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Annunciazione, quel Sì che restaura la storia

Posté par atempodiblog le 25 mars 2020

Annunciazione, quel Sì che restaura la storia
Il sì della Vergine cambia tutto. Non solo cambia la Storia, ma per così dire “restaura” la Storia che era stata compromessa con il peccato originale di Adamo ed Eva.
di Stefano Bimbi – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: 
Radio Maria

Annunciazione, quel Sì che restaura la storia dans Commenti al Vangelo Annunciazione

Ogni 25 marzo ricorre la bella solennità dell’Annunciazione. Questa data non è convenzionale, ma al pari di quella del Natale, è una data storica. Infatti, recenti studi hanno accertato i turni al tempio di Gerusalemme da parte delle classi sacerdotali. Ebbene, la classe a cui apparteneva Zaccaria, il marito di Elisabetta, aveva il turno a fine settembre. Sapendo che, come ci narra il Vangelo, proprio in quel periodo l’angelo Gabriele annuncia a Zaccaria il concepimento di suo figlio Giovanni, risulta chiaro che il sesto mese di gravidanza per Elisabetta è fine marzo. Ecco quindi che sia la data dell’Annunciazione – e di conseguenza anche quella del Natale – risultano confermate storicamente.

L’Annunciazione ricorda, appunto, l’annuncio che l’arcangelo Gabriele porta a Maria: Dio l’aveva scelta per diventare la madre del Salvatore. Il sì della Vergine cambia tutto. Non solo cambia la Storia, ma per così dire “restaura” la Storia che era stata compromessa con il peccato originale di Adamo ed Eva.

È interessante notare il parallelismo tra le due donne, Eva e Maria. Ad entrambe appare un angelo: Gabriele a Maria e l’angelo decaduto (il diavolo) a Eva. In entrambi i casi è la creatura angelica a prendere l’iniziativa iniziando il discorso. “È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?” chiede Lucifero sotto forma di serpente. Lo scopo è quello di confondere le idee a Eva facendo sembrare che Dio voglia privare di qualcosa l’umanità, mentre il divieto divino voleva preservare l’uomo dalla superbia. L’arcangelo Gabriele invece con dolcezza si rivolge a Maria dicendole “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. Il messo celeste vuole infondere pace e serenità a Colei che sarà chiamata a diventare la madre di Dio.

Dimenticandosi cosa sia la prudenza, Eva ascolta la voce del seduttore e con curiosità prolunga rovinosamente la conversazione con lui. Avrebbe dovuto diffidare chi cercava di allontanarla da Dio! Maria invece, vergine prudentissima, ascolta le parole di Gabriele e si lascia interrogare dal progetto di Dio: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato figlio dell’Altissimo”. Nonostante l’altezza delle promesse divine, Maria non si inorgoglisce, ma restando umile si chiede come possa avvenire questo nonostante il voto di verginità che insieme a Giuseppe aveva fatto. L’arcangelo la rassicura che “nulla è impossibile a Dio”.

Eva non mostra la stessa umiltà, ma appena l’angelo decaduto le assicura che può violare senza problemi il comandamento divino, si lascia affascinare dall’idea di diventare come Dio. L’amor proprio le fa dimenticare la riconoscenza che doveva al Creatore e con superbia afferra il frutto proibito. Al contrario di Eva, così concentrata su se stessa, Maria umilmente riconosce i diritti che Dio ha su di lei proclamandosi la serva del Signore, pronta ad eseguire la Sua Parola.

La conclusione dei due racconti la sappiamo. La disobbedienza di Eva (ed Adamo) porta ad una doppia morte: la “morte” dell’anima per il peccato che cancella la somiglianza con Dio e la morte del corpo che separato da Dio, principio di immortalità, ritornerà nella polvere da dove era stato tratto. Al contrario l’obbedienza di Maria manifesta la potenza di Dio che facendo partorire la Vergine darà al mondo il Suo Figlio per ristabilire l’ordine violato dal peccato originale.

A questo punto ci piacerebbe sapere cosa provava Maria quando sentiva “in diretta” le parole dell’arcangelo Gabriele. Possiamo a tal proposito ricordare cosa disse Maria stessa apparendo a Santa Veronica Giuliani: “Figlia mia, sappi che, quando venne l’angelo Gabriele a darmi questo annunzio da parte di Dio onnipotente, io stavo nella cognizione della mia bassezza e viltà; ed è questo l’esercizio che consegno a te. Sta sempre avvilita e annichilita sotto tutti, come vile fango e polvere”.

Quale esempio di umiltà ci dà Maria! Consigliandoci l’umiltà ci fa il più bel dono che una madre può fare ai suoi figli. Infatti, come lei stessa ricordò alla cugina Elisabetta, Dio “ha guardato all’umiltà della Sua serva, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”. Infatti il Signore “ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili”. L’umile Maria è diventata infatti, come ricordiamo nelle litanie lauretanee, addirittura “Regina degli angeli”. Quindi sovrana anche di quell’arcangelo Gabriele che le portò un così bel messaggio.

A questo punto comprendiamo come mai l’Annunciazione sia un fatto così importante tanto che è uno dei due momenti dell’anno liturgico, in cui nella S. Messa, durante la recita del Credo, anziché chinare soltanto il capo, come accade normalmente, ci dobbiamo inginocchiare alle parole “e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”. La seconda volta che è prevista tale genuflessione è per la Messa di Natale. Entrambe queste feste ricordano infatti il Mistero dell’Incarnazione nei suoi due momenti determinanti (concepimento, nell’Annunciazione, e nascita, nel Natale).

In molti luoghi, ad esempio in Toscana fino al XVIII secolo, l’anno civile iniziava proprio il 25 marzo a sottolineare l’importanza di questo evento. Solo per un esigenza di uniformità fu poi abbandonato in favore del 1° gennaio che comunque era anch’essa una festa liturgica: la circoncisione di Gesù (ad otto giorni dalla nascita).

In conclusione non possiamo non ricordare che l’evento dell’Annunciazione possiamo ricordarlo ogni giorno con l’Angelus. Recitandolo all’alba, a mezzogiorno e al tramonto, nella sua semplicità e brevità, questa preghiera ha una grande efficacia nel sintonizzare i nostri pensieri con quelli di Dio mettendoci al fianco di Maria per guardare meravigliati la grandezza del progetto del Signore che si svela ogni giorno dinnanzi ai nostri occhi.

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Nuova fase del piano della Regina della pace

Posté par atempodiblog le 20 mars 2020

Nuova fase del piano della Regina della pace
di padre Livio Fanzaga – Radio Maria

Nuova fase del piano della Regina della pace dans Apparizioni mariane e santuari Mirjana-Medjugorje

La veggente Mirjana ha avuto la sua ultima apparizione quotidiana il 25 dicembre del 1982. In quell’occasione la Madonna le ha dato un rotolo con scritti i dieci segreti, che dovranno essere rivelati al mondo, tre giorni prima che accadano, da un Sacerdote da lei scelto. In quell’occasione la Madonna ha detto che sarebbe apparsa a Mirjana ogni 18 di Marzo, fino al termine della sua vita. Così è stato anche il 18 Marzo 2020.

Successivamente il 2 febbraio del 1987 la Madonna ha rivelato a Mirjana che le sarebbe apparsa ogni 2 del mese per pregare per i non credenti. Infatti è proprio il 2 di febbraio che la Chiesa celebra la festa della Presentazione di Gesù al Tempio, quando si legge la profezia di Simeone, riguardo al rifiuto di credere in Gesù da parte di molti, come della spada che avrebbe trapassato l’anima della Madre. Da allora la Madonna, per ben 33 anni, ha iniziato una straordinaria evangelizzazione rivolta in particolare ai non credenti, a “coloro che non conoscono l’amore di Dio”, la maggioranza dei quali sono dei battezzati che hanno perso la fede.

Nessuno, neppure Mirjana, sapeva quanto sarebbe durata questa iniziativa della Madonna. Ebbene, al termine della apparizione del 18 marzo 2020, la Regina della pace ha rivelato che non sarebbe più apparsa il 2 del mese. Si tratta di una decisione di grande importanza, che indica una nuova fase del piano di Maria e l’avvicinarsi del tempo dei segreti, dei quali Mirjana stessa è depositaria.

Nel frattempo però tre veggenti (Marija, Ivan e Vicka) hanno ancora le apparizioni quotidiane e ad essi la Madonna dà i messaggi, in particolare a Marija ogni 25 del mese. Essi devono ancora ricevere il decimo segreto, prima che incominci la loro rivelazione al mondo.

Attraverso la veggente Vicka la Madonna ha assicurato l’apparizione quotidiana ad uno di questi tre veggenti fino alla fine dei segreti. Le apparizioni quotidiane della Madonna, continueranno quindi fino al raggiungimento del tempo di pace per tutta l’umanità.

In questo suo ultimo messaggio a Mirjana la Madonna ci chiama ad aiutarla a cambiare il mondo e far vincere il suo Cuore Immacolato. Tocca a noi farlo testimoniando la Verità e l’Amore che vengono da Dio.

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Mons. Cavina: «Il Coronavirus ci ricorda che siamo fragili e bisognosi di Dio»

Posté par atempodiblog le 3 mars 2020

Mons. Cavina: «Il Coronavirus ci ricorda che siamo fragili e bisognosi di Dio»
Fonte: Il Timone
Tratto da: Radio Maria

Mons. Cavina: «Il Coronavirus ci ricorda che siamo fragili e bisognosi di Dio» dans Articoli di Giornali e News cavina-madonna-227x309

Un microscopico virus sta paralizzando il mondo e la presunzione dell’uomo di essere padrone del proprio destino si trasforma immediatamente in schiavitù. Una entità talmente piccola, che nemmeno vediamo, ci domina e manda in pezzi il sogno di volere costruire il paradiso in terra.

Si tratta di un evento che, ancora una volta, ci porta a confrontarci con la verità della condizione umana, in quanto ne mette a nudo la debolezza e la fragilità. Nello stesso tempo, esso costituisce un richiamo all’esercizio della virtù dell’umiltà, la quale – quando è vera – ci porta ad inginocchiarci davanti al Signore per comprendere chi è veramente l’uomo.

Dostoevskij nell’opera I Demoni fa dire a Kirillov che la perdita di Dio da parte dell’uomo non è la morte di Dio, ma dell’uomo, che si manifesta nella paura. E l’uomo che vive nella paura è già uno sconfitto perché non è più libero. Una società dove i diritti di Dio e la preghiera non sono più ritenuti necessari è destinata alla rovina. La Chiesa ha la missione di richiamare il primato di Dio, non per la difesa di Dio – che non ha bisogno di essere difeso – ma per la difesa dell’uomo, che privato dell’adorazione, diviene un uomo mutilato.

Scrive il filosofo Gustave Thibon: «Chiudere il cerchio, per l’uomo religioso, significa compiere il ciclo che riporta a Dio ciò che è uscito da Dio. Tutto ciò che i santi di una volta sapevano della creazione era che essa deve ritornare a Dio, e la meta era più importante del cammino. Oggi conosciamo molto meglio la strada della creazione, l’abbiamo picchettata, spianata, resa carrozzabile, ma abbiamo dimenticato la meta e corriamo, precipitati alternativamente dalla falsa speranza alla vera disperazione, su una strada che non conduce da nessuna parte perché gira attorno all’uomo». (In Il tempo perduto, l’eternità ritrovata, D’Ettoris 2019, 266).

Quando l’umanità diventa vittima della grande tentazione di bastare a se stessa, per una specie di orgoglio collettivo, pretende, poi, di risolvere in assoluta autonomia i suoi problemi. Ma non è così! Un mondo ridotto solo a lavoro, organizzazione, tecnica e scienza, in cui manca la preghiera e la contemplazione, diventa una sorta di inferno.

La prova che stiamo vivendo deve portare i cristiani ad affidare i bisogni dell’umanità ferita al Signore per l’intercessione della Beata Vergine Maria. Per questo invito tutti i lettori de Il Timone, il mercoledì delle Ceneri, a pregare il santo Rosario perché anche questa sofferenza si trasformi in grazia. Il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, ricordava: «la vera città è quella in cui gli uomini hanno la loro casa e dove Dio ha la sua casa». In altre parole un’espressione visibile della dimensione dell’adorazione all’interno della società è indispensabile perché la società sia veramente umana.

Lodiamo, dunque, il Signore per la Sua grandezza; ringraziamoLo per i Suoi doni; rivolgiamo a Lui la nostra supplica perché soccorra le nostre povertà, perdoni i nostri peccati e i nostri errori e ci faccia conoscere la gioia di ritornare a Lui, sorgente della vera vita e compimento di ogni desiderio.

