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Madre di Dio e Madre di ogni uomo

Posté par atempodiblog le 1 janvier 2022

Madre di Dio e Madre di ogni uomo
La festa odierna di Maria Madre di Dio ci ricorda che solo in Gesù, Dio fatto uomo, c’è la salvezza. In Lui c’è anche la pienezza del tempo, entrando nella storia dell’uomo. La nuova Bussola Quotidiana pubblica ampi stralci dell’omelia che san Giovanni Paolo II ha tenuto il 1° gennaio 1997.

Madre di Dio e Madre di ogni uomo dans Commenti al Vangelo Maria-e-giovanni-paolo-ii

1. “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Lc 1, 31). Gesù vuol dire “Dio che salva”.Gesù, nome dato da Dio stesso, sta a dire che “in nessun altro c’è salvezza” (At 4, 12) se non in Gesù di Nazaret, nato da Maria Vergine. In Lui Dio si è fatto uomo, venendo incontro così ad ogni essere umano.

“Dio . . . aveva già parlato nei tempi antichi molte volte . . . ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1, 1). Questo Figlio è il Verbo eterno, della stessa sostanza del Padre, fatto uomo per rivelarci il Padre e per renderci possibile la comprensione di tutta la verità su di noi. Ci ha parlato con parole umane, ed anche con le sue opere e con la sua stessa vita: dalla nascita alla morte di croce e alla risurrezione.

Tutto ciò sin dall’inizio provoca meraviglia. Già i pastori giunti a Betlemme si stupirono di quanto avevano visto, e gli altri restarono attoniti ascoltando ciò che essi raccontavano del Neonato (cfr Lc 2, 18). Guidati dall’intuizione della fede, essi riconobbero il Messia nel bambino giacente nella mangiatoia e la povera nascita a Betlemme del Figlio di Dio li spinse a proclamare con gioia la gloria dell’Altissimo.

2. Il nome Gesù apparteneva sin dall’inizio a colui che fu chiamato così l’ottavo giorno dopo la nascita. In un certo senso, Egli portò con sé venendo al mondo questo nome, che esprime in modo mirabile l’essenza e la missione del Verbo incarnato.

Egli è venuto nel mondo per salvare l’umanità. Quando, dunque, gli fu imposto questo nome, fu rivelato al tempo stesso chi era e quale sarebbe stata la sua missione. Molti in Israele avevano questo nome, ma Lui lo portò in un modo unico, realizzandone in pienezza il significato: Gesù di Nazaret, Salvatore del mondo.

3. San Paolo, come abbiamo ascoltato nella seconda Lettura, scrive: “. . . quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4, 4-5). Il tempo è congiunto al nome di Gesù sin dall’inizio. Questo nome Lo accompagna nella sua vicenda terrena immersa nel tempo, ma senza che Egli sia ad essa soggetto, poiché in Lui c’è la pienezza del tempo. Anzi nel tempo umano Dio ha recato la pienezza, entrando con essa nella storia dell’uomo. Non è entrato come un concetto astratto. È entrato come Padre che dà la vita, – una vita nuova, la vita divina – ai suoi figli adottivi. Per opera di Gesù Cristo noi tutti possiamo partecipare alla vita divina: figli nel Figlio, destinati alla gloria dell’eternità.

San Paolo approfondisce poi questa verità: “E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!” (Gal 4, 6). In noi, uomini, la divina figliolanza proviene da Cristo e si attua per opera dello Spirito Santo. Lo Spirito viene per insegnarci che siamo figli e allo stesso tempo per rendere effettiva in noi questa figliolanza divina. Il Figlio è colui che con tutto il suo essere dice a Dio: “Abbà, Padre”.

Stiamo toccando qui il culmine del mistero della nostra vita cristiana. Il nome “cristiano” indica in effetti un nuovo modo di essere: esistere a somiglianza del Figlio di Dio. Come figli nel Figlio, partecipiamo alla salvezza, la quale non è soltanto liberazione dal male, ma è, prima di tutto, pienezza del bene: del sommo bene della figliolanza di Dio. Ed è lo Spirito di Dio a rinnovare la faccia della terra (cfr Sal 103[104], 30). Nel primo giorno dell’anno nuovo la Chiesa ci invita a prendere consapevolezza sempre più profonda di questo. Ci invita a considerare in tale luce il tempo umano.

4. La liturgia odierna celebra la solennità della Madre di Dio. Maria è Colei che è stata prescelta per essere Madre del Redentore condividendone intimamente la missione. Nella luce del Natale, si illumina il mistero della sua divina maternità. Maria, Madre di Gesù che nasce nella Grotta di Betlemme, è anche Madre di ogni uomo che viene nel mondo. Come non affidare a Lei l’anno che inizia, per implorare che sia un tempo di serenità e di pace per l’intera umanità? Nel giorno in cui si apre questo nuovo anno sotto lo sguardo benedicente della Madre di Dio, invochiamo per ciascuno e per tutti il dono della pace.

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Visitiamo Gesù in questa novena

Posté par atempodiblog le 19 décembre 2021

Visitiamo Gesù in questa novena dans Avvento Santa-Famiglia

Ecco l’amabilissimo Gesù che sta per nascere nella nostra commemorazione delle prossime feste; e poiché nasce per visitarci da parte dell’Eterno Padre, e i pastori e i Re verranno reciprocamente a visitarlo nella sua culla, visitatelo voi pure in questa novena, carezzatelo, alloggiatelo nel vostro cuore, adoratelo frequentemente, imitate la sua umiltà, la sua povertà, la sua obbedienza e mansuetudine: pigliate una delle sue care lacrime e mettetela sul vostro cuore, affinché il vostro cuore non senta più altra tristezza che quella che rallegra questo Bambino.

San Francesco di Sales. Negli insegnamenti e negli esempi
Diario Sacro estratto dalla sua vita e dalle sue opere per cura delle “Visitandine di Roma”.
Libreria Editrice F. Ferrari

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A 7 Anni Joseph Ratzinger ha chiesto a Gesù 3 regali di Natale!

Posté par atempodiblog le 10 décembre 2021

A 7 Anni Joseph Ratzinger ha chiesto a Gesù 3 regali di Natale!
Nel 1934 il futuro Papa Benedetto XVI ha scritto una lettera a Gesù Bambino. Ecco che cosa gli ha chiesto!
Tratto da: ChurchPOP

A 7 Anni Joseph Ratzinger ha chiesto a Gesù 3 regali di Natale! dans Fede, morale e teologia joseph-ratzinger-benedict-xvii
HO | ERZBISTUM MUENCHEN UND FREISING | AFP

La lettera era così singolare che la sorella Maria aveva deciso di custodirla. È stata ritrovata durante i lavori di ristrutturazione della casa di Ratzinger a Pentling, in Baviera, oggi trasformata in un Museo. All’inaugurazione del Museo, Mons. Georg Gänswein aveva riferito che la scoperta della lettera “ha molto rallegrato il Papa e il suo contenuto lo ha fatto sorridere”.

“Caro Bambino Gesù, presto scenderai sulla terra. Porterai gioia ai bambini. Anche a me porterai gioia. Vorrei il Volks-Schott, un vestito per la messa verde e un Cuore di Gesù. Sarò sempre bravo. Cari saluti da Joseph Ratzinger”.

Quello che colpisce di più della lettera è che il piccolo Joseph non chiede giocattoli o dolci. Chiede lo Schott, ovvero uno dei primi libri di preghiere con il messale in lingua tedesca con testo a fronte in latino. Poi, chiede un paramento per celebrare la messa. Non c’è da stupirsi, perché i fratelli Ratzinger facevano spesso il “gioco del parroco”. “Si celebrava la messa, aveva raccontato il fratello Georg in una intervista ad Inside the Vatican, e avevamo delle casule fatte dalla sarta della mamma proprio per noi. E una volta a turno eravamo il ministrante o il chierichetto”. Infine, il piccolo Joseph chiede un “Cuore di Gesù”, ovvero una immagine del Sacro Cuore cui era molto devota tutta la famiglia.

Scritte su un unico foglio, (la famiglia Ratzinger non era ricca) ci sono le lettere degli altri fratelli. Georg, di dieci anni, voleva la partitura di una canzone. La passione per la musica lo portò poi a diventare direttore dei Domspatzen, il famoso coro dei bambini di Ratisbona. Inoltre desiderava una pianeta bianca, un altro paramento sacro, anche lui presumibilmente per giocare al “parroco”. Maria invece, di 13 anni, sognava un libro pieno di disegni.

Approfondimento:

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Chesterton e Il paradosso della grotta

Posté par atempodiblog le 10 décembre 2021

Chesterton e Il paradosso della grotta
di Fabio Trevisan – L’Uomo Vivo
Tratto da: Radio Maria FB

Chesterton e Il paradosso della grotta dans Avvento Natale-con-Chesterton

A Natale si contempla il paradosso della grotta, ovvero di un Dio Signore dei Cieli e della Terra che si è fatto Uomo piccolo, nascosto e protetto nel grembo santissimo di Maria, senza guardie del corpo né sontuosi troni regali. Il pagliericcio pregno di umori animali fa da cuscino al suo capo sotto lo sguardo tenero e apprensivo di San Giuseppe: così indifeso, così incapace se non di piangere, è un Dio che si affida alle cure terrene dell’uomo come un qualsiasi bambino. Come ricorda suggestivamente Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) nel saggio L’Uomo eterno, il bambino Gesù riassume lo scherzo paradossale di un Dio le cui mani che avevano fatto il sole e le stelle erano troppo piccole per arrivare alle grosse teste degli animali (il bue e l’asinello nell’iconografia ideale del presepe). Come è potuto accadere questo ? Come questo mistero incarnato sia potuto passare attraverso un mirabile e santo Fiat di una Sua creatura? Difficile penetrare ed esaurire razionalmente questo potente mistero: la ragione, senza tuttavia smettere di argomentare, non può che farsi illuminare dalla luce della fede come una fiaccola in una caverna a Betlemme portata innanzi dagli umili pastori. Un Dio così umile, così infinitamente piccolo rivela in questo modo strabiliante la Sua grandezza e propone così, in questo modo apparentemente banale e semplicemente terreno, la Sua àncora di salvezza. Non è così naturale ed immediato, se non con l’avvento di Gesù, mettere in relazione Dio con un infante. Faceva notare ancora Chesterton che l’onnipotenza e l’impotenza, la divinità e l’infanzia, formano in definitiva una sorta di epigramma che un milione di ripetizioni non farà diventare banale. Non è sragionato chiamarlo unico. Betlemme è superlativamente il luogo in cui gli estremi si toccano.

Noi fedeli cristiani chiediamo a Natale di poter scorgere i tratti di questo Uomo chiamato Cristo e lo chiediamo alla Madre, a Maria con il beneplacito di Giuseppe suo sposo. Molti Santi più degnamente di noi lo hanno chiesto e qualcuno di loro è stato esaudito al punto che la premurosa Madre ha acconsentito di metterLo nelle loro braccia e di poterLo cullare e contemplare. Questo è potuto accadere poiché, citando ancora Chesterton, non potete visitare il figlio senza visitare la madre; non potete, nella comune vita umana, avvicinare il bambino senza avvicinare la madre. Dobbiamo o lasciare Cristo fuori del Natale, o il Natale fuori di Cristo, o dobbiamo ammettere che quelle sante teste son troppo vicine perché le aureole non debbano insieme confondersi e sovrapporre. Il centro della nostra attenzione, Gesù bambino, assume un angolo visivo più allargato che l’immaginazione cattolica ha colto in ogni particolare presepe: quel piccolo Essere divino nella culla ci fa abbracciare l’intera umanità dei poveri peccatori che implorano in adorazione il perdono e credono in quel potente paradosso avvenuto nella grotta. Possiamo e dobbiamo aggiungere qualcosa di autentico e di personale nella nostra rappresentazione sacra del presepe poiché noi tutti siamo chiamati a rendere presente quel Santo mistero nella nostra vita. Lo dobbiamo fare con solerzia e solenne tranquillità, consci che quella che sarà la nostra proiezione natalizia avrà una felice ripercussione, un riverbero del Bene che abbiamo ricevuto visitando quella povera stalla, stando davanti a quei piccoli piedi ed a quelle piccole mani che tanto hanno amato il Creato. Sarà un fantastico e prodigioso incanto che potrà liberare un mondo che si è costruito con l’illusione di poter fare a meno di Lui e che ne ha pagato le tristi conseguenze anche sociali. Gesù bambino, con la Sua divina umanità, ci sorprende ancora ed attende che noi umilmente ci prostriamo ai Suoi piedi per poter cogliere quel Suo Regale abbassamento, aprendoci così alla prospettiva di un vero mondo nuovo. Come espresse efficacemente lo scrittore londinese citato precedentemente: “Cristo non soltanto era nato allo stesso livello dell’umanità, ma anche più basso. Il primo atto del dramma divino non solo non fu recitato su nessun palco posto al di sopra degli spettatori, ma in un oscuro palco col sipario calato… nel Mistero di Betlemme era il cielo che stava sotto la terra”.

In questo straordinario mondo capovolto dove la prospettiva celeste si coglie abbassando umilmente lo sguardo, lo spettacolo della Sacra Famiglia non avviene sul palcoscenico mondano. I Santi Attori di questa Sacra Rappresentazione non si dispongono in alto, sopra i nostri occhi, come in una comune pièce teatrale, per ricevere il nostro plauso ammirato. Se ci sediamo, come a teatro, aspettando che il Miracolo di Betlemme venga rappresentato su un palcoscenico attendiamo invano come degli spettatori ingenui e sprovveduti. La nostra posizione e disposizione d’animo deve essere, come nella prospettiva cristiana del Natale, capovolta. Capovolta come Colui che ha voluto capovolgere il mondo, confondendo i sapienti che attendevano il trionfo del Re sul palcoscenico del mondo. Con lo scrittore di Beaconsfield possiamo ancora affermare il paradosso della caverna che, mentre ci suscita emozioni di una fanciullesca semplicità permette che i nostri pensieri possano abbracciare una complessità senza fine … Il Natale è diventato una cosa, in un certo senso, semplicissima ma, come tutte le verità della tradizione cristiana esso è, in un altro senso, una cosa assai complessa. La sua unica nota è che esso tocca simultaneamente molte note: umiltà, gaiezza, gratitudine, paura mistica, e anche attesa drammatica … C’è in questa divinità sotterranea come un’idea di minare il mondo; c’è in questa strana storia come l’erompere del cielo: d’ora innanzi le idee più alte non potranno agire che dal basso. Apprestiamoci ad assaporare il lieto annuncio facendoci sorprendere come i bambini, lasciandoci confondere dal paradosso della grotta in cui il Re divino ha scelto liberamente di presentarsi al mondo nascondendosi: nascondendosi nelle pieghe delle vesti della Madre, nel mantello del Suo Custode San Giuseppe. Invano sarebbe attenderLo in altro modo, invano sarebbe cercarLo, come nel teatro mondano, su palcoscenici umani dove sarebbe impossibile trovarLo. Il cristiano che, come i pastori o i Magi, cerca qualcosa a Betlemme non dimentica mai che sta combattendo. Proclama la pace in terra, ma giammai dimentica perché ci fu guerra in cielo.

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Il Giappone cristiano tra santi, martiri e samurai

Posté par atempodiblog le 13 novembre 2021

Il Giappone cristiano tra santi, martiri e samurai
Dall’arrivo di san Francesco Saverio ai martiri di Nagasaki, dai due secoli e mezzo di epopea dei cristiani nascosti fino ai giorni nostri con i missionari di padre Kolbe e la venerabile “Maria delle Formiche”. Gabriele Di Comite ripercorre la storia del Giappone cristiano nel saggio Santi, martiri e samurai.
di Fabio Piemonte – La nuova Bussola Quotidiana

Il Giappone cristiano tra santi, martiri e samurai dans Articoli di Giornali e News santi-martiri-e-samurai-storia-del-Giappone-cristiano

Il Giappone è una terra di santi, martiri e samurai. Il cristianesimo comincia ad affermarsi nell’isola soltanto dal 1549 con l’arrivo di san Francesco Saverio (†1552) e di altri missionari che, giunti contestualmente alle navi dei commercianti portoghesi, in pochi decenni e pagando un prezzo altissimo in termini di vite umane, contribuiscono alla conversione alla fede cattolica di oltre 600.000 persone, tra le quali anche signori feudali, guerrieri e monaci buddisti. Seguono due secoli e mezzo di atroci persecuzioni che causano la morte di oltre 5.000 credenti, durante i quali si forma il popolo dei “cristiani nascosti”, custodi in clandestinità di una fede senza sacerdoti, né chiese, né sacramenti.

La storia del Giappone cristiano è raccontata in maniera avvincente e attraverso una narrazione particolarmente documentata da Gabriele Di Comite nel suo recente saggio Santi, martiri e samurai (La Fontana di Siloe 2021, pp. 308).

«Io mi sento animato da un tal sentimento nel cuore circa l’andata al Giappone, che non sarei per mutar pensiero, né pur quando di certo sapessi di dovermi trovar in pericoli assai maggiori […]. Tanta è la speranza che […] Iddio stesso m’ha posta in cuore di propagare la Religion Cristiana». Francesco Saverio scrive così a Ignazio di Loyola riguardo al suo zelo apostolico nel Paese del Sol Levante. Egli si muove in un contesto difficile sia per la lingua particolarmente ostica, sia per le lotte intestine tra i signori feudali (daimyō) dei diversi territori. Eppure riesce, attraverso la strada della bellezza, ossia donando un dipinto di una Madonna con il Bambino a uno di costoro, a ottenere l’autorizzazione per predicare il Vangelo a Kagoshima. Di lì, poi, la città di Yamaguchi diventerà la sede generalizia dei gesuiti. Questo non senza essere osteggiato dai bonzi buddhisti, la cui predicazione era tanto radicata sul territorio quanto lontana dalla dottrina cattolica sul piano teologico.

Alessandro Valignano, altro missionario gesuita, constata che per convertire i giapponesi bisogna conoscere e rispettare le loro usanze, adattarsi alle abitudini locali e parlare la loro lingua. Era opportuno insomma che anche i missionari mangiassero su tavoli bassi, seduti su stuoie di tatami e avessero nelle proprie case la sala per la cerimonia del tè. Allievo di Valignano, Matteo Ricci sposa il suo metodo d’inculturazione della fede.

Accanto ai gesuiti vi sono anche diversi samurai, guerrieri che arrivano a sostituirsi all’aristocrazia nel controllo delle province per la loro forza militare, tra i quali Takayama Ukon. Egli, rinunciando ai privilegi feudali, si adopera in prima persona per la costruzione di chiese, orfanatrofi, ospedali, cimiteri e la diffusione della fede, anche attraverso la trasformazione della stanza della cerimonia zen del tè in eremo cristiano, la fondazione di scuole teologiche e del seminario di Azuchi. «Io non cerco la mia salvezza con le armi ma con la pazienza e l’umiltà, in accordo con la dottrina di Gesù Cristo che io professo», scrive in un messaggio a chi gli veniva incontro in armi, prima di salpare esule nel 1614 per l’attività missionaria nelle Filippine, alla cui comunità dona una statua della Madonna del Rosario. Soprannominato “Giusto Takayama” e “samurai di Cristo”, è stato un vero martire della fede, riconosciuto come tale già da sant’Alfonso. È stato infatti poi beatificato nel 2017.

Verso la fine del Cinquecento giungono sull’isola anche missionari francescani, domenicani e agostiniani. Il diffondersi della fede cristiana preoccupa però i daimyō, per cui diverse ordinanze ne proibiscono il culto. Ne derivano punizioni esemplari per chi le infrange. Così san Paolo Miki e altri 25 fratelli nella fede, religiosi e laici, spagnoli, portoghesi e giapponesi sono crocifissi a Nagasaki.

Altri cristiani vengono indotti ad apostatare, costretti a calpestare immagini sacre (fumi-e), pena le torture più atroci, «infilzando aghi di metallo sotto le unghie» del reo o calandone il corpo in una fossa a testa in giù dove viene lasciato per giorni, fino alla crocifissione. «Con l’editto del 1641 inizia il periodo del Sakoku», ossia il Giappone diviene un Paese blindato per duecento anni e ai cristiani non resta che professare la propria fede in clandestinità. «Alla scoperta di un cristiano occulto, sarebbe stato punito tutto il villaggio». Di qui, a parte il tentativo isolato di riportare il Vangelo in Giappone del sacerdote siciliano Giovanni Battista Sidoti, per due secoli il Paese rimane senza l’ombra di un sacerdote. Relativamente a tale periodo di bando del cristianesimo, la documentazione storica racconta di 5000 martiri, anche se sono stati di fatto sicuramente molte migliaia di più.

Poi il Giappone conosce l’occidentalizzazione, implementa la rete ferroviaria e il progresso tecnologico, ma vive altresì l’orrore delle due bombe atomiche. Eppure ancora una volta non mancano mirabili testimonianze di fede. I cristiani escono gradualmente dalla clandestinità; soltanto nel 1947 la Costituzione del Paese esplicita la libertà religiosa. Tra le maggiori figure di rilievo del XX secolo basti ricordare il missionario polacco Fra Zeno della Milizia dell’Immacolata di san Massimiliano Kolbe che, insieme alla venerabile Satoko “Maria delle Formiche”, si prodiga per sottrarre gli orfani a un destino di povertà e miseria estrema tra cumuli d’immondizia.

Insomma, sebbene attualmente i cristiani in Giappone siano l’1% e i cattolici lo 0,5% (500.000, di cui solo a Nagasaki il 4,5%), il sangue dei martiri, tra i quali 42 santi e 396 beati, continua a essere seme di nuovi cristiani, «capace di rinnovare e far ardere continuamente lo zelo evangelizzatore» (Papa Francesco).

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Corona dei 7 dolori di Maria Santissima chiesta dalla Madre del Verbo

Posté par atempodiblog le 6 novembre 2021

La diffusione della Coroncina dei sette dolori della Beata Vergine Maria
di Padre Livio Fanzaga – Radio Maria

Le apparizioni di Nostra Signora dei Dolori a Kibeho (Rwanda) dans Apparizioni mariane e santuari KIbeho

Recentemente Nathalie, una delle veggenti di Kibeho (Rwanda  Africa), che abita nei pressi del Santuario e che è affezionata Radio Maria, ci ha rivolto la preghiera di diffondere attraverso Radio Maria la Coroncina dei sette dolori della Beata Vergine Maria. Nei suoi messaggi la Madonna ha detto fra l’altro:

“Questo mondo è sull’orlo di una catastrofe. Meditate sulle sofferenze di Nostro Signore Gesù e sul profondo dolore di Sua Madre”.

“Ciò che vi chiedo è il pentimento. Se reciterete questa coroncina meditando, allora avrete al forza di pentirvi. Oggigiorno molti non sanno più chiedere perdono. Essi mettono di nuovo il Figlio di Dio sulla croce. Per questo ho voluto venire a ricordarvelo, soprattutto qui in Ruanda, perché qui ci sono ancora persone umili che non sono attaccate alla ricchezza e ai soldi” (31.5.1982).

“Ti chiedo di insegnarla al mondo intero…, pur restando qui, perché la mia grazia è onnipotente” (15.8.1982).

Le apparizioni di Kibeho sono iniziate il 28 Novembre del 1981. La Chiesa le ha riconosciute come autentiche il 29 Giugno 2001.

Raccomando ai Direttori di inserire questa Coroncina nelle preghiere devozionali di Radio Maria (ad esempio una volta alla settimana), anche come segno di comunione con le numerose Radio Maria in Africa che hanno nel santuario di Kibeho un centro di irradiazione mariana.

kibeho

Corona dei 7 dolori di Maria Santissima chiesta dalla Madre del Verbo
Tratta da: Radio Maria FB

La Madonna nelle apparizioni a Kibeho chiede la Corona dei sette dolori:
“Se reciterete questo rosario, meditandolo, allora avrete la forza di pentirvi. Oggi molti non sanno più chiedere perdono. Essi mettono di nuovo il Figlio di Dio sulla croce. Per questo ho voluto venire a ricordarvelo, soprattutto qui in Rwanda, perché qui ci sono ancora persone umili, che non sono attaccate alla ricchezza e ai soldi”.

Come si recita

PRIMO DOLORE: Maria nel tempio ascolta la profezia di Simeone
Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, se-gno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2, 34-35).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

SECONDO DOLORE: Maria fugge in Egitto per salvare Gesù
Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nel-la notte e fuggì in Egitto. (Mt 2, 13-14). Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino». (Mt 2, 19-20).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù” .

7 Ave Maria.

TERZO DOLORE: Maria smarrisce e ritrova Gesù
Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». (Lc 2, 43-44, 46, 48).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

QUARTO DOLORE: Maria incontra Gesù che porta la croce
Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore. (Lm 1, 12). «Gesù vide sua Madre lì presente» (Gv 19, 26).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

QUINTO DOLORE: Maria è presente alla crocifissione e morte di Gesù
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla Croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (Lc 23, 33; Gv 19, 19). E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!» E, chinato il capo, spirò. (Gv 19, 30).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

SESTO DOLORE: Maria riceve sulle braccia Gesù deposto dalla croce
Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses osservare dove veniva deposto. (Mc 15, 43, 46-47).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

SETTIMO DOLORE: Maria accompagna Gesù alla sepoltura
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Magdàla. Gesù allora, vedendo la madre e lìaccanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. (Gv 19, 25-27).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

Preghiamo:
«Irradia, o Maria, su tutta l’umanità la luce di grazia della tua Fiamma d’Amore, ora e nell’ora della nostra morte. Per Cristo nostro Signore. Amen».

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Corona dei 7 dolori di Maria Santissima chiesta dalla Madre del Verbo

Posté par atempodiblog le 6 novembre 2021

La diffusione della Coroncina dei sette dolori della Beata Vergine Maria
di Padre Livio Fanzaga – Radio Maria

Le apparizioni di Nostra Signora dei Dolori a Kibeho (Rwanda) dans Apparizioni mariane e santuari KIbeho

Recentemente Nathalie, una delle veggenti di Kibeho (Rwanda  Africa), che abita nei pressi del Santuario e che è affezionata Radio Maria, ci ha rivolto la preghiera di diffondere attraverso Radio Maria la Coroncina dei sette dolori della Beata Vergine Maria. Nei suoi messaggi la Madonna ha detto fra l’altro:

“Questo mondo è sull’orlo di una catastrofe. Meditate sulle sofferenze di Nostro Signore Gesù e sul profondo dolore di Sua Madre”.

“Ciò che vi chiedo è il pentimento. Se reciterete questa coroncina meditando, allora avrete al forza di pentirvi. Oggigiorno molti non sanno più chiedere perdono. Essi mettono di nuovo il Figlio di Dio sulla croce. Per questo ho voluto venire a ricordarvelo, soprattutto qui in Ruanda, perché qui ci sono ancora persone umili che non sono attaccate alla ricchezza e ai soldi” (31.5.1982).

“Ti chiedo di insegnarla al mondo intero…, pur restando qui, perché la mia grazia è onnipotente” (15.8.1982).

Le apparizioni di Kibeho sono iniziate il 28 Novembre del 1981. La Chiesa le ha riconosciute come autentiche il 29 Giugno 2001.

Raccomando ai Direttori di inserire questa Coroncina nelle preghiere devozionali di Radio Maria (ad esempio una volta alla settimana), anche come segno di comunione con le numerose Radio Maria in Africa che hanno nel santuario di Kibeho un centro di irradiazione mariana.

kibeho

Corona dei 7 dolori di Maria Santissima chiesta dalla Madre del Verbo
Tratta da: Radio Maria FB

La Madonna nelle apparizioni a Kibeho chiede la Corona dei sette dolori:
“Se reciterete questo rosario, meditandolo, allora avrete la forza di pentirvi. Oggi molti non sanno più chiedere perdono. Essi mettono di nuovo il Figlio di Dio sulla croce. Per questo ho voluto venire a ricordarvelo, soprattutto qui in Rwanda, perché qui ci sono ancora persone umili, che non sono attaccate alla ricchezza e ai soldi”.

Come si recita

PRIMO DOLORE: Maria nel tempio ascolta la profezia di Simeone
Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, se-gno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2, 34-35).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

SECONDO DOLORE: Maria fugge in Egitto per salvare Gesù
Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo». Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nel-la notte e fuggì in Egitto. (Mt 2, 13-14). Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino». (Mt 2, 19-20).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù” .

