Il Papa: il nostro valore non dipende dal successo ma dalla bellezza agli occhi di Dio

Posté par atempodiblog le 21 avril 2024

Il Papa: il nostro valore non dipende dal successo ma dalla bellezza agli occhi di Dio
Nella Domenica dedicata a Gesù Buon Pastore, al Regina Caeli Francesco si sofferma sul senso del “dare la vita” per le proprie pecore. Il Pontefice insiste sul fatto che, per Cristo, ciascuno è insostituibile e non si tratta solo di un modo di dire. “Quante volte si finisce per buttarsi via per cose da poco!”, osserva, invitando a mettersi alla presenza di Gesù e lasciarsi accogliere da Lui
di Antonella Palermo – Vatican News

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Non determinare la propria autostima sulla base del giudizio altrui o degli obiettivi che si riesce a raggiungere, ma considerando l’amore di Dio per ciascuno, riscoperto ogni giorno mettendosi alla sua presenza. È quanto ricorda Papa Francesco nella catechesi del Regina Caeli della quarta domenica di Pasqua dedicata al Buon Pastore.

Il Buon pastore sacrifica la vita
Per tre volte nel Vangelo di Giovanni al capitolo 10 si ripete che il pastore dà la propria vita per le pecore. “Gesù  spiega il Papa  non è solo un bravo pastore che condivide la vita del gregge; è il Buon Pastore, che per noi ha sacrificato la vita e, risorto, ci ha dato il suo Spirito”. La precisazione riguarda il contesto storico del tempo del Messia:

Essere pastore, specialmente al tempo di Cristo, non era solo un mestiere, era tutta una vita: non si trattava di avere un’occupazione a tempo, ma di condividere le intere giornate, e pure le nottate, con le pecore, di vivere in simbiosi con loro. Gesù infatti spiega di non essere un mercenario, a cui non importa delle pecore (cfr v. 13), ma colui che le conosce (cfr v. 14). Lui conosce le pecore. È così: Lui ci conosce, ognuno di noi, ci chiama per nome e, quando ci smarriamo, ci cerca finché ci ritrova (cfr Lc 15,4-5).

L’amore di Gesù non è uno slogan
Gesù non è solo la guida, dunque, il Capo del gregge, ma soprattutto è chi pensa a ciascuno di noi come all’amore della sua vita. Così precisa ancora Francesco che aggiunge:

Pensiamo a questo: io per Cristo sono importante, lui mi pensa, sono insostituibile, valgo il prezzo infinito della sua vita. Non è un modo di dire: Lui ha dato veramente la vita per me, è morto e risorto per me, perché mi ama e trova in me una bellezza che io spesso non vedo. 

Lasciarsi accogliere dal Padre
La preoccupazione del Papa va a quelle persone, tante, che oggi si ritengono inadeguate o persino sbagliate. “Quante volte si pensa che il nostro valore dipenda dagli obiettivi che riusciamo a raggiungere, dal successo agli occhi del mondo, dai giudizi degli altri!”, esclama il Pontefice. “Quante volte si finisce per buttarsi via per cose da poco!”. E poi l’invito, per riscoprire il segreto della vita, a dedicare ogni giorno un tempo alla preghiera, a lasciarsi guardare con lo sguardo amorevole di Dio, nella raccomandazione a Maria affinché “ci aiuti a trovare in Gesù l’essenziale per vivere”:

Oggi Gesù ci dice che noi per Lui valiamo tanto e sempre. E allora, per ritrovare noi stessi, la prima cosa da fare è metterci alla sua presenza, lasciarci accogliere e sollevare dalle braccia amorevoli del nostro Buon Pastore.

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Pensiero Spirituale sulla partecipazione alla Santa Messa

Posté par atempodiblog le 13 mars 2024

Pensiero Spirituale sulla partecipazione alla Santa Messa
di Padre Livio Fanzaga
Tratto da: Blog di p. Livio – Direttore di Radio Maria

Pensiero Spirituale sulla partecipazione alla Santa Messa dans Fede, morale e teologia Partecipare-alla-Santa-Messa

Cari amici, alla luce di un report recentemente pubblicato sulla partecipazione degli italiani alla Santa Messa festiva, è bene fare una riflessione. In questa statistica è stato evidenziato un netto calo della presenza settimanale alla Santa Messa; certamente la secolarizzazione si estende ovunque, perfino nelle grandi città africane, gli effetti ricadono soprattutto sulla pratica dei Comandamenti e dei Sacramenti.

La secolarizzazione, ovvero la visione della vita mondana che esclude la legge morale che viene da Dio Creatore, in occidente è talmente diffusa e i venti del modernismo soffiano forte mietendo vittime, tanti perdono la fede, infatti, e la pratica religiosa è sempre più abbandonata.

La Regina della pace vede come lavora il demonio e ci avverte prima che i danni causati dal diavolo siano irreversibili.

Diversamente da altre apparizioni, la Madonna a Medjugorje non ha chiesto la costruzione di una chiesa ma, dopo aver scelto i sei veggenti nel 1981, dopo tre anni ha scelto la Parrocchia: «Cari figli, io ho scelto in modo speciale questa parrocchia ed è mio desiderio guidarla. Con amore la proteggo e desidero che tutti siano miei. Grazie per essere venuti qui, questa sera. Desidero che vi troviate sempre più numerosi con me e con mio Figlio. Ogni giovedì darò un messaggio particolare per voi» (1 marzo 1984).

Da allora la Madonna ha agito come se fosse Lei stessa il parroco e da allora i parroci di Medjugorje sono sempre stati molto ligi alle indicazioni della Madonna, perfino il vescovo che inizialmente era un po’ scettico ha dato ascolto alle indicazioni della Gospa.

La Madonna a Medjugorje ha scandito i momenti di preghiera a partire dalla Santa Messa, preceduta da due Rosari che a loro volta precedevano le apparizioni. Le apparizioni e i Rosari erano come un viatico, una preparazione alla Santa Messa quotidiana, alla quale partecipavano in massa tutti i parrocchiani, specialmente nei primi tempi.

La prima volta che sono andato a Medjugorje, il 15 marzo 1985, sono rimasto molto colpito nel trovare la chiesa gremita di parrocchiani, erano le cinque del pomeriggio. Era già buio, pioveva a dirotto ma la chiesa era piena di gente della parrocchia, non c’erano pellegrini.

Per frenare la perdita della fede la Madonna ha chiamato la gente innanzitutto a partecipare alla Santa Messa quotidiana. La Messa della sera, a Medjugorje, è diventata il clou della giornata e non c’è differenza fra Messa feriale e festiva perché la partecipazione è la stessa da parte dei parrocchiani a cui si aggiungono i numerosi pellegrini. La Celebrazione Eucaristica della sera, a Medjugorje, è molto partecipata sia dai parrocchiani, che dai pellegrini, ma anche dai numerosi sacerdoti che concelebrano.

La Madonna ha spiegato questa sua strategia dicendo chiaramente che la Chiesa «è indistruttibile, perché mio Figlio le ha dato un cuore: l’Eucaristia» (2 dicembre 2015). Cristo è realmente presente nell’Eucarestia con corpo, sangue e anima e questo rende la Chiesa indistruttibile.

È tempo di scuotere le anime dal loro sonno stanco nel quale satana le ha imbrigliate, le ha cloroformizzate, le ha avvelenate, le ha rese sterili: «La zizzania ha preso molti cuori e sono diventati sterili» (25 febbraio 2024). Questo messaggio è una sentenza di morte, è una costatazione oltremodo vera alla quale la Madonna ha aggiunto un raggio di luce: «perciò voi, figlioli, siate luce, amore e le mie mani tese in questo mondo che anela a Dio che è amore».

Dobbiamo essere trainanti anche su questo punto fondamentale del Cristianesimo che è l’Eucarestia, cuore della fede, totalità della fede. La Santa Messa è la fonte di grazia per tutti i Sacramenti e per tutte le grazie che vengono diffuse nel mondo. Tutto passa attraverso il sacrificio della Croce e la gloriosa Resurrezione di Cristo il quale, dopo essere risorto, è apparso nel Cenacolo e ha detto: «Ricevete lo Spirito Santo» (Gv 20,19).

Lo Spirito Santo viene dall’Eucarestia. Il dono dello Spirito Santo, che è l’amore di Dio, viene dalla Resurrezione di Cristo. Lo Spirito Santo rimette i peccati, ci trasfigura, ci eleva, ci divinizza, è l’opera della santificazione che ci fa figli di Dio, eredi della vita eterna.

Dopo la Confessione i parroci dovrebbero dare un impegno che il penitente può mantenere, una cosa semplice ma spiritualmente edificante. Nella mia lunga esperienza di confessore, dopo il pentimento e il proposito di vita nuova, ho sempre dato come indicazione concreta di mai mancare alla Messa domenicale. È lì che il fedele trova la fonte della grazia, la Parola di Dio, l’Eucarestia ed è proprio perché per ricevere l’Eucarestia bisogna essere in grazia di Dio che ci si confessa, ci si prepara spiritualmente.

Cari amici, per dirci cristiani e per essere attivi nel coltivare la nostra fede e ravvivarla, dobbiamo tenere vivo l’impegno di partecipare alla Santa Messa festiva. Il nostro proposito a Gesù e a Maria sia di non mancare mai alla Santa Messa, accostandoci alla Comunione sempre in grazia di Dio.

Chi attinge alla fonte della grazia non perde mai la fede e man mano viene introdotto da Dio alla comprensione di questo mistero immenso che è l’Eucarestia, cioè la celebrazione dell’evento della nostra salvezza. Cristo è veramente presente nell’Eucarestia.

