Un nuovo Volto dell’Amore di Dio

Posté par atempodiblog le 20 octobre 2012

Meditiamo questa pagina di Daniel-Ange sulla vita di Teresa di Gesù Bambino:

Un nuovo Volto dell'Amore di Dio dans Padre Stefano Igino Silvestrelli santateresadelbambinges

«Una sera d’autunno 1894, sola nella sua bianca cella, durante il gran silenzio notturno, Teresa apre “a caso” il quaderno di Celina con le preziose citazioni dell’Antico Testamento che conosce appena.
Una parola le diviene incandescente: “Se qualcuno è piccolo…”. Nel suo cuore si produce un tilt. Quel “piccolo” è per lei, certamente.
È il suo nome. Non sarà una chiamata personale? Come Mosè presso il roveto, anche lei si avvicina per intendere meglio.
E Dio le svela il suo segreto d’amore: “Come una madre accarezza il figlio…”. Quella sola frase equivale a un concerto! “Mai parole più tenere, melodiose sono venute a rallegrare la mia anima”.
Gesù, dunque, non è soltanto Fidanzato, Sposo, Amico – per quanto unico –, il Diletto. Egli è una Madre! E a che cosa il cuore di una madre è più vulnerabile se non precisamente alla vulnerabilità del proprio bambino? Più è sprovveduto, gracile e fragile, più ella si sentirà senza difesa davanti a lui.
L’amore di Dio per Teresa sarà allora una tenerezza che prende su di sé la debolezza di lei, che fa sua la miseria di lei. Sì, Teresa intuisce che Dio ama in questo modo, anzi che è l’unico a poter amare in questo modo. Certamente, lo sapeva anche prima; ma improvvisamente la conoscenza passa dalla testa al cuore, che subito si dilata immensamente. La Sapienza eterna si rivela come a Mosè desideroso di vedere la gloria di Dio e di conoscere il Nome che è al di sopra di ogni altro nome: “Ho compassione” (Es 33, 19).
Teresa riceve qui non la non la soluzione di un suo problema, ma una nuova luce su Dio: un nuovo Volto del suo Amore. Dio ama con un amore di misericordia, di compassione. Questo mistero la affascina. Non può più vedere le cose di Dio e degli uomini nella stessa maniera di prima: d’ora in poi tutto sarà visto in questa unica luce. Come attraverso un prisma. Perciò in lei tutto si pacificherà e si unificherà.
‘Amore’ sulle labbra di Teresa sarà sinonimo di misericordia. “La misericordia è accordata ai piccoli”. Accordata e armonizzata» (Frère Daniel-Ange, La “piccola via” per ritrovare il sorriso, p. 39-40).

Impariamo anche noi da Teresa, proclamata non a caso Dottore della Chiesa, la grande sapienza di localizzare la perfezione non sulla sommità di un altissimo monte, ma nella valle dell’umiltà, nell’infanzia dello spirito. Questo vale per tutti, indistintamente, a qualsiasi spiritualità apparteniamo.

p. Stefano Igino Silvestrelli

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Una straordinaria conversione dovuta alla Madonna di Fatima e a Santa Teresina del Bambin Gesù

Posté par atempodiblog le 2 octobre 2012

Jacques Fesch

Prima “angelo”, dopo schiavo dei vizi, assassino condannato alla ghigliottina, con un pentimento sincero, Jacques Fesch diventa fervente apostolo e muore da santo. Infatti, mezzo secolo dopo la Chiesa francese propone di portarlo dal patibolo agli altari.

La storia di Jacques Fesch (6-4-1930 + 1-10-1957) è adatta a riempirci di fiducia nella misericordia divina, ottenuta per la mediazione della Vergine Rifugio dei Peccatori.
Nato a Parigi, questo giovane brillante, figlio di una famiglia agiata – da genitori belgi più precisamente – Fesch ha una infanzia serena e una prima adolescenza molto promettente. I testimoni della sua Prima Comunione ci dicono di aver visto quel giorno “un angelo”.

