La confessione natalizia

Posté par atempodiblog le 5 décembre 2011

La confessione natalizia dans Don Tino Rolfi Sacramento-della-riconciliazione

Da parte di noi sacerdoti la confessione natalizia rappresenta un grande impegno, perché grazie a Dio sono ancora moltissimi i fedeli che desiderano accostarsi a questo Sacramento in occasione del S. Natale. Per cui, nei giorni precedenti alla grande solennità, il lavoro ferve e noi siamo sempre più legati al confessionale, per ascoltare tutti coloro che hanno questo vivo desiderio, di ricevere il perdono di Dio e di rinnovare com’è giusto la propria vita. La vigilia di Natale poi, le nostre chiese pullulano di persone che attendono con pazienza il proprio turno per assolvere a questo importante dovere cristiano.
Talvolta i sacerdoti abbondano di consigli ed esortazioni, trattenendo il penitente per un tempo eccessivo: cosicché ci si mette in fila più volentieri là dove ci si sente più accolti, e dove si ritiene che il confessore intuisca più in fretta la propria situazione, senza domande superflue. Don Bosco diceva che bastano tre minuti per risolvere una vita di peccato che durava da anni.
Naturalmente, da parte del penitente, occorre un pentimento sincero e il vivo desiderio di cambiar vita: senza questi due elementi fondamentali non abbiamo i presupposti per una buona confessione natalizia, e perciò per vivere bene il S. Natale, che è festa di gioia, ma che potrebbe anche passare nella nostra vita senza lasciare alcuna traccia, rimanendo il nostro cuore chiuso alla conversione, e perciò ancora nel buio e nella tristezza.
Quali sono le virtù che dobbiamo maggiormente coltivare avvicinandosi il S. Natale? Io direi che sono soprattutto due: l’umiltà e la carità.

1.
L’umiltà.
Quando ci mettiamo davanti al presepe noi contempliamo un piccolo Bambino, inerme e indifeso, che non può certo confidare nelle proprie forze, ma solo nell’amore della mamma e del papà, che gli stanno accanto, e che lo riscaldano con il loro affetto e le loro premure, insieme ai due simpatici animali che fanno sempre da sfondo: il bue e l’asinello. Quale capolavoro di semplicità e di umiltà, se pensiamo che questo Bambino è nientemeno che il Figlio di Dio fatto uomo, sceso in mezzo a noi a condividere la nostra povera umanità, per donarci la sua eccelsa divinità! Dunque chi si accosta alla confessione natalizia deve in qualche modo imitare l’abbassamento al nostro Salvatore e presentarsi al sacerdote senza alcun artificio umano, volto a capire in parte la propria miseria, perché appaia solo il meglio di noi. No, più ci si umilia, e più si è perdonati e giustificati. Ed è il ritornello costante di tutte le lettere di S. Paolo: che cioè si è giustificati non tanto per le proprie opere (sempre mancanti), ma piuttosto per la fede in Cristo, che è venuto apposta nel mondo per toglierci il peccato e per ridarci la grazia di Dio. E S. Paolo parla certo per esperienza, dato i suoi trascorsi di
persecutore dei cristiani.

2.
La seconda virtù da curare, avvicinandosi il S. Natale, è certo la carità.
Come possiamo ricevere il perdono di Dio, se a sua volta non concediamo il perdono ai nostri fratelli che ci hanno offeso, o comunque hanno ferito il nostro orgoglio? I Santi dicevano che i nostri migliori benefattori non sono coloro che ci lodano, ma piuttosto coloro che ci umiliano e ci maltrattano.
Si, perché in questo modo ci correggono e ci danno modo di esercitare molte virtù cristiane, che forse avevamo dimenticato da tempo. Nessuno si accosti alla confessione natalizia senza prima aver risolto certe tensioni o certi contrasti che possiamo avere col nostro prossimo: altrimenti la nostra offerta (cioè la nostra richiesta di perdono) non sarà gradita a Dio, e non potremo da Lui essere in alcun modo giustificati. Dunque, essendo il S. Natale la festa  dell’amore, ecco che occorre molto esercitarsi in questa virtù, che giustamente viene considerata la regina di ogni virtù cristiana.
Auguro perciò a tutti una buona confessione natalizia, che ci liberi il cuore da ogni tristezza e ci faccia ben sperare per il futuro, nostro e dei nostri figli.

