Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria

Posté par atempodiblog le 28 juin 2025

Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria
de La Redazione di Luci sull’Est

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Cuore…
Anzitutto il Cuore della Madonna è un vero cuore di carne, ma il cuore, in senso biblico, simboleggia la persona nella sua interezza di anima e corpo. Ecco perché il Cuore della Madonna ha non solo un significato materiale ma anche spirituale. Il cuore è il centro della persona umana, è la sua coscienza, il suo intelletto e la sua volontà come pure la sede dell’amore e di tutti i sentimenti. Quando dunque parliamo del Cuore della Madonna dobbiamo aver presenti tutte queste realtà. Nel Vangelo di san Luca troviamo scritto per due volte che la Madonna «serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19; 2,51). La Bibbia ci dice dunque che la Madonna conservava dentro di sé tutto ciò che si diceva di Gesù, tutti gli eventi della vita di Gesù come pure tutte le parole di Gesù e i suoi esempi. Da questo già scopriamo che il Cuore Immacolato di Maria è lo scrigno in cui sono conservati tutti i misteri della vita di Gesù e tutta la sua dottrina. Al riguardo san Gregorio Taumaturgo chiamava il Cuore di Maria «vaso e ricettacolo di tutti i misteri». La Madonna non solamente li custodiva nel suo Cuore ma li meditava pure. Ecco il “proprio” del Cuore Immacolato di Maria: conservare e vivere gli insegnamenti e gli esempi di Gesù e tramandarli agli altri con le sue parole e azioni.

…Immacolato…
Il Cuore della Madonna è prima di tutto immacolato, ovvero privo di ogni macchia, di ogni peccato e imperfezione. Fin dal primo istante in cui fu creata la Madonna, e per tutta la sua vita terrena, il suo Cuore fu sempre immacolato. Già il Concilio di Trento lo aveva confermato in modo solenne: nessuno «può evitare, nella sua vita intera, ogni peccato anche veniale, se non in virtù di un privilegio speciale, come la Chiesa ritiene nei riguardi della Beata Vergine». Il suo Cuore, dunque, non fu mai contaminato né dalla sporcizia del mondo né dalle insidie di satana.

Teologicamente parlando, era moralmente impossibile che questo Cuore si macchiasse anche minimamente.

San Massimiliano spiega così questa impossibilità:

«“Io sono l’Immacolata Concezione”. E questo è il suo primo privilegio.
C’è differenza tra le espressioni “Immacolata Concezione” e “concepita immacolatamente”? La differenza è come quella che esiste ad esempio tra i termini bianco e bianchezza.
Il bianco può sporcarsi ma la bianchezza non subisce alcun cambiamento.
Questo titolo, “Immacolata Concezione”, è molto importante e dimostra che l’Immacolata è tutta bella, senza alcun peccato» (CK 96).

Il Cuore della Madonna fu dunque sempre purissimo, infatti, prima che Pio XII istituisse per tutta la Chiesa la festa del Cuore Immacolato di Maria, si festeggiava la festa del Cuore purissimo di Maria. La Chiesa ha sempre creduto in questa totale purezza del Cuore della Madonna, purezza e immacolatezza che furono solennemente confermate dal dogma dell’Immacolata Concezione. Proprio Pio IX così parla della Madonna nella Bolla Dogmatica: «Giglio tra le spine; terra assolutamente inviolata, verginale, illibata, immacolata, sempre benedetta e libera da ogni contagio di peccato; giardino delle delizie piantato da Dio stesso, senza difetti, splendido, abbondantemente ornato di innocenza e di immortalità e protetto da tutte le insidie del velenoso serpente; legno immarcescibile che il tarlo del peccato mai poté intaccare; fonte sempre limpida [...], del tutto Immacolata; innocente, anzi innocentissima; illibata nel modo più eccelso; santa e assolutamente estranea al peccato; tutta pura, tutta intemerata, anzi l’esemplare della purezza e dell’innocenza; più bella della bellezza; più leggiadra della grazia».

Riflettendo sull’autorivelazione fatta dalla Madonna a Lourdes con le parole “Io sono l’Immacolata Concezione”, san Massimiliano M. Kolbe elabora il seguente ragionamento:

«L’Immacolata a Lourdes, nella sua apparizione, non dice: “Io sono stata concepita immacolatamente”, ma: “Io sono l’Immacolata Concezione”.
Con ciò Ella determina non solo il fatto dell’Immacolata Concezione, ma anche il modo con il quale questo privilegio le appartiene. Perciò, non è qualcosa di accidentale, ma fa parte della sua stessa natura. Ella stessa è la Concezione Immacolata» (SK 486).

«Con queste parole Ella affermò chiaramente di essere non soltanto “Concepita senza peccato”, ma anzi la stessa “Immacolata Concezione”; ne viene di conseguenza che Ella è l’immacolatezza medesima. Per la verità Ella è una concezione, poiché ha cominciato ad esistere nel tempo, tuttavia è Immacolata Concezione [...] l’Immacolata [...] dice di se stessa: “Io sono Concezione”, ma, contrariamente a tutte le altre persone umane, la “Concezione Immacolata”» (SK 1292). In uno scritto in cui commentava la formula di consacrazione all’Immacolata giunse a questa conclusione: «L’Immacolata Concezione appartiene in certo qual modo all’essenza dell’Immacolata» (SK 1331).

Padre Alessandro M. Apollonio chiarisce in che modo si debbano intendere tutte queste affermazioni di san Massimiliano: «L’Immacolata Concezione appartiene alla natura della Vergine Maria nel senso che Ella è nata con essa e non l’ha mai perduta [...]. Se ha trionfato sempre la grazia, non è a motivo della natura, ma della volontà di Dio e della libera e meritoria cooperazione della Vergine». Già prima aveva precisato la differenza tra l’irresistibilità della grazia (dottrina condannata dalla Chiesa) e l’invincibilità della grazia, spiegando in che modo per la Madonna la grazia fu invincibile ma non irresistibile: «La grazia che la Vergine ebbe in pienezza sin dal suo concepimento non poté essere irresistibile per natura sua, se di fatto la Vergine non ha mai resistito, è merito della sua volontà che non ha voluto resistere, anche se, assolutamente parlando, poteva farlo. Ciò significa che Dio ha circondato Maria di una tale sovrabbondanza di grazia e di attrazioni alla verità e al bene, ha sostenuto così potentemente la sua volontà verso il bene, da rendere psicologicamente impossibile il peccato, anche se, dal punto di vista della natura umana, anche in Maria, il peccato rimaneva sempre fisicamente possibile (in senso diviso, nello stesso istante dell’eternità)».