7 Ave Maria.

TERZO DOLORE: Maria smarrisce e ritrova Gesù
Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». (Lc 2, 43-44, 46, 48).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

QUARTO DOLORE: Maria incontra Gesù che porta la croce
Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore. (Lm 1, 12). «Gesù vide sua Madre lì presente» (Gv 19, 26).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

QUINTO DOLORE: Maria è presente alla crocifissione e morte di Gesù
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla Croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (Lc 23, 33; Gv 19, 19). E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!» E, chinato il capo, spirò. (Gv 19, 30).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

SESTO DOLORE: Maria riceve sulle braccia Gesù deposto dalla croce
Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses osservare dove veniva deposto. (Mc 15, 43, 46-47).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

SETTIMO DOLORE: Maria accompagna Gesù alla sepoltura
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Magdàla. Gesù allora, vedendo la madre e lìaccanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. (Gv 19, 25-27).

“Madre di misericordia, ricordaci ogni giorno la Passione di Gesù”.

7 Ave Maria.

Preghiamo:
«Irradia, o Maria, su tutta l’umanità la luce di grazia della tua Fiamma d’Amore, ora e nell’ora della nostra morte. Per Cristo nostro Signore. Amen».

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Carlo Acutis e Aparecida, più di una data liturgica in comune

Posté par atempodiblog le 12 octobre 2021

Carlo Acutis e Aparecida, più di una data liturgica in comune
Come Nostra Signora Aparecida, Carlo Acutis ha un forte legame con il Brasile, ed è curioso che non abbia mai visitato il Paese

di José Miguel Carrera – Aleteia

Carlo Acutis e Aparecida, più di una data liturgica in comune dans Apparizioni mariane e santuari Carlo-Acutis-e-l-Aparecida

Il giovane Carlo Acutis, beatificato nel 2020, viene celebrato dalla Chiesa il 12 ottobre, giorno della festa di Nostra Signora Aparecida. È stata in questa data, nel 2006, che l’adolescente è partito per la Casa del Padre ad appena 15 anni.
Non è solo la data liturgica che lui e la padrona del Brasile hanno in comune: entrambi hanno conquistato il cuore dei devoti brasiliani.

Pur senza aver mai visitato il Brasile, Acutis ha un fortissimo legame con il Paese. Uno dei miracoli riconosciuti dal Vaticano nel processo di beatificazione del giovane italiano è infatti avvenuto in Brasile.

Il miracolo di Carlo Acutis in Brasile
Il Vaticano ha riconosciuto il miracolo avvenuto per intercessione di Carlo Acutis in cui un bambino brasiliano dello Stato del Mato Grosso do Sul è guarito da una rara malattia nota come anomalia congenita del pancreas.

Il 12 ottobre 2010, in una cappella dedicata a Nostra Signora Aparecida, il piccolo ha ricevuto la benedizione sacerdotale con la reliquia di Carlo Acutis. Dopo la benedizione, la famiglia riferisce che è guarito. Non è stata sicuramente una mera coincidenza…

Devozione alla Madonna
Un altro forte legame tra Carlo Acutis e Aparecida: nella stanza di Carlo c’è un’immagine di Nostra Signora Aparecida, che la madre ha ricevuto da un sacerdote brasiliano. Il beato nutriva una forte devozione per Maria, e una volta ha affermato “La Vergine Maria è stata l’unica donna della mia vita”.

Oltre a questo, il giovane recitava il Rosario e riceveva l’Eucaristia tutti i giorni. È arrivato a dire: “Ricordate di recitare il Rosario tutti i giorni”, “Il Rosario è la scala più breve per arrivare al cielo”, “Dopo la Santa Eucaristia, il Santo Rosario è l’arma più potente per combattere il demonio”.

Non va dimenticato che vicino ai 15 anni (non si conosce l’età esatta) Maria di Nazaret ha accettato di essere la madre del Verbo di Dio incarnato. Anche il giovane Carlo Acutis a 15 anni è partito per le braccia di Gesù e Maria. Ora la Madonna, che Carlo ha tanto amato e ammirato, sta sicuramente aiutando il giovane per intercedere per il Brasile e per il mondo intero.

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Miracoli Eucaristici in Italia

Posté par atempodiblog le 6 juin 2021

Miracoli Eucaristici in Italia
Fonte: Parrocchia Santa Maria della Misericordia di Osimo (AN)

Miracoli Eucaristici in Italia dans Fede, morale e teologia Miracoli-Eucaristici-dell-Italia

Roma, 595
Nel 595, stesso anno del Concilio di Roma, nella antica chiesa dedicata a San Pietro durante una celebrazione eucaristica domenicale presieduta dal Papa San Gregorio Magno, al momento di ricevere la Santa Comunione, una nobildonna romana cominciò a ridere sonoramente perché assalita dai dubbi circa la verità della reale presenza di Cristo nel pane e nel vino consacrati. Il Papa allora, turbato dalla sua incredulità, decise di non comunicarla e, dopo averla ripresa duramente le chiese il motivo di quel comportamento. Questa si giustificò dicendo che non riusciva a credere come fosse possibile che quel pane che lei stessa aveva preparato con le sue mani, grazie alle parole della consacrazione, divenisse il Corpo e il Sangue di Cristo. San Gregorio le vietò allora di comunicarsi e cominciò a implorare Dio d’illuminarla. Aveva appena terminato di pregare che vide divenire carne e sangue proprio quella frazione di pane preparata dalla donna. La donna, pentita, s’inginocchio a terra e cominciò a piangere.

Questo evento è menzionato anche nella Vita Beati Gregorii Papae scritta dal Diacono Paolo nel 787 e la reliquia di questo Miracolo Eucaristico si conserva ad Andechs, in Germania, presso il monastero benedettino.

Non smettiamo mai di chiedere al Buon Dio di mandarci Santi pastori che tengano al Corpo Sangue Anima e Divinità realmente presenti nel Santissimo Sacramento, che facciano vincere l’amore per Dio sul falso rispetto umano, facendo ricevere la Santa Comunione in modo rispettoso e con riverenza. Cosa fareste se ora vi apparisse un Angelo del Signore o la Madonna? Non vi inginocchiereste con gran e santo timore? Perché dunque ad un Angelo e alla Madonna sì e a Dio no?

Eucarestia dans Riflessioni

Lanciano, 750 - Il miracolo Eucaristico italiano più conosciuto
Il miracolo avvenne nel 750 nella Chiesa di San Francesco, come riportato in un’iscrizione marmorea del XVII secolo: «Un monaco sacerdote dubitò se nell’Ostia consacrata ci fosse veramente il Corpo di Nostro Signore. Celebrò Messa e, dette le parole della consacrazione, vide divenire Carne l’Ostia e Sangue il Vino. Fu mostrata ogni cosa agli astanti. La Carne è ancora intera e il Sangue diviso in cinque parti disuguali che tanto pesano tutte unite quanto ciascuna separata».

Nel 1970, l’Arcivescovo di Lanciano e il ministro provinciale dei Conventuali di Abruzzo, con l’autorizzazione di Roma, richiesero al Dottor Edoardo Linoli, dirigente dell’ospedale d’Arezzo e professore di anatomia, istologia, chimica e microscopia clinica, un approfondito esame scientifico sulle Reliquie del Prodigio avvenuto dodici secoli prima. II 4 marzo 1971, il professore presentò un resoconto dettagliato dei vari studi eseguiti. Ecco le conclusioni essenziali:

  • La «Carne miracolosa» è veramente carne costituita dal tessuto muscolare striato del miocardio.
  • II «Sangue miracoloso» è vero sangue: l’analisi cromatografica lo dimostra con certezza assoluta e indiscutibile. Lo studio immunologico manifesta che la Carne e il Sangue sono certamente di natura umana e la prova immunoematologica permette di affermare con tutta oggettività e certezza che ambedue appartengono allo stesso gruppo sanguigno AB, gruppo uguale a quello dell’uomo della Sindone e caratteristico delle popolazioni mediorientali.
  • Le proteine contenute nel Sangue sono normalmente ripartite, nella percentuale identica a quella dello schema siero-proteico del sangue fresco normale.
  • Nessuna sezione istologica ha rivelato traccia di infiltrazioni di sali o di sostanze conservanti utilizzate nell’antichità allo scopo di mummificazione.

Questa relazione fu pubblicata in Quaderni Sclavo in Diagnostica (fasc. 3, 1971) e suscitò un grande interesse nel mondo scientifico. Anche nel 1973, il Consiglio superiore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nominò una commissione scientifica per verificare le conclusioni di Linoli. I lavori durarono 15 mesi con 500 esami. Le ricerche furono le medesime di quelle effettuate dal prof. Linoli, con altri complementi. Più precisamente, fu affermato che i frammenti prelevati a Lanciano non potevano essere assimilati a tessuti mummificati. In quanto alla natura del frammento di Carne, la commissione dichiarò che si tratta di un tessuto vivente perché risponde rapidamente a tutte le reazioni cliniche proprie degli esseri viventi. La Carne e il Sangue di Lanciano quindi sono tali e quali sarebbero se fossero stati prelevati il giorno stesso su un vivente. Nell’estratto riassunto dei lavori scientifici della Commissione Medica dell’O.M.S. e dell’O.N.U., pubblicato nel dicembre del 1976 a New York e a Ginevra, si dichiarò che la scienza, consapevole dei suoi limiti, si arresta davanti alla impossibilità di dare una spiegazione.

Vediamo dunque il miracolo che si perpetuata in ogni messa, è veramente Nostro Signore e quanta cura si deve avere verso l’Eucaristica, i protestanti, che non credono nella reale presenza, hanno preteso di comunicarsi da soli, di non avere come mediatrici le mani consacrate del sacerdote, sciagurati i cattolici, religiosi e laici, che seguono tale pratica da sempre sconsigliata anche dopo l’indulto, cosa direte a Nostro Signore quando vi troverete al suo cospetto e avrete l’anima macchiata dalla colpa di aver sparso il Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore per noncuranza? Vediamo che anche la scienza, che non è mai in contraddizione con la Fede, da ragione alla Chiesa sulla reale presenza di Dio nella Santa Eucaristia, cosa aspettate ad accogliere gli insegnamenti eterni della nostra Madre Chiesa?

Eucarestia

Trani, 1000 (circa)
A Trani, nel XI secolo, durante la celebrazione di una Santa Messa una donna non cristiana incredula circa la verità del Dogma cattolico della presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, aiutata da una sua amica cristiana, riuscì a trafugare un’Ostia consacrata. La donna, quasi sfidando Dio, pose poi la Particola consacrata dentro una padella di olio sopra il fuoco. Improvvisamente dall’Ostia stillò una grande quantità di sangue che si riversò sul pavimento fino a fuoriuscire dall’uscio della porta di casa. Spaventata e piena di terrore, la donna cominciò a gridare e le vicine accorsero subito per vedere quale fosse il motivo di così gran pianto. L’Arcivescovo fu subito informato dell’accaduto e ordinò di riportare riverentemente la Particola nella chiesa. La reliquia è custodita nella Cattedrale intitolata a Maria SS.ma Assunta e nel 1706 la casa della donna fu trasformata in cappella grazie alla generosa offerta del nobile Ottaviano Campitelli. La Reliquia dell’Ostia fu riposta nel 1616 dentro ad un antico reliquiario d’argento donato da Fabrizio de Cunio. Su questa Santa Reliquia vennero eseguiti molti controlli e verifiche in diverse epoche, l’ultima risale al 1924, in occasione del Congresso Eucaristico interdiocesano ad opera di Monsignor Giuseppe Maria Leo.

Molti sono i documenti che riportano il Prodigio, tra cui alcuni monogrammi eucaristici riprodotti sulle antiche vie della città. Il frate Bartolomeo Campi, descrive nella sua opera «L’Innamorato di Gesù Cristo» (1625), un accurato resoconto di come si svolsero i fatti. Lo stesso abate cistercense Ferdinando Ughelli (1670), nella sua conosciutissima opera enciclopedica «Italia sacra», in una nota al settimo volume scriveva: «A Trani si venera una sacra Ostia, fritta per disprezzo alla nostra fede…, nella quale, svelato il pane azzimo, apparve la vera Carne e il vero Sangue di Cristo, che cadde fino a terra». Una conferma indiretta al Miracolo la troviamo anche in un’affermazione di San Pio da Pietrelcina che esclamò: «Trani è fortunata, perché per ben due volte il Sangue di Cristo ha bagnato la sua terra» (il riferimento era diretto al Miracolo Eucaristico di cui ci siamo occupati e al miracolo del Crocifisso di Colonna, dal cui naso sfregiato fuoriuscì un’abbondante fiotto di Sangue).

Eucarestia

Ferrara, 1171
Nella Basilica di Santa Maria in Vado, a Ferrara, il 28 marzo 1171, giorno di Pasqua, durante la frazione del pane consacrato della Santa Messa di Resurrezione, Padre Pietro da Verona, priore dei Canonici Regolari Portuensi, assistito dai tre confratelli Bono, Leonardo e Aimone, vide sgorgare un zampillo di sangue le cui goccioline macchiarono la piccola volta sovrastante l’altare della celebrazione.

La chiesa divenne grande meta di pellegrinaggio e nel 1495, per ordine del duca Ercole I d’Este, fu ristrutturata e ampliata. Successivamente, nel 1595, la volta macchiata del Sangue di Cristo fu rinchiusa in un tempietto.

Molti furono i testimoni che videro l’Ostia assumere un colore sanguigno e di aver intravisto la figura di un bambino. Il Vescovo Amato di Ferrara e l’Arcivescovo Gherardo di Ravenna, immediatamente informati dell’accaduto, constatarono con i loro occhi i segni del miracolo. Tra le numerose testimonianze raccolte ricordiamo la Bolla di Papa Eugenio IV (30 marzo 1442); il manoscritto di Gerardo Cambrense, il documento più antico (1197) che menziona il Prodigio (attualmente conservato nella Biblioteca Lamberthiana di Canterbury); la Bolla del Cardinale Migliorati (1404), in cui si concedono delle indulgenze a «chi visiterà la chiesa e renderà omaggio al Sangue Prodigioso».

Ancora oggi, il 28 di ogni mese nella Basilica, attualmente officiata dai Missionari del Preziosissimo Sangue di San Gaspare del Bufalo, si pratica l’Adorazione Eucaristica a memoria del Miracolo e ogni anno, in preparazione della festa del Corpus Domini, si celebrano le solenni Quarantore.

Accogliamo l’invito di Nostro Signore di aumentare la nostra fede, con l’adorazione, la lode e la preghiera, non dimenticando mai che Lui è veramente presente nella Santissima Eucarestia: Corpo, Anima, Sangue e Divinità, dunque non è un segno, un simbolo, ma Gesù reale e preghiamo sempre, ogni volta che possiamo ma specialmente durante la Comunione sacramentale, in riparazione ai terribili oltraggi che ogni giorno si perpetuano contro Lui e contro sua Madre.

Eucarestia

Alatri, 1228
[...] vi presentiamo un miracolo eucaristico italiano con cui Dio ci ricorda che consultare maghi, oroscopi, cartomanti e simili è un dei peccati più gravi in quanto si infrange il primo comandamento “Non avrai altro Dio al di fuori di me”.

Ad Alatri si conserva ancora oggi presso la Cattedrale di S. Paolo Apostolo, la Reliquia del Miracolo Eucaristico avvenuto nel 1228 che consiste in un frammento di Particola convertita in carne. Una giovane donna, per riconquistare l’amore del suo fidanzato, si rivolge ad una fattucchiera che le ordina di rubare un’Ostia consacrata per farne un filtro d’amore. Durante una Messa la ragazza riesce a prelevare un’Ostia che nasconde in un panno, ma arrivata a casa si accorge che l’Ostia si è trasformata in carne sanguinante.

Di questo Prodigio ne parlano numerosi documenti, ma la testimonianza più autorevole su questo Miracolo si trova nella Bolla Fraternitas tuae scritta da Papa Gregorio IX (13 marzo 1228), in risposta al Vescovo di Alatri, Giovanni V. Ecco il testo della Bolla Pontificia: «Gregorio Vescovo servo dei servi di Dio al Ven. Fratello Vescovo di Alatri salute ed Apostolica benedizione. Abbiamo ricevuto la tua lettera, fratello carissimo, che ci informava come una certa giovane suggestionata dal cattivo consiglio di una malefica donna, dopo aver ricevuto dal sacerdote il Corpo sacratissimo di Cristo, lo trattenne nella bocca fino al momento in cui, colta l’occasione favorevole, lo poté nascondere in un panno, dove, dopo tre giorni, ritrovò lo stesso Corpo, che aveva ricevuto in forma di pane, trasformato in carne, come tuttora ognuno può constatare coi propri occhi. Poiché l’una e l’altra donna ti hanno tutto ciò umilmente rivelato, desideri un nostro parere circa la punizione da infliggere alle colpevoli. In primo luogo, dobbiamo rendere grazie, con tutte le nostre forze, a Colui che, pur operando in ogni cosa in modo meraviglioso, tuttavia in qualche occasione ripete i miracoli e suscita nuovi prodigi, affinché, irrobustendo la fede nelle verità della Chiesa Cattolica, sostenendo la speranza, riaccendendo la carità, richiami i peccatori, converta i perfidi e confonda la malvagità degli eretici. Pertanto, fratello carissimo, a mezzo di questa lettera apostolica, disponiamo che tu infligga una punizione più mite alla giovane, che riteniamo abbia compiuto l’azione delittuosa più per debolezza che per cattiveria, specialmente perché è da credersi che si sia sufficientemente pentita nel confessare il peccato. Alla istigatrice poi, che con la sua perversione la spinse a commettere il sacrilegio, dopo averle applicato quelle misure disciplinari che crediamo opportuno di affidare al tuo criterio, imponi che, visitando i Vescovi più vicini, confessi umilmente il suo reato, implorando, con devota sottomissione, il perdono». Il Sommo Pontefice interpretò l’episodio come un segno contro le diffuse eresie circa la presenza reale di Gesù nell’Eucaristia e perdonò le due donne pentite. In occasione del 750° anniversario è stata coniata una medaglia commemorativa che rappresenta da una parte la facciata della Cattedrale sormontata dal reliquiario dell’Ostia Incarnata e, dall’altra, la figura del busto di Papa Gregorio IX con la Bolla pontificia.

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Assisi, 1240 – Santa Chiara e i Saraceni
I miracoli ottenuti da Santa Chiara sono molteplici ma oggi vogliamo parlarvi di uno molto particolare: il miracolo eucaristico avvenuto nel 1240 narrato da Tommaso da Celano nella Leggenda di Santa Chiara Vergine[1]

Assisi era sotto l’attacco dei Saraceni, cioè dei musulmani, e le loro armate erano riuscite a penetrate nel chiostro di San Damiano. Santa Chiara con amore ardente e le lacrime agli occhi si rivolse al Suo Sposo, il Re dei Re, per domandare protezione contro quel popolo senza Dio che nei luoghi assaliti, non solo facevano razzia di beni materiali, ma oltraggiavano le donne sin da bambine. Santa Chiara ottenne da Dio la grazia della loro salvezza e della città di Assisi: la Santa, con grande ardore, preso il cofanetto di argento e avorio dove era custodita la Santissima Eucaristia, andò incontro ai suoi nemici che fuggirono via senza fare ritorno. Di seguito riportiamo il testo delle Fonti Francescane.

“21. Piace a questo punto raccontare i portenti delle sue orazioni, con altrettanta aderenza alla verità quanto sono degni di venerazione. In quel periodo travagliato che la Chiesa attraversò in diverse parti del mondo sotto l’impero di Federico, la valle Spoletana beveva più spesso delle altre il calice dell’ ira. Erano stanziate lì, per ordine imperiale, schiere di soldati e nugoli di arcieri saraceni, fitti come api, per devastare gli accampamenti, per espugnare le città. E una volta, durante un assalto nemico contro Assisi, città particolare del Signore, e mentre ormai l’esercito si avvicina alle sue porte, i Saraceni, gente della peggiore specie, assetata di sangue cristiano e capace di ogni più inumana scelleratezza, irruppero nelle adiacenze di San Damiano, entro i confini del monastero, anzi fin dentro al chiostro stesso delle vergini. Si smarriscono per il terrore i cuori delle Donne, le voci si fanno tremanti per la paura e recano alla Madre i loro pianti. Ella, con impavido cuore, comanda che la conducano, malata com’è, alla porta e che la pongano di fronte ai nemici, preceduta dalla cassetta d’argento racchiusa nell’avorio, nella quale era custodito con somma devozione il Corpo del Santo dei Santi.

22. E tutta prostrata in preghiera al Signore, nelle lacrime parlò al suo Cristo: «Ecco, o mio Signore, vuoi tu forse consegnare nelle mani di pagani le inermi tue serve, che ho allevato per il tuo amore? Proteggi, Signore, ti prego, queste tue serve, che io ora, da me sola, non posso salvare». Subito una voce, come di bimbo, risuonò alle sue orecchie dalla nuova arca di grazia: «Io vi custodirò sempre!». «Mio Signore – aggiunse – proteggi anche, se ti piace, questa città, che per tuo amore ci sostenta». E Cristo a lei: «Avrà da sostenere travagli, ma sarà difesa dalla mia protezione». Allora la vergine, sollevando il volto bagnato di lacrime, conforta le sorelle in pianto: «Vi do garanzia, figlie, che nulla soffrirete di male; soltanto abbiate fede in Cristo!». Né vi fu ritardo: subito l’audacia di quei cani, rintuzzata, è presa da spavento; e, abbandonando in tutta fretta quei muri che avevano scalato, furono sgominati dalla forza di colei che pregava. E subito Chiara ammonisce quelle che avevano udito la voce di cui sopra ho parlato, dicendo loro severamente: «Guardatevi bene, in tutti i modi, dal manifestare a qualcuno quella voce finché io sono in vita, figlie carissime»”.

Che questo episodio rimanga ben impresso nella nostra mente e nei nostri cuori, Dio può tutto e nel momento del bisogno Egli è pronto a venirci incontro appena chiediamo il Suo aiuto in tutte le nostre necessità , “Chiedete e vi sarà dato” (Matteo 7,7).

Un altro insegnamento che possiamo trarre da questo episodio della vita di Santa Chiara è l’amore e la riverenza che si deve avere verso Dio. Molto spesso oggi si invoca illecitamente la povertà francescana nei riguardi degli arredi liturgici (candelieri, calici, pianete…) ma, ahimè, quanta ignoranza! San Francesco stesso, come molti altri santi che vivevano nella povertà (come il Santo Curato d’Ars), pretendeva questa ricchezza, che non ha nulla a che vedere con lo sfarzo del mondo che è fine a se stesso, ma, poiché Dio è Re, a Lui deve essere riconosciuto ogni bene, sia materiale che spirituale, deve essere riconosciuta la sua Regalità, anche con i beni esteriori poiché noi non siamo Angeli e siamo fatti anche di materia. Un chiaro esempio ci viene anche dall’arte sacra sempre attenta ai minimi particolari sin dai primi secoli del Cristianesimo! E ciò ci è stato insegnato dallo stesso Gesù Cristo quando lasciò lavarsi i piedi con il nardo (un unguento costassimo che ancora oggi, sebbene il suo prezzo sia decimato, è molto caro) e farsi asciugare dai capelli della peccatrice, solo Giuda Escariota si indignò, poiché secondo lui quei soldi erano stati spesi inutilmente quando potevano essere usati per i poveri, come si sa, Giuda Escariota era il tesoriere e non di rado rubava dalla cassa comune, ciò sia di monito a tutti quei cristiani che si indignano davanti alla gloria che si da Dio con gli arredi sacri e alle riverenze e poi sprecano i propri averi dietro alle frivolezze e al peccato, mancando così di carità a Dio e al prossimo.

[1] TOMMASO DA CELANO, Leggenda di Santa Chiara Vergine, in Fonti Francescane, PADOVA, 2011 III EDIZIONE, EDITRICI FRANCESCANE, n. 3201-3202

Eucarestia

Firenze, 1230 e 1595
Nella chiesa di Sant’Ambrogio a Firenze, sono custodite le Reliquie di due Prodigi Eucaristici avvenuti nel 1230 e nel 1595. Il primo Miracolo si verificò il 30 dicembre del 1230. Un sacerdote di nome Uguccione, terminata la Messa, non si accorse che alcune gocce di vino consacrato erano rimaste nel calice e si erano tramutate in Sangue. Il giorno seguente, tornando a celebrare la Messa nella stessa chiesa trovò dentro al calice delle gocce di sangue vivo rappreso ed incarnato. Il sangue fu subito raccolto in un’ampolla di cristallo. Lo storico Giovanni Villani fa un’accurata descrizione del Miracolo: «Il dì appresso, prendendo nuovamente il detto calice vi trovò dentro vivo sangue rappreso […] e ciò fu manifesto a tutte le donne di quel monastero e a tutti i vicini che vi furono presenti e al Vescovo e a tutto il chiericato e poi si palesò a tutti i Fiorentini, i quali, con grande devozione, vi si radunarono intorno per vedere e presero il sangue del calice e lo misero in un’ampolla di cristallo che ancora si mostra al popolo con grande riverenza». Il Vescovo Ardingo da Pavia ordinò di portare la Reliquia in Vescovado, e dopo poche settimane la restituì alle Suore del Monastero che la custodirono presso la chiesa di Sant’Ambrogio. Papa Bonifacio IX, nel 1399, concesse la stessa indulgenza della Porziuncola ai fedeli che avessero visitato la chiesa di Sant’Ambrogio e avessero contribuito ad adornare la Reliquia del Miracolo. Nel 1980 è stato celebrato il 750° anniversario del Prodigio. La Reliquia del Miracolo (alcune gocce di Sangue che misurano circa un centimetro quadrato) si conserva in un prezioso Ostensorio, collocato all’interno di un Tabernacolo in marmo bianco costruito da Mimo da Fiesole. L’altro Miracolo Eucaristico avvenne il Venerdì Santo dell’anno 1595. Una candela, accesa sull’altare della cappella laterale, detta del Sepolcro, cadde a terra e la incendiò. La gente accorse subito per domare il fuoco e si riuscì a salvare il Santissimo Sacramento e il calice. Nel trambusto generale, dalla pisside che conteneva alcune Ostie consacrate, caddero sei Particole sul tappeto incandescente che nonostante il fuoco, furono ritrovate intatte ed unite tra loro. Nel 1628 l’Arcivescovo di Firenze, Marzio Medici, dopo averle esaminate, le trovò incorrotte e le fece dunque riporre in un prezioso reliquario. Ogni anno, durante le Quarantore che si celebrano a maggio, le due Reliquie vengono esposte insieme in un reliquario contenente anche un’Ostia consacrata per la pubblica adorazione.

Eucarestia

Bolsena, 1264
Le attuali ricerche storiche confermano quanto riportano le testimonianze più antiche, il Miracolo avvenne nell’estate del 1264. Un sacerdote boemo, Pietro da Praga, venne in Italia per una udienza con Papa Urbano IV, che durante l’estate si era trasferito ad Orvieto, accompagnato anche da San Tommaso d’Aquino e numerosi altri teologi e Cardinali. Pietro da Praga, subito dopo essere stato ricevuto dal Papa, si incamminò per ritornare in Boemia. Lungo la via del ritorno si fermò a Bolsena, dove celebrò la Messa nella chiesa intitolata a Santa Cristina. Al momento della consacrazione, quando il sacerdote pronunciò le parole che permettono la transustanziazione, avvenne il Miracolo, così descritto da una lapide posta a ricordo: «Improvvisamente quell’Ostia apparve, in modo visibile, vera carne e aspersa di rosso sangue, eccetto quella particella, tenuta dalle dita di lui: il che non si crede accadesse senza mistero, ma piuttosto perché fosse noto a tutti quella essere stata veramente l’Ostia che era dalle mani dello stesso sacerdote celebrante portata sopra il calice». Grazie a questo Miracolo il Signore rafforzò la Fede del sacerdote che malgrado la sua provata pietà e moralità, nutriva spesso dubbi circa la reale presenza di Cristo sotto le Specie del pane e del vino consacrate. La notizia del Miracolo si diffuse subito e sia il Papa che San Tommaso d’Aquino poterono verificare immediatamente di persona il Prodigio. Dopo attento esame Urbano IV ne approvò il culto. Egli decise poi di estendere la festa del Corpus Domini, che sino all’epoca era stata soltanto una festa locale della diocesi di Liegi, a tutta la Chiesa universale. Il Papa incaricò San Tommaso di scrivere la liturgia che avrebbe accompagnato la Bolla «Transiturus de hoc mundo ad Patrem» in cui vengono esposte le ragioni per cui l’Eucaristia è così importante per la vita della Chiesa.

