Gesù si sottomise alla flagellazione per i peccati impuri degli uomini

Posté par atempodiblog le 18 avril 2014

Gesù si sottomise alla flagellazione per i peccati impuri degli uomini dans Fede, morale e teologia 2hrcwuf

Quando andai all’adorazione, fui subito investita dal bisogno di raccoglimento interiore e vidi Gesù legato alla colonna, spogliato delle Sue vesti e sottoposto subito alla flagellazione. Vidi quattro uomini che a turno sferzavano coi flagelli il Signore. Il cuore mi si fermava alla vista di quello strazio. Ad un tratto il Signore mi disse queste parole: «Ho una sofferenza ancora maggiore di quella che vedi». E Gesù mi fece conoscere per quali peccati si sottopose alla flagellazione: sono i peccati impuri.

Oh, che tremende sofferenze morali patì Gesù, quando si sottomise alla flagellazione! Improvvisamente Gesù mi disse: «Guarda e osserva il genere umano nella situazione attuale». E in un attimo vidi cose tremende: i carnefici si allontanarono da Gesù, e si avvicinarono per flagellarLo altri uomini, che presero la sferza e sferzarono il Signore senza misericordia.

Erano sacerdoti, religiosi e religiose ed i massimi dignitari della Chiesa, cosa che mi stupì molto; laici di diversa età e condizione; tutti scaricarono il loro veleno sull’innocente Gesù. Vedendo ciò il mio cuore precipitò in una specie di agonia.

Quando Lo flagellarono i carnefici, Gesù taceva e guardava lontano; ma quando lo flagellarono le anime che ho menzionato sopra, Gesù chiuse gli occhi e dal Suo Cuore uscì un gemito represso, ma tremendamente doloroso. Ed il Signore mi fece conoscere nei particolari l’enorme malvagità di quelle anime ingrate: «Vedi, questo è un supplizio peggiore della Mia morte».

Tacquero allora le mie labbra e cominciai a provare su di me l’agonia e capivo che nessuno poteva consolarmi, né togliermi da quello stato, se non Colui che ad esso m’aveva condotto. Ed allora il Signore mi disse: «Vedo il dolore sincero del tuo cuore che ha procurato un immenso sollievo al Mio Cuore. Guarda ora e consolati».

E vidi Gesù inchiodato sulla croce. Dopo che Gesù era rimasto appeso per un momento, vidi tutta una schiera di anime crocifisse come Gesù. E vidi una terza schiera di anime ed una seconda schiera di anime. La seconda schiera non era inchiodata sulla croce, ma quelle anime tenevano saldamente la croce in mano. La terza schiera di anime invece non era né crocifissa né teneva la croce in mano, ma quelle anime trascinavano la croce dietro di sé ed erano insoddisfatte.

Allora Gesù mi disse: «Vedi quelle anime, che sono simili a Me nella sofferenza e nel disprezzo: le stesse saranno simili a Me anche nella gloria. E quelle che assomigliano meno a Me nella sofferenza e nel disprezzo: le stesse assomiglieranno meno a Me anche nella gloria». La maggior parte delle anime crocifisse appartenevano allo stato religioso; fra le anime crocifisse ho visto anche delle anime che conosco, la qual cosa mi ha fatto molto piacere. Ad un tratto Gesù mi disse: «Nella meditazione di domani riflettersi su quello che hai visto oggi».

Santa Faustina Kowalska

Publié dans Fede, morale e teologia, Misericordia, Quaresima, Santa Faustina Kowalska, Santa Pasqua | Pas de Commentaire »

Una sola cosa è necessaria, che il peccatore apra almeno un po’ le porte del suo cuore ai raggi della divina Misericordia

Posté par atempodiblog le 17 avril 2014

Una sola cosa è necessaria, che il peccatore apra almeno un po' le porte del suo cuore ai raggi della divina Misericordia dans Citazioni, frasi e pensieri 14b5iiu

O Dio incomprensibile, il mio cuore si strugge dalla gioia, poiché m’hai permesso di penetrare i misteri della Tua Misericordia. Tutto ha inizio dalla Tua Misericordia, e tutto termina nella Tua Misericordia… Ogni grazia deriva dalla Misericordia e l’ultima ora è piena di Misericordia per noi. Nessuno dubiti della bontà di Dio, anche se i suoi peccati fossero neri come la notte, la Misericordia di Dio è più forte della nostra miseria. Una sola cosa è necessaria, che il peccatore apra almeno un po’ le porte del suo cuore ai raggi della divina Misericordia: Dio farà il resto. Ma infelice quell’anima che perfino nell’ultima ora ha tenuto chiusa la porta alla Misericordia di Dio! Sono state queste anime che hanno immerso Gesù nell’Orto degli Ulivi in una tristezza mortale. Ciò nonostante dal Suo Cuore compassionevolissimo scaturì la divina Misericordia.

Santa Faustina Kowalska

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Fede, morale e teologia, Misericordia, Quaresima, Santa Faustina Kowalska, Santa Pasqua | Pas de Commentaire »

Il Mistero della Croce

Posté par atempodiblog le 16 avril 2014

Il Mistero della Croce
di Padre Livio Fanzaga – La nuova Bussola Quotidiana

Il Mistero della Croce dans Fede, morale e teologia TRJA2820

All’inizio  della Settimana Santa ciò che si presenta davanti a noi in un’ottica cristiana è il mistero della Pasqua, che è il mistero della nostra redenzione e della nostra salvezza. Questo è l’annuncio fondamentale del cristianesimo: siamo stati salvati. Salvati dalla condizione esistenziale di persone che nascono nel peccato, sotto l’impero delle tenebre e quindi nascono lontani da Dio e con la condanna a morte. Perché non c’è dubbio che  se la morte da un certo punto di vista è un fatto naturale, dal punto di vista teologico, dal punto di vista della fede è lo stipendio del peccato, come dice san Paolo. Per invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo, dice il libro della Sapienza.

Questa condizione esistenziale nella quale tutti gli uomini nascono, è anche la condizione dalla quale nascono tutte le religioni, perché – come diceva René Girard – tutte le religioni sono nate per dare una risposta al problema della morte, del male e della morte. Per male si intende il male morale, il peccato, la cattiveria e tutto ciò che da esso deriva, a livello personale e sociale. Le religioni sono il tentativo dell’uomo di salvarsi da questa situazione. Ma tutti i tentativi umani, che si esprimono nelle varie religioni, nelle varie filosofie, perfino in varie ideologie, non approdano a nulla. Questo è il punto di partenza su cui possiamo convergere tutti: l’uomo nasce non solo malato, ma condannato: da solo non riesce a salvarsi né dal peccato né dalla morte, né dalla disperazione né dall’angoscia.

Il cristianesimo si distingue da tutte le altre religioni perché l’iniziativa di salvare l’uomo viene da Dio, viene dall’alto. Come dice Benedetto XVI nel suo libro “Gesù di Nazaret” Dio si è assunto la natura umana ma eccetto il peccato. Assunta nella sua totalità, nel corpo e nell’anima, Gesù è vero corpo e vera anima, però senza il peccato.

Lui è quell’agnello immacolato che ha assunto su di sé tutti i peccati del mondo e li ha espiati: così è venuta la nostra salvezza. Cioè noi siamo stati liberati dal peccato, dalla morte, dalla lontananza da Dio, abbiamo riacquistato la divina amicizia e la vita eterna, prima che nel dono dell’immortalità nella pienezza della gioia. Abbiamo ottenuto questo come dono che Dio ci ha dato in quanto Gesù Cristo ha espiato il peccato che è la causa di tutti i mali, compresa la morte fisica. Anche gli apostoli ebbero grande difficoltà a capire perché Gesù aveva dovuto patire. Quando Gesù parlava della sua Passione, della sua morte, sullo sfondo della sua resurrezione, gli apostoli inorridivano, non volevano capire la necessità della sofferenza e della morte in Croce per la redenzione, tanto è vero che quando Gesù venne poi effettivamente catturato, fu veramente in mano ai pagani, vacillarono nella fede. E sotto la Croce non c’erano. C’erano Maria e san Giovanni, gli altri erano pecore sbandate, come se avessero perso il loro pastore, perché non avevano capito il significato della Croce.

