L’immutabile destino della Chiesa: trionfante e sofferente insieme

Posté par atempodiblog le 8 juillet 2010

L'immutabile destino della Chiesa: trionfante e sofferente insieme dans Articoli di Giornali e News santopadre

C’è il senso del pontificato intero di Benedetto XVI nella istituzione, il giorno della festa di Pietro e Paolo, del nuovo Pontificio Consiglio per la rievangelizzazione dell’Occidente secolarizzato, per il riannuncio della fede in un mondo dove «il Dio di Gesù sembra eclissarsi».
E c’è un significato preciso, se il neonato Consiglio è stato affidato a un arcivescovo come Rino Fisichella, specialista in quella antica «apologetica» che oggi si preferisce chiamare «teologia fondamentale». Per capire, bisogna porsi alcune domande. Cominciando dalla più importante: la Chiesa cattolica è davvero in grave difficoltà? In realtà, teologia ed esperienza storica mostrano che sempre è stata, e sempre sarà, al contempo triumphans et dolens. Come il suo Fondatore sarà sempre, parola di Pascal, viva e feconda e, al contempo, come agonizzante.
Clero indegno, tra abusi sessuali e affarismi? Nessuna sorpresa, essendo, nel suo volto umano, sia casta che meretrix, sia madre dei santi che rifugio e patria dei peccatori.
Perseguitata? Se non lo fosse, smentirebbe il monito del Cristo ai discepoli, che
non possono avere sorte diversa dal Maestro. In decadenza numerica, quanto a praticanti e vocazioni? Doveroso, in fondo, poiché il suo destino, come prevede il Vangelo, è di essere «piccolo gregge», «lievito», «sale», «granello di senape».
È semplice catechismo. Sbagliano, dunque, coloro che si avventurano in improbabili analisi, immaginando un Benedetto XVI «angosciato» per questo tipo di problemi. Proprio per la sua prospettiva di fede, papa Ratzinger è molto addolorato, e non manca di dirlo pubblicamente ma, al contempo è lontano dalla «angoscia».
Quando mi descriveva la situazione inquietante, della Catholica nella tempesta postconciliare, mi permisi di chiedergli se, malgrado tutto, le sue notti fossero tranquille. Mi guardò sorpreso: «Perché non dovrei dormire? Dobbiamo fare, tutti, il nostro dovere sino in fondo. Ma saremo giudicati da Gesù sulla buona volontà, non sui risultati. La Chiesa non è nostra. Noi siamo solo l’equipaggio di un barca che è Sua, è Lui che tiene il timone e stabilisce la rotta. Sappiamo che ci saranno tempeste, anche terribili, che le sofferenze di ogni tipo non mancheranno ma sappiamo anche che non affonderemo e che prima o poi arriveremo al porto».
Se «angoscia» c’è, nel papa, non è certo per tribolazioni spesso provvidenziali, in ogni caso già annunciate venti secoli fa. C’è un sospetto di angoscia, semmai, per la constatazione— che in lui è sempre stata lucida e costante — che è proprio la fede che oggi fa problema.
Nulla può turbare il Pastore, se nel clero e nei laici regge la fiducia nella esistenza di Dio, nella verità del Vangelo, nella Chiesa come corpo del Cristo. Nulla può stare in piedi, invece, se ci si convince che ci sono Caso, Materia, Evoluzione cieca al posto di Dio; che la Scrittura non è che un’antologia caotica di remota letteratura semitica; che la Chiesa è una multinazionale affaristica o, a esser benevoli, la maggiore delle Ong, una Croce Rossa con l’hobby della religione. Per due volte, solo negli ultimi mesi, Benedetto XVI ha ripetuto — e ogni volta, sì, con un sospetto di angoscia —: «La fede rischia oggi di estinguersi come una fiamma che non trova più alimento». A Fatima ha ricordato l’equivoco di tanto attivismo clericale, che si affatica sulle conseguenze morali, politiche, sociali da trarre dalla fede, senza però interrogarsi sulla verità e credibilità di quella fede. Cosa che, oggi, non è affatto scontata. E non lo è a tal punto che una volta, a tavola, gli sentii sfuggire una confidenza: «Oggi, in Occidente, chi mi stupisce non è l’incredulo, è il credente».
Nella sua inquietudine, certa intellighenzia e nomenklatura ecclesiali non lo confortano ma, spesso, sembrano contrastarlo. Come ha ripetuto in questi giorni, è consapevole che i maggiori pericoli per la Chiesa vengono dal suo interno, e non solo per il peccato del denaro, dell’arrivismo, della carne.
Sa meglio di tutti (un quarto di secolo alla Congregazione per la fede non sono stati vani) che molta teologia, magari dispensata nelle università «cattoliche» se non «pontificie», è infida, insinua il dubbio e mina le certezze.
Sa che tanta esegesi biblica disseziona la Scrittura come fosse un qualunque testo antico, accettando acriticamente un metodo che chiama «storico-critico» creato nel Novecento da atei o da protestanti secolarizzati e che più che critico è ideologico. La base stessa su cui tutto si fonda, la Risurrezione di Gesù nello spirito ma anche nel corpo, è messa in dubbio se non respinta da preti e frati in cattedra. Sa che le basi dell’etica cattolica sono negate, nella pratica, da tanta pastorale. Sa che, nei seminari, i pochi giovani superstiti dipendono, più che dal direttore spirituale, da sociologi e psicologi: e se increduli, tanto meglio, non è forse segno di «illuminata apertura»?
Se, dunque, «la fiamma» si spegne è anche perché tanti, che pur dovrebbero, non l’alimentano, anzi lavorano per estinguerla. È tempo, dunque, di gettare fascine nel braciere, riscoprendo quel lavoro di ricerca della credibilità della fede, quell’accordo tra il credere e il ragionare che è sempre esistito nella Chiesa e che dopo il Concilio era stato abbandonato. È tempo, insomma, di ritorno all’apologetica, per ridare alimento alla fiaccola, spenta la quale niente avrebbe più senso e San Pietro, con il Vaticano intero, potrebbero essere consegnati all’Unesco come semplice «patrimonio artistico della umanità». Non a caso monsignor Fisichella, specialista proprio di apologetica— o teologia fondamentale, che dir si voglia— è sembrato a Benedetto XVI il «fuochista» adeguato. Un lavoro arduo attende l’arcivescovo, cardinale se farà bene. Qui, per la Chiesa, tutto è in gioco: e non basteranno i soliti convegni, dibattiti, «cattedre di non credenti» o la solita «documentite» ad uso interno. Ci vorranno nuovi apologeti, rispettosi di tutti e al contempo coriacei nel mostrare le ragioni per le quali il credente non è un credulo, perché il Vangelo è «vero».

