si disgusti e vada a finire all’inferno?». E così ordinariamente dava tre Ave Maria e tre Gloria Patri. Poco dava ai laici lontani dalla vita della Chiesa e poco dava anche alle anime che per loro vocazione hanno tante preghiere da dire ogni giorno. Un sacerdote un giorno gli chiese se non fosse il caso di assecondare il desiderio di una brava figliola di portare addosso qualche strumento di penitenza. Il buon padre subito rispose che non era affatto un desiderio da assecondare. «Ma scusi, padre, lei non la conosce: non è un’anima qualunque, è un’anima d’oro, seria…». E padre Leopoldo rimaneva ancora più deciso nel rifiuto. E l’altro insisteva. Allora il prudente confessore fece questa domanda: «Mi permetta, mi permetta: lei porta il cilicio?». «No!». «E allora? Caro padre, abituiamo i penitenti a ubbidire ai comandamenti di Dio e al loro dovere. Ce n’è abbastanza, ce n’è abbastanza! E i grilli via!».
Magnanimo, padre Leopoldo, lo era anche nell’assoluzione: non la negava davvero a nessuno. E di quelle rarissime volte che l’ebbe fatto si pentì sempre. Alcuni giorni prima di morire un sacerdote gli chiese: «Padre, c’è stata qualche cosa che vi ha procurato tanto dispiacere?». Egli rispose: «Oh! Sì… purtroppo sì. Quando ero giovane, nei primi anni di sacerdozio, ho negato tre o quattro volte l’assoluzione».

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L’esterno della celletta-confessionale  di padre Leopoldo, rimasta indenne dopo il bombardamento che distrusse la chiesa dei Cappuccini a Padova  nel 1944

«Che riposino… lo farò io per loro»
Tutti lo conoscevano per la sua bontà: el padre Leopoldo, o benedeto! Queo sì ch’el xe bon! L’è un santo diceva la gente. Tanto che quando nel 1923 i superiori lo trasferirono a Fiume, per i padovani fu lutto cittadino. Ma tanto fecero, tanto insistettero che i superiori dovettero ritornare sulle decisioni prese e rimandarlo dopo breve tempo a Padova. Anche i giovani chierici gli volevano bene. Nel 1910, l’anno seguente al suo arrivo a Padova, padre Leopoldo fu infatti nominato direttore dei chierici del seminario maggiore dei Cappuccini. Incarico dal quale fu poi presto esonerato. Racconta un suo confratello: «Per i seminaristi nutriva un grande affetto e si mostrava assai paterno con loro e li incoraggiava sempre sollecitandoli nella speranza. La nostra regola era molto austera. All’una di notte ci si alzava per la recita del mattutino e d’inverno, col freddo rigido, costava assai… E lui pensava a quei giovani poverini… Più di una volta ricordo che padre Leopoldo andava dal padre superiore perché anticipasse la recita del mattutino alla sera: “Superiore, guardi che stanotte farà freddo…”. “Ma padre, la temperatura non è scesa sotto lo zero”. “Oh, ma questa notte lo farà…”. “Lasciamoli dormire”, diceva al superiore, “che riposino… lo farò io per loro”. E si curava che stessero in salute, che mangiassero bene, che non fossero  ripresi dai superiori per qualche manchevolezza durante il pranzo, com’era costume fare». Scrive l’allora superiore generale dei Cappuccini: «Sapendo egli quanto bene gli volevo, aveva in me grande confidenza e spesso mi diceva: “Padre provinciale, se mi permette, veda di non gravare la coscienza dei frati, soprattutto dei giovani frati, con prescrizioni che non siano proprio necessarie, perché, vede, poi bisogna osservarle le prescrizioni dei superiori. Se non sono proprio necessarie sono un laccio per i deboli… Mi perdoni sa, mi perdoni…”».
Di quanta misericordia, di quanto amore fosse capace il cuore del piccolo frate, anche per coloro che non lo meritavano, lo dice questa dolorosa circostanza che riguarda un chierico espulso bruscamente dal convento per aver compiuto deliberatamente atti gravissimi. A raccontarla è un sacerdote: «Portatomi in convento, incontrai padre Leopoldo che era appena uscito dall’ospedale. Mi chiamò nel suo confessionale e mi scongiurò, in nome di Dio, di accogliere quel “poveretto” e di pregare il superiore della casa di trattarlo bene per salvare in lui almeno la fede. Piangendo mi disse più volte: “Si salvi la fede, si salvi la fede!”. Poi, inceppandosi ogni tanto per l’emozione, continuò: “Dica, dica a quel poveretto che io pregherò per lui. Gli dica che domani nella santa messa mi ricorderò di lui, anzi… anzi gli dirà che la celebrerò tutta proprio per lui e lo benedirò sempre. Gli dirà che padre Leopoldo gli vuol sempre bene!…”. Rimasi commosso anch’io al sentire un cuore così ripieno di evangelica carità. Solo le madri trovano espressioni così accorate quando un figlio degenere si allontana da loro». Ma a qualcuno intanto, questa bontà senza misura, cominciò a sembrare eccessiva accondiscendenza, e iniziò a storcere il naso.