Fede perduta, cattive influenze e la rapina frustrata…

Eppure a 17 anni perde la fede e l’idealismo, volendo soltanto i piaceri. Incomincia una vita sbandata, ha un figlio naturale da una donna che abbandonerà, sposandosi poi civilmente ad un’altra giovane che ha messo incinta. Si ribella refrattario ai lavori che i suoi genitori gli trovano, ed ad un certo punto non pensa ad altro che a futili avventure in compagnia di cattive amicizie. Abbandona la seconda ragazza e vuole partire alla volta dei mari tropicali, chiedendo ai suoi genitori di finanziargli questa oziosa impresa. I soldi gli saranno negati e, Fesch ribollente di risentimento, diverrà il protagonista del dramma che segnerà nel bene e nel male la sua storia.
Decide di assaltare, nei dintorni del Teatro dell’Opera di Parigi, un cambiavalute amico di suo padre, con la certezza che quest’ultimo avrebbe poi restituito i soldi rubati. Allo scopo di spaventare il malcapitato commerciante si arma di una pistola scarica, ma i suoi complici lo convincono di infilarvi qualche pallottola.
Fesch, ormai schiavo delle sue passioni e delle cattive influenze, dà loro retta. Compie maldestramente la rapina. Il cambiavalute reagisce, parte un colpo e Fesch riesce soltanto a ferire se stesso. Accecato dalla paura, si mette a correre per la strada. Un drappello di persone guidato da un agente della polizia gli corre dietro. Fesch si infila in un cortile senza uscita, cambia senso di marcia e tenta, tanto inutilmente quanto disperatamente, di rompere la barriera dei suoi inseguitori. Senza mirare nessuno, con la mano ferita all’interno dell’impermeabile preme istintivamente il grilletto, uccidendo un poliziotto. Gli altri lo intercettano ed è fortemente malmenato, rischiando di morire linciato.

Nella prigione, lettura delle apparizioni di Fatima: il miscredente diventa uomo di fede!

Ecco Jacques Fesch a soli 22 anni, brillante ragazzo di buona famiglia, segnalato a tutta la nazione quale vile assassino. Il sindacato di polizia, inferocito dal crimine, chiede ed ottiene la pena di morte: Fesch dovrà essere decapitato nella ghigliottina cinque anni dopo. Ma sono cinque anni di mirabile conversione e stupefacente crescita spirituale, delle quali Fesch ci lascerà scritti che toccano alte vette di vita mistica.
Fesch, nei suoi scritti autobiografici e nelle sue lettere, ci racconta che agli inizi del suo periodo in carcere, restando ateo come all’epoca del delitto, prendeva in giro lo zelo del suo buon avvocato che faceva di tutto per strapparlo alla morte e, prima ancora, per avvicinarlo a Dio. Un bel giorno riceve un libro su Fatima: “… Soprattutto Le apparizioni di Fatima lette e rilette – gli hanno chiarito la coscienza e i doni della grazia hanno compiuto il lavoro”. A partire da Fatima, Fesch incomincia a ripensare la sua vita, a trovare il senso del suo calvario accanto al Signore “come il buon ladrone messo in croce”. Offre i suoi sacrifici, sulla scia dei pastorelli, per la conversione dei peccatori, coltivando la devozione al Cuore Immacolato di Maria come mezzo sicuro per immergersi nell’Amore divino. Egli ci ripete più volte l’importanza che ebbe Fatima nella sua conversione. In otto mesi di carcere, profondamente pentito dei suoi trascorsi, il giovane immaturo e miscredente diviene un uomo di grande fede.

“Devo affidarmi interamente  al Cuore Immacolato di Maria”