Eucarestia

Offida, 1273-1280
Nel 1273, a Lanciano, una donna di nome Ricciarella, per riconquistare l’affetto del marito Giacomo Stasio, dietro consiglio di una maga, si accostò alla Comunione per trafugare un’Ostia consacrata. Tornata a casa la mise sul fuoco sopra un coppo con l’intento di polverizzarla e metterla poi nel cibo del marito. La Particola invece si convertì in carne sanguinante. Ricciarella, terrorizzata dagli eventi, avvolse il coppo e l’Ostia sanguinante in una tovaglia di lino che seppellì poi in una buca sotto il letame nella stalla del marito. Strani eventi si susseguirono all’interno della stalla: la giumenta di Giacomo, ogni volta che vi entrava, si prostrava in ginocchio verso il luogo dove era seppellita l’Ostia miracolosa, tanto da indurre Giacomo a pensare che la moglie avesse fatto una maleficio alla bestia. Sette anni dopo Ricciarella, in preda ai rimorsi, confessò il suo orribile sacrilegio all’allora priore del convento agostiniano di Lanciano, Giacomo Diotallevi, nativo di Offida. Come raccontano le cronache più antiche la donna in lacrime cominciò a gridare al sacerdote: «Ho ucciso Dio! Ho ucciso Dio!». Il sacerdote recatosi sul luogo, trovò intatto l’involto con le reliquie che furono poi donate ai suoi concittadini. Per conservare la Sacra Ostia gli offidani fecero costruire un reliquiario a forma di croce. Come narra un’antica cronaca, dall’orafo a Venezia furono inviati frate Michele e un confratello. Giunti in quella città, si fecero promettere dall’orafo, con giuramento di fedeltà «che non avrebbe rivelato a nessuno quanto egli stava per vedere e collocare dentro la croce. Dopo di che, l’orafo fece per prendere la pisside con l’Ostia miracolosa, ma colto da febbre improvvisa, esclamò: “Che cosa mi hai portato, o frate mio?”. II religioso allora gli chiese se fosse in peccato mortale. Avendo l’orefice risposto di sì, fece la sua confessione davanti allo stesso frate, e, scomparsa la febbre, senza alcun pericolo prese la pisside, ne estrasse l’Ostia, e la chiuse insieme col sacro Legno nella medesima croce, con sopra un cristallo, come si può chiaramente vedere». I reliquiari del coppo e della tovaglia macchiata di sangue con la croce contenente l’Ostia miracolosa sono esposti nella chiesa di Sant’ Agostino ad Offida. La casa di Ricciarella a Lanciano è stata invece trasformata in una piccola cappella.

Nel 1973 fu celebrato il VII centenario del Miracolo e ogni anno, il 3 maggio, i cittadini di Offida festeggiano l’anniversario del Prodigio.

Numerosi sono i documenti in cui viene descritto questo Prodigio, tra i più autorevoli, una copia autentica di una pergamena del sec. XIII, scritta dal notaio Giovanni Battista Doria nel 1788. Vi sono inoltre numerose bolle di Papi a cominciare da quella di Bonifacio VIII (1295), a quella di Sisto V (1585), interventi di Congregazioni romane, decreti vescovili, statuti comunali, doni votivi, lapidi, affreschi e testimonianze di insigni storici tra cui ricordiamo l’Antinori e il Fella.

Eucarestia

Gruaro, 1294
[...] vi presentiamo un miracolo accaduta in Friuli alla fine del 1200. Tra i documenti più autorevoli che descrivono il Miracolo Eucaristico avvenuto a Gruaro nel 1294 vi è quella dello storico locale Antonio Nicoletti (1765). Una giovane perpetua stava lavando sul lavatoio costruito lungo la roggia Versiola una delle tovaglie d’altare della chiesa di S. Giusto. Improvvisamente vide il lino della tovaglia tingersi di sangue. Osservando più attentamente, notò che il sangue usciva da una Particola consacrata rimasta per sbaglio tra le pieghe della tovaglia. Spaventata da quell’evento inspiegabile corse subito ad avvertire il Parroco che a sua volta informò il Vescovo di Concordia, Giacomo d’Ottonello da Cividale che una volta accertati i fatti, chiese di poter tenere la tovaglia del Miracolo nella sua Cattedrale a Concordia. Ma anche il parroco di Gruaro e la famiglia dei Conti di Valvasone, giuspatroni della chiesa di Gruaro e di quella di Valvasone, volevano tenere la tovaglia. Non si trovò nessun accordo e così si decise di ricorrere alla Santa Sede che alla fine autorizzò i Conti a conservare la Reliquia del Miracolo a Valvasone, a condizione che essi facessero costruire una chiesa da dedicare al Santissimo Corpo di Cristo. La costruzione della chiesa fu terminata nel 1483. La Reliquia di questo Miracolo è tuttora custodita presso la Chiesa del Santissimo Corpo di Cristo a Valvasone in un cilindro di cristallo, sostenuto da un pregevole reliquiario d’argento del maestro orafo Antonio Calligari. La festa della Sacra Tovaglia si celebra nel V giovedì di Quaresima, a conclusione delle giornate di adorazione del SS.mo Sacramento, con la partecipazione dei sacerdoti e delle comunità della foranea di Valvasone. Durante la festa del Corpus Domini, la Reliquia viene portata in processione con il SS. Sacramento.

Eucarestia

Cascia, 1330
La reliquia del miracolo eucaristico di cui vogliamo parlarvi [...] è conservata a Cascia, nella Basilica di Santa Rita. Nel 1330, a Siena, un contadino gravemente ammalato fece chiamare un sacerdote per ricevere la Santa Comunione. Quest’ultimo, per incuria, mise l’Ostia nel suo breviario invece di utilizzare il ciborio. Uno volta giunto a casa dell’ammalato, il sacerdote aprì il libro e si spaventò poiché vide la Particola trasformata in un grumo di sangue che aveva macchiato anche le pagine. Il sacerdote, con cuore contrito dal pentimento, andò immediatamente a Siena per chiedere consiglio al Beato Padre Simone Fidanti, conosciuto da tutti per la sua santità. Quest’ultimo gli concesse il perdono sacramentale e portò con sé le pagine intrise del Sangue di Cristo a Cascia. Nel 1389 il Papa Bonifacio IX confermò l’autenticità del miracolo.

Il frammento di carta pergamenaceo misura mm. 52 x 44. Guardando in controluce si nota che le macchie di sangue hanno formato il profilo di un volto umano e la reliquia emana a volte lo stesso profumo emanato spesso dal corpo di Santa Rita e il prodigioso avvenimento viene ricordato ogni anno per la festa del Corpus Domini, quando la Reliquia viene portata solennemente in processione.

Quindi cari fratelli, ricordiamo sempre di dare la massima riverenza a Nostro Signore Sacramentato, troppo poca incuranza si vede nei laici nel prendere la comunione, la maggior parte delle volte sulle mani senza neanche controllare se vi siano rimasti dei frammenti, ricordiamo che la Chiesa non ha mai dato il permesso di prenderle Nostro Signore con le nostre mani, bensì è un indulto, che purtroppo, oggigiorno è stato fatto diventare una consuetudine. Senza pensare a tutte le comunione sacrileghe che vengono commesse ogni volta che una persona riceve Gesù in peccato mortale, oppure a quanto spesso, i fedeli che, ricevuto il Sacramento, ritornano al proprio banco, non si inginocchiano e iniziano a parlare con il proprio vicino, ricordate che Dio in quel momento è in noi e vi rimane per un quarto d’ora, non sprechiamo questo tempo, il tempo più prezioso della nostra vita dal quale dipende la nostra Eternità!

Aumentiamo sempre più l’Amore, e quindi la cura e riverenza, nei riguardi di Dio e preghiamo in riparazione agli oltraggi e alle mancanza di riverenza per tutti coloro che danno cattivi esempi, sciaguratamente, troppo spesso dei stessi sacerdoti.

Questo appello non viene da noi, ma dal cielo: l’Angelo a Fatima che, prostrato a terra (quindi noi con quale coraggio potremmo noi accostarci al Santissimo Sacramento con leggerezza, indifferenza o in peccato?), pregò “Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, io Vi adoro profondamente e Vi offro il Preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi, delle indifferenze da cui Egli stesso è offeso. Per i meriti infiniti del suo Sacro Cuore e del Cuore Immacolato di Maria io Vi domando la conversione dei poveri peccatori” e comunicando la piccola Giacinta e Francesco disse: “Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro crimini e consolate il vostro Dio”. Poi si prostrò di nuovo e ripeté ancora tre volte la preghiera: “Santissima Trinità,” […].

L’invito a pregare in riparazione agli oltraggi verso Dio è esteso a tutti noi, non manchiamo dunque di rispondere a questa chiamata dal cielo a fare sempre meglio!

Eucarestia

Macerata, 1356
[...] ci spostiamo a poche decine di chilometri da casa: Macerata. Il miracolo di cui vogliamo parlarvi è accaduto nel 1356 e la reliquia è custodita nella Cattedrale, purtroppo gravemente danneggiata dal sisma del 24 agosto 2016.

Il 25 aprile del 1356, a Macerata, un sacerdote stava celebrando la Messa nella cappellina della chiesa di Santa Caterina, di proprietà delle monache benedettine. Durante la frazione del pane, prima della Comunione, il prete cominciò a dubitare della reale transustanziazione. Fu proprio nel momento in cui spezzava l’Ostia che, con suo grande spavento, vide sgorgare da questa un abbondante fiotto di sangue che macchiò parte del lino e del calice posti sull’altare. Il sacerdote informò subito il Vescovo Niccolò da San Martino, che ordinò di portare la Reliquia del lino insanguinato nella Cattedrale e istituì un regolare processo canonico.

Attualmente la reliquia è ancora custodita nella Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Giuliano, sotto l’altare del Santissimo Sacramento. Sempre in questa chiesa si conserva una pergamena coeva in cui viene descritto il Prodigio. Anche lo storico Ferdinando Ughelli cita questo Miracolo nella sua opera Italia Sacra del 1647 e descrive come sin dal XIV secolo “il corporale veniva portato in solenne processione per la città, chiuso in un’urna di cristallo d’argento, con il concorso di tutto il Piceno”, infatti, nel 1494 fu istituita a Macerata una delle prime Confraternite in onore del SS. Sacramento (1494) e fu proprio qui che nacque la pia pratica delle Quarantore nel 1556. Ogni anno, in occasione della festa del Corpus Domini, il corporale del Miracolo viene portato in processione dietro il Santissimo Sacramento.

Eucarestia

Bagno di Romagna, 1412
A Bagno di Romagna, nella Basilica di Santa Maria Assunta, è conservata la Reliquia del Miracolo Eucaristico del «Sacro Lino intriso di Sangue». Lo storico Fortunio così descrive il Miracolo nella sua nota opera Annales Camaldulenses: «Correva l’anno 1412. La badia camaldolese di Santa Maria in Bagno (allora Priorato) era governata da Don Lazzaro da Verona. Mentre costui un dì celebrava il divino Sacrificio, fu occupata la sua mente, per opera diabolica, da un forte dubbio intorno alla reale presenza di Gesù nel Santissimo Sacramento; quand’ecco vide mettersi in ebollizione le sacre specie del vino, riversarsi fuori del calice e spandersi sopra il corporale in forma di vivo e palpitante sangue, e così il corporale ne rimase inzuppato. Non è a dire quale commozione fosse la sua e quale perturbazione di mente lo cogliesse in quell’istante di fronte ad un avvenimento così strepitoso. Piangendo si rivolse agli astanti, confessando la nutrita incredulità e il Prodigio che allora si era compiuto sotto il suo sguardo». Il monaco Lazzaro fu in seguito trasferito a Bologna come cappellano del monastero femminile camaldolese di Santa Cristina, dove morì nel 1416. I Camaldolesi con alterne vicende ressero la Pieve di Bagno sino alla soppressione napoleonica del 1808; da allora la Parrocchia – Basilica di S. Maria Assunta, dopo essere stata retta per un breve periodo dalla diocesi di Sansepolcro, nel 1975 è passata definitivamente a far parte della diocesi di Cesena. Nel 1912 il Cardinale Giulio Boschi, Arcivescovo di Ferrara, fece celebrare il quinto centenario del Miracolo, a cui seguì un convegno di studi eucaristici. Nel 1958, S.E. Domenico Bornigia, fece eseguire un’analisi chimica sulle macchie del corporale del Miracolo dall’Università di Firenze, che confermò essere di natura ematica.

Nella Basilica si trova una incisione su legno del 1400 chiamata «La Madonna del sangue» colorata e rarissima, che si trova nella terza cappella a sinistra. Questa immagine è così chiamata perché come riferisce don Benedetto Tenaci, abate di Bagno e testimone oculare del Prodigio, il 20 maggio del 1498, l’icona versò sangue dal braccio sinistro.

Ogni anno, durante la festa del Corpus Domini, il corporale viene portato in processione per le strade della città e viene esposto per tutte le domeniche della stagione termale che va da marzo a novembre, nella Messa che si celebra alle ore 11:00.

Eucarestia

Torino, 1453
Nella Basilica del Corpus Domini a Torino, si trova una cancellata in ferro che racchiude il luogo dove si verificò il primo Miracolo Eucaristico avvenuto a Torino nel 1453. Un’iscrizione sul pavimento all’interno della cancellata descrive il Prodigio: «Qui cadde prostrato il giumento che trasportava il Corpo divino – qui la Sacra Ostia liberatasi dal sacco che l’imprigionava, si levò da se stessa in alto – qui clemente discese nelle mani supplici dei Torinesi – qui dunque il luogo fatto santo dal Prodigio – ricordandolo, pregando genuflesso ti sia in venerazione o ti incuta timore (6 giugno 1453)».

Nell’Alta Val Susa, presso Exilles, le truppe di Renato d’Angiò si scontrarono con le milizie del duca Lodovico di Savoia. Qui i soldati si abbandonarono al saccheggio del paese ed alcuni entrarono in chiesa. Uno di loro, forzò la porticina del tabernacolo e rubò l’ostensorio con l’Ostia consacrata. Avvolse tutta la refurtiva in un sacco e a dorso di mulo, si diresse verso la città di Torino. Sulla piazza maggiore, presso la chiesa di S. Silvestro, ora dello Spirito Santo, sul luogo dove in seguito fa eretta la chiesa del Corpus Domini, il giumento incespicò e cadde. Ecco allora aprirsi il sacco e l’ostensorio con l’Ostia consacrata elevarsi al di sopra delle case circostanti tra lo stupore della gente. Tra i presenti c’era anche Don Bartolomeo Coccolo, il quale corse a dar notizia al Vescovo, Lodovico dei marchesi di Romagnano. Il Vescovo, accompagnato da un corteo di popolo e di clero, si portò in piazza, si prostrò in adorazione e pregò con le parole dei discepoli di Emmaus: «Resta con noi, Signore». Nel frattempo si era verificato un nuovo prodigio: l’ostensorio era caduto a terra, lasciando libera e splendente, come un secondo sole, l’Ostia consacrata. Il Vescovo che teneva in mano un calice, lo alzò verso l’alto e lentamente l’Ostia consacrata cominciò a ridiscendere, posandosi dentro il calice. La devozione per il Miracolo Eucaristico del 1453 fu subito assunta dalla Città che promosse dapprima la costruzione di un’edicola sul luogo del Prodigio, ben presto sostituita dalla chiesa dedicata al Corpus Domini. Ma l’espressione più significativa è costituita dalle feste organizzate in occasione dei centenari e dei cinquantenari (del 1653, 1703, 1753, 1853 e – in parte – 1803). Molti sono i documenti che descrivono il Miracolo: i più antichi sono i tre Atti Capitolari del 1454, 1455, e 1456 e alcuni scritti coevi del Comune di Torino. Nel 1853 il Beato Papa Pio IX celebrò solennemente il quarto centenario del Miracolo, cerimonia a cui parteciparono anche San Giovanni Bosco e Don Rua. Pio IX in quest’occasione inoltre approvò l’Ufficio e la Messa propri del Miracolo per l’arcidiocesi di Torino.

Nel 1928 Pio XI elevò la Chiesa del Corpus Domini alla dignità di Basilica Minore. L’Ostia del Miracolo fu conservata fino al XVI secolo, finché la Santa Sede non ordinò di consumarla «per non obbligare Dio a fare eterno Miracolo col mantenere sempre incorrotte, come si mantennero, quelle stesse eucaristiche specie».

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Volterra, 1472
Un soldato fiorentino, entrato in Cattedrale di Volterra, si impadronì, insieme a numerosi oggetti sacri di gran valore, di una preziosa pisside di avorio contenente numerose Ostie consacrate. Uscito dalla chiesa, con gran ira e disprezzo verso Nostro Signore, gettò contro la parete della Cattedrale la pisside con le particole che, illuminate da una luce misteriosa, si innalzarono e rimasero per molto tempo sospese, lasciando così che molte persone riuscissero a vedere il miracolo. Il soldato cadde per terra pentito e iniziò a piangere per il terribile sacrilegio che aveva commesso.

Sono numerosi gli atti conservati nella biblioteca comunale della città che testimoniano l’accaduto e, nella chiesa di San Francesco, vi è anche la testimonianza di Fra Biagio Lisci che ne fu un testimone diretto.

Preghiamo anche noi per tutti sacrilegi commessi ogni giorno verso il Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore, in riparazione a questi atti spregevoli che vengono commessi in disprezzo verso Dio.

Eucarestia

Asti, 1535
Il 25 luglio del 1535, mentre il pio sacerdote Domenico Occelli, verso le ore 7 celebrava la Messa presso l’altare maggiore della Collegiata di S. Secondo, giunto alla frazione dell’Ostia, la vide lungo tutta la lunghezza della frattura imporporarsi di vivo Sangue. Tre gocce caddero nel calice e una quarta rimase all’estremità dell’Ostia. Inizialmente Don Domenico continuò la celebrazione della Messa. Quando staccò la parte di Ostia che doveva mettere nel calice vide uscire da questa altro Sangue. Stupefatto si rivolse agli astanti e li invitò ad avvicinarsi presso l’altare a vedere il Prodigio. Quando il sacerdote prese l’Ostia per consumarla, questa, scomparso il Sangue, riprese subito il suo naturale candore. Questi furono lo svolgimento dei fatti secondo la traduzione della relazione ufficiale, inviata dal Vescovo di Asti, Mons. Scipione Roero, alla S. Sede e riprodotta nel Breve Apostolico in data 6 novembre 1535 con cui Papa Paolo III concesse l’indulgenza plenaria a quanti «nel dì commemorativo del Miracolo visiteranno la chiesa del Santo e reciteranno tre Pater ed Ave secondo l’intenzione del Pontefice.

Eucarestia

Morrovalle, 1560
[...] vi presentiamo un miracolo avvenuto nella nostra terra marchigiana, a pochi km dalla nostra parrocchia: Morrovalle dove un’Ostia Magna consacrata rimase intatta nonostante un incendio.

Nella notte tra il 16 e il 17 aprile 1560, nell’ottava di Pasqua, intorno alle due del mattino, il fratello laico Angelo Blasi fu svegliato di soprassalto dal rumore di un violento crepitio. Guardando dalla finestra della sua cella, vide che la chiesa era completamente avvolta dalle fiamme e corse subito ad avvertire gli altri frati. L’incendio fu domato dopo 7 ore e solo nei giorni seguenti iniziarono i lavori di sgombero dell’immensa massa di detriti. Quale non fu la meraviglia quando il 27 aprile, il Padre Battista da Ascoli, nel rimuovere un pezzo di marmo di quello che era stato l’altare maggiore, scorse nella cavità del muro la pisside con il corporale un po’ bruciacchiato su cui si conservava, ancora intatta ed integra, l’Ostia Magna consacrata. Il Padre Battista gridò al Miracolo, e molta gente accorse subito sul luogo per ammirare il Prodigio. Per tre giorni interi il SS.mo Sacramento rimase esposto per l’adorazione dei fedeli. Quando finalmente arrivò il Padre provinciale Evangelista da Morrò d’Alba, l’Ostia miracolosa fu riposta in una cassetta d’avorio.

L’allora Vescovo di Bertinoro, Mons. Ludovico di Forlì, fu immediatamente inviato dal Papa Pio IV a Morrovalle per indagare la veridicità dei fatti. Il Papa Pio IV, appena ricevette il resoconto del Vescovo, giudicò l’evento superiore ad ogni causa naturale e ne autorizzò il culto con l’indizione della Bolla Sacrosanta Romana Ecclesia (1560). Secondo le disposizioni contenute nella Bolla pontificia, i giorni dell’anniversario dell’incendio e del rinvenimento della santissima Ostia (17 e 27 aprile) divennero festivi e furono chiamati «dei due Perdoni». La chiesa fu in seguito ampliata a causa della moltitudine di fedeli che accorreva alle celebrazioni. Attualmente la ricorrenza delle due date è festeggiata con l’esposizione del Santissimo Sacramento e della teca sull’altare maggiore e i Perdoni, cioè le due indulgenze plenarie, possono essere lucrate nella chiesa di San Bartolomeo. Fino al 1600 l’Ostia miracolosa si conservò intatta, ma a causa delle vicissitudini storiche, dopo questa data dell’Ostia miracolosa si perse ogni traccia. Oggi rimane solo la teca e il coperchio della pisside, sopravvissute alle fiamme. Nel 1960 è stato celebrato solennemente il quarto centenario del Miracolo Eucaristico di Morrovalle e il Consiglio Comunale, all’unanimità, deliberò di apporre sulla facciata della porta principale di Morrovalle l’iscrizione «Civitas Eucaristica».

Eucarestia

Veroli, 1570
Nella Pasqua del 1570, presso la chiesa di S. Erasmo, l’Ostia consacrata, secondo il rito tradizionale, venne chiusa in una teca d’argento di forma cilindrica con coperchio a cerniera e questa venne poi posta dentro un grande calice ministeriale, anch’esso d’argento, coperto con la patena. Il tutto, infine, fu avvolto in un elegante drappo di seta. Bisogna precisare che nel XV secolo, l’esposizione del Santissimo nell’ostensorio era poco diffuso, anche se nel Concilio di Colonia (1452) si era già parlato di questo oggetto. Era consuetudine che ogni confraternita della città andasse ad adorare per un’ora il SS.mo Sacramento esposto. Così gli iscritti alla confraternita della Misericordia, che precedevano quelli del Corpus Domini e quelli della Madonna, vestiti con i loro sacchi neri, si misero tutti in ginocchio per pregare. Il documento più autorevole su questo Miracolo Eucaristico fu redatto immediatamente dopo i fatti dalla Curia ed è conservato nell’archivio della chiesa di S. Erasmo. Molto dettagliata è la deposizione di un certo Giacomo Meloni, che fu tra i primi testimoni che assistettero al Prodigio: «E così alzando gli occhi verso il calice, vidi dai piedi alla coppa del calice una stella splendidissima e sopra la stella appariva il SS.mo Sacramento di grandezza simile a quello che si suole usare nella Messa del Sacerdote e la stella era attaccata al SS.mo Sacramento (…). La meraviglia si compì allorché si videro attorno all’Ostia consacrata, dei bimbi adoranti, simili a piccoli angeli… ». Ancora oggi, il martedì dopo Pasqua viene ricordato ogni anno il Prodigio, con una solenne cerimonia in cui partecipa anche il Vescovo. Il calice con la patena dove fu esposto il SS.mo Sacramento, è rimasto sempre custodito tra i reliquiari dei santi, così come la teca d’argento. Le sacre specie dell’Ostia miracolosa di Veroli, dopo 112 anni circa, furono consumate. Nel 1970, in occasione del quarto centenario del Prodigio, si celebrò il terzo Congresso Eucaristico della diocesi di Veroli – Frosinone. Ogni primo venerdì del mese, nella chiesa del Miracolo Eucaristico, si tiene l’adorazione del SS.mo Sacramento e si lasciano chiuse tutte le altre chiese. Oggi il calice dove fu esposto il SS. Sacramento è custodito nella chiesa di Sant’Erasmo e viene utilizzato per la celebrazione della Santa Messa, una volta l’anno, il martedì dopo Pasqua.

Eucarestia

Mogoro, 1604
[...] vi presentiamo il miracolo Eucaristico avvenuto nell’Aprile del 1604 a Mogoro, in Sardegna, descritto dallo storico Pietro M. Cossu. Il lunedì di Pasqua, don Salvatore Spiga, parroco della chiesa di San Bernardino, stava celebrando la Messa e dopo la consacrazione cominciò a distribuire la Comunione ai fedeli. A un certo punto vide accostarsi alla Comunione anche due uomini, conosciuti da tutti per la vita dissoluta che conducevano. Il Parroco diede loro la Comunione ed appena questi ricevettero le Particole in bocca, le sputarono a terra sulla pietra della balaustra. I due uomini, si giustificarono dell’accaduto dicendo che le Ostie erano divenute bollenti come dei carboni ardenti e gli avevano bruciato la lingua. Poi, presi dai rimorsi per non essersi confessati prima, scapparono via. Don Salvatore fece raccogliere le sacre Ostie cadute e vide che nella pietra erano rimaste come scolpite, le impronte delle due Particole. Ordinò allora di lavare accuratamente la pietra, sperando che le impronte potessero essere cancellate. Ma ogni tentativo fallì miseramente. Numerosi storici, fra cui il sacerdote Pietro Cossu e il Padre Casu, descrivono gli accertamenti fatti dal Vescovo del tempo, Monsignor Antonio Surredo, e dai suoi successori. Tra i documenti più importanti che confermano il Miracolo, abbiamo l’atto pubblico rogato dal notaio Pedro Antonio Escano il 25 maggio 1686, con cui il Rettore di Mogoro stipulò un contratto per l’erezione di un tempietto di legno dorato sulla sommità dell’altare maggiore, tempietto che alla base doveva contenere una cavità per accogliervi la «pietra del Miracolo», la quale doveva essere conservata racchiusa entro una decorosa scatola e collocata in modo da poter essere vista dai fedeli. La pietra presenta ancora oggi le impronte rotonde delle due Ostie. Per questo prodigioso avvenimento e in riparazione per quell’atto sacrilego, ogni anno, la domenica successiva a quella di Pasqua, a Mogoro si svolge una solenne processione eucaristica.

Eucarestia

Roma, 1610
Ancora oggi è possibile vedere l’impronta miracolosa lasciata dall’Ostia caduta sul gradino dell’altare della Cappella Caetani, nella Chiesa di Santa Pudenziana a Roma. Santa Pudenziana è una delle più antiche chiese di Roma. IL senatore romano Pudente diede ospitaltà all’Apostolo Pietro nella sua casa che sorgeva proprio dove la Chiesa poggia le sue fondamenta e il nome della chiesa deriverebbe dal nome della figlia del senatore: Pudenziana che, assieme a sua sorella Prassede, divenne celebre perché detergevano il sangue dei martiri dopo la loro esecuzione

L’impronta sul gradino vi restò impressa in seguito alla caduta dell’Ostia dalle mani di un sacerdote che proprio mentre stava celebrando la Messa fu colto dal dubbio sulla reale presenza di Gesù nel Sacramento dell’Eucaristia.

Eucarestia

Torino, 1640
Nel 1640 l’armata francese del Conte d’Harcourt oltrepassò il Po conquistando anche la ridotta del Monte dei Cappuccini. Il Padre cappuccino Pier Maria da Cambiano, descrive dettagliamene un Miracolo Eucaristico avvenuto durante l’occupazione da parte delle truppe francesi, della chiesa di Santa Maria del Monte: «Il Piemonte fu inondato da eserciti stranieri, tra cui i francesi che, lasciata Casale Monferrato, liberata dagli spagnoli, marciarono sopra Torino. Il 6 maggio 1640 si trovarono a Chieri, il 7 a Moncalieri ed il 10 arrivarono presso Torino, e rasentando la riva sinistra del Po, fatto impeto sul ponte, se ne impadronirono, nonostante la valida difesa dei nostri, ritiratisi verso il convento dei Cappuccini del Monte. Ma neppure qui si trovarono al sicuro. Nel mattino del 12 maggio i francesi diedero due potenti ed energici assalti alle trincee e, sebbene per due volte respinti, al terzo, però, costrinsero i nostri a deporre le armi e a rifugiarsi col popolo, sperando salvezza nel luogo santo, in chiesa. Gli invasori allora entrarono in chiesa, uccisero uomini e donne, giovani e vecchi, borghesi e soldati, e perfino quelli che si erano attaccati ai sacri altari, o che si erano rifugiati fra le braccia dei Frati Cappuccini, e domandavano pietà e libera la vita. Dei religiosi neppure uno fu ferito: tutti però si trovarono col cuore spezzato alla vista di così esecrabile strage. Sparso il sangue, trafugarono gli arredi sacri e saccheggiarono il convento, perché in esso, com’asilo sicuro, era stata posta dai fuggiaschi qualche masserizia. In seguito, nella chiesa stessa (orribile a dirsi) si abbandonarono a brutali atti di libidine. Ma non basta ancora. Un soldato francese e eretico montò sull’altare e dopo aver sfondato l’uscio del Tabernacolo fece per afferrare la Pisside contenente le sacrosante Particole per farne scempio! Ma Miracolo! Una linea di fuoco uscita dal sacro Ciborio andò a cogliere in pieno petto il sacrilego francese e gli bruciò gli abiti e il viso. Il soldato, spaventato, si gettò a terra urlando e chiedendo perdono a Dio. Subito la chiesa fu riempita di denso fumo e fra il comune stupore e terrore cessò il sacrilegio».