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Padre Leopoldo nella sua celletta-confessionale

«Paron benedeto, questo cattivo esempio me l’avete dato voi»
Cominciarono così le critiche per la larghezza con cui trattava i penitenti, anche i più recidivi nella colpa, per  la generosità del perdono. Lo rimproveravano di essere troppo sbrigativo contentandosi persino di sommaria accusa, tanto da tacciarlo di lassismo di principi morali. Ai chierici venne perciò sconsigliato apertamente di confessarsi da lui. Le critiche giunsero all’orecchio del piccolo frate e un giorno un sacerdote gli disse: «Padre, ma lei è troppo buono… ne renderà conto al Signore!… Non teme che Iddio le chieda ragione di eccessiva larghezza?». E padre Leopoldo indicando il crocifisso: «Ci ha dato l’esempio Lui!  Non siamo stati noi a morire per le anime, ma ha sparso Lui il Suo sangue divino. Dobbiamo quindi trattare le anime come ci ha insegnato Lui col Suo esempio. Perché dovremmo noi umiliare maggiormente le anime che vengono a prostrarsi ai nostri piedi? Non sono già abbastanza umiliate? Ha forse Gesù umiliato il pubblicano, l’adultera, la Maddalena?». E allargando le braccia aggiunse: «E se il Signore  mi rimproverasse di troppa larghezza potrei dirgli: “Paron benedeto, questo cattivo esempio me l’avete dato voi, morendo sulla croce per le anime, mosso dalla vostra divina carità”».
«Mi dicono che sono troppo buono» scrive a un sacerdote suo amico «ma se qualcuno viene a inginocchiarsi davanti a me, non è questa sufficiente prova che vuole avere il perdono di Dio?».
Le critiche furono ben presto spazzate via. L’allora canonico teologo di Padova monsignor Guido Bellincini  inviò subito una lettera al convento di padre Leopoldo: «Grande larghezza di cuore la vostra, carissimo padre, che non  è lassitudine di principi morali, ma comprensione dell’umana fragilità e fiducia negli inesauribili tesori della grazia: che non è acquiescenza o indifferenza alle colpe, ma longanimità concessa al peccatore, perché non disperi delle sue possibilità di ricupero e si rassodi nei buoni propositi. Ringraziamo Iddio che fa le cose giuste: ha voluto che fosse confessore e giudice un semplice uomo e non un Angelo del cielo. Guai a noi se il confessore fosse un Angelo: quanto sarebbe rigoroso e terribile! L’uomo invece capisce l’uomo, e i sacramenti sono per gli uomini!».
Nel maggio del ’35 padre Leopoldo festeggia il suo cinquantesimo anno di vita religiosa. Inutile dire quante le manifestazioni di affetto ricevute in quel giorno. Mai si pensava di esser  trattato così, lui che era la discrezione in persona. Honor sequitur fugientes! Mai infatti, né in vita né dopo la morte, la diffusa fama di santità suscitò attorno alla sua figura chiassosa pubblicità o fanatismo. E i doni straordinari e le grandi opere che per suo mezzo il Signore si è degnato di compiere, accadevano nel silenzio, senza che quasi nessuno se ne accorgesse. Tanto che molti dei suoi stessi confratelli, come testimoniarono al processo, se ne accorsero solo dopo la morte: «Io stesso non avrei mai creduto, perché durante la sua vita non mi risultava nulla di straordinario. Padre Leopoldo appariva un frate esemplare, ma nulla di più».
Per quel «nulla di più» quanti ottennero da lui, anche quando era in vita, grazie e miracoli, quanti “pesci grossi” il pentimento fino al dono delle lacrime, quanti innominati entrarono per quella porticina del suo confessionale… Quanti ricorderanno per tutta la vita quell’abbraccio, quello sguardo… E lui tutti affidava a Maria, colei a cui tutto è stato perdonato in anticipo. Quante ore della notte passò pregando per quelle anime? Quante volte il padre guardiano lo aveva trovato prima dell’alba in ginocchio per terra, nella penombra della cappella davanti alla statua della Madonna? Per lei aveva gesti di tenerezza infantile e la baciava e l’implorava con le lacrime agli occhi, come un bambino.
Negli ultimi tempi, malato di cancro all’esofago, le preghiere alla sua «cara Parona celeste» sono ancora più piene di commovente tenerezza: «Ho estremo bisogno» scrive a un amico «che Lei, la mia dolcissima Madre celeste, si degni di avere pietà di me. Il Suo cuore di madre si degni di guardare a questo povero me; si degni di avere pietà di me». E ai suoi confidenti chiedeva che la pregassero perché la sofferenza provocata dal male non fosse d’impedimento per attendere alle confessioni: «E La supplichi», chiedeva «supplichi il Suo cuore di madre ch’io possa servire umilmente Cristo Signore secondo la natura del mio ministero fino alla fine… Tutto, tutto per la salvezza delle anime… Tutto a gloria di Dio!».
All’alba di quel 30 luglio volle celebrare la messa ma per la debolezza venne riportato a letto. Sentendo venir meno le sue forze chiese ai suoi confratelli di intonare il Salve Regina. Ai versi finali si sollevò con gli occhi pieni di lacrime… Dulcis Virgo Maria, oh dolce Vergine Maria. Fu questo l’ultimo suo respiro. La sera prima aveva confessato cinquanta persone! L’ultima a mezzanotte.