Don Tino Rolfi
Tratto da: Il giornalino di Radio Maria

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Imitare Cristo nella carità verso tutti

Posté par atempodiblog le 20 août 2011

Gmg. Il Papa ai seminaristi: imitate Cristo nella carità verso tutti senza escludere lontani e peccatori
di Debora Donnini – Radio Vaticana

Imitare Cristo nella carità verso tutti dans Fede, morale e teologia santopadreamadrid

Anche se vi disprezzano non lasciatevi intimorire. Una vita radicata in Cristo attrae coloro che cercano Dio. Così in sintesi Benedetto XVI nell’omelia della Messa celebrata questa mattina nella Cattedrale di Santa Maria la Real de la Almudena, per i giovani seminaristi, sempre nell’ambito della Giornata mondiale della Gioventù. All’interno della cattedrale oltre mille seminaristi; altre migliaia da tutto il mondo hanno seguito l’Eucaristia all’esterno. Al termine Benedetto XVI ha annunciato che prossimamente dichiarerà il sacerdote San Juan de Avila Dottore della Chiesa. E all’uscita dalla sagrestia ha avuto un breve colloquio privato con Mariano Rajoy Brey, presidente del Partito Popolare, maggiore formazione dell’opposizione in Spagna; ieri pomeriggio si era svolto l’incontro col premier spagnolo Josè L. Rodriguez Zapatero. Quindi il pranzo con i cardinali spagnoli, i vescovi di Madrid e il seguito papale nella residenza del cardinale arcivescovo Antonio Maria Rouco Varela che proprio oggi festeggia il suo 75.mo compleanno.

“Queridos amigos os preparáis para ser apóstoles con Cristo y como Cristo, … Cari amici, preparatevi ad essere apostoli con Cristo e come Cristo, per essere compagni di viaggi e servitori degli uomini”.

Sono le parole che il Papa rivolge alle migliaia di giovani seminaristi che lo accolgono festanti al suo arrivo nella cattedrale di Santa Maria la Real de la Almudena. Il Papa spiega loro come vivere gli anni di preparazione al sacerdozio: nel “silenzio interiore”, nella preghiera costante, nello studio, nel “prudente inserimento nell’azione e nelle strutture della Chiesa”. E anche a verificare “se questo cammino, che richiede audacia e autenticità, è il vostro, dice, avanzando fino al sacerdozio solo se sarete fermamente persuasi che Dio vi chiama ad essere suoi ministri e fermamente decisi a esercitarlo obbedendo alle disposizioni della Chiesa”. La Chiesa, ricorda, è comunità e istituzione creata da Cristo mediante lo Spirito Santo e, “allo stesso tempo, risultato di quanti la costituiamo con la nostra santità e con i nostri peccati”. Dio, infatti, non disdegna di “fare dei poveri e peccatori suoi amici e strumenti di redenzione del genere umano”. La santità della Chiesa è prima di tutto la Santità di Cristo, ma “noi dobbiamo essere santi, sottolinea, per non creare una contraddizione fra il segno che siamo e la realtà che vogliamo significare”.

« Configurarse con Cristo comporta, queridos seminaristas, identificarse…
Configurarsi a Cristo comporta, cari seminaristi, identificarsi sempre di più con Colui che per noi si è fatto servo, sacerdote e vittima. Configurarsi a Lui è, in realtà, il compito per il quale ogni sacerdote deve spendere per tutta la vita”.