Eucarestia

Cava dei Tirreni, 1656
A Napoli, nel maggio del 1656 si diffuse una terribile epidemia di peste a causa all’invasione dei soldati spagnoli provenienti dalla Sardegna. L’epidemia ben presto si espanse nei villaggi e nelle campagne circostanti arrivando anche nella cittadina di Cava dei Tirreni. Vi furono migliaia di vittime, sia in città che nelle campagne. Don Paolo Franco fu uno dei pochi risparmiati dalla peste e, ispirato dall’alto, sfidando ogni pericolo, convocò la popolazione e indisse una processione riparatrice dal Casale della SS. Annunziata al terrazzo superiore di Monte Castello, situato a pochi chilometri di distanza. Quando arrivarono in cima al monte, Don Franco benedì Cava dei Tirreni con il Santissimo Sacramento. La peste cessò miracolosamente e ancora oggi, ogni anno, nel mese di giugno, la popolazione di Cava promuove la «Festa di Castello», in cui ricorda la liberazione dal contagio della peste.

Eucarestia

Asti, 1718
[...] un altro miracolo eucaristico avvenuto sempre ad Asti.

La mattina del 10 maggio 1718 il sacerdote Francesco Scotto, si recò presso l’Opera Milliavacca per celebrare la Santa Messa. Erano circa le 8,00. La chiesa dell’istituto era divisa in due parti, l’anteriore, in cui potevano intervenire gli estranei, e la posteriore, dietro l’altare, riservato alle convittrici. Nella parte anteriore, cioè davanti l’altare, si trovava solo il notaio Scipione Alessandro Ambrogio, cancelliere vescovile e tesoriere dell’istituto. Nella parte posteriore della chiesa si trovavano invece le convittrici. Quando il sacerdote era giunto all’elevazione dell’Ostia, il Dottor Ambrogio si accorse che l’Ostia era rotta in due parti. Appena il sacerdote elevò il calice, l’uomo, convinto che un’Ostia spezzata non fosse materia valida, si avvicinò all’altare per avvertire il sacerdote, e corse subito a prendere un’altra ostia in sacrestia. Nel frattempo il celebrante sollevò con le dita l’Ostia e la trovò realmente divisa a metà, e con suo infinito stupore vide il profilo longitudinale delle due parti tutto vermiglio di sangue, più il piede del calice e la coppa macchiate di sangue e alcuni piccoli spruzzi sanguigni sul corporale stesso. Ambrogio intanto era arrivato con la nuova ostia e si accorse che questa sanguinava. Subito si mise a piangere. Il notaio corse subito a chiamare il canonico Argenta, confessore dell’istituto, il teologo Vaglio e il penitenziere Ferrero, che furono anch’essi diretti testimoni del Prodigio. Contemporaneamente a questi giunsero anche gli altri sacerdoti e tre medici della città, i dottori Argenta, Volpini e Vercellone, i quali attestarono con giuramento che quelle chiazze rosse erano vero sangue. Tra i presenti uno fu colto dal dubbio che il sangue potesse provenire dal naso, o dalla bocca del sacerdote, ma alcuni chirurghi presenti, dopo minuta osservazione, esclusero ogni dubbio in proposito. Intervenuto poi il provicario col segretario della curia e il vicario dell’Inquisizione, R. Bordino, di comune accordo si stese una regolare relazione del Miracolo. Un’altra importante prova dell’autenticità del Miracolo ci è fornita da un documento che dice come Monsignor Filippo Artico, Vescovo d’Asti, nel 1841 fece esaminare il calice e l’Ostia del Miracolo da alcuni periti fisici che confermarono l’origine ematica delle macchie rosse. L’Opera Pia Milliavacca ha conservato gelosamente le testimonianze del Prodigio: il calice con macchie di sangue, l’Ostia della celebrazione purtroppo corrotta e ridotta ad un velo, la patena, il corporale e la coppa d’argento dorato.

Eucarestia

Siena, 1730
[...] vi presentiamo il miracolo eucaristico custodito nella Basilica di San Francesco a Siena: da 287 anni 223 Ostie si conservano intatte, un miracolo che incantò anche il cattolico Enrico Medi.

Tra i documenti più importanti che descrivono il Prodigio c’è una memoria scritta da un certo Macchi nel 1730, in cui si racconta che il 14 agosto del 1730, alcuni ladri riuscirono ad entrare nella chiesa di San Francesco a Siena, e rubarono la pisside contenente 351 Particole consacrate. Dopo tre giorni, il 17 agosto, nella cassetta delle elemosine del Santuario di Santa Maria in Provenzano, in mezzo alla polvere, furono ritrovate le 351 Ostie intatte. Tutto il popolo accorse a festeggiare il ritrovamento delle sante Ostie, che furono subito riportate in solenne processione, nella chiesa di San Francesco.

Il trascorrere degli anni non causò alcun segno di alterazione nelle Particole. L’Arcivescovo Tiberio Borghese fece chiudere per dieci anni in una scatola di latta sigillata alcune ostie non consacrate. La commissione scientifica preposta quando riaprì la scatola vi trovò solo vermi e frammenti putrefatti. Il fatto è contro ogni legge fisica e biologica, lo stesso scienziato Enrico Medi così si espresse al riguardo: «Questo intervento diretto di Dio, è il Miracolo […], compiuto e mantenuto tale miracolosamente per secoli, a testimoniare la realtà permanente di Cristo nel Sacramento Eucaristico».

Più volte, uomini illustri le esaminarono con ogni mezzo e le conclusioni furono sempre le stesse: «Le sacre Particole sono ancora fresche, intatte, fisicamente incorrotte, chimicamente pure e non presentano alcun principio di corruzione». Nel 1914, il Papa San Pio X autorizzò un esame a cui parteciparono numerosi professori di bromatologia, igiene, chimica e farmaceutica, fra cui vi era anche il noto Professore Siro Grimaldi. La conclusione finale del verbale che redassero diceva: «Le Sante Particole di Siena sono un classico esempio della perfetta conservazione di Particole di pane azzimo consacrate nell’anno 1730, e costituiscono un fenomeno singolare, palpitante di attualità che inverte le leggi naturali della conservazione della materia organica. […] È strano, è sorprendente, è anormale: le leggi della natura si sono invertite, il vetro è diventato sede di muffe, il pane azzimo è stato invece più refrattario del cristallo. […] È un fatto unico consacrato negli annali della scienza». Altre analisi furono compiute nel 1922, in occasione del trasferimento delle Particole in un cilindro di puro cristallo di rocca, nel 1950 e nel 1951. Il Papa Giovanni Paolo II, nel corso della visita pastorale effettuata alla città di Siena il 14 settembre 1980, così si espresse di fronte alle Ostie prodigiose: «È la Presenza!».

Il Miracolo permanente delle Santissime Particole si custodisce nella cappella Piccolomini nei mesi estivi, e nella cappella Martinozzi nei mesi invernali. Numerose sono le iniziative che indicono i cittadini di Siena in onore delle Sante Ostie: l’omaggio delle Contrade, l’ossequio dei bambini della prima Comunione, la solenne processione nella festa del Corpus Domini, il Settenario Eucaristico di fine settembre, la giornata di adorazione eucaristica il 17 di ogni mese a ricordo del ritrovamento avvenuto il 17 agosto 1730.

Eucarestia

Scala, 1732
[...] il miracolo eucaristico avvenuto a Scala nel 1732 a cui assistette anche il Dottore della Chiesa, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, santo che si distinse per il suo amore verso Gesù Sacramentato e la Madonna, celebri infatti sono i suoi scritti a riguardo.

La Venerabile suor Maria Celeste Crostarosa, fondò assieme a Sant’Alfonso Maria de Liguori, il Monastero del Santissimo Redentore. Ogni giovedì, nel Monastero veniva esposto il Santissimo Sacramento per la pubblica adorazione. A partire dall’11 settembre del 1732, per tre mesi consecutivi, durante l’esposizione solenne del Santissimo Sacramento, apparvero nella Particola contenuta nell’Ostensorio, i segni della Passione di Cristo. Tutto ciò poté essere verificato oltre che dalle monache e dal popolo, anche dal Vescovo di Scala, monsignor Santoro e dal Vescovo di Castellamare. L’apparizione avvenne anche alla presenza di Sant’Alfonso Maria de Liguori. Monsignor Santoro scrisse una lettera al Nunzio Apostolico di Napoli, monsignor Simonetti, nella quale descriveva tutti i particolari relativi alle visioni avvenute nella Santa Ostia esposta: a sua volta il Nunzio trasmise la lettera all’allora Segretario di Stato, il Cardinale Barbieri.

Eucarestia

Patierno (NA), 1772
[...] a San Pietro a Patierno in Napoli, miracolo testimoniato anche da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori.

Nel 1772, ignoti ladri trafugarono un certo numero di Ostie consacrate, che vennero ritro vate nei terreni del Duca delle Grottolelle un mese dopo, sotto un mucchio di letame, completamente intatte. Fu possibile rinvenirle grazie all’apparizione di luci misteriose e di una colomba sul luogo dove erano sepolte. Sant’Alfonso Maria de Liguori descrisse dettagliatamente questo Miracolo. La circonferenza delle Particole rubate dalla chiesa di San Pietro a Patierno corrispondeva inoltre perfettamente a quella del ferro usato per la loro composizione e incisione di proprietà della stessa chiesa di San Pietro. Il Vicario Generale, Monsignor Onorati, redasse i verbali del processo diocesano che durò 2 anni, dal 1772 al 1774 e pose il sigillo con cera di Spagna color rosso sopra il nodo del laccetto che annodava le «due caraffine incastrate d’argento». Nei verbali si legge: «Diciamo, decretiamo e dichiariamo che la menzionata apparizione dei lumi e la intatta conservazione delle sacre Particole per tanti giorni sotto il terreno, è stato ed è un autentico e spettabilissimo Miracolo operato da Dio».

Tra le varie testimonianze ci furono anche quelle di tre rinomati scienziati del tempo tra i quali vi era anche il noto Dr. Domenico Cotugno della Regia Università di Napoli, che così si espressero al riguardo: «Segnatamente la straordinaria apparizione dei lumi, variata in tante maniere, e l’intatta conservazione delle dissepolte Particole non possono spiegarsi co’ principi fisici, e superano le forze degli agenti naturali: quindi è che debbono essere considerate come miracolose». Nel 1972 il Prof. Pietro De Franciscis, docente di fisiologia umana all’Università degli Studi di Napoli, confermava questa sentenza nella sua «Relazione sul ritrovamento delle sacre Ostie, avvenuto il 24 febbraio del 1772, in San Pietro a Patierno». Nel 1967, il Cardinale Arcivescovo Corrado Ursi, scriveva nell’apposita Bolla indetta in occasione dell’elevazione della chiesa di San Pietro a Santuario Diocesano Eucaristico: «II Prodigio di San Pietro a Patierno è un dono e un monito divino per tutta la nostra arcidiocesi. La sua voce non deve affievolirsi, ma deve efficacemente spingere i fedeli di tutti i tempi a considerare il messaggio riguardante il “Pane della vita per la salvezza del mondo”, lanciato da Gesù a Cafarnao».

Nel 1971 è stato indetto l’Anno Eucaristico diocesano per dare modo alla comunità diocesana di prendere coscienza del Miracolo Eucaristico.
Purtroppo nel 1978, alcuni ignoti ladri sono riusciti a rubare anche il Reliquiario con le miracolose Particole del 1772.

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Miracoli Eucaristici in Italia

Posté par atempodiblog le 6 juin 2021

Miracoli Eucaristici in Italia
Fonte: Parrocchia Santa Maria della Misericordia di Osimo (AN)

Miracoli Eucaristici in Italia Miracoli-Eucaristici-dell-Italia

Roma, 595
Nel 595, stesso anno del Concilio di Roma, nella antica chiesa dedicata a San Pietro durante una celebrazione eucaristica domenicale presieduta dal Papa San Gregorio Magno, al momento di ricevere la Santa Comunione, una nobildonna romana cominciò a ridere sonoramente perché assalita dai dubbi circa la verità della reale presenza di Cristo nel pane e nel vino consacrati. Il Papa allora, turbato dalla sua incredulità, decise di non comunicarla e, dopo averla ripresa duramente le chiese il motivo di quel comportamento. Questa si giustificò dicendo che non riusciva a credere come fosse possibile che quel pane che lei stessa aveva preparato con le sue mani, grazie alle parole della consacrazione, divenisse il Corpo e il Sangue di Cristo. San Gregorio le vietò allora di comunicarsi e cominciò a implorare Dio d’illuminarla. Aveva appena terminato di pregare che vide divenire carne e sangue proprio quella frazione di pane preparata dalla donna. La donna, pentita, s’inginocchio a terra e cominciò a piangere.

Questo evento è menzionato anche nella Vita Beati Gregorii Papae scritta dal Diacono Paolo nel 787 e la reliquia di questo Miracolo Eucaristico si conserva ad Andechs, in Germania, presso il monastero benedettino.

Non smettiamo mai di chiedere al Buon Dio di mandarci Santi pastori che tengano al Corpo Sangue Anima e Divinità realmente presenti nel Santissimo Sacramento, che facciano vincere l’amore per Dio sul falso rispetto umano, facendo ricevere la Santa Comunione in modo rispettoso e con riverenza. Cosa fareste se ora vi apparisse un Angelo del Signore o la Madonna? Non vi inginocchiereste con gran e santo timore? Perché dunque ad un Angelo e alla Madonna sì e a Dio no?

Eucarestia

Lanciano, 750 - Il miracolo Eucaristico italiano più conosciuto
Il miracolo avvenne nel 750 nella Chiesa di San Francesco, come riportato in un’iscrizione marmorea del XVII secolo: «Un monaco sacerdote dubitò se nell’Ostia consacrata ci fosse veramente il Corpo di Nostro Signore. Celebrò Messa e, dette le parole della consacrazione, vide divenire Carne l’Ostia e Sangue il Vino. Fu mostrata ogni cosa agli astanti. La Carne è ancora intera e il Sangue diviso in cinque parti disuguali che tanto pesano tutte unite quanto ciascuna separata».

Nel 1970, l’Arcivescovo di Lanciano e il ministro provinciale dei Conventuali di Abruzzo, con l’autorizzazione di Roma, richiesero al Dottor Edoardo Linoli, dirigente dell’ospedale d’Arezzo e professore di anatomia, istologia, chimica e microscopia clinica, un approfondito esame scientifico sulle Reliquie del Prodigio avvenuto dodici secoli prima. II 4 marzo 1971, il professore presentò un resoconto dettagliato dei vari studi eseguiti. Ecco le conclusioni essenziali:

  • La «Carne miracolosa» è veramente carne costituita dal tessuto muscolare striato del miocardio.
  • II «Sangue miracoloso» è vero sangue: l’analisi cromatografica lo dimostra con certezza assoluta e indiscutibile. Lo studio immunologico manifesta che la Carne e il Sangue sono certamente di natura umana e la prova immunoematologica permette di affermare con tutta oggettività e certezza che ambedue appartengono allo stesso gruppo sanguigno AB, gruppo uguale a quello dell’uomo della Sindone e caratteristico delle popolazioni mediorientali.
  • Le proteine contenute nel Sangue sono normalmente ripartite, nella percentuale identica a quella dello schema siero-proteico del sangue fresco normale.
  • Nessuna sezione istologica ha rivelato traccia di infiltrazioni di sali o di sostanze conservanti utilizzate nell’antichità allo scopo di mummificazione.

Questa relazione fu pubblicata in Quaderni Sclavo in Diagnostica (fasc. 3, 1971) e suscitò un grande interesse nel mondo scientifico. Anche nel 1973, il Consiglio superiore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nominò una commissione scientifica per verificare le conclusioni di Linoli. I lavori durarono 15 mesi con 500 esami. Le ricerche furono le medesime di quelle effettuate dal prof. Linoli, con altri complementi. Più precisamente, fu affermato che i frammenti prelevati a Lanciano non potevano essere assimilati a tessuti mummificati. In quanto alla natura del frammento di Carne, la commissione dichiarò che si tratta di un tessuto vivente perché risponde rapidamente a tutte le reazioni cliniche proprie degli esseri viventi. La Carne e il Sangue di Lanciano quindi sono tali e quali sarebbero se fossero stati prelevati il giorno stesso su un vivente. Nell’estratto riassunto dei lavori scientifici della Commissione Medica dell’O.M.S. e dell’O.N.U., pubblicato nel dicembre del 1976 a New York e a Ginevra, si dichiarò che la scienza, consapevole dei suoi limiti, si arresta davanti alla impossibilità di dare una spiegazione.

Vediamo dunque il miracolo che si perpetuata in ogni messa, è veramente Nostro Signore e quanta cura si deve avere verso l’Eucaristica, i protestanti, che non credono nella reale presenza, hanno preteso di comunicarsi da soli, di non avere come mediatrici le mani consacrate del sacerdote, sciagurati i cattolici, religiosi e laici, che seguono tale pratica da sempre sconsigliata anche dopo l’indulto, cosa direte a Nostro Signore quando vi troverete al suo cospetto e avrete l’anima macchiata dalla colpa di aver sparso il Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore per noncuranza? Vediamo che anche la scienza, che non è mai in contraddizione con la Fede, da ragione alla Chiesa sulla reale presenza di Dio nella Santa Eucaristia, cosa aspettate ad accogliere gli insegnamenti eterni della nostra Madre Chiesa?

Eucarestia

Trani, 1000 (circa)
A Trani, nel XI secolo, durante la celebrazione di una Santa Messa una donna non cristiana incredula circa la verità del Dogma cattolico della presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, aiutata da una sua amica cristiana, riuscì a trafugare un’Ostia consacrata. La donna, quasi sfidando Dio, pose poi la Particola consacrata dentro una padella di olio sopra il fuoco. Improvvisamente dall’Ostia stillò una grande quantità di sangue che si riversò sul pavimento fino a fuoriuscire dall’uscio della porta di casa. Spaventata e piena di terrore, la donna cominciò a gridare e le vicine accorsero subito per vedere quale fosse il motivo di così gran pianto. L’Arcivescovo fu subito informato dell’accaduto e ordinò di riportare riverentemente la Particola nella chiesa. La reliquia è custodita nella Cattedrale intitolata a Maria SS.ma Assunta e nel 1706 la casa della donna fu trasformata in cappella grazie alla generosa offerta del nobile Ottaviano Campitelli. La Reliquia dell’Ostia fu riposta nel 1616 dentro ad un antico reliquiario d’argento donato da Fabrizio de Cunio. Su questa Santa Reliquia vennero eseguiti molti controlli e verifiche in diverse epoche, l’ultima risale al 1924, in occasione del Congresso Eucaristico interdiocesano ad opera di Monsignor Giuseppe Maria Leo.

Molti sono i documenti che riportano il Prodigio, tra cui alcuni monogrammi eucaristici riprodotti sulle antiche vie della città. Il frate Bartolomeo Campi, descrive nella sua opera «L’Innamorato di Gesù Cristo» (1625), un accurato resoconto di come si svolsero i fatti. Lo stesso abate cistercense Ferdinando Ughelli (1670), nella sua conosciutissima opera enciclopedica «Italia sacra», in una nota al settimo volume scriveva: «A Trani si venera una sacra Ostia, fritta per disprezzo alla nostra fede…, nella quale, svelato il pane azzimo, apparve la vera Carne e il vero Sangue di Cristo, che cadde fino a terra». Una conferma indiretta al Miracolo la troviamo anche in un’affermazione di San Pio da Pietrelcina che esclamò: «Trani è fortunata, perché per ben due volte il Sangue di Cristo ha bagnato la sua terra» (il riferimento era diretto al Miracolo Eucaristico di cui ci siamo occupati e al miracolo del Crocifisso di Colonna, dal cui naso sfregiato fuoriuscì un’abbondante fiotto di Sangue).

Eucarestia

Ferrara, 1171
Nella Basilica di Santa Maria in Vado, a Ferrara, il 28 marzo 1171, giorno di Pasqua, durante la frazione del pane consacrato della Santa Messa di Resurrezione, Padre Pietro da Verona, priore dei Canonici Regolari Portuensi, assistito dai tre confratelli Bono, Leonardo e Aimone, vide sgorgare un zampillo di sangue le cui goccioline macchiarono la piccola volta sovrastante l’altare della celebrazione.

La chiesa divenne grande meta di pellegrinaggio e nel 1495, per ordine del duca Ercole I d’Este, fu ristrutturata e ampliata. Successivamente, nel 1595, la volta macchiata del Sangue di Cristo fu rinchiusa in un tempietto.

Molti furono i testimoni che videro l’Ostia assumere un colore sanguigno e di aver intravisto la figura di un bambino. Il Vescovo Amato di Ferrara e l’Arcivescovo Gherardo di Ravenna, immediatamente informati dell’accaduto, constatarono con i loro occhi i segni del miracolo. Tra le numerose testimonianze raccolte ricordiamo la Bolla di Papa Eugenio IV (30 marzo 1442); il manoscritto di Gerardo Cambrense, il documento più antico (1197) che menziona il Prodigio (attualmente conservato nella Biblioteca Lamberthiana di Canterbury); la Bolla del Cardinale Migliorati (1404), in cui si concedono delle indulgenze a «chi visiterà la chiesa e renderà omaggio al Sangue Prodigioso».

Ancora oggi, il 28 di ogni mese nella Basilica, attualmente officiata dai Missionari del Preziosissimo Sangue di San Gaspare del Bufalo, si pratica l’Adorazione Eucaristica a memoria del Miracolo e ogni anno, in preparazione della festa del Corpus Domini, si celebrano le solenni Quarantore.

Accogliamo l’invito di Nostro Signore di aumentare la nostra fede, con l’adorazione, la lode e la preghiera, non dimenticando mai che Lui è veramente presente nella Santissima Eucarestia: Corpo, Anima, Sangue e Divinità, dunque non è un segno, un simbolo, ma Gesù reale e preghiamo sempre, ogni volta che possiamo ma specialmente durante la Comunione sacramentale, in riparazione ai terribili oltraggi che ogni giorno si perpetuano contro Lui e contro sua Madre.

Eucarestia

Alatri, 1228
[...] vi presentiamo un miracolo eucaristico italiano con cui Dio ci ricorda che consultare maghi, oroscopi, cartomanti e simili è un dei peccati più gravi in quanto si infrange il primo comandamento “Non avrai altro Dio al di fuori di me”.

Ad Alatri si conserva ancora oggi presso la Cattedrale di S. Paolo Apostolo, la Reliquia del Miracolo Eucaristico avvenuto nel 1228 che consiste in un frammento di Particola convertita in carne. Una giovane donna, per riconquistare l’amore del suo fidanzato, si rivolge ad una fattucchiera che le ordina di rubare un’Ostia consacrata per farne un filtro d’amore. Durante una Messa la ragazza riesce a prelevare un’Ostia che nasconde in un panno, ma arrivata a casa si accorge che l’Ostia si è trasformata in carne sanguinante.

Di questo Prodigio ne parlano numerosi documenti, ma la testimonianza più autorevole su questo Miracolo si trova nella Bolla Fraternitas tuae scritta da Papa Gregorio IX (13 marzo 1228), in risposta al Vescovo di Alatri, Giovanni V. Ecco il testo della Bolla Pontificia: «Gregorio Vescovo servo dei servi di Dio al Ven. Fratello Vescovo di Alatri salute ed Apostolica benedizione. Abbiamo ricevuto la tua lettera, fratello carissimo, che ci informava come una certa giovane suggestionata dal cattivo consiglio di una malefica donna, dopo aver ricevuto dal sacerdote il Corpo sacratissimo di Cristo, lo trattenne nella bocca fino al momento in cui, colta l’occasione favorevole, lo poté nascondere in un panno, dove, dopo tre giorni, ritrovò lo stesso Corpo, che aveva ricevuto in forma di pane, trasformato in carne, come tuttora ognuno può constatare coi propri occhi. Poiché l’una e l’altra donna ti hanno tutto ciò umilmente rivelato, desideri un nostro parere circa la punizione da infliggere alle colpevoli. In primo luogo, dobbiamo rendere grazie, con tutte le nostre forze, a Colui che, pur operando in ogni cosa in modo meraviglioso, tuttavia in qualche occasione ripete i miracoli e suscita nuovi prodigi, affinché, irrobustendo la fede nelle verità della Chiesa Cattolica, sostenendo la speranza, riaccendendo la carità, richiami i peccatori, converta i perfidi e confonda la malvagità degli eretici. Pertanto, fratello carissimo, a mezzo di questa lettera apostolica, disponiamo che tu infligga una punizione più mite alla giovane, che riteniamo abbia compiuto l’azione delittuosa più per debolezza che per cattiveria, specialmente perché è da credersi che si sia sufficientemente pentita nel confessare il peccato. Alla istigatrice poi, che con la sua perversione la spinse a commettere il sacrilegio, dopo averle applicato quelle misure disciplinari che crediamo opportuno di affidare al tuo criterio, imponi che, visitando i Vescovi più vicini, confessi umilmente il suo reato, implorando, con devota sottomissione, il perdono». Il Sommo Pontefice interpretò l’episodio come un segno contro le diffuse eresie circa la presenza reale di Gesù nell’Eucaristia e perdonò le due donne pentite. In occasione del 750° anniversario è stata coniata una medaglia commemorativa che rappresenta da una parte la facciata della Cattedrale sormontata dal reliquiario dell’Ostia Incarnata e, dall’altra, la figura del busto di Papa Gregorio IX con la Bolla pontificia.

Eucarestia

Assisi, 1240 – Santa Chiara e i Saraceni
I miracoli ottenuti da Santa Chiara sono molteplici ma oggi vogliamo parlarvi di uno molto particolare: il miracolo eucaristico avvenuto nel 1240 narrato da Tommaso da Celano nella Leggenda di Santa Chiara Vergine[1]

Assisi era sotto l’attacco dei Saraceni, cioè dei musulmani, e le loro armate erano riuscite a penetrate nel chiostro di San Damiano. Santa Chiara con amore ardente e le lacrime agli occhi si rivolse al Suo Sposo, il Re dei Re, per domandare protezione contro quel popolo senza Dio che nei luoghi assaliti, non solo facevano razzia di beni materiali, ma oltraggiavano le donne sin da bambine. Santa Chiara ottenne da Dio la grazia della loro salvezza e della città di Assisi: la Santa, con grande ardore, preso il cofanetto di argento e avorio dove era custodita la Santissima Eucaristia, andò incontro ai suoi nemici che fuggirono via senza fare ritorno. Di seguito riportiamo il testo delle Fonti Francescane.

“21. Piace a questo punto raccontare i portenti delle sue orazioni, con altrettanta aderenza alla verità quanto sono degni di venerazione. In quel periodo travagliato che la Chiesa attraversò in diverse parti del mondo sotto l’impero di Federico, la valle Spoletana beveva più spesso delle altre il calice dell’ ira. Erano stanziate lì, per ordine imperiale, schiere di soldati e nugoli di arcieri saraceni, fitti come api, per devastare gli accampamenti, per espugnare le città. E una volta, durante un assalto nemico contro Assisi, città particolare del Signore, e mentre ormai l’esercito si avvicina alle sue porte, i Saraceni, gente della peggiore specie, assetata di sangue cristiano e capace di ogni più inumana scelleratezza, irruppero nelle adiacenze di San Damiano, entro i confini del monastero, anzi fin dentro al chiostro stesso delle vergini. Si smarriscono per il terrore i cuori delle Donne, le voci si fanno tremanti per la paura e recano alla Madre i loro pianti. Ella, con impavido cuore, comanda che la conducano, malata com’è, alla porta e che la pongano di fronte ai nemici, preceduta dalla cassetta d’argento racchiusa nell’avorio, nella quale era custodito con somma devozione il Corpo del Santo dei Santi.