Partecipando alla Santa Messa moriamo al peccato e risorgiamo con Cristo a vita nuova, diventiamo sempre più assimilati a Cristo figli nel Figlio, eredi della vita eterna.

Torniamo al fervore della fede vissuta, della partecipazione alla Santa Messa. Dobbiamo essere Cristiani militanti, appassionati, decisi, innamorati di Cristo, veri figli della Madonna e fratelli nell’unica Chiesa Cattolica.

Facciamo dell’Eucarestia il perno della nostra vita e, possibilmente, anche della nostra giornata.

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Con Pietro, sempre

Posté par atempodiblog le 13 mars 2024

Con Pietro, sempre
Undici anni di pontificato sulla via della misericordia e della pace
di Andrea Tornielli – Vatican News

Con Pietro, sempre dans Andrea Tornielli Non-possiamo-separarci-da-Pietro

Nel silenzio assordante della diplomazia, in un panorama caratterizzato dall’assenza sempre più evidente di iniziativa politica e di leadership capaci di scommettere sulla pace, mentre il mondo ha iniziato una folle corsa al riarmo destinando ai sofisticati strumenti di morte somme che basterebbero per assicurare due volte l’assistenza sanitaria di base a tutti gli abitanti della terra e ridurre significativamente le emissioni di gas serra, la solitaria voce di Papa Francesco continua a supplicare di far tacere le armi e a invocare il coraggio di favorire percorsi di pace. Continua a chiedere il cessate il fuoco in Terra Santa, dove allo spietato massacro del 7 ottobre attuato dai terroristi di Hamas è seguita e continua ad essere perpetrata la tragica carneficina di Gaza. Continua a chiedere di far tacere le armi nel tragico conflitto deflagrato nel cuore dell’Europa cristiana, nell’Ucraina distrutta e martoriata dai bombardamenti dell’esercito aggressore russo. Continua a invocare pace nelle altre parti del mondo dove si combattono con indicibili violenze i conflitti dimenticati che compongono i tasselli sempre più grandi di un conflitto mondiale.

Il Vescovo di Roma entra nel dodicesimo anno di pontificato in un’ora buia, con le sorti dell’umanità in balia del protagonismo di governanti incapaci di valutare le conseguenze delle loro decisioni che sembrano arrendersi all’ineluttabilità della guerra. E con lucidità e realismo dice che «è più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo», cioè «chi ha il coraggio di negoziare», perché «negoziare è una parola coraggiosa», della quale non bisogna vergognarsi. Papa Francesco, sfidando le incomprensioni dei vicini e dei lontani, continua a mettere al centro la sacralità della vita, ad essere vicino alle vittime innocenti e a denunciare gli sporchi interessi economici che muovono i fili delle guerre ammantandosi di ipocrisia.

Un rapido sguardo a questi ultimi undici anni di storia fa comprendere il valore profetico della voce di Pietro. L’allarme, lanciato la prima volta due lustri fa, sulla terza guerra mondiale a pezzi. L’enciclica sociale Laudato si’ (2015), che ha mostrato come cambiamenti climatici, migrazioni, guerre, economia che uccide sono fenomeni interconnessi tra di loro e possono essere affrontati soltanto attraverso uno sguardo globale. La grande enciclica sulla fratellanza umana (Fratelli tutti, 2020), che ha indicato la via per costruire un mondo nuovo basato sulla fraternità, togliendo ancora una volta qualsiasi alibi all’abuso del nome di Dio per giustificare il terrorismo, l’odio e la violenza. E poi il costante riferimento nel suo magistero alla misericordia, che intesse tutta la trama di un pontificato missionario.

Nelle società secolarizzate, e “liquide” senza più certezze, nulla può essere dato per scontato e l’evangelizzazione – insegna Francesco – ricomincia dall’essenziale, come si legge in Evangelii gaudium (2013): «Abbiamo riscoperto che anche nella catechesi ha un ruolo fondamentale il primo annuncio o “kerygma”, che deve occupare il centro dell’attività evangelizzatrice e di ogni intento di rinnovamento ecclesiale. [...] La centralità del kerygma richiede alcune caratteristiche dell’annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo: che esprima l’amore salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e religiosa, che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà, che possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, ed un’armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche. Questo esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna».

La testimonianza della misericordia rappresenta dunque un elemento fondamentale di questo «amore salvifico di Dio» che è «previo all’obbligazione morale e religiosa». In altre parole, chi non è ancora venuto in contatto con il fatto cristiano, come aveva già osservato lucidamente Benedetto XVI nel maggio 2010, difficilmente rimarrà colpito e affascinato dall’affermazione di norme e obblighi morali, dall’insistenza sui divieti, dagli elenchi minuziosi dei peccati, dalle condanne, o dagli appelli nostalgici ai valori di un tempo.

All’origine dell’accoglienza, della vicinanza, della tenerezza, dell’accompagnamento, all’origine di una comunità cristiana capace di abbracciare e di ascoltare c’è il riverbero della misericordia che si è sperimentata e che si cerca – pur tra mille limiti e cadute – di restituire. Se si leggono con questi occhi i gesti del Papa, anche quelli che hanno provocato in alcuni le stesse reazioni scandalizzate che provocavano duemila anni fa i gesti di Gesù, se ne scopre la profonda forza evangelizzatrice e missionaria.

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Gesù abbraccia la nostra vita

Posté par atempodiblog le 10 mars 2024

Siamo tutti peccatori e tutti bisognosi di perdono. Nessuno può erigersi a giudice degli altri e puntare il dito per condannarlo, come se lui fosse innocente. Gli uomini, dice Paolo, sono stati tutti rinchiusi nel peccato, affinché a tutti venisse concessa la misericordia. Uno solo è senza peccato.

La consapevolezza che siamo tutti peccatori ci deve mantenere in un atteggiamento di umiltà e di indulgenza nei confronti degli altri. Non dimentichiamo mai che, senza l’aiuto della grazia, potremmo cadere anche noi in quelle situazioni di vita che condanniamo con tanta severità nel prossimo.

L’intransigenza nei confronti del male non ci deve mai rendere duri verso i peccatori, come se noi fossimo fatti con una pasta diversa.

Uno solo fra tutti gli uomini è radicalmente senza peccato. Gesù non solo è santo, come lo è Maria, la piena di grazia, ma è la fonte stessa di ogni santità. Lui solo conosce ciò che vi è nel segreto di ogni cuore e lui solo ha i titoli per giudicare.

di Padre Livio Fanzaga – La pazienza di Dio. Vangelo per la vita quotidiana, Ed. Piemme

Gesù abbraccia la nostra vita dans Commenti al Vangelo Pietra-che-edifica

Gesù abbraccia la nostra vita
Papa Francesco
Angelus
Domenica, 10 marzo 2024


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In questa quarta domenica di Quaresima il Vangelo ci presenta la figura di Nicodemo (cfr Gv 3,14-21), un fariseo, «uno dei capi dei Giudei» (Gv 3,1). Egli ha visto i segni che Gesù ha compiuto, ha riconosciuto in Lui un maestro mandato da Dio ed è andato a incontrarlo di notte, per non essere visto. Il Signore lo accoglie, dialoga con lui e gli rivela di essere venuto non a condannare ma a salvare il mondo (cfr v. 17). Fermiamoci a riflettere su questo: Gesù non è venuto a condannare, ma a salvare. È bello, eh!

Spesso nel Vangelo vediamo Cristo svelare le intenzioni delle persone che incontra, a volte smascherandone atteggiamenti falsi, come con i farisei (cfr Mt 23,27-32), o facendole riflettere sul disordine della loro vita, come con la Samaritana (cfr Gv 4,5-42). Davanti a Gesù non ci sono segreti: Egli legge nel cuore, nel cuore di ognuno di noi. E questa capacità potrebbe inquietare perché, se usata male, nuoce alle persone, esponendole a giudizi privi di misericordia. Nessuno infatti è perfetto, tutti siamo peccatori, tutti sbagliamo, e se il Signore usasse la conoscenza delle nostre debolezze per condannarci, nessuno potrebbe salvarsi.

Ma non è così. Egli infatti non se ne serve per puntarci il dito contro, ma per abbracciare la nostra vita, per liberarci dai peccati e per salvarci. A Gesù non interessa farci processi o sottoporci a sentenze; Egli vuole che nessuno di noi vada perduto. Lo sguardo del Signore su ognuno di noi non è un faro accecante che abbaglia e mette in difficoltà, ma il chiarore gentile di una lampada amica, che ci aiuta a vedere in noi il bene e a renderci conto del male, per convertirci e guarire con il sostegno della sua grazia.

Gesù non è venuto a condannare, ma a salvare il mondo. Pensiamo a noi, che tante volte, tante volte che condanniamo gli altri; tante volte che ci piace sparlare, cercare pettegolezzi contro gli altri. Chiediamo al Signore che ci dia a tutti questo sguardo di misericordia, di guardare agli altri come Lui ci guarda a tutti noi.

Maria ci aiuti a desiderare il bene gli uni degli altri.

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Anno di preghiera in preparazione al Giubileo

Posté par atempodiblog le 9 mars 2024

Anno di preghiera in preparazione al Giubileo
di Padre Livio Fanzaga – Il giornalino di Radio Maria

Anno di preghiera in preparazione al Giubileo dans Fede, morale e teologia Preghiere

Papa Francesco ha deciso di dedicare il 2024 alla preghiera. Nella vita della Chiesa e di ogni cristiano la preghiera dovrebbe essere sempre al primo posto, ma quest’anno lo sarà in modo particolare. Ecco alcun consigli perché l’intera giornata sia santificata dalla preghiera.