Benedetto XVI sa che “questo compito ci sorpassa e non potremo raggiungerlo pienamente, però, come dice san Paolo, corriamo verso la meta sperando di raggiungerla”. Bisogna dunque avere disponibilità al Maestro, che è quella che ispira il celibato, il distacco dai beni terreni e “l’obbedienza sincera senza dissimulazione”. Si deve chiedere a Cristo di imitarlo nella carità verso tutti “senza escludere i lontani e i peccatori” perché si convertano. Una sfida da affrontare senza complessi né mediocrità:

« Apoyados en su amor, no os dejéis intimidar por un entorno en el que se … Sostenuti dal suo amore non lasciatevi intimorire da un ambiente nel quale si pretende di escludere Dio e nel quale il potere, il possedere o il piacere sono spesso i principali criteri sui quali si regge l’esistenza. Può darsi che vi disprezzino, come si suole fare verso coloro che richiamano mete più alte o smascherano gli idoli dinanzi ai quali oggi molti si prostrano. Sarà allora che una vita profondamente radicata in Cristo si rivelerà realmente come una novità, attraendo con forza coloro che veramente cercano Dio, la verità e la giustizia”.

All’inizio il saluto dell’arcivescovo di Madrid, il cardinale Antonio Maria Rouco Varela. In questa Basilica, la cui costruzione è cominciata nel 1883 e nel 1993 è stata dedicata dal beato Giovanni Paolo II, si trova la Statua della Vergine de la Almudena, un crocifisso ligneo del ‘600, mosaici dai mille colori sulle volte e, nell’abside, le recenti pitture con scene della vita di Cristo di Kiko Arguello.

In quest’atmosfera luminosa e colorata, risuonano le parole gioiose di un giovane seminarista che gli rivolge un “augurio” speciale:

“Queremos felicitarle especialmente por su 60 anos de vida sacerdotal… Vogliamo farle gli auguri specialmente per i suoi 60 anni di vita sacerdotale che abbiamo celebrato con grande affetto”. (applausi)

Il Papa ha, quindi, annunciato che dichiarerà prossimamente il sacerdote San Juan de Ávila Dottore della Chiesa Universale, esortando i sacerdoti a seguire il suo esempio.

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Pensieri sul Sacramento dell’Ordine

Posté par atempodiblog le 14 août 2011

Pensieri sul Sacramento dell’Ordine dans Sacramento dell’Ordine Jean-Marie-Baptiste-Vianney-Curato-d-Ars

«Se non avessimo il Sacramento dell’Ordine, noi non avremmo Nostro Signore.

Chi l’ha messo nel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha ricevuto la vostra anima al suo ingresso a questo mondo? Il sacerdote. Chi la nutre per darle forza di fare il suo pellegrinaggio? Sempre il sacerdote. Chi la preparerà a comparire davanti a Dio, lavando l’anima per la prima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, ogni volta il sacerdote.

Se l’anima, poi, giunge all’ora del trapasso, chi la farà risorgere, rendendole la calma e la pace? Ancora una volta il sacerdote. Non potete pensare a nessun beneficio di Dio senza incontrare, insieme a questo ricordo, l’immagine del sacerdote.

Se andaste a confessarvi alla Santa Vergine o a un angelo, vi assolverebbero? No. Vi darebbero il Corpo e il Sangue di Gesù? No. La Santa Vergine non può far scendere il Suo divin Figlio nella Santa ostia. Anche duecento angeli non vi potrebbero assolvere.

Un sacerdote, per quanto semplice sia, lo può fare, egli può dirvi: “Va in pace, ti perdono”. Che cosa grande è il sacerdote!…»

Santo Curato d’Ars
[A. Monnin, Spirito del Curato d’Ars, Ed. Ares, Roma 1956, p.81-82]
Tratto da: Luci sull’Est

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Fare buone confessioni

Posté par atempodiblog le 29 juin 2011

Fare buone confessioni dans Citazioni, frasi e pensieri Confessionale

I giovani che il demonio voleva portar via con sé, sono particolarmente quelli che si confessano male, che fanno sacrilegi nella confessione. Ricordati bene: quando predichi soprattutto alla gioventù insisti molto sulla necessità di fare buone confessioni e in specie sulla necessità della contrizione.