Rifacendosi allo studio e alle dichiarazioni di padre Ernesto Piacentini sulla mariologia di san Massimiliano Kolbe, il padre Apollonio trae la seguente conclusione: «L’essenza soprannaturale di Maria è la sua Immacolata Concezione». Queste argute riflessioni di san Massimiliano e le chiarificazioni fatte dal padre Apollonio ci permettono di riflettere su una verità ancora poco approfondita e dibattuta: l’essenza stessa del Cuore della Madonna è, in certo modo, l’immacolatezza stessa, l’immacolatezza «fa parte della stessa natura» (SK 486), del Cuore di Maria Santissima, come pure che l’Immacolata Concezione «appartiene in certo qual modo all’essenza» del Cuore immacolato di Maria. Non c’è dubbio che siamo di fronte ad un grande mistero.

…di Maria
Ogni cuore umano è il cuore di una persona umana, e il Cuore Immacolato è il Cuore di Colei che si chiama Maria: «Dio Padre ha radunato tutte le acque e le ha chiamate mare, ha radunato tutte le grazie e le ha chiamate Maria. Questo grande Iddio possiede un tesoro e un emporio ricchissimo, dove ha racchiuso tutto quanto possiede di bello, di splendido, di raro e di prezioso, perfino il proprio Figlio. E questo tesoro immenso è Maria, che i santi chiamano: tesoro del Signore, dalla cui pienezza gli uomini sono arricchiti» (TVD 23). Sono le celebri parole del Montfort, utilissime per aiutarci a comprendere il valore e il significato del nome della Madonna, ovvero della persona umana a cui appartiene il Cuore Immacolato.

Questo nome non è stato scelto dagli uomini ma da Dio; al riguardo ecco come il Guéranger giustifica questa tesi: «Sappiamo dalla Scrittura che Dio intervenne qualche volta nella designazione del nome da imporre a qualche suo servo. L’angelo Gabriele previene Zaccaria che suo figlio si chiamerà Giovanni ed egli ancora dice a Giuseppe, spiegandogli l’Incarnazione del Verbo: “Gli porrai nome Gesù”. Si può quindi pensare che Dio in qualche modo sia intervenuto, perché alla Santissima Vergine fosse imposto il nome richiesto dalla sua grandezza e dignità».

Forse qualcuno potrebbe ancora dubitare visto che il Guéran­­ger parla solo di possibilità, di convenienza e non di certezza; occorre dunque rifarsi al grande devoto della Madonna, ovvero a sant’Alfonso, il quale, senza alcun dubbio, ci assicura che «il nome augusto di Maria dato alla divina Madre non fu trovato sulla terra né inventato dalla mente o dalla fantasia degli uomini, come avviene per tutti gli altri nomi, ma scese dal Cielo e fu imposto per ordine divino, come attestano san Girolamo, sant’Epifanio, sant’Antonino e altri. “Il nome di Maria – dice Riccardo di san Lorenzo – è stato tratto dal tesoro della Divinità”. “O Maria, tutta la Trinità ti diede tale nome, superiore a ogni nome dopo quello del Figlio tuo” e lo arricchì di tanta maestà e potenza che “al proferirsi del tuo nome volle che tutti prostrati lo venerassero, il Cielo, la terra e l’inferno”».

Nel provare quanto è potente il santissimo nome di Maria, dimostreremo anche quanto è potente il Cuore Immacolato di Maria. «Fugge il demonio e trema l’inferno quando dico: Ave Maria», scrive il beato Alano e similmente aveva già detto san Germano: «Con la sola invocazione del tuo nome onnipotente rendi sicuri i tuoi servi da tutti gli assalti del nemico». E anche Tommaso da Kempis ci assicura che «al tuono di questo grande nome il demonio fugge e l’inferno trema». Questa verità ci viene assicurata anche da un gran numero di esorcisti, i quali testimoniano che durante gli esorcismi non c’è cosa che il demonio odi di più e che lo tormenti maggiormente che il sentir invocare il santissimo nome di Maria, poiché fu tramite Lei, tramite questa pura creatura umana, che Dio gli schiacciò la testa e gliela schiaccerà per tutta l’eternità. Il diavolo è superbo e non sopporta di essere vinto da una creatura di natura a lui inferiore, per questo odia tanto la Madonna. Dio, da parte sua, vuole sempre umiliare il diavolo per mezzo della Vergine Maria: «La Santissima Vergine, unita con Cristo da un legame strettissimo e indissolubile, poté esprimere, con Lui e per mezzo di Lui, un’eterna inimicizia contro il velenoso serpente e, riportando nei suoi confronti una nettissima vittoria, gli schiacciò la testa con il suo piede immacolato [...]. Scelta e preparata dall’Altissimo da tutta l’eternità e da Lui preannunciata quando disse al serpente: “Porrò inimicizia fra te e la donna”, schiacciò veramente la testa di quel velenoso serpente» (beato Pio IX, Bolla Dogmatica Ineffabilis Deus). Per tutto questo sant’Alfonso conclude: «Beato chi, nelle battaglie con l’inferno, invoca sempre il bel nome di Maria. Quante vittorie su questi nemici hanno riportato i devoti di Maria con il suo santissimo nome». Ecco quanto è potente il Cuore Immacolato di Maria!

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Perché sant’Alfonso dice che i pastori, accorrendo alla mangiatoia, trovarono nel viso di Gesù un “morso” di Paradiso?

Posté par atempodiblog le 26 décembre 2024

Perché sant’Alfonso dice che i pastori, accorrendo alla mangiatoia, trovarono nel viso di Gesù un “morso” di Paradiso?
Fonte: Il Cammino dei Tre Sentieri

Perché sant’Alfonso dice che i pastori, accorrendo alla mangiatoia, trovarono nel viso di Gesù un “morso” di Paradiso? dans Canti Adorazione-dei-pastori

Una strofa del celebre canto Quanno nascette ninno di sant’Alfonso Maria de’ Liguori recita così: “Correttero i Pasture a la Capanna; Là trovajeno Maria / Co Giuseppe e a Gioja mia; / E ‘n chillo Viso / Provajeno no muorzo e Paraviso.” Che tradotto dal significa: “Corsero i Pastori alla Capanna e là trovarono Maria con Giuseppe e la Gioia mia e in quel viso provarono (cioè gustarono) un morso di Paradiso.”

Soffermiamoci sul termine “muorzo”, cioè “morso”. “Morso” sta significare “boccone”, ovvero un qualcosa che si gusta come antipasto. Ebbene, questa espressione alfonsiana ci presenta due importanti verità.

La prima verità è che scegliendo Cristo noi possiamo vivere un “morso”, cioè un “anticipo” di Paradiso già su questa terra. In che senso? Non nel senso che la vita cristiana faccia sparire qualsiasi prova o sofferenza, tutt’altro, visto che il cristiano deve uniformarsi al Cristo crocifisso, bensì che la sofferenza che comunque ci tocca, con Cristo, acquista senso e diventa alternativa a qualsiasi disperazione, cioè a qualsiasi assenza di speranza. Infatti, ciò che ci sembra negativo, alla luce di Dio, non è tale, anzi.