La giornata inizia con la preghiera
La prima cosa da fare al mattino è il Segno della Croce, seguito dalle preghiere del buon cristiano (Padre Nostro, Ave Maria, Ti adoro, Credo…) e da un messaggio personale che sgorga dal profondo del cuore per parlare con Dio, affidargli la nostra giornata, chiedergli aiuto e protezione. La preghiera del mattino sia come i raggi del sole che illuminano la nostra giornata.

Piccole preghiere personali nel corso della giornata
Durante la giornata possiamo dire delle brevissime preghiere: giaculatorie come “Gesù ti amo”, “Signore proteggimi”, “Maria proteggimi” sono dardi infuocati d’amore che dal nostro cuore arrivano al Cielo e che possiamo ripetere quando siamo in macchina, in attesa dal medico, in coda alla posta, mentre facciamo la spesa. Così facendo intessiamo la nostra giornata di preghiera, rinnoviamo il nostro amore per Dio e la nostra volontà di servirlo, le ansie e le preoccupazioni non ci soffocheranno e il nostro atteggiamento sarà più sereno.

La giornata si conclude con la preghiera
Sarebbe bello che le famiglie (e i cristiani in generale) decidessero di ritornare alla bella abitudine del Rosario serale spegnendo la tv e prendendo in mano la Corona del Rosario. Pregando insieme il Rosario in casa si tiene lontano il diavolo, non si fa entrare lo spirito della divisione e la famiglia rimane unita.

La domenica
La domenica è il giorno del Signore e deve essere illuminato da Cristo Risorto. Deve esserci il desiderio e la gioia di partecipare alla Santa Messa e di ricevere l’Eucarestia in stato di grazia. Per questo dobbiamo ricorrere al Sacramento della Confessione con cadenza possibilmente mensile e ogni volta che ne abbiamo bisogno.

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Carlo Acutis/ Un tesoro da custodire gelosamente: la devozione alla Beata Vergine Maria

Posté par atempodiblog le 20 février 2024

Carlo Acutis/ Un tesoro da custodire gelosamente: la devozione alla Beata Vergine Maria
di fr. Benedetto Penza – L’Osservatore Domenicano

Carlo Acutis/ Un tesoro da custodire gelosamente: la devozione alla Beata Vergine Maria dans Carlo Acutis Carlo-Acutis-e-i-pastorelli-di-Fatima

Carlo dopo la SS. Eucaristia ha sempre avuto una grandissima devozione per la Madonna. Per lui erano molto importanti i luoghi dove nel corso dei secoli la Vergine si era manifestata sia per operare miracoli, sia per guidare i suoi figli alla vera vita. L’ultimo viaggio che fece Carlo nel 2006 fu proprio in un luogo mariano, ovvero a Fatima. Carlo aveva avuto molti segni dai pastorelli di Fatima. Aveva sognato anche Francisco che gli chiedeva di riparare e offrire sacrifici affinché la gente amasse e onorasse di più l’Eucaristia. Pochi giorni dopo la morte di suor Lucia, avvenuta nel 2005, Carlo la sognò mentre gli diceva che con la pratica dei Primi Cinque Sabati del mese si potevano cambiare i destini del mondo.

Un’altra volta, quando aveva circa otto anni, aveva visto la Madonna di Fatima che durante una processione in chiesa si fermava davanti a lui e gli donava il suo Cuore e glielo poggiava sul petto. Gli diceva di consacrarsi al suo Cuore Immacolato e al Sacro Cuore di Gesù.

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Poesia dedicata a Santa Bernadette

Posté par atempodiblog le 11 février 2024

Sui passi di Bernadette dans Apparizioni mariane e santuari Santa-Bernadette

Poesia dedicata a Santa Bernadette
di Padre Livio Fanzaga
Tratto da: Blog di p. Livio – Direttore di Radio Maria

Cari amici, Bernadette è la mia santa più amata. Ho composto per Lei la mia unica poesia: un canto d’amore alla sua santità.

1. Bernadette stella lucente
nel cielo azzurro dei Pirenei
risplendi ora come un sole
nella Chiesa del Signore

2. La tua vita è un torrente
di acqua fresca e pura
che scorre tra le rocce aguzze
dell’aspra montagna.
Il mare pacifico
dell’eterno amore
ti ha accolta vincitrice.

3. Lo sguardo di Maria
si è posato,
colmo di ammirazione,
sul pane amaro
della tua umiliazione.

4. Eri la fanciulla più ignorante,
più povera e dimenticata.
Dio sceglie le cose che non sono
per compiere le meraviglie
della sua Onnipotenza.

5. In un angolo stretto e oscuro
di prigione abbandonata
ti ha raggiunto, ignara,
la chiamata del Cielo.

6. Quel mattino uggioso
dell’ undici febbraio
il rustico caminetto
esalava i guizzi flebili
dell’ultima fiamma.

7. La tua sollecitudine
di fanciulla premurosa
ti ha portata come d’incanto
alla grotta sconosciuta,
a cercare nuova legna
per ravvivare il fuoco.

8. Te beata, piccola bimba,
che hai potuto contemplare
la luce sfolgorante
dell’eterna giovinezza
dell’Ancella del Signore!

9. Il suo sorriso d’amore
ti ha rapito gli occhi
e riscaldato il cuore.

10. Ma ancora più beata
per il tuo “sì” ardente
che la Madre di Dio
ha deposto sull’altare
della gloria celeste.

11. La tua testimonianza,
limpida e schietta,
è un raggio di luce chiara
che illumina i sentieri
di questo mondo smarrito.

12. Sul tuo volto sereno
di fanciulla innocente
è brillato il sorriso
di Colei che il nostro cuore
mai si sazia di cercare.

13. Il tuo coraggio indomito
ha confuso i potenti
nei pensieri del loro cuore.

14. A noi canne sbattute
dal vento del timore
dona l’audacia
del cammino controcorrente.

15. Le tue mani pure
hanno scavato nel fango immondo
dell’umana iniquità.

16. Una sorgente d’acqua limpida
che lava e disseta
è versata sulla terra arida
delle nostre anime morte.

17. In un mattino di Marzo,
sfolgorante di luce,
la Piena di Grazia ha deposto
nello scrigno del tuo cuore
il tesoro nascosto
del suo Nome Immacolato.

18. Era il giorno benedetto
In cui Gabriele annunciò
la salvezza del mondo.

19. Tu hai portato alla Chiesa in festa
l’approvazione del Cielo
sul mistero inaccessibile
di santità e di grazia
di cui l’Altissimo ha rivestito
la Vergine Maria.

20. Te, umile fiore di campo,
coltivato da Dio,
il palcoscenico del mondo
non ha mai attirato
con la sua falsa luce.

21. Hai voluto restare povera
e, come fuoco che scotta,
hai prontamente rigettato
l’oro lucente e infido
che ti veniva donato.

22. Come Abramo hai lasciato
la terra dove sei nata.
La tua casa, la tua grotta,
i tesori del tuo cuore,
interamente hai bruciato
nella fiamma viva
del sacrificio d’amore.

23. Hai abbracciato la croce
sulla quale il tuo Sposo
dolcemente ti ha posato,
stringendoti forte
alla ferita del costato.

24. Tu, martire crocifissa,
sei la forza dei malati.
In te contemplano la redenzione
che zampilla dal dolore.

25. Col tuo volto sorridente
di eterna giovinetta
aiuta i nostri giovani
a guardare alla vita
con gli occhi della speranza.

26. Questo mondo contaminato
dal fango del peccato
ottieni, fanciulla innocente,
la grazia della purezza.

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La Madonna che Scioglie i Nodi, dalla Germania trecento anni di grazie

Posté par atempodiblog le 2 février 2024

La Madonna che Scioglie i Nodi, dalla Germania trecento anni di grazie
L’arcivescovo Bergoglio ne diffuse la devozione nel Sud America Gli italiani i pellegrini più numerosi
di Giacomo König – ACI Stampa
Tratto da: 
Radio Maria

La Madonna che Scioglie i Nodi, dalla Germania trecento anni di grazie dans Articoli di Giornali e News

Dipinta dal pittore tedesco Johann Georg Melchior Schmidtner nel 1700, la “Madonna che Scioglie i Nodi” dispensa grazie tramite la famosa Novena da oltre trecento anni. Il quadro originale Maria Knotenlöserin, un olio su tela grande 182 centimetri per 110, è conservato nella Parrocchia di San Pietro a Perlach, nella città di Augusta, nel Land tedesco del Bayern. Don Günter Grimme, sacerdote ora in pensione, ma ancora attivo come direttore spirituale in questa parrocchia, spiega ad Acistampa la spiritualità e la devozione legate a questo quadro.

Don Grimme, a quando può essere fatta risalire la diffusione della devozione a questa immagine di Maria?
«Da quando l’attuale Papa Francesco, in qualità di arcivescovo di Buenos Aires, ha promosso la venerazione dell’immagine in Argentina, da dove si è diffusa poi in tutto il Sud America. Da qui sempre più visitatori si sono poi recati a visitare il quadro originale. Tuttavia, il numero di gran lunga maggiore di pellegrini proviene dall’Italia. Un evento speciale del 2015 è stato il pellegrinaggio di tutte le diocesi bavaresi ad Augusta per vedere la “Scioglitrice di nodi”. Questo ha avuto luogo come parte dei preparativi per commemorare l’elevazione della Madonna a “Patrona Bavariae” nel 1917».

Vengono celebrate funzioni speciali per adorare questa immagine?
«L’evento più importante dell’anno ecclesiastico per quanto riguarda questa immagine miracolosa è la funzione solenne dell’8 dicembre o della domenica più vicina a questa data, poiché Maria è raffigurata nell’immagine come “Immacolata”. Ci sono poi le devozioni delle domeniche di maggio, quando, oltre alla Madonna scioglitrice di nodi, un’altra raffigurazione di Maria nel presbiterio invita all’adorazione e alla preghiera. La madre di Gesù viene commemorata con preghiere e canti anche in molte altre occasioni e ogni sabato la celebrazione eucaristica si conclude con la « Salve Regina” o l’antifona corrispondente all’anno ecclesiastico».