L’amore alla Madonna diventa ardente: “… io mi sento piuttosto chiamato ad avere una particolare devozione per la Vergine Maria. Se posso così esprimermi, ho l’impressione che Ella mi sia più accessibile, d’avere con lei relazioni più intime, e non sento mai meglio gli effetti della preghiera che quando recito un’Ave… La Vergine è più vicina alla nostra umanità col Suo Cuore di Madre che ha sofferto mille torture… Ella ha in mano la mia salvezza, devo affidarmi interamente al suo Cuore Immacolato.”.
E, davanti al disprezzo degli uomini e nell’isolamento del carcere, la Madonna lo consola. Allora egli scrive: “Non vi sono più ingiustizie, non più problemi, ma soltanto un formidabile slancio verso l’amore di Dio. Tu diventi fratello di tutti quelli che soffrono e sai che le tue pene non sono che una forma di croce altrettanto preziosa agli occhi del Signore di quelle che portano il monaco nel suo chiostro o il missionario tra i suoi selvaggi”. A tutti sorprende la serenità con cui questo ragazzo, che una volta era inebriato di piaceri, abbraccia il suo tragico destino: “Ho un grande desiderio di donare qualcosa a Gesù, prima di donargli la testa… nonostante le mie pene, io sono felice, perché mi è dato di potermi purificare e di presentarmi davanti a Lui un po’ meno indegno…”.
Si ritiene vittima di un’ingiustizia perché “davanti a Dio non ho previsto né voluto le conseguenze del mio primo atto. Ho agito assolutamente senza consapevolezza e pertanto involontariamente”, eppure si rassegna così risolutamente alla sentenza del tribunale, che afferma di non voler essere graziato, perché teme di non raggiungere più le vette spirituali attinte nella sofferenza: “… se ne avessi la possibilità, non cambierei la mia sorte con quella di un re del petrolio…”.

Il convertito e fervente apostolo conosce la “piccola via”  di Santa Teresina del Bambin Gesù

Prima figlio scapestrato e marito infedele, ora Fesch fa di tutto per convertire i suoi familiari. Le lettere per loro dal carcere sono tanto piene di zelo quanto prive di rispetto umano: “Papà lo scompiglio, lo incalzo, lo minaccio, non disdegnando la profezia con gli accenti degni del grande Isaia, e deve esserne sbalordito.” Alla fine vedrà i suoi sforzi in larga misura coronati dal successo. “Ecco in fondo quale era il mio destino, illustrare magnificamente le conseguenze dei peccati di una famiglia incredula”.
Dopo Fatima, Jacques Fesch scopre nel carcere gli scritti di Santa Teresa di Gesù Bambino, e la “piccola via” insegnata dalla santa di Lisieux lo trasformerà ancora di più nel “buon ladrone”. “Amo la sua piccola via e la sua fiducia in Dio, il suo zelo… “. A tratti le riflessioni che ci ha lasciato sembrano veramente simili a quelle della dottoressa della Chiesa: “Devo dare la mano alla Santa Vergine e lasciarmi condurre là dove vuole portarmi. Con lei non ho paura; per quanto amaro sia il calice, sono davvero sicuro che, da buona mamma qual è, vi metterà qualche goccia di miele”. “Ho fatto delicatamente scivolare la mia destra nella mano della Santa Vergine e la sinistra in quella della piccola Santa Teresa.”
Chiederà segretamente di morire l’1 ottobre 1957, sessantesimo della morte di Santa Teresina, e verrà accontentato dalla inconsapevole Giustizia francese.

“Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve” (Sl. 51, 9)

Offrendo la sua vita come umile purificazione per amore di Dio, Fesch stupisce tutti. Anche il presidente della Francia René Cotty vuole complimentarsi con lui per quello che è divenuto. Il suo confidente spirituale (l’avvocato) e il cappellano del carcere, sono sempre più sorpresi. Alcuni testimoni dei suoi ultimi sofferti ma sereni giorni, dicono che Fesch giunse al patibolo avendo recuperato l’innocenza e che “morì da santo”.
Lo scrittore Plinio Corrêa de Oliveira compose una bella preghiera per chiedere la grazia del ripristino dell’innocenza: “Madre mia, fai di me la piena realizzazione di quel figlio senza macchia che sarei stato se non ci fosse stata tanta miseria. Ricordati di quel Davide e di tutta la dolcezza che vi avevi depositato…”. Ecco una lezione, quella di Jacques Fesch, che mostra come Dio esaudisca sempre “un cuore pentito ed umiliato”, fino a farlo diventare un nuovo Davide rinato dalla morte del peccato, e che ci fa vedere pure come, aprendoci fiduciosi alla misericordia divina anche nella più triste situazione, troviamo spalancate le porte di Colui che afferma di essere venuto più per i peccatori che per i giusti.

Nota: Le notizie e citazioni di questo articolo sono tratte dal libro “Jacques Fesch racconta la sua vita”, di Giacomo Maria Medica, Ed. Elle Di Ci, 1988.