22. E tutta prostrata in preghiera al Signore, nelle lacrime parlò al suo Cristo: «Ecco, o mio Signore, vuoi tu forse consegnare nelle mani di pagani le inermi tue serve, che ho allevato per il tuo amore? Proteggi, Signore, ti prego, queste tue serve, che io ora, da me sola, non posso salvare». Subito una voce, come di bimbo, risuonò alle sue orecchie dalla nuova arca di grazia: «Io vi custodirò sempre!». «Mio Signore – aggiunse – proteggi anche, se ti piace, questa città, che per tuo amore ci sostenta». E Cristo a lei: «Avrà da sostenere travagli, ma sarà difesa dalla mia protezione». Allora la vergine, sollevando il volto bagnato di lacrime, conforta le sorelle in pianto: «Vi do garanzia, figlie, che nulla soffrirete di male; soltanto abbiate fede in Cristo!». Né vi fu ritardo: subito l’audacia di quei cani, rintuzzata, è presa da spavento; e, abbandonando in tutta fretta quei muri che avevano scalato, furono sgominati dalla forza di colei che pregava. E subito Chiara ammonisce quelle che avevano udito la voce di cui sopra ho parlato, dicendo loro severamente: «Guardatevi bene, in tutti i modi, dal manifestare a qualcuno quella voce finché io sono in vita, figlie carissime»”.

Che questo episodio rimanga ben impresso nella nostra mente e nei nostri cuori, Dio può tutto e nel momento del bisogno Egli è pronto a venirci incontro appena chiediamo il Suo aiuto in tutte le nostre necessità , “Chiedete e vi sarà dato” (Matteo 7,7).

Un altro insegnamento che possiamo trarre da questo episodio della vita di Santa Chiara è l’amore e la riverenza che si deve avere verso Dio. Molto spesso oggi si invoca illecitamente la povertà francescana nei riguardi degli arredi liturgici (candelieri, calici, pianete…) ma, ahimè, quanta ignoranza! San Francesco stesso, come molti altri santi che vivevano nella povertà (come il Santo Curato d’Ars), pretendeva questa ricchezza, che non ha nulla a che vedere con lo sfarzo del mondo che è fine a se stesso, ma, poiché Dio è Re, a Lui deve essere riconosciuto ogni bene, sia materiale che spirituale, deve essere riconosciuta la sua Regalità, anche con i beni esteriori poiché noi non siamo Angeli e siamo fatti anche di materia. Un chiaro esempio ci viene anche dall’arte sacra sempre attenta ai minimi particolari sin dai primi secoli del Cristianesimo! E ciò ci è stato insegnato dallo stesso Gesù Cristo quando lasciò lavarsi i piedi con il nardo (un unguento costassimo che ancora oggi, sebbene il suo prezzo sia decimato, è molto caro) e farsi asciugare dai capelli della peccatrice, solo Giuda Escariota si indignò, poiché secondo lui quei soldi erano stati spesi inutilmente quando potevano essere usati per i poveri, come si sa, Giuda Escariota era il tesoriere e non di rado rubava dalla cassa comune, ciò sia di monito a tutti quei cristiani che si indignano davanti alla gloria che si da Dio con gli arredi sacri e alle riverenze e poi sprecano i propri averi dietro alle frivolezze e al peccato, mancando così di carità a Dio e al prossimo.

[1] TOMMASO DA CELANO, Leggenda di Santa Chiara Vergine, in Fonti Francescane, PADOVA, 2011 III EDIZIONE, EDITRICI FRANCESCANE, n. 3201-3202

Eucarestia

Firenze, 1230 e 1595
Nella chiesa di Sant’Ambrogio a Firenze, sono custodite le Reliquie di due Prodigi Eucaristici avvenuti nel 1230 e nel 1595. Il primo Miracolo si verificò il 30 dicembre del 1230. Un sacerdote di nome Uguccione, terminata la Messa, non si accorse che alcune gocce di vino consacrato erano rimaste nel calice e si erano tramutate in Sangue. Il giorno seguente, tornando a celebrare la Messa nella stessa chiesa trovò dentro al calice delle gocce di sangue vivo rappreso ed incarnato. Il sangue fu subito raccolto in un’ampolla di cristallo. Lo storico Giovanni Villani fa un’accurata descrizione del Miracolo: «Il dì appresso, prendendo nuovamente il detto calice vi trovò dentro vivo sangue rappreso […] e ciò fu manifesto a tutte le donne di quel monastero e a tutti i vicini che vi furono presenti e al Vescovo e a tutto il chiericato e poi si palesò a tutti i Fiorentini, i quali, con grande devozione, vi si radunarono intorno per vedere e presero il sangue del calice e lo misero in un’ampolla di cristallo che ancora si mostra al popolo con grande riverenza». Il Vescovo Ardingo da Pavia ordinò di portare la Reliquia in Vescovado, e dopo poche settimane la restituì alle Suore del Monastero che la custodirono presso la chiesa di Sant’Ambrogio. Papa Bonifacio IX, nel 1399, concesse la stessa indulgenza della Porziuncola ai fedeli che avessero visitato la chiesa di Sant’Ambrogio e avessero contribuito ad adornare la Reliquia del Miracolo. Nel 1980 è stato celebrato il 750° anniversario del Prodigio. La Reliquia del Miracolo (alcune gocce di Sangue che misurano circa un centimetro quadrato) si conserva in un prezioso Ostensorio, collocato all’interno di un Tabernacolo in marmo bianco costruito da Mimo da Fiesole. L’altro Miracolo Eucaristico avvenne il Venerdì Santo dell’anno 1595. Una candela, accesa sull’altare della cappella laterale, detta del Sepolcro, cadde a terra e la incendiò. La gente accorse subito per domare il fuoco e si riuscì a salvare il Santissimo Sacramento e il calice. Nel trambusto generale, dalla pisside che conteneva alcune Ostie consacrate, caddero sei Particole sul tappeto incandescente che nonostante il fuoco, furono ritrovate intatte ed unite tra loro. Nel 1628 l’Arcivescovo di Firenze, Marzio Medici, dopo averle esaminate, le trovò incorrotte e le fece dunque riporre in un prezioso reliquario. Ogni anno, durante le Quarantore che si celebrano a maggio, le due Reliquie vengono esposte insieme in un reliquario contenente anche un’Ostia consacrata per la pubblica adorazione.

Eucarestia

Bolsena, 1264
Le attuali ricerche storiche confermano quanto riportano le testimonianze più antiche, il Miracolo avvenne nell’estate del 1264. Un sacerdote boemo, Pietro da Praga, venne in Italia per una udienza con Papa Urbano IV, che durante l’estate si era trasferito ad Orvieto, accompagnato anche da San Tommaso d’Aquino e numerosi altri teologi e Cardinali. Pietro da Praga, subito dopo essere stato ricevuto dal Papa, si incamminò per ritornare in Boemia. Lungo la via del ritorno si fermò a Bolsena, dove celebrò la Messa nella chiesa intitolata a Santa Cristina. Al momento della consacrazione, quando il sacerdote pronunciò le parole che permettono la transustanziazione, avvenne il Miracolo, così descritto da una lapide posta a ricordo: «Improvvisamente quell’Ostia apparve, in modo visibile, vera carne e aspersa di rosso sangue, eccetto quella particella, tenuta dalle dita di lui: il che non si crede accadesse senza mistero, ma piuttosto perché fosse noto a tutti quella essere stata veramente l’Ostia che era dalle mani dello stesso sacerdote celebrante portata sopra il calice». Grazie a questo Miracolo il Signore rafforzò la Fede del sacerdote che malgrado la sua provata pietà e moralità, nutriva spesso dubbi circa la reale presenza di Cristo sotto le Specie del pane e del vino consacrate. La notizia del Miracolo si diffuse subito e sia il Papa che San Tommaso d’Aquino poterono verificare immediatamente di persona il Prodigio. Dopo attento esame Urbano IV ne approvò il culto. Egli decise poi di estendere la festa del Corpus Domini, che sino all’epoca era stata soltanto una festa locale della diocesi di Liegi, a tutta la Chiesa universale. Il Papa incaricò San Tommaso di scrivere la liturgia che avrebbe accompagnato la Bolla «Transiturus de hoc mundo ad Patrem» in cui vengono esposte le ragioni per cui l’Eucaristia è così importante per la vita della Chiesa.

Eucarestia

Offida, 1273-1280
Nel 1273, a Lanciano, una donna di nome Ricciarella, per riconquistare l’affetto del marito Giacomo Stasio, dietro consiglio di una maga, si accostò alla Comunione per trafugare un’Ostia consacrata. Tornata a casa la mise sul fuoco sopra un coppo con l’intento di polverizzarla e metterla poi nel cibo del marito. La Particola invece si convertì in carne sanguinante. Ricciarella, terrorizzata dagli eventi, avvolse il coppo e l’Ostia sanguinante in una tovaglia di lino che seppellì poi in una buca sotto il letame nella stalla del marito. Strani eventi si susseguirono all’interno della stalla: la giumenta di Giacomo, ogni volta che vi entrava, si prostrava in ginocchio verso il luogo dove era seppellita l’Ostia miracolosa, tanto da indurre Giacomo a pensare che la moglie avesse fatto una maleficio alla bestia. Sette anni dopo Ricciarella, in preda ai rimorsi, confessò il suo orribile sacrilegio all’allora priore del convento agostiniano di Lanciano, Giacomo Diotallevi, nativo di Offida. Come raccontano le cronache più antiche la donna in lacrime cominciò a gridare al sacerdote: «Ho ucciso Dio! Ho ucciso Dio!». Il sacerdote recatosi sul luogo, trovò intatto l’involto con le reliquie che furono poi donate ai suoi concittadini. Per conservare la Sacra Ostia gli offidani fecero costruire un reliquiario a forma di croce. Come narra un’antica cronaca, dall’orafo a Venezia furono inviati frate Michele e un confratello. Giunti in quella città, si fecero promettere dall’orafo, con giuramento di fedeltà «che non avrebbe rivelato a nessuno quanto egli stava per vedere e collocare dentro la croce. Dopo di che, l’orafo fece per prendere la pisside con l’Ostia miracolosa, ma colto da febbre improvvisa, esclamò: “Che cosa mi hai portato, o frate mio?”. II religioso allora gli chiese se fosse in peccato mortale. Avendo l’orefice risposto di sì, fece la sua confessione davanti allo stesso frate, e, scomparsa la febbre, senza alcun pericolo prese la pisside, ne estrasse l’Ostia, e la chiuse insieme col sacro Legno nella medesima croce, con sopra un cristallo, come si può chiaramente vedere». I reliquiari del coppo e della tovaglia macchiata di sangue con la croce contenente l’Ostia miracolosa sono esposti nella chiesa di Sant’ Agostino ad Offida. La casa di Ricciarella a Lanciano è stata invece trasformata in una piccola cappella.

Nel 1973 fu celebrato il VII centenario del Miracolo e ogni anno, il 3 maggio, i cittadini di Offida festeggiano l’anniversario del Prodigio.

Numerosi sono i documenti in cui viene descritto questo Prodigio, tra i più autorevoli, una copia autentica di una pergamena del sec. XIII, scritta dal notaio Giovanni Battista Doria nel 1788. Vi sono inoltre numerose bolle di Papi a cominciare da quella di Bonifacio VIII (1295), a quella di Sisto V (1585), interventi di Congregazioni romane, decreti vescovili, statuti comunali, doni votivi, lapidi, affreschi e testimonianze di insigni storici tra cui ricordiamo l’Antinori e il Fella.

Eucarestia

Gruaro, 1294
[...] vi presentiamo un miracolo accaduta in Friuli alla fine del 1200. Tra i documenti più autorevoli che descrivono il Miracolo Eucaristico avvenuto a Gruaro nel 1294 vi è quella dello storico locale Antonio Nicoletti (1765). Una giovane perpetua stava lavando sul lavatoio costruito lungo la roggia Versiola una delle tovaglie d’altare della chiesa di S. Giusto. Improvvisamente vide il lino della tovaglia tingersi di sangue. Osservando più attentamente, notò che il sangue usciva da una Particola consacrata rimasta per sbaglio tra le pieghe della tovaglia. Spaventata da quell’evento inspiegabile corse subito ad avvertire il Parroco che a sua volta informò il Vescovo di Concordia, Giacomo d’Ottonello da Cividale che una volta accertati i fatti, chiese di poter tenere la tovaglia del Miracolo nella sua Cattedrale a Concordia. Ma anche il parroco di Gruaro e la famiglia dei Conti di Valvasone, giuspatroni della chiesa di Gruaro e di quella di Valvasone, volevano tenere la tovaglia. Non si trovò nessun accordo e così si decise di ricorrere alla Santa Sede che alla fine autorizzò i Conti a conservare la Reliquia del Miracolo a Valvasone, a condizione che essi facessero costruire una chiesa da dedicare al Santissimo Corpo di Cristo. La costruzione della chiesa fu terminata nel 1483. La Reliquia di questo Miracolo è tuttora custodita presso la Chiesa del Santissimo Corpo di Cristo a Valvasone in un cilindro di cristallo, sostenuto da un pregevole reliquiario d’argento del maestro orafo Antonio Calligari. La festa della Sacra Tovaglia si celebra nel V giovedì di Quaresima, a conclusione delle giornate di adorazione del SS.mo Sacramento, con la partecipazione dei sacerdoti e delle comunità della foranea di Valvasone. Durante la festa del Corpus Domini, la Reliquia viene portata in processione con il SS. Sacramento.

Eucarestia

Cascia, 1330
La reliquia del miracolo eucaristico di cui vogliamo parlarvi [...] è conservata a Cascia, nella Basilica di Santa Rita. Nel 1330, a Siena, un contadino gravemente ammalato fece chiamare un sacerdote per ricevere la Santa Comunione. Quest’ultimo, per incuria, mise l’Ostia nel suo breviario invece di utilizzare il ciborio. Uno volta giunto a casa dell’ammalato, il sacerdote aprì il libro e si spaventò poiché vide la Particola trasformata in un grumo di sangue che aveva macchiato anche le pagine. Il sacerdote, con cuore contrito dal pentimento, andò immediatamente a Siena per chiedere consiglio al Beato Padre Simone Fidanti, conosciuto da tutti per la sua santità. Quest’ultimo gli concesse il perdono sacramentale e portò con sé le pagine intrise del Sangue di Cristo a Cascia. Nel 1389 il Papa Bonifacio IX confermò l’autenticità del miracolo.

Il frammento di carta pergamenaceo misura mm. 52 x 44. Guardando in controluce si nota che le macchie di sangue hanno formato il profilo di un volto umano e la reliquia emana a volte lo stesso profumo emanato spesso dal corpo di Santa Rita e il prodigioso avvenimento viene ricordato ogni anno per la festa del Corpus Domini, quando la Reliquia viene portata solennemente in processione.

Quindi cari fratelli, ricordiamo sempre di dare la massima riverenza a Nostro Signore Sacramentato, troppo poca incuranza si vede nei laici nel prendere la comunione, la maggior parte delle volte sulle mani senza neanche controllare se vi siano rimasti dei frammenti, ricordiamo che la Chiesa non ha mai dato il permesso di prenderle Nostro Signore con le nostre mani, bensì è un indulto, che purtroppo, oggigiorno è stato fatto diventare una consuetudine. Senza pensare a tutte le comunione sacrileghe che vengono commesse ogni volta che una persona riceve Gesù in peccato mortale, oppure a quanto spesso, i fedeli che, ricevuto il Sacramento, ritornano al proprio banco, non si inginocchiano e iniziano a parlare con il proprio vicino, ricordate che Dio in quel momento è in noi e vi rimane per un quarto d’ora, non sprechiamo questo tempo, il tempo più prezioso della nostra vita dal quale dipende la nostra Eternità!

Aumentiamo sempre più l’Amore, e quindi la cura e riverenza, nei riguardi di Dio e preghiamo in riparazione agli oltraggi e alle mancanza di riverenza per tutti coloro che danno cattivi esempi, sciaguratamente, troppo spesso dei stessi sacerdoti.

Questo appello non viene da noi, ma dal cielo: l’Angelo a Fatima che, prostrato a terra (quindi noi con quale coraggio potremmo noi accostarci al Santissimo Sacramento con leggerezza, indifferenza o in peccato?), pregò “Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, io Vi adoro profondamente e Vi offro il Preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi, delle indifferenze da cui Egli stesso è offeso. Per i meriti infiniti del suo Sacro Cuore e del Cuore Immacolato di Maria io Vi domando la conversione dei poveri peccatori” e comunicando la piccola Giacinta e Francesco disse: “Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro crimini e consolate il vostro Dio”. Poi si prostrò di nuovo e ripeté ancora tre volte la preghiera: “Santissima Trinità,” […].

L’invito a pregare in riparazione agli oltraggi verso Dio è esteso a tutti noi, non manchiamo dunque di rispondere a questa chiamata dal cielo a fare sempre meglio!

Eucarestia

Macerata, 1356
[...] ci spostiamo a poche decine di chilometri da casa: Macerata. Il miracolo di cui vogliamo parlarvi è accaduto nel 1356 e la reliquia è custodita nella Cattedrale, purtroppo gravemente danneggiata dal sisma del 24 agosto 2016.

Il 25 aprile del 1356, a Macerata, un sacerdote stava celebrando la Messa nella cappellina della chiesa di Santa Caterina, di proprietà delle monache benedettine. Durante la frazione del pane, prima della Comunione, il prete cominciò a dubitare della reale transustanziazione. Fu proprio nel momento in cui spezzava l’Ostia che, con suo grande spavento, vide sgorgare da questa un abbondante fiotto di sangue che macchiò parte del lino e del calice posti sull’altare. Il sacerdote informò subito il Vescovo Niccolò da San Martino, che ordinò di portare la Reliquia del lino insanguinato nella Cattedrale e istituì un regolare processo canonico.

Attualmente la reliquia è ancora custodita nella Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Giuliano, sotto l’altare del Santissimo Sacramento. Sempre in questa chiesa si conserva una pergamena coeva in cui viene descritto il Prodigio. Anche lo storico Ferdinando Ughelli cita questo Miracolo nella sua opera Italia Sacra del 1647 e descrive come sin dal XIV secolo “il corporale veniva portato in solenne processione per la città, chiuso in un’urna di cristallo d’argento, con il concorso di tutto il Piceno”, infatti, nel 1494 fu istituita a Macerata una delle prime Confraternite in onore del SS. Sacramento (1494) e fu proprio qui che nacque la pia pratica delle Quarantore nel 1556. Ogni anno, in occasione della festa del Corpus Domini, il corporale del Miracolo viene portato in processione dietro il Santissimo Sacramento.

Eucarestia

Bagno di Romagna, 1412
A Bagno di Romagna, nella Basilica di Santa Maria Assunta, è conservata la Reliquia del Miracolo Eucaristico del «Sacro Lino intriso di Sangue». Lo storico Fortunio così descrive il Miracolo nella sua nota opera Annales Camaldulenses: «Correva l’anno 1412. La badia camaldolese di Santa Maria in Bagno (allora Priorato) era governata da Don Lazzaro da Verona. Mentre costui un dì celebrava il divino Sacrificio, fu occupata la sua mente, per opera diabolica, da un forte dubbio intorno alla reale presenza di Gesù nel Santissimo Sacramento; quand’ecco vide mettersi in ebollizione le sacre specie del vino, riversarsi fuori del calice e spandersi sopra il corporale in forma di vivo e palpitante sangue, e così il corporale ne rimase inzuppato. Non è a dire quale commozione fosse la sua e quale perturbazione di mente lo cogliesse in quell’istante di fronte ad un avvenimento così strepitoso. Piangendo si rivolse agli astanti, confessando la nutrita incredulità e il Prodigio che allora si era compiuto sotto il suo sguardo». Il monaco Lazzaro fu in seguito trasferito a Bologna come cappellano del monastero femminile camaldolese di Santa Cristina, dove morì nel 1416. I Camaldolesi con alterne vicende ressero la Pieve di Bagno sino alla soppressione napoleonica del 1808; da allora la Parrocchia – Basilica di S. Maria Assunta, dopo essere stata retta per un breve periodo dalla diocesi di Sansepolcro, nel 1975 è passata definitivamente a far parte della diocesi di Cesena. Nel 1912 il Cardinale Giulio Boschi, Arcivescovo di Ferrara, fece celebrare il quinto centenario del Miracolo, a cui seguì un convegno di studi eucaristici. Nel 1958, S.E. Domenico Bornigia, fece eseguire un’analisi chimica sulle macchie del corporale del Miracolo dall’Università di Firenze, che confermò essere di natura ematica.

Nella Basilica si trova una incisione su legno del 1400 chiamata «La Madonna del sangue» colorata e rarissima, che si trova nella terza cappella a sinistra. Questa immagine è così chiamata perché come riferisce don Benedetto Tenaci, abate di Bagno e testimone oculare del Prodigio, il 20 maggio del 1498, l’icona versò sangue dal braccio sinistro.

Ogni anno, durante la festa del Corpus Domini, il corporale viene portato in processione per le strade della città e viene esposto per tutte le domeniche della stagione termale che va da marzo a novembre, nella Messa che si celebra alle ore 11:00.

Eucarestia

Torino, 1453
Nella Basilica del Corpus Domini a Torino, si trova una cancellata in ferro che racchiude il luogo dove si verificò il primo Miracolo Eucaristico avvenuto a Torino nel 1453. Un’iscrizione sul pavimento all’interno della cancellata descrive il Prodigio: «Qui cadde prostrato il giumento che trasportava il Corpo divino – qui la Sacra Ostia liberatasi dal sacco che l’imprigionava, si levò da se stessa in alto – qui clemente discese nelle mani supplici dei Torinesi – qui dunque il luogo fatto santo dal Prodigio – ricordandolo, pregando genuflesso ti sia in venerazione o ti incuta timore (6 giugno 1453)».

Nell’Alta Val Susa, presso Exilles, le truppe di Renato d’Angiò si scontrarono con le milizie del duca Lodovico di Savoia. Qui i soldati si abbandonarono al saccheggio del paese ed alcuni entrarono in chiesa. Uno di loro, forzò la porticina del tabernacolo e rubò l’ostensorio con l’Ostia consacrata. Avvolse tutta la refurtiva in un sacco e a dorso di mulo, si diresse verso la città di Torino. Sulla piazza maggiore, presso la chiesa di S. Silvestro, ora dello Spirito Santo, sul luogo dove in seguito fa eretta la chiesa del Corpus Domini, il giumento incespicò e cadde. Ecco allora aprirsi il sacco e l’ostensorio con l’Ostia consacrata elevarsi al di sopra delle case circostanti tra lo stupore della gente. Tra i presenti c’era anche Don Bartolomeo Coccolo, il quale corse a dar notizia al Vescovo, Lodovico dei marchesi di Romagnano. Il Vescovo, accompagnato da un corteo di popolo e di clero, si portò in piazza, si prostrò in adorazione e pregò con le parole dei discepoli di Emmaus: «Resta con noi, Signore». Nel frattempo si era verificato un nuovo prodigio: l’ostensorio era caduto a terra, lasciando libera e splendente, come un secondo sole, l’Ostia consacrata. Il Vescovo che teneva in mano un calice, lo alzò verso l’alto e lentamente l’Ostia consacrata cominciò a ridiscendere, posandosi dentro il calice. La devozione per il Miracolo Eucaristico del 1453 fu subito assunta dalla Città che promosse dapprima la costruzione di un’edicola sul luogo del Prodigio, ben presto sostituita dalla chiesa dedicata al Corpus Domini. Ma l’espressione più significativa è costituita dalle feste organizzate in occasione dei centenari e dei cinquantenari (del 1653, 1703, 1753, 1853 e – in parte – 1803). Molti sono i documenti che descrivono il Miracolo: i più antichi sono i tre Atti Capitolari del 1454, 1455, e 1456 e alcuni scritti coevi del Comune di Torino. Nel 1853 il Beato Papa Pio IX celebrò solennemente il quarto centenario del Miracolo, cerimonia a cui parteciparono anche San Giovanni Bosco e Don Rua. Pio IX in quest’occasione inoltre approvò l’Ufficio e la Messa propri del Miracolo per l’arcidiocesi di Torino.

Nel 1928 Pio XI elevò la Chiesa del Corpus Domini alla dignità di Basilica Minore. L’Ostia del Miracolo fu conservata fino al XVI secolo, finché la Santa Sede non ordinò di consumarla «per non obbligare Dio a fare eterno Miracolo col mantenere sempre incorrotte, come si mantennero, quelle stesse eucaristiche specie».

Eucarestia

Volterra, 1472
Un soldato fiorentino, entrato in Cattedrale di Volterra, si impadronì, insieme a numerosi oggetti sacri di gran valore, di una preziosa pisside di avorio contenente numerose Ostie consacrate. Uscito dalla chiesa, con gran ira e disprezzo verso Nostro Signore, gettò contro la parete della Cattedrale la pisside con le particole che, illuminate da una luce misteriosa, si innalzarono e rimasero per molto tempo sospese, lasciando così che molte persone riuscissero a vedere il miracolo. Il soldato cadde per terra pentito e iniziò a piangere per il terribile sacrilegio che aveva commesso.

Sono numerosi gli atti conservati nella biblioteca comunale della città che testimoniano l’accaduto e, nella chiesa di San Francesco, vi è anche la testimonianza di Fra Biagio Lisci che ne fu un testimone diretto.

Preghiamo anche noi per tutti sacrilegi commessi ogni giorno verso il Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore, in riparazione a questi atti spregevoli che vengono commessi in disprezzo verso Dio.

Eucarestia

Asti, 1535
Il 25 luglio del 1535, mentre il pio sacerdote Domenico Occelli, verso le ore 7 celebrava la Messa presso l’altare maggiore della Collegiata di S. Secondo, giunto alla frazione dell’Ostia, la vide lungo tutta la lunghezza della frattura imporporarsi di vivo Sangue. Tre gocce caddero nel calice e una quarta rimase all’estremità dell’Ostia. Inizialmente Don Domenico continuò la celebrazione della Messa. Quando staccò la parte di Ostia che doveva mettere nel calice vide uscire da questa altro Sangue. Stupefatto si rivolse agli astanti e li invitò ad avvicinarsi presso l’altare a vedere il Prodigio. Quando il sacerdote prese l’Ostia per consumarla, questa, scomparso il Sangue, riprese subito il suo naturale candore. Questi furono lo svolgimento dei fatti secondo la traduzione della relazione ufficiale, inviata dal Vescovo di Asti, Mons. Scipione Roero, alla S. Sede e riprodotta nel Breve Apostolico in data 6 novembre 1535 con cui Papa Paolo III concesse l’indulgenza plenaria a quanti «nel dì commemorativo del Miracolo visiteranno la chiesa del Santo e reciteranno tre Pater ed Ave secondo l’intenzione del Pontefice.

Eucarestia

Morrovalle, 1560
[...] vi presentiamo un miracolo avvenuto nella nostra terra marchigiana, a pochi km dalla nostra parrocchia: Morrovalle dove un’Ostia Magna consacrata rimase intatta nonostante un incendio.

Nella notte tra il 16 e il 17 aprile 1560, nell’ottava di Pasqua, intorno alle due del mattino, il fratello laico Angelo Blasi fu svegliato di soprassalto dal rumore di un violento crepitio. Guardando dalla finestra della sua cella, vide che la chiesa era completamente avvolta dalle fiamme e corse subito ad avvertire gli altri frati. L’incendio fu domato dopo 7 ore e solo nei giorni seguenti iniziarono i lavori di sgombero dell’immensa massa di detriti. Quale non fu la meraviglia quando il 27 aprile, il Padre Battista da Ascoli, nel rimuovere un pezzo di marmo di quello che era stato l’altare maggiore, scorse nella cavità del muro la pisside con il corporale un po’ bruciacchiato su cui si conservava, ancora intatta ed integra, l’Ostia Magna consacrata. Il Padre Battista gridò al Miracolo, e molta gente accorse subito sul luogo per ammirare il Prodigio. Per tre giorni interi il SS.mo Sacramento rimase esposto per l’adorazione dei fedeli. Quando finalmente arrivò il Padre provinciale Evangelista da Morrò d’Alba, l’Ostia miracolosa fu riposta in una cassetta d’avorio.