É possibile quantificare quanti pellegrini visitano l’immagine?
«Se si sommano le persone che partecipano alle funzioni religiose, i fedeli che si trovano sempre in chiesa durante il giorno e i gruppi, ogni giorno circa 450 persone visitano in media San Pietro a Perlach».

Si possono fare anche visite guidate della Chiesa?
«Certamente. Sono possibili visite guidate che illustrano la storia della chiesa e dell’immagine miracolosa. Tuttavia, è necessario prenotare in anticipo, poiché i volontari non sono sempre disponibili. Lo stesso vale se un gruppo vuole celebrare una propria funzione religiosa. Di norma, quindi, chiediamo ai gruppi ospitati di partecipare all’Eucaristia delle ore 9.30 insieme a noi. Anche perché vogliamo preservare San Pietro, che si trova vicino alla piazza del municipio dove pulsa la vita della città, come un’oasi di pace e tranquillità dove pregare il più indisturbati possibile».

Mi racconti un po’ la sua esperienza personale e spirituale con l’immagine di Maria che Scioglie i Nodi.
«Sono particolarmente colpito dal modo in cui Maria è attenta e concentrata sui nodi che le vengono consegnati. La storia della vita e della fede di questa donna conteneva molte imponderabilità e domande che non trovavano semplicemente risposta. Inizia con le circostanze speciali dell’Annunciazione e della nascita di Gesù e termina con la terribile esperienza di vedere suo figlio morire come un criminale sulla croce. Per me, la fede di Maria nel fatto che Dio è fedele e mantiene la sua promessa si riflette nella frase che attraversa i Vangeli come un filo rosso: “Ella conservava tutte queste cose nel suo cuore”. E alla fine, nell’esperienza della Pentecoste, tutti questi nodi furono sciolti. Guardare a Maria, che si è presa cura dei nodi della sua vita, è per me un esempio da cui attingere fiducia e speranza per me e nella preghiera per gli altri».

Maria si prende cura però anche dei nodi della vita di ognuno.
«Assolutamente sì. Nella nostra chiesa c’è sempre un libro dove chiunque può scrivere le proprie intenzioni. Di solito le persone scrivono brevi note; alcuni descrivono in modo più dettagliato ciò che li preoccupa, o esprimono la loro  angoscia. Può capitare che qualche tempo dopo si trovi un riferimento a queste affermazioni, ma con un grande ringraziamento. Segno che Maira ha ascoltato la preghiera».

A chi consiglierebbe in particolare la Novena a Maria che Scioglie I Nodi?
«Secondo me ha senso pregare questa novena, come facciamo ogni anno, in preparazione all’8 dicembre, e portare così alla Madonna dei Nodi intenzioni importanti. Ma se penso al nostro libro delle intenzioni, diventa chiaro che ogni necessità può trovare posto nella preghiera della Novena».

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Per diventare santo impara dalla formica

Posté par atempodiblog le 29 janvier 2024

Per diventare santo impara dalla formica
di Padre Livio Fanzaga

Tratto da: Blog di p. Livio – Direttore di Radio Maria

Per diventare santo impara dalla formica dans Fede, morale e teologia In-una-notte-nera-su-un-sasso-nero-una-formica-nera

Se ti dico che la santità è il fine della vita di ogni uomo, probabilmente mi guardi con scetticismo. Mi concedi volentieri che alcune persone siano chiamate a vivere eroicamente sotto il profilo morale e spirituale. Anzi, sei assolutamente convinto che senza i santi il mondo sarebbe una landa deserta e inospitale. Ma, obbietti, la maggioranza degli uomini è fatta da persone le cui principali preoccupazioni sono di ordine materiale e temporale. Non è forse vero che le moltitudini si preoccupano in primo luogo di soddisfare gli istinti primari, completamente dimentichi della vita interiore?

Purtroppo hai ragione, caro amico, ma quella che hai davanti agli occhi non è l’umanità che Dio ha creato nello splendore della sua grazia, ma quella decaduta e abbruttita dal peccato. Su di essa, e anche tu lo hai sperimentato, si è chinata la divina misericordia per chiamarla a nuova vita. In Gesù Cristo la santità non è un ideale astratto, ma una realtà concreta che  viene proposta e donata a tutti . Con la sua grazia ogni uomo può seguirlo e imitarlo. Se ti metti alla scuola di  Gesù, cammini spedito sulla via della santità.

Ora che sei impegnato nel cammino di conversione, mi preme sgombrare il campo da un malinteso, secondo il quale la santità sarebbe un traguardo che non è alla portata di tutti, ma soltanto di alcuni privilegiati. Questo non può essere, perché la santità è il fine stesso della vita, raggiungendo il quale l’uomo si realizza e consegue la felicità. Comprendi anche tu che il traguardo della felicità deve essere accessibile a tutti, dal momento che tutti la desiderano ardentemente. S. Agostino, quando era ancora nel difficile passaggio della conversione, guardandosi intorno diceva a se stesso per spronarsi a decidere: “Se questo e quello sono diventati santi, perché non io?”.

Infatti, se ci rifletti bene, il punto di partenza è uguale per tutti. Ogni uomo infatti nasce malato e incline al male. I santi, prima di diventare tali, erano uomini fragili e peccatori come noi. Come sono diventati santi? Con l’aiuto della grazia e la loro buona volontà. Ma, caro amico, non è forse vero che la grazia viene concessa a tutti e che la buona volontà dipende da ognuno di noi? Non dimenticare che alcune delle stelle più fulgide della santità sono stati dei grandi peccatori.

Ora ascoltami: se tutti nasciamo nel peccato e a tutti viene concessa la grazia di Cristo, perché mai alcuni diventano santi e altri no? Dovrai ammettere che la differenza è data soltanto dalla buona volontà. E’ questo il fattore decisivo e discriminante fra chi realizza la sua vita sul cammino della santità e chi la disperde lungo la via della mediocrità e del male. Il motivo per cui non pochi cristiani indietreggiano di fronte alla chiamata universale alla santità è dovuto a un falso concetto che se ne sono formati. Associano la santità ad opere straordinarie, per le quali ritieni di non essere portato. Effettivamente molti santi sono state persone eccezionali, ai quali Dio ha dato doni e affidato missioni particolari. Tuttavia vi è una moltitudine immensa di santi ordinari, molti dei quali ignoti alla uomini, ma ben noti a Dio, che hanno vissuta la sanità nella dimensione ordinaria della loro vita.

Tante esitazioni e perplessità si dissolvono come la nebbia al sole se intendi la santità nel suo genuino significato. Non vi è dubbio che esistano vie straordinarie alla santità, che sono connesse a particolari bisogni della Chiesa e delle anime Quante figure di santi ci sovrastano e quasi ci impauriscono per la severità dell’ascesi, per la profondità della dottrina, per le opere realizzate nel campo sociale ed ecclesiale, per i miracoli compiuti. Si tratta però di vocazioni straordinarie, mentre la maggioranza dei fedeli è chiamata a percorrere una via assai più semplice, che consiste nella pratica delle virtù umane e cristiane nel contesto dei compiti, dei doveri e degli impegni della vita quotidiana.

“Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29).  Percorri il tuo cammino di perfezione sforzandoti di creare, giorno dopo giorno, un cuore umile, puro, mite, compassionevole, paziente e distaccato dalle cose del mondo, come era il cuore di Gesù. Ti sembra difficile tutto questo? Incomincia il cammino e man mano che avanzi ti sentirai più forte, mentre ne scoprirai sempre meglio la bellezza e la grandezza. Ti voglio però dare una indicazione molto concreta, affinché possa avere un punto di riferimento certo che sei sulla strada giusta. In senso stretto la santità è la veste candida della grazia santificante della quale sei stato rivestito col battesimo e che hai di nuovo riconquistato col sacramento della riconciliazione. Nel tuo cammino di perfezione veglia per conservarti in grazia di Dio o per riacquistarla al più presto, nel triste caso che l’avessi perduta. Allora fioriranno in te le virtù e i doni dello Spirito Santo, perfino a tua insaputa e nel più totale nascondimento di una vita normale.

Il desiderio di diventare santi non è superbia, ma risposta a una chiamata. Tuttavia mettiti in cammino facendoti piccolo come una formica. Piccola e nera com’è, non la nota nessuno. Non cercare visibilità, apprezzamenti e riconoscimenti da parte degli uomini. C’è una santità nascosta, nota solo a Dio, che conosceremo in cielo. Allora sarà grande il nostro stupore quando ci renderemo conto di quanti sono coloro che noi  credevamo fossero gli ultimi e invece sono i  primi. A meno che Dio disponga diversamente, deciditi per questo tipo di sanità, quella che i più non vedono. E’ la più sicura e la meno esposta alle insidie del superbo serpente. E’ la stessa santità di Maria, tenuta nascosta agli occhi del mondo, ma infinitamente più luminosa di quella di tutti i santi.

Dalla formica impara anche la tenacia. Osserva come tiene ben stretto in bocca il chicco di grano, più grosso di lei, e lo porta a destinazione senza lasciarlo cadere. Allo stesso modo tu tieni saldamente in pugno la decisione di diventare santo e non permettere che si sciolga come la neve al sole di primavera. La santità è un’opera di pazienza quotidiana. Ogni giorno devi fare un passo in avanti. Ogni giorno devi aggiungere un mattone all’edificio che stai costruendo. Non servono gesti sensazionali, ma piuttosto l’oscura dedizione al dovere quotidiano.