Fonte: Associazione Luci sull’Est

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Il segreto di Santa Teresa di Lisieux

Posté par atempodiblog le 2 août 2012

Il segreto di Santa Teresa di Lisieux dans Libri

Famosa infatti è l’affermazione di Santa Teresa del bambin Gesù di non volersi conquistare il Paradiso, quasi fosse alla portata delle nostre povere opere, perché nessuna azione umana è esente da macchia e da egoismo per poterlo ottenere. Che fare dunque? Non resta, lei afferma, che rubare, come il buon ladrone, la gloria del Cielo. Accettando fino in fondo la nostra povertà e inadeguatezza e presentandoci a Dio a “mani vuote”, dovremo necessariamente sperare nella Sua infinita misericordia.

E’ molto consolante questo insegnamento della giovane religiosa, perché non v’è dubbio che il Maligno, con la sua sottilissima astuzia, riesca anche a trasformare il desiderio di santità in una particolare tentazione, “la tentazione della perfezione”, sotto la quale non di rado si nasconde il nostro io egoistico, duro a morire e abilissimo a insinuarsi anche nei propositi più elevati. Tuttavia questo non significa che debba mancare l’impegno per la santità. Essa però è la perfezione dell’amore. Dio, afferma la santa, “vuole essere amato”. Egli è il “piccolo Mendicante” che cerca persone che siano disposte ad accogliere tutto il suo amore. La santità dunque non consiste in queste o quelle pratiche e opere, ma “nella docilità del cuore che ci fa diventare piccoli e umili nelle braccia di Dio, consapevoli delle nostre debolezze e fiduciosi, fino alla temerarietà, nella Sua bontà paterna”. Una radicale decisione di affidamento: questo -mi dico- è il vero segreto della santità di quest’anima straordinaria.

Tratto da: Pellegrino a quattro ruote — Padre Livio Fanzaga

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L’attrattiva Gesù

Posté par atempodiblog le 20 novembre 2011

 «O Gesù, dunque non è nemmeno necessario dire: Attirando me, attira le anime che amo. Questa semplice parola: “Attirami” basta»
a cura di Don Maurizio Benzi – 30Giorni

L’attrattiva Gesù dans Articoli di Giornali e News santateresadilisieux
Santa Teresa di Lisieux

È comprensibile che l’appello a una maiuscola Nuova Evangelizzazione si sia fatto così insistente. È comprensibile innanzitutto perché il comando del Signore, «andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16, 15), non si può eludere e poi perché è in atto, soprattutto negli ultimi decenni, una scristianizzazione inimmaginabile.
Ma è proprio questo il punto: a volte l’appello sembra un po’ troppo inquieto, più preoccupato di raggiungere un risultato che di collaborare alla gioia di chi dovrebbe ottenerlo. Quasi che questa (la gioia, frutto sorprendente della grazia) non sia operativa, non sia il fine stesso di tutto ciò che Gesù ha detto e fatto («Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» Gv 15, 11), non sia il gratuito punto di forza di un povero cristiano insieme alla domanda che il Signore operi con noi («…mentre il Signore operava insieme con loro» Mc 16, 20).
È come se fosse necessario aggiungere qualche ulteriore impegno alla recita quotidiana delle preghiere e all’umile osservanza dei dieci comandamenti («In questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi» 1Gv 5, 3).
Il testo della Lumen gentium è così consolante e convincente – e dunque inevitabilmente operativo – quando al numero 31 parla delle «ordinarie condizioni della vita familiare e sociale» come del luogo dove i fedeli laici sono chiamati «a rendere visibile Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro vita e col fulgore della fede, della speranza e della carità».
Il recente Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica va nella stessa direzione, quando al numero 97 spiega «come collabora Maria al disegno divino della salvezza»: «per la grazia di Dio è rimasta immune da ogni peccato personale durante l’intera sua esistenza»; e poi quando al numero 433, quasi a commento di Lumen gentium 31, spiega che «con la loro vita conforme al Signore Gesù i cristiani attirano gli uomini alla fede nel vero Dio, edificano la Chiesa, informano il mondo con lo spirito del Vangelo e affrettano la venuta del Regno di Dio» (tutte le sottolineature sono nostre, qui e sopra).
Ma una parola ancora più convincente perché piena della leggerezza e del candore della santità viene dalle ultime pagine del manoscritto C della Storia di un’anima, dove la piccola Teresa di Lisieux racconta il compimento inatteso della sua vocazione missionaria. Le pubblichiamo come il miglior contributo alla causa della nuova evangelizzazione, che la patrona delle missioni, dichiarata dottore della Chiesa da papa Giovanni Paolo II, è certamente la più attiva nel perorare.