L’allora Vescovo di Bertinoro, Mons. Ludovico di Forlì, fu immediatamente inviato dal Papa Pio IV a Morrovalle per indagare la veridicità dei fatti. Il Papa Pio IV, appena ricevette il resoconto del Vescovo, giudicò l’evento superiore ad ogni causa naturale e ne autorizzò il culto con l’indizione della Bolla Sacrosanta Romana Ecclesia (1560). Secondo le disposizioni contenute nella Bolla pontificia, i giorni dell’anniversario dell’incendio e del rinvenimento della santissima Ostia (17 e 27 aprile) divennero festivi e furono chiamati «dei due Perdoni». La chiesa fu in seguito ampliata a causa della moltitudine di fedeli che accorreva alle celebrazioni. Attualmente la ricorrenza delle due date è festeggiata con l’esposizione del Santissimo Sacramento e della teca sull’altare maggiore e i Perdoni, cioè le due indulgenze plenarie, possono essere lucrate nella chiesa di San Bartolomeo. Fino al 1600 l’Ostia miracolosa si conservò intatta, ma a causa delle vicissitudini storiche, dopo questa data dell’Ostia miracolosa si perse ogni traccia. Oggi rimane solo la teca e il coperchio della pisside, sopravvissute alle fiamme. Nel 1960 è stato celebrato solennemente il quarto centenario del Miracolo Eucaristico di Morrovalle e il Consiglio Comunale, all’unanimità, deliberò di apporre sulla facciata della porta principale di Morrovalle l’iscrizione «Civitas Eucaristica».

Eucarestia

Veroli, 1570
Nella Pasqua del 1570, presso la chiesa di S. Erasmo, l’Ostia consacrata, secondo il rito tradizionale, venne chiusa in una teca d’argento di forma cilindrica con coperchio a cerniera e questa venne poi posta dentro un grande calice ministeriale, anch’esso d’argento, coperto con la patena. Il tutto, infine, fu avvolto in un elegante drappo di seta. Bisogna precisare che nel XV secolo, l’esposizione del Santissimo nell’ostensorio era poco diffuso, anche se nel Concilio di Colonia (1452) si era già parlato di questo oggetto. Era consuetudine che ogni confraternita della città andasse ad adorare per un’ora il SS.mo Sacramento esposto. Così gli iscritti alla confraternita della Misericordia, che precedevano quelli del Corpus Domini e quelli della Madonna, vestiti con i loro sacchi neri, si misero tutti in ginocchio per pregare. Il documento più autorevole su questo Miracolo Eucaristico fu redatto immediatamente dopo i fatti dalla Curia ed è conservato nell’archivio della chiesa di S. Erasmo. Molto dettagliata è la deposizione di un certo Giacomo Meloni, che fu tra i primi testimoni che assistettero al Prodigio: «E così alzando gli occhi verso il calice, vidi dai piedi alla coppa del calice una stella splendidissima e sopra la stella appariva il SS.mo Sacramento di grandezza simile a quello che si suole usare nella Messa del Sacerdote e la stella era attaccata al SS.mo Sacramento (…). La meraviglia si compì allorché si videro attorno all’Ostia consacrata, dei bimbi adoranti, simili a piccoli angeli… ». Ancora oggi, il martedì dopo Pasqua viene ricordato ogni anno il Prodigio, con una solenne cerimonia in cui partecipa anche il Vescovo. Il calice con la patena dove fu esposto il SS.mo Sacramento, è rimasto sempre custodito tra i reliquiari dei santi, così come la teca d’argento. Le sacre specie dell’Ostia miracolosa di Veroli, dopo 112 anni circa, furono consumate. Nel 1970, in occasione del quarto centenario del Prodigio, si celebrò il terzo Congresso Eucaristico della diocesi di Veroli – Frosinone. Ogni primo venerdì del mese, nella chiesa del Miracolo Eucaristico, si tiene l’adorazione del SS.mo Sacramento e si lasciano chiuse tutte le altre chiese. Oggi il calice dove fu esposto il SS. Sacramento è custodito nella chiesa di Sant’Erasmo e viene utilizzato per la celebrazione della Santa Messa, una volta l’anno, il martedì dopo Pasqua.

Eucarestia

Mogoro, 1604
[...] vi presentiamo il miracolo Eucaristico avvenuto nell’Aprile del 1604 a Mogoro, in Sardegna, descritto dallo storico Pietro M. Cossu. Il lunedì di Pasqua, don Salvatore Spiga, parroco della chiesa di San Bernardino, stava celebrando la Messa e dopo la consacrazione cominciò a distribuire la Comunione ai fedeli. A un certo punto vide accostarsi alla Comunione anche due uomini, conosciuti da tutti per la vita dissoluta che conducevano. Il Parroco diede loro la Comunione ed appena questi ricevettero le Particole in bocca, le sputarono a terra sulla pietra della balaustra. I due uomini, si giustificarono dell’accaduto dicendo che le Ostie erano divenute bollenti come dei carboni ardenti e gli avevano bruciato la lingua. Poi, presi dai rimorsi per non essersi confessati prima, scapparono via. Don Salvatore fece raccogliere le sacre Ostie cadute e vide che nella pietra erano rimaste come scolpite, le impronte delle due Particole. Ordinò allora di lavare accuratamente la pietra, sperando che le impronte potessero essere cancellate. Ma ogni tentativo fallì miseramente. Numerosi storici, fra cui il sacerdote Pietro Cossu e il Padre Casu, descrivono gli accertamenti fatti dal Vescovo del tempo, Monsignor Antonio Surredo, e dai suoi successori. Tra i documenti più importanti che confermano il Miracolo, abbiamo l’atto pubblico rogato dal notaio Pedro Antonio Escano il 25 maggio 1686, con cui il Rettore di Mogoro stipulò un contratto per l’erezione di un tempietto di legno dorato sulla sommità dell’altare maggiore, tempietto che alla base doveva contenere una cavità per accogliervi la «pietra del Miracolo», la quale doveva essere conservata racchiusa entro una decorosa scatola e collocata in modo da poter essere vista dai fedeli. La pietra presenta ancora oggi le impronte rotonde delle due Ostie. Per questo prodigioso avvenimento e in riparazione per quell’atto sacrilego, ogni anno, la domenica successiva a quella di Pasqua, a Mogoro si svolge una solenne processione eucaristica.

Eucarestia

Roma, 1610
Ancora oggi è possibile vedere l’impronta miracolosa lasciata dall’Ostia caduta sul gradino dell’altare della Cappella Caetani, nella Chiesa di Santa Pudenziana a Roma. Santa Pudenziana è una delle più antiche chiese di Roma. IL senatore romano Pudente diede ospitaltà all’Apostolo Pietro nella sua casa che sorgeva proprio dove la Chiesa poggia le sue fondamenta e il nome della chiesa deriverebbe dal nome della figlia del senatore: Pudenziana che, assieme a sua sorella Prassede, divenne celebre perché detergevano il sangue dei martiri dopo la loro esecuzione

L’impronta sul gradino vi restò impressa in seguito alla caduta dell’Ostia dalle mani di un sacerdote che proprio mentre stava celebrando la Messa fu colto dal dubbio sulla reale presenza di Gesù nel Sacramento dell’Eucaristia.

Eucarestia

Torino, 1640
Nel 1640 l’armata francese del Conte d’Harcourt oltrepassò il Po conquistando anche la ridotta del Monte dei Cappuccini. Il Padre cappuccino Pier Maria da Cambiano, descrive dettagliamene un Miracolo Eucaristico avvenuto durante l’occupazione da parte delle truppe francesi, della chiesa di Santa Maria del Monte: «Il Piemonte fu inondato da eserciti stranieri, tra cui i francesi che, lasciata Casale Monferrato, liberata dagli spagnoli, marciarono sopra Torino. Il 6 maggio 1640 si trovarono a Chieri, il 7 a Moncalieri ed il 10 arrivarono presso Torino, e rasentando la riva sinistra del Po, fatto impeto sul ponte, se ne impadronirono, nonostante la valida difesa dei nostri, ritiratisi verso il convento dei Cappuccini del Monte. Ma neppure qui si trovarono al sicuro. Nel mattino del 12 maggio i francesi diedero due potenti ed energici assalti alle trincee e, sebbene per due volte respinti, al terzo, però, costrinsero i nostri a deporre le armi e a rifugiarsi col popolo, sperando salvezza nel luogo santo, in chiesa. Gli invasori allora entrarono in chiesa, uccisero uomini e donne, giovani e vecchi, borghesi e soldati, e perfino quelli che si erano attaccati ai sacri altari, o che si erano rifugiati fra le braccia dei Frati Cappuccini, e domandavano pietà e libera la vita. Dei religiosi neppure uno fu ferito: tutti però si trovarono col cuore spezzato alla vista di così esecrabile strage. Sparso il sangue, trafugarono gli arredi sacri e saccheggiarono il convento, perché in esso, com’asilo sicuro, era stata posta dai fuggiaschi qualche masserizia. In seguito, nella chiesa stessa (orribile a dirsi) si abbandonarono a brutali atti di libidine. Ma non basta ancora. Un soldato francese e eretico montò sull’altare e dopo aver sfondato l’uscio del Tabernacolo fece per afferrare la Pisside contenente le sacrosante Particole per farne scempio! Ma Miracolo! Una linea di fuoco uscita dal sacro Ciborio andò a cogliere in pieno petto il sacrilego francese e gli bruciò gli abiti e il viso. Il soldato, spaventato, si gettò a terra urlando e chiedendo perdono a Dio. Subito la chiesa fu riempita di denso fumo e fra il comune stupore e terrore cessò il sacrilegio».

Eucarestia

Cava dei Tirreni, 1656
A Napoli, nel maggio del 1656 si diffuse una terribile epidemia di peste a causa all’invasione dei soldati spagnoli provenienti dalla Sardegna. L’epidemia ben presto si espanse nei villaggi e nelle campagne circostanti arrivando anche nella cittadina di Cava dei Tirreni. Vi furono migliaia di vittime, sia in città che nelle campagne. Don Paolo Franco fu uno dei pochi risparmiati dalla peste e, ispirato dall’alto, sfidando ogni pericolo, convocò la popolazione e indisse una processione riparatrice dal Casale della SS. Annunziata al terrazzo superiore di Monte Castello, situato a pochi chilometri di distanza. Quando arrivarono in cima al monte, Don Franco benedì Cava dei Tirreni con il Santissimo Sacramento. La peste cessò miracolosamente e ancora oggi, ogni anno, nel mese di giugno, la popolazione di Cava promuove la «Festa di Castello», in cui ricorda la liberazione dal contagio della peste.

Eucarestia

Asti, 1718
[...] un altro miracolo eucaristico avvenuto sempre ad Asti.

La mattina del 10 maggio 1718 il sacerdote Francesco Scotto, si recò presso l’Opera Milliavacca per celebrare la Santa Messa. Erano circa le 8,00. La chiesa dell’istituto era divisa in due parti, l’anteriore, in cui potevano intervenire gli estranei, e la posteriore, dietro l’altare, riservato alle convittrici. Nella parte anteriore, cioè davanti l’altare, si trovava solo il notaio Scipione Alessandro Ambrogio, cancelliere vescovile e tesoriere dell’istituto. Nella parte posteriore della chiesa si trovavano invece le convittrici. Quando il sacerdote era giunto all’elevazione dell’Ostia, il Dottor Ambrogio si accorse che l’Ostia era rotta in due parti. Appena il sacerdote elevò il calice, l’uomo, convinto che un’Ostia spezzata non fosse materia valida, si avvicinò all’altare per avvertire il sacerdote, e corse subito a prendere un’altra ostia in sacrestia. Nel frattempo il celebrante sollevò con le dita l’Ostia e la trovò realmente divisa a metà, e con suo infinito stupore vide il profilo longitudinale delle due parti tutto vermiglio di sangue, più il piede del calice e la coppa macchiate di sangue e alcuni piccoli spruzzi sanguigni sul corporale stesso. Ambrogio intanto era arrivato con la nuova ostia e si accorse che questa sanguinava. Subito si mise a piangere. Il notaio corse subito a chiamare il canonico Argenta, confessore dell’istituto, il teologo Vaglio e il penitenziere Ferrero, che furono anch’essi diretti testimoni del Prodigio. Contemporaneamente a questi giunsero anche gli altri sacerdoti e tre medici della città, i dottori Argenta, Volpini e Vercellone, i quali attestarono con giuramento che quelle chiazze rosse erano vero sangue. Tra i presenti uno fu colto dal dubbio che il sangue potesse provenire dal naso, o dalla bocca del sacerdote, ma alcuni chirurghi presenti, dopo minuta osservazione, esclusero ogni dubbio in proposito. Intervenuto poi il provicario col segretario della curia e il vicario dell’Inquisizione, R. Bordino, di comune accordo si stese una regolare relazione del Miracolo. Un’altra importante prova dell’autenticità del Miracolo ci è fornita da un documento che dice come Monsignor Filippo Artico, Vescovo d’Asti, nel 1841 fece esaminare il calice e l’Ostia del Miracolo da alcuni periti fisici che confermarono l’origine ematica delle macchie rosse. L’Opera Pia Milliavacca ha conservato gelosamente le testimonianze del Prodigio: il calice con macchie di sangue, l’Ostia della celebrazione purtroppo corrotta e ridotta ad un velo, la patena, il corporale e la coppa d’argento dorato.

Eucarestia

Siena, 1730
[...] vi presentiamo il miracolo eucaristico custodito nella Basilica di San Francesco a Siena: da 287 anni 223 Ostie si conservano intatte, un miracolo che incantò anche il cattolico Enrico Medi.

Tra i documenti più importanti che descrivono il Prodigio c’è una memoria scritta da un certo Macchi nel 1730, in cui si racconta che il 14 agosto del 1730, alcuni ladri riuscirono ad entrare nella chiesa di San Francesco a Siena, e rubarono la pisside contenente 351 Particole consacrate. Dopo tre giorni, il 17 agosto, nella cassetta delle elemosine del Santuario di Santa Maria in Provenzano, in mezzo alla polvere, furono ritrovate le 351 Ostie intatte. Tutto il popolo accorse a festeggiare il ritrovamento delle sante Ostie, che furono subito riportate in solenne processione, nella chiesa di San Francesco.

Il trascorrere degli anni non causò alcun segno di alterazione nelle Particole. L’Arcivescovo Tiberio Borghese fece chiudere per dieci anni in una scatola di latta sigillata alcune ostie non consacrate. La commissione scientifica preposta quando riaprì la scatola vi trovò solo vermi e frammenti putrefatti. Il fatto è contro ogni legge fisica e biologica, lo stesso scienziato Enrico Medi così si espresse al riguardo: «Questo intervento diretto di Dio, è il Miracolo […], compiuto e mantenuto tale miracolosamente per secoli, a testimoniare la realtà permanente di Cristo nel Sacramento Eucaristico».

Più volte, uomini illustri le esaminarono con ogni mezzo e le conclusioni furono sempre le stesse: «Le sacre Particole sono ancora fresche, intatte, fisicamente incorrotte, chimicamente pure e non presentano alcun principio di corruzione». Nel 1914, il Papa San Pio X autorizzò un esame a cui parteciparono numerosi professori di bromatologia, igiene, chimica e farmaceutica, fra cui vi era anche il noto Professore Siro Grimaldi. La conclusione finale del verbale che redassero diceva: «Le Sante Particole di Siena sono un classico esempio della perfetta conservazione di Particole di pane azzimo consacrate nell’anno 1730, e costituiscono un fenomeno singolare, palpitante di attualità che inverte le leggi naturali della conservazione della materia organica. […] È strano, è sorprendente, è anormale: le leggi della natura si sono invertite, il vetro è diventato sede di muffe, il pane azzimo è stato invece più refrattario del cristallo. […] È un fatto unico consacrato negli annali della scienza». Altre analisi furono compiute nel 1922, in occasione del trasferimento delle Particole in un cilindro di puro cristallo di rocca, nel 1950 e nel 1951. Il Papa Giovanni Paolo II, nel corso della visita pastorale effettuata alla città di Siena il 14 settembre 1980, così si espresse di fronte alle Ostie prodigiose: «È la Presenza!».

Il Miracolo permanente delle Santissime Particole si custodisce nella cappella Piccolomini nei mesi estivi, e nella cappella Martinozzi nei mesi invernali. Numerose sono le iniziative che indicono i cittadini di Siena in onore delle Sante Ostie: l’omaggio delle Contrade, l’ossequio dei bambini della prima Comunione, la solenne processione nella festa del Corpus Domini, il Settenario Eucaristico di fine settembre, la giornata di adorazione eucaristica il 17 di ogni mese a ricordo del ritrovamento avvenuto il 17 agosto 1730.

Eucarestia

Scala, 1732
[...] il miracolo eucaristico avvenuto a Scala nel 1732 a cui assistette anche il Dottore della Chiesa, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, santo che si distinse per il suo amore verso Gesù Sacramentato e la Madonna, celebri infatti sono i suoi scritti a riguardo.

La Venerabile suor Maria Celeste Crostarosa, fondò assieme a Sant’Alfonso Maria de Liguori, il Monastero del Santissimo Redentore. Ogni giovedì, nel Monastero veniva esposto il Santissimo Sacramento per la pubblica adorazione. A partire dall’11 settembre del 1732, per tre mesi consecutivi, durante l’esposizione solenne del Santissimo Sacramento, apparvero nella Particola contenuta nell’Ostensorio, i segni della Passione di Cristo. Tutto ciò poté essere verificato oltre che dalle monache e dal popolo, anche dal Vescovo di Scala, monsignor Santoro e dal Vescovo di Castellamare. L’apparizione avvenne anche alla presenza di Sant’Alfonso Maria de Liguori. Monsignor Santoro scrisse una lettera al Nunzio Apostolico di Napoli, monsignor Simonetti, nella quale descriveva tutti i particolari relativi alle visioni avvenute nella Santa Ostia esposta: a sua volta il Nunzio trasmise la lettera all’allora Segretario di Stato, il Cardinale Barbieri.

Eucarestia

Patierno (NA), 1772
[...] a San Pietro a Patierno in Napoli, miracolo testimoniato anche da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori.

Nel 1772, ignoti ladri trafugarono un certo numero di Ostie consacrate, che vennero ritro vate nei terreni del Duca delle Grottolelle un mese dopo, sotto un mucchio di letame, completamente intatte. Fu possibile rinvenirle grazie all’apparizione di luci misteriose e di una colomba sul luogo dove erano sepolte. Sant’Alfonso Maria de Liguori descrisse dettagliatamente questo Miracolo. La circonferenza delle Particole rubate dalla chiesa di San Pietro a Patierno corrispondeva inoltre perfettamente a quella del ferro usato per la loro composizione e incisione di proprietà della stessa chiesa di San Pietro. Il Vicario Generale, Monsignor Onorati, redasse i verbali del processo diocesano che durò 2 anni, dal 1772 al 1774 e pose il sigillo con cera di Spagna color rosso sopra il nodo del laccetto che annodava le «due caraffine incastrate d’argento». Nei verbali si legge: «Diciamo, decretiamo e dichiariamo che la menzionata apparizione dei lumi e la intatta conservazione delle sacre Particole per tanti giorni sotto il terreno, è stato ed è un autentico e spettabilissimo Miracolo operato da Dio».

Tra le varie testimonianze ci furono anche quelle di tre rinomati scienziati del tempo tra i quali vi era anche il noto Dr. Domenico Cotugno della Regia Università di Napoli, che così si espressero al riguardo: «Segnatamente la straordinaria apparizione dei lumi, variata in tante maniere, e l’intatta conservazione delle dissepolte Particole non possono spiegarsi co’ principi fisici, e superano le forze degli agenti naturali: quindi è che debbono essere considerate come miracolose». Nel 1972 il Prof. Pietro De Franciscis, docente di fisiologia umana all’Università degli Studi di Napoli, confermava questa sentenza nella sua «Relazione sul ritrovamento delle sacre Ostie, avvenuto il 24 febbraio del 1772, in San Pietro a Patierno». Nel 1967, il Cardinale Arcivescovo Corrado Ursi, scriveva nell’apposita Bolla indetta in occasione dell’elevazione della chiesa di San Pietro a Santuario Diocesano Eucaristico: «II Prodigio di San Pietro a Patierno è un dono e un monito divino per tutta la nostra arcidiocesi. La sua voce non deve affievolirsi, ma deve efficacemente spingere i fedeli di tutti i tempi a considerare il messaggio riguardante il “Pane della vita per la salvezza del mondo”, lanciato da Gesù a Cafarnao».

Nel 1971 è stato indetto l’Anno Eucaristico diocesano per dare modo alla comunità diocesana di prendere coscienza del Miracolo Eucaristico.
Purtroppo nel 1978, alcuni ignoti ladri sono riusciti a rubare anche il Reliquiario con le miracolose Particole del 1772.

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La buona novella della misericordia di Dio

Posté par atempodiblog le 11 avril 2021

La buona novella della misericordia di Dio
Il Paradiso — Padre Livio Fanzaga, Ed. ARES

La buona novella della misericordia di Dio dans Fede, morale e teologia Divina-Misericordia

In un mondo sul quale incombe la tenebra della non conoscenza dell’amore di Dio, l’Onnipotente fa risuonare più forte che mai la buona novella della sua misericordia. Il messaggio che Gesù fa giungere attraverso santa Faustina Kowalska è la risposta del Cielo alla catastrofe spirituale della nostra generazione sazia e disperata. A una umanità che, senza rendersene conto, si arrende alla potenza dell’Inferno, Dio svela la bellezza del Paradiso per il quale è stata creata. Questo è il senso delle apparizioni mariane dei tempi moderni, che si sono via via moltiplicate, il cui scopo è di ricordare all’umanità che il Cielo è la meta a cui deve tendere. Il solo fatto che la Madonna scenda sulla terra ricorda ai fedeli tiepidi e distratti che la vita sulla terra è un pellegrinaggio verso l’eternità. A un mondo indurito nel rifiuto l’Onnipotente risponde aprendo le cataratte della Sua misericordia.

Credere nell’amore misericordioso di Dio, che ti vuole salvare a ogni costo, senza tuttavia forzare la tua libertà, è più che mai l’atto di fede che ti salva. La nostra generazione può identificarsi con i due malfattori crocifissi con Gesù: uno di loro ha trovato la via della misericordia lungo la quale anche oggi Dio vuole incontrare e salvare le anime.

Impressiona la sollecitudine con cui l’amore paterno di Dio si china sulla piccolezza umana, offrendo degli strumenti semplici e alla portata di tutti per facilitare il raggiungimento della propria salvezza. Chi potrebbe contare il numero delle anime che si sono salvate con la pratica dei primi nove venerdì o dei primi cinque sabati del mese? Solo la stoltezza dei superbi potrebbe disprezzare questi mezzi con il quale Dio ottiene quel minimo di apertura del cuore necessaria per far filtrare la Sua luce e il Suo amore. Quanti battezzati oggi muoiono senza assistenza spirituale e senza sacramenti, e non di rado senza alcun accompagnamento di preghiera! Nella Sua sconfinata bontà Dio ha insegnato a santa Faustina la coroncina della Divina Misericordia, un mezzo apparentemente irrilevante col quale aprire ai moribondi le porte del Cielo:

«Figlia Mia, scrivi queste parole: tutte le anime che adoreranno la Mia Misericordia e ne diffonderanno il culto, esortando altre anime alla fiducia nella Mia Misericordia, queste anime nell’ora della morte non avranno paura. La Mia Misericordia le proteggerà in quell’ultima lotta. Figlia Mia, esorta le anime a recitare la coroncina che ti ho dato. Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno. Se la reciteranno peccatori incalliti, colmerò di pace la loro anima, e l’ora della loro morte sarà serena.
Scrivi questo per le anime afflitte: quando l’anima vede e riconosce la gravità dei suoi peccati, quando si svela ai suoi occhi tutto l’abisso di miseria in cui è precipitata, non si disperi, ma si getti con fiducia nelle braccia della Mia Misericordia, come un bambino fra le braccia della madre teneramente amata.
Queste anime hanno la precedenza nel Mio Cuore compassionevole, esse hanno la precedenza nella Mia Misericordia. Proclama che nessun’anima, che ha invocato la Mia Misericordia, è rimasta delusa né confusa. Ho una predilezione particolare per l’anima che ha fiducia nella Mia bontà. Scrivi che quando verrà recitata la coroncina vicino agli agonizzanti, Mi metterò fra il Padre e l’anima agonizzante non come giusto Giudice, ma come Salvatore misericordioso» (Diario V, 1541).

«Scrivi queste parole, figlia Mia, parla al mondo della Mia Misericordia. Che conosca tutta l’umanità la Mia insondabile Misericordia. Questo è un segno per gli ultimi tempi, dopo i quali arriverà il giorno della giustizia. Fintanto che c’è tempo ricorrano alla sorgente della Mia Misericordia, approfittino del Sangue e Acqua scaturiti per loro» (Diario II, 848).

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Non è solo covid

Posté par atempodiblog le 2 février 2021

Sull’aumento dei suicidi tra i giovani
Non è solo covid
di Alessandro Vergni – L’Osservatore Romano

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L’allarme lanciato nei giorni scorsi dal professor Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, è di quelli che non lasciano tranquilli: nell’ultimo anno i tentativi di suicidio e i casi di autolesionismo tra i giovani — registrato come accessi al Pronto soccorso di quell’ospedale — è aumentato in modo esponenziale. Un aumento, in occasione della seconda ondata del virus (ottobre – gennaio), del 30 per cento nel 90 per cento dei casi costituito da ragazzi tra i 12 e i 18 anni.

Indubbiamente la pandemia è stato un fenomeno scatenante. Il fatto che i ragazzi non siano potuti andare a scuola per tutti questi mesi, l’assenza del rapporto con i compagni, della routine scolastica spesso noiosa ma così necessaria — in dad è tutto attenuato — ad esempio, ha rappresentato la perdita di uno degli ultimi contesti vivibili di cui questa generazione dispone. Non si può però liquidare un dato così tragico — come ha invitato a fare anche il professor Vicari — attribuendone le cause solo a ragioni cliniche, a ragioni contingenti, o sperando in un ridimensionamento dei casi a fine pandemia.

Davanti ad un’impennata così repentina dei numeri, si è obbligati ad andare ancora più in profondità e su un terreno ben più vasto di indagine. Si tratta in tanti casi di disturbi di natura psichiatrica e la risposta per quelle situazioni ovviamente non può prescindere da opzioni di tipo medico, ma si ha anche l’impressione di assistere a quel fenomeno che caratterizza i disastri conseguenti allo spopolamento delle montagne: quando nessuno si prende più cura della montagna, quando tutte le piante vengono tagliate e con esse le loro radici, ogni pioggia, tanta o poca che sia, diventa causa di smottamenti e frane. Le tragedie accadono il più delle volte per questo, per la mancanza di cura. Le radici di quelle piante della montagna sono per l’uomo le relazioni che lo generano e che lo sostengono nelle prove che la vita gli pone dinnanzi.

Verrebbe così da dire che la sospensione della quotidianità dovuta al covid-19 non sia altro che l’onda che ritirandosi lascia in evidenza quei detriti che giacevano già sulla spiaggia. Ne emerge una fragilità della nostra società che viene da tempi più lontani rispetto all’inizio della diffusione del virus. Una fragilità dovuta alla perdita dei legami costitutivi.

Scrive Boris Pasternak ne Il Dottor Zivago, romanzo che parla di un’altra generazione che precipitò nel cuore di un’altra grande tempesta: «D’un colpo, ogni cosa è cambiata, il tono, l’aria, non si sa che pensare, chi ascoltare. Quasi che per tutta la vita ti avessero condotto per mano come una bambina e, a un tratto, ti avessero lasciato: impara a camminare da sola. E non c’è nessuno intorno. Allora ci si vorrebbe poter affidare all’essenziale, alla forza della vita o alla bellezza o alla verità, perché esse ti dirigano in modo sicuro e senza riserve più di quanto non avvenisse nella solita vita di sempre, ora tramontata e lontana».

Per scegliere l’essenziale, la bellezza, la verità occorre che quella mano che ti ha condotto fin qui, pur in modo differente, magari attraverso uno sguardo che non perde di vista quelli che ama, non ti lasci mai più. È questione di relazione. Di educazione. Di prendersi cura, anche con sacrificio. I ragazzi attendono qualcuno che accolga il loro sguardo. Gli adulti sono disposti al sacrificio che chiede questo amore?