Poi Gesù Cristo stesso, il Risorto, e poi il dono dello Spirito santo gli hanno fatto capire: San Pietro nella sua predicazione nel primo giorno di Pentecoste disse parlando di Gesù Cristo morto in croce:  “Patì per i nostri peccati”. Cioè la Croce è il momento scelto per distruggere i peccati.
Come è avvenuta questa distruzione dei peccati? Perché proprio in croce Cristo ha distrutto i peccati di tutto il mondo, di tutti i tempi? Per cui spirando al termine della sua passione, dice “Tutto è compiuto” e invoca il perdono del padre, dicendo “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno. Perché questo perdono che Gesù ci ha ottenuto? Coma ha fatto a ottenerlo? Lo ha ottenuto perché Gesù ha espiato i peccati del mondo nel suo cuore.

Pensiamo a cos’è il peccato: è orgoglio, disobbedienza, superbia, disamore, opposizione a Dio, odio per Dio e per il prossimo, c’è tutta la gamma delle passioni e del male, del peccato. Gesù Cristo nella sua Passione, nel suo cuore ha espresso una tale obbedienza, una tale sottomissione al padre, un tale amore, una tale generosità, una tale pazienza, un tale coraggio, una tale dedizione, una tale pietà, una tale compassione, una tale misericordia, che questo amore che ardeva nel suo cuore ha bruciato tutto il disamore e disobbedienza che c’è in tutti i peccati di tutti gli uomini. Questo cuore di Cristo crocefisso è la fonte di grazia da cui nasce il perdono, da cui nasce la remissione dei peccati, che poi si concretizza per quanto riguarda noi cristiani nei sacramenti del battesimo e della penitenza dove i peccati vengono rimessi perché un altro al nostro posto per nostro amore ha espiato.

Chi andasse in un tribunale e confessare un delitto: sarebbe condannato anche fino a trent’anni di reclusione per aver commesso il delitto e deve espiare quella pena. Se uno va in un confessionale, confessa un delitto, si pente sinceramente e di tutto cuore chiede perdono a Dio, gli viene data l’assoluzione; sì, farà una penitenza ma avrà l’assoluzione. Perché l’assoluzione? Perché Gesù Cristo ha espiato per te, al tuo posto, per tuo amore. Quindi dobbiamo sempre guardare la Croce con questo sguardo di fede, e cioè come l’agnello che si è addossato tutti i peccati del mondo con la sua mitezza, umiltà, obbedienza: li ha distrutti, bruciati. Per cui la Croce è la fonte inesauribile di ogni grazia innanzitutto per il perdono dei peccati, la grazia per la vita eterna, la grazia della figliolanza, quella grazia che poi si effonde in tutti i sacramenti. E questo è l’aspetto teologico della Croce che ovviamente va vista sempre alla luce della Resurrezione, perché il mistero pasquale è il passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia, quindi la croce va sempre vista nella gloria della Resurrezione, che è anche la nostra meta finale.

Questo è lo sguardo di fede per quanto riguarda il nostro modo di guardare la Croce, per cui dobbiamo chiedere al Signore anche la grazia dello Spirito Santo per avere questo sguardo di fede e accostarci anche al sacramento della confessione pasquale e della comunione vivendo in noi il mistero pasquale, il mistero di morte e di vita che ha vissuto Gesù Cristo.

C’è anche uno sguardo umano, molto denso di significato per quanto riguarda il Crocefisso, uno sguardo non dico laico ma di umana compassione: lo sguardo della ragione, del cuore anche se non illuminati dalla fede. Per cui possiamo dire che la croce è un grandissimo simbolo di civiltà, anzi è un simbolo di civiltà senza il quale l’uomo non avrebbe futuro.

Per quale motivo? Perché sulla Croce c’è l’uomo innocente, sofferente, quindi che sperimenta la condizione umana di sofferenza. L’uomo nasce crocifisso, vive crocifisso e muore. E questo uomo sofferente che soffre perché colpito dalla cattiveria, dalla malvagità dei suoi simili ma che tuttavia invece di opporre al male il male, alla violenza la violenza, invece dell’occhio per occhio dente per dente, ha spezzato la spirale della violenza, ha spezzato la logica della violenza che non solo distrugge le vite personali, i rapporti familiari, i rapporti sociali, ma che rischiano di portare il mondo alla distruzione. E invece di vendicarsi perdona.

Questo del perdono è storicamente il cuore del cristianesimo. Noi credenti lo vediamo come il perdono di Dio per i peccati degli uomini a cui vengono rimessi, per amore misericordioso; ma anche l’occhio non illuminato dalla fede vede il grandissimo valore personale e sociale e anche storico, di un passaggio fondamentale della storia: non si risponde al male con il male, non si risponde alla spada con la spada, bisogna saper perdonare i nemici. Non è solo un dettato di fede, un comandamento di fede, è un imperativo morale senza il quale il mondo non avrebbe più futuro. Perché oggi o è così – si risponde al male con il bene -,  o si risponde con l’amore oppure il mondo rischia l’autodistruzione. Vorrei sottolineare questo aspetto dell’altissimo valore che la Croce ha  sotto il profilo della storia della civiltà, come sottolinea Renè Girard: sotto un profilo puramente laico la Croce ha un valore altissimo perché Gesù Cristo è divenuto quel capro espiatorio di cui tutti gli uomini hanno bisogno nella loro vita, la storia umana ha sempre capri espiatori da distruggere. Cristo è capro espiatorio che ha preso il posto di tutti i capri espiatori. per cui gli uomini d’ora in poi dovranno imparare a perdonarsi.

La croce quindi come svolta della civiltà umana per ottenere una civiltà pacifica, fraterna, e sotto un altro ruolo la Croce come riconciliazione degli uomini con Dio, il riscatto della vita umana sottoposta al male e alla morte, la prospettiva della vita eterna e della resurrezione.

Publié dans Fede, morale e teologia, Misericordia, Padre Livio Fanzaga, Quaresima, René Girard, Sacramento della penitenza e della riconciliazione, Santa Pasqua | Pas de Commentaire »

Il teologo non vede e non tocca: Drewermann e la storicità della risurrezione (1992)

Posté par atempodiblog le 14 avril 2014

Il teologo non vede e non tocca
Drewermann e la storicità della risurrezione
Il caso Drewermann è solo la punta dell’iceberg. Così libri e giornali stanno andando all’attacco delle prove storiche della resurrezione.
di Antonio Socci - Il Sabato, 16.5.1992, n. 20, p. 50-53.
Fonte: Storia Libera

Il teologo non vede e non tocca: Drewermann e la storicità della risurrezione (1992) dans Antonio Socci 2qtfj1y

E’ il 1970. Paolo VI, dopo la grande testimonianza data alla Chiesa e al mondo con il ‘Credo del popolo di Dio’ del 30 giugno ’68, in parecchi drammatici discorsi parla dell’«ora inquieta della Chiesa», vede su di essa «nuvole, tempesta, buio», denuncia la penetrazione dentro le sue volte del «fumo di Satana». Proprio in questi mesi Paolo VI riesce a realizzare un suo grande desiderio per confermare il fondamento della fede: «Et resurrexit tertia die», un grande simposio internazionale sulla resurrezione di Gesù. Il titolo fu proprio «Resurrexit». Alla fine gli studiosi furono ricevuti dal Papa. «Ricordo che Paolo VI parlava in francese» dice il padre Ignace de la Potterie «e sottolineò i due capisaldi storici della testimonianza degli apostoli: la tomba vuota e le apparizioni di Gesù risorto. Il come e il quando della resurrezione è un mistero, ma resta il ‘fatto’ e qui Paolo VI scandì bene queste parole: “Il fatto empirico e sensibile delle apparizioni pasquali”. Ed aggiunse un monito che colpì molti di noi: “.
Era anche un grido di allarme… Poi accadde un piccolo incidente. Racconta padre De La Potterie: «Quando, nel 1974, uscirono gli Atti del simposio con l’allocuzione pontificia, pubblicati dalla Libreria editrice vaticana, quella frase -essendo stata pronunciata a braccio non c’era». Una metafora di ciò che doveva avvenire nella Chiesa. Nelle scorse settimane alcuni giornali hanno avanzato delle conclusioni: nella Chiesa si è tacitamente smesso di credere al fatto storico della resurrezione e alla prova costituita dalle apparizioni «empiriche e sensibili» di Gesù.