San Giovanni Bosco

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Celibato, basta bugie. Manca la fede

Posté par atempodiblog le 20 juin 2011

Celibato, basta bugie. Manca la fede
di Antonio Giuliano  – labussolaquotidiana.it

Celibato, basta bugie. Manca la fede dans Articoli di Giornali e News Altro-Ges

Tutta colpa del celibato, dicono. Così i recenti casi di abusi e pedofilia hanno ridestato le puntuali accuse contro la Chiesa che obbliga i preti a non sposarsi. Al di là dei soliti pregiudizi, in una società che esalta il consumismo affettivo, i sacerdoti (ma anche i religiosi/e) sono visti come marziani. Ecco perché libri come quello di Mauro Leonardi Come Gesù (Ares, pp. 328, euro 16) o quello di Arturo Cattaneo Preti sposati? (Elledici, pp. 144, euro 9), di questi tempi appaiono davvero arditi: la scelta di seguire Cristo donandosi totalmente non è per nulla “castrante” del cuore umano. E Cattaneo, da teologo e docente di Diritto canonico, non schiva certo le questioni più scottanti, come ha fatto nel suo libro (con prefazione del cardinale Mauro Piacenza), nel quale richiama anche le tesi di autorevoli esperti.

Perché gli abusi da parte di uomini di Chiesa non possono essere spiegati con il celibato?
Chi afferma o suppone una simile relazione sta cercando un pretesto per screditare il celibato. Nessuno studio serio ha infatti potuto stabilire un rapporto fra celibato e pedofilia o abusi sessuali. A nessuno verrebbe in mente di imputare al matrimonio il fatto che persone sposate commettano tali abusi. Non si vede perché debba essere diverso nel caso del celibato. Ciò non toglie che, per la dignità di cui è investito il sacerdote di Cristo, pur ridimensionando il fenomeno e scagionando il celibato, l’abuso sessuale commesso da sacerdoti è particolarmente odioso, tragico e offensivo.

In una cultura segnata dall’ipersessualizzazione, non le pare che il celibato sia antistorico e contro-natura dal punto di vista psicoaffettivo?
Sono d’accordo con lo psicoterapeuta tedesco Manfred Lütz quando dice che la vita celibataria sarebbe innaturale solo quando l’esser da solo diventa una forma di egoismo chiuso in sé o una narcisistica messinscena di sé. Da un tale pericolo, non è però esento nemmeno l’uomo sposato. Oltre all’accusa di essere “innaturale” il celibato è spesso indicato quale una delle principali cause di certe crisi esistenziali di alcuni sacerdoti. Ma all’origine di tali crisi non è il celibato, ma l’inaridimento della vita spirituale. Quando un sacerdote non prega più regolarmente, quando egli stesso non si accosta più al sacramento della riconciliazione, in altre parole, quando egli non intrattiene più una relazione vitale con Dio, allora egli, come sacerdote, non è più fecondo. I fedeli stessi si rendono conto che da lui non emana più la forza dello spirito di Dio. Non è difficile comprendere come tutto ciò possa portare il prete ad uno stato di insoddisfazione e di frustrazione.

C’è qualcosa da rivedere all’interno dei seminari?
Al momento dell’ammissione al seminario e dell’accettazione per il conferimento dell’ordine, bisognerà procedere con grande diligenza e coerenza, senza lasciarsi condizionare dal desiderio di incrementare il numero delle vocazioni. La qualità è più importante della quantità. Da parte dei responsabili occorre il pieno riconoscimento della verità cristiana in materia di morale sessuale. Ciò contribuirà a un rinnovamento sia del sacerdozio sia della vita matrimoniale e familiare.

L’altro cavallo di battaglia contro il celibato è la tesi per cui favorirebbe la presenza di omosessuali tra i sacerdoti.
Se in qualche diocesi si osservasse un numero relativamente alto di sacerdoti con tendenze omosessuali, ciò indicherebbe che non si sono seguiti con sufficiente cura i criteri di selezione dei candidati al sacerdozio. La causa di una simile situazione non sarebbe certamente il celibato, per il semplice fatto che questa promessa presuppone che il futuro sacerdote sia eterosessuale. Infatti la rinuncia volontaria e consapevole, per amore del Regno dei Cieli, a quei beni naturali che sono il matrimonio e la famiglia è possibile solo a un uomo eterosessuale. Se uno promettesse di rinunciare a qualcosa che per lui non è un bene naturale ma gli è indifferente, estraneo o non lo attira, in realtà non farebbe una rinuncia; il termine rinuncia diventerebbe assolutamente privo di contenuto e non avrebbe nessun senso.