Dalla formica impara la virtù della perseveranza. Dopo ogni calamità esse riprendono sempre a ricostruire. Lungo il cammino di santità ti può succedere di rallentare e persino di cadere. L’importante è che tu non lo lasci mai, per seguire la via larga della perdizione. Solo chi persevererà fino alla fine sarà salvo ( cfr Mt 24,13). Ti sarà di grande aiuto la fiducia nella divina Misericordia. In fondo a Dio non importa quanto sei riuscito a realizzare. A Lui importa che tu, nella tua miseria, abbia fiducia nella sua bontà e nel suo perdono.

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Vittorio Messori: «Maria accompagna sempre i miei giorni, sarà lei a venirmi incontro dopo la morte»

Posté par atempodiblog le 21 janvier 2024

Vittorio Messori: «Maria accompagna sempre i miei giorni, sarà lei a venirmi incontro dopo la morte»
L’intensa testimonianza del giornalista e scrittore autore di tanti libri sulla Vergine, raccolta da un amico. «Maria ci attrae per la speranza che la pervade. Se ci affidiamo a lei prima di presentarci al giudizio che ci attende dopo la morte, possiamo ben sperare nella benevolenza di Dio». Quella volta che venne convocato per parlare di lei con i rabbini di Gerusalemme e uno di loro gli diede una risposta che lo lasciò di stucco
Fonte: Famiglia Cristiana

In una lunga intervista – quasi un testamento spirituale – rilasciata in esclusiva al settimanale dei Paolini “Maria con te” lo scrittore cattolico più tradotto al mondo spiega la sua devozione per la Madonna e si racconta al giornalista Riccardo Caniato dopo la morte della moglie: «So che questo distacco sarà solo temporaneo». La pubblichiamo integralmente per concessione dell’editore e della direzione del periodico.

Vittorio Messori: «Maria accompagna sempre i miei giorni, sarà lei a venirmi incontro dopo la morte» dans Articoli di Giornali e News Vittorio-Messori-e-Rosanna-Brichetti-Messori

«La Madonna? Ce l’ho davanti. Ce l’ho sempre davanti». Vittorio distoglie lo sguardo dai miei occhi e lo fissa su uno spazio vuoto come se veramente ci fosse qualcuno, visibile soltanto a lui. «Quanto è presente Maria, nelle tue giornate?», gli avevo chiesto, e questa risposta silenziosa e assorta mi ha restituito la misura e la sostanza di un rapporto. Messori mi ha dato appuntamento all’abbazia di Maguzzano, nei cui terreni ha dedicato alla Madonna degli Olivi un santuario a cielo aperto. A 82 anni, dopo una delicata operazione al cuore da cui è uscito bene, l’ho trovato un po’ affaticato, con la voce fioca ma sereno, con lo spirito proiettato nel futuro, quando, e lo dice con un velo di lacrime sugli occhi, «potrò riabbracciare la mia Rosanna», la moglie mancata lo scorso anno, e vedere finalmente «la piccola Bernadette di Lourdes, Gesù e la Madonna».

L’occasione dell’incontro è stata la ripubblicazione de Il Miracolo a cura delle Edizioni Ares, che stanno riportando in libreria tutte le sue opere maggiori – da Ipotesi su Gesù a Dicono che è risorto, da Patì sotto Ponzio Pilato? a Scommessa sulla morte – dello scrittore cattolico più tradotto al mondo, firma storica della Periodici San Paolo. Il miracolo, in particolare, riporta a galla lo straordinario prodigio che si verificò il 29 marzo 1640, a Calanda, un piccolo villaggio dell’Aragona: a un giovane contadino, devoto alla Vergine del Pilar, fu restituita di colpo la gamba destra, amputata due anni prima. Un evento, oggi quasi caduto nell’oblio, che ebbe all’epoca una grande risonanza e fu subito vagliato e confermato da uno accuratissimo processo, ricostruito con rara precisione documentale da Messori. Ma quello che doveva essere solo uno scambio di battute su un singolo titolo è divenuta una chiacchierata ampia, la testimonianza di un uomo che, per dirla con san Paolo, ha combattuto la buona battaglia e non ha perduto la fede.

Mi hai detto che per la nuova edizione del tuo libro spingevi per un titolo ancora più forte…
«Il Maggiore fra i Miracoli. Il libro indaga la grazia più straordinaria che la Madonna abbia concesso. Si è mai sentito, infatti, che un uomo abbia riavuto attaccata la gamba amputata e sepolta al cimitero, in presenza di numerosissimi testimoni?».

Alla Madonna hai dedicato anche Ipotesi su Maria e la biografia della Soubirous, oltre a centinaia di articoli…
«Per questo mi definiscono «un Madonnaro», della qual cosa oggi vado fiero, ma non è stato sempre così. Nel mio avvicinamento al cristianesimo fui affascinato prima di tutto dalla Parola di Dio, da Gesù, poi dalla sua presenza eucaristica, dalla liturgia. La Madonna rimaneva sullo sfondo. Nel mio approccio razionale si poteva rinvenire un’indole più protestante che cattolica per cui l’enfasi posta sul ruolo della Vergine nell’economia della salvezza viene letta come un eccesso. A sostegno di questa tesi alcuni si richiamano al nascondimento di Maria nelle Scritture o evidenziano come Gesù, nei Vangeli, dopo la Risurrezione, scelga di apparire ad altre donne e ai discepoli. Ma noi sappiamo che dalla croce Gesù ha affidato il suo popolo alla Madonna e da qui si spiegano le sue apparizioni che costellano la storia del cristianesimo dopo l’Ascensione e, in accordo con numerosi mistici, possiamo dirci certi che la prima preoccupazione del Risorto sia stata quella di visitare sua Madre. E che lo abbia fatto in privato, nella più totale e desiderata intimità, mentre in seguito si è reso visibile pubblicamente per dare testimonianza della verità della Risurrezione».

Hai fatto cenno a un percorso di conversione. Non sei nato cattolico?
«Ho avuto un’educazione figlia di quella parte dell’Emilia atea e concreta. In casa si guardava alla Chiesa e ai preti con il fumo negli occhi e se finivano nei discorsi era per parlarne male. All’Università sono stato allievo di un’intellighenzia laica che rifiutava il pensiero religioso. Ero uno studente dotato e mi attirai le simpatie dei professori: Alessandro Galante Garrone e Norberto Bobbio mi volevano avviare alla carriera universitaria. Ma durante la tesi iniziai a leggere la Bibbia, a lasciarmi incuriosire dalla religione, dagli assunti teologici e del magistero».

Com’è maturata questa svolta?
«All’epoca non sapevo perché ciò accadde. Non me lo ero cercato. La religione non mi aveva mai interessato, avevo vissuto benissimo fino ad allora prendendo la vita come veniva, senza farmi domande che mi proiettassero al di fuori della comprensione empirica. Fui come costretto a diventare cattolico, rimasi affascinato dai Sacramenti, presi a frequentare la Messa, inizialmente di nascosto, senza clamori, anche perché quando mia mamma lo scoprì chiamò il dottore preoccupata: “Corra”, gli disse, “che Vittorio sta male”. Solo dopo ho capito di essere stato scelto, proprio per la mia formazione così razionale e antitetica, per dare prova mediante i miei scritti che i Vangeli sono attendibili, che Gesù è realmente esistito e che, se è così, è Dio, vive qui e ora, è il Signore della storia e vale la pena seguirlo».

I tuoi maestri come l’hanno presa?
«Male, come i miei genitori del resto. La conversione è stata un nuovo inizio. Ho dovuto rivedere le mie posizioni, ricominciare da capo, le mie sicurezze sono cambiate. I professori che mi incensavano non volevano crederci: “Ma è vero che sei diventato cattolico?”. Ma, vedendomi irremovibile, mi hanno ripudiato. Bobbio però lo rividi…».

Racconta…
«Ho avuto un incontro profondo nel periodo in cui curavo per la San Paolo una serie di interviste sul senso religioso e della vita con figure anche laiche di grande rinomanza nel contesto culturale di allora. Interviste poi in parte confluite nel volume Inchiesta sul cristianesimo. Bobbio umanamente provava ancora affetto per me, ma durante l’intervista ebbi la sensazione che le mie domande, gli argomenti con cui ribattevo alle sue ferree convinzioni lo infastidissero e che non vedesse l’ora di congedarmi. Ma dopo la sua morte è accaduta una cosa curiosa: mi ha telefonato la moglie per dirmi che suo marito le aveva imposto di distruggere le interviste e gli scambi epistolari intrattenuti con giornalisti e intellettuali, raccomandandole di conservare unicamente quel confronto sulla fede che aveva avuto con me. Non so, forse è stato un modo estremo per ribadire le sue convinzioni, o forse è stata la sua apertura ugualmente definitiva per una lettura altra dell’esistenza».

Torniamo al «Madonnaro»…
«In principio vivevo con disagio certe manifestazioni devozionistiche che accompagnano il culto mariano e che liquidavo alla voce sentimentalismo. Poi finii col capitolare, del resto posso testimoniare che nessuno può rimanere indifferente al fascino di Maria. Se torniamo al mondo protestante, pochi sanno che in Gran Bretagna i luoghi di culto più visitati anche dagli anglicani sono le chiese cattoliche dedicate alla Vergine, come la Santa Casa della Madonna di Walsingham, nel Norfolk. Ma Maria esercita un grande fascino anche fra i musulmani che vedono in lei la Madre buona di un profeta, e lo stesso accade fra gli ebrei».