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La piaga del modernismo nella Chiesa

Posté par atempodiblog le 23 janvier 2021

La piaga del modernismo nella Chiesa
Da “La vera storia della Chiesa” – Trasmissione del 18 gennaio 2021 – Rubrica mensile condotta dalla professoressa Angela Pellicciari dagli studi di RADIO MARIA
Fonte: Radio Maria

La piaga del modernismo nella Chiesa dans Angela Pellicciari Angela-Pellicciari

Buon giorno amici, e Buon Anno! Un anno in cui io quando faccio gli auguri quest’anno dico: “Auguri di conservare la fede e la speranza!”, come ha detto Maria in uno dei messaggi da Medjugorje. Ci ha detto che siamo chiamati a testimoniare la speranza in un mondo che sembra far di tutto perché finisca, fa di tutto perché viviamo senza speranza. Però, siccome Dio è Dio, ed è onnipotente, ci dà la possibilità di vivere con fede e speranza.

Come è stato annunciato, parliamo del modernismo partendo dagli inizi del Novecento: questo secolo che si apre con feste scintillanti, con un’epoca che viene chiamata “Belle époque”, con Parigi che brinda a che cosa? Alla sovranità dell’uomo che, con la scienza, ormai può raggiungere tutte le vette.

In quel tempo abbiamo avuto le esposizioni mondiali con l’inaugurazione della Torre Eiffel nel 1989. Nel 1900 un’altra esposizione universale – sempre a Parigi – che viene visitata, pensate, da 50 milioni di persone. Siamo nel 1900 e la popolazione dell’Europa e del mondo è molto minore, e i viaggi non erano così facili. Questo è l’ambiente in cui si vive questa ubriacatura progressista, assieme a tanti scandali e corruzione come succede sempre quando gira un’immensa quantità di denaro.

In questo ambiente euforico, dall’altro lato c’è una realtà drammatica per la Chiesa cattolica, che è romana, perché qualche decennio prima Roma aveva cessato di essere la capitale dello Stato Pontificio. Con la “presa di Roma”, la città è stata espugnata dalla massoneria, con tutto quello che ciò ha comportato, nella volontà determinata di cancellare il cristianesimo anche dal cuore dei romani. Anche se, girando per Roma in ogni suo angolo troviamo icone di Maria, una chiesa, eccetera. Insomma, togliere il cattolicesimo dal cuore dei romani non è facile. Ma è proprio a quello che, con pervicacia, hanno da sempre lavorato i nemici della Chiesa.

Però Roma è caduta nel 1870. A questo proposito debbo dire che gli aspetti che tratterò sono in piena continuità con quanto detto prima di me dal Direttore di Radio Maria, padre Livio. Lui si riferiva all’oggi, mentre io parlerò di quello che è successo all’inizio del Novecento. Allora, in questo dramma in cui, da una parte c’è l’euforia, e dall’altra i cristiani che sono perseguitati ovunque, anche a casa loro, anche a Roma.

Questo è uno scandalo per la religione e per la fede! Ma come, ma non ci rendiamo conto della civiltà che la Chiesa ha costruito? Certo, nel mondo c’è sempre il peccato, non c’è mai la perfezione. siamo sempre insidiati dal peccato; la società è sempre insidiata dal peccato, ciò non toglie che nessun’altra civiltà, nessun’altra società al mondo ha realizzato le opere di carità (di santità e scienza), che ha prodotto la Chiesa. Nessuna, in nessuna parte del mondo e in nessun periodo storico. Di queste opere di carità il punto centrale è certamente Roma.

In quel tempo Roma si trova con un papa prigioniero. Non può uscire, non può dire nulla; è sbeffeggiato e deriso da tutti, e questo per il fatto che ha prevalso la visione del mondo che ha chiuso il Cielo. Non c’è più il cielo; non c’è più la speranza nel cielo, per questo ci troviamo con una sicumera della scienza che ci dice che, con il suo apporto, noi costruiremo un mondo senza più dolori. Sarà il regno della felicità. Questo aveva promesso il marxismo e questo promette la gnosi. Una felicità realizzata senza Dio, visto che la gnosi afferma che “Dio ci limita”, e quindi noi, così come ben descritto in Genesi 3, in cui il tentatore dice a Eva: “Dio è invidioso… Non vedi come ti limita? Ti ha detto lui cosa devi e non devi fare. Ma tu devi essere libera!”.

Ecco, è in nome di questa libertà, che Lutero ha tanto ingigantito, procurando delle enormi ferite dal punto di vista, non solo culturale, teologico, ma anche economico.

Scusate se sono un po’ lunga in questa introduzione, ma questa puntata dedicata al modernismo è una puntata un po’ complessa in cui bisogna affrontare tanti argomenti anche biblici, che è quello che cercherò di fare.

Allora, la lotta che il mondo moderno – da Lutero in poi è una lotta che, con la nascita della libera e sfrenata massoneria, si pone contro il dogma. Perché? Perché alla fine il dogma riprende alla lettera quello che Satana suggerisce a Eva: “Decidi tu cos’è bene e cos’è male”. Per questo si sente dire: “Perché il dogma? Tu sei nata per essere libera! Tu sei a immagine e somiglianza di Dio. Hai la libertà assoluta! Perché vuoi farti schiava?

Allora, questa lotta contro il dogma, inteso come un limite feroce posto alla dignità dell’uomo, questa lotta, la Chiesa, con il suo magistero, con i suoi papi l’ha combattuta per due secoli: dalla nascita della Massoneria moderna, nel 1717 a Londra, fino al pontificato di Pio X. Con Pio X non si parla praticamente mai di massoneria: questa associazione segreta a cui i papi hanno dedicato decine di pronunciamenti durante due secoli, culminati nella bellissima analisi che fa Leone XIII a proposito della massoneria nella sua enciclica che ha per titolo “Humanum genus”. ecco, tutto questo magistero, tutto questo sforzo fatto dalla Chiesa per mettere in guardia i cattolici dalle menzogne che vengono spacciate per verità, questo sforzo gigantesco fatto dalla Chiesa analizzando la massoneria in tutte le sue caratteristiche, presupposti filosofici, strategie, tattiche e obiettivi finali, tutto questo grandioso sforzo del magistero pontificio, col pontificato di San Pio X viene messo da parte. Perché? Per spiegarlo devo ricordare una cosa che ho detto nella precedente puntata, ma che è molto interessante, e riguarda l’apertura del conclave per l’elezione del nuovo papa, con un cardinale che entra papa e che, come spesso succede, esce cardinale.

Il cardinale che entra papa è il potente e molto influente e di grande cultura, è Mariano del Tindaro, Segretario di Stato di Leone XIII, (un filofrancese). All’elezione di Mariano Del Tindaro a papa mette un veto – attraverso il cardinale di Cracovia – l’Imperatore Francesco Giuseppe. Questa era una abitudine che i sovrani cattolici avevano raramente esercitato, ma che esisteva. Pertanto Francesco Giuseppe mette il veto. Questo veto diventa lo strumento provvidenziale di cui Dio si serve per fare eleggere al soglio di Pietro Papa Sarto . Egli sarà il primo papa santo del Novecento: San Pio X, che riprende il nome di Pio perché lui vuol collegarsi direttamente a Pio IX.

Prima di continuare con l’analisi su cosa fa papa Sarto, dobbiamo dire che lui non parlerà più di massoneria dato che ormai i papi precedenti ne avevano parlato in abbondanza. Lui parlerà di MODERNISMO. In fondo, che cos’è il modernismo? Il modernismo, detto con parole mie, è l’ingresso in forze del pensiero gnostico dentro la Chiesa.

Prima di proseguire voglio fare una premessa al discorso che stiamo facendo. Il discorso che stiamo facendo – come il discorso che ha fatto Padre Livio questa mattina –, è un discorso che esamina una situazione della chiesa che attualmente è drammatica. La situazione della Chiesa e del mondo all’inizio del Novecento è – come spesso succede –, drammatica.

Allora, che cosa illumina la realtà della Chiesa? la Parola di Dio, la Rivelazione. E, nella Rivelazione del Vangelo di Marco si dice chiaramente al momento in cui Gesù risponde a Pietro, che glie lo domanda: “Signore, noi abbiamo lasciato tutto per seguirti, ma tu, che cosa ci dai in cambio? Gesù risponde: “Il cento per uno!”. Hai lasciato un fratello, te ne trovi cento; una casa, te ne trovi cento, oltre a persecuzioni. Ma oltre a tutto ciò, la vita eterna. Quindi, che ci sia la persecuzione, che Satana scateni all’interno della Chiesa la persecuzione, questo è profetizzato da Gesù.

Qualche giorno fa, il 7 gennaio, per chi legge l’ufficio delle letture – come noi del Cammino Neocatecumenale facciamo su suggerimento dei fondatori Kiko e Carmen –, celebrava la festa di San Raimondo di Peignafort, un grande santo domenicano vissuto nel XII secolo. Bene, nella lettera di San Raimondo citata nell’Ufficio delle letture c’è questo suo discorso, che ora vi leggo: “Se il predicatore della verità, senza mentire (lo dice in riferimento a Marco), ha detto veramente che tutti coloro che vogliono vivere piamente in Cristo soffrono persecuzione, nessuno, io penso, viene escluso da questa regola generale”. Con queste parole egli ci dice che la persecuzione non è un evento che coglie i cristiani in un periodo preciso della storia e che poi, finito questo evento è finita anche la persecuzione, non è così! E la Chiesa l’ha sempre saputo, perché Gesù l’ha detto: “Avrai il cento per uno, assieme a persecuzioni, e alla fine la vita eterna”.

Però oggi noi analizziamo come la persecuzione dei cristiani si espande proprio dentro la Chiesa. Questo è il MODERNISMO. Poi ci si potrebbe chiedere: “Da dove viene questa persecuzione? Ovviamente l’autore delle persecuzioni è Satana, perché Satana odia Dio, odia Gesù Cristo, odia il Corpo di Cristo che è la Chiesa. Infatti, tutte le persecuzioni che Gesù profetizza dicendo che ci saranno sempre, come sempre ci sono state. Perché lo dico? Perché bisogna prepararsi a combattere, perché i cristiani debbono essere dei lottatori: non sono gente pigra, che sta ferma senza far nulla: è gente che è pronta a combattere. Se il mondo li combatte, essi sono pronti a ricevere il combattimento che il mondo gli scatena contro. Questo, alla fine, è anche lo scopo di Radio Maria!

Allora, questa persecuzione profetizzata e che sempre si rinnova, ha due fonti: una viene dall’esterno sotto forma di persecuzione, e l’altra dall’interno attraverso l’inganno e la seduzione. Quando nell’Apocalisse Giovanni dice che Satana, dopo aver cercato di distruggere la Madonna e il Bambino, senza esserci riuscito, va a fare la guerra ai discepoli di Gesù. L’apostolo Giovanni scrive nell’Apocalisse: “E si fermò sulla riva del mare”. Che cosa vuol dire questo? Vuol dire: “Anche tu vuoi camminare sulle acque? Tu pensi davvero che risorgerai? tu pensi che Gesù ti darà la vittoria? Povero illuso! Il mare ti uccide! prova a camminare sul mare, e troverai la morte!”. Questa è la funzione di Satana fermo sulla riva del mare, secondo me. Quindi, con le violenze, con le menzogne, con le torture, con le uccisioni, eccetera, Satana cerca di distruggere la fede in Gesù Cristo. Questa – come dicevo – è la prima modalità di persecuzione. La seconda, di cui parliamo oggi, viene dall’interno. Perché viene da dentro. Questo possiamo capirlo dal contesto che ho introdotto all’inizio.

Siamo in un momento davvero terribile per la Chiesa, perché è perseguitata ovunque perché questa realtà interna nega le bellezze delle scoperte anche scientifiche fatte dai cristiani nel corso dei 1900 anni di storia cristiana e facendo cadere sui cristiani il vituperio di un giudizio anche morale. “Guarda questi idioti che pensano solo al cielo e che non si danno da fare per migliorare la società!”, questa è una delle calunnie di quel periodo. (Ma non solo. N d t). Questa persecuzione che viene da dentro non nasce dal modernismo, che nasce nel Novecento. Perché se leggiamo il Nuovo Testamento, tutti i suoi autori mettono in guardia i fratelli. “State attenti, perché Satana opera anche al vostro interno, all’interno della vostra comunità! Infatti, San Matteo (7, 15-1) parla di “lupi rapaci”, e scrive: «Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono a voi vestiti da agnelli, ma dentro sono lupi rapaci».

San Paolo, negli Atti degli Apostoli avverte gli Efesini: “Persino tra voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé”. Anche San Pietro, nella Seconda lettera dice: “Ci saranno in mezzo a voi falsi maestri che introdurranno eresie perniciose, rinnegando il Signore che li ha riscattati e attirandosi una pronta rovina. Molti seguiranno le loro dissolutezze, e per colpa loro la via della verità sarà coperta di improperi”. Ecco, questa è la realtà. La realtà è che c’è la persecuzione da fuori e da dentro la Chiesa, con le eresie, anche se i fratelli sono pochi. Perché Satana è colui che suscita questo combattimento contro Dio, che avviene attraverso le eresie.

Quindi, che cosa devono fare i cristiani? Prima di tutto i cristiani devono conoscere queste cose. Dobbiamo saperlo, perché non siamo fatti per essere scemi! Siamo fatti per vedere i segni dei tempi che Dio ci manda, per analizzarli alla luce del Vangelo, del magistero e alla luce dell’analisi dei fatti, che è in fondo quello che stanno facendo padre Livio e Radio Maria in tutto il mondo.

Allora adesso vediamo che cosa fa San Pio X per combattere il modernismo. Il modernismo, che è LA SINTESI DI TUTTE LE ERESIE. Nel 1905, papa Sarto pubblica il CATECHISMO, che è un gioiello, perché si tratta di una lettura semplicissima che però fissa dei paletti. È come quando lo sciatore deve fare lo slalom: ha un paletto a destra e uno a sinistra, che gli servono per tener la giusta traiettoria, così il Catechismo. Innanzitutto il Catechismo inizia con tutte le preghiere che il cristiano deve conoscere e pregare. Le preghiere, infatti, sono le armi che abbiamo ricevuto da Dio e dalla Chiesa per combattere la buona battaglia della fede, come dice Paolo.

Allora, comincia con le preghiere, poi enumerando quali sono i vizi e quali le virtù. Tutto con una tecnica molto semplice di domande e risposte. una tecnica che facilitava il loro apprendimento a memoria. Esempio: perché Dio ci ha creati? eccetera. Un modo molto semplice per insegnare la dottrina cattolica e quindi un aiuto fondamentale. Il Catechismo è anche un baluardo, un aiuto nei momenti difficili, perché sappiamo che la nostra fede viene sempre messa alla prova e ogni giorno dobbiamo combattere per la fede, la speranza e la carità.

In effetti, ci sono momenti in cui ci si sente particolarmente scoraggiati. Qui, in quei momenti, questo tipo di catechismo è molto utile, perché ci ricorda la vita a cui siamo chiamati. In realtà, il cristianesimo non è altro che l’amore di Dio che si è rivelato perché possiamo avere la vita e non la morte! Dio è la vita! E siamo chiamati a ricevere questa Vita.

Poi, nel 1905, uscì il Catechismo. Nel 1900 fu pubblicato il decreto “Lamentabilis”, che è un elenco dei 65 errori della modernità che si sono infiltrati nella Chiesa. Questi due documenti formano un parallelo con il “Sillabo” di Pio IX e con l’enciclica “Quanta cura” in cui, nel 1864, sono elencati tutti gli errori in cui poteva cadere la ragione degli uomini dell’epoca. Perché lo fa? Lo fa per avvertire i fedeli, dicendo: “Attenzione, perché lì c’è un precipizio!”

Pio X fa lo stesso e, nel decreto Lamentabilis, elenca i 65 errori della modernità che si sono infiltrati nella Chiesa. Qui vediamo come la Chiesa è stata infettata. Da qualche parte questa infezione è entrata nella Chiesa.

Nello stesso anno, l’8 settembre, Pio X promulga la sua famosa enciclica “Pascendi dominici gregis”. Una meravigliosa enciclica la cui profondità è stata riconosciuta anche da molti oppositori filosofici e teologici. Questa enciclica affronta fondamentalmente la triste dissoluzione che ha attanagliato la Chiesa. Perché, qual è il punto? Il punto è che in un’epoca in cui la modernità trionfa, o sembra trionfare, in cui tutti cercano la felicità, la bellezza anche attraverso la scienza; in cui l’unica fede è quella del progresso e quindi la capacità dell’uomo di risolvere tutti i suoi problemi, ebbene, in questo momento il Papa è prigioniero, (perché i papi erano prigionieri nel piccolo Stato del Vaticano da subito dopo la conquista di Roma da parte dello Stato Sabaudo, nel 1870). Pertanto, Pio X, che regnò dal 1803 al 1814, era anche lui prigioniero in Vaticano. Bisognerà aspettare fino al 1929, dopo la firma dei Patti Lateranensi, perché la situazione cambi.

In questo contesto, molti nella Chiesa cominciano a pensare: “Sarà che ci siamo sbagliati? Possibile che abbiamo ragione solo noi e tutti gli altri si sbaglino? Forse siamo noi che abbiamo interpretato male? Certo, noi abbiamo avuto la Rivelazione, ma in fondo la Rivelazione risale a tento tempo fa e bisogna in qualche maniera adattarla alle esigenze di oggi. Non si può parlare di dogma in assoluto come se ci fossero delle verità eterne che non possono essere messe in discussione, perché la storia e gli uomini cambiano! in fondo è un assurdo mantenere fisso il dogma! Hanno ragione forse gli altri che dicono che noi siamo schiavi perché siamo obbedienti alla Rivelazione e al magistero?

Probabilmente hanno ragione! Bisogna che la Chiesa si svegli! Bisogna che la Chiesa si adatti al mondo! Mentre io dico queste cose, a qualcuno risuoneranno negli orecchi molte affermazioni che anche oggi, persino in diverse Conferenze Episcopali, a cominciare da quella tedesca, continuano ad offrire come possibilità. Bisogna cambiare! Bisogna cambiare!

Torniamo alla lettera Pascendi. Come definisce Pio X il modernismo? Lo definisce “LA SINTESI DI TUTTE LE ERESIE”. “Se qualcuno si fosse proposto di concentrare il succo, il sangue, di tutti gli errori che sono stati espressi fino ad ora sulla fede, non avrebbe potuto fare meglio di quello che hanno fatto i modernisti”. Quindi i modernisti all’interno della Chiesa seminano falsità sulla fede. Ma, che cos’è la fede? Paolo ci dice che “tutta la sapienza cristiana è racchiusa nella fede in Gesù Cristo! “Dominus Jesus”, ripeteranno il cardinale Ratzinger e papa Wojtyla. C’è solo la fede in Gesù Cristo, Nostro Signore, che ci salva, che ci porta la felicità. Nessun’altra fede! Però, in questo caso è la fede che è insidiata dai modernisti.

Continua Pio X: “I seminatori di errori non si trovano più solo fra i nemici dichiarati, ma, fatto che causa grandissima pena e moltissimo timore, si celano nel seno stesso della Chiesa. e sono tanto più pericolosi, quanto più sono nascosti!”. Certo, perché se io vedo uno che mi viene contro con un fucile e io so che è un mio nemico, capisco che mi vuole morto. Se avessi anch’io un fucile, magari gli sparo io per prima. In ogni caso so che quello mi vuole morto. Invece questi modernisti, innanzitutto, chi sono? Sono preti, sono vescovi, sono intellettuali, sono giornalisti, sono scrittori che – si dice – fanno parte dell’élite religiosa e culturale dell’epoca. Quindi, sono persone a cui normalmente il popolo presta fede. E certo, perché dovrei sospettare del parroco della mia parrocchia? O del rettore di quel seminario? Perché dovrei sospettare? Pio X dice: “Perché sono modernisti”. Perché tanti dissimulano la loro natura di nemici di Cristo e della Chiesa dal suo interno.

Vediamo ora come continua il ragionamento di Pio X: “I modernisti non macchinano i loro progetti distruttivi al di fuori di essa, ma al suo interno. di conseguenza, il pericolo si annida nelle stesse vene e e nelle viscere di essa, causandole un danno ancor più grave, perché essi la conoscono meglio”. E certo! Sono persone di chiesa. sono preti, sono intellettuali, sono persone – lo diceva prima padre Livio –, che sono appoggiate da tutta la stampa, da tutti i maggiori quotidiani nazionali e internazionali, che sono a favore di questi esponenti del modernismo. Prima non si chiamavano così, ma è con San Pio Decimo che vengono chiamati modernisti. Antonio Fogazzaro è uno di questi.

Allora, contro questa grande persecuzione che Satana suscita all’interno della Chiesa, Pio X indica alcuni rimedi, invitando, per esempio a controllare la stampa e i libri. Controllare, avere lo spirito critico! Questa è una cosa che vale sempre. Perché molti, quasi tutti sono tentati di dire: “Beh, è scritto dal tale personaggio; è scritto nel tal libro; l’ha detto la televisione, eccetera. E allora, cosa vuol dire?

Pensiamo forse che si tratti di cose da credere ciecamente? Per chi crede, solo il Vangelo, solo la Bibbia, solo il magistero sono da accogliere come verità, mentre tutto il resto è da mettere in discussione, perché tutto il resto può essere ispirato dal nemico dell’uomo, che si chiama Satana. (Dopo aver trascritto e tradotto fin qui, voglio fare questa osservazione: “Se il modernismo è per la Chiesa la madre di tutte le eresie, e come un cancro che la minaccia, così il relativismo e il progressismo senza valori stabili, incapace di riconoscere almeno una legge morale naturale, senza verità – se non quella del pensiero unico –, è il cancro che uccide ogni democrazia, portandola, come disse Giovanni Paolo II, verso un nuovo totalitarismo. N d t). E Satana – continua la prof Pellicciari – si serve anche di queste persone che sono all’interno della Chiesa per distruggere la fede. Non dobbiamo mai dimenticare che uno dei dodici apostoli si chiama Giuda.

Questo mi offre l’opportunità di vedere la differenza che c’è fra il nostro ragionare e quello di Cristo. Infatti Egli dice: “Non bisogna cogliere la zizzania adesso”, (cioè, non bisogna minacciare, scacciare, punire adesso tutti quelli che sono eretici e modernisti, nel senso che si rischia di fare di tutta l’erba un fascio e di distruggere anche l’erba. Perché il giudizio appartiene a Dio). Però questo non toglie che, al di là delle singole persone, L’ERESIA DEVE ESSERE SEMPRE CONDANNATA!

È un lavoro, una fatica a cui i cattolici, soprattutto i papi, non possono rinunciare, perché fa parte del loro ministero, cioè difendere il magistero; difendere il deposito della fede! E questo va sempre fatto. Pio X l’ha fatto con grandissimo coraggio, perché aveva tutti contro.

Ripeto allora: attenzione alla stampa; attenzione alle università e alle scuole cattoliche! Certamente, perché queste famose personalità che possono insegnare nelle università pontificie, poi fanno un danno enorme, perché formano tutti i sacerdoti. E se i preti sono formati in modo modernista, poi faranno un danno enorme ai loro fedeli, che saranno sviati nella loro fede.

La fine di questa lotta che Pio X combatte contro il modernismo, il 1 settembre del 1910, viene presentata nel motu proprio “Sacrorum altissitum”, in cui il papa impone un giuramento antimodernista a tutto il clero, ai superiori degli ordini religiosi, agli insegnanti di filosofia e di teologia nei seminari.

Ora qualcuno dirà: “Che esagerazione!”. Questo è evidente perché ormai questa gnosi spuria, questa gnosi moderna, che è la massoneria, era a suo agio dentro la Chiesa, per questo era un nemico terribile! Pio X ha fatto, come abbiamo visto, tutto quello che poteva, ma più di questo non poteva fare. Poi, ciascuno di questi (di ieri e di oggi), se la sarebbe vista, come capiterà a tutti noi, con Dio. Però Pio X ha fatto tutto il possibile per mettere sull’avviso che il modernismo è LA PEGGIORE ERESIA DI TUTTI I TEMPI, ed è LA SINTESI DELLE ERESIE, ed egli non poteva non combatterla, perché è un pericolo mortale

Quali sono le caratteristiche di questa infiltrazione della gnosi nella Chiesa, che sono anche le caratteristiche della massoneria, cioè la negazione di essere nemici della Chiesa? Loro infatti dicono: “Siamo noi i veri cattolici!” E Cattolici che capiscono molto bene qual è la dottrina di Gesù. Quindi capiamo che qui ci troviamo davanti a un nemico che Gesù definisce “Menzognero e omicida fin dal principio”. Quindi, questi modernisti, questo clero passato al nemico, che però rimane clero, è pericolosissimo!

I modernisti sono gnostici, quindi pensano di avere ragione. Loro hanno ragione, mentre gli altri – papi compresi – non capiscono niente. Quindi loro, che devono fare dal loro punto di vista? Si devono infiltrare nella Chiesa e, piano piano, guidare le masse, che non capiscono niente, alla verità del loro pensiero. Piano piano, facendo passare le loro idee con la menzogna, col veleno delle loro dottrine corrompitrici.

Teniamo conto inoltre che il modernismo è un fenomeno mondiale. Comunque, qui in Italia i più famosi modernisti sono stati due preti, entrambi scomunicati. Uno è Romolo Murri, e l’altro Ernesto Bonaiuti. Romolo Murri si riconcilia con la Chiesa un anno prima di morire, ed è una delle personalità che sono state all’origine della formazione della Democrazia Cristiana.

Ernesto Bonaiuti, che muore scomunicato, scrive così: (fate attenzione a quello che scrive, perché con le sue parole mette in mostra come Pio X avesse ragione, quanto profonda fosse la ragione di Pio X nel combattere questa eresia). Infatti Bonaiuti scrive: “Fino ad oggi si è voluto riformare Roma senza Roma, o magari contro Roma (Lutero), bisogna riformare Roma con Roma. Far sì che la riforma passi attraverso le mani di coloro che devono essere riformati”. Quale progetto ha in mente Bonaiuti? Ha in mente la creazione di una nuova chiesa, fatta a immagine e somiglianza della sua testa. “Che si debba infiltrare nella Chiesa romana per trasformarla in qualcosa di diverso da quello che è, facendolo dal suo interno. non con violenza, dall’esterno. Bisogna infatti aprire la strada al protestantesimo, ma un protestantesimo ortodosso”. (Come se il protestantesimo potesse essere ortodosso). “Un protestantesimo graduale, e non violento, aggressivo, rivoluzionario, insubordinato”. Questo è l’obiettivo dello scomunicato Ernesto Bonaiuti.

Sempre nella Pascendi, il papa si domanda perché questi personaggi, che non sono cattolici romani, rimangano all’interno della Chiesa. Perché? Pio X Risponde: “Perché hanno bisogno di rimanere all’interno della Chiesa per poter cambiare a poco a poco la coscienza collettiva”. Ecco perché rimangono nella Chiesa, perché altrimenti non sarebbero nessuno, quindi l’unica strada che hanno è quella di rimanere all’interno della Chiesa. Ecco, questo è il disprezzo che gli gnostici hanno per il popolo dei semplici fedeli. Tanto li disprezzano che pensano di essere incaricati da Dio a salvare questi poveri ignoranti che non capiscono niente. (Non è forse questo il comportamento dei maggiori mezzi di comunicazione del nostro tempo? Ma quanti sono – mi chiedo – quelli che sono in grado di scoprire l’inganno? N d t).

Questa è una caratteristica che va avanti dal tempo di Lutero. Ecco, qui ci troviamo di fronte a quella che Leone XIII chiamava “congiura contro la verità”. Si, perché qui abbiamo a che fare on intellettuali che scrivono testi di teologia e di storia, ma li scrivono apparentemente rimanendo cattolici, ma in realtà fanno una congiura contro la verità.

E continua il Papa: “Scrivono saggi storici, e, fingendo di cercare la verità, mettono in luce con grande attenzione e mal represso piacere, tutto ciò che sembra macchiare la Chiesa”. Allora, questi testi di storia, di teologia, di filosofia, che fanno? Mettono in luce, con malcelato piacere, tutto ciò che nella Chiesa non funziona, o perlomeno quello che, secondo il loro pensiero, non funziona.

Insomma, sono presi dalla vana bramosia che il mondo parli di loro. E sono certi che ciò non possa avvenire se continueranno a dire soltanto quello che fu detto sempre, e da tutti”. Questi atteggiamenti ci riportano all’inizio della storia umana, al terzo capitolo della Genesi. È l’ambizione, è la superbia, è l’orgoglio, che fa accettare ad Adamo ed Eva la seduttrice menzogna di Satana. È la superbia!