Una rinuncia alla quale Gesù “invita” non obbliga…
Certamente il celibato è un invito, un dono che il Signore offre e non può essere imposto a nessuno. La Chiesa – guidata dallo Spirito Santo – ha gradatamente riconosciuto l’importanza di scegliere i candidati per il ministero sacerdotale fra coloro che hanno ricevuto tale dono. Riguardo al suo valore, Gesù ha precisato: “Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso” (Mt 19,11). Ciò implica una comprensibile prudenza nel discernimento delle vocazioni al sacerdozio. La Chiesa è la prima interessata a evitare che diventi sacerdote chi non è in grado di vivere le esigenze del celibato. Quest’ultimo è infatti un dono, ma anche un compito e una chiamata ad amare di più.

Ma i preti sposandosi non capirebbero di più i problemi delle famiglie?
Chi prende sul serio l’accompagnamento spirituale dei fedeli arriva ad avere più esperienze di non pochi sposati. Manfred Lütz ha osservato che un pastore d’anime sposato, così come uno psicoterapeuta sposato, corre sempre il rischio di rivivere inconsciamente e di far agire nel caso presente davanti a sé le esperienze del proprio matrimonio. Perciò egli ha bisogno, in genere, di una supervisione, per evitare simili rischi. Al contrario, un buon pastore d’anime ha una ricca esperienza esistenziale con tantissime vicende matrimoniali. Da tutto ciò egli può attingere per i casi più difficili. Si spiega così la straordinaria fecondità degli scritti di Giovanni Paolo II sul matrimonio.

Però in Oriente i preti si sposano…
Questo è uno dei temi su cui esiste forse la maggior disinformazione. La Chiesa primitiva ammetteva sacerdoti sposati, ma a condizione che essi, dopo l’ordinazione, vivessero in perfetta e perpetua continenza. Questa richiesta, non ancora teorizzata teologicamente, dimostra che sin dall’inizio c’era la convinzione che il sacerdote dovesse esser libero da ogni altro legame per potersi donare alla Chiesa sull’esempio di Cristo. Difatti la Chiesa latina con la progressiva introduzione a partire dal IV secolo del requisito del celibato è rimasta in sintonia con la pratica originale di un clero continente. E nei primi secoli, le Chiese d’Oriente hanno promosso l’astinenza dei chierici anche più di quelle d’Occidente. Poi l’obbligo all’astinenza si è iniziato a indebolire nelle Chiese orientali a causa degli scismi e di alcune manipolazioni dei testi dei precedenti concili. L’interpretazione della Chiesa orientale va dunque sfatata, perché storicamente insostenibile. Sebbene la Chiesa di Roma abbia accettato quella disciplina, sarebbe più logico promuovere anche lì il sacerdozio celibatario.

Eppure anche nella Chiesa son tornate a farsi sentire voci progressiste contro il celibato. E viene ricordato come anche il teologo Ratzinger nel 1970 era possibilista sui preti sposati.
Nel 1970 la commissione teologica della Conferenza episcopale tedesca (a cui apparteneva Ratzinger) suggerì effettivamente di aprire una discussione sul tema, il documento non venne però firmato da Ratzinger. Penso che chi chieda di abolire l’esigenza del celibato dovrebbe avere maggior rispetto nei confronti di quanto il Magistero insegna. Quest’ultimo ha individuato la ragione teologica del celibato nella configurazione del sacerdote a Gesù Cristo, Capo e Sposo della Chiesa. Ciò permette al sacerdote di vivere il celibato non come un elemento isolato o puramente negativo (rinuncia difficile), ma quale frutto di una libera scelta d’amore – continuamente da rinnovare – in risposta ad un invito di Dio a seguire Cristo nel suo donarsi come “Sposo della Chiesa”, partecipando così alla paternità e alla fecondità di Dio.