Nuovi Lutero?
A Pasqua il settimanale francese L’Express dedica la copertina a Eugen Drewermann. Il teologo tedesco, autore di veri best seller, che vuol trasformare Gesù Cristo in una favola/terapia psicanalitica, è al centro di un grande battage giornalistico in tutta Europa. All’Express rivela che i Vangeli non vanno presi alla lettera, il loro carattere infatti è «simbolico». La resurrezione di Gesù? «E’ la sua persona che è resuscitata, non il suo corpo». Infatti «la sua resurrezione ha avuto luogo nel corso della sua vita». In che consiste questa strana resurrezione? «Egli si è liberato da un “io” che trae i suoi strumenti dal dominio, dal potere, dal denaro, dalla pretesa di possedere la verità». Così, ridotto a simbolo, l’avvenimento di Gesù Cristo non ha più niente di «unico»: «Anche altre religioni, per esempio l’antica religione egiziana, conoscono l’idea della divinità che, in forma umana, muore e risorge». Ad un’agenzia cattolica (la vecchia Informations catholiques) dice: «Bisogna innanzitutto comprendere che la resurrezione non si applica in particolare alla persona di Cristo. Gesù stesso è cresciuto in questa credenza che ha almeno duemila anni più del cristianesimo».
Grazie alle edizioni du Cerf, dei padri domenicani, che hanno invitato il teologo tedesco a Parigi alla veglia di Pasqua, adesso i francesi potranno trovare in libreria tre delle maggiori opere di Drewermann.
Ma c’è di più. L’Express pubblica anche un sondaggio sulla fede dei cattolici francesi. Ne viene fuori che il 25% dei praticanti non crede alla resurrezione di Gesù ed il 48% non crede alla resurrezione dei morti che professa nel Credo. Per i teologi le cose vanno anche peggio. Drewermann in una precedente intervista a Der Spiegel aveva dichiarato: «Quello che dico, lo dice la maggior parte dei teologi che trattano la medesima questione. Solo che non lo fanno se non servendosi di proposizioni subordinate limitative che dovrebbero garantire da una eventuale persecuzione dall’alto».
Un’accusa sconcertante? E’ vero che gran parte dei teologi contemporanei -come Drewermann- non credono che i resoconti evangelici sulla resurrezione vadano presi alla lettera? E’ vero che non credono alla presenza «empirica e sensibile» di Gesù quando tornò fra i suoi dopo la resurrezione? Ed è vero che nei loro libri dicono con complicate perifrasi ciò che Drewermann scrive apertamente?
«Purtroppo penso di sì» risponde amaramente padre De la Potterie, «e mi sembra che la tendenza a negare la storicità dei Vangeli sia oggi molto diffusa». Sul fronte opposto sentiamo Rosino Gibellini, che ha appena pubblicato il volume La teologia del XX secolo (Queriniana): «Drewermann vuole sottolineare soprattutto il valore simbolico della resurrezione. E’ la sua idea. Ma è vero che la maggior parte dei teologi cattolici oggi afferma la ‘realtà’ della resurrezione, non la ‘storicità’». Sofismi o necessarie distinzioni, ricerca teologica o eresie travestite da astrusi giochi di parole?
Per la verità lo stesso presidente della Conferenza episcopale tedesca, il vescovo Karl Lehmann, uno dei vicepresidenti del Sinodo sull’Europa, ha usato questa distinzione in un’intervista rilasciata il 16 aprile all’agenzia Kna: «Quanto alla ‘fattualità storica’ della resurrezione di Gesù Cristo, la cosa è complessa. Comunque è un evento reale. La resurrezione di Gesù Cristo da parte di Dio Padre è, strettamente intesa, un avvenimento nella sfera di Dio, che nel suo nucleo non appartiene alla nostra storia. Ma essa si ripercuote in quanto evento nello spazio e nel tempo». Lehmann, che è stato l’assistente di Karl Rahner, parla difficile per i semplici cristiani. Non così il cardinale Camillo Ruini che, negli stessi giorni, nell’articolo di Pasqua, comparso sul Messaggero, usava la semplicità di san Pietro e san Paolo: «E’ anzitutto una questione di fatto: Gesù è o no risorto? Le testimonianze sono molte, ed alcune sono arrivate a noi in forma diretta e personale da parte dei protagonisti, come ad esempio, e incontestabilmente, quella dell’apostolo Paolo nelle sue lettere. Su questo piano dei dati di fatto nulla di altrettanto attendibile, o anche solo di paragonabile, può essere addotto per negare la resurrezione di Gesù».

Le prove
Perché la teologia è oggi così fumosa e astrusa sulla resurrezione? Ha forse ragione Drewermann? Come vengono trattati i due capisaldi storici della testimonianza degli apostoli indicati da Paolo VI: il sepolcro vuoto e le apparizioni del Risorto?
«Sì» ammette Gibellini «è vero che i racconti delle apparizioni di Gesù sono contestati. Ma è chiarissimo, è ormai assodato che le apparizioni sono racconti credenti della comunità cristiana che presuppongono la fede e non resoconti cronachistici. Perciò hanno tutto un tessuto simbolico».
La prova? «Non sono concordabili fra loro: i racconti delle tre donne, poi la Maddalena, poi Pietro, Giacomo, Gesù in Galilea o a Gerusalemme…» Ma è corretta questa liquidazione?
Erich Stier, uno storico tedesco dell’antichità, risponde così ai teologi: «Come esperto in storia antica devo dichiarare che le fonti sulla resurrezione di Gesù, con la loro notevole relativa contraddittorietà nel dettaglio, rappresentano per lo storico addirittura un criterio di straordinaria credibilità. Perché se fossero state costruite ad arte da una comunità o da un qualsiasi altro gruppo, formerebbero un blocco completo, chiaro e privo di lacune. Qualsiasi storico, infatti, è particolarmente scettico proprio quando un evento straordinario viene riferito mediante resoconti assolutamente privi di contraddizioni». Ma Gibellini, e con lui i teologi, è irremovibile: «Con il progresso degli studi biblici questi resoconti non si possono più accogliere come racconti cronachistici: presuppongono la fede». Ed è questo che si trova scritto nei testi di teologia?
Facciamo una rapida carrellata. Karl Rahner scrive: «Possiamo ammettere tranquillamente che i resoconti, che ci si presentano a prima vista come dettagli storici (historische) degli eventi della resurrezione e rispettivamente degli eventi delle apparizioni, non si lasciano totalmente armonizzare: quindi vanno interpretati piuttosto come rivestimenti plastici e drammatizzanti (di tipo secondario) dell’esperienza originaria “Gesù vive”, e non come descrizione di questa stessa nella sua autentica essenza originaria», insomma non vanno interpretati «come esperienza quasi grossolanamente sensibile». Gli apostoli vedrebbero la resurrezione soprattutto in riferimento al destino di Cristo, «questo destino (e non semplice mente una persona esistente cui in antecedenza è capitato questo e quello) viene spe rimentato come valido e salvato» (Corso fondamentale sulla fede, Edizioni Paoline, pag. 357). Rahner è un simbolo. Quando fu sottoposta ai 1007 studenti della Gregoriana -la più prestigiosa università pontificia- la domanda «quale teologo antico o moderno ha avuto o ha maggiore influenza?» quasi la metà (501) rispose: Karl Rahner (a san Tommaso andarono 203 voti, a sant’Agostino ancora meno).
«Gli antichi, non noi, potevano accettare sic et simpliciter quei racconti» ci spiega ancora Gibellini. «E’ ciò che va sotto il nome di “innocenza narrativa”. Oggi sappiamo come sono nati quei testi, dove sono nati -nella comunità- e ci guardiamo bene dal prenderli alla lettera come resoconti storici: così salviamo quel nocciolo di realtà che pur vi è dietro. Chiamiamo la nostra “seconda innocenza narrativa”».
Ma quando Paolo VI parlava di presenza «empirica e sensibile» di Gesù risorto non prendeva alla lettera quei resoconti? Lo stesso Giovanni Paolo II, in un memorabile discorso nel mercoledì, il 25 gennaio 1989, affermava: «Il Risorto “in persona” apparve in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!” Essi infatti “credevano di vedere un fantasma”. In quella occasione Gesù stesso dovette vincere i loro dubbi e il loro timore e convincerli che “era lui”: “Toccatemi e convincetevi: un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho”. E poiché loro “ancora non credevano ed erano stupefatti”, Gesù chiese loro di dargli qualcosa da mangiare e “lo mangiò davanti a loro”». Insomma «egli stabilisce con loro rapporti diretti, proprio mediante il tatto. Così nel caso di Tommaso… Li invita a constatare che il corpo risorto, col quale si presenta a loro, è lo stesso che è stato martoriato e crocifisso».
C’è dunque un insegnamento pubblico, ufficiale della Chiesa per il popolo ed un altro, una sapienza nascosta per i dotti, che disprezza la «rozza grossolanità» dei resoconti apostolici? E c’è ancora qualcuno che prende alla lettera la testimonianza oculare degli apostoli?
«Sì, la manualistica cattolica, ufficiale e scolastica, è la vecchia apologetica. Ma questa posizione che direi “massimalista” oggi non ha più nessun seguito fra i teologi» risponde Gibellini. «Vi è poi l’estremo opposto, rappresentato da Schillebeeckx, per cui la resurrezione sarebbe il prodotto dell’esperienza di commozione profonda che hanno avuto gli apostoli. E infine vi è una via media che si può identificare con Walter Kasper».