“E allora questi – dice il papa – vogliono essere seguiti; vogliono un gregge numeroso che li segua, perché se escono dalla Chiesa non hanno più nulla. Ovviamente, per differenziarsi dalla perenne dottrina della chiesa, devono creare delle false teorie. “Poi – continua Pio X – il pericolo è anche che questa gente gode di buona fama. Il nome e la buona fama degli autori, fa sì che tali libri siano letti senza alcun timore! e sono quindi più pericolosi perché portano a poco a poco al modernismo”.

Allora, se vogliamo fare il punto su quanto abbiamo detto fin ora, possiamo chiederci: “Qual è l’anima del modernismo?” La sua anima è la CORRUZIONE DELLA VERITÀ. E questi modernisti corrompono la verità. In che modo la corrompono? Mettendo in dubbio che la Rivelazione e il Magistero che la esprime, parlino agli uomini con una parola di Verità, che è assoluta. perché la verità è assoluta ed eterna. qui invece si mette in dubbio che la verità sia la verità. si mette in dubbio che esista la verità. Questa è la cancrena del pensiero moderno, del relativismo, che solo apparentemente è tollerante, ma in realtà è dogmatico; in realtà è totalitario.

Allora, i modernisti sostengono che il dogma si evolve. Ma come, cambia tutto sulla terra: guardate che conquiste meravigliose sta facendo la scienza, e noi dovremmo rimanere attaccati a un dogma, che è eterno?  Allora, se il dogma evolve, che cos’è la fede? Dicono che è un cieco sentimento religioso. Ma non è così. Nella fede non è in discussione il sentimento, perché non è che noi siamo sentimentali perché siamo cattolici. Siamo cattolici perché la nostra ragione dà il suo assenso alla Rivelazione. Perché ci rendiamo conto che la Rivelazione è la Verità! Per questo abbiamo la fede. Perché è la verità per quello che riguarda la nostra vita, e di quelli che conosciamo! Quindi, la fede non è un assenso sentimentale! Allora, ditemi, cos’è il sentimento? Non è un assenso dell’intelletto alla Verità rivelata da Dio.

Ora, questa lotta frontale che Pio X ha fatto contro il modernismo, noi, oggi, 2021, ci potremmo chiedere: HA AVUTO SUCCESSO QUESTA LOTTA? Beh, verrebbe da dire che il papa ha fatto tutto quello che ha potuto, ma non ha potuto arrestare il male dell’eresia, perché nessun uomo ha il potere di farlo. Solo Dio giudicherà alla fine dei tempi.

Allora, questo fatto deve forse portarci alla disperazione? Assolutamente no! Perché tutti noi, qualsiasi incarico abbiamo, qualsiasi lavoro facciamo (In questo senso Escrivá de Balaguer, con la sua Opus Dei, ha avuto una intuizione molto giusta e santa). Qualunque attività facciamo, noi abbiamo tutti i giorni modo di confrontarci con il peccato, che è dentro di noi; con la tentazione, che è dentro di noi! E siamo chiamati a vincere ogni giorno – dal papa, ai cardinali, ai vescovi, ai sacerdoti e ai semplici fedeli – la tentazione. Tutti siamo chiamati a combattere per la verità, anche se questa verità è sempre combattuta all’interno di questo mondo! Perché è così.

Quando ci sarà la giustizia allora? Ma Dio, non fa giustizia? Certo che fa giustizia! Ma la giustizia di Dio, la felicità piena si realizzeranno solo in Cielo, sempre che ci arriviamo. In Cielo, non qui sulla Terra! Sulla terra dobbiamo “combattere la buona battaglia”, come dice San Paolo. Come gli atleti, che per vincere – e uno solo vince –, si esercitano. e costa molta fatica esercitarsi nelle gare di atletica. Molta fatica! E così noi cristiani dobbiamo esercitarci a conservare la fede, la speranza e la carità “spes contra spes”, come dice Paolo ai Romani. E cioè, credendo contro ogni speranza Abramo si appresta a uccidere suo figlio, pensando che, spes contra spes, Dio onnipotente sarà capace di farlo risorgere. Questo dice Gesù nel Vangelo di Giovanni: “Vide il mio giorno e ne gioì”. Allora, noi ci dobbiamo abbattere per il fatto che questa lotta frontale contro il modernismo non abbia chiuso per sempre; non abbia messo la parola fine a questo cancro del modernismo? No che non ci dobbiamo scoraggiare per questo. Dobbiamo saperlo che è così!

E qui c’è un’ultima considerazione da fare, che è la seguente: in fondo l’islam da una parte, e la massoneria dall’altra, cosa pensano? Pensano sicuramente che Allah trionferà in tutto il mondo, e i massoni pensano che sicuramente il loro pensiero gnostico trionferà, si imporrà in tutto il mondo e tutti saranno felici in questa loggia universale che si apprestano a costruire. (Questo lo pensano certamente anche gli architetti del Great Reset (del Grande re-inizio) di quello che diventerà il Nuovo Ordine Mondiale (N.d.t).

Questa idea della vittoria, questa idea del Regno, questa idea della felicità piena, ce l’hanno i cristiani, o non ce l’hanno? Certo che ce l’anno! Eh, ma non la vediamo realizzata! Ma i cristiani, cosa sanno di questa vittoria, di questo Regno di Dio? Perché fino all’ultimo, Pietro, che da ebreo credeva nella profezia del futuro regno di Israele, che Gerusalemme sarà ricostruita e che i nemici saranno vinti per sempre. Allora, Pietro, al momento in cui Gesù, morto in croce e risorto, gli dice: “Signore, quando si realizzerà il tuo Regno?”. Insomma, questa cosa del regno, della vittoria, del trionfo della verità, della giustizia, della pace sul male, è insito in ognuno di noi!

Però noi sappiamo che la Rivelazione ci dice che la vittoria in questo mondo l’ha avuta pienamente Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo. E quando l’ha avuta? Quando ha trionfato sulla croce. Questa è la vittoria di Gesù Cristo. Perché è il trionfo? Perché è il trionfo dell’amore! Cristo è in croce per amore; non ci è costretto! Sta lì per Amore!

Sta lì per vincere la mia cattiveria; per vincere il peccato che sempre mi insidia! Per questo accettò la croce. Anche la vittoria dei cristiani avviene così, perché noi siamo chiamati a seguire le orme di Colui di cui serviamo il messaggio di salvezza. È ineludibile! Questo dobbiamo saperlo. La Croce è ineludibile per noi cristiani. E anche perché è stato profetizzato. Per questo Pietro chiede a Gesù: “Quando verrà il tuo Regno?”. Che cosa profetizza sulla storia l’Apocalisse? L’Apostolo Giovanni scrive che la storia non va verso la vittoria (apparente), nostra, sul male. No, il contrario! Questa è la profezia che dovremmo ricordare sempre per non mettere in dubbio la nostra fede e la nostra speranza, che però sono riposte in Dio e nel Cielo, non qua sulla terra! Perché sulla terra, dice l’Apostolo Giovanni nel suo libro, l’Apocalisse: “Alla bestia fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli. Le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione.

Allora, visto che è così, noi dobbiamo aspettare la catastrofe senza far niente? Tutto il contrario! Perché Dio, che è amante della vita, si manifesta in questa attenzione alla vita che abbiamo tutti. Perché in fondo tutti vogliamo vivere; nessuno vuole morire!

Quindi la fatica di papa Sarto si inserisce in questo desiderio di vita nonostante tutto. E allora lui cosa fa? Nette in guardia i cristiani. Dice loro: “State attenti: non cadete nell’inganno! Questi vi vogliono ingannare, cioè, vi vogliono morti. Perché Satana ci vuole morti

Allora, abbiamo a che fare con un grande papa. Questo papa mi piace, non solo perché ha preso il nome di Pio, come il suo  predecessore Pio IX, che è stato um grandissimo e santo papa, ma anche perché trovo delle similitudini tra la Pascendi e uno dei libri più letti al mondo, che è “La Città di Dio”, scritta da Sant Agostino. Perché? Perché questi due scritti, molto diversi per dimensioni, affrontano lo stesso tema. In fondo Agostino deve rispondere a una sfida che il pensiero pagano fa ai cristiani.

Nonostante che nel 380 l’impero sia divenuto cattolico, nel 410 Roma viene saccheggiata. Alarico saccheggia Roma. Roma è eterna per i pagani, come lo è per i cristiani. Ma come, saccheggiata Roma? Allora i pagani dicono: “Ecco, ora lo potete vedere, questo è il frutto del vostro Dio che ha trionfato. E i nostri dei, quelli che sono veri, si sono arrabbiati e hanno permesso la devastazione di Roma”.

Questa lettura della storia era una lettura che meritava una risposta che doveva essere presa molto sul serio. E Sant Agostino  la fa. Ci mette vent’anni per scrivere il suo capolavoro, che è “La città di Dio”, rispondendo che non è così, perché deve illuminare l’intelligenza dei cattolici, e anche dei pagani, perché non credano a questa, che apparentemente è una considerazione che può avere delle tentazioni di verità.

Allo stesso modo, Pio X, nel 1907, con la Pascendi, risponde all’interrogativo o ai dubbi che vengono ai cristiani, per cui, in fondo, la vera fede che noi abbiamo e che è espressa nei dogmi che professiamo, questa vera fede non sia poi così invincibile; infatti il mondo l’ha vinta! Quindi forse noi ci siamo sbagliati a credere che questa Rivelazione e questo dogma siano eterni, senza ammettere nessun cambiamento nella dottrina. La radice a me sembra la stessa. La radice di difendere la verità nonostante  che alcune false apparenze possano seminare dei dubbi che vanno a insediarsi nella nostra mente.

Volevo parlare di altre cose, ma vedo che non ne ho il tempo. Quindi chiudo questa puntata ringraziando Dio per averci dato questo papa così coraggioso, così combattente, così forte quale fu San Pio X. Se guardiamo il volto dei due papi vediamo due volti pieni di pace, di armonia e di bellezza.

DOMANDE DEGLI ASCOLTATORI.  Primo ascoltatore.   La ringrazio per quanto ha detto e la seguo nelle sue “Pillole di cultura”. Ora le chiedo, facendo il parallelo col giorno d’oggi, come facciamo noi a capire qual è la verità, in mezzo a questa confusione e a tanta ambiguità?

Innanzitutto io colgo l’occasione che mi ha dato per parlare di un lavoro che faccio da mesi, e cioè “le pillole di Angela”, che sono dei brevi video – 4, 5 minuti, su questioni di storia o di attualità. Ci sono delle pillole contro la menzogna, contro il pensiero dominante, che racconta sempre balle, e, negli ultimi tempi ho convinto un gruppo di persone bravissime che, ciascuno nella sua materia, affronta gli argomenti culturali di sua competenza. PERCHÉ LA CULTURA È FONDAMENTALE! Infatti un uomo, un cristiano senza cultura non è un cristiano. Su che basi fonda la sua fede? Giovanni Paolo II diceva che “la fede porta sempre alla cultura”. Chi vuole, allora, può collegarsi al sito www.culturainpillole.com  e lì potete trovare dei brevi video in cui un giurista, un filosofo, una storica dell’arte, un teologo, un economista, eccetera, tutti bravissimi, che vi intrattengono sui loro argomenti. Queste pillole, che possiamo ascoltare quando ne abbiamo il tempo, sono un aiuto per la nostra fede, per la ricerca della verità, ma anche per trasmetterle agli altri.

Che questo sia un tempo di confusione non c’è dubbio. E la confusione ci fa felici? No! Allora, in questo tempo di oppressione e di confusione dobbiamo conservare, come ci dice Maria, la fede e la speranza. E come facciamo? Beh, c’è un unico modo che io conosca: è la preghiera. la preghiera incessante, chiedendo a Dio che abbia pietà di noi, della sua Chiesa e del mondo! Spes contra spem.

Buon giorno! Sono Grazia, e chiamo dal Veneto. La domanda che le pongo riguarda i da lei citati Bonaiuti e Lutero, con il loro riformare Roma con Roma. Insomma questa infiltrazione del pensiero protestante in modo dolce e dialogante. Le chiedo, questo è un rischio che si corre anche nel movimento ecumenico?

Tutte le cose presentano i loro rischi. Padre Livio poco fa diceva che la Comunità Europea è nata con un’idea buona, e adesso si è snaturata. In tutte le cose che facciamo c’è un rischio che deriva dal fatto che Satana si infiltra dappertutto. Perciò, ripeto, l’unica strada è la preghiera, nella certezza che Dio non ci abbandona. Come potrebbe, un Dio che è morto in croce per me?

Dice Gesù: “Quando voi chiedete al padre qualche cosa, può succedere che un figlio che chiede al padre un pane, riceva invece un serpente?”. Ovviamente no! A maggior ragione, se noi che siamo cattivi non diamo cose cattive ai nostri figli, tanto più Dio, che è la Bontà, l’Onnipotenza, la Misericordia, l’assoluta meraviglia, non ci darà cose cattive, ma ci darà la forza per sopravvivere e fronteggiare tutte le tentazioni in cui dobbiamo incorrere giorno per giorno! Anche perché – lo dice il Vangelo –: “Per purificare la nostra fede e perché la nostra fede purificata risplenda! Altrimenti, a che serve la nostra fede? Gesù ci risponde: “Voi siete il sale della terra…”. Se il sale perde il suo sapore, a che cosa serve? A niente, se non ad essere calpestato…”. Certo, signora, tutti abbiamo dei dubbi, però, come vanno affrontati?

La differenza sostanziale fra i cattolici e gli gnostici è che la risposta la dà Dio, non noi; non la nostra intelligenza; non le nostre paure! La dà Dio. Ma Dio interviene – lo ricordava prima padre Livio –: “è da 40 anni che la Vergine Maria appare per sostenere la nostra fede!”. Certo che Dio interviene! Quindi dobbiamo fare affidamento solo su di Lui!

Allora, con questa ultima risposta, auguro a tutti una buona giornata!

Publié dans Angela Pellicciari, Anticristo, Fede, morale e teologia, Padre Livio Fanzaga, Riflessioni | Pas de Commentaires »

Gesù: il passato, il presente ed il futuro del nostro vivere

Posté par atempodiblog le 31 décembre 2020

Messaggio della Regina della Pace del 25 dicembre 2020 alla veggente Marija

“Cari figli,

vi porto Gesù Bambino che vi porta la pace, Colui che è il passato, il presente ed il futuro del vostro vivere.
Figlioli, non permettete che si spengano la vostra fede e la vostra speranza in un futuro migliore, perché voi siete stati scelti per essere i testimoni della speranza in ogni situazione. Per questo sono qui con Gesù affinché vi benedica con la Sua pace.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata”.

Gesù: il passato, il presente ed il futuro del nostro vivere dans Apparizioni mariane e santuari Regina-Coeli

Commento di padre Livio Fanzaga di Radio Maria al messaggio di Medjugorje del 25 dicembre 2020

La Madonna in questa Apparizione a Marija è venuta col Bambino Gesù, neonato in braccio e questo ha un grande significato.

Nel messaggio del 25 novembre la Madonna ha ricordato la gioia che ha diffuso nel mondo proprio da Medjugorje, quando è venuta la prima volta il 24 giugno 1981, col Bambino in braccio.

La prima a vedere la Madonna col Bambino in braccio è stata Ivanka che aveva perso la mamma due mesi prima e che stava passeggiando con Mirjana aspettando che arrivasse Vicka per fare quel pomeriggio una passeggiata.

Ivanka ha detto: “ecco la Madonna”, ma Mirjana non ha neanche guardato, pensando fosse una battuta fuori posto, ma poi anche Mirjana ha guardato e ha visto la Madonna e la Madonna aveva tra le braccia il Bambino, lo copriva e lo scopriva, facendo segno di salire sulla collina, ma Ivanka e Mirjana erano spaventate e si fermarono a guardare e in quel momento è arrivata Vicka e quando le altre due ragazze le hanno detto che c’è la Madonna si è spaventata ed è scappata. Poi ha incontrato Ivan e con lui si è avvicinata e tutti e quattro hanno visto la Madonna col Bambino, era il primo giorno. Il giorno dopo, il 25 giugno 1981, la Madonna è venuta senza bambino apparendo dove oggi c’è la statua bianca sul colle delle prime apparizioni.

In quel secondo giorno c’erano anche Marija e Jacov.

La Madonna è riapparsa col Bambino il giorno di Natale del 1981, in quella occasione il Bambino Gesù ha fatto l’occhiolino ai sei veggenti, mentre nell’Apparizione del 25 dicembre 2020 Gesù Bambino teneva gli occhi fissi su sua Madre.

La Madonna ha esordito in questo messaggio dicendo: “Cari figli, vi porto Gesù Bambino che vi porta la pace”.

In tutti i messaggi di Natale la Madonna ha fatto riferimento alla pace, perché nella visione spirituale e teologica la pace è Gesù stesso e il 25 dicembre 2012 ha parlato Bambino Gesù e ha detto: “io sono la vostra pace, vivete i miei comandamenti”.

Scrive San Paolo: “Gesù Cristo è la nostra pace, perché ha riconciliato gli uomini con Dio”, ha unito la sua natura divina alla natura umana e noi mediante la fede, unendoci con Gesù Cristo, diventiamo figli di Dio.

La pace che Dio dà a noi, noi la diamo ai fratelli, l’amore che Dio dà a noi, noi lo diamo ai fratelli. Noi facciamo fatica ad accogliere la sua pace e nel messaggio del 25 ottobre 2020 la Madonna ha detto che “satana è forte e vuole la guerra e l’odio”, la guerra degli uomini contro Dio che poi diventa la guerra tra gli uomini.

Poi il secondo passaggio, (i messaggi dati a Marija sono in genere brevi, ma molto autorevoli): “Gesù è Colui che è il passato, il presente ed il futuro del vostro vivere”.

C’è sempre stata una grande devozione a Gesù Bambino e questa devozione guarda in profondità. Quel Bambino è il Verbo che si è fatto Carne nel grembo della Vergine Maria. La Madonna, nel mettere al mondo il Bambino, ha conservato la sua verginità e, come descritto da due grandi mistiche, Maria Valtorta e Luisa Piccarreta, una grande luce ha avvolto Maria e il Bambino Gesù è nato miracolosamente.

Guardiamo il Bambino come Lo guardarono i pastori che ascoltarono le parole dell’angelo: “vi annuncio una grande gioia, oggi è nato per voi un Salvatore che è Cristo Signore”, Gesù è il Cristo, il Salvatore, è il Signore.

Noi a forza di umanizzare Gesù lo abbiamo ridotto a un uomo, a un bambino come tutti gli altri, come se la Madonna fosse una donna come tutte le altre eliminando la prospettiva soprannaturale, la prospettiva della fede, senza la quale non vediamo più la realtà che quel Bambino e il Figlio di Dio.

Noi cristiani crediamo nel Figlio di Dio che si è fatto uomo.

Questo Bambino è “Colui che è il passato, il presente ed il futuro del vostro vivere”. Gesù è Colui per il quale tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui, tutto è stato creato in funzione dell’incarnazione, affinché, assumendo la natura umana e risorgendo glorioso, potesse rendere partecipe della gloria di Dio tutta l’umanità, attraverso la nostra scelta, la nostra umiltà e la nostra accettazione.

Questo Bambino è il nostro passato, tutto è stato creato in funzione di Lui, è il nostro presente, Colui che illumina e dà senso alla nostra vita oggi, ma soprattutto è il nostro futuro, è il futuro del nostro vivere.

La Madonna sa che gli uomini di oggi vogliono costruire un mondo nuovo senza Dio. Gli uomini, e per uomini intendo quelli che hanno in mano il destino del mondo, hanno già deciso che il Cristianesimo deve essere eliminato, che i preti devono esser messi al livello dei maghi, che l’unica forma di conoscenza è la scienza, che nel mondo gli uomini non siano più maschi o femmine, ma siano né maschi né femmine, sarà un mondo dove l’uomo crea gli uomini come fossero degli oggetti in serie.

La Madonna dice “questo Bambino … sarà il vostro futuro”. Quelli che stanno organizzando un mondo nuovo senza Dio, saranno spazzati via, sarà Cristo il futuro.

È un grande incoraggiamento che la Madonna ci dà e con molto acume avvisa coloro che seguono i consigli del maligno.

Poi la Madonna ci dice: ”figlioli, non permettete che si spengano la vostra fede e la vostra speranza in un futuro migliore”.

La Madonna sa benissimo che è in atto la grande seduzione, che noi stiamo abbandonando la fede, stiamo abbandonando la preghiera. Siamo entrati nella compagnia, diciamo così, di chi professa la religione umanitaria.

Cos’è la religione umanitaria? È quella che mette l’uomo al posto di Dio e quindi poi manca la luce della fede, entriamo in una logica di oscurità, quasi di disperazione, per cui poi finiamo per scoraggiarci e finiamo per pensare che Gesù non sia così tanto forte da vincere le potenze del male.

“Satana è forte e desidera farvi pensare che mio Figlio non sia forte nelle sue decisioni. Perciò vi invito, cari figli, a pregare e digiunare ancora più fortemente” (messaggio del 25 agosto 1991).

Questa frase la Madonna l’ha detta l’anno in cui crollò l’Unione Sovietica e così anche adesso satana, attraverso questa diffusione dell’apostasia, vi attira nel tritacarne dello scoraggiamento, non vuol farvi credere che nel nome di Gesù la Madonna trionferà con il suo Cuore Immacolato”.

Stiamo attenti quindi a non lasciar farci spegnere la fede e la speranza.

Poi la Madonna dice: “un mondo migliore”. Se accogliamo Gesù, se saremo saldi nella fede e nella speranza cristiana, “il mio Cuore trionferà e voi avrete un futuro migliore, un futuro di pace e di prosperità”, non come quello che ci promettono oggi che sarà il mondo dell’angoscia e della disperazione, un mondo in cui ci sarà la dittatura degli uomini sugli uomini, ma un regno in cui regnerà Cristo, perché Lui è il nostro futuro.

Poi c’è una frase che è meravigliosa perché ci aiuta a capire il nostro ruolo: noi che abbiamo risposto alla chiamata, siamo stati scelti per la grande battaglia, per la testimonianza: “voi siete stati scelti per essere i testimoni della speranza in ogni situazione”.

Siamo un esercito speciale, l’esercito degli apostoli di Maria, attenzione alla parola, “in ogni situazione”, io qui vedo un riferimento al tempo terribile dei segreti, d’altra parte nel messaggio dato a Jacov, la Madonna parla di momenti difficili in cui dovremo aggrapparci a Cristo,

“voi siete stati scelti per essere i testimoni della speranza” per quelli che vacilleranno, si dispereranno, saranno addirittura tentati di uccidersi, anche in quelle situazioni spaventose voi li inciterete a credere, a sperare, ad affidarsi alla Madonna; “voi siete stati scelti”, come testimoni della vittoria della Madonna, questo è il nostro compito meraviglioso!

Anche l’ultima frase è bellissima, a me tocca il cuore: “per questo sono qui con Gesù, affinché vi benedica con la Sua pace”.

La Madonna è qui con noi e con Gesù, che cosa temiamo? Di cosa abbiamo paura?

Non dobbiamo aver paura! Gesù è il nostro futuro, Lui è l’Onnipotente.

Con questo sguardo di luce e con il cuore pieno di gioia affrontiamo il prossimo anno, il quarantesimo dall’inizio delle apparizioni il 25 Giugno 1981.

Non è lontano il tempo dei segreti; siamo già entrati nel tempo della grande battaglia, della vittoria di Maria, il tempo della nostra liberazione!

Ringraziamo la Madonna, i suoi messaggi e la presenza di Gesù, sono il grande dono che ci ha fatto Maria in questi tempi difficili.

Stiamo saldi nella fede perché la Madonna è qui per l’ultima volta, per la sua grande battaglia e la sua grande vittoria.

N.B. Il testo di cui sopra  può essere divulgato a condizione che si citi (con link, nel caso di diffusione via internet) il sito www.medjugorjeliguria.it indicando:  “ Trascrizione dall’originale audio ricavata dal sito: www.medjugorjeliguria.it

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Consacrazione alla Vita della Grazia e Carità Progressiva

Posté par atempodiblog le 25 décembre 2020

Consacrazione alla Vita della Grazia e Carità Progressiva
del Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

Consacrazione alla Vita della Grazia e Carità Progressiva dans Don Giustino Maria Russolillo Stringersi-a-Maria-e-a-Ges

Ecco ci è nato un bambino, ci è stato dato un figlio! Dalla vergine Maria immacolata, divenuta vera madre di Dio, ci è nato il bambino, un Figlio! Dal Signore Dio, il Padre altissimo, l’eterno ci è stato dato. O santa Maria, madre di Dio, ottienimi, perenne, il natale di Gesù nella mia vita! O Dio Padre, concedimi perennemente il dono del tuo Figlio!

Vorrei il tuo cuore di vergine madre di Dio, o santa Maria per questo bambino! Vorrei il tuo spirito d’amore, Dio Padre di nostro Signore Gesù Cristo, per questo tuo Figlio! Come posso portarlo nelle mie braccia, come posso stringerlo al mio cuore essendo così misero e freddo nella carità divina? Pensaci e provvedici tu, o Maria, o divin Padre, o Spirito Santo!

Mi unisco agli angeli nell’andar cantando ovunque: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli”, poiché ecco tra noi il suo divin Verbo incarnato! Solo tu, o Gesù, sei tutta la gloria di Dio! Poiché tu, immagine sostanziale del Padre, riveli tutte le perfezioni della divinità, anche attraverso la tua umanità! Comincia dal tuo primo apparire tra noi, o uomo Dio bambino!

Vieni a vivere in me, o uomo Dio Gesù, e serviti di tutto il mio essere per glorificare il Padre; rivela attraverso la mia vita esteriore le divine perfezioni, metti a servizio delle divine opere tutta la facoltà e atti miei, e ricolma della tua divina lode di gloria di amore tutto il mio interno.

Mi unisco agli angeli nell’andar cantando ovunque: “Pace agli uomini”, poiché è venuto l’agnello di Dio, colui che toglie i peccati, nostra guerra di ribellione al Signore; colui che spezza le catene della nostra infelicità di schiavi del demonio; colui che soddisfa per tutti i nostri debiti con la giustizia divina, quale nostro riparatore e salvatore.

Tu solo porti la pace agli uomini, o Gesù! Tu solo puoi, e tu solo vuoi consolare ogni cuore desolato, e sollevare ogni spirito umiliato; tu solo ci unisci alla ss. Trinità e ci comunichi il bene divino di cui si appaga il cuore. In te, unico mediatore, avviene l’abbraccio eterno tra Dio e l’uomo. Sei tu, Gesù, la gloria di Dio in persona, la pace dell’uomo in persona.

O Gesù metti e fa’ tu stesso in me la buona volontà; quella che vuole solamente il bene, la volontà che in tutto e sempre vuole te e solo te, e vuole te personalmente in tutte le cose, e vuole te direttamente, intensamente, esclusivamente e nulla può piacerle fuori di te, nulla può distrarla da te, o Gesù, metti e fa’ tu stesso in me questa volontà tutta santa e divina.

Con gli angeli voglio annunziare a tutti gli uomini questo gaudio unico e sommo della tua incarnazione, o divin Verbo e Figlio di Dio Padre e della vergine Maria. Fa splendere questa luce a tutti i giacenti nelle ombre del peccato, a tutti i languenti nelle penombre della tiepidezza, e aiuta tutti i fratelli a venire a te, Gesù, a ricevere la vita divina che sei venuto a portare!

Venite a vedere, o anima mia, o miei sensi, fantasia e sentimenti! Venite a vedere o mio intelletto, memoria e volontà! Venite a vedere, o mio coscienza, ragione e liberta! Venite a vedere questo divin Verbo incarnato! Restiamo a contemplare per tutta la vita quest’uomo Dio Gesù! Entriamo nelle sfere del mistero dell’incarnazione, sino al tuo natale nel mistero delle sfere celesti della gloria del paradiso!

Accoglietemi o san Giuseppe mio, o ss. vergine Maria, come vostro schiavo d’amore, a servire per tutta la mia vita questo Dio bambino, e concedetemi di crescere nella sua conoscenza e servizio d’amore, sì da poter essere l’amico della sua giovinezza eterna, il discepolo della sua dottrina, l’apostolo del suo nome, il sacerdote del suo sangue, il prediletto del suo cuore.

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