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Don Gabriele e la Messa che il Coronavirus non fermerà

Posté par atempodiblog le 24 février 2020

Don Gabriele e la Messa che il Coronavirus non fermerà
«Ieri, dinanzi al tabernacolo e alla statua dell’Assunta, anch’io ho pianto. Quando sentirete suonare le campane della Messa, unitevi al sacerdote che offrirà il Sacrificio del Signore per tutti. Uscirò sul sagrato della parrocchiale benedicendo con Santissimo Sacramento tutta la parrocchia e tutto il paese». La toccante lettera del parroco di Castiglione d’Adda ai “fedeli nella prova”: continua a celebrare nonostante la sospensione e offre il sacrificio per la sua gente.
di Andrea Zambrano – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: Radio Maria

Don Gabriele e la Messa che il Coronavirus non fermerà dans Articoli di Giornali e News Don-Gabriele-e-la-Messa-che-il-Coronavirus-non-fermer

Dopo il lodigiano e il cremonese anche nella Diocesi di Milano il vescovo ha disposto la sospensione delle Messe con concorso di popolo a causa dell’epidemia di Coronavirus. Si tratta di misure gravi e clamorose alle quali i fedeli devono sottostare con pazienza e fede. Ma se le Messe pubbliche sono sospese e si è sollevati dal precetto (ma si tratta comunque di un provvedimento discutibile, leggi QUA), è bene ricordare che questo non significa che i preti non possano e non debbano comunque celebrare le Sante Messe anche senza fedeli.

In quest’ottica, sta facendo il giro delle chat di Whatsapp un messagio audio di don Gabriele Bernardelli, parroco di Castiglione d’Adda, che ha scritto un messaggio ai suoi fedeli nel quale ha detto loro che continuerà a celebrare Messa e a benedirli sul sagrato della chiesa con il Santissimo. Si tratta di un gesto di grande fede che dà il valore della Messa, che non è un servizio da togliere a piacimento a seconda delle evenienze.

È un gesto commovente che richiama alla memoria una celebre scena del film “Don Camillo e Peppone” che rievoca l’alluvione del ’51 quando la Bassa reggiana e parmense, fino al Polesine, furono allagate. Nel corso del film, la popolazione fugge dalle case all’arrivo dell’acqua e si rifiugia oltre l’argine dove si accampa in attesa che le acque si ritirino. Con Brescello completamente allagata, la chiesa sottosopra invasa dalle acque e Peppone nella piazza del paese che va in barca, va in scena una delle immagini più commoventi della serie nata dalla penna di Giovannino Guareschi. 

Don Camillo ha appena finito di celebrare Messa e dispone gli altoparlanti in modo che i suoi fedeli possano ascoltare al di là del fiume. E dice così: «Fratelli, sono addolorato di non poter celebrare l’ufficio divino con voi, ma sono vicino a voi per elevare una preghiera nell’alto dei Cieli. Non è la prima volta che il fiume invade le nostre case, un giorno però le acque si ritireranno ed il sole ritornerà a splendere. E allora con la fratellanza che ci ha unito in queste ore terribili, con la tenacia che Dio ci ha dato, ricominceremo a lottare perché il sole sia più splendente, perché i fiori siano più belli e perché la miseria sparisca dai nostri Paesi e dai nostri villaggi. Dimenticheremo le discordie e quando avremo voglia di morte cercheremo di sorridere così tutto sarà più facile e il nostro Paese diventerà un piccolo paradiso in terra. Andate fratelli, io rimango qui per salutare il primo sole che porterà a voi lontani, con la voce delle nostre campane, il lieto annuncio del risveglio».

Le parole di don Gabriele ci richiamano la stessa intensità e la stessa drammaticità. Ma anche la stessa certezza che il Signore della vita può portare il sole dove oggi c’è angoscia e timore.

E ci ricordano che la Messa si fa per Dio, quindi la presenza o meno dei fedeli è subordinata a questo. Sarebbe un dramma se i preti intendessro queste disposizioni come un tana liberi tutti, una vacanza inaspettata dai propri doveri che sono primariamente il culto di Dio. 

Ecco le parole di don Gabriele, le pubblichiamo perché siano da sprone ad altri parroci colpiti dalle misure interdittive a fare altrettanto e a non spezzare la catena che ci lega al Cielo attraverso il Santo Sacrificio dell’altare per continuare a chiedere protezione e salvezza.  

AI MIEI FEDELI NELLA PROVA
Cari fratelli e sorelle, nessuno di noi, forse, avrebbe mai pensato di trovarsi nella situazione nella quale, invece, siamo venuti a trovarci. Il nostro animo è frastornato, l’emergenza sembrava così lontana. Invece è qui, in casa nostra. Anche questo fatto ci porta a considerare come nel mondo siamo ormai un’unica grande famiglia. Ora ci dobbiamo attenere alle indicazioni che le autorità preposte hanno stabilito, tra cui la cessazione della celebrazione della Santa Messa. È facile, in questa situazione, lasciarsi andare spiritualmente, diventando apatici nei confronti della preghiera, ritenuta inutile.

Vi invito, invece, cari fratelli e sorelle, ad incrementare la preghiera, che sempre apre le situazioni a Dio. Ci rendiamo conto, in congiunture come la presente, della nostra impotenza, perciò gridiamo a Dio la nostra sorpresa, la nostra sofferenza, il nostro timore. Mi è venuto in mente, ieri, il brano che si legge il Mercoledì delle Ceneri, tratto dal profeta Gioele, laddove si dice: «Tra il vestibolo e l’altare, piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: “Perdona, Signore, al tuo popolo”». Non ho vergogna a dirvi che ieri, dinanzi al tabernacolo e alla statua dell’Assunta, anch’io ho pianto. E vi chiedo di innalzare con me al Signore il grido della nostra preghiera. Pregare significa già sperare. Vi ricordo tutti nell’Eucaristia quotidiana e con me don Manuel, don Gino e don Abele.

Quando sentirete suonare le campane della Messa, unitevi al sacerdote che offrirà il Sacrificio del Signore per tutti. Domani mattina, dopo la Messa che celebrerò alle 11.00, uscirò sul sagrato della parrocchiale benedicendo con il Santissimo Sacramento tutta la parrocchia e tutto il paese. Ricordiamo soprattutto quanti sono stati contagiati dal virus e i loro familiari, affinché non si scoraggino, ma anche tutti gli operatori sanitari che si stanno spendendo per far fronte al contagio.
Stiamo uniti nella preghiera. Il vostro parroco, don Gabriele.

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Il “sacrificio” entra in scena al Festival di Sanremo

Posté par atempodiblog le 7 février 2020

Il “sacrificio” entra in scena al Festival di Sanremo
Sul teatro del politicamente corretto sale un rapper che colpisce Amadeus per la sua voglia di combattere pur inchiodato alla carrozzina con la Sla. Il giovane canta un inno alla vita, parlando della bellezza del sacrificio (l’amore dei suoi cari) e del Rosario che allontana il diavolo della disperazione. Chi soffre non può non essere rimasto colpito, e questo è sufficiente.
di Benedetta Frigerio – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: Radio Maria

Il “sacrificio” entra in scena al Festival di Sanremo dans Articoli di Giornali e News Paolo-Palumbo

È proprio vero che il cuore dell’uomo, anche quello di chi non lo sa, anche quello di chi cerca la morte come via di fuga o di chi implora il diritto alla morte per timore della sofferenza è fatto per la vita.

A dimostrarlo è stato addirittura il Festival di Sanremo che della volgarità, della violenza e del politicamente corretto ha fatto la sua casa. In quanto a volgarità basti pensare ad Achille Lauro che ha scimmiottato san Francesco d’Assisi, che si denudò per spogliarsi di ogni bene ed offrire tutto a Dio. In quanto a violenza si pensi alla presenza del rapper Junior Cally, i cui testi sono di una ferocia vergognosa. In quanto a politicamente corretto, ricordiamo le polemiche che hanno accusato di sessismo Amadeus per aver parlato di Francesca Sofia Novello, fidanzata di Valentino Rossi, voluta dal presentatore «perché vedevo…intanto la bellezza, ma la capacità di stare vicino a un grande uomo stando un passo indietro malgrado la sua giovane età».

Ma allora che c’entra la celebrazione della vita in tutto questo? C’entra perché, nonostante fosse stato scartato alle selezioni, Paolo Palumbo è stato poi voluto sul palco dell’Ariston proprio da Amadeus. E Palumbo non è un rapper qualunque, perché è anche il più giovane malato di Sla d’Europa, che, oggi ventiduenne, si ammalò a diciassette anni. Ma sopratutto Palumbo non è un rapper qualunque perché, paralizzato e aiutato a respirare dalla trachesotomia, non solo canta la forza e la bellezza della vita, ma è riuscito a portare oltre il sipario di una cultura ormai mediamente ribelle a qualsiasi sofferenza la parola “sacrificio”. Spiegando il valore della rinuncia per ottenere qualcosa di più grande. Facendo cantare l’esistenza come una battaglia e dimostrando cosa significhi vivere virilmente. Così, inchiodato ad una carrozzina, Palumbo ha ricordato all’uomo l’altezza della sua natura.

E lo ha fatto prima scrivendo nella sua canzone così: «Nella vita di ognuno di noi c’è un sogno da realizzare, dicono però per avere ciò che vuoi devi lottare, non me la sento proprio di lasciarmi andare perché se esiste una speranza ci voglio provare». Successivamente, aiutato da un comunicatore vocale che leggeva i movimenti dei suoi occhi, ha spiegato che suo fratello «Rosario (che ha lasciato tutto per aiutarlo, ndr) e la mia splendida famiglia mi hanno insegnato cosa significa la parola sacrificio, dedicandomi la loro vita senza chiedermi nulla in cambio, se non di rimanere qui con loro». A dire che vale la pena fare fatica per vivere un’esistenza riempita dalla presenza di chi amiamo e che vale la pena soffrire i dolori della malattia per godere del bene più grande dei propri cari.

Ma Palunbo sfugge anche all’interpretazione relativista che solitamente inserisce questi testimoni fra un fenomeno da baraccone e l’altro, facendo così credere che ognuno possa scegliere indifferentemente di interpretare il personaggio che vuole. «Grazie al loro amore – ha continuato il giovane – ho scoperto una forza interiore che non sapevo di avere e che vorrei trasmettervi, perché sono convinto che ce l’abbiamo tutti, anche se non ce ne rendiamo conto». A dire che non c’è malato che abbia bisogno di chi lo voglia “compassionevolmente” eliminare, ma solo di essere sostenuto per scoprire la sua forza. Di qualcuno che appunto gli dica “tu vali le mie lacrime” e a cui lui possa rispondere “tu vali la mia pena”.

Infatti Palumbo ha tirato un’altra steccata alla cultura della morte che usa il termine “accanimento terapeutico” per abbandonare i malati e non rianimarli: «Poco più di un mese fa ho affrontato un momento difficile, una crisi respiratoria. Se non fosse stato per la bravura dei medici e il sostegno di tutti quelli che sono accanto a me, oggi non ci sarei. Quando mi sono risvegliato dalla rianimazione ho riflettuto sulla fortuna di essere vivi». Perciò il cantautore ha ricordato che il male più diffuso e grave non è quello che affligge il corpo, ma l’anima con l’egoismo: «Se abbiamo bisogno di un cambiamento è soprattutto nella mente, dove stagnano le disabilità più pericolose come la mancanza di empatia e tolleranza». Per questo nella sua canzone condanna chi giudica da fuori i malati o chi pronuncia frasi come “se fossi in quella condizione preferirei morire”: «Vedermi con la sedia a rotelle ti ha infastidito? – dice la sua canzone – Questa malattia fa paura vista fuori», invece «do speranza ad ogni malato».

Alla fine del testo il ragazzo ha voluto dire cosa sostiene tutto questo amore, sacrificio e vita. Cosa, in poche parole, lo fa essere lieto: «Credo e recito il rosario ed è proprio lui a tenere lontano il mio sicario», il tentatore che ci fa pensare il contrario: che il sacrificio sia più grande di ciò per cui vale. Conclusa la performance il pubblico si è alzato in piedi ad applaudire commosso. Certo, può anche essere che per molti la testimonianza di Palumbo sia passata come un puro spettacolo, come un’emozione suscitata da un giovane che ha fatto una sua scelta. Resta però sicuro che chi soffre non può non aver visto una luce. E questo, per il Festival di Sanremo, è più che sufficiente.

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La santità del perdono

Posté par atempodiblog le 6 février 2020

La santità del perdono
di padre Livio Fanzaga – Radio Maria

Messaggio del 25 gennaio 2020 rivolto alla Parrocchia attraverso la veggente Marija di Medjugorje

“Cari figli!
Oggi vi invito a pregare ancora di più finché nel vostro cuore sentiate la santità del perdono. Nelle famiglie ci deve essere la santità perché figlioli, non c’è futuro per il mondo senza amore e santità, perché nella santità e nella gioia voi vi donate a Dio Creatore il quale vi ama con amore immenso. Per questo mi manda a voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata”.

La santità del perdono dans Apparizioni mariane e santuari Gospa-Medjugorje

Trascrizione del commento di padre Livio Fanzaga al messaggio della Regina della Pace dato a Marija il 25 gennaio 2020

Questo messaggio della Regina della Pace è molto breve, però contiene  concetti fondamentali e va interpretato guardando alle parole che vengono usate.
La Madonna dice la parola “santità” per ben quattro volte, quindi certamente questo è il concetto che Le sta più a cuore.
Tuttavia il messaggio inizia con l’invito a pregare di più e la Madonna rinnova questo invito quasi in ogni messaggio e il 25 luglio 2019 ha detto: “la preghiera diventi vita per voi, di giorno e di notte”.
Pregare è fondamentale perché nella preghiera incontriamo Dio e facciamo l’esperienza del Suo amore, nella preghiera vediamo noi stessi nella Luce di Dio e prendiamo anche le decisioni fondamentali della nostra vita.
La Madonna sa che, se invita alla santità, rischia di trovare in noi un certo scetticismo, perché pensiamo a persone che fanno digiuni, sacrifici, fanno cose straordinarie, fanno addirittura miracoli! E questo tipo di santità non è alla portata di tutti.
La santità è invece un’opzione possibile anche a quelli che vivono nel mondo, qualsiasi età abbiano, come Lei ha detto:“a qualsiasi età, potete iniziare a diventare Santi”.
Allora la Madonna ci invita, come primo passo, a crescere nella preghiera per chiedere il contatto con Dio, l’esperienza del Suo amore.