In che modo i sacerdoti possono essere aiutati a vivere il celibato?
Ciò che maggiormente aiuta a vivere, e con gioia, il celibato è accoglierlo con la giusta motivazione, ossia quella del dono a Cristo e alle anime. Così il celibato non solo non sarà causa di solitudine, ma sarà fecondo di compagnia e di amicizia. Anzitutto con Cristo, incontrato quotidianamente nell’Eucaristia e nella preghiera, ma poi anche con i fratelli. Da Gesù il sacerdote impara ad amare i fedeli lui affidati nel modo giusto e autentico, senza cedere a tentazioni possessive di nessun genere, ma spinto sempre dal desiderio di servire. Aprendosi a tutti, senza fare preferenze che facilmente sono dettate da un compiacimento personale ed egoistico. Il celibato non significa inibizione del cuore, che di per sé tende ad amare, ma è proprio uno stimolo ad amare ancora di più e meglio.

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Il Papa chiede di pregare a giugno per i sacerdoti

Posté par atempodiblog le 31 mai 2011

Il Papa chiede di pregare a giugno per i sacerdoti
Intenzioni per l’Apostolato della Preghiera

Il Papa chiede di pregare a giugno per i sacerdoti dans Fede, morale e teologia pregare

Nel mese di giugno che sta per iniziare, Benedetto XVI chiede in particolare preghiere per i sacerdoti, perché siano testimoni autentici dell’amore di Dio.

E’ la proposta che fa nelle intenzioni di preghiera contenute nella lettera pontificia che ha affidato all’Apostolato della Preghiera, iniziativa seguita da circa 50 milioni di persone nei cinque continenti.

L’intenzione generale per il mese di giugno recita: “Perché i sacerdoti, uniti al Cuore di Cristo, siano sempre veri testimoni dell’amore premuroso e misericordioso di Dio”.

Questa richiesta del Papa ha luogo a un anno dalla chiusura dell’Anno Sacerdotale, periodo in cui la Chiesa si è unita in modo particolare in preghiera per i suoi sacerdoti nel mezzo di scandali che hanno visto protagonisti pochissimi di loro ma hanno provocato un grave danno nella percezione della loro vocazione da parte dell’opinione pubblica.

Il mese di giugno è anche quello che la Chiesa dedica tradizionalmente al Sacro Cuore di Gesù.

Oltre all’intenzione generale, il Papa propone ogni mese anche un’intenzione missionaria, che a giugno recita: “Perché lo Spirito Santo faccia sorgere dalle nostre comunità numerose vocazioni missionarie, disposte a consacrarsi pienamente alla diffusione del Regno di Dio”.

Fonte: Zenit.org

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Ascoltare e seguire Gesù

Posté par atempodiblog le 15 mai 2011

Ascoltare e seguire Gesù dans Commenti al Vangelo Altro-Ges

Cari fratelli e sorelle!
La liturgia della IV Domenica di Pasqua ci presenta una delle icone più belle che, sin dai primi secoli della Chiesa, hanno raffigurato il Signore Gesù: quella del Buon Pastore. Il Vangelo di san Giovanni, al capitolo decimo, ci descrive i tratti peculiari del rapporto tra Cristo Pastore e il suo gregge, un rapporto talmente stretto che nessuno potrà mai rapire le pecore dalla sua mano. Esse, infatti, sono unite a Lui da un vincolo d’amore e di reciproca conoscenza, che garantisce loro il dono incommensurabile della vita eterna. Nello stesso tempo, l’atteggiamento del gregge verso il Buon Pastore, Cristo, è presentato dall’Evangelista con due verbi specifici: ascoltare e seguire. Questi termini designano le caratteristiche fondamentali di coloro che vivono la sequela del Signore. Innanzitutto l’ascolto della sua Parola, dal quale nasce e si alimenta la fede. Solo chi è attento alla voce del Signore è in grado di valutare nella propria coscienza le giuste decisioni per agire secondo Dio. Dall’ascolto deriva, quindi, il seguire Gesù: si agisce da discepoli dopo aver ascoltato e accolto interiormente gli insegnamenti del Maestro, per viverli quotidianamente.