Gli ebrei…?
«Dopo l’enorme, per me inaspettato successo di Ipotesi su Gesù fui invitato a Gerusalemme. Mi attendeva un comitato di rabbini e professori cui dovetti dare conto di alcuni concetti che avevo espresso nei miei scritti sul popolo ebraico e il suo ruolo nella storia. Lì per lì rimasi spiazzato da questa sorta di esame, ma ne seguì un confronto pacato nel rispetto delle reciproche posizioni. Del resto, ho sempre parlato bene degli ebrei, che Dio ha posto al centro delle vicende umane. In quell’occasione fui introdotto a un rabbino molto influente che mi diede una testimonianza straordinaria che coinvolge Maria di Nazaret. Mi presentò suo figlio e poi mi disse che sia lui, sia quella che sarebbe divenuta la sua sposa erano scampati miracolosamente dai campi di concentramento. La coppia per lungo tempo aveva pensato di non poter avere figli, e di fatto non era riuscita ad averne, perché la futura moglie, durante la detenzione, era stata sottoposta a mutilazioni parziali ai fini di sperimentazioni scientifiche, come era d’uso in quei luoghi dell’orrore».

Ciò nonostante ebbero un figlio e tu l’hai visto!
«Un loro amico, cristiano, di nazionalità austriaca, li invitò a recarsi con fiducia al santuario di Pietralba, assicurandogli che in quel luogo la Madonna ha vinto molti casi di sterilità. I due coniugi ebrei non persero tempo e subito dopo quella visita comparvero i segni della gravidanza. Stupito, domandai: “Ma lei è un ebreo, un capo religioso per giunta, ed è andato a bussare da una Madonna cattolica?”. Mi rispose con un’altra domanda: “Perché la sua Madonna cattolica non è forse prima di tutto un’ebrea? Non poteva deludere la nostra speranza e ci ha fatto un favore, da ebrea a ebrei”».

Che cosa rende Maria così attraente?
«Maria ci attrae per la speranza che la pervade. Fa parte del sensus fidei, ma Lei stessa, talvolta, si è definita la nostra «Avvocata» in Cielo. Se ci affidiamo a lei prima di presentarci al giudizio che ci attende dopo la morte, possiamo ben sperare nella benevolenza di Dio. Quando uno si trova nel bisogno chiama sempre la mamma. Anche quando lei non è più qui. Lo fanno i bambini, lo fanno i soldati sul campo di battaglia, lo fanno gli anziani lasciati soli nei ricoveri. E la Madonna è la Mamma che ci è data da Gesù Crocifisso, la Madre che ci dona la vita nella fede, ci guarda, ci cresce, ci accompagna, ci protegge. E spero che mi venga incontro Lei quando sarà il momento. Così come sono certo abbia fatto con Rosanna».

Vuoi dirci qualcosa di tua moglie?
«Rosanna è morta il 16 aprile 2022 nel Sabato di Maria che in quel giorno ha coinciso col Sabato Santo. Ma è anche la data del mio compleanno che condividevo con Joseph Ratzinger-Benedetto XVI e in cui è passata in Cielo nel 1879 Bernadette Soubirous, la santa che mi è più cara al mondo. Con mia moglie ho vissuto una comunione di vita che misteriosamente perdura tuttora. Recitavamo il Rosario insieme tutte le sere e fra l’altro, in peno accordo, chiedevamo che fossi io il primo a morire. Questo perché sono uomo di studi e mi vedevo impreparato a rimanere da solo: alla gestione pratica della nostra vita pensava Rosanna. Il Cielo ha disposto diversamente, ma grazie a Dio tiro avanti con l’aiuto di Rosy, una persona che è di casa da oltre trent’anni e si è dimostrata come una figlia per noi».

Che cosa hai pensato dopo questo distacco? Come lo hai superato?
«Mi sono chiesto perché sono sopravvissuto a Rosanna e mi conforta pensare che questo distacco sarà solo temporaneo. Non è stato facile, anche perché nel frattempo ho terminato la mia collaborazione col Corriere della sera e ho perso la mia capacità di scrittura. Avevo una memoria ferrea, non ce l’ho più: ora, nel bel mezzo di un discorso, mi dimentico nomi, date, situazioni… Ma sono grato di questo al Signore e alla Madonna perché, togliendo questo e quello, mi fanno sentire precario e mi spronano a confidare di più in loro, a staccarmi dal mio io, dalle mie sicurezze, da ciò che mi ha fatto vivere su questa terra e a desiderare sempre di più il compimento che avverrà dopo la morte. E mi insegnano a vivere i giorni con la stessa pazienza dimostrata da Maria, a rispettare con calma i tempi di Dio, che non sono i nostri. Tuttavia, un poco alla volta ho realizzato che, se sono ancora qui, è perché ho ancora qualcosa da fare. E ho compreso che devo cercare di ultimare il santuario di Maguzzano».

Com’è nata questa impresa?
«Circa vent’anni fa, camminando con l’amico architetto Emilio Cupolo su un sentiero secondario nell’oliveto della basilica, ci siamo imbattuti in una statua della Madonna che giaceva per terra fra le sterpaglie. Era caduta dal piedistallo da chissà quanto tempo perché era in pessime condizioni ed era rotta in frantumi. Rimasi scosso per il fatto che fra quelle sacre mura l’immagine potesse essere rimasta trascurata. Così proposi a Cupolo di aiutarmi a restaurarla e a realizzare per lei un’edicola, che l’architetto ha trasformato in un progetto ambizioso, ricco di simboli cristiani. Un’opera costosa, sostenuta da numerosi donatori che sono intervenuti con puntualità provvidenziale ogni volta che non ho avuto le forze per provvedere da solo. Pochi sanno che, davanti a quella Madonna, quando ancora giaceva a terra, una sera io stesso mi sono ritrovato bocconi, colpito da un principio di infarto».

Che cosa è accaduto? Eri da solo?
«C’era Lei con me. Da terra guardavo il suo viso, in lei ho confidato prima di perdere conoscenza. E Lei è intervenuta: mi ha dato la forza di riprendermi, di guidare fino a casa, da dove mi hanno trasportato con urgenza in ospedale. Esattamente come avvenuto per la mia conversione nemmeno questo santuario avevo cercato, eppure la Vergine ha voluto che mi imbattessi nel suo simulacro, ha permesso che cadessi quasi morto, mi ha rialzato e ora ha fatto di questo luogo lo scopo ultimo della mia vita. Chi viene qui trova un tronco grosso tagliato. Nel 1999 Maguzzano è stata colpita da una tromba d’aria; una vecchia conifera, altissima, si è sradicata e cadendo, secondo la fisica avrebbe dovuto colpire la Madonna degli Olivi ma, inspiegabilmente, ha deviato di qualche centimetro, lasciandola intatta».

Che significato ne hai tratto?
«Il demonio insidia sempre Maria, ma Lei non può essere sconfitta e alla fine schiaccerà la testa del serpente».

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Pensiero spirituale sulla necessità di avere uno sguardo di fede sulla Chiesa

Posté par atempodiblog le 9 janvier 2024

Pensiero spirituale sulla necessità di avere uno sguardo di fede sulla Chiesa
di Padre Livio Fanzaga
Tratto da: Blog di p. Livio – Direttore di Radio Maria

Pensiero spirituale sulla necessità di avere uno sguardo di fede sulla Chiesa dans Fede, morale e teologia Pensiero-Spirituale-sulla-necessit-di-avere-uno-sguardo-di-fede-sulla-Chiesa

Cari amici, è necessario avere uno sguardo di fede sulla Chiesa, alla quale apparteniamo, di cui siamo figli. La Chiesa è nostra Madre perché ci ha donato la fede, ci ha nutrito e ci ha cresciuto. Verso la Chiesa abbiamo molti motivi di gratitudine, di rispetto, di amore e di servizio.

Siccome i mass-media e il mondo escludono la dimensione soprannaturale della Chiesa e la guardano unicamente come istituzione religiosa e quindi nella sua dimensione visibile e tangibile, anche noi cristiani rischiamo di guardare la Chiesa con lo sguardo del mondo, per cui non ne cogliamo la natura profonda di mistero e la sua dimensione divina. Ne consegue che il nostro atteggiamento nei confronti della Chiesa è il medesimo rispetto a quello nei confronti del potere politico, ovvero non ci esimiamo da critiche e attacchi senza esclusione di colpi.

Questa mentalità mondana rischia di condizionarci nel nostro sguardo nei confronti della Chiesa che è una istituzione divina perché è stata istituita da Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, che nella sua grande condiscendenza nei confronti del genere umano, ha scommesso che mettendo la Chiesa nelle loro mani, potessero portare a buon fine (insieme a Lui) la grande opera della Creazione e della Redenzione.

Proprio perché c’è questo pericolo di vedere la Chiesa come istituzione umana e quindi rapportarci a essa come ci si rapporta alle istituzioni umane, sono convinto che sia necessaria una riflessione sulla dimensione divina della Chiesa. La Chiesa è il prolungamento di Gesù Cristo nella Storia. «La Chiesa è Gesù Cristo, ma Gesù Cristo diffuso e comunicato» diceva Bossuet nel suo bellissimo libro Meditazioni sulla Chiesa.

Il mistero di Cristo è il Verbo che si è fatto carne, che ha assunto la natura umana ma è stato generato dal Padre, è uguale al Padre. Cristo, assumendo una natura umana dal grembo della Vergine Maria, ha assunto una natura umana nella sua massima perfezione, cioè senza traccia di peccato e l’ha elevata in grazia. Con il Sacramento del Battesimo veniamo associati alla Santa umanità di Cristo; quindi, formiamo la Chiesa come membra del corpo mistico di Cristo.

Cristo ha costruito una Chiesa proprio con gli uomini del suo tempo, in una dimensione divina e umana. Ha scelto gente semplice, pescatori, uomini per bene ma pur sempre esseri umani imperfetti che hanno avuto bisogno della grazia dello Spirito Santo prima di essere in grado di professare la loro fede.