Giovanni Pascoli (1855-1912) nel suo La mia sera scrive: “O stanco dolore, riposa! / La nube del giorno più nera / fu quella che vedo più rosa / nell’ultima sera.” Certamente Pascoli, in considerazione delle sue idee, non alludeva alla risposta cristiana; ma è interessante come poeticamente ci dica che non bisogna mai disperare…perché anche un giorno “nero” può produrre una nube “rosa” nell’ultima sera.

La seconda verità che ci fa capire l’espressione alfonsiana “…in quel viso provarono un morso di Paradiso” è che la vita cristiana è gusto ed è bellezza, infatti il morso richiama l’assaporamento. La Verità cattolica è Bellezza. Cristo va conosciuto, ma non per collocarlo all’interno di una serie di grandi maestri e pensatori; no! Cristo va conosciuto (e bisogna conoscerlo: guai a costruirsi un Cristo a proprio uso e consumo), ma per amarlo, cioè per gustarlo. Con Lui, solo con Lui, la vita si illumina di splendore. Splende ciò che non ha in sé una luce propria, ma è capace di riflettere la luce che le viene donata. Lo splendore rende bello tutto, perché è quel luccichio che definisce e fa risaltare tutto, anche i dettagli più nascosti.

Diceva santa Teresina che è bello pensare che anche un piccolo ed insignificante gesto come raccattare un ago da terra, se fatto per amore di Cristo, rimane scolpito nell’eternità nella serie dei gesti santi. E quindi quel piccolissimo gesto diverrà nell’eternità più importante di qualsiasi gesto che il mondo avrà potuto ritenere eroico ma fatto senza l’amore di Cristo. Dunque, con Gesù la vita di ognuno di noi può splendere. Dunque, ecco perché sant’Alfonso dice che quando i pastori andarono alla capanna scoprirono nel viso di quel Bambino “…nu muorzo e Paraviso”.

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“Tu scendi dalle stelle”, storia di un canto che ha fatto la storia del Natale

Posté par atempodiblog le 24 décembre 2024

“Tu scendi dalle stelle”, storia di un canto che ha fatto la storia del Natale
Uno dei canti più popolari del Natale nasce dall’ispirazione che ebbe Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
di Antonio Tarallo – ACI Stampa

“Tu scendi dalle stelle”, storia di un canto che ha fatto la storia del Natale dans Antonio Tarallo Tu-scendi-dalle-stelle

Natale vuol dire anche musica: note che entrano nel cuore. Una melodia aiuta sempre a pregare. Lo sapeva bene Sant’Agostino: “Chi canta prega due volte”. Ed è proprio vero. E fra i canti natalizi più conosciuti vi è il famoso “Tu scendi dalle stelle”: una melodia che commuove e muove l’animo alla grotta di Betlemme. 

La canzone ha origini antiche: il testo che tutti conosciamo deriva da un motivo scritto nel dicembre 1754, dal titolo “Quanno nascette Ninno” (chiamato anche con il nome “Pastorale »). Autore del brano, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787). Fu scritto in lingua napoletana. Una grande novità per l’epoca: il primo testo di un canto religioso scritto in lingua partenopea. Quando fu pubblicato nel 1816, venne chiamato « “Per la nascita di Gesù ». 

Già i versi dell’incipit rendono bene l’idea: “Quanno nascette Ninno a Bettlemme / Era nott’e pareva miezo juorno. / Maje le Stelle – lustre e belle Se vedetteno accossí: / E a cchiù lucente / Jett’a chiammà li Magge all’Uriente. / De pressa se scetajeno l’aucielle / Cantanno de na forma tutta nova: / Pe ‘nsí agrille – co li strille, /  E zombanno a ccà e a llà; / È nato, è nato, / Decevano, lo Dio, che nc’à criato”. Proviamo a tradurre questo napoletano così antico in un moderno italiano per avere meglio il quadro della scena: « Quando nacque il Bambino a Betlemme / Era notte eppure sembrava mezzogiorno. / Le stelle così belle e lucenti non si videro mai così: / E la più lucente/ andò a chiamare i Re Magi dell’Oriente. / Velocemente si svegliarono gli uccelli / cantando in nuova forma: / così anche i grilli, con le stelle, / e saltellano qui e lì; / È nato, è nato, / così dicevano, il Dio che ci ha creato ». E’ la natura che parla e che partecipa a tutta la bellezza della nascita di un bambino, anzi del Bambino. Tutti partecipano a questa Natività, con stupore e meraviglia.

Ma come nasce “Quanno nascette Ninno”? In merito a questo racconto abbiamo diverse versioni. Una, ci parla della città campana di Nola, un’altra della città Scala o Santa Maria dei Monti; altra versione, quella che fa riferimento al convento della Consolazione di Deliceto, in provincia di Foggia. La versione che vede nascere la famosa canzone nei pressi di Nola è quella con più dettagli. “In questo palazzo S. Alfonso Maria de’ Liguori, ospite dei Rev.mi Canonici Giuseppe, Michele e Felice Zamparelli, nel corso della Novena alla Beata Vergine Maria nel dicembre del 1754 compose la celebre pastorale natalizia “Tu scendi dalle stelle”, presentata per la prima volta nella Cattedrale di Nola in occasione del Santo Natale”, così recita una targa posta nel 2010 nel palazzo dove si crede abbia soggiornato, per un periodo, il santo redentorista, ospite di un sacerdote del luogo, tale Don Michele  Zamparelli, citato nella targa.

Nel corso di una delle sue missioni popolari, nel 1754, Sant’Alfonso stava predicando a Nola, in provincia di Napoli. Poche ore prima della Santa Messa di Natale voleva comporre un nuovo inno natalizio. La famosa melodia – denominata “Pastorale” – fu scritta in presenza dello stesso don Zamparelli che fu il primo, in assoluto, ad ascoltarla. Il sacerdote, emozionato dall’evento, chiese subito al santo di poterla copiare. Il santo però si oppose, volendola prima farla stampare. Poco dopo, il santo scese per celebrare la Messa di Natale, lasciando i fogli del componimento in vista. Don Michele li copiò e nascose i preziosi foglietti nelle sue tasche. Aveva raggiunto l’ambizioso traguardo. Ora poteva andare a concelebrare. E fu in questo momento che accadde un episodio assai divertente. Sant’Alfonso era proprio nel momento di cantare quel canto che aveva composto poco prima, quando gli mancarono le parole. Ma si sa, i santi conoscono tutto e, allora, mandò un chierichetto a chiedere a don Zamparelli “quei fogli che stavano nel suo taschino”. La chiesa fu “riempita”, finalmente, dalle note del nuovo canto sacro. Era nata quella che noi oggi cantiamo come “Tu scendi dalle stelle”.