La vita media, cioé i moderati
Su questa via media conviene gran parte della teologia cattolica? «Sì, la cristologia di Kasper (Gesù il Cristo, Queriniana) ha avuto enorme circolazione, è un testo tradotto in tutte le lingue, che raggiunge una sintesi eccezionale. Direi è un’opera che fa testo, che rappresenta il modo in cui la teologia cattolica oggi riflette sulla resurrezione».
Gibellini si riconosce anche lui nella «via media». Cosa dice Kasper? Sui racconti del sepolcro vuoto, per esempio: che non sono «racconti storici», ma «testimonianze della fede». Inoltre: «Gli enunciati della tradizione neotestamentaria della resurrezione di Gesù non sono affatto neutrali: sono confessioni e testimonianze prodotte da gente che crede». «Le testimonianze sulla resurrezione parlano di un avvenimento che trascende la sfera di tutto ciò che si può storicamente constatare… ciò che è storicamente accertabile non è la resurrezione, ma soltanto la fede che i primi testimoni ebbero in essa». E Gesù che appare fisicamente ai suoi? «Questi racconti vanno dunque interpretati alla luce di quanto essi vogliono esprimere, nel loro carattere cioè di legittimazione della fede pasquale… Le apparizioni non sono eventi riducibili ad un piano puramente oggettivo. Chi ne fa esperienza non è l’osservatore distaccato e neutrale… questo loro “vedere” è stato reso possibile dalla fede».
C’è anche in Kasper un’istintiva ripugnanza al materialismo dei racconti evangelici «dove si parla di un Risorto che viene toccato con le mani e che consuma pasti coi discepoli… A prima vista potrebbero sembrare affermazioni piuttosto grossolane, che rasentano il limite delle possibilità teologiche e che corrono il pericolo di giustificare una fede pasquale troppo “rozza”». Sono accettabili solo se si va oltre la lettera, per ciò che i loro autori volevano esprimere… Anche nel Catechismo per adulti dei vescovi tedeschi, redatto appunto da Kasper, si legge: «Ogni racconto testimonia la comune fede pasquale delle comunità… Sia le narrazioni, talvolta un pò drastiche, dei pasti consumati con il Risorto, sia i racconti a riguardo della tomba vuota, intendono esprimere simbolicamente la corporeità della resurrezione di Gesù».
E’ questa la «seconda innocenza» sopravvenuta dopo venti secoli cristiani. Ma c’è chi parla di truffa intellettuale. Padre Daniel Ols, dell’Angelicum, segretario della Società San Tommaso, ci dice: «Non ha senso dire che la resurrezione non è un fatto storico. Un fatto che non sia storico non è un fatto (anche se, chiaramente, la resurrezione è un mistero che oltrepassa la storia)».
Con un pò d’ironia e un pò di amarezza conclude: «E poi non c’è niente di nuovo: i protestanti-liberali già un secolo fa sostenevano queste idee. E merce trita e ritrita. Deriva dall’errore idealista per cui il cristianesimo è una dottrina: tutto il resto è solo un rivestimento mitico che ha per scopo di far capire verità intemporali o norme di azione. L’importante sarebbe comprendere i significati. Dei fatti che ne sono veicoli possiamo anche fare a meno». Infatti per Drewermann la resurrezione è un’immagine che c’insegna a confidare «nell’amore di Dio più forte della morte». «Ma sono i fatti che sono opera di Dio!» ribatte Ols.
Lo smarrimento dei cristiani semplici è grande, perché purtroppo anche ai preti nei seminari e nei corsi di aggiornamento vengono insegnate tali teorie e quindi la predicazione domenicale ne risente. Peggio però se si tratta di cattolici impegnati, più a contatto con i dottori. Qualche tempo fa su una rivista dei padri passionisti del santuario di San Gabriele fu pubblicata una lettera firmata B.Z., da Napoli: «Sto frequentando un corso di teologia per laici» diceva il lettore. «Arrivati a studiare la resurrezione di Cristo, mi si sono confuse le idee. Il professore, un teologo abbastanza noto tra noi, ha cominciato a distinguere tra fatti storici e fatti di fede, tra dati oggettivi ed esperienza personale degli apostoli. Non ci capisco più niente e sento distrutta la mia fede… Insomma, è vero o non è vero che Gesù è risorto?».

Publié dans Antonio Socci, Fede, morale e teologia, Padre Ignace de la Potterie, Sacramento dell’Ordine, Santa Pasqua | Pas de Commentaire »

La misericordia è un “secondo nome” dell’amore

Posté par atempodiblog le 2 avril 2013

La misericordia è un “secondo nome” dell’amore dans Misericordia Ges-confido-in-Te

Sangue ed acqua! Il pensiero corre alla testimonianza dell’evangelista Giovanni che, quando un soldato sul Calvario colpì con la lancia il costato di Cristo, vide uscirne sangue ed acqua” (cfr Gv 19, 34). E se il sangue evoca il sacrificio della croce e il dono eucaristico, l’acqua, nella simbologia giovannea, ricorda non solo il battesimo, ma anche il dono dello Spirito Santo (cfr Gv3,5; 4,14; 7,37-39).

Attraverso il cuore di Cristo crocifisso la misericordia divina raggiunge gli uomini: Figlia mia, dì che sono l’Amore e la Misericordia in persona”, chiederà Gesù a Suor Faustina (Diario, 374). Questa misericordia Cristo effonde sull’umanità mediante l’invio dello Spirito che, nella Trinità, è la Persona-Amore. E non è forse la misericordia un secondo nome” dell’amore (cfr Dives in misericordia, 7), colto nel suo aspetto più profondo e tenero, nella sua attitudine a farsi carico di ogni bisogno, soprattutto nella sua immensa capacità di perdono?

E’ davvero grande oggi la mia gioia, nel proporre a tutta la Chiesa, quasi dono di Dio per il nostro tempo, la vita e la testimonianza di Suor Faustina Kowalska. Dalla divina Provvidenza la vita di questa umile figlia della Polonia è stata completamente legata alla storia del ventesimo secolo, il secolo che ci siamo appena lasciati alle spalle. E’, infatti, tra la prima e la seconda guerra mondiale che Cristo le ha affidato il suo messaggio di misericordia. Coloro che ricordano, che furono testimoni e partecipi degli eventi di quegli anni e delle orribili sofferenze che ne derivarono per milioni di uomini, sanno bene quanto il messaggio della misericordia fosse necessario.