lavocazionedipietroeand dans Fede, morale e teologia
La vocazione di Pietro e Andrea, Caravaggio,
Royal Gallery Collection, Hampton Court Palace, Londra


«Alle anime semplici non servono mezzi complicati: poiché io sono tra queste, un mattino durante il ringraziamento, Gesù mi ha dato un mezzo semplice per compiere la mia missione. Mi ha fatto capire questa parola dei Cantici: “Attirami, noi correremo all’effluvio dei tuoi profumi” (Ct 1,4).
O Gesù, dunque non è nemmeno necessario dire: Attirando me, attira le anime che amo. Questa semplice parola: “Attirami” basta.
Signore, lo capisco, quando un’anima si è lasciata avvincere dall’odore inebriante dei tuoi profumi, non potrebbe correre da sola, tutte le anime che ama vengono trascinate dietro di lei: questo avviene senza costrizione, senza sforzo, è una conseguenza naturale della sua attrazione verso di te.
Come un torrente che si getta impetuoso nell’oceano trascina dietro di sé tutto ciò che ha incontrato al suo passaggio, così, o mio Gesù, l’anima che si immerge nell’oceano senza sponde del tuo amore attira con sé tutti i tesori che possiede…».
[…]
«Madre mia, credo che sia necessario darle ancora qualche spiegazione sul brano del Cantico dei Cantici: “Attirami, noi correremo” perché quello che ho voluto dirne mi sembra poco comprensibile.
“Nessuno può venire a me”, ha detto Gesù, “se non lo attira il Padre mio che mi ha mandato”. Poi, con parabole sublimi, e spesso senza nemmeno usare questo mezzo così familiare al popolo, ci insegna che basta bussare perché ci venga aperto, basta cercare per trovare e tendere umilmente la mano per ricevere quello che chiediamo… Dice inoltre che tutto quello che chiederemo al Padre suo nel suo nome Egli lo concederà. Certo è per questo che lo Spirito Santo, prima della nascita di Gesù, dettò questa preghiera profetica: Attirami, noi correremo.
Cos’è dunque chiedere di essere attirati, se non unirsi in modo intimo all’oggetto che avvince il cuore? Se il fuoco e il ferro avessero intelligenza e quest’ultimo dicesse all’altro: Attirami, dimostrerebbe che desidera identificarsi col fuoco in modo che questo lo penetri e lo impregni con la sua sostanza bruciante e sembri formare una cosa sola con lui.
Madre amata, ecco la mia preghiera: chiedo a Gesù di attirarmi nelle fiamme del suo amore, di unirmi così strettamente a Lui, che Egli viva e agisca in me.
Sento che quanto più il fuoco dell’amore infiammerà il mio cuore, quanto più dirò: Attirami, tanto più le anime che si avvicineranno a me (povero piccolo rottame di ferro inutile, se mi allontanassi dal braciere divino) correranno rapidamente all’effluvio dei profumi del loro Amato, perché un’anima infiammata di amore non può restare inattiva: certo, come santa Maddalena resta ai piedi di Gesù, ascolta la sua parola dolce e infuocata. Sembrando non dar niente, dà molto di più di Marta che si agita per molte cose e vorrebbe che la sorella l’imitasse. Non sono i lavori di Marta che Gesù biasima: a questi lavori la sua Madre divina si è umilmente sottomessa per tutta la sua vita poiché doveva preparare i pasti per la Santa Famiglia. È solo l’inquietudine della sua ardente ospite che vorrebbe correggere».

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I coniugi Martin

Posté par atempodiblog le 19 octobre 2011

Luigi e Zelia Martin sono stati beatificati nella domenica della giornata missionaria mondiale il 19 ottobre 2008. Attraverso di loro giunge anche alle famiglie cristiane di oggi l’appello ad essere santi e missionari, ad evangelizzare con la parola, con l’azione, con tutta la vita.