Dunque dobbiamo sostare nella preghiera, vivere nella preghiera finché in noi nasca il desiderio di essere Santi, di piacere a Dio, di essere puliti, di avere un cuore aperto al Suo amore, di essere tutti Suoi.
Questo desiderio deve nascere in noi, perché finché non c’è questo desiderio, tutti gli inviti a diventare santi, rischiano di essere come quei semi che cadono sulle pietre e non fruttificano.
In questo messaggio la Madonna vuol parlare di un tipo particolare di santità che è alla portata di tutti e che è importante, soprattutto nella vita quotidiana: la Santità che consiste nella capacità di perdonare.
È bellissima questa espressione della Madonna “la santità del perdono”.
E la Madonna fa riferimento alla santità delle famiglie che consiste nel far sì che nelle famiglie ci sia la capacità di perdonare. 

Perché la Madonna insiste sulla santità del perdono nelle famiglie?
Perché oggi le famiglie si dividono.
Ci sono tante famiglie che cominciano bene, ma dopo un po’ si sgretolano, si rovinano, perché? 
Perché iniziano le incomprensioni, le ripicche, incominciano le vendette, si rompe quel rapporto meraviglioso che è l’amore tra lo sposo e la sposa e arriva il momento in cui uno dei due chiede la separazione.
Ma prima di arrivare a questo c’è una fase di degrado dei rapporti quotidiani, degrado del dialogo, della comprensione, dell’aiuto reciproco.
Nelle famiglie ci saranno sempre tensioni e incomprensioni, fa parte della natura umana e anche alla diversa psicologia tra l’uomo e la donna, allora ci vuole sempre una grande capacità di accettazione reciproca, ma soprattutto una grande capacità di capire e di perdonare.
Mai chiudere la giornata voltandosi le spalle, non dandosi la “buonanotte”, e mai incominciare la giornata come estranei, uno mangia da una parte e l’altro dall’altra e neanche ci si saluta, neanche ci si dice “buongiorno”.

E l’invito della Madonna è questo: “vivete la santità familiare”, sempre disposti a perdonare chiedendo il perdono reciproco.

Bisogna essere capaci di chiedere perdono anche quando si pensa di aver ragione, perché molte volte manca chi fa il primo passo.
Fai tu il primo passo, così rompi i muri della separazione e in questo modo impediamo al demonio di operare, impediamo al demonio di rompere i rapporti tra lo sposo e la sposa, fra i genitori e i figli e anche fra i fratelli.
La capacità di perdonare, di non fare ripicche, di non farla pagare, di non indurire il cuore è fondamentale per evitare la disgregazione delle famiglie.
Poi la Madonna passa dalle famiglie al mondo e nel messaggio del 25 novembre 2019 ha detto: “i cuori sono pieni di odio e di gelosia”.
Quindi questa santità del perdono, che deve cominciare nella vita familiare, deve poi estendersi in tutti i rapporti umani, nei rapporti tra le nazioni, non deve vigere la legge “occhio per occhio, dente per dente”, tu lanci un missile, io te ne lancio due, in questo modo si va verso la guerra.
Ci vuole lungimiranza, intelligenza, ci vuole quella superiorità spirituale per saper dire “soprassiedo, non è necessario farla pagare”.
Nella Bibbia Dio perdona e ritira tutti i castighi che aveva promesso, basta che il popolo si penta, il perdono di Dio richiede il nostro pentimento.
Nell’evento cristiano Gesù si fa Agnello di Dio che espia i nostri peccati per nostro amore, e, dopo la morte in Croce, dopo aver versato il suo sangue col quale ci lava, appare nel Cenacolo agli Apostoli risorto e dice: “ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi”.

Il Cristianesimo è l’unica religione che ha come chiave fondamentale il perdono, il perdono che Dio dà a noi e il perdono che noi dobbiamo dare agli altri, ed è in questo modo, dice la Madonna, attraverso il perdono che vi date tra di voi, che voi assicurate il futuro al mondo.
Noi pensiamo che il futuro è messo in forse dai cambiamenti climatici, è messo in forse dalle armi atomiche, dalle armi chimiche e batteriologiche, certamente, ma la Madonna ci porta a un piano superiore, e ci dice che il futuro del mondo è messo in forse dall’odio, dalla cattiveria, dalla vendetta e che noi possiamo assicurare il futuro del mondo con la santità del perdono, la santità dell’amore, in modo tale che la gioia e l’amore prendano il sopravvento.

La Madonna ci chiama a lavorare sul nostro cuore.
Nel nostro cuore ci sono tanti virus pericolosi: la gelosia, l’invidia, la vendetta, “gliela faccio pagare”, “gli faccio vedere io chi sono”, tutte cose che poi portano alle tragedie.

Possiamo guarire con la preghiera, nella preghiera abbiamo l’amore di Dio e, con la consapevolezza che Dio ci perdona, noi facciamo lo stesso nelle nostre famiglie e nei rapporti umani.
E così si assicura il futuro del mondo attraverso il perdono.
Attraverso la preghiera riscopriamo il desiderio di santità, riscopriamo l’importanza del perdono in un mondo che, dice la Madonna, è in guerra perché i cuori sono pieni di odio e di gelosia.      

Che grazia immensa avremmo, se prendessimo la Madonna come Madre e Maestra: andremmo veloci nel cammino di santità. 

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«E non abbandonarci alla tentazione». Il Padre Nostro «cambia» a fine anno

Posté par atempodiblog le 28 janvier 2020

La Cei: nelle chiese italiane la nuova traduzione obbligatoria dal 29 novembre
«E non abbandonarci alla tentazione». Il Padre Nostro «cambia» a fine anno
di Gian Guido Vecchi – Corriere della Sera
Tratto da: Radio Maria

«E non abbandonarci alla tentazione». Il Padre Nostro «cambia» a fine anno dans Fede, morale e teologia Il-santo-padre-Francesco

Il nuovo Messale sarà pubblicato dopo Pasqua, che quest’anno cade il 12 aprile, ma la data da segnarsi per i fedeli è il 29 novembre, prima domenica di Avvento: da allora, in tutte le chiese italiane, sarà obbligatorio recitare il Padre Nostro nella nuova traduzione definita dalla Cei, nella quale si dice «non ci abbandonare alla tentazione» e non più «non ci indurre in tentazione».

La traduzione
Non si tratta, naturalmente, di cambiare il Padre Nostro: i Vangeli sono scritti in greco e il testo originale della preghiera di Gesù è immutabile. Il problema, non solo in Italia, è piuttosto la traduzione, come rendere quella voce verbale che si legge nel Vangelo di Matteo (6,13), riferimento della tradizione liturgica: eisenénkes , dal verbo eisféro, che per secoli è stato tradotto con l’«inducere» latino della Vulgata di San Girolamo, da cui l’ «indurre» italiano. Questione delicata, perché tutti hanno imparato fin da piccoli a dire «e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male». Solo che «questa è una traduzione non buona», aveva spiegato alla fine del 2017 Papa Francesco: «Sono io a cadere, non è Lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto. Un padre non fa questo, aiuta ad alzarsi subito. Chi ci induce in tentazione è Satana, è questo il mestiere di Satana». Così, aveva aggiunto, «il senso della nostra preghiera è: “Quando Satana mi induce in tentazione tu, per favore, dammi la mano, dammi la tua mano”».

Opuscoli per i fedeli
Certo non si può chiedere ai fedeli, per andare sul sicuro, di fare come Simone Weil, la filosofa che recitava ogni mattina il Padre Nostro in greco. Così i vescovi hanno discusso sulla traduzione che si avvicinasse di più al testo evangelico. E alla fine si è deciso per la versione, «non ci abbandonare alla tentazione», già scelta dalla Cei nell’edizione della Bibbia del 2008. Con la pubblicazione della terza edizione del Messale Romano, dopo sedici anni di lavoro, la formulazione approvata in Vaticano entra nell’uso liturgico. L’arcivescovo Bruno Forte, del Consiglio permanente della Cei, spiega che fino al 29 novembre ci saranno sussidi ed opuscoli per aiutare i fedeli a prendere familiarità con la nuova traduzione, come già accadde nel 2017 in Francia , dove nelle chiese si è cominciato a dire «ne nous laisse pas entrer en tentation». Cambierà anche la versione del Gloria: «Pace in terra agli uomini, amati dal Signore».

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Il senso della memoria e della storia

Posté par atempodiblog le 28 janvier 2020

IL SENSO DELLA MEMORIA E DELLA STORIA
Trascrizione di Claudio Forti, 28 Gennaio 2020
Fonte: Radio Maria

Il senso della memoria e della storia dans Cardinale Robert Sarah Radio-Maria

Lezione trasmessa dai microfoni di RADIO MARIA dal professor Andrea Arnaldi, il 18 gennaio 2020, nella sua rubrica mensile PROBLEMI DI STORIA DELLA CHIESA. Il pregio del professor Arnaldi è quello di avvalersi di citazioni di numerosi storici, di personalità del mondo ecclesiale e culturale. Tutto ciò contribuisce a rendere attrattive ed arricchenti le sue lezioni. Andrea Arnaldi è stato il primo storico a trasmettere da Radio Maria Italia, e cioè circa dal 1980. Già dalla lettura di questa trascrizione, che corrisponde circa a un quarto della sua lezione, possiamo renderci conto dell’alto livello culturale e pedagogico che ci viene dai sempre ottimi collaboratori di questa Radio ormai diffusa sui cinque continenti con più di 100 emittenti. Per chi desidera ascoltare anche il resto, ecco il link: https://radiomaria.it/puntata/problemi-di-storia-della-chiesa-18-01-2020/  Ndt.

Buona sera! Ben trovati, cari amici ascoltatori!

Dopo aver dedicato una trasmissione al concetto di tempo, vorrei proseguire oggi sulla medesima linea di pensiero, proponendovi una conversazione sul tema della storia e della memoria storica. Il tempo, abbiamo detto a chi ha avuto occasione di ascoltare quella trasmissione, è connotato da una dimensione cronologica, quantitativa, data dal suo fluire incessante ed inesorabile, che abbiamo definito KRONOS, che si rifà al mito greco del dio divoratore dei suoi figli. Il tempo nemico dell’uomo, in un certo senso.

Vi è poi una dimensione alta, qualitativa, della dimensione temporale, come spazio di Dio, aperto all’eternità, luogo di crescita e di sviluppo della persona, che abbiamo definito KAIROS: il tempo amico dell’uomo. Farsi divorare dallo scorrere dei minuti e dall’angoscia della morte, oppure vivere il tempo presente con lo sguardo alzato verso il proprio perfezionamento umano e spirituale. Qui si gioca la grande diversità con cui gli uomini si accostano al mistero del tempo.

E allora passiamo adesso ad esaminare il concetto di storia e a considerare il senso profondo della conservazione e della trasmissione della memoria storica. Vi propongo, per entrare nel merito di questo argomento così affascinante una serie di citazioni molto autorevoli – soprattutto alcune -, che ci aiutano a mettere a fuoco questo tema di importanza cruciale; perché ci riguarda tutti: non è una semplice conversazione, un tema astratto, nel senso che non facciamo dell’accademia, perché non è nella logica di queste trasmissioni.

Allora, iniziamo dal Santo Padre Papa Francesco: esortazione apostolica Evangelii gaudium. Al numero 13 leggiamo così: «La memoria è una dimensione della nostra fede, che potremmo chiamare “deuteronomica” in analogia con la memoria di Israele. Gesù ci lascia l’Eucaristia come memoria quotidiana della Chiesa, che ci introduce sempre più nella Pasqua. La gioia evangelizzatrice brilla sempre sullo sfondo della memoria grata. È una grazia che abbiamo bisogno di chiedere. Gli apostoli mai dimenticarono il momento in cui Gesù toccò il loro cuore. Erano circa le quattro del pomeriggio, si legge nel Vangelo di Giovanni. Insieme a Gesù, la memoria ci fa presente una vera moltitudine di testimoni. Tra loro si distinguono alcune persone che hanno inciso in modo speciale per far germogliare la nostra gioia credente. “Ricordatevi dei vostri capi i quali vi hanno annunciato la Parola di Dio”, (lettera di San Paolo agli Ebrei). A volte si tratta di persone semplici e vicine che ci hanno iniziato alla vita della fede. “Mi ricordo della tua schietta fede, che è però anche della tua nonna Loide e di tua madre Eunice”, leggiamo nella seconda lettera di S. Paolo a Timoteo). Il credente è fondamentalmente uno che fa memoria».

San Giovanni Paolo parla dello “smarrimento della memoria come di un grave aspetto che caratterizza l’uomo contemporaneo”. Leggiamo così nell’esortazione apostolica Ecclesia in Europa: «Smarrimento della memoria e dell’eredità cristiana, accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo religioso, per cui molti europei danno l’impressione di vivere senza retroterra spirituale, e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia».