Disse Gesù a Suor Faustina: L’umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla Divina Misericordia” (Diario, p. 132). Attraverso l’opera della religiosa polacca, questo messaggio si è legato per sempre al secolo ventesimo, ultimo del secondo millennio e ponte verso il terzo millennio. Non è un messaggio nuovo, ma si può ritenere un dono di speciale illuminazione, che ci aiuta a rivivere più intensamente il Vangelo della Pasqua, per offrirlo come un raggio di luce agli uomini ed alle donne del nostro tempo.

Giovanni Paolo II

Publié dans Misericordia, Perdono, Santa Faustina Kowalska, Santa Pasqua | Pas de Commentaire »

Via Lucis

Posté par atempodiblog le 1 avril 2013

Dalla Risurrezione alla Pentecoste, passando attraverso le apparizioni ricordate nei Vangeli: quattordici stazioni della Via Lucis invitano a pregare e meditare sulla vita di Gesù risorto.
di Rosanna Brichetti Messori – Il Timone, 2003

Via Lucis dans Fede, morale e teologia resurrezioneb

Il cristiano, lo abbiamo visto quando abbiamo parlato della Via Crucis, sa, o almeno dovrebbe sapere, che quello della croce è un cammino che anch’egli, al seguito del Maestro, è chiamato a seguire. Sa però anche che quella via faticosa, a tratti davvero dolorosa, non porta in un antro oscuro in cui si spegne ogni vita. Al contrario, alla fine, essa si spalanca su un vivido chiarore, su una concreta speranza, su una gioia capace di colmare il cuore. È la Via Lucis. Naturalmente, fin dagli eventi che caratterizzarono quel mattino di Pasqua di cui narrano i Vangeli, la fede cristiana ebbe al suo centro la Risurrezione di Gesù, confermata dalle apparizioni e suggellata, infine, dalla discesa dello Spirito promesso.
Di recente, tuttavia, ad opera di un salesiano, Sabino Palumbieri, questa fede ha trovato una nuova forma di espressione in una devozione analoga alla Via Crucis, che ha assunto appunto il nome di Via Lucis. È anch’essa strutturata in quattordici stazioni che qui ricordiamo perché certamente meno note di quelle della ormai antica sorella maggiore.
Così, via via, si prega e si riflette su Gesù che risorge da morto; sul sepolcro che i discepoli trovano vuoto; sulla prima apparizione alla Maddalena incerta e confusa; sul bellissimo incontro tra Gesù e i due discepoli sulla via di Emmaus, prima turbati e delusi per quello che era avvenuto a Gerusalemme qualche giorno prima, e infine pieni di gioia quando, allo spezzare del pane, riconoscono il Maestro. Di seguito, nella sesta stazione, si ricorda l’apparizione di Gesù ai discepoli, narrata da Luca, in cui il Cristo insiste perché lo tocchino e poi chiede loro da mangiare per rassicurarli che è proprio Lui, e che è davvero risorto. Nella settima stazione si ricorda come Gesù, apparendo nuovamente ai discepoli, dia loro il potere di rimettere i peccati; e poi di nuovo riappaia per confermare la fede di Tommaso, che non aveva creduto ai suoi amici. Si mostra quindi nuovamente ai suoi sul lago di Tiberiade: è l’occasione della pesca miracolosa. In una nuova apparizione conferisce il primato a Pietro e in un’altra ancora affida ai discepoli la missione di diffondere ovunque la Buona Novella. La dodicesima stazione ricorda poi la straordinaria Ascensione. La tredicesima ci introduce nel Cenacolo con Maria, in attesa dello Spirito, e l’ultima celebra la Pentecoste cioè la promessa realizzata che chiude gli eventi pasquali ma inaugura la vita della Chiesa, preludio a quella nell’eternità.
Il cammino ecclesiale di questa Via Lucis è stato facile e veloce, perché corrispondeva ad una esigenza pastorale concreta. Così essa ha preso in fretta le vie del mondo entrando nel Vademecum donato ad ogni pellegrino in occasione dell’anno giubilare e ottenendo la definitiva consacrazione nel Direttorio su pietà popolare e liturgia di cui abbiamo più volte parlato.
Qualche volta i cattolici sono stati accusati di insistere troppo nella loro spiritualità e anche nella loro teologia sulla Passione e Morte del Signore. Può essere che, nel corso dei secoli, si sia caduti in taluni eccessi. Eppure, il Signore sembra gradire anche questa accesa devozione alla sua Croce, come attestano i tanti stigmatizzati, da San Francesco a P. Pio, che ripropongono nella loro carne quegli eventi e che diventano tramite di innumerevoli grazie. Quel che è certo, tuttavia, ti che il Concilio Vaticano II colloca senza discussioni al centro della vita cristiana, liturgica e personale, il Mistero Pasquale nella sua completezza e che la Via Lucis ci può aiutare ad esprimere consapevolmente tutto ciò. Sappiamo bene che, come dice san Paolo, « se Cristo non èrisorto vana è la nostra fede ».
Ebbene, ripercorrere la Via Lucis significa in primo luogo rivisitare anche storicamente quegli eventi.
Essi, infatti, non sono pie favole, miti creati ad arte per consolare i creduloni. Sono, al contrario, fatti realmente accaduti. Il sepolcro vuoto ha trovato conferma nelle apparizioni attestate del Risorto ai discepoli. Dopo la Risurrezione di Gesù, per suo volere e sua autorità, nasce la Chiesa, come tramite nel tempo, attraverso i sacramenti, della grazia redentrice del Cristo. La discesa dello Spirito promesso conferma visibilmente l’assistenza divina trasformante e vivificante. Così, mentre la Via Lucis ci ricorda questi eventi e ci fa rivivere il loro significato, la gioia può giustamente invadere il nostro cuore e permeare tutto il nostro essere. Siamo stati davvero salvati: la grazia nelllo Spirito è a nostra disposizione per trasformarci a immagine del Figlio primogenito.
Via Crucis e Via Lucis diventano così momenti esemplari della nostra vita, destinati ad alternarsi di continuo nel corso dei giorni e degli anni: alla oscurità, alla sofferenza seguono la speranza e la gioia, fino a quella Luce senza fine che ci attende nell’eternità beata.

DA NON PERDERE 
Stefano Zurlo, Inchiesta sulla devozione popolare, Piemme, Casale Mon.to 2003, pp. 187, € 12,90.
Confortante, a tratti persino commovente, questa inchiesta curata da Stefano Zurlo e prefata da Vittorio Messori. Un viaggio attraverso nove tra i più importanti santuari italiani dedicati a Maria o ad alcuni tra i santi più venerati. Uno scorcio su una realtà viva e dinamica, all’interno di una Chiesa che denuncia una pratica religiosa in grave crisi. Un sintomo di un legame che spesso non si esprime più nelle forme religiose tradizionali ma che tuttavia resta tenace. Una fede a volta sopita per anni ridotta magari a un « lucignolo fumigante », che tuttavia si riaccende, ravvivata talvolta da una malattia o da gravi difficoltà esistenziali e che trova nei santuari il luogo in cui esprimersi in una nuova esperienza di contatto con il divino. Uomini postmoderni, spesso separati, divorziati o comunque marginali alla vita ecclesiale, che accorrono fiduciosi in queste « cliniche dello spirito ». Incontri, spezzoni di vita, consolazioni, conversioni, guarigioni: affascinanti testimonianze di come gli uomini di ogni tempo e di ogni condizione continuino a cercare Dio e di come Egli non si stanchi mai di rispondere loro (R.B.).

RICORDA
« Dopo la Via Crucis mi sento il cuore gonfio di amore: so quanto Dio mi ha amato. Dopo la Via Lucis mi sento il cuore gonfio di gioia: so che questo Dio ha vinto la morte. E so che anch’io vivrò per sempre ».

(Sabino Palumbieri, Via Lucis. ln cammino con il Risorto. Ed. Santuario B. V. Del Rosario, Pompei).
« Con la metafora del cammino, la Via Lucis conduce dalla constatazione della realtà del dolore… alla speranza del raggiungimento della vera meta dell’uomo: la liberazione, la gioia, la pace, che sono valori pasquali ».
(La « Via Lucis », in Direttorio su pietà popolare e liturgia, Libreria Ed. Vaticana, 2002, pago 129).