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San Leonardo da Porto Maurizio

Posté par atempodiblog le 26 novembre 2024

San Leonardo da Porto Maurizio
Il primo merito che gli va ascritto è la propagazione della Via Crucis in tutta la Chiesa. Ne eresse ben 572. Attirò folle enormi con i suoi sermoni sulla Passione di Gesù. «È il più grande missionario del nostro secolo», diceva di lui sant’Alfonso Maria de’ Liguori.
di Ermes Dovico – La nuova Bussola Quotidiana

San Leonardo da Porto Maurizio dans Fede, morale e teologia San-Leonardo-da-Porto-Maurizio

Il primo merito che va ascritto a san Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751), un frate francescano della cosiddetta «Riformella», è la propagazione della Via Crucis in tutta la Chiesa. Fu lui, nel 1731, a ottenere da Clemente XII il breve Exponi nobis che autorizzava l’allestimento in tutte le chiese della Via Crucis, fino allora un privilegio delle sole chiese francescane. Solo il santo ne eresse ben 572 nelle varie città in cui andò in missione. Attirava folle enormi con i suoi sermoni sulla Passione di Gesù, che arrivavano fino a far lacrimare e singhiozzare i presenti.

San Leonardo introdusse inoltre le meditazioni per ognuna delle 14 stazioni, insegnando che la Via Crucis «è lo stesso che contemplare con tenerezza di cuore tutti quegli strazi e dolori che dalla casa di Pilato sino al Calvario soffrì sotto il peso della Croce l’amatissimo Gesù, il nostro bene». Fu sempre lui a spingere Benedetto XIV verso l’istituzione della Via Crucis al Colosseo, che venne consacrato a Dio e ai tantissimi cristiani che vi avevano patito il martirio. La prima si svolse nel 1750, in pieno Anno Santo. E il fatto religioso contribuì a evitare che il grande anfiteatro romano, a lungo utilizzato come cava di travertino, venisse smantellato.

Al secolo Paolo Girolamo Casanova, il santo era rimasto orfano della madre ad appena due anni. Ricevette l’educazione religiosa dal padre. Lasciò la natìa Liguria poco più che bambino. Studiò teologia al convento romano di San Bonaventura al Palatino e a 25 anni venne ordinato sacerdote. Avrebbe voluto partire missionario per evangelizzare la Cina, ma il cardinale Colloredo gli disse: «La tua Cina sarà l’Italia». Fu così che l’Italia la girò in lungo e in largo, specie le regioni centro-settentrionali. Richiamò il popolo alla preghiera, alla penitenza e all’adorazione del Santissimo Sacramento. «È il più grande missionario del nostro secolo», disse di lui sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Molto noto è un episodio avvenuto in Corsica, allora tormentata da insurrezioni separatiste; dopo una predica sulla Passione, gli uomini scaricarono in aria i fucili e si abbracciarono gridando a gran voce: «Viva frate Leonardo, viva la pace!».

Combatté il giansenismo e la sua errata concezione di Dio, che faceva dubitare dell’amore divino. Raccomandava di porre sopra la porta delle case l’immagine di Gesù, nonché i Santissimi Nomi di Gesù e Maria. Verso la Madonna aveva una devozione filiale. Propagò la promessa delle Tre Ave Maria (che la Vergine aveva fatto a santa Matilde). Fu un convinto assertore dell’Immacolata Concezione. Consigliò di indire una consultazione con i vescovi, che chiamò «concilio per iscritto e senza spese», annunciando nella sua Lettera Profetica che l’Immacolata Concezione sarebbe stata proclamata dogmaticamente. Il suo scritto venne esposto nella cappella del convento di San Bonaventura al Palatino, dove il santo morì.

Un secolo più tardi divenne papa un devotissimo dell’allora beato Leonardo, Pio IX (sarà proprio lui a canonizzarlo), che conosceva bene quella cappella, dove si ritirava spesso a pregare. Poco dopo essere salito al Soglio petrino, Pio IX volle leggere e avere copia della Lettera Profetica, le cui parole gli rimasero impresse. Il 2 febbraio 1849, sollecitato anche dalle suppliche di molti fedeli, il pontefice pubblicò l’enciclica con cui chiedeva a tutti i vescovi del mondo di manifestare quale fosse il loro pensiero e la pietà del popolo cristiano verso l’Immacolata Concezione. Si sa com’è andata a finire: l’8 dicembre 1854 il dogma venne solennemente proclamato.

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La corona del Rosario, “arma” dei Santi

Posté par atempodiblog le 18 février 2023

La corona del Rosario, arma dei Santi
Da Padre Pio a Carlo Acutis, da S. Alfonso a S. Giovanni Bosco la recita del Rosario è stata sempre parte integrante della vita spirituale dei Santi
di Gianluca Giorgio – ACI Stampa
Carlo Acutis: “Il Rosario è la scala più corta per salire in Cielo” dans Carlo Acutis Il-Rosario-la-scala-pi-corta-per-salire-in-Cielo-Beato-Carlo-Acutis

Il Rosario è una forma di preghiera che nasce all’interno dell’Ordine domenicano. Incoraggiata nelle Regole della fraternità di San Domenico, questa rappresenta uno dei modi più autentici di pregare la Madre di Dio. San Domenico, il beato Alano della Rupe e molti altri santi ne hanno custodito il segreto e la devozione.

Tra questi brilla anche San Pio da Pietrelcina. Sacerdote cappuccino, scomparso nel 1968, ne diffuse il culto e la spiritualità. Devotissimo alla Madonna, incoraggiava i propri devoti alla recita, fedele e costante, della preghiera mariana. Per loro disegnò i Gruppi di preghiera che si riuniscono, ogni mese, per la celebrazione della Messa, preceduta dalla recita del Rosario. Amava ripetere che la Madonna non gli aveva mai negato una grazia. La chiamava l’arma, non separandosene mai. Alla morte la lasciò in eredità ai suoi figli spirituali sparsi nel mondo, in continuità con il proprio apostolato sacerdotale.

Questa insegna a vivere con Cristo e Maria per le strade della vita. I venti misteri, gioiosi, gloriosi, dolorosi e luminosi, rivivono la vita del Redentore, permettendo di meditare sul mistero assunto. Questo è tanto altro è contenuto nel mistero di questa orazione, che è stata definita il breviario del Popolo di Dio.

Sant’Alfonso Maria de Liguori, il beato Carlo Acutis, San Serafino da Montegranaro, e molti santi hanno intessuto la propria giornata di rosari.

Don Dolindo Ruotolo e il venerabile Marcellino da Capradosso la recitavano, per la strada, in cammino. San Giovanni Bosco la diffuse nei propri oratori e per i suoi ragazzi.

Un tempo, nelle famiglie, si recitava la corona tutte le sere. Chiunque può, in pochi minuti, recitarlo in strada, in macchina o in casa. Un solo mistero o i cinque misteri di dieci poste, aiutano il contatto con Maria. Oggi come ieri e domani il santo Rosario resta una delle preghiere più belle che le persone possono rivolgere alla propria Madre, per onorala ma di più amarla.

Divisore dans San Francesco di Sales

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Novena di Natale nello spirito di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori

Posté par atempodiblog le 16 décembre 2022

Novena di Natale nello spirito di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
Tratta da: Casa natale di sant’Alfonso de’ Liguori

Novena di Natale nello spirito di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori dans Avvento Presepe-Sant-Alfonso-Maria-de-Liguori

S. Alfonso, il grande cantore del Natale, già nel 1756 ammoniva:

– “Molti cristiani sogliono per lungo tempo avanti preparare nelle loro case il presepio, per rappresentare la nascita di Gesù Cristo; ma pochi son quelli che pensano a preparare i loro cuori, affinché possa nascervi in essi e riposarvi Gesù bambino. Ma tra questi pochi vogliamo esserci anche noi, perché restiamo accesi dal fuoco dell’amore del Dio Bambino, che rende le anime contente in questa terra e beate nel cielo”.

– Le sue tenere parole ci guidino all’incontro con il Santo Bambino.

Coroncina per la Novena di Natale di S. Alfonso

I. Amabilissimo mio Gesù, Dio del mio cuore, io benedico l’ora in cui ti facesti uomo nel seno purissimo di Maria santissima, per patire e morire per amor mio.
Ti prego per quei nove mesi che volesti star chiuso in quell’utero verginale, a perdonare tutti i miei peccati, che sono stati offesa a te, mio sommo Bene, e dei quali ora mi pento con tutto il cuore.

Gloria al Padre….

O dolce Vita mia,
bel Figlio di Maria,
tu sol mio caro Dio,
sei tutto il mio tesor.

Vorrei per te, Signore,
morire ognor d’amore,
per te, Bambino mio,
che m’hai rubato il cor.

Oppure:

Fammi degno, o Madre mia,
di godere in questo petto
il tuo Figlio pargoletto,
or che nasce dal tuo sen.

II. Amabilissimo mio Gesù, Dio del mio cuore, benedico quella notte, in cui volesti nascere in una stalla, qual tenero Bambino, fasciato con poveri panni, tremante di freddo, posto in una mangiatoia sopra la paglia in mezzo a due animali, per conquistare i nostri cuori.
Io adoro le tue tenere membra, bacio quella fortunata terra; ti ringrazio di tanti benefici e ti prego per quei gran patimenti, per quelle prime lacrime, per quei sospiri, a darmi grazia ch’io viva, a tua maggior gloria, amando te, Bontà infinita.

III. Amabilissimo mio Gesù, Dio del mio cuore, benedico quell’ora in cui fosti presentato da Maria SS. nelle braccia di S. Simeone. Ti ringrazio che volesti addossarti i miei peccati e soddisfarne la divina giustizia con patire e morire per me.
Ti supplico per tanta tua bontà, a liberarmi dalle pene dell’inferno; e a far che io odi sopra ogni male il peccato, perché tuo nemico, perché odiato infinitamente da te.

IV. Amabilissimo mio Gesù, Dio del mio cuore, benedico quella notte nella quale la tua SS. Madre ti condusse in Egitto con tanti patimenti e incomodi, per liberarti dalle mani di Erode.
Adoro la tua santissima umanità addolorata, ti ringrazio che hai patito tanto per me; e ti prego ad aprirmi quel paradiso che mi hai guadagnato con tanto tuo sacrificio: sicché venga a goderti in cielo per darti quella gloria, che meriti, infinita Bontà.

V. Amabilissimo mio Gesù, Dio del mio cuore, benedico quegli anni, nei quali volesti vivere, povero e sconosciuto, nella bottega di Nazareth, in compagnia di Maria e di Giuseppe, tra fatiche, stenti e sudori.
Adoro tutte le tue divine azioni: bacio quella terra che calpestasti; ti ringrazio, mio Signore, che hai tanto patito per amor mio; ti prego di concedermi l’amore alla vita nascosta ed alla tua santissima umanità: sicché viva e muoia amando te, mio Padre, mio Redentore, mio Maestro e mio Dio, per amarti in cielo per tutti i secoli. Amen.

Alla Madonna
Vergine santissima, grande regina del cielo e della terra, Madre di Gesù, Figlio di Dio, e madre mia, benedico e venero il tuo santo grembo, che portò il Redentore del mondo, le tue braccia che l’accolsero, il tuo petto che lo allattò, il tuo cuore che tanto l’amò.
Ti supplico, per quanto ami Gesù, ad ottenermi il vero amore di Dio e l’amore a te, gran Madre di Dio. Cosicché l’unico oggetto di tutti i miei desideri e di tutti gli amori miei sia Gesù, e dopo Gesù siate voi, dolcissima e amabilissima mia Maria.

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Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e la preghiera

Posté par atempodiblog le 31 juillet 2022

Supplica a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori

O glorioso e amatissimo Sant’Alfonso, che tanto hai operato per assicurare agli uomini i frutti della Redenzione, vedi le necessità delle nostre anime e soccorrici.
Per l’intercessione di cui godi presso Gesù e Maria, ottienici il perdono di tutte le nostre colpe e la forza di resistere alle seduzioni del male.
Ottienici quell’ardente amore verso Gesù e Maria, di cui il tuo cuore fu sempre così infiammato: Aiutaci a conformare sempre la nostra vita alla divina Volontà, e impetraci dal Signore la santa perseveranza nella preghiera e nel servizio di Dio e dei fratelli.
Accompagnaci con la tua protezione nelle prove della vita fino a quando non ci vedrai insieme a te, in paradiso, a lodare per sempre il tuo e nostro Signore. Amen

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e la preghiera dans Fede, morale e teologia Afterlight-Image
Napoli, 1696  Nocera de’ Pagani, Salerno, 1 agosto 1787

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e la preghiera
di BENEDETTO XVI – Udienza generale, mercoledì, 1° agosto 2012

Cari fratelli e sorelle!

Ricorre oggi la memoria liturgica di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore, Redentoristi, patrono degli studiosi di teologia morale e dei confessori. sant’Alfonso è uno dei santi più popolari del XVIII secolo, per il suo stile semplice e immediato e per la sua dottrina sul sacramento della Penitenza: in un periodo di grande rigorismo, frutto dell’influsso giansenista, egli raccomandava ai confessori di amministrare questo Sacramento manifestando l’abbraccio gioioso di Dio Padre, che nella sua misericordia infinita non si stanca di accogliere il figlio pentito. L’odierna ricorrenza ci offre l’occasione di soffermarci sugli insegnamenti di sant’Alfonso riguardo alla preghiera, quanto mai preziosi e pieni di afflato spirituale. Risale all’anno 1759 il suo trattato Del gran mezzo della Preghiera, che egli considerava il più utile tra tutti i suoi scritti. Infatti, descrive la preghiera come «il mezzo necessario e sicuro per ottenere la salvezza e tutte le grazie di cui abbiamo bisogno per conseguirla» (Introduzione). In questa frase è sintetizzato il modo alfonsiano di intendere la preghiera.

Innanzitutto, dicendo che è un mezzo, ci richiama al fine da raggiungere: Dio ha creato per amore, per poterci donare la vita in pienezza; ma questa meta, questa vita in pienezza, a causa del peccato si è, per così dire, allontanata – lo sappiamo tutti – e solo la grazia di Dio la può rendere accessibile. Per spiegare questa verità basilare e far capire con immediatezza come sia reale per l’uomo il rischio di «perdersi», sant’Alfonso aveva coniato una famosa massima, molto elementare, che dice: «Chi prega si salva, chi non prega si danna!». A commento di tale frase lapidaria, aggiungeva: «Il salvarsi insomma senza pregare è difficilissimo, anzi impossibile … ma pregando il salvarsi è cosa sicura e facilissima» (II, Conclusione). E ancora egli dice: «Se non preghiamo, per noi non v’è scusa, perché la grazia di pregare è data ad ognuno … se non ci salveremo, tutta la colpa sarà nostra, perché non avremo pregato» (ibid.). Dicendo quindi che la preghiera è un mezzo necessario, sant’Alfonso voleva far comprendere che in ogni situazione della vita non si può fare a meno di pregare, specie nel momento della prova e nelle difficoltà. Sempre dobbiamo bussare con fiducia alla porta del Signore, sapendo che in tutto Egli si prende cura dei suoi figli, di noi. Per questo, siamo invitati a non temere di ricorrere a Lui e di presentargli con fiducia le nostre richieste, nella certezza di ottenere ciò di cui abbiamo bisogno.

Cari amici, questa è la questione centrale: che cosa è davvero necessario nella mia vita? Rispondo con sant’Alfonso: «La salute e tutte le grazie che per quella ci bisognano» (ibid.); naturalmente, egli intende non solo la salute del corpo, ma anzitutto anche quella dell’anima, che Gesù ci dona. Più che di ogni altra cosa abbiamo bisogno della sua presenza liberatrice che rende davvero pienamente umano, e perciò ricolmo di gioia, il nostro esistere. E solo attraverso la preghiera possiamo accogliere Lui, la sua Grazia, che, illuminandoci in ogni situazione, ci fa discernere il vero bene e, fortificandoci, rende efficace anche la nostra volontà, cioè la rende capace di attuare il bene conosciuto. Spesso riconosciamo il bene, ma non siamo capaci di farlo. Con la preghiera arriviamo a compierlo. Il discepolo del Signore sa di essere sempre esposto alla tentazione e non manca di chiedere aiuto a Dio nella preghiera, per vincerla.

Sant’Alfonso riporta l’esempio di san Filippo Neri – molto interessante –, il quale «dal primo momento in cui si svegliava la mattina, diceva a Dio: “Signore, tenete oggi le mani sopra Filippo, perché se no, Filippo vi tradisce”» (III, 3) Grande realista! Egli chiede a Dio di tenere la sua mano su di lui. Anche noi, consapevoli della nostra debolezza, dobbiamo chiedere l’aiuto di Dio con umiltà, confidando sulla ricchezza della sua misericordia. In un altro passo, dice sant’Alfonso che: «Noi siamo poveri di tutto, ma se domandiamo non siamo più poveri. Se noi siamo poveri, Dio è ricco» (II, 4). E, sulla scia di sant’Agostino, invita ogni cristiano a non aver timore di procurarsi da Dio, con le preghiere, quella forza che non ha, e che gli è necessaria per fare il bene, nella certezza che il Signore non nega il suo aiuto a chi lo prega con umiltà (cfr III, 3). Cari amici, sant’Alfonso ci ricorda che il rapporto con Dio è essenziale nella nostra vita. Senza il rapporto con Dio manca la relazione fondamentale e la relazione con Dio si realizza nel parlare con Dio, nella preghiera personale quotidiana e con la partecipazione ai Sacramenti, e così questa relazione può crescere in noi, può crescere in noi la presenza divina che indirizza il nostro cammino, lo illumina e lo rende sicuro e sereno, anche in mezzo a difficoltà e pericoli. Grazie.

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Sant’Alfonso Maria de Liguori e Le Visite al Santissimo Sacramento

Posté par atempodiblog le 14 mars 2020

Sant’Alfonso Maria de Liguori e Le Visite al Santissimo Sacramento
Il fondatore dei Redentoristi fu un grande innamorato dell’Eucaristia
di Gianluca Giorgio – ACI Stampa

Sant'Alfonso Maria de Liguori e Le Visite al Santissimo Sacramento dans Fede, morale e teologia Adorazione-Eucaristica

In questi giorni in cui il Coronavirsu sta limitando, non poco, la vita dei cittadini è bello ricordare che ci sono anche dei momenti di preghiera e di riflessione personale, nella Città eterna.

Il parroco della Chiesa Pontificia di San Gioacchino in Prati, padre Pietro Sulkowski, ha mantenuto l’Adorazione eucaristica giornaliera – seppure a porte chiuse - che, già, si praticava, con devozione ed assiduità, in questo tempio caro ai romani.

La parrocchia, nata come un regalo delle varie nazioni del mondo per il Giubileo sacerdotale di Papa Leone XIII, ha come scopo specifico quello della venerazione del Pane eucaristico.

Ciò è testimoniato dai numerosi dipinti, al suo interno, che ricordano tale pratica e dall’ostensorio che troneggia dalla cupola della chiesa romana.

Sant’Alfonso Maria de Liguori, fondatore della Congregazione del SS.mo Redentore che, da sempre, officia i sacramenti nella parrocchia del rione Prati, fu un grande innamorato dell’Eucarestia e di questa pratica liturgica.

Da giovane, prima di essere ordinato sacerdote, trascorreva le ore davanti al Santissimo, esposto in adorazione.

Per questo sacramento compose, anche, una canzoncina spirituale dal titolo Fiori felici voi. Nel testo, il santo loda le piante in quanto hanno la possibilità di sostare, notte e giorno, davanti a Gesù sacramentato.

Le persone del quartiere che lo vedevano, così assiduo, in preghiera, non furono sorpresi quando un giorno videro l’ex avvocato, salire sul pulpito a predicare.

In onore di questa devozione scrisse diversi testi, tra cui il più conosciuto fu Le Visite al Santissimo Sacramento ed a Maria santissima.

L’opera, composta nel 1745, nacque come una ricca raccolta di meditazioni, per i novizi della sua Congregazione, ma visto il bene che il libretto compì, Monsignor de Liguori si decise a diffonderlo, anche, ai molti devoti che gli chiedevano di averlo.

Le letture si meditavano davanti al Santissimo esposto, ed aiutavano il fedele ad entrare in quella realtà che sa di cielo, in quanto è presenza reale di Dio sul mondo.

Lo schema dell’opera è semplice: trentuno meditazione al Sacramento ed alla Madonna accompagnano il lettore, nel cammino mensile.

Fra le molte riflessioni viene evidenziato il senso dell’Amore Redentivo del Figlio di Dio, che è voluto rimanere accanto all’umanità, così bisognosa di misericordia.

Il testo, come tutti quelli scritti dal santo, aiuta a pensare ma di più a pregare, con parole semplici ma che vanno dritte al cuore, in quanto nate dalla penna di un innamorato, oltre che di un teologo.

L’opera, nel corso della storia, ha avuto oltre duemila edizioni ed ancora oggi, è attualissima in quanto l’amore non invecchia mai.

Ed in questo momento, è bello che la comunità si possa raccogliere intorno al Cristo, rimasto nel tabernacolo, per rimanere vicino all’uomo, soprattutto, nei momenti in cui la Sua presenza può  rendere il cammino meno duro.

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Maria, rifugio sicuro

Posté par atempodiblog le 1 août 2017

Maria, rifugio sicuro dans Citazioni, frasi e pensieri Nostra-Signora

Il devoto Lanspergio fa parlare così il Signore: Uomini, poveri figli di Abramo, che vivete in mezzo a tanti nemici e a tante miserie, «abbiate cura di venerare con particolare affetto la Madre mia» e vostra.

«Io l’ho data al mondo come esempio di purezza» affinché da lei impariate a vivere come si deve; «e come rifugio sicuro affinché ricorriate a lei nelle vostre afflizioni.

Questa mia figlia l’ho fatta tale che nessuno possa temerla o possa esitare a ricorrere a lei.  Perciò l’ho creata di natura così benigna e pietosa che non sa disprezzare nessuno e non sa negare il suo favore a nessuno che lo domanda.

Ella tiene aperto a tutti il manto della sua misericordia e non permette che nessuno parta sconsolato dai suoi piedi».

Sia dunque sempre lodata e benedetta la bontà immensa del nostro Dio che ci ha dato una madre così grande e un’avvocata così tenera e amorevole.

di Sant’Alfonso Maria De Liguori – Le Glorie di Maria

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Maria, nostra Madre

Posté par atempodiblog le 8 mai 2016

Maria, nostra Madre dans Citazioni, frasi e pensieri Madonna

Se dunque Maria è nostra madre, possiamo riflettere su quanto ci ama. L’amore verso i figli è una necessità di natura. È questa la ragione per cui, come scrive san Tommaso, dalla legge divina è imposto ai figli il precetto di amare i genitori, mentre invece non c’è un precetto per imporre ai genitori di amare i figli, perché l’amore verso la propria prole è impresso nel cuore con tanta forza dalla natura stessa, che anche gli animali più selvaggi, dice sant’Ambrogio, non possono fare a meno di amare i loro figli.

Così gli storici raccontano che le tigri, sentendo la voce dei figli presi dai cacciatori, si gettano in mare sforzandosi di raggiungere a nuoto le navi che li portano via. Se dunque, dice la nostra amorevole madre Maria, neppure le tigri sanno dimenticare i figli, come potrei io dimenticarmi di amare voi, figli miei?

«Potrà forse una donna dimenticare il suo bambino, da non sentire più compassione per il figlio delle sue viscere? E se pur questa lo potrà dimenticare, io non mi dimenticherò mai di te!» (Is 49,15). No, non è possibile che io cessi di amare un’anima di cui sono madre. Maria è nostra madre non di carne, come abbiamo detto, ma di amore.

di Sant’Alfonso Maria De Liguori – Le Glorie di Maria

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Maria è nostra Madre

Posté par atempodiblog le 9 mai 2015

Maria è nostra Madre dans Fede, morale e teologia Madonna

Non a caso né invano i devoti di Maria la chiamano “Madre”. Sembra che non sappiano invocarla con altro nome e non si stancano mai di chiamarla così. E’ giusto, perché Maria è veramente nostra madre, non carnale, ma spirituale delle nostre anime e della nostra salvezza.

di Sant’Alfonso Maria De Liguori – Le Glorie di Maria

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L’amore che Gesù Cristo ci porta

Posté par atempodiblog le 2 juin 2014

L'amore che Gesù Cristo ci porta dans Citazioni, frasi e pensieri Ges

“Oh, se intendessimo l’amore che arde per noi nel Cuore di Gesù!… Ci ha tanto amati, che se mettessimo insieme tutto l’amore di cui sono capaci gli uomini, i Santi e gli Angeli, non arriveremmo che alla millesima parte dell’amore che Gesù Cristo ci porta”.

Sant’Alfonso Maria de Liguori

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Maria con la sua bellezza ha strappato Dio dal seno del Padre

Posté par atempodiblog le 25 mars 2014

Maria con la sua bellezza ha strappato Dio dal seno del Padre dans Citazioni, frasi e pensieri Madonna

Con la Tua bellezza Tu hai conquistato l’amore di un Dio, strappandolo, per così dire, dal seno dell’Eterno Padre, attirandoLo sulla terra per farsi uomo e figlio Tuo; e io misero verme non Ti amerò? No, mia dolce Madre, anch’io voglio amarTi, amarTi molto e voglio fare tutto ciò che posso per vederTi amata anche dagli altri. Gradisci dunque, Maria, questo mio desiderio e aiutami a realizzarlo. Io so che quelli che Ti amano sono guardati con compiacimento dal Tuo Dio. Dopo la Sua gloria Egli non desidera altro che la Tua gloria nel vederti onorata e amata da tutti.