di Vittorio Messori – Corriere della Sera

Publié dans Articoli di Giornali e News, Vittorio Messori | Pas de Commentaire »

Pedofilia: il Vaticano sembra il solo a fare notizia

Posté par atempodiblog le 28 mars 2010

Pedofilia: il Vaticano sembra il solo a fare notizia
di Vittorio Messori - Corriere della Sera

Pedofilia: il Vaticano sembra il solo a fare notizia dans Articoli di Giornali e News megafono 

Mi si scuserà se prendo spunto dall’esperienza personale. Credo che possa aggiungere un piccolo tassello al mosaico oscuro del sesso degli adulti con i minori. Oscuro per noi, oggi: non pochi di coloro che si atteggiano a inflessibili moralizzatori, furono apostoli attivi della sessantottarda « liberazione sessuale ».

Per coloro che non vissero quei tempi , sarà sorprendente un carotaggio tra tanti, troppi testi degli anni Settanta. Libertà di sesso, per chiunque e con chiunque! Bambini compresi, anzi questi per primi, per educarli da subito a una prospettiva « non repressiva », a un « eros liberato ». Tra questi difensori –ma solo oggi, va ripetuto– del rispetto per i piccoli, molti sono coloro per i quali non vale, non deve valere, il rispetto per i più piccoli ancora. Guai, dunque a chi tocca i bambini già nati. Ma guai anche a chi volesse difendere i bambini non ancora nati; e difenderli non da molestie, ma dalla estirpazione violenta dall’utero. Un certo sdegno liberal non è eguale per tutti: infanzia protetta, certo, ma solo quella scampata all’ecatombe.