Anche Benedetto XVI ha scritto e detto parole molto importanti nell’udienza del 7 marzo 2008 al Pontificio Comitato di Scienze Storiche. Dice così: «Una società dimentica del proprio passato, e quindi sprovvista di criteri acquisiti attraverso l’esperienza, non è più in grado di progettare un’armonica convivenza e un comune impegno nella realizzazione di obiettivi comuni. Tale società si presenta particolarmente vulnerabile alla manipolazione ideologica». E ancora più avanti nello stesso discorso, disse: «Come la perdita della memoria provoca nell’individuo la perdita dell’identità, in modo analogo questo fenomeno si verifica per le società nel loro complesso». Questa è una considerazione di grande importanza. Ogni tanto capita di leggere notizie di cronaca di persone anziane o particolarmente colpite dalla malattia, che perdono la memoria, vagano senza sapere chi sono, come si chiamano, dove abitano, senza ricordare alcuna relazione di parentela o di amicizie, e che vengono pietosamente raccolte da qualcuno sul ciglio di una strada. Si indaga per cercare in qualche modo di ricollocarli nel loro contesto per ridar loro una identità. Ecco, questa penosa condizione diventa drammatica all’ennesima potenza quando coinvolge un intero corpo sociale. Questo succede quando interi popoli, intere nazioni, intere comunità che un tempo si ispiravano a valori e davano vita a una civiltà, si dimenticano completamente chi sono, da dove sono venute, su quali basi si sono fondate.

Scrive Alessandro De Carolis: «Nelle società in cui si è troppo soggetti al fascino delle scoperte della scienza e dei progressi della tecnologia, la memoria storica tende a sbiadirsi, perché il qui ed ora del più recente successo medico o tecnico illudono che un certo paradiso in terra sia a portata di mano. Mentre ciò che è stato, e l’esperienza che ne deriva finiscono relegati in un oblio polveroso, ma anche pericoloso».

Con un intervento stringente Benedetto XVI ha espresso alcune sue convinzioni sull’importanza delle scienze storiche che indagano, non solo il passato dell’umanità, ma anche quello della Chiesa nella sua missione nelle varie epoche. Il papa ha ribadito la lungimiranza del suo predecessore, Leone XIII, che per opporre un contro altare a una certa storiografia anti ecclesiale, istituì una commissione di studio alla quale in sostanza Benedetto XVI, l’attuale Pontificio Comitato delle Scienze Storiche, può far risalire le proprie origini, il quale ha annotato: «Il contesto culturale ha vissuto un profondo cambiamento. Non si tratta più solo di affrontare una storiografia ostile al cristianesimo e alla Chiesa; oggi è la storiografia stessa ad attraversare una crisi più seria, dovendo lottare per la propria esistenza in una società plasmata dal positivismo e dal materialismo. Entrambi queste ideologie hanno condotto a uno sfrenato entusiasmo per il progresso che, animato da spettacolari scoperte e successi tecnici – malgrado le disastrose esperienze del secolo scorso, determina la concezione della vita di ampi settori della società. Il passato appare così solo come uno sfondo buio sul quale il presente e il futuro risplendono con ammiccanti promesse. A ciò è legata ancora l’utopia di un “paradiso sulla terra”, a dispetto del fatto che tale utopia si sia dimostrata fallace».

Il disinteresse per la storia, possiamo dunque dire, cercando di riannodare i fili di queste citazioni, «genera trascuratezza nell’analisi degli avvenimenti passati, che arriva ad ignorare perfino intere epoche, cosicché si hanno piani di studio per i quali – queste sono parole di Benedetto XVI -, la storia inizia solamente a partire dagli avvenimenti della Rivoluzione Francese. Tutto questo oblio storico però ha un prezzo. Prodotto inevitabile di tale sviluppo è una società ignara del proprio passato e quindi priva di memoria storica. E la deformazione del passato è un’arma tipica della mentalità totalitaria. L’ideologia dominante avverte la necessità di piegare il passato all’interno di uno schema preconfezionato, compatibile con la propria visione astratta. Non ha alcuna importanza che la realtà sia diversa, che i fatti si siano svolti al di fuori di questo schema ideologico. Le ideologie dominanti, che conquistano il potere per mantenerlo e rafforzarlo devono incidere sulla storia, modificarla, alterare il senso della storia e degli avvenimenti del passato». Ed ecco in quale senso il magistero parla di uno smarrimento. Proprio Benedetto XVI dice che “una società che perde il senso della propria storia, delle proprie origini, delle proprie radici, è particolarmente vulnerabile alla manipolazione ideologica”.

In un suo recente saggio il cardinale Robert Sarah, affrontando il tema della modernità e ei suoi limiti, affronta anche l’argomento che affrontiamo quest’oggi, e ci aiuta con alcune interessanti considerazioni, scrivendo così: «L’uomo moderno occidentale disprezza il passato. È fiero della propria civiltà che ritiene superiore a tutte quelle che l’hanno preceduta. I progressi nei campi scientifico e tecnologico alimentano questa sua illusione. Le ultime rivoluzioni nell’ambito della tecnologia e della comunicazione, in particolare in internet, rafforzano tale pretesa. L’uomo moderno è smemorato. Aspiriamo alla rottura con il passato, mentre il nuovo si trasforma in un idolo. Esiste a mio avviso una aggressiva ostilità nei confronti della tradizione, e più in generale di ogni eredità. Oggi, vivendo un continuo mutamento, l’uomo moderno si priva della bussola». E più avanti, nel medesimo saggio, leggiamo così: «La crisi della memoria non può che generare una crisi cultuale. Il requisito per il progresso consiste nella trasmissione delle acquisizioni del passato. L’uomo è fisicamente e ontologicamente legato alla storia di coloro che l’hanno preceduto. Una società che rifiuta il passato si preclude il proprio futuro. È una società morta, una società senza memoria, una società spazzata via dal alzheimer!

Le radici costituiscono la base e l’alimento della vita. Innestano la vita in un terreno fertile e la irrorano di una linfa nutriente. Si immergono nell’acqua perché la vita sia lussureggiante in ogni stagione. Permettono la crescita della chioma e la comparsa di fiori e frutti. Una vita senza radici richiama la morte. Il complicato rapporto dei moderni con il concetto di radici sorge dalla crisi antropologica. L’uomo moderno ha paura che le proprie radici diventino un vincolo. Preferisce misconoscerle. Si crede libero, quando invece è più vulnerabile. Diventa come una foglia morta staccata dall’albero, in balia del vento».

Qual è allora il senso e l’utilità dello studio storico? E come agisce la mano provvidente di Dio sulla storia dell’umanità? È necessario, per scoprire e amare le radici della nostra civiltà, quindi le nostre stesse radici, esercitare una facoltà tanto importante quanto trascurata: LA MEMORIA STORICA, appunto. E allora interroghiamoci sulla storia e sulla sua importanza, e cerchiamo di capire qual è l’utilità della storia, cioè della conservazione e della trasmissione della memoria storica.

Lo studioso Luciano Pellicani ha scritto una bellissima considerazione che vi propongo. Scrive così: «La tradizione è la precondizione del progresso». Quindi il progresso non può esserci se non c’è un corpo di valori, se non c’è un antefatto che lo precede e lo prepara. E continua Pellicani: «Poiché senza di essa – cioè senza la tradizione -, gli uomini sarebbero costretti a partire da zero. Si troverebbero senza un sistema di soluzioni materiali, intellettuali e morali collaudate su cui appoggiarsi, dal momento che la tradizione è ciò che la società ha tesaurizzato, (ha fatto tesoro), ha accumulato ed istituzionalizzato. La serie degli esperimenti compiuti dalle passate generazioni, e utilizzati dalle generazioni presenti. Il che significa che la continuità è la legge dell’esistenza storica delle società. Una legge che opera attraverso le generazioni, le quali arricchiscono e trasmettono ciò che hanno ereditato». È tutto qua, potremmo dire! E non c’è nessuna considerazione di tipo confessionale. Queste sono proprio considerazioni di buon senso di uno studioso che spiega come non possa esistere un progredire fruttuoso a livello sociale se si è completamente dimentichi del proprio passato.

La storia fra l’altro non è un mero strumento di studio del passato, affinché questo possa aiutare a comprendere il presente e a costruire il futuro. Non è solo questo, o comunque non può essere ridotto solo a questa funzione utilitaristica. Come ha scritto il grande e compianto storico del Medio Evo Marco Tangheroni: «Contrariamente a quanto credeva chi ne dilatava i compiti e affidava ad essa la comprensione completa, tendenzialmente definitiva, positiva e scientifica, del passato, del presente ed anche del futuro, la storia non offre la risposta decisiva alle domande essenziali sull’uomo. Non è a essa che tali domande – che il mondo tende a eludere -, ma che si riaffacciano prepotenti, ineludibili, fondamentali; non è a essa che tali domande vanno poste. Ciò non esclude che in qualche modo la storia ci prepari a tali domande e alle relative risposte, sgombrando, in un certo senso, il campo. Ci aiuta a capire che l’uomo non è un dio. La storia educa alla complessità e con ciò stesso affina la nostra capacità di leggere il presente. La storia inoltre educa alla responsabilità. E penso qui alla disciplina nella scuola, mostrando che ciò che accade, accade non necessariamente, ma per le scelte libere degli uomini, talora di un uomo qualsiasi che si trova casualmente all’incrocio decisivo, abitua e forma alla responsabilità delle proprie scelte. Essa deve contribuire a formare l’uomo, l’uomo libero e responsabile». Direi che queste parole del professor Tangheroni ci aiutano bene a comprendere il senso e il valore della memoria storica.

E, sulla stessa linea, monsignor Luigi Negri, quando scrive: «È una questione di estrema importanza per il nostro presente, conoscere la storia, perché una personalità, un gruppo, il popolo cristiano, che non conosca adeguatamente la propria tradizione, è come se non avesse consistenza culturale, e quindi responsabilità. Privare una personalità del senso della sua storia è un modo per incominciare già a renderlo schiavo. Insomma, un uomo privo della propria storia non ha la capacità di presenza significativa ed incisiva. È destinato ad essere travolto e annientato. Ed è in questo senso che Sant’Agostino diceva che il presente – il tempo – è una distensione della persona tra un passato che deve essere assimilato da ciascuno, e un futuro che dev’essere progettato. Pretendere di vivere bene il presente e di poter progettare con serietà un futuro degno dell’uomo senza conoscere e comprendere il proprio passato, è una folle e tragica utopia che non deve assolutamente coinvolgere il cristiano». Il cristiano dev’essere assolutamente alieno da una tentazione utopistica di questo tipo. La conservazione della memoria storica – possiamo allora dire -, è uno strumento decisivo che consente all’uomo di conoscere sé stesso, di esaminare il proprio passato, di capire il presente, di agire con prudenza nel progettare il futuro. In questo senso la saggezza definisce la storia come maestra di vita. E, analogamente, il pensatore francese Joseph De Maistre parla della storia come di politica sperimentale, cioè come luogo di verifica delle costruzioni e delle teorizzazioni filosofiche, ideologiche, sociali ed economiche.

Un grande contributo per approfondire il senso della storia, il senso del lavoro dello storico, lo ha dato il pensatore cattolico svizzero Gonzague de Reynold che ha scritto pagine magistrali sulla storia e la sua funzione pedagogica. Vi propongo alcuni stralci perché davvero meritano di essere riletti, ascoltati e meditati. Sentiamone uno: «Ecco un’altra domanda che mi è stata spesso posta. A cosa serve la storia? Insegna agli uomini a vivere in società, perciò è una sapienza. È una sapienza perché è una esperienza. Mostra che gli uomini sanno quello che fanno, ma non possono prevederne tutte le conseguenze. Ci insegna che molte disgrazie, molte catastrofi, molte decadenze, molte degenerazioni, hanno il loro punto di partenza in ERRORI MORALI. La storia ha questa virtù: ci aiuta a prevedere. In questo senso è una prudenza. La prudenza stessa si definisce una sapienza pratica: quella che deve possedere l’uomo di Stato. “Ma se l’uomo di Stato vuole prevedere – e questo è un atto specifico della ragione -, deve fondarsi nello stesso tempo sulla conoscenza del presente e sulla esperienza del passato». Chi parla così – scrive De Reynold – è San Tommaso d’Aquino.

E sempre il medesimo autore, parlando del ruolo della storia come scuola di realismo politico, scrive: «L’oblio, il disprezzo della storia, bisognerebbe considerarlo come uno dei più gravi fenomeni di degenerazione e di barbarie. Infatti il fenomeno sarebbe equivalente per la società ciò che rappresenta la perdita della memoria per l’individuo. Ma se l’uomo perde la memoria, prenderà per guida soltanto i suoi istinti».

Il grande studioso svizzero si è interrogato molte volte, in differenti contesti, sui grandi temi dello scorrere del tempo, il susseguirsi delle culture e delle civiltà. Il percorso storico dell’umanità, e di quella europea e occidentale in particolare. Vorrei allora proporvi alcuni altri straordinari spunti di riflessione che credo ci aiutino a entrare sempre di più nel merito di questa nostra conversazione sul senso e l’utilità della storia.