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Al di là di ogni confine

Posté par atempodiblog le 28 juillet 2013

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Nel recitare il Padre Nostro noi preghiamo totalmente col nostro cuore, ma preghiamo allo stesso tempo in comunione con l’intera famiglia di Dio, con i vivi e con i defunti, con gli uomini di ogni estrazione sociale, di ogni cultura, di ogni razza. Il Padre Nostro fa di noi una famiglia al di là di ogni confine.

Benedetto XVI

3e3wMeditazione del Padre nostro della Madonna di Medjugorje

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Il “Gran perdono” di Sant’Anna d’Auray

Posté par atempodiblog le 26 juillet 2013

“Da quattro secoli i bretoni hanno un attaccamento viscerale per la loro patrona” e il santuario “è il vero cuore spirituale della Bretagna”.

Padre André Guillevic

Il “Gran perdono” di Sant’Anna d’Auray dans Apparizioni mariane e santuari Sant-Anna-d-Auray

I “perdono”

Nei giorni di festa, i bretoni fanno ancora processioni: i “perdono”. Per l’occasione, indossano il loro costume tradizionale.
Il perdono è l’annuale festa patronale di un santuario, che sono dedicati alla Madonna, a sant’Anna o qualche antico santo bretone. Questi santuari godono di una celebrità oltre il carattere locale, può essere l’obiettivo di uno stile di pellegrinaggio che si incontra ovunque. Questo è il caso del Santuario di Sainte Anne d’Auray che riunisce ancora oggi decine di migliaia di fedeli (per il “Gran perdono” di Sant’Anna d’Auray del 26 luglio, ndr).
I “perdono” risalgono lontano nel tempo, queste grandi riunioni dove i Celti amavano raccogliersi, non solamente, per ballare e cantare, ma anche competere a dei giochi di forza e destrezza come la lotta e la corsa.

Padre Joseph Chardronnet

Divisore dans San Francesco di Sales

Cliccare per approfondire:

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Papa Francesco e il calcio: la testimonianza di un dirigente della sua “squadra del cuore”

Posté par atempodiblog le 22 juillet 2013

Papa Francesco e il calcio: la testimonianza di un dirigente della sua “squadra del cuore”
di Radio Vaticana

Papa Francesco e il calcio: la testimonianza di un dirigente della sua “squadra del cuore” dans Papa Francesco I k7d4
Atlético San Lorenzo de Almagro

Amante del calcio fin da bambino, Jorge Mario Bergoglio è da sempre tifoso dell’Atletico San Lorenzo, uno dei 5 club di Buenos Aires. Su questa passione calcistica di Papa Francesco, Luca Collodi ha raccolto la testimonianza di José Cáprio, già segretario generale dell’Atletico San Lorenzo de Almagro:

R. – Bueno, la afición del Papa Francisco
Il tifo di Papa  Francesco, che per noi è ancora Jorge Bergoglio, è nato tanto tempo fa. Il quartiere Boedo di Buenos Aires, è un quartiere vicino al nostro terreno di gioco. Sin da bambino, Bergoglio ha manifestato il suo amore e il suo interesse per i colori rosso-blu dell’Atletico San Lorenzo de Almagro. Ha fatto parte del club, ha praticato lo sport, anche il rugby, assieme al padre. E’ sempre stato legato al movimento istituzionale e sportivo del nostro San Lorenzo. E’ un fervente tifoso!