Veniamo allora alla piccola, ma forse significativa, esperienza personale.Terminata l’università e in attesa di un varco per infilarmi in qualche giornale o casa editrice, sentii parlare di una possibilità di lavoro temporaneo come assistente –qualcosa a metà tra il sorvegliante e il tutor– in collegi che praticavano ancora l’internato. Feci domanda ad alcuni di essi (tutti laici, va precisato, nessuno religioso) e fui convocato per colloqui e per una prima esperienza. Parlando con coloro che avrebbero potuto divenire colleghi, sentii talvolta discorsi che non capivo: lo stipendio era esiguo, il lavoro impegnativo ma, in cambio, c’erano vantaggi, c’erano benefit riservati che compensavano i sacrifici . Compresi solo quando, in un collegio per i virgulti di ricchi borghesi, un cinquantenne mi disse, strizzando l’occhio: « Vieni, non esitare! Sai, di giorno si lavora molto ma, di notte, le nostre stanze sono accanto a quelle dei ragazzi… ». Abituato, nottetempo, a un altro genere di frequentazioni, cambiai direzione alla mia ricerca di un lavoro, seppur temporaneo. Passarono gli anni e, come inviato di un quotidiano, visitai molti manicomi in procinto di chiusura per la legge Basaglia. In molti istituti non ci si curava neanche di nascondere che le ricoverate – e i ricoverati – minorenni, erano un « bottino » tanto appetito da scatenare lotte accanite tra medici e paramedici. I sindacalisti tacevano: anzi, mi dissero in una di quelle case, si erano riservati un diritto di prelazione sugli imberbi. Ma poiché la vita è lunga e gli incontri tanti, non ho dimenticato quello con un capitano di mare che –ridendo, a tavola, un po’ alticcio– mi raccontava della sorte, secondo lui divertente, che toccava, e tocca, ai quindicenni imbarcati come mozzi nelle infinite navi di ogni bandiera che solcano i mari.

Sono solo piccole postille a quanto detto l’altro giorno dal portavoce vaticano, padre Federico Lombardi: « Certamente quanto compiuto in certi ambienti religiosi è particolarmente riprovevole, data la responsabilità educativa e morale degli uomini di Chiesa. Ma chi è obiettivo e informato sa che la questione è molto più ampia e il concentrare le accuse solo sulla Chiesa falsa la prospettiva ». Padre Lombardi ha citato l’inchiesta svolta in Austria dal governo: « Diciassette casi di molestie o violenze ascrivibili a religiosi cattolici, 510 in altri ambienti. Non sarebbe giusto, innanzitutto per le vittime, che ci si occupasse almeno un poco anche di loro? ». In America, nella nebulosa delle innumerevoli chiese, chiesuole, sette, comunità religiose non ve ne è alcuna che non debba affrontare denunce di fedeli, maschi e femmine, per le attenzioni riprovevoli di ministri del culto. Neanche le istituzioni della vasta e variegata comunità ebraica americana sono esenti dal dilagare del contagio. Preti, pastori, rabbini si ritrovano spesso insieme nelle aule dei tribunali. E altrettanto avviene per tanti che lavorano negli ambienti più laici e più lontani da prospettive religiose, come ho ricordato.

Eppure, solo la Chiesa cattolica sembra fare notizia. Ma a ben pensarci, un simile « privilegio » non dovrebbe dispiacere a un credente. Chi si sdegna per la malefatte di un prete, più che per quelle di chiunque altro, è perché lo lega a un ideale eccelso che è stato tradito. Chi considera più gravi le colpe « romane », rispetto a ogni altra, è perché vengono da una Chiesa da cui ben altro si aspettava. Molte invettive anticlericali sono in realtà proteste deluse. E’ scomodo, per i cattolici, che il bersaglio privilegiato sia sempre e solo « il Vaticano ». Ma chi denuncia indignato le bassezze, è perché misura l’altezza del messaggio che da lì viene annunciato al mondo e che, credenti o no che si sia, non si vorrebbe infangato.