Leggiamo allora questa breve pagina di De Reynold: «Possiamo vedere dove andiamo solo se abbiamo imparato da dove veniamo. Non si tratta di una concezione nuova: fino allo scientismo e al determinismo del secolo XIX, si sapeva che la storia aveva un fine: insegnare agli uomini a vivere in società. Tutti quelli che hanno fatto studi classici hanno tradotto almeno una volta l’elogio che nel “De oratore”, Cicerone fa della storia: “Testimone delle generazioni, luce di verità, conservatrice delle memorie, maestra di vita, messaggera di antichità”. Nella Somma teologica, dove dedica nove questioni alla prudenza, San Tommaso d’Aquino fissa in questi termini l’obbligo di prevedere la possibilità di fare. Prevedere il futuro – dice – e prevederlo fondandosi nello stesso tempo sulle circostanze presenti e sull’esperienza passata, come nel caso della prudenza, è funzione propria della ragione, poiché appartiene solo alla ragione istituire paragoni e valutarli».

E più avanti, in un altro saggio molto interessante, ci sono considerazioni davvero straordinarie. Sono testi della prima metà del Novecento. Scrive De Reynold: «La storia non coincide solamente con il passato (Ecco, questo mi sembra un passaggio molto interessante, e vi invito a prestare attenzione, perché sfata anche un pregiudizio molto diffuso, cioè che parlando di storia parliamo di avvenimenti del passato. Infatti la storia si identifica con ciò che non è più. Invece De Reynold fa questa precisazione. Dice: «La storia non coincide solamente con il passato. Il passato è solo una parte della storia: quella che seguiamo con lo sguardo quando ci sforziamo di risalire la corrente verso la sorgente, ma la storia è tutto il fiume, con tutti gli affluenti e tutti i subaffluenti, dalla sorgente alla foce. Non vi è affatto separazione fra il passato, il presente e l’avvenire; tra l’origine e la fine dell’umanità. Le cause della storia sono cause finali. Ma poiché solo gli spiriti puri sono capaci di cogliere tutto in un’intuizione immediata, ecco che noi uomini votati al lavoro e alla ricerca siamo assolutamente costretti a dividere il fiume con dighe di sbarramento e a porre lungo le rive pietre miliari. Se non procedessimo con questo metodo analitico, ci sarebbe impossibile elevarci ad una sintesi. Poiché viviamo nel presente, crediamo che il passato sia morto. Cerchiamo di chiudere la storia nel sepolcro del passato, dimenticando che quella va più veloce e più lontana di esso. Proprio la storia impedisce al passato di morire, trascinandolo sul presente e spingendo entrambi nell’avvenire».

Ecco, mi sembra che questa sia veramente una figura di straordinaria bellezza, di grande profondità, e su cui vale veramente la pena di fare una riflessione. Ripeto, chi di noi non è abituato a pensare la storia come ad un insieme di avvenimenti del passato che cerchiamo in qualche modo di riordinare, di ricordare, di mettere in fila, di sistemare in qualche casella, in qualche anno o secolo, di dar loro una cronologia, ma nulla di più. Si tratta di qualcosa che c’è stato e che non tornerà più. Anche un proverbio popolare dice che “la storia non si ripete”, non ritornerà più così esattamente come è stata, quindi è una cosa che non ci appartiene. E invece Gonzague De Reynold ci offre questa bellissima immagine del fiume. L’esistenza degli uomini e delle società, e quindi anche dei corpi sociali e delle civiltà umane sono come un lungo fiume che va verso una foce procedendo da una fonte, un’origine, una sorgente. Ma tra la sorgente e la foce si snoda per tutta una serie di avvallamenti, di anse, di rapide, di momenti di turbolenza e momenti di calma; momenti in cui siamo di fronte a un torrente e momenti in cui siamo di fronte a un grande fiume tranquillo.

Ecco, se questa similitudine è, come credo, valida, ci aiuta pienamente a capire che il nostro presente si situa in un certo punto del fluire del fiume, dell’acqua che scorre. Certo, non ci troviamo alla sorgente, e quindi c’è un tratto di fiume che è venuto prima di noi, che ha percorso una strada, ma noi siamo già molto più avanti. E questo è in qualche modo il passato. Ma questa stessa acqua che viene dalle nostre spalle, dalla sorgente, passa in questo momento sul punto dove ci troviamo, e spinge tutto verso la foce in un modo unitario, che coinvolge tutto, che tutto rende omogeneo, che ci consente di comprendere come la storia appartenga al nostro presente e ci porti verso il nostro futuro. Questo mi sembra davvero un passaggio di straordinaria importanza.

Direi ora di fare una breve pausa musicale, in modo che su questo concetto abbiamo modo di riflettere, prima di aprire un altro capitolo, di fare un ulteriore passaggio in questo ragionamento.

Per chi vuol proseguire l’ascolto, ecco il link: https://radiomaria.it/puntata/problemi-di-storia-della-chiesa-18-01-2020/

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Benedetto XVI: Celibato dei sacerdoti indispensabile, non posso tacere

Posté par atempodiblog le 13 janvier 2020

Benedetto XVI: Celibato dei sacerdoti indispensabile, non posso tacere
Il monito di Raztinger dopo il Sinodo sull’Amazzonia che apre alla possibilità di ordinare preti persone sposate. L’anticipazione di un libro scritto con il cardinale Sarah
di Gian Guido Vecchi – Corriere della Sera
Tratto da: 
Radio Maria

Benedetto XVI: Celibato dei sacerdoti indispensabile, non posso tacere dans Articoli di Giornali e News Benedetto-XVI

«Silere non possum! Non posso tacere!». Il Papa emerito Benedetto XVI, insieme con il cardinale Robert Sarah, cita Sant’Agostino per dire che il celibato dei preti è «indispensabile» e chiedere di fatto al successore Francesco di non permettere l’ordinazione sacerdotale di uomini sposati, proposta in ottobre dal Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia per compensare la carenza di clero: «Viviamo con tristezza e sofferenza questi tempi difficili e travagliati. Era nostro preciso dovere richiamare la verità sul sacerdozio cattolico. Con esso, infatti, si trova messa in discussione tutta la bellezza della Chiesa. La Chiesa non è soltanto un’istituzione umana. È un mistero. È la Sposa mistica di Cristo. È quanto il nostro celibato sacerdotale non cessa di rammentare al mondo. È urgente, necessario, che tutti, vescovi, sacerdoti e laici, non si facciano più impressionare dai cattivi consiglieri, dalle teatrali messe in scena, dalle diaboliche menzogne, dagli errori alla moda che mirano a svalutare il celibato sacerdotale».

Il libro
Così si legge nel libro Dal profondo del nostro cuore, firmato Benedetto XVI e da Sarah, che esce mercoledì in Francia da Fayard (in Italia sarà pubblicato a fine mese da Cantagalli) e del quale il quotidiano Le Figaro ha anticipato ieri alcuni estratti. I due autori — Raztinger si firma con il nome da pontefice — dicono di presentare le loro riflessioni «in quanto vescovi», «in obbedienza filiale a papa Francesco» e con «uno spirito d’amore per l’unità della Chiesa». Scrivono di volersi tenere «lontani» da ciò che divide, «le offese personali, le manovre politiche, i giochi di potere, le manipolazioni ideologiche e le critiche piene di acredine fanno il gioco del diavolo, colui che divide, il padre della menzogna». Ma certo l’operazione editoriale crea una situazione che non ha precedenti nella storia della Chiesa, come del resto non ha precedenti la presenza di un «emerito» accanto al Papa eletto.

Il Sinodo
Nei prossimi mesi, forse settimane, è attesa infatti l’«Esortazione apostolica» nella quale papa Francesco tirerà le somme del Sinodo. Il 26 ottobre l’assemblea ha approvato un testo che, nell’articolo più controverso (128 sì, 41 no), proponeva di «stabilire criteri e disposizioni» «per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica».

L’Amazzonia
In Amazzonia lo chiedevano da anni, ma era la prima volta che la «proposta» compariva nero su bianco in un testo ufficiale della Chiesa. Alla fine sarà il Papa a decidere. Già il cardinale Christoph Schönborn, vicino a Francesco, invitava alla «prudenza» e spiegava al Corriere della Sera: «Prima si deve cominciare con i diaconi permanenti, poi si vedrà». Ma intanto ora interviene il Papa emerito, con tutto il peso del suo nome e della sua autorità teologica. Nell’introduzione, gli autori scrivono: «Ci siamo incontrati in questi ultimi mesi, mentre il mondo rimbombava del frastuono provocato da uno strano sinodo dei media che aveva preso il sopravvento sul Sinodo reale. Ci siamo confidati le nostre idee e le nostre preoccupazioni. Abbiamo pregato e meditato in silenzio». Il cardinale Sarah scrive che «parlare di eccezione sarebbe un abuso di linguaggio o una menzogna» e «non si può proporre all’Amazzonia dei preti di “seconda classe”».

«Un’astinenza ontologica»
Nel suo saggio sul «sacerdozio cattolico», Ratzinger risale alle radici teologiche della scelta celibataria, parla di «un’astinenza ontologica» che non significa «un giudizio negativo della corporeità e della sessualità» e aggiunge, netto: «La chiamata a seguire Gesù non è possibile senza questo segno di libertà e di rinuncia a qualsiasi compromesso». Per Benedetto XVI e il cardinale Sarah ne va del futuro della Chiesa, insieme firmano introduzione e conclusioni: «È urgente, necessario, che tutti, vescovi, sacerdoti e laici, ritrovino uno sguardo di fede sulla Chiesa e sul celibato sacerdotale che protegge il suo mistero. Tale sguardo sarà il miglior baluardo contro lo spirito di divisione, contro lo spirito partitico, ma anche contro l’indifferenza e il relativismo».

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Cristo luce per la nostra vita

Posté par atempodiblog le 26 décembre 2019

Natale è il Dio che viene verso di noi perché noi possiamo vivere di Lui!
Cristo luce per la nostra vita
Omelia del giorno di Natale del 2019. Trasmessa dalla Cappella della Medaglia Miracolosa in Rue du Bac a Parigi
Tradizione di Claudio Forti
Trasmessa da Radio Maria Francia e da France Culture

Cristo luce per la nostra vita dans Commenti al Vangelo Buon-Natale

La Messa, trasmessa da RADIO MARIA FRANCIA – è quella in cui viene letto il famoso prologo al Vangelo di San Giovanni 1, 1-18.

In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

Botti di Capodanno, l'appello dei medici degli ospedali: “E' una tradizione negativa e pericolosa” dans Articoli di Giornali e News Santo-Natale

Lorenza era qui qualche giorno fa per celebrare il Signore. Ella era aiutata da una guida. Lorenza ci vede pochissimo. All’uscita dalla celebrazione il suo viso era luminoso. Mi chiese di benedirla assieme alla sua guida. Lei non era credente, per questo la sua domanda mi ha sconvolto. Molti fedeli presenti erano impreparati a questa benedizione inattesa e luminosa.

Fratelli e sorelle, questa recente scena si inscrive nel mistero della nostra umanità. Oggi l’umanità cerca la luce. Chi glie la potrà donare? «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto levarsi una grande luce. Tu hai portato la gioia…», diceva il profeta Isaia. Ma noi, abbiamo riconosciuto il Cristo? Abbiamo accolto il Messia, il Bambino Gesù, l’Emmanuele? (Quali luci ci attraggono – mi verrebbe da chiedere -: quella effimera degli schermi TV o dei cellulari? Ndt).

Il Signore Gesù verrà presto solo se lo aspetteremo molto. Il Signore Gesù non verrà presto se la sua attesa non sarà forte in noi. Era davvero atteso il Dio che è nato stanotte? Era molto atteso? Era desiderato intensamente? Siamo convinti con tutto il nostro essere che attraverso Gesù si è manifestata la grazia di Dio, e che questa venuta era per la salvezza di tutti gli uomini?

Voi avete ascoltato dalla liturgia di questa mattina che “Dio ci ha parlato per mezzo di Suo Figlio”. «Il Verbo è la luce vera. La luce vera che illumina il cammino di ogni uomo che viene nel mondo». Per i credenti Betlemme non è dunque solo il luogo di una nascita, ma la certezza che tutto ciò che esiste è venuto all’esistenza per Gesù.

Fratelli e sorelle, guardiamo alla nostra vita. Molte cose vorrebbero giungere a maturazione; molte dimensioni sono ancora in cammino; molti progetti sono ancora in attesa. Tu non conosci il tempo in cui si adempiranno. Ma tu, per come Dio ti vede, non sembri dare la stessa importanza che Egli dà ad essi. Come potremo allora fare discernimento? Quante volte cercheremo di mettere in atto ciò che sarà in grado di donarci una gioia profonda, una pace duratura, una giustizia per tutti?

È Cristo una luce per la nostra vita? È una luce per la nostra fede? È Lui la via nelle nostre decisioni? Col Natale tutto riceve nuova vita, ma ciò dipende dalla nostra umiltà. Lasciamo perciò perdere i miraggi che trasformano il Natale in una serie di emozioni superficiali, in un consumismo che non nutre i desideri profondi della nostra anima, o gli aspetti meravigliosi (della tecnica e della scienza moderne) Ndt), che non riescono a renderci più fraterni! Il Natale non è quell’immagine che spesso ci viene presentata. Natale è il Dio che viene verso di noi perché noi possiamo vivere di Lui!