Publié dans Fede, morale e teologia, Rosanna Brichetti Messori, Santa Pasqua | Pas de Commentaire »

Felice Pasqua di resurrezione a tutti!

Posté par atempodiblog le 31 mars 2013

“Cristo è risorto! Alleluja!”

Felice Pasqua di resurrezione a tutti! dans Santa Pasqua cristorisorto

Tanti auguri di pace e di gioia per una Santa Pasqua!!

Publié dans Santa Pasqua | 1 Commentaire »

Il dolore di Maria

Posté par atempodiblog le 29 mars 2013

Il dolore di Maria dans Citazioni, frasi e pensieri 1q0kz8

“Al mio spirare, la mia diletta Madre sentì la pena della morte che intesi io, come aveva inteso nell’anima sua tutte le altre mie pene. Ed il divin Padre fece il miracolo della sua potenza nel conservarla in vita, nel tempo stesso che soffriva le pene della morte, restando l’anima sua trapassata dal coltello doloroso, nel vedere morta la sua vita.

Prima di spirare, avevo parlato al di lei amante e addolorato cuore, licenziandomi di nuovo e ringraziandola di quanto aveva sofferto e patito per me. Ma questo lo feci molto di passaggio, per non affliggerla di più, essendo al sommo afflitta ed amareggiata. E per confortarla, l’ultima parola che le dissi fu, che sostenesse il fiero colpo con la sua solita generosità, che io sarei risorto il terzo giorno, e Lei sarebbe stata la prima a godere la mia presenza, e le glorie della mia risurrezione. Restò l’afflitta Madre con questa fede certa, e si confortò uniformandosi alla divina volontà”.

Gesù alla Serva di Dio Maria Cecilia Baij O.S.B. – Vita interna di Gesù Cristo

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Fede, morale e teologia, Quaresima, Santa Pasqua | 1 Commentaire »

La speranza di papa Francesco è la stessa di Giovanni e Pietro

Posté par atempodiblog le 27 mars 2013

La speranza di papa Francesco è la stessa di Giovanni e Pietro
di Francesco Baccanelli – Il Sussidiario

 La speranza di papa Francesco è la stessa di Giovanni e Pietro dans Articoli di Giornali e News 317h3ps

La parola “speranza”, in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando, ricorre quasi quotidianamente nei nostri discorsi. Aspettiamo con inquietudine spiragli di luce, prospettive inedite, opportunità incoraggianti. Ma quando si presenta l’occasione favorevole, purtroppo, non sempre siamo pronti a prenderci quei rischi necessari a trasformare i semplici desideri in qualcosa di concreto.

Sembra quasi che per noi la speranza sia diventata una “tela di Penelope” da cucire con i sogni e da disfare, codardamente, con le paure. Se da un lato ci piace cullarla tra i nostri pensieri, coprendola di costanti attenzioni, dall’altro stiamo più che mai attenti a non tradurla in atto. 

Probabilmente, cedendo un po’ all’insospettabile fascino del pessimismo dei nostri tempi, ci siamo dimenticati del suo vero significato. E dire che, per recuperarlo in pieno, basterebbe sfogliarela Bibbia, dove speranza e fede si alimentano a vicenda, illuminando anche le situazioni in apparenza più buie.

Pensiamo, ad esempio, ai sentimenti provati da Pietro e Giovanni il mattino di Pasqua: «Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro» (Gv 20, 1-4).

I due apostoli si mettono a correre. Ingaggiano, involontariamente, una gara di velocità. Del resto, è impossibile per loro avvicinarsi al sepolcro a passo lento. Neanche la spossatezza accumulata nei giorni precedenti può fare da freno. A muovere le loro gambe, infatti, non è una semplice curiosità. È qualcos’altro. Qualcosa che l’artista svizzero Eugène Burnand (Moudon, 1850 – Parigi, 1921) nel più famoso dipinto dedicato all’episodio, I discepoli Pietro e Giovanni accorrono al sepolcro il mattino della Risurrezione, riesce a raffigurare a meraviglia: la speranza.

Quest’opera, eseguita nel 1898 e conservata al Musée d’Orsay di Parigi (fino al 1° maggio, tuttavia, è visibile a Roma, a Castel Sant’Angelo, nell’ambito della mostra Il cammino di Pietro), rappresenta un momento imprecisato della corsa dei due apostoli. Il cielo che li sovrasta ha tonalità insolite, che vanno dal giallo al bianco, e ospita uno sparuto drappello di nuvole grigio-viola in fuga. Pietro ha già diverse primavere sulle spalle e porta scolpite sul volto tracce di dolori recentissimi. 

Ma la speranza, testimoniata dagli occhi fiduciosi e dal passo veloce, tutto a un tratto sembra averlo ringiovanito. Giovanni, invece, ha una sensibilità fanciullesca e, correndo a mani giunte, trattiene a stento il pianto. Non sanno ancora con certezza cosa sia accaduto a Gesù, ma la loro fede non vacilla perché è sostenuta dalla speranza.

Burnand riproduce la corsa dei due apostoli con evidente partecipazione emotiva e sembra riconoscere nella risolutezza l’unico vero atteggiamento con il quale si può inseguire la speranza. Il pittore svizzero vuole spronarci a inseguirla con decisione. Le persone di mezza età e gli anziani devono mettere da parte i risultati della loro esperienza e lanciarsi verso le prospettive più inattese, mentre i giovani devono armarsi di coraggio e vincere le ansie di chi conosce ancora troppo poco della vita.

Vengono in mente le parole che in Cani perduti senza collare Gilbert Cesbron affida al giudice Lamy, impegnato a spingere il disincantato Marcel a una visione delle cose più ottimistica: «Se la speranza non esiste, cosa faccio io qui, questa notte? È inteso, voi avete ragione – ma ragione secondo la maniera dei medici, degli psichiatri e degli psicologi: ossia, nove volte su dieci. Ma la decima probabilità, mio caro, la decima, che si chiama Grazia, se uomini come voi e come me non la tentano, chi la tenterà? [...] Preferite essere al servizio della Speranza e della Fiducia o al servizio delle statistiche e dei “Ve lo avevo ben detto…”?».

Dobbiamo riscoprire la speranza. Dobbiamo correre senza paura come hanno fatto Pietro e Giovanni il mattino di Pasqua. E dobbiamo seguire con attenzione e affetto le parole che Papa Francesco ci ha rivolto nell’omelia della Messa di inizio del suo ministero petrino: «Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi la speranza. Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza! E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio».

Publié dans Articoli di Giornali e News, Santa Pasqua | Pas de Commentaire »

Buona Pasqua di Resurrezione a tutti!

Posté par atempodiblog le 8 avril 2012

Cristo è risorto! Alleluja!

Buona Pasqua di Resurrezione a tutti! dans Santa Pasqua
Auguri a tutti di una felice Santa Pasqua!!!

Publié dans Santa Pasqua | 2 Commentaires »