Fonte: Sursum Corda

Publié dans Articoli di Giornali e News, Vittorio Messori | Pas de Commentaire »

Ma non accusate di omicidio Beppino Englaro

Posté par atempodiblog le 28 février 2009

Ma non accusate di omicidio Beppino Englaro
di Michele Brambilla

Quando Eluana Englaro è morta non abbiamo avuto esitazioni nel titolare, in prima pagina, che era stata «uccisa». Ma non abbiamo esitazioni neppure oggi nel dissentire dalla denuncia per omicidio volontario che è stata presentata contro Beppino Englaro. Il nostro può sembrare un atteggiamento contraddittorio, ma non lo è. Cerchiamo di spiegarci.
Che Eluana sia stata uccisa non è un’opinione: è un dato di fatto. Non era tenuta in vita artificialmente, era solo alimentata, così come sono alimentati i neonati, che da soli non sono in grado di nutrirsi. Eluana è morta perché qualcuno ha smesso di darle nutrimento, e anche sulle sue reali condizioni ci sarebbe molto da dire. Si è voluto credere più alla testimonianza di una giornalista amica del padre (che peraltro ha visto Eluana quando già era stata interrotta l’alimentazione) che non alle Misericordine che l’avevano in cura: mah. La stessa autopsia ha poi confermato che era molto più credibile la versione delle suore.
Tuttavia proprio i cattolici – e a denunciare Beppino Englaro è stata appunto un’associazione di cattolici, anche se non in sintonia, su questa scelta, con la Chiesa – dovrebbero avere ben presente la distinzione «fra peccato e peccatore». Non è detto che in presenza di un omicidio ci sia necessariamente un omicida. Ripeto: proprio i cattolici dovrebbero sapere che quel che conta, più che l’atto, è l’intenzione del cuore. Beppino Englaro ha «voluto» uccidere sua figlia? Non lo crediamo. Crediamo che abbia voluto porre fine a una sofferenza. Non ne condividiamo la scelta, ma non ci sentiamo di considerarlo un «omicida volontario», quale è stato indicato nella denuncia.
Cito un cattolico doc come Vittorio Messori, che parlando di divorzio, aborto e eutanasia nel suo recente libro Perché credo scrive che questi sono, per il mondo liberal, «diritti civili, traguardi di civiltà, progresso benefico», e continua: «Per il cattolico, il contrario: ma sarebbe ingiusto che non riconoscessimo la buona fede nell’abbaglio di chi è convinto di avere ragione, perché guarda da un punto di vista che ben comprendo, perché è stato anche il mio» prima dell’incontro con la fede. «Compito dei credenti nel Vangelo è farsi strumenti», continua Messori, «perché» coloro che sbagliano su questi temi «si convertano». E lo «strumento» più adatto non ci pare certo il ricorso a una Procura della Repubblica: non solo la fede, ma neppure un retto convincimento può essere imposto con le manette. La testimonianza, diceva San Paolo, sia fatta «con dolcezza e rispetto».
Siamo contrari a questa denuncia anche perché darà fiato agli estremisti alla MicroMega. E perché pensiamo che Beppino Englaro ha fatto e detto tante cose sbagliate, ma prima di giudicarlo dovremmo avere anche noi guardato nostra figlia, per diciassette anni, attraverso una vetrata.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Michele Brambilla, Vittorio Messori | 1 Commentaire »

Festa inventata

Posté par atempodiblog le 15 mars 2008

Una « festa » inventata
di Vittorio Messori
[Da "Pensare la storia", San Paolo, Milano 1992] – © Edizioni San Paolo

Festa inventata dans Articoli di Giornali e News mimoseh

C’erano una volta delle operaie tutte lavoro, fede socialista e sindacato; e c’era un padrone cattivo. Un giorno, le lavoratrici si misero in sciopero e si asserragliarono nella fabbrica. Qualcuno (il padrone stesso, a quanto si dice) appiccò il fuoco e 129 donne trovarono atroce morte. Era l’8 marzo 1908, a New York. Due anni dopo, la leggendaria femminista tedesca Clara Zetkin propose, al Congresso socialista di Copenaghen, che l’8 marzo, in ricordo di quelle martiri sociali, fosse proclamato « giornata internazionale della donna ».