Lorenza, di cui vi ho parlato prima, non ha ricevuto tutto ciò attraverso la vista, che è tanto flebile in lei. Il Vangelo ci parla di ciechi che vedono l’ineffabile bellezza dell’Assoluto. (Un grande francese, Antoine de Saint-Exupéry, nel suo “Il piccolo principe”, parla di un’altra “vista” quando dice «Non si vede che con il cuore». E la Bibbia definisce come «sapienza del cuore», la sapienza umana illuminata dalla fede. Ndt). Il Vangelo ci parla di questa comprensione degli umili. Essi comprendono ciò che Dio deve ancora rivelare ai sapienti.

Fratelli e sorelle, fino a quando i nostri occhi (del cuore) rimarranno bendati dalla nostra sufficienza (orgoglio e supponenza), la grazia del Natale non entrerà in noi. La gioia del Natale è come un fuoco nel caminetto. Se voi osservate quel fuoco sentirete i crepitii che sono come il gioioso annuncio del Natale Divino. Ma, a causa degli ostacoli posti dalla nostra rugosità, dal nostro correre e affannarci, la brace non ha ancora preso fuoco e il fumo causato da questa resistenza è ancora troppo denso.

Gesù, da Betlemme, Gesù, fuoco d’amore, vuole renderci ardenti d’amore nel progetto di Suo Padre! È Natale, ed è importante e urgente vivere il vero Natale, di cui l’uomo è davvero degno. «Allontànati dal tumulto», diceva Sant’Anselmo. Tieniti lontano dal tumulto (e dalla confusione). È tempo di fuggire dalle occupazioni superficiali! Scendi nel segreto della tua anima. Conserva in te ciò che può aiutarti a cercare il Salvatore!

Cari ascoltatori di France Culture, a voi rivolgo un pensiero particolare, specialmente per coloro che in questi giorni vivono in una grande solitudine. E a voi tutti qui presenti, a voi e alle vostre famiglie, auguro una Santa e gioiosa Natività. La gioia del Natale vuol risplendere nei nostri cuori!

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Corredentrice, la Madonna ha chiesto il dogma

Posté par atempodiblog le 21 décembre 2019

Corredentrice, la Madonna ha chiesto il dogma
Nelle apparizioni di Amsterdam (riconosciute nel 2002) alla veggente Ida Peerdeman, la Madonna ha chiesto di proclamare un nuovo dogma con i titoli di “Corredentrice, Mediatrice e Avvocata”. E sono molte le anime predilette che hanno parlato della sua Corredenzione, tra cui la mistica suor Maria Natalia Magdolna. Che racconta di aver ricevuto al riguardo una profezia di Gesù.
di Marco Lepore  – La nuova Bussola Quotidiana
Tratto da: Radio Maria

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Non sono tempi facili per l’editoria, nemmeno per quella cattolica. Eppure, c’è un libro che per un po’ di giorni è stato in cime alle classifiche di vendita su un noto sito di acquisti online e che continua a riscuotere recensioni positive e ad essere oggetto di trasmissioni e dibattiti in diversi contesti. L’ultimo, in ordine di tempo, è quello su Radio Kolbe, riportato nel sito Tempi di Maria.

Si tratta del libro di Claudia MateraRivelazioni profetiche di suor Maria Natalia Magdolna. Mistica del XX secolo (Sugarco Edizioni), di cui già qualche tempo fa la Nuova Bussola ha ospitato una recensione, che ci consente di conoscere la sconvolgente vicenda storica e personale di una suora ungherese con doni mistici, che ha ricevuto profezie celesti assai importanti per i nostri tempi. Una religiosa conosciuta e amata da molta parte della Chiesa ungherese, ma poco nota in Italia, a causa principalmente della clandestinità cui fu costretta sotto il comunismo e alla conseguente sua vita ritirata.

Le rivelazioni della Beata Vergine a suor Maria Natalia Magdolna riguardano i cosiddetti “Ultimi Tempi”, per usare la nota espressione di san Luigi Maria Grignion de Montfort. E sono, come scrive padre Serafino Tognetti nella prefazione, «uno scossone per i fedeli di oggi»Il testo, da leggere con calma e meditare, è infatti una fonte straordinaria di nutrimento per l’anima.

Il libro offre tra l’altro alcuni spunti di grande interesse sul ruolo della Madonna nella storia della Salvezza. Le vicende storiche (drammatiche e controverse) dell’Ungheria, che nel 1038 fu donata in eredità alla Madonna dal re santo Stefano, gettano una luce su tutta la storia europea e sul compito di ogni singola nazione, la cui identità risulta avere un chiaro ruolo all’interno del disegno divino. Il filo rosso delle profezie è legato alle parole “espiazione, riparazione e penitenza”, con la richiesta celeste di formare una milizia di anime che si offrano a Dio per riparare ai peccati e preparare il trionfo del Cuore Immacolato di Maria. Evidente è il richiamo alle grandi apparizioni mariane dei tempi moderni, da Rue du Bac a Parigi fino a Lourdes, a Fatima, Amsterdam e alle più recenti, magari non ancora riconosciute (come ad esempio Medjugorje).

Proprio le apparizioni di Amsterdam (ufficialmente riconosciute dal vescovo nel 2002), con i relativi messaggi affidati alla veggente Ida Peerdeman, mostrano straordinari punti di contatto con le rivelazioni a suor Maria Natalia. In queste apparizioni, la Madonna chiede esplicitamente un nuovo dogma, quello che dovrà attribuirle il titolo di “Corredentrice, Mediatrice e Avvocata”. La “Signora di Tutti i Popoli” promette solennemente che « Ella salverà il mondo sotto questo titolo » (20.03.1953); « per mezzo di questa preghiera libererà il mondo da una grande catastrofe mondiale » (10.05.1953). Spiega, inoltre, come farà: « Quando il dogma, l’ultimo dogma della storia mariana, sarà proclamato, allora la Signora di Tutti i Popoli donerà la Pace, la vera Pace al mondo. I popoli però debbono recitare la mia preghiera in unione con la Chiesa » (31.05.1954).

La Madonna descrive inoltre le violente opposizioni e i contrasti che si sarebbero scatenati attorno al dogma e che recentemente si sono fatti ancora più aspri: « Questo dogma sarà molto contestato » (08.12.1952). « Gli altri, vi attaccheranno » (04.04.1954). E ancora, con parole drammatiche, profetizza: “La lotta è difficile e gravosa, ma se collaborate tutti il vero Spirito vincerà” (5.10.1952).

Sempre ad Amsterdam la Madonna, sapendo che questo dogma sarebbe stato rifiutato e in qualche caso aspramente combattuto, affidò ai teologi un compito importante: quello di trovare nei “libri” gli argomenti che dimostrano la verità teologica del titolo di Corredentrice, dandogli così un fondamento incontestabile: « Di’ ai vostri teologi che essi possono trovare tutto nei libri. Non porto nessuna nuova dottrina. Porto adesso gli antichi pensieri » (04.04.1954).

È quanto fece, ad esempio, un grande santo dei nostri tempi, San Giovanni Paolo II, che scrisse nel suo libro Dono e Mistero:

“Ci fu un momento in cui misi in qualche modo in discussione il mio culto per Maria ritenendo che esso, dilatandosi eccessivamente, finisse per compromettere la supremazia del culto dovuto a Cristo. Mi venne allora in aiuto il libro di San Luigi Maria Grignion de Montfort che porta il titolo di «Trattato della vera devozione alla Santa Vergine». In esso trovai la risposta alle mie perplessità. Sì, Maria ci avvicina a Cristo, ci conduce a Lui, a condizione che si viva il suo mistero in Cristo… Compresi allora perché la Chiesa reciti l’Angelus tre volte al giorno. Capii quanto cruciali siano le parole di questa preghiera: «L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria. Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo… Eccomi, sono la serva del Signore. Avvenga di me secondo la tua parola… E il Verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi…». Parole davvero decisive! Esprimono il nucleo dell’evento più grande che abbia avuto luogo nella storia dell’umanità.

Già Pio IX, nella Bolla Dogmatica “Ineffabilis Deus, scriveva: “I Padri videro designati [nei versetti della Genesi] Cristo Redentore e Maria congiunta con Cristo da un vincolo strettissimo e indissolubile, esercitando insieme con Cristo e per mezzo di Lui sempiterne inimicizie contro il velenoso serpente, e riportando sopra di lui una pienissima vittoria”.

La Corredenzione di Maria non è una questione periferica della nostra Fede, ma centrale, perché essa tocca l’essenza della Redenzione del genere umano. Dopo il peccato originale Dio era libero di redimerci oppure no e di scegliere qualsiasi modo per redimerci. Poiché ha deciso liberamente di redimerci mediante l’Incarnazione del Verbo nel seno della Madonna ha associato intimamente Maria alla Redenzione, rendendola Mediatrice, Corredentrice e Avvocata.

Nel caso della Redenzione dell’umanità Cristo ha pagato, con tutto il suo Sangue sparso sulla Croce e durante tutta la Passione, la grazia che Adamo aveva perduto e che noi abbiamo riacquistato per la Sua Redenzione. Maria ha cooperato alla Redenzione del genere umano con Cristo in maniera subordinata e secondaria, acconsentendo all’Incarnazione del Verbo nel suo seno e offrendo Cristo in Croce al Padre per riscattare l’umanità, soffrendo indicibilmente e “commorendo” misticamente con Lui ai piedi della Croce. Ritta ai piedi della Croce! Quale madre potrebbe sopportare un simile dolore senza accasciarsi, ripiegarsi sfinita dall’angoscia e dal pianto? Nulla per sé, tutta per il Figlio…

Lo stesso Concilio Vaticano II (Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, 58) così parla di Maria ai piedi della croce: «Anche la Beata Vergine ha avanzato nel cammino della fede e ha conservato fedelmente la sua unione con il Figlio sino alla croce. Qui, non senza un disegno divino, se ne stette ritta, soffrì profondamente con il suo Figlio unigenito e si associò con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei stessa generata». Consentire all’immolazione della vittima da lei generata fu come immolare sé stessa.

È in questa luce di speciale cooperazione alla Redenzione - al servizio totale del Signore Gesù, unico Redentore – che si spiega il titolo di Corredentrice (vedi anche qui e qui). Un titolo che venne usato dallo stesso san Giovanni Paolo (e prima di lui da san Pio X e Pio XI), nonché da molti altri santi come Gabriele dell’Addolorata, Veronica Giuliani, Padre Pio, Massimiliano Maria Kolbe, Leopoldo Mandic, Madre Teresa di Calcutta, ecc.

A questa gloriosa lista aggiungiamo proprio suor Maria Natalia Magdolna, che racconta (pag. 83): «Gesù mi disse: “Mia Madre Immacolata sarà la corredentrice dell’era che deve venire” e mi spiegò che, per poter affrettare la vittoria della nostra Madre e Regina, dovevo pregare frequentemente con questa invocazione: “Madre nostra Immacolata, mostra la tua potenza!”».

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Con san Giuseppe verso il Santo Natale/ Preghiera per l’inizio della novena di Natale

Posté par atempodiblog le 16 décembre 2019

Con san Giuseppe verso il Santo Natale/ Preghiera per l’inizio della novena di Natale
Tratta da: Radio Maria Fb

Con san Giuseppe verso il Santo Natale/ Preghiera per l'inizio della novena di Natale dans Avvento Maria-e-Giuseppe

O san Giuseppe, che hai accolto in maniera mirabile il Salvatore, fa’ che anche noi possiamo accogliere il Signore che viene in ogni tempo.

Aiutaci col tuo esempio e la tua intercessione a prepararGli dentro di noi e nelle nostre comunità il luogo giusto dove possa prendere stabile dimora, e camminare nella via giusta alla Sua presenza.