Cristo, fra i tanti discepoli che aveva, ne ha scelti dodici dopo una lunga preghiera e ne ha scelto uno come pietra di questa Chiesa, del Collegio Apostolico. Era la nuova istituzione che sostituiva le dodici tribù di Israele, ecco perché il numero dodici.

Nella Chiesa, allora, c’è una dimensione divina che è quella di Cristo, la Sua grazia e lo Spirito Santo di cui è ricolma; c’è poi una umanità che è la nostra, la quale è debole, è affetta dal peccato originale, è una umanità come quella degli Apostoli i quali, pur avendo avuto come Maestro Gesù Cristo per tre anni, nel momento della Passione hanno avuto paura e sono fuggiti.

Sulla scommessa di Gesù di fondare la sua Chiesa su uomini che portano con sé le ferite del peccato originale, che ovviamente devono fare di tutto per essere all’altezza del compito, dobbiamo guardare la Chiesa nella sua totalità cioè nella dimensione umana, che ovviamente è legata alle persone e al loro modo di essere, ma anche in quella soprannaturale.

Accade, purtroppo, che ci soffermiamo unicamente all’aspetto umano; non vediamo Colui che queste persone che Cristo ha scelto nella Chiesa, rappresentano. C’è una “causa strumentale” per dirla in termini filosofici; Dio sceglie degli uomini che sono comunque dei peccatori. Non dimentichiamo che “in Adamo tutti abbiamo peccato” e sono ben pochi quelli che riescono ad arrivare al termine della loro vita senza macchiare la loro anima di peccati personali.

Gesù Cristo ha scelto dei peccatori per rappresentarlo, l’inganno del diavolo è quello di farci considerare la Chiesa un’istituzione umana e quindi applicare a essa i metodi che si applicano nell’agone sociale e politico. Dobbiamo invece avere uno sguardo di contemplazione e di fede per cui, al di là delle persone che operano al servizio di Cristo, vediamo Colui che li sostiene con la sua grazia e che li ha scelti come suoi rappresentanti.
I pastori operano “Ex opere operato”, questa espressione latina della dottrina cattolica dei Sacramenti significa letteralmente “per il fatto stesso di aver fatto la cosa” e si riferisce al fatto che nei Sacramenti il peccato del ministro non può inficiare il risultato dell’azione sacramentale.

Perdendo lo sguardo di fede sulla Chiesa, succede che non riusciamo più a vedere il mistero di Misericordia di Dio che ci dà la sua grazia attraverso canali che sono umani, che sono imperfetti. Ovviamente ci sono dei santi sacerdoti la cui santità è aggiuntiva all’opera della grazia, basti pensare a San Giovanni Bosco, San Pio da Pietrelcina, il Santo Curato d’Ars. Indubbiamente si tratta di figure eccezionali ma non dobbiamo dimenticare che nella normalità qualsiasi sacerdote rappresenta Gesù Cristo.

La Regina della pace ci invita a riflettere su cosa potremmo fare senza i nostri pastori, è solo attraverso le loro mani che ci arriva la grazia della salvezza, in particolare la salvezza dei Sacramenti.

Lo sguardo di fede sulla Chiesa è, allora, una necessità assoluta altrimenti l’occhio rimane offuscato e si limita a guardarla nella sua dimensione umana.

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Rinnovo delle promesse battesimali

Posté par atempodiblog le 7 janvier 2024

Rinnovo delle promesse battesimali dans Fede, morale e teologia Montfort-e-GP-II-1

[...] tutta la vita spirituale proviene direttamente dal sacramento del santo battesimo, come dimostra un significativo passaggio dell’Atto di consacrazione a Gesù Cristo attraverso Maria, redatto proprio da Montfort. Al centro di questo atto, ci sono le seguenti parole: “Io – a questo punto si pronuncia il nome, ad esempio Louis-Marie o Gianpaolo o Carlo – peccatore infedele, rinnovo e ratifico oggi nelle tue mani (fra le mani di Maria) le promesse del mio battesimo: rinuncio per sempre a Satana, alle sue pompe e alle sue opere, mi dono interamente a Gesù Cristo, la Sapienza incarnata, per portare la mia croce seguendo il suo esempio tutti i giorni della mia vita . . .” (San Louis-Marie Grignion de Montfort, L’amore dell’Eterna Sapienza, n. 225).

Il richiamo alle promesse del battesimo è evidente. Nel corso della liturgia battesimale è stato chiesto a ognuno di noi: “Rinunci a Satana, a tutte le sue opere e a tutte le sue seduzioni?”, e poi: “Credi?”. L’atto del battesimo va di pari passo con la scelta di Dio, la scelta di Cristo, la scelta di vivere nella grazia dello Spirito Santo. Questa scelta, in un certo senso, è la vittoria sul peccato originale. La grazia sacramentale del battesimo cancella il peccato originale. Tuttavia l’uomo che lo riceve deve rinunciare al peccato per corrispondere così alla grazia della giustificazione che gli viene concessa nella fede in Cristo.

Nel sacramento del battesimo vi è un certo ritorno all’inizio, alle origini, quando bisognava scegliere il bene e non il male, la salvezza e non il rifiuto. Se Grignion de Montfort inserisce ciò nel contenuto della sua autentica devozione alla Madre di Dio, lo fa perché Maria, per volontà divina, fin dalla sua Immacolata Concezione, è stata inscritta nel piano di Dio per vincere il peccato attraverso la giustificazione ricevuta dalla grazia che proviene da Cristo.

San Giovanni Paolo II

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Lo stupore di Goethe per il festeggiamento del Natale a Napoli

Posté par atempodiblog le 28 décembre 2023

Lo stupore di Goethe per il festeggiamento del Natale a Napoli
Fonte: Pane e focolare

Lo stupore di Goethe per il festeggiamento del Natale a Napoli dans Charles Dickens Preghiera-di-Natale

Wolfgang Goethe nel 1787 compie un lungo viaggio in Italia, quel Grand tour che era quasi d’obbligo per tutti coloro che desideravano conoscere il mondo, la cultura, l’arte, la bellezza. Ne resterà segnato, emozionato, diverrà un entusiasta ammiratore della nostra penisola. Sarà anche stupito per tante espressioni della nostra cultura, evidentemente lontane da quelle della sua Germania austera e un po’ fredda non solo nel clima meteorologico, come quando arriva a Napoli proprio in occasione del Natale. Scrive nel suo diario: «Per Natale la città diventa una specie di Paese di Cuccagna. Lungo le strade sono sospese ghirlande di cibi e si ammirano corone di salsicce legati con nastri rossi. I tacchini portano tutti sul sedere una banderuola rossa: mi dicono che se ne sono venduti 30.000, senza contare quelli ingrassati privatamente nelle case. Ogni anno un ufficiale della polizia percorre a cavallo la città, accompagnato da un trombettiere, e annuncia nelle piazze e agli incroci quante migliaia di buoi, di vitelli, di capretti, di agnelli di maiali i napoletani hanno consumato. Il popolo si rallegra a sentire quei grossi numeri, e ognuno ricorda con soddisfazione la parte che ha avuto in tale godimento».

Il suo stupore mi ricorda quello delle austere sorelle calviniste del Pranzo di Babette, che guardano sconvolte la cuoca francese che prepara il ricco banchetto. Peraltro, sappiamo che saranno trasformate positivamente da quella tavola generosa, così come Goethe tornerà a casa pieno di entusiasmo e ammirazione per la nostra Italia.

L’Artusi, nei suoi consigli per il pranzo di Natale, suggerisce ben tre portate di carne: il cappone, «animale che per sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli uomini», un pasticcio di lepre e la faraona. Nel racconto di Charles Dickens “Il Canto di Natale” lo Spirito del Natale Presente è seduto su una specie di trono fatto da tacchini, oche, cacciagione, salame, porcellini. La signora Cratchit cucina per la sua famiglia, povera ma dignitosa, l’oca con patate e salsa di mele, e quando Scrooge si risveglia cambiato, con un’esplosione di amore nel cuore e voglia di fare del bene, la prima cosa che fa è comprare un gigantesco tacchino per la famiglia Cratchit.

La carne è quindi al centro del pranzo di Natale, da secoli. Oggi ci sono altre sensibilità, alcuni chef propongono addirittura menu natalizi vegetariani per venire incontro a tutte le esigenze, ma ricordiamo che un tempo la carne era un lusso che pochi si potevano permettere, ed era quindi al centro del desiderio alimentare dei ceti meno abbienti. Le famiglie, costrette per necessità a essere morigerate ogni giorno dell’anno, risparmiavano tutto il possibile in vista del pranzo di Natale, perché quel giorno la tavola doveva essere ricca e generosa. E la carne, che raramente veniva consumata, soprattutto quella pregiata, diventava il cibo principe del pranzo della festa.

E voi cosa avete mangiato a Natale? Mio figlio e mia nuora hanno cucinato un gigantesco tacchino ripieno al forno, davvero eccezionale. Abbiamo fatto onore alla tavola, come si deve. E come dice il Piccolo Tim: “Dio ci benedica, quanti siamo”!

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La leggenda degli struffoli

Posté par atempodiblog le 25 décembre 2023

La leggenda degli struffoli

La leggenda degli struffoli dans Cucina e dintorni Struffoli-napoletani

La leggenda della nascita degli struffoli narra che in un convento di suore, la sera di un 25 dicembre di tanto tempo fa, la Madre superiora portò in tavola un nuovo dolce: tante palline di pasta fritte aromatizzate all’anice ricoperte di miele e confettini.