I coniugi Martin dans Coniugi Martin Famiglia-Martin

Luigi Martin (1823-1894) e Zelia Guérin (1831-1877)

Lui orologiaio, lei merlettaia: borghesi di estrazione, santi di elezione. Sono Luigi Martin (1823-1894) e Zelia Guérin (1831-1877) – i genitori di Teresa del Bambino Gesù – che domenica 19 ottobre vengono proclamati beati nel corso di una celebrazione presieduta nella basilica di Lisieux dal cardinale José Saraiva Martins. È la seconda coppia di sposi – dopo i coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi beatificati nel 2001 da Giovanni Paolo II- a essere elevata agli onori degli altari.

Entrambi figli di militari, vengono educati in un ambiente disciplinato, severo, molto rigoroso e segnato da un certo giansenismo ancora strisciante nella Francia dell’epoca. Tutti e due ricevono un’educazione di impronta religiosa: presso i Fratelli delle scuole cristiane, Luigi, dalle suore dell’adorazione perpetua, Zelia. Al termine degli studi, nel momento di scegliere il suo futuro, Luigi si orienta verso l’apprendimento del mestiere di orologiaio, nonostante l’esempio del padre, noto ufficiale dell’esercito napoleonico. Zelia, invece, inizialmente aiuta la madre nella gestione del locale di famiglia. Poi si specializza nel « punto d’Alençon » presso la scuola di merletto. Nel giro di qualche anno, i suoi sforzi sono premiati: apre una modesta azienda per la produzione del merletto e ottiene un discreto successo.

Ambedue nutrono fin dall’adolescenza il desiderio di entrare in una comunità religiosa. Ci prova lui chiedendo di essere ammesso tra i canonici regolari di sant’Agostino dell’ospizio del Gran San Bernardo sulle Alpi svizzere, ma non viene accolto perché non conosce il latino. Tenta anche lei di entrare tra le Figlie della carità di san Vincenzo de’ Paoli, ma comprende che non è la sua strada.

Per tre anni Luigi soggiorna a Parigi, ospite di parenti, per perfezionare la sua formazione di orologiaio. In quel periodo è sottoposto a molte sollecitazioni da parte dell’ambiente parigino percorso da spinte rivoluzionarie. Si avvicina perfino a un’associazione segreta, ma se ne allontana immediatamente. Insoddisfatto del clima che si respira nella capitale, si trasferisce ad Alençon, dove intraprende la sua attività, conducendo fino all’età di trentadue anni uno stile di vita quasi ascetico.

Zelia, intanto, con gli introiti della sua azienda, mantiene tutta la famiglia vendendo merletti all’alta società parigina. L’incontro tra i due avviene nel 1858 sul ponte di san Leonardo di Alençon. Alla vista di Luigi, Zelia avverte distintamente che quello sarà l’uomo della sua vita.

Dopo pochi mesi di fidanzamento si sposano. Conducono una vita coniugale all’insegna del Vangelo, scandita dalla messa quotidiana, dalla preghiera personale e comunitaria, dalla confessione frequente, dalla partecipazione alla vita parrocchiale. Dalla loro unione nascono nove figli, quattro dei quali muoiono prematuramente. Tra le cinque figlie che sopravvivono, Teresa, la futura santa, nata nel 1873. I ricordi della carmelitana sui suoi genitori sono una fonte preziosa per comprendere la loro santità. I Martin educano le loro figlie a divenire non solo buone cristiane ma anche oneste cittadine. A 45 anni Zelia riceve la terribile notizia di avere un tumore al seno. Vive la malattia con ferma speranza cristiana fino alla morte avvenuta nell’agosto 1877.

A 54 anni Luigi si trova da solo a portare avanti la famiglia. La primogenita ha 17 anni, l’ultima, Teresa, appena quattro e mezzo. Si trasferisce allora a Lisieux, dove risiede il fratello di Zelia. In questo modo, le figlie ricevono le cure della loro zia Celina. Tra il 1882 e il 1887 Luigi accompagna tre delle sue figlie al Carmelo. Il sacrificio più grande per lui sarà di allontanarsi da Teresa che entra tra le carmelitane a soli 15 anni. Luigi viene colpito da una malattia invalidante che lo conduce alla perdita delle facoltà mentali. Viene internato nel sanatorio di Caen. Muore nel luglio 1894.