Buon-Natale dans Preghiere
Freccia dans Riflessioni Novena di Natale

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I misteri della Santa Casa e il carisma di Loreto

Posté par atempodiblog le 10 décembre 2019

I misteri della Santa Casa e il carisma di Loreto
Oggi è la festa dell’unico santuario mariano del mondo che nasce da una reliquia. Intervista all’arcivescovo Fabio Dal Cin
di Giacomo Galeazzi – In Terris
Tratto da: Radio Maria

I misteri della Santa Casa e il carisma di Loreto dans Fede, morale e teologia Santa-Casa-di-Loreto

La festa liturgica della Madonna di Loreto ricorre il 10 dicembre, in ricordo della data dell’arrivo della Santa Casa di Nazareth a Loreto. Ci sono luoghi della cristianità la cui unicità è depositata nel cuore sacro della religiosità popolare. L’antichissima Festa della Venuta rievoca da sette secoli i fuochi che nella notte tra il 9 e il 10 dicembre del 1294 furono accesi per illuminare la via alla “Santa Casa” in arrivo a Loreto. E’ stata la fede incrollabile in questa miracolosa traslazione “volante”, da Nazareth a Loreto, a spingere Papa Benedetto XV a proclamare la Beata Vergine Maria di Loreto « Patrona di tutti gli aeronautici ». La cittadella marchigiana della devozione mariana in questi giorni sta vivendo giornate storiche e, per approfondire il carisma e i misteri della Santa Casa, In Terris ha incontrato l’arcivescovo Fabio Dal Cin, Delegato Pontificio di Loreto. Nella Santa Casa di Loreto, papa Francesco ha firmato l’esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit, indirizzata “ai giovani e a tutto il popolo di Dio”, ispirata “dalla ricchezza delle riflessioni e dei dialoghi del Sinodo dei giovani”. È iniziato ieri dall’aeroporto di Ancona Falconara la “Peregrinatio Mariae” delle statue della Madonna di Loreto verso gli aeroporti nazionali e internazionali previsti nel programma delle iniziative correlate all’anno del Giubileo Lauretano. Domenica, infatti, con la cerimonia di apertura della Porta Santa della Basilica di Loreto, presieduta dal Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, è iniziato il Giubileo Lauretano che il Santo Padre Papa Francesco ha concesso in occasione del centenario della proclamazione della Madonna di Loreto come patrona degli aeronauti e del mondo dell’aviazione e che si concluderà il 10 dicembre 2020. Alla cerimonia hanno partecipato il presidente dell’Enac, Nicola Zaccheo, e il direttore generale, Alessio Quaranta, tra le istituzioni che hanno rappresentato il comparto dell’aviazione civile. L’Enac, Assaeroporti, Alitalia, venti aeroporti, in collaborazione con Aeroclub d’Italia, sono tra le Istituzioni e i rappresentanti del settore che coordinano una parte delle iniziative che prevedono, tra l’altro, un pellegrinaggio che tre statue raffiguranti la Madonna di Loreto percorreranno negli aeroporti nazionali e internazionali. Le tre statue sono partite ieri dall’aeroporto di Ancona Falconara per farvi ritorno nel dicembre 2020: la statua che visiterà gli aeroporti nazionali è partita su un velivolo messo a disposizione dall’Aeroclub di Ancona per raggiungere l’aeroporto di Pescara dove rimarrà fino al 22 dicembre, per essere successivamente portata all’aeroporto di Bari. Un’altra statua raggiungerà Roma Fiumicino per partire oggi alla volta di Buenos Aires su un volo Alitalia, mentre una terza statua visiterà gli scali militari. Per quanto riguarda l’itinerario civile nazionale, sono stati individuati dalla Delegazione Pontificia venti aeroporti, quelli dove è presente una Cappella o luogo di culto, quali Bari, Bergamo Orio al Serio, Cagliari, Catania, Milano Linate, Milano Malpensa, Napoli, Palermo, Pescara, Roma Fiumicino, Torino Caselle, Trieste Ronchi dei Legionari, Venezia, Verona Villafranca e altri scali quali Bologna, Firenze, Genova, Perugia, Reggio Calabria, i cui gestori, su invito di Assaeroporti, hanno fornito ospitalità in un’area dedicata al fine di coprire tutte le regioni italiane. Negli aeroporti coinvolti sono previste cerimonie di accoglienza per l’arrivo e la partenza della statua raffigurante la Madonna di Loreto, oltre che azioni di comunicazione e promozione dell’iniziativa rivolte ai passeggeri e a tutta la comunità aeroportuale. In occasione della partenza odierna da Ancona per l’Enac ha partecipato Silvia Ceccarelli, direttore della Direzione Aeroportuale Regioni Centro e responsabile degli aeroporti di Ancona e Pescara che ha accompagnato il viaggio della statua della Madonna Pellegrina tra i due scali. Per i credenti del settore dell’aviazione civile, per i lavoratori e per i passeggeri che vorranno partecipare e visitare le Cappelle e i luoghi di culto negli aeroporti in cui verranno collocate le Madonne Pellegrine, secondo un programma consultabile anche sui siti di Enac e di Assaeroporti, oltre che in quelli degli organizzatori, il Giubileo rappresenta anche un’occasione di unione, peculiarità del trasporto aereo.

Arcivescovo Fabio Dal Cin, come si esprime a Loreto la devozione popolare per Maria?
“Qui la manifestazione della fede popolare è particolarmente viva. La gente entra nella Santa Casa, tocca, bacia le pareti e prega in silenzio. E’ un atto di fede nel mistero dell’Incarnazione, che si è compiuto tra quelle mura e nel mistero prodigioso della presenza della Santa Casa su questo colle.  I fedeli riconoscono che queste pareti sono imbevute del mistero del Figlio di Dio fattosi uomo. Si tratta di una fede testimoniata anche dai solchi sul gradino di marmo che circonda la Santa Casa. Sono solchi fatti dalle persone che prima di entrare nel sacello ne percorrono l’intero perimetro in ginocchio. E’ una pratica di pietà che si ripete instancabilmente da 500 anni!”

Qual è il valore teologico della Santa Casa?
“L’identità teologica della Santa Casa ha lo stesso valore dei luoghi santi nei quali è vissuto, morto e risorto Gesù. Ad esempio: noi non sappiamo se la crocifissione sia avvenuta esattamente nel luogo in cui è stato costruito il Santo Sepolcro o cinquanta metri più in là. Tuttavia il credente ha bisogno di sapere che in un luogo preciso la Chiesa fa memoria di quel mistero della salvezza. Anche per la Santa Casa di Loreto vale lo stesso principio teologico che si applica ai luoghi santi. Essa è lo spazio mistico nel quale sono avvenuti i misteri del concepimento immacolato, della libera adesione della Vergine Maria al disegno divino e del Si di Dio, che si è fatto uomo. E’ questa la memoria viva della Salvezza che il popolo di Dio riconosce visitando la Santa Casa.

Perché papa Francesco ha scelto la Santa Casa per firmare l’esortazione apostolica sui giovani?
“Come San Giovanni XXIII è venuto a Loreto prima dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II per affidare a Maria le sorti dell’evento conciliare, così Papa Francesco, al termine del Sinodo sui giovani, ha voluto compiere il gesto di affidare le riflessioni e quanto era emerso nell’assemblea sinodale a due Giovani “speciali”, che sono cresciuti in Santa Casa: la Beata Vergine Maria e Gesù. Lì ha firmato l’Esortazione Apostolica post-sinodale Christus vivit, rivolta ai giovani e a tutto il popolo di Dio e, in quella occasione, il Santo Padre ha rilanciato il Centro giovanile, voluto a suo tempo da San Giovanni Paolo II, perché sia il luogo della Christus vivit. Luogo dove i giovani che passano per Loreto possano trovare una comunità che li accolga, li accompagni e li aiuti a scegliere la loro strada nella vita”.

Perché la Santa Casa è diversa dagli altri luoghi di devozione mariani?
“Il Santuario di Loreto è diverso dagli altri santuari mariani perché custodisce la Santa Casa. Gli altri santuari dedicati a Maria sono stati edificati in seguito ad un’apparizione mariana o per la presenza di un’immagine prodigiosa della Madonna. Invece il fondamento del Santuario di Loreto è una reliquia. Si tratta delle pareti della Casa Nazaretana dove ha vissuto Maria e in seguito anche la Santa Famiglia. Anche gli studi più avanzati confermano che le pietre delle pareti della Casa sono tipiche dei luoghi e dell’epoca di Gesù”.

Qual è il significato profondo?
“All’origine di tutto c’è una Casa, che non è solo una reliquia ma è anche un’icona che innesca innumerevoli significati esistenziali, che toccano la vita concreta di tutti. Casa significa famiglia e accoglienza della vita, significa relazioni primordiali e intergenerazionali, casa significa vita concreta e quotidiana, significa trasmissione della fede e dei valori fondamentali per ogni persona…Ma per noi credenti la Santa Casa è la rivelazione del mistero di Dio che “fa casa con l’uomo” e del mistero di una giovane donna che si rende disponibile con il suo Si ad essere “casa” per accogliere il Figlio di Dio. Loreto è innanzitutto il Santuario dell’Incarnazione e della Trinità”.

Perché della Trinità?
“Perché il racconto dell’Annunciazione dell’evangelista Luca esplicita l’Opera della Trinità: il Padre che invia il Figlio a salvare il mondo per opera dello Spirito Santo, dunque Santuario della famiglia trinitaria e per questo Santuario delle famiglie”.

In che senso Santuario delle famiglie?
“Nella casa di Nazareth, Maria ha vissuto la molteplicità della relazioni familiari come figlia, fidanzata, sposa e madre. Per questo ogni famiglia, nelle sue diverse componenti, trova qui accoglienza, ispirazione a vivere la propria identità”. Sono queste le parole che Papa Francesco ha detto a Loreto il 25 marzo scorso, in occasione della sua visita e che per noi sono, insieme alle indicazioni che emergono dall’esortazione apostolica Amoris laetitia, la traccia per la pastorale del Santuario”.

Come attuate a Loreto questo mandato di Papa Francesco?
“Il Santuario offre una serie di incontri mensili rivolti alle coppie sposate e fidanzate sul significato del sacramento del matrimonio, propone tre ritiri spirituali durante i periodi dell’Avvento, della Quaresima e di Pentecoste, ma anche giornate a tema per chi vive lo stato di vedovanza e percorsi per coppie conviventi e separate. Per i giovani, l’attenzione verte sulla tematica degli affetti e sul significato della chiamata a costruire la propria “casa”.

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Apparizioni. A Fontanelle un santuario dedicato a Maria Rosa Mistica-Madre della Chiesa

Posté par atempodiblog le 29 novembre 2019

Apparizioni. A Fontanelle un santuario dedicato a Maria Rosa Mistica-Madre della Chiesa
Qui Pierina Gilli ebbe le visioni, non ancora riconosciute, ed è ogni anno meta di un flusso di fedeli in costante aumento. La decisione del vescovo di Brescia, Pierantonio Tremolada
di Andrea Galli – Avvenire
Tratto da: Radio Maria

Apparizioni. A Fontanelle un santuario dedicato a Maria Rosa Mistica-Madre della Chiesa dans Apparizioni mariane e santuari Fontanelle

L’annuncio il vescovo Pierantonio Tremolada l’ha dato ieri, con una lettera pubblicata sul settimanale La Voce del Popolola diocesi di Brescia dal 7 dicembre avrà un nuovo santuario dedicato a Maria Rosa Mistica-Madre della Chiesa alle Fontanelle di Montichiari. Sobria la lettera ma di non poco conto le implicazioni.

Fontanelle è infatti il luogo legato alle apparizioni – tuttora presunte – di cui fu protagonista Pierina Gilli, nata a Montichiari, nella bassa bresciana, nel 1911 e lì morta nel 1991. Figlia di contadini, la donna cercò di entrare nelle Ancelle della Carità – Istituto religioso sorto a Brescia a metà ’800 – ma dovette rinunciare per gravi problemi di salute che sorsero mentre era postulante, tra cui una meningite.

Lavorò come perpetua del parroco di Carpenedololo, poi come infermiera in un ospedale. Non si sposò mai e condusse una vita più che ordinaria, quasi anonima, nonostante i fenomeni mistici di cui sarebbe stata protagonista. I primi risalirebbero al 1944, proprio quando la Gilli versava in un stato comatoso per la meningite: l’allora beata e oggi santa Maria Crocifissa Di Rosa, fondatrice delle Ancelle della Carità, le avrebbe anticipato la guarigione e oltre a prove future.

Poi la Gilli avrebbe avuto due cicli di apparizioni, con messaggi rivolti al mondo: il primo iniziato nel 1947, con la Madonna che si sarebbe presentata con i titoli di Rosa Mistica e di Madre della Chiesa, e conclusosi l’8 dicembre dello stesso anno in una Basilica di Montichiari stracolma di parrocchiani e devoti venuti da fuori paese.

Il secondo ciclo sarebbe avvenuto nel 1966 a Fontanelle, località nella campagna di Montichiari dove sono presenti diverse risorgive. La Madonna ne avrebbe indicata una in particolare come luogo di purificazione e fonte di grazie.

Pierina Gilli fu interrogata nel 1948 dalle autorità ecclesiastiche e la diocesi prese subito un atteggiamento di distanza, ribadito a più riprese dai vescovi che si sono susseguiti a Brescia. Distanza e diffidenza iniziali che, secondo alcuni, portarono anche a disinteressarsi al resto della storia, a una vicenda spirituale estremamente complessa e misteriosa.

Nel frattempo però il flusso dei fedeli a Fontanelle non solo non è mai diminuito, ma è aumentato negli anni. La piccola chiesa che vi è stata costruita – un semplice capannone in un affossamento del terreno, con accanto due costruzioni – è diventata meta di pellegrini da tutto il mondo.

«La devozione per Maria Rosa Mistica legata agli eventi di Montichiari è oggi diffusa in America Latina, dal Brasile al Salvador al Messico, ma anche negli Stati Uniti», spiega don Marco Alba, delegato del vescovo di Brescia per le Fontanelle. «Devozione che ha poi incrociato quella antica dei cattolici dello Sri Lanka per la Rosa Mistica, tanto che coloro che vivono in Italia vengono qui la seconda domenica di settembre per il loro pellegrinaggio.

Ma Fontanelle è conosciuta anche in India, in Cina e in diversi Paesi africani». Chi ha fatto conoscere in posti così lontani una realtà che ufficialmente non esisteva? Secondo don Alba, «un sacerdote tedesco ha iniziato a diffondere la statua di Maria Rosa Mistica con le tre rose nel petto, come vista da Pierina. Alcuni missionari hanno probabilmente portato con loro l’immagine. Certamente una tale diffusione è sorprendente ed è ancora da capire fino in fondo».

Tremolada con la sua decisione ha compiuto un passo impegnativo dal punto di vista pastorale e anche teologico. Scrive il presule nella lettera alla diocesi: «Questo imponente fenomeno di preghiera e di venerazione verso la santa Madre del Signore – qui invocata come Rosa Mistica e Madre della Chiesa – si lega in modo non secondario all’esperienza spirituale di Pierina Gilli (1911-1991), esperienza che è tuttora oggetto di una rinnovata fase di studio e discernimento da parte dell’autorità ecclesiastica, sia a livello diocesano che da parte della Congregazione per la dottrina della fede».