In questa domenica viene dunque spontaneo ricordare a Dio i Pastori della Chiesa, e coloro che si stanno formando per diventare Pastori. Vi invito pertanto a una speciale preghiera per i Vescovi – compreso il Vescovo di Roma! –, per i parroci, per tutti coloro che hanno responsabilità nella guida del gregge di Cristo, affinché siano fedeli e saggi nel compiere il loro ministero. In particolare, preghiamo per le vocazioni al sacerdozio in questa Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, affinché non manchino mai validi operai nella messe del Signore. Settant’anni or sono, il Venerabile Pio XII istituì la Pontificia Opera per le vocazioni sacerdotali. La felice intuizione del mio Predecessore si fondava sulla convinzione che le vocazioni crescono e maturano nelle Chiese particolari, facilitate da contesti familiari sani e irrobustiti da spirito di fede, di carità e di pietà. Nel messaggio inviato per questa Giornata Mondiale ho sottolineato che una vocazione si compie quando si esce “dalla propria volontà chiusa e dalla propria idea di autorealizzazione, per immergersi in un’altra volontà, quella di Dio, lasciandosi guidare da essa”. Anche in questo tempo, nel quale la voce del Signore rischia di essere sommersa in mezzo a tante altre voci, ogni comunità ecclesiale è chiamata a promuovere e curare le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Gli uomini infatti hanno sempre bisogno di Dio, anche nel nostro mondo tecnologico, e ci sarà sempre bisogno di Pastori che annunciano la sua Parola e fanno incontrare il Signore nei Sacramenti.

Cari fratelli e sorelle, rinvigoriti dalla gioia pasquale e dalla fede nel Risorto, affidiamo i nostri propositi e le nostre intenzioni alla Vergine Maria, madre di ogni vocazione, perché con la sua intercessione susciti e sostenga numerose e sante vocazioni al servizio della Chiesa e del mondo.

Cari fratelli e sorelle, la beatificazione del Papa Giovanni Paolo II ha avuto, come sapete, una risonanza mondiale. Vi sono altri testimoni esemplari di Cristo, molto meno noti, che la Chiesa addita con gioia alla venerazione dei fedeli. Oggi, a Würzburg, in Germania, è proclamato beato Georg Häfner, sacerdote diocesano, morto martire nel campo di concentramento di Dachau; e sabato 7 maggio scorso, nella diocesi Pozzuoli, è stato beatificato un altro presbitero, Giustino Maria Russolillo, fondatore della Società delle Divine Vocazioni. Ringraziamo il Signore perché non fa mancare santi sacerdoti alla sua Chiesa!

Benedetto XVI

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Pregare per i Sacerdoti

Posté par atempodiblog le 24 mars 2011

Pregare per i Sacerdoti dans Quaresima S-Faustina-Kowalska

Oggi ho visto il Signore in una grande bellezza e mi ha detto: “Mia cara vittima, prega per i sacerdoti, specialmente in questo tempo di mietitura”.

Santa Faustina Kowalska

*Il termine “mietitura” nella lingua dei sacerdoti indica il periodo della Quaresima, che è un tempo di esercizi spirituali per i fedeli. I pastori delle anime (i mietitori di Dio) si impegnano in modo speciale per avvicinare le anime al Signore.

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Le dita dei Sacerdoti

Posté par atempodiblog le 23 juin 2010

Le dita dei Sacerdoti dans Citazioni, frasi e pensieri Curato-d-Ars

Si dà un gran valore agli oggetti che sono stati deposti, a Loreto, nella scodella della Vergine Santa e del Bambino Gesù. Ma le dita del Sacerdote, che hanno toccato la Carne adorabile di Gesù Cristo, che sono state affondate nel calice, dove è stato il Suo Sangue, nella pisside dove è stato il Suo Corpo, non sono forse più preziose?

S. Giovanni M. Vianney – Curato d’Ars

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Il sacerdozio è un dono di Dio per la redenzione del mondo

Posté par atempodiblog le 17 juin 2010

Riflessione del Direttore di Radio Maria Spagna

Il sacerdozio è un dono di Dio per la redenzione del mondo dans Fede, morale e