Sindone: le prove della resurrezione

Posté par atempodiblog le 1 avril 2012

Sindone: le prove della resurrezione dans Antonio Socci

“Tutta la terra desidera il tuo volto”. In questa frase della liturgia sta il segreto della Sindone che continua ad attrarre milioni di persone. E’ l’attrazione per colui che la Bibbia definiva “il più bello tra i figli dell’uomo”. E che qui è “fotografato” come un uomo macellato con ferocia.
La Sindone non è solo “una” notizia oggi, perché inizia la sua ostensione. E’ “la” notizia sempre. Perché documenta – direi scientificamente – la sola notizia che – dalla notte dei tempi alla fine del mondo – sia veramente importante: la morte del Figlio di Dio e la sua resurrezione cioè la sconfitta della morte stessa.
Sì, avete letto bene. Perché la sindone non illustra soltanto la feroce macellazione che Gesù subì, quel 7 aprile dell’anno 30, con tutti i minimi dettagli perfettamente coincidenti con il resoconto dei vangeli, ma documenta anche la sua resurrezione: il fatto storico più importante di tutti i tempi, avvenuta la mattina del 9 aprile dell’anno 30 in quel sepolcro appena fuori le mura di Gerusalemme.
Che Gesù sia veramente vivo lo si può sperimentare – da duemila anni – nell’esperienza cristiana. Attraverso mille segni e una vita nuova. Ma la sindone porta traccia proprio dell’evento della sua resurrezione.
Ce lo dicono la medicina legale e le scoperte scientifiche fatte con lo studio dettagliato del lenzuolo per mezzo di sofisticate apparecchiature. Cosicché questo misterioso lino diventa una speciale “lettera” inviata soprattutto agli uomini della nostra generazione, perché è per la prima volta oggi, grazie alla moderna tecnologia, che è possibile scoprire le prove di tutto questo.
Cosa hanno potuto appurare infatti gli specialisti? In sintesi tre cose.
Primo. Che questo lenzuolo – la cui fattura rimanda al Medio oriente del I secolo e in particolare a tessitori ebrei (perché non c’è commistione del lino con tessuti di origine animale, secondo i dettami del Deuteronomio) – ha sicuramente avvolto il corpo di un trentenne ucciso (morto tramite il supplizio della crocifissione con un supplemento di tormenti che è documentato solo per Gesù di Nazaret).
Che ha avvolto un cadavere ce lo dicono con certezza il “rigor mortis” del corpo, le tracce di sangue del costato (sangue di morto) e la ferita stessa del costato che ha aperto il cuore.
Secondo. Sappiamo con eguale certezza che questo corpo morto non è stato avvolto nel lenzuolo per più di 36-40 ore perché, al microscopio, non risulta vi sia, sulla sindone, alcuna traccia di putrefazione (la quale comincia appunto dopo quel termine): in effetti Gesù – secondo i Vangeli – è rimasto nel sepolcro dalle 18 circa del venerdì, all’aurora della domenica. Circa 35 ore.
Terza acquisizione certa, la più impressionante. Quel corpo – dopo quelle 36 ore – si è sottratto alla fasciatura della sindone, ma questo è avvenuto senza alcun movimento fisico del corpo stesso, che non è stato mosso da alcuno né si è mosso: è come se fosse letteralmente passato attraverso il lenzuolo.
Come fa la sindone a provare questo? Semplice. Lo dice l’osservazione al microscopio dei coaguli di sangue.
Scrive Barbara Frale in un suo libro recente: “enormi fiotti di sangue erano penetrati nelle fibre del lino in vari punti, formando tanti grossi coaguli, e una volta secchi tutti questi coaguli erano diventati grossi grumi di un materiale duro, ma anche molto fragile, che incollava la carne al tessuto proprio come farebbero dei sigilli di ceralacca. Nessuno di questi coaguli risulta spezzato e la loro forma è integra proprio come se la carne incollata al lino fosse rimasta esattamente al suo posto”.
Lo studio dei coaguli al microscopio rivela che quel corpo si è sottratto al lenzuolo senza alcun movimento, come passandogli attraverso. Ma questa non è una qualità fisica dei corpi naturali: corrisponde alle caratteristiche fisiche di un solo caso storico, ancora una volta quello documentato nei Vangeli.
In essi infatti si riferisce che il corpo di Gesù che appare dopo la resurrezione è il suo stesso corpo, che ha ancora le ferite delle mani e dei piedi, è un corpo di carne tanto che Gesù, per convincere i suoi che non è un fantasma, mangia con loro del pesce, solo che il suo corpo ha acquisito qualità fisiche nuove, non più definite dal tempo e dallo spazio.
Può apparire e scomparire quando e dove vuole, può passare attraverso i muri: è il corpo glorificato, come saranno anche i nostri corpi divinizzati dopo la resurrezione.
Si tratta quindi di un caso molto diverso dalla resurrezione di Lazzaro che Gesù semplicemente riportò in vita. La resurrezione di Gesù – com’è riferita dai Vangeli e documentata dalla sindone – è la glorificazione della carne non più sottoposta ai limiti fisici delle tre dimensioni, l’inizio di “cieli nuovi e terra nuova”.
La “prova” sperimentale di questa presenza misteriosa di Gesù è propriamente l’esperienza cristiana: Gesù continua a manifestare la sua presenza fra i  suoi continuando a compiere i prodigi che compiva duemila anni fa e facendone pure di più grandi.
Ma la sindone documenta in modo scientificamente accertabile l’unico caso di morto che – anziché andare in putrefazione – torna in vita sottraendosi alla fasciatura senza movimento, grazie all’acquisizione di qualità fisiche nuove e misteriose, che gli permettono di smaterializzarsi improvvisamente e oltrepassare le barriere fisiche (come quella del lenzuolo stesso).
E’ esattamente ciò che si riferisce nel vangelo di Giovanni: quando Pietro e Giovanni entrano nel sepolcro dove erano corsi per le notizie arrivate dalle donne, si rendono conto che è accaduto qualcosa di enorme proprio perché trovano il lenzuolo esattamente com’era, legato attorno al corpo, ma come afflosciato su di sé perché il corpo dentro non c’era più.
Più tardi, aprendo quel lenzuolo, scopriranno un’altra cosa misteriosa: quell’immagine. Ancora oggi, dopo duemila anni, la scienza e la tecnica non sanno dirci come abbia potuto formarsi. E non sanno riprodurla.
Infatti non c’è traccia di colore o pigmento, è la bruciatura superficiale del lino, ma sembra derivare dallo sprigionarsi istantaneo di una formidabile e sconosciuta fonte di luce proveniente dal corpo stesso, in ortogonale rispetto al lenzuolo (fatto anch’esso inspiegabile).
La “non direzionalità” dell’immagine esclude che si siano applicate sostanze con pennelli o altro che implichi un gesto direzionale. E ci svela che l’irradiazione è stata trasmessa da tutto il corpo (tuttavia il volto ha valori più alti di luminanza, come se avesse sprigionato più energia o più luce).
Quello che è successo non è un fenomeno naturale e non è riproducibile. Non deriva dal contatto perché altrimenti non sarebbe tridimensionale e non si sarebbe formata l’immagine anche in zone del corpo che sicuramente non erano in contatto col telo (come la zona fra la guancia e il naso).
Oggi poi i computer hanno permesso di rintracciare altri dettagli racchiusi nella sindone che tutti portano a lui: Gesù di Nazaret.
Dai 77 pollini, alcuni dei quali tipici dell’area di Gerusalemme (quello dello Zygophillum dumosum, si trova esclusivamente nei dintorni di Gerusalemme e al Sinai), alle tracce (sul ginocchio, il calcagno e il naso) di un terriccio tipico anch’esso di Gerusalemme. Ai segni di aloe e mirra usate dagli ebrei per le sepolture.
Infine le tracce di scritte in greco, latino ed ebraico impresse per sovrapposizione sul lenzuolo.
Barbara Frale ha dedicato un libro al loro studio, “La sindone di Gesù Nazareno”. Da quelle lettere emerge il nome di Gesù, la parola Nazareno, l’espressione latina “innecem” relativa ai condannati a morte e pure il mese in cui il corpo poteva essere restituito alla famiglia.
La Frale, dopo accuratissimi esami, mostra che doveva trattarsi dei documenti burocratici dell’esecuzione e della sepoltura di Gesù di Nazaret. Un fatto storico. Un avvenimento accaduto che ha cambiato tutto.

Antonio Socci – Libero
Tratto da: Don Bosco Land

Publié dans Antonio Socci, Fede, morale e teologia, Santa Pasqua | Pas de Commentaire »

Maria e la risurrezione di Cristo

Posté par atempodiblog le 26 avril 2011

Maria e la risurrezione di Cristo (1 Cor 15, 3-6a).