Tratto da: vatican.va

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Ladri di cielo

Posté par atempodiblog le 1 octobre 2011

Ladri di cielo  dans Citazioni, frasi e pensieri santateresadigesbambino

«I miei protettori e i miei prediletti del cielo sono quelli che lo hanno rubato, come i santi Innocenti e il buon ladrone».

«I grandi santi se lo sono guadagnato con le loro opere: io voglio imitare i ladri, voglio averlo con l’astuzia, ma astuzia d’amore che ne aprirà la porta, a me e ai poveri peccatori. Lo Spirito Santo sembra incoraggiarmi quando dice nei Proverbi: “O piccolissimo! Vieni, apprendi da me la prudenza”».

Santa Teresa di Lisieux

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Come se esistessi solo tu

Posté par atempodiblog le 5 septembre 2010

Come se esistessi solo tu dans Citazioni, frasi e pensieri Teresina-di-Lisieux

« Come il sole rischiara allo stesso tempo i cedri ed ogni fiorellino come se fosse solo sulla terra, ugualmente nostro Signore si occupa in particolare di ogni anima come se essa non avesse altra simile ».

Santa Teresa di Lisieux

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L’Eucaristia

Posté par atempodiblog le 4 septembre 2010

L'Eucaristia dans Citazioni, frasi e pensieri Santa-Teresina-di-Lisieux

« Se la gente conoscesse il valore dell’Eucaristia, l’accesso alle chiese dovrebbe essere regolato dalla forza pubblica ».

Santa Teresa di Lisieux

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La vita è la tua nave e non la tua dimora

Posté par atempodiblog le 28 décembre 2009

La vita è la tua nave e non la tua dimora dans Citazioni, frasi e pensieri santateresina

…Talvolta mi sentivo sola, molto sola, come nei giorni della mia vita di collegio quando passeggiavo triste e malata nel cortile grande, ripetevo le parole che mi facevano sempre rinascere nel cuore la pace e la forza: «La vita è la tua nave e non la tua dimora». Già da piccolissima ritrovavo coraggio in questo verso; ancora oggi, nonostante gli anni che cancellano tante impressioni di pietà infantile, l’immagine della nave affascina l’anima mia e l’aiuta a sopportare l’esilio. Anche la Sapienza dice che: «La vita è come la nave che rompe le acque agitate e non lascia dietro sé traccia del proprio passaggio». Quando penso a queste cose, l’anima mia s’immerge nell’infinito, mi sembra già di toccare la riva eterna. Mi pare di ricevere l’abbraccio di Gesù, di vedere la mia Madre del Cielo venirmi incontro con Papà… Mamma… i quattro angeli… Credo di godere finalmente e per sempre della vera, dell’eterna vita in famiglia…

Santa Teresina del Bambin Gesù

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La conversione di Gramsci

Posté par atempodiblog le 26 novembre 2008

« Gramsci si convertì in punto di morte »
di Andrea Tornielli – Il Giornale

Le fonti citate sono testimoni dirette, anche se la rivelazione farà discutere non poco: Antonio Gramsci, sul letto di morte, chiese i sacramenti. Aveva accanto a sé un’immaginetta di santa Teresina di Lisieux e volle baciare l’effigie di Gesù Bambino che le suore della clinica dov’era ricoverato porgevano ai malati. Lo ha raccontato ieri il vescovo Luigi De Magistris, pro-penitenziere maggiore emerito, nel corso della presentazione del primo Catalogo internazionale dei santini che si è tenuta presso la Radio Vaticana, confermando direttamente e autorevolmente quanto già rivelato dal vaticanista Emilio Cavaterra sul Giornale dieci anni fa.