Storia molto commovente, letta tante volte in libri e in giornali, fatta argomento di comizi, di opuscoli di propaganda, di parole d’ordine per le sfilate e le manifestazioni: prima del femminismo e poi di tutti. Si, storia commovente. Con un solo difetto; che è falsa. Eh già, nessun epico sciopero femminile, nessun incendio si sono verificati un 8 marzo del 1908, a New York. Qui, nel 1911 (quando già la « Giornata della donna » era stata istituita), se proprio si vogliono spulciar giornali, bruciò, per cause accidentali, una fabbrica, ci furono dei morti, ma erano di entrambi i sessi. Il sindacalismo e gli scioperi non c’entravano. E neanche il mese di marzo.

Piuttosto imbarazzante scoprire di recente (e da parte di insospettabili quanto deluse femministe) che il mitico 8 marzo si basa su un falso che, a quanto pare, fu elaborato dalla stampa comunista ai tempi della guerra fredda, inventando persino il numero preciso di donne morte: 129… Ma è anche straordinario constatare quanto sia plagiabile proprio quella cultura che più si dice « critica », che guarda con compatimento (per esempio) chi prenda ancora sul serio quelle « antiche leggendo orientali » che sarebbero il Natale, la Pasqua, le altre ricorrenze cristiane.

E, dunque, a qualcuno che facesse dell’ironia sulle vostre, di feste e pratiche religiose (messa, processioni, pellegrinaggi), provate a ricordargli quanti 8 marzo ha preso sul serio, senza mai curarsi di andare a controllare che ci fosse dietro.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Vittorio Messori | Pas de Commentaire »

La data del 25 dicembre non è soltanto un simbolo

Posté par atempodiblog le 11 décembre 2007

Lo studio di un professore dell’Università ebraica di Gerusalemme cancella ogni dubbio su un enigma millenario.
La data del 25 dicembre non è soltanto un simbolo
Dai rotoli di Qumran la conferma della sua esattezza

La data del 25 dicembre non è soltanto un simbolo dans Santo Natale richieste_di_preghiere

Quando tutti sono via, quando le città sono vuote, a chi – e dove – mandare cartoline e consegnare pacchi con nastri e fiocchetti? Non sono i vescovi stessi a tuonare contro quella sorta di orgia consumistica cui sono ridotti i nostri Natali? E allora, spiazziamo i commercianti, spostiamo tutto a Ferragosto. La cosa, osservavo, non sembra impossibile: in effetti, non fu la necessità storica, fu la Chiesa a scegliere il 25 dicembre per contrastare e sostituire le feste pagane nei giorni del solstizio d’inverno.
La nascita del Cristo al posto della rinascita del Sol invictus . All’inizio, dunque, ci fu una decisione pastorale che può essere mutata, variando le necessità. Una provocazione, ovviamente, che si basava però su ciò che è (o, meglio, era) pacificamente ammesso da tutti gli studiosi: la collocazione liturgica del Natale è una scelta arbitraria, senza collegamento con la data della nascita di Gesù, che nessuno sarebbe in grado di determinare. Ebbene, pare proprio che gli esperti si siano sbagliati; e io, ovviamente, con loro. In realtà oggi, anche grazie ai documenti di Qumran, potremmo essere in grado di stabilirlo con precisione: Gesù è nato proprio un 25 dicembre. Una scoperta straordinaria sul serio e che non può essere sospettata di fini apologetici cristiani, visto che la dobbiamo a un docente, ebreo, della Università di Gerusalemme.