Le suore, dopo averlo assaggiato, ne rimasero entusiaste e chiesero alla Madre come le fosse venuta l’idea di prepararlo. Furono molto sorprese nel sentire che questo dolce le era stato ispirato proprio da loro!

Negli ultimi tempi, infatti, nel convento tra le consorelle c’erano stati sospetti, chiacchiere e malumori… l’unico modo per far sì che regnasse l’unità era usare il miele della dolcezza.

“Soltanto la dolcezza e la tolleranza – disse loro la Madre superiora – possono far sì che non siate divise… Le palline sono tenute insieme dal miele, così voi allo stesso modo, come dice San Paolo, rivestite di umiltà, dolcezza e magnanimità conserverete l’unità nel vincolo della pace e sarete un corpo solo pur essendo tante”.

Le suore da quella sera misero da parte ogni risentimento, non ci furono più fazioni, ma ognuna si rivolgeva alle consorelle con gentilezza, rispetto, umiltà e dolcezza. E, così, il Santo Natale regnò nei loro cuori tutti i giorni dell’anno.

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E’ il tempo dell’adorazione

Posté par atempodiblog le 25 décembre 2023

SANTA MESSA DELLA NOTTE
SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Basilica Vaticana
Domenica, 24 dicembre 2023
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E' il tempo dell’adorazione dans Commenti al Vangelo Adorazione

«Il censimento di tutta la terra» (Lc 2,1). È questo il contesto nel quale Gesù nasce e su cui il Vangelo si sofferma. Poteva accennarne rapidamente, invece ne parla con accuratezza. E con ciò fa emergere un grande contrasto: mentre l’imperatore conta gli abitanti del mondo, Dio vi entra quasi di nascosto; mentre chi comanda cerca di assurgere tra i grandi della storia, il Re della storia sceglie la via della piccolezza. Nessuno dei potenti si accorge di Lui, solo alcuni pastori, relegati ai margini della vita sociale.

Ma il censimento dice di più. Nella Bibbia non lasciava un bel ricordo. Il re Davide, cedendo alla tentazione dei grandi numeri e ad una malsana pretesa di autosufficienza, aveva commesso un grave peccato proprio facendo il censimento del popolo. Voleva saperne la forza e dopo circa nove mesi ebbe il numero di quanti potevano maneggiare la spada (cfr 2 Sam 24,1-9). Il Signore si sdegnò e una disgrazia colpì il popolo. In questa notte, invece, il “Figlio di Davide”, Gesù, dopo nove mesi nel grembo di Maria, nasce a Betlemme, la città di Davide, e non punisce il censimento, ma si lascia umilmente conteggiare. Uno fra i tanti. Non vediamo un dio adirato che castiga, ma il Dio misericordioso che si incarna, che entra debole nel mondo, preceduto dall’annuncio: «sulla terra pace agli uomini» (Lc 2,14). E il nostro cuore stasera è a Betlemme, dove ancora il Principe della pace viene rifiutato dalla logica perdente della guerra, con il ruggire delle armi che anche oggi gli impedisce di trovare alloggio nel mondo (cfr Lc 2,7).

Il censimento di tutta la terra, insomma, manifesta da una parte la trama troppo umana che attraversa la storia: quella di un mondo che cerca il potere e la potenza, la fama e la gloria, dove tutto si misura coi successi e i risultati, con le cifre e con i numeri. È l’ossessione della prestazione. Ma al contempo nel censimento risalta la via di Gesù, che viene a cercarci attraverso l’incarnazione. Non è il dio della prestazione, ma il Dio dell’incarnazione. Non sovverte le ingiustizie dall’alto con forza, ma dal basso con amore; non irrompe con un potere senza limiti, ma si cala nei nostri limiti; non evita le nostre fragilità, ma le assume.

Fratelli e sorelle, stanotte possiamo chiederci: noi in che Dio crediamo? Nel Dio dell’incarnazione o in quello della prestazione? Sì, perché c’è il rischio di vivere il Natale avendo in testa un’idea pagana di Dio, come se fosse un padrone potente che sta in cielo; un dio che si sposa con il potere, con il successo mondano e con l’idolatria del consumismo. Sempre torna l’immagine falsa di un dio distaccato e permaloso, che si comporta bene coi buoni e si adira coi cattivi; di un dio fatto a nostra immagine, utile solo a risolverci i problemi e a toglierci i mali. Lui, invece, non usa la bacchetta magica, non è il dio commerciale del “tutto e subito”; non ci salva premendo un bottone, ma Lui si fa vicino per cambiare la realtà dal di dentro. Eppure, quanto è radicata in noi l’idea mondana di un dio distante e controllore, rigido e potente, che aiuta i suoi a prevalere contro gli altri! Tante volte è radicata in noi questa immagine. Ma non è così: Lui è nato per tutti, durante il censimento di tutta la terra.

Guardiamo dunque al «Dio vivo e vero» (1 Ts 1,9): a Lui, che sta al di là di ogni calcolo umano eppure si lascia censire dai nostri conteggi; a Lui, che rivoluziona la storia abitandola; a Lui, che ci rispetta al punto da permetterci di rifiutarlo; a Lui, che cancella il peccato facendosene carico, che non toglie il dolore ma lo trasforma, che non ci leva i problemi dalla vita, ma dà alle nostre vite una speranza più grande dei problemi. Desidera così tanto abbracciare le nostre esistenze che, infinito, per noi si fa finito; grande, si fa piccolo; giusto, abita le nostre ingiustizie. Fratelli e sorelle, ecco lo stupore del Natale: non un miscuglio di affetti sdolcinati e di conforti mondani, ma l’inaudita tenerezza di Dio che salva il mondo incarnandosi. Guardiamo il Bambino, guardiamo la sua mangiatoia, guardiamo il presepe, che gli angeli chiamano «il segno» (Lc 2,12): è infatti il segnale rivelatore del volto di Dio, che è compassione e misericordia, onnipotente sempre e solo nell’amore. Si fa vicino, si fa vicino, tenero e compassionevole, questo è il modo di essere di Dio: vicinanza, compassione, tenerezza.

Sorelle, fratelli, stupiamoci perché “si è fatto carne (cfr Gv 1,14). Carne: parola che richiama la nostra fragilità e che il Vangelo utilizza per dirci che Dio è entrato fino in fondo nella nostra condizione umana. Perché si è spinto a tanto? – ci domandiamo –. Perché gli interessa tutto di noi, perché ci ama al punto da ritenerci più preziosi di ogni altra cosa. Fratello, sorella, per Dio che ha cambiato la storia durante il censimento tu non sei un numero, ma sei un volto; il tuo nome è scritto nel suo cuore. Ma tu, guardando al tuo cuore, alle prestazioni non all’altezza, al mondo che giudica e non perdona, forse vivi male questo Natale, pensando di non andare bene, covando un senso di inadeguatezza e di insoddisfazione per le tue fragilità, per le tue cadute e i tuoi problemi e per i tuoi peccati. Ma oggi, per favore, lascia l’iniziativa a Gesù, che ti dice: “Per te mi sono fatto carne, per te mi sono fatto come te”. Perché rimani nella prigione delle tue tristezze? Come i pastori, che hanno lasciato le loro greggi, lascia il recinto delle tue malinconie e abbraccia la tenerezza di Dio bambino. E fallo senza maschere, senza corazze, getta in Lui i tuoi affanni ed Egli si prenderà cura di te (cfr Sal 55,23): Lui, che si è fatto carne, non attende le tue prestazioni di successo, ma il tuo cuore aperto e confidente. E tu in Lui riscoprirai chi sei: un figlio amato di Dio, una figlia amata da Dio. Ora puoi crederlo, perché stanotte il Signore è venuto alla luce per illuminare la tua vita e i suoi occhi brillano d’amore per te. Noi abbiamo difficoltà a credere in questo, che gli occhi di Dio brillano di amore per noi.

Sì, Cristo non guarda i numeri, ma i volti. Chi, però, guarda a Lui, tra le tante cose e le folli corse di un mondo sempre indaffarato e indifferente? Chi lo guarda? A Betlemme, mentre molta gente, presa dall’ebbrezza del censimento, andava e veniva, riempiva gli alloggi e le locande parlando del più e del meno, alcuni sono stati vicini a Gesù: sono Maria e Giuseppe, i pastori, poi i magi. Impariamo da loro. Stanno con lo sguardo fisso su Gesù, con il cuore rivolto a Lui. Non parlano, ma adorano. Questa notte, fratelli e sorelle, è il tempo dell’adorazione: adorare.

L’adorazione è la via per accogliere l’incarnazione. Perché è nel silenzio che Gesù, Parola del Padre, si fa carne nelle nostre vite. Facciamo anche noi come a Betlemme, che significa “casa del pane”: stiamo davanti a Lui, Pane di vita. Riscopriamo l’adorazione, perché adorare non è perdere tempo, ma permettere a Dio di abitare il nostro tempo. È far fiorire in noi il seme dell’incarnazione, è collaborare all’opera del Signore, che come lievito cambia il mondo. Adorare è intercedere, riparare, consentire a Dio di raddrizzare la storia. Un grande narratore di imprese epiche scrisse a suo figlio: «Ti offro l’unica cosa grande da amare sulla terra: il Santissimo Sacramento. Lì troverai fascino, gloria, onore, fedeltà e la vera via di tutti i tuoi amori sulla terra»  (J.R.R. Tolkien, Lettera 43, marzo 1941).

Fratelli e sorelle, stanotte l’amore cambia la storia. Fa’ che crediamo, o Signore, nel potere del tuo amore, così diverso dal potere del mondo. Signore, fa’ che come Maria, Giuseppe, i pastori e i magi, ci stringiamo attorno a Te per adorarti. Resi da Te più simili a Te, potremo testimoniare al mondo la bellezza del tuo volto.


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