Maria e la risurrezione di Cristo dans Commenti al Vangelo Giovanni-Paolo-II-e-Maria

1. Dopo la deposizione di Gesù nel sepolcro, Maria “rimane sola a tener viva la fiamma della fede, preparandosi ad accogliere l’annuncio gioioso e sorprendente della resurrezione” (Giovanni Paolo II, Udienza Generale, 3 aprile 1996, p. 4: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1 (1996) 912). L’attesa vissuta il Sabato Santo costituisce uno dei momenti più alti della fede della Madre del Signore: nell’oscurità che avvolge l’universo, Ella si affida pienamente al Dio della vita e, riandando alle parole del Figlio, spera nella realizzazione piena delle divine promesse.
I Vangeli riportano diverse apparizioni del Risorto, ma non l’incontro di Gesù con sua Madre. Questo silenzio non deve portare a concludere che dopo la Resurrezione Cristo non sia apparso a Maria; ci invita invece a ricercare i motivi di una tale scelta da parte degli evangelisti.
Ipotizzando una “omissione”, essa potrebbe essere attribuita al fatto che quanto è necessario per la nostra conoscenza salvifica è affidato alla parola di “testimoni prescelti da Dio” (At 10, 41), cioè agli Apostoli, i quali “con grande forza” hanno reso testimonianza della risurrezione del Signore Gesù (cfr At 4, 33). Prima che a loro, il Risorto è apparso ad alcune donne fedeli a motivo della loro funzione ecclesiale: “Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno” (Mt 28, 10).
Se gli autori del Nuovo Testamento non parlano dell’incontro della Madre con il Figlio risorto, ciò è, forse, attribuibile al fatto che una simile testimonianza avrebbe potuto essere considerata, da parte di coloro che negavano la resurrezione del Signore, troppo interessata, e quindi non degna di fede.

2. I Vangeli, inoltre, riferiscono un piccolo numero di apparizioni di Gesù risorto, e non certo il resoconto completo di quanto accadde nei quaranta giorni dopo la Pasqua. San Paolo ricorda un’apparizione “a più di cinquecento fratelli in una sola volta”(1 Cor 15, 6). Come giustificare che un fatto noto a molti non sia riferito dagli Evangelisti, nonostante la sua eccezionalità? E’ segno evidente che altre apparizioni del Risorto, pur essendo nel novero dei fatti avvenuti e notori, non sono state riportate.
La Vergine, presente nella prima comunità dei discepoli (cfr At 1, 14), come potrebbe essere stata esclusa dal numero di coloro che hanno incontrato il suo divin Figlio risuscitato dai morti?

3. E’ anzi legittimo pensare che verosimilmente la Madre sia stata la prima persona a cui Gesù risorto è apparso. L’assenza di Maria dal gruppo delle donne che all’alba si reca al sepolcro (cfr Mc 16, 1; Mt 28, 1), non potrebbe forse costituire un indizio del fatto che Ella aveva già incontrato Gesù? Questa deduzione troverebbe conferma anche nel dato che le prime testimoni della resurrezione, per volere di Gesù, sono state le donne, le quali erano rimaste fedeli ai piedi della Croce, e quindi più salde nella fede.
Ad una di loro, Maria Maddalena, infatti, il Risorto affida il messaggio da trasmettere agli Apostoli (cfr Gv 20, 17-18). Anche questo elemento consente forse di pensare a Gesù che si mostra prima a sua Madre, Colei che è rimasta la più fedele e nella prova ha conservato integra la fede.
Infine, il carattere unico e speciale della presenza della Vergine sul Calvario e la sua perfetta unione con il Figlio nella sofferenza della Croce, sembrano postulare una sua particolarissima partecipazione al mistero della risurrezione.
Un autore del secolo quinto, Sedulio, sostiene che Cristo si è mostrato nello splendore della vita risorta innanzitutto alla propria Madre. Infatti, Colei che nell’Annunciazione era stata la via del suo ingresso nel mondo era chiamata a diffondere la meravigliosa notizia della risurrezione, per farsi annunziatrice della sua gloriosa venuta. Inondata così dalla gloria del risorto, Ella anticipa lo “sfolgorio” della Chiesa (cfr Sedulio, Carmen Pascale, 5,357-364, CSEL 10, 140s).

4. Essendo immagine e modello della Chiesa, che attende il Risorto e che nel gruppo dei discepoli lo incontra durante la apparizioni pasquali, sembra ragionevole pensare che Maria abbia avuto un contatto personale col Figlio risorto, per godere anche lei della pienezza della gioia pasquale.
Presente sul Calvario durante il Venerdì Santo (cfr Gv 19, 25) e nel Cenacolo a Pentecoste (cfr At 1, 14), la Vergine Santissima è probabilmente stata testimone privilegiata anche della risurrezione di Cristo, completando in tal modo la sua partecipazione a tutti i momenti essenziali del Mistero pasquale. Accogliendo Gesù risorto, Maria è inoltre segno ed anticipazione dell’umanità, che spera nel raggiungimento della sua piena realizzazione mediante la risurrezione dai morti.
Nel tempo pasquale la comunità cristiana, rivolgendosi alla Madre del Signore, la invita a gioire: “Regina Coeli, laetare. Alleluja!”, “Regina del cielo, rallegrati. Alleluja! ». Ricorda così la gioia di Maria per la risurrezione di Gesù, prolungando nel tempo il “rallegrati” rivoltole dall’Angelo nell’annunciazione, perché divenisse “causa di gioia” per l’intera umanità.

Giovanni Paolo II

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Santa Pasqua | Pas de Commentaire »

Buona Pasqua

Posté par atempodiblog le 24 avril 2011

Cristo è risorto! Alleluja!

Buona Pasqua dans Santa Pasqua gesrisorto

Auguri a tutti per una Santa Pasqua di pace e di vera gioia che solo Cristo può donare.

Publié dans Santa Pasqua | 2 Commentaires »

Rivivere la morte e la Resurrezione di Gesù

Posté par atempodiblog le 19 avril 2011

Rivivere la morte e la Resurrezione di Gesù dans Padre Livio Fanzaga Ges-Risorto

Siamo entrati nel tempo di grazia in cui la Chiesa celebra i misteri della nostra redenzione. Siamo chiamati anche noi a rivivere la morte e la Resurrezione di Gesù, morendo al peccato e risuscitando a una vita nuova.
Partecipiamo nelle nostre parrocchie alle celebrazioni liturgiche della settimana santa e apriamo il cuore alla gratitudine per la salvezza che Gesù ha donato al genere umano.
Gesù ci ama e aspetta il nostro amore, non a parole, ma nelle opere della nostra vita. Lasciamo che dal suo Cuore entri nei nostri cuori la pace e la gioia della Pasqua.
La confessione e la comunione pasquali siano l’inizio di un nuovo fervore nel nostro cammino verso l’eternità.
Gesù Risorto è la meta della nostra vita. Non siamo stati creati per la morte ma per l’immortalità nella gloria di Dio.

Padre Livio Fanzaga

Publié dans Padre Livio Fanzaga, Santa Pasqua | Pas de Commentaire »

Felice Pasqua di resurrezione!

Posté par atempodiblog le 4 avril 2010

“Cristo è risorto! Alleluja!”
Tanti auguri di pace e di gioia per una Santa Pasqua!

Felice Pasqua di resurrezione! dans Padre Livio Fanzaga pasqua

Vi segnalo un breve scritto di Padre Livio Fanzaga su cui meditare:

« Cristo è risorto! » è il grido con il quale i cristiani hanno salutato la Pasqua nel corso dei secoli. Con questo annuncio di gioia anche noi ci scambiamo gli auguri pasquali.
Cristo è risorto per non morire mai più. Il male e la morte non esercitano più il loro potere assoluto sull’esistenza umana. I peccati ci sono perdonati, l’amicizia con Dio ci è ridonata e la vita ha davanti a sé la prospettiva dell’eternità.
Vedendo Gesù avvolto dalla gloria divina, dopo l’ignominia della croce e la tenebra del sepolcro, il cuore degli apostoli ha traboccato di gioia. Non era mai successo prima. Tutti gli uomini, nessuno escluso hanno pagato il pedaggio alla dittatura della morte. D’ora in poi chi crede in Gesù non morrà in eterno.
Portiamo nel cuore questa speranza e questa gioia e comunichiamole ai molti che sono ancora immersi nelle tenebre e nell’ombra di morte.
La vita dell’uomo non finisce con un paio di badilate di terra… La speranza dell’immortalità illumini il nostro faticoso cammino quotidiano. Il cielo è la meta a cui dobbiamo tendere. Cristo risorto è la vera novità della storia umana.
Chissà se qualche giornale lo metterà in prima pagina…
Felice Pasqua di resurrezione!

Publié dans Padre Livio Fanzaga, Santa Pasqua | 3 Commentaires »

12345