Vediamo di capire il meccanismo, che è complesso ma affascinante. Se Gesù è nato un 25 dicembre, il concepimento verginale è avvenuto, ovviamente, 9 mesi prima. E, in effetti, i calendari cristiani pongono al 25 marzo l’annunciazione a Maria dell’angelo Gabriele. Ma sappiamo dallo stesso Vangelo di Luca che giusto sei mesi prima era stato concepito da Elisabetta il precursore, Giovanni, che sarà detto il Battista. La Chiesa cattolica non ha una festa liturgica per quel concepimento, mentre le antiche Chiese d’Oriente lo celebrano solennemente tra il 23 e il 25 settembre. E, cioè, sei mesi prima dell’Annunciazione a Maria. Una successione di date logica ma basata su tradizioni inverificabili, non su eventi localizzabili nel tempo. Così credevano tutti, fino a tempi recentissimi. In realtà, sembra proprio che non sia così.
In effetti, è giusto dal concepimento di Giovanni che dobbiamo partire. Il Vangelo di Luca si apre con la storia dell’anziana coppia, Zaccaria ed Elisabetta, ormai rassegnata alla sterilità, una delle peggiori disgrazie in Israele. Zaccaria apparteneva alla casta sacerdotale e, un giorno che era di servizio nel tempio di Gerusalemme, ebbe la visione di Gabriele (lo stesso angelo che sei mesi dopo si presenterà a Maria, a Nazareth) che gli annunciava che, malgrado l’età avanzata, lui e la moglie avrebbero avuto un figlio. Dovevano chiamarlo Giovanni e sarebbe stato «grande davanti al Signore».
Luca ha cura di precisare che Zaccaria apparteneva alla classe sacerdotale di Abia e che quando ebbe l’apparizione «officiava nel turno della sua classe». In effetti, coloro che nell’antico Israele appartenevano alla casta sacerdotale erano divisi in 24 classi che, avvicendandosi in ordine immutabile, dovevano prestare servizio liturgico al tempio per una settimana, due volte l’anno. Sapevamo che la classe di Zaccaria, quella di Abia, era l’ottava, nell’elenco ufficiale. Ma quando cadevano i suoi turni di servizio? Nessuno lo sapeva. Ebbene, utilizzando anche ricerche svolte da altri specialisti e lavorando, soprattutto, su testi rinvenuti nella biblioteca essena di Qumran, ecco che l’enigma è stato violato dal professor Shemarjahu Talmon che, come si diceva, insegna alla Università ebraica di Gerusalemme. Lo studioso, cioè, è riuscito a precisare in che ordine cronologico si susseguivano le 24 classi sacerdotali. Quella di Abia prestava servizio liturgico al tempio due volte l’anno, come le altre, e una di quelle volte era nell’ultima settimana di settembre. Dunque, era verosimile la tradizione dei cristiani orientali che pone tra il 23 e il 25 settembre l’annuncio a Zaccaria. Ma questa verosimiglianza si è avvicinata alla certezza perché, stimolati dalla scoperta del professor Talmon, gli studiosi hanno ricostruito la «filiera» di quella tradizione, giungendo alla conclusione che essa proveniva direttamente dalla Chiesa primitiva, giudeo-cristiana, di Gerusalemme. Una memoria antichissima quanto tenacissima, quella delle Chiese d’Oriente, come confermato in molti altri casi.
Ecco, dunque, che ciò che sembrava mitico assume, improvvisamente, nuova verosimiglianza. Una catena di eventi che si estende su 15 mesi: in settembre l’annuncio a Zaccaria e il giorno dopo il concepimento di Giovanni; in marzo, sei mesi dopo, l’annuncio a Maria; in giugno, tre mesi dopo, la nascita di Giovanni; sei mesi dopo, la nascita di Gesù. Con quest’ultimo evento arriviamo giusto al 25 dicembre. Giorno che, dunque, non fu fissato a caso.
Ma sì, pare proprio che il Natale a Ferragosto sia improponibile. Ne farò, dunque, ammenda ma, più che umiliato, piuttosto emozionato: dopo tanti secoli di ricerca accanita i Vangeli non cessano di riservare sorprese. Dettagli apparentemente inutili (che c’importava che Zaccaria appartenesse alla classe sacerdotale di Abia? Nessun esegeta vi prestava attenzione) mostrano all’improvviso la loro ragion d’essere, il loro carattere di segni di una verità nascosta ma precisa. Malgrado tutto, l’avventura cristiana continua.