D. – Papa Francesco è appassionato ma anche esperto di calcio?
R. – El està al tanto… E’ informato su tutti gli aspetti calcistici. S’intende di calcio, come di tante altre cose. E’ un pastore, quindi sta in contatto con il suo gregge, e qui, in Argentina, tanto gregge si occupa di calcio. Perciò lui conosce e si aggiorna quotidianamente.

wxc dans Sport
Papa Francesco benedice il gagliardetto del Toro

D. – Il Papa si interessa anche di calcio internazionale?
R. – Los argentinos en general… Noi argentini, in generale, siamo molto appassionati di calcio. Seguiamo il calcio italiano, quello spagnolo, vediamo in televisione molti campionati e molte squadre. Quindi, non mi sembrerebbe per niente strano che Papa Francesco fosse informato sul calcio mondiale.

D. – C’è una squadra  italiana che segue, in particolare?
R. – No, eso no lo se… Questo non lo so, realmente non lo so. So che era socio e simpatizzante del nostro San Lorenzo e molto partecipe della vita del club. E’ venuto a celebrare una Messa il giorno del centenario del nostro club – un fatto molto importante – però non so se sia tifoso di un’altra squadra, per esempio in Italia.

D. – Il Papa  ha la tessera numero 88235N-0 del San Lorenzo e la domenica era sempre in  tribuna allo stadio per seguire la partita…
R. – Si, por supuesto… Sì, naturalmente. Lui seguiva sempre le nostre partite, collaborava con noi. Noi abbiamo un’origine salesiana: il nostro club è stato fondato da un prete salesiano, padre Lorenzo Massa, nel 1908. E il cardinale Bergoglio, Papa Francesco, aveva un’affinità importante con l’origine del nostro club, che fu fondato da un prete.

D. – Un grande tifoso del San Lorenzo era il più grande scrittore del mondo del calcio, l’argentino Osvaldo Soriano. Si sono mai incontrati, secondo lei, Osvaldo Soriano e Papa Francesco?
R. – Yo no se si… Non so se si siano incontrati in privato, però sono sicuro  che Papa Francesco conoscesse i libri di Soriano, che oltre ad essere un grande scrittore, condivideva l’amore per i colori rosso-blu della nostra maglia.

n410 dans Stile di vita
Una maglia del Toro per il Papa “granata”

D. – In Italia, a Catania, Milano e Roma, giocano molti giocatori argentini. Come in Inghilterra, Francia e Spagna…
R. – En el Catania hemos entendido… Nel Catania, che ha in rosa dieci giocatori argentini, sappiamo che ci sono oggi tre giocatori che sono passati dal San Lorenzo: Papu Gomez, Bergessio e Barrientos, che è nato calcisticamente nel club e ha passato moltissimo tempo con il San Lorenzo.

D. – Il San Lorenzo pensa di venire per una tournèe in Italia e giocare davanti al Papa?
R. – Bueno, con esto que el cardenal Bergoglio… Il fatto che il cardinale Bergoglio sia stato eletto Papa apre opportunità molto importanti e molto belle in un momento così importante per il nostro club, perché sia conosciuto maggiormente a livello mondiale.

D. – Papa Francesco suggerisce alla squadra tattiche particolari da applicare in campo?
R. – El està muy atento… E’ molto attento a tutto quello che riguarda il calcio, è in contatto con tutto questo. Quando si ritirò nel 2003 un grande giocatore argentino, Alberto Acosta, più volte cannoniere come dite voi, del San Lorenzo, parlava spesso con lui della posizione da tenere in campo. Conosce realmente il gioco del calcio.

D. Come ha festeggiato il club alla nomina di Papa Francesco, abbonato e socio dell’Atletico San Lorenzo?
R. – La società, a nome del  presidente Matìas Lammens e del segretario generale Marcelo Vazquez, hanno indirizzato un saluto al Papa, “Il Papa del San Lorenzo”, ricordando come il Papa abbia partecipato a momenti importanti per la vita della polisportiva San Lorenzo: dalla celebrazione del Centenario del club all’inaugurazione della cappella dell’Istituzione.

divisore dans Medjugorje

6yg5 Gioco e vita, di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI

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Buone vacanze!!

Posté par atempodiblog le 15 juillet 2013

 Il tempo della libertà dans Don Luigi Giussani buonevacanze

Atempodiblog prende una pausa estiva.

Gli aggiornamenti saranno meno frequenti, ma potrebbe anche esserci qualche novità nelle prossime settimane… quindi occhio al blog. f4.png

Buone vacanze con Gesù e Maria sempre nel vostro cuore!

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