Non c’è quindi ancora il riconoscimento delle apparizioni, ma viene superata anche la posizione precedente, quella che dal 2001 permetteva il culto a Fontanelle ma vietava ogni rimando “aperturista” a Pierina Gilli. Sulla sua esperienza si è tornati ad indagare, scrive sempre Tremolada, per «comprendere sempre meglio se e come… possa favorire e incrementare nel presente la vita cristiana, il senso di appartenenza alla Chiesa e la condivisione della sua missione evangelizzatrice, sotto la protezione e l’ispirazione della santa Madre del Signore».

Intanto, aggiunge il vescovo, con la solenne celebrazione eucaristica e la proclamazione del prossimo 7 dicembre «si intende di fatto riconoscere anche sul piano canonico la potenzialità missionaria di questi luoghi sacri, al fine di consolidare, irrobustire e incrementare i numerosi frutti spirituali qui germinati nel corso del tempo». E sarà sempre il tempo che aiuterà a capire meglio ciò che resta da capire

Da sapere: le tre rose
Nell’apparizione che Pierina Gilli avrebbe avuto il 13 luglio 1947, Maria si sarebbe presentata con tre rose sul manto (bianca, rossa e oro), che sono sempre presenti anche nell’iconografia di Maria Rosa Mistica ispirata alle vicende di Montichiari e Fontanelle. Le tre rose, avrebbe spiegato la Vergine, simboleggiavano la preghiera, il sacrificio e l’immolazione, necessarie a riparare le infedeltà e i tradimenti delle anime consacrate.

I diari, il presunto miracolo e lo studio del teologo
Nella nuova fase di indagine dell’esperienza mistica di Pierina Gilli hanno avuto un ruolo importante anche alcuni libri pubblicati dalle edizioni Ares. Il primo, “Maria Rosa Mistica-Madre della Chiesa”, curato da Rosanna Brichetti Messori e da Riccardo Caniato, è il volume postumo di monsignor Enrico Galbiati, autorevole biblista e orientalista, prefetto della Biblioteca Ambrosiana, che si espresse a favore delle apparizioni. Il secondo volume sono i “Diari” di Pierina Gilli, curati sempre da Riccardo Caniato, rimasti a lungo inediti, un testo di quasi 700 pagine. “Fratel Ettore & il miracolo di Rosa Mistica”, di Andrea Tornielli, riguarda invece la presunta guarigione miracolosa di una donna a Fontanelle studiata dal camilliano Ettore Boschini, di cui è in corso la causa di beatificazione.

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“Il perdono è una forma eccelsa d’amore”

Posté par atempodiblog le 10 juin 2019

“Il perdono è una forma eccelsa d’amore”
Tratto da: Radio Maria Fb

Messaggio di Medjugorje a Mirjana del 02/06/2019

“Il perdono è una forma eccelsa d'amore” dans Citazioni, frasi e pensieri Madonna

“Cari figli,
soltanto un cuore puro ed aperto farà sì che conosciate davvero mio Figlio, e che tutti quelli che non conoscono il suo amore lo conoscano per mezzo di voi. Solo l’amore farà sì che comprendiate che esso è più forte della morte, perché il vero amore ha vinto la morte ed ha fatto in modo che la morte non esista.
Figli miei, il perdono è una forma eccelsa d’amore. Voi, come apostoli del mio amore, dovete pregare per essere forti nello spirito e poter comprendere e perdonare. Voi, apostoli del mio amore, con la comprensione ed il perdono, date esempio d’amore e di misericordia.
Riuscire a comprendere e perdonare è un dono per cui si deve pregare e di cui si deve aver cura. Col perdono voi mostrate di saper amare. Guardate, figli miei, come il Padre Celeste vi ama con un amore grande, con comprensione, perdono e giustizia. Come vi dà me, la Madre dei vostri cuori.
Ed ecco: sono qui in mezzo a voi per benedirvi con la materna benedizione; per invitarvi alla preghiera e al digiuno; per dirvi di credere, di sperare, di perdonare, di pregare per i vostri pastori e soprattutto di amare senza limiti. Figli miei, seguitemi! La mia via è la via della pace e dell’amore, la via di mio Figlio. È la via che porta al trionfo del mio Cuore.
Vi ringrazio!”.

Commento di Padre Livio al messaggio del 2 giugno 2019

Padre-Livio dans Fede, morale e teologia

Questo messaggio, come ogni messaggio del due del mese, è molto intenso e ricco. È come straripante dal Cuore della Madre!
Alla Madonna sta molto a cuore entrare subito nel vivo del messaggio che è un inno all’amore e poi alla fine colloca la sua missione di Madre che è quella di portarci a suo Figlio e attraverso suo Figlio alla vita eterna.
“Cari figli, soltanto un cuore puro ed aperto farà sì che conosciate davvero mio Figlio”. L’amore di cui parla la Madonna è un amore così grande che neanche possiamo immaginarlo, intuirlo, questo amore è l’Amore di Dio! È Dio stesso, Dio è Amore, l’Amore è Dio! È l’Amore del Padre, del Figlio, che sono un dono d’amore che è lo Spirito Santo.

Conosciamo questo amore purificando, aprendo, dilatando il nostro cuore, “dovete avere un cuore puro, un cuore aperto, dovete entrare in intimità con mio Figlio, accostando il vostro cuore al suo Cuore, allora piano piano potrete conoscere l’amore di cui io vi parlo, che è l’amore che segretamente desiderate”, perché tutti noi desideriamo un amore puro, infinito ed eterno, ma troviamo sempre lungo la nostra strada amori limitati e molto spesso dei falsi amori. “E che tutti quelli che non conoscono il suo amore lo conoscano per mezzo di voi”. È chiaro che non possiamo far conoscere Gesù, il suo Amore agli altri, se non lo abbiamo sperimentato.

Solamente sperimentandolo se ne può parlare con entusiasmo, se ne può parlare con umiltà, solamente sperimentandolo se ne può parlare donandolo.
Allora comprendiamo che questo Amore è più forte della morte: “Solo l’amore farà sì che comprendiate che esso è più forte della morte,
perché il vero amore ha vinto la morte ed ha fatto in modo che la morte non esista”. Gesù è morto per amore e risorto a vita immortale e dona a noi questa vittoria, la vittoria dell’amore sulla morte! È così grande questo Amore, che fa sì che la morte non esista!

La morte di cui parla la Madonna è prima di tutto la morte spirituale, quella del peccato mortale, quella della perdizione eterna. Per un cristiano la morte è un abbraccio con Cristo, che si può già realizzare nella fede in questa vita, specialmente ricevendo la Santa Comunione, nella quale riceviamo Cristo Risorto. La Madonna ci invita a conoscere questo Amore; poi ci dirà più avanti, parlando del digiuno e della preghiera, in che modo dobbiamo dilatare il cuore, renderlo puro, renderlo aperto e sincero. Poi comincia la seconda parte del messaggio e cioè che la più alta forma d’Amore è il perdono: “Figli miei, il perdono è una forma eccelsa d’amore”.

L’amore di Dio ha inviato il Figlio il quale ha portato su di sé i peccati del mondo, li ha espiati e, apparendo agli Apostoli nel Cenacolo, il Risorto ci dà lo Spirito Santo per la remissione e il perdono dei peccati. È come se noi avessimo un debito impagabile e qualcuno ce lo ha pagato. Gesù lo ha pagato andando sulla Croce e dall’alto della Croce ha detto: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Questo perdono riguarda i peccati che fanno tutti gli uomini! “Voi, come apostoli del mio amore, dovete pregare per essere forti nello spirito e poter comprendere e perdonare”. Noi non amiamo se non perdoniamo e per capire questo dobbiamo guardare Gesù crocefisso, al suo perdono sulla Croce, al perdono che ci ha donato attraverso il Sacramento della Penitenza.

L’amore del Padre ha inviato il Figlio per cancellare i peccati del mondo e ha fatto sì che la sua giustizia diventasse misericordia. Poi è chiaro che se noi rifiutiamo la sua misericordia, i nostri peccati rimangono su di noi e ci portano alla morte eterna. Essendo stati perdonati, non possiamo non perdonare gli altri, manifestando comprensione verso le mancanze altrui, i torti subiti, le ingiustizie, le offese, perché molte volte gli altri sono trascinati dal maligno.
Anche a noi potrebbe capitare, anche a noi magari è capitato di essere aizzati dal maligno, di essere degli zimbelli nelle sue mani e come è capitato a noi, può capitare a loro.

Come Dio ha avuto pietà di noi e come gli altri hanno avuto pietà di noi, noi dobbiamo essere comprensivi nei confronti degli altri e dare il nostro perdono. Questo ovviamente ha una dinamica che deve maturare nell’intimo del cuore, ha bisogno di un tempo ed è una conquista, è il frutto della preghiera, è una grazia che bisogna chiedere, non è, diciamo così, un colpo di telecomando il perdono, è una vittoria, è una contemplazione dell’Amore del Padre, è fare agli altri quello che il Padre ha fatto a noi. Non commettiamo l’errore di coltivare il risentimento, di coltivare l’odio, perché conserviamo il veleno di satana nel nostro cuore. E se non possiamo manifestare il perdono per gli altri, perché ci sono tante circostanze, perché il perdono diventi qualcosa di vero, diventi una vera riconciliazione, perché avvenga questo è necessario il miracolo nei cuori. Bisogna chiedere questo miracolo, desiderarlo, coltivando la disponibilità alla riconciliazione e pregando per le persone che ci hanno offeso, come Gesù e come tutti i martiri che hanno pregato per i loro persecutori; all’origine di ogni persecuzione c’è satana.

“Voi, apostoli del mio amore, con la comprensione ed il perdono, date esempio d’amore e di misericordia. Riuscire a comprendere e perdonare è un dono per cui si deve pregare e di cui si deve aver cura”. Dobbiamo sradicare l’impulso del risentimento, “di farla pagare”, dobbiamo arrivare alla compassione per chi, usato da satana, ci ha fatto del male.

Pregare per quelli che ci hanno fatto del male è la cosa più bella che possiamo fare, poi saremo noi con i nostri approcci ad aprire il cuore degli altri.
Molte volte uno avanza proposte di perdono e trova l’altro che risponde con le parolacce, questo capita spesso, ma noi dobbiamo invece usare un’altra tattica, noi sappiamo che la grazia tocca i cuori e che la grazia si ottiene con la preghiera. Con la preghiera possiamo disporre il cuore degli altri al perdono, perché è un dono di grazia. “Col perdono voi mostrate di saper amare”.

Nella terza parte del messaggio la Madonna parla della sua missione: “Guardate, figli miei, come il Padre Celeste vi ama con un amore grande, con comprensione, perdono e giustizia. Come vi dà me, la Madre dei vostri cuori”. L’Amore del Padre Celeste si manifesta nel perdono e si manifesta anche nel fatto che ha inviato Lei come Madre dei nostri cuori. La sua presenza qui per così tanto tempo, con così tanti messaggi, non è qualcosa che dobbiamo sopportare con curiosità. La Madonna ci dice: “io sono qui da così tanto tempo, con così tanta pazienza per voi, perché il Padre Celeste vi ama e mi invia presso di voi”Poi precisa la sua missione “Ed ecco: sono qui in mezzo a voi per benedirvi con la materna benedizione; per invitarvi alla preghiera e al digiuno; attraverso la preghiera e il digiuno, attraverso la rinuncia alle cose effimere, attraverso la rinuncia al male, tagliando la radice dei vizi, con la preghiera e il digiuno ci avviciniamo a Gesù, al suo Cuore, comprendiamo il suo immenso Amore grazie al quale noi resuscitiamo a vita nuova, alla gloriosa resurrezione di Cristo!

“Per dirvi di credere, di sperare, di perdonare, di pregare per i vostri pastori e soprattutto di amare senza limiti”. “Sono qui non per celebrare me stessa, ma perché avete bisogno, perché siete sballottati da satana sciolto dalle catene, sono qui per invitarvi alla preghiera e al digiuno, sono qui per dirvi di credere, di sperare, di perdonare, di pregare per i vostri pastori e soprattutto son qui per dirvi di amare senza limiti”.
E poi conclude: “Figli miei, seguitemi!”. Se la Madonna è qui, seguiamola! È qui, ci indica la strada, lasciamoci prendere per mano. Lo dico con umiltà, quelli che oggi non si fanno prendere per mano dalla Madonna, più facilmente perdono la strada e satana li inganna.

“La mia via è la via della pace e dell’amore, la via di mio Figlio. È la via che porta al trionfo del mio Cuore. Vi ringrazio!”.
Questa che è l’ultima apparizione della Madonna sulla terra ci condurrà al trionfo del suo Cuore Immacolato che consiste nel fatto che gran parte dell’umanità accoglierà suo Figlio Gesù.

La pace nel mondo non è un progetto umano. Il trionfo del Cuore Immacolato è l’accoglienza dell’umanità di quel Cuore crocefisso che trabocca di Amore per tutti gli uomini, anche per quelli che lo hanno crocefisso. Con questo ringraziamo la Madonna, perché ci guida, perché ci nutre, ci unisce, perché ci vuole bene, perché ci manifesta l’Amore del Padre Celeste, perché ci porta alla vittoria, la vittoria del bene, la vittoria di Cristo, la vittoria dell’Amore!

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