Vittorio Messori – Corriere della Sera del 09/07/2003


Dal Mar Morto a Oxford:
i papiri che nascondono la verità

La data di nascita di Gesù è stata stabilita grazie ai documenti di Qumran. In alcune grotte della località sul Mar Morto un pastore scoprì, nel 1947, una serie di papiri manoscritti. Le scoperte proseguirono, in modo rocambolesco, fino al ’56. Si tratta di circa 750 testi in ebraico, aramaico (la lingua parlata dallo stesso Gesù) e greco. Vanno dal terzo secolo a.C. fino al I d.C. Ci sono scritture sacre, commenti, documenti religiosi della comunità di Qumran, forse gli Esseni, setta ebraica che viveva nel deserto. Alcuni documenti consentirebbero, secondo qualche studioso, di ridatare il Vangelo di Marco. Una parte dei papiri è stata poi tenuta nascosta in Israele fino al 1991, alimentando il «giallo». La pubblicazione, in 38 volumi, del materiale di Qumran si è conclusa a Oxford solo lo scorso anno.

Corriere della Sera del 09/07/2003

 

Fonte: mariadinazareth.it

 

Publié dans Santo Natale, Vittorio Messori | Pas de Commentaire »

Le dodici stelle dell’Europa

Posté par atempodiblog le 15 octobre 2007

Dall’aureola dell’Immacolata
le dodici stelle dell’Europa

La bandiera dell’Unione ispirata alla corona della Vergine

Le dodici stelle dell'Europa dans Apparizioni mariane e santuari bandiera_UE


Che sia una di quelle ironiche «astuzie della Storia» di cui parlava Hegel?
Di certo, il caso è curioso. In effetti, giovedì 10 luglio, a Bruxelles, con solenne cerimonia è stata presentata la bozza definitiva della Costituzione d’Europa.

E’ quella nel cui preambolo non si è fatto il nome del Cristianesimo, provocando le ben note polemiche e la protesta della Santa Sede. Ma questa stessa Costituzione, nel definire i propri simboli, ribadisce solennemente che la bandiera europea è azzurra con dodici stelle disposte a cerchio. Ebbene: sia i colori, che i simboli, che la loro disposizione in tondo, vengono direttamente dalla devozione mariana, sono un segno esplicito di omaggio alla Vergine. Le stelle, in effetti, sono quelle dell’Apocalisse al dodicesimo capitolo: «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una Donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle». Quella Donna misteriosa, per la tradizione cristiana, è la madre di Gesù. Anche i colori derivano da quel culto: l’azzurro del cielo e il bianco della purezza verginale. Nel disegno originario, infatti, le stelle erano d’argento e solo in seguito hanno preso il colore dell’oro.

Insomma: anche se ben pochi lo sanno, la bandiera che sventola su tutti gli edifici pubblici dell’Unione (e il cerchio di stelle che sovrasta l’iniziale dello Stato sulle targhe di ogni automobile europea) sono l’invenzione di un pittore che si ispirò alla sua fervente devozione mariana.

E’ una storia di cui circolano versioni diverse, ma che abbiamo ricostruito con esattezza già nel 1995, in un’inchiesta per il mensile di Famiglia cristiana , Jesus . La vicenda, dunque, inizia nel 1949 quando, a Strasburgo, fu istituito un primo «Consiglio d’Europa», un organismo poco più che simbolico e privo di poteri politici effettivi, incaricato di «porre le basi per un’¹auspicata federazione del Continente». L’anno dopo, anche per giustificare con qualche iniziativa la sua esistenza, quel Consiglio bandì un concorso d’idee, aperto a tutti gli artisti europei, per una bandiera comune. Alla gara partecipò pure Arsène Heitz, un allora giovane e poco noto designer che al tempo della nostra inchiesta era ancora vivo e lucido, pur se ultra novantenne. Heitz, come moltissimi cattolici, portava al collo la cosiddetta «Medaglia Miracolosa», coniata in seguito alle visioni, nel 1830, a Parigi, di santa Catherine Labouré. Questa religiosa rivelò di avere avuto incarico dalla Madonna stessa di far coniare e di diffondere una medaglia dove campeggiassero le dodici stelle dell’Apocalisse e l’invocazione: «Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te». La devozione si diffuse a tal punto nell’intero mondo cattolico da fare di quella «Medaglia Miracolosa» uno degli oggetti più diffusi, con molte centinaia di milioni di esemplari. Ne aveva al collo una di latta e legata con uno spago anche santa Bernadette Soubirous quando, l’11 febbraio del 1858, ebbe la prima apparizione della Signora, che apparve vestita proprio di bianco e di azzurro.