«Il mio conterraneo Gramsci – ha detto il prelato vaticano – aveva nella sua stanza l’immagine di Santa Teresa del Bambino Gesù. Durante la sua ultima malattia, le suore della clinica dove era ricoverato portavano ai malati l’immagine di Gesù Bambino da baciare. Non la portarono a Gramsci. Lui disse: “Perché non me l’avete portato?”. Gli portarono allora l’immagine di Gesù Bambino e Gramsci la baciò. Gramsci è morto con i sacramenti, è tornato alla fede della sua infanzia. La misericordia di Dio santamente ci “perseguita”. Il Signore non si rassegna a perderci».

La fonte citata da De Magistris è una suora sarda, sorella di monsignor Giovanni Maria Pinna, segretario della Segnatura apostolica. Suor Pinna, in occasione di una messa in suffragio del fratello, celebrata nella chiesa di San Lorenzo in Damaso, aveva raccontato ad alcuni dei prelati presenti l’inedito particolare riguardante Gramsci. L’intellettuale comunista era ricoverato nella clinica Quisisana dal 24 agosto 1935. Le religiose della clinica in occasione delle festività natalizie erano solite, per tradizione, portare di stanza in stanza una statua di Gesù Bambino, «offrendola al bacio degli ammalati». Tutti i ricoverati ricevono la singolare visita, ad eccezione di Gramsci il quale, appresa l’esclusione, ne chiede il motivo alle suore. Le religiose si scusano con lui e gli dicono che non volevano infastidirlo. A questo punto, raccontava suor Pinna, «il signor Gramsci disse di voler vedere quella statuetta e quando l’ebbe di fronte la baciò con evidenti segni di commozione». Oltre a De Magistris, ad ascoltare le parole della suora c’era monsignor Sebastiano Masala, all’epoca giudice della Sacra Rota. Un’altra religiosa in servizio alla clinica, di origini svizzere, suor Gertrude, ha invece rivelato che nella stanza numero 26, dove Gramsci trascorse l’ultimo periodo della sua vita, c’era un’immagine di santa Teresina del Bambin Gesù, «verso la quale lui sembrava nutrire una simpatia umana, tanto da non volere che fosse tolta e nemmeno spostata».

Un accenno alle ultime ore di vita di Gramsci, morto nella notte tra il 26 e il 27 aprile 1937, è contenuto in una lettera che sua cognata Tatiana Schucht scrisse il 12 maggio di quello stesso anno: «Il medico fece capire alla suora che le condizioni del malato erano disperate. Venne il prete, altre suore, ho dovuto protestare nel modo più veemente perché lasciassero tranquillo Antonio, mentre questi hanno voluto proseguire nel rivolgersi a lui per chiedergli se voleva questo, quell’altro…». La frase della cognata rimane sospesa, rispetto a quella che lei considerava un’invadenza indebita, ma che le suore, testimoni dei due episodi precedenti, non ritenevano certo tale. Non dice dunque se Gramsci acconsentì, come invece oggi conferma il vescovo De Magistris.Nel gennaio scorso, intervistato da Famiglia Cristiana, il cardinale Tarcisio Bertone aveva detto: «La posizione di Gramsci e di tanti esponenti comunisti verso la religione era ben diversa da quella di certi laicisti attuali. C’era più rispetto».

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La conversione di Gramsci e santa Teresina di Lisieux

Posté par atempodiblog le 26 novembre 2008

La conversione di Gramsci e santa Teresina di Lisieux dans Andrea Tornielli Teresina-di-Lisieux

[...] il vescovo Luigi De Magistris, pro-penitenziere maggiore emerito, intervenendo alla presentazione del primo catalogo internazionale dei santini, ha rivelato i particolari delle ultime ore di vita dell’ideologo del Pci Antonio Gramsci: “Il mio conterraneo, Gramsci, aveva nella sua stanza l’immagine di Santa Teresa del Bambino Gesù. Durante la sua ultima malattia, le suore della clinica dove era ricoverato portavano ai malati l’immagine di Gesù Bambino da baciare. Non la portarono a Gramsci. Lui disse: ‘Perché non me l’avete portato?’ Gli portarono allora l’immagine di Gesù Bambino e Gramsci la baciò. Gramsci è morto con i Sacramenti, è tornato alla fede della sua infanzia. La misericordia di Dio santamente ci ‘perseguita’. Il Signore non si rassegna a perderci”.

di Andrea Tornielli – blog.ilgiornale.it/tornielli

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