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori – Le glorie di Maria

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Al Paradiso per mezzo di Maria

Posté par atempodiblog le 26 janvier 2014

Al Paradiso per mezzo di Maria dans Citazioni, frasi e pensieri Maria-e-Ges

La santa Madre è anche chiamata dalla Chiesa stella del mare: “Ave, Maris Stella”. Infatti, dice san Tommaso, “come i naviganti sono guidati al porto per mezzo della stella, così i cristiani sono guidati al Paradiso per mezzo di Maria”. Allo stesso modo, san Pier Damiani la chiama “Scala del Cielo” poiché “per mezzo di Maria Dio è sceso dal cielo in terra, affinché grazie a lei gli uomini meritassero di salire dalla terra al Cielo”. Sant’Anastasio esclama: “Ave, sei stata ripiena di grazia perché Tu fossi la via della nostra salvezza e il cammino per ascendere alla patria celeste”. Perciò san Bernardo chiama la Vergine “Veicolo per salire al Cielo” e san Giovanni Geometra la saluta: “Salve, Nobilissimo Cocchio” sul quale i suoi devoti sono condotti in Cielo. San Bonaventura dice: “Beati quelli che Ti conoscono, o Madre di Dio! Il conoscerTi è la strada della vita immortale e il pubblicare le Tue virtù è la via della salvezza eterna”. Nelle Cronache francescane si narra che fra Leone vide un giorno una scala rossa sopra cui stava Gesù Cristo e una scala bianca sopra cui stava la Sua santa Madre. Osservò che alcuni cominciavano a salire la scala rossa ma, dopo pochi gradini, cadevano; ricominciavano a salire e cadevano di nuovo. Esortati ad andare per la scala bianca, li vide salire felicemente, mentre la Beata Vergine porgeva loro la mano e così giungevano senza difficoltà in paradiso.

Sant’Alfonso Maria de Liguori

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Santo e musicista: Alfonso Maria de Liguori

Posté par atempodiblog le 3 janvier 2014

Santo e musicista  Alfonso Maria de Liguori
di Francesco Agnoli – Il Foglio
Tratto da: La Roccia splendente

Santo e musicista: Alfonso Maria de Liguori dans Canti Coro-canti-di-Natale

Tu scendi dalle stelle o re del cielo e vieni in una grotta al freddo e al gelo”: inizia così la più celebre canzone popolare di Natale, e può venir voglia di conoscere chi sia l’autore e quale sia stata la sua vita. Alfonso Maria de Liguori, questo il nome di colui che la ideò, nasce a Napoli nel 1696, da famiglia nobile e ricca. Dati i natali, la sua vita sembrerebbe già scritta: lo aspettano onori, ricchezze, potere. Suo padre nutre grandi ambizioni per il figlio, e lui ha doti non ordinarie. Studia musica, ama dipingere, si iscrive, a 12 anni, presso l’Università di Napoli, per divenire avvocato.

L’età minima, per accedere al titolo, sono i 20 anni: Alfonso viene rivestito di una toga più grande di lui, già a 16. Se l’aspirante è eccezionale, si può fare eccezione. Divenuto avvocato, Alfonso si impone una moralità ferrea, in un mestiere difficile. Nello stesso tempo frequenta varie confraternite, che lo portano per esempio a visitare i malati, i sifilitici, i derelitti del grande ospedale di Napoli, gli Incurabili. L’ ingresso “nella confraternita della Visitazione portava per la prima volta il nostro brillante samaritano ad avvicinare, a incontrare, a toccare con le sue mani, ogni settimana, per anni, l’uomo a terra, spogliato, ferito, gemente nel fossato, ai bordi del suo cammino di ricco. Per otto anni si piegherà su di lui con orrore, con amore, con fede nella parola di Gesù: ‘Quello che fate al più piccolo dei miei lo fate a me’” (T.R.Mermet).

Alfonso fa parte anche della Confraternita di santa Maria della Misericordia, i cui membri sono dediti al seppellimento degli indigenti, ai preti pellegrini o stranieri, e a quelli detenuti per indegnità nelle carceri dell’Arcivescovado. Alfonso per dieci anni, dal 1714 al 1726, gira per Napoli, una volta la settimana, questuando per tutti questi. E’ nel 1723, quando la carriera sembra inarrestabile, che proprio mentre si piega su un malato degli Incurabili, egli sente come una voce che lo chiama: “Lascia il mondo e datti a me”. Nonostante la disperazione del padre, Alfonso segue l’ispirazione e si avvia agli studi per il sacerdozio, che sarà speso negli studi, negli scritti di morale (tra cui la Theologia moralis, La pratica del Confessore e Apparecchio alla morte), nelle missioni al popolo, nel confessionale, nelle celle dei prigionieri, tra i lazzaroni, le prostitute, i poco di buono e i peccatori di ogni genere…

Qui, tra questa umanità dolorante, l’uomo di dottrina e di carità, acquista quella saggezza, nel trattare non solo con i malati nel corpo, ma anche con quelli nello spirito, che gli varrà il titolo, concesso da Pio XII nel 1950, di “celeste patrono dei moralisti e dei confessori”. Saggezza che consiste in quel santo equilibrio con cui il santo sa affrontare il peccato: condannandolo, certamente, ma piegandosi anche con benignità ed amore sui peccatori. Alfonso è un avversario del rigorismo che trasforma la vita morale in terrorismo spirituale: confessa, esige e perdona, impone penitenze che non siano eccessive e da buon ammiratore di san Filippo Neri, di san Vincenzo de Paoli e di san Francesco di Sales (quello che invitava a conquistare le anime con il miele piuttosto che con il fiele), impara ad evangelizzare gli uomini con la semplicità (voleva farsi intendere anche dalle “menti di legno”), le devozioni popolari, la meditazione. Tenendosi lontano dallo zelo amaro e dall’algida moralità giansenista. Alfonso invita i confratelli predicatori a non dimenticare di inculcare il “timor di Dio”, ma evitando gli eccessi, le “maledizioni”, perché le conversioni vere nascono solo quando “entra nel cuore il santo amore di Dio”.

Napoli è la città giusta per lui: così piena di contraddizioni, di cultura e di miseria, di fede e di superstizione, di processioni e di bestemmie e sacrilegi… Un impasto in cui l’umanità dà il meglio e il peggio di sé, e in cui non si può raccogliere solo ciò che brilla e riluce, a prima vista.

Napoli è anche la città della musica che Alfonso ama sin da ragazzo (abbandonerà il suo clavicembalo solo una volta divenuto vescovo) e che sarà sempre, per lui, un modo per pregare ed istruire il popolo. Napoli è infatti la città in cui i discepoli di san Filippo Neri, inventore dell’Oratorio, frequentati da Alfonso già dal 1706, propongono di continuo concerti religiosi e ‘ricreativi’; è la città in cui gli orfani “scugnizzi” sono internati nei “Conservatori”, luoghi in cui, come dice la parola, devono essere custoditi e magari educati anche attraverso la musica. “A Napoli, scrive il già citato Mermet, la musica era per il popolo una seconda lingua, così questi Conservatori divennero ‘gabbie di usignoli’ e nel corso del XVII secolo si evolveranno progressivamente in scuole musicali”.

Da sant’Alfonso, “il più napoletano dei santi”, avvocato, moralista, confessore, amico dei poveri, è nato dunque quel canto di cui si diceva all’inizio; come pure quell’altro, bellissimo, in cui i Cieli fermano la loro armonia, perché la Madonna canti la sua ninna nanna; e pure quell’altro, così dolce, in dialetto napoletano: “Quanno nascette Ninno…”.

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