Ebbene, Arsène Heitz non era soltanto uno degli innumerevoli cattolici ad avere su di sé quella Medaglia nata da un’apparizione, ma nutriva una speciale venerazione per l’Immacolata. Dunque, pensò di costruire il suo disegno con le stelle disposte in circolo, come nella Medaglia, su uno sfondo di azzurro mariano. Il bozzetto, con sua sorpresa, vinse il concorso, la cui commissione giudicatrice era presieduta da un belga di religione ebraica, responsabile dell’ufficio stampa del Consiglio, Paul M. G. Lévy, che non conosceva le origini del simbolo, ma fu probabilmente colpito positivamente dai colori. In effetti, l’azzurro e il bianco (le stelle, lo dicevamo, non erano gialle ma bianche nel bozzetto originale) erano i colori della bandiera del neonato Stato d’Israele. Quel vessillo sventolò la prima volta nel 1891, a Boston, sulla sede della «Società Educativa Israelitica» e si ispirava allo scialle a strisce usato dagli ebrei per la preghiera. Nel 1897, alla Conferenza di Basilea, fu adottato come simbolo dell’Organizzazione Sionista Mondiale, divenendo poi nel 1948 la bandiera della repubblica di Israele. In una prospettiva di fede è felicemente simbolica questa unione di richiami cristiani ed ebraici: la donna di Nazareth, in effetti, è la «Figlia di Sion» per eccellenza, è il legame tra Antico e Nuovo Testamento, è colei nel cui corpo si realizza l’attesa messianica. Anche il numero delle stelle sembra collegare strettamente le due fedi: dodici sono i figli di Giacobbe e le tribù di Israele e dodici gli apostoli di Gesù. Dunque, il giudeo-cristianesimo che ha costruito il Continente unito in uno stendardo.
Sta di fatto che alcuni anni dopo la conclusione del concorso d’idee, nel 1955, il bozzetto di Heitz fu adottato ufficialmente come bandiera della nuova Europa. Tra l’altro, a conferma dell’ispirazione biblica e al contempo devozionale del simbolo, il pittore riuscì a far passare una sua tesi, che fu fatta propria dal Consiglio d’Europa. Ci furono critiche, infatti, visto che gli Stati membri erano all’epoca soltanto sei: perché, allora, dodici stelle? La nuova bandiera non doveva rifarsi al sistema della Old Glory, lo stendardo degli Usa, dove ad ogni Stato federato corrisponde una stella?
Arsène Heitz riuscì a convincere i responsabili del Consiglio: pur non rivelando la fonte religiosa della sua ispirazione per non creare contrasti, sostenne che il dodici era, per la sapienza antica, «un simbolo di pienezza» e non doveva essere mutato neanche se i membri avessero superato quel numero. Come difatti avvenne e come ora è stato stabilito definitivamente dalla nuova Costituzione. Quel numero di astri che, profetizza l’Apocalisse, fanno corona sul capo della «Donna vestita di sole» non sarà mai mutato.
Per finire con un particolare che può essere motivo di riflessione per qualche credente: la seduta solenne durante la quale la bandiera fu adottata si tenne, lo dicevamo, nel 1955, in un giorno non scelto appositamente ma determinato solo dagli impegni politici dei capi di Stato. Quel giorno, però, era un 8 dicembre, quando cioè la Chiesa celebra la festa della Immacolata Concezione, la realtà di fede prefigurata da quella Medaglia cui la bandiera era ispirata. Un caso, certo, per molti. Ma forse, per altri, il segno discreto ma preciso di una realtà «altra», in cui ha un significato che per almeno mille anni, sino alla lacerazione della Riforma, proprio Maria sia stata venerata da tutto il Continente come «Regina d’Europa».

Di Vittorio Messori

Corriere della sera 14 luglio 2003

Fonte: www.mariadinazareth.it

Publié dans Apparizioni mariane e santuari, Vittorio Messori | Pas de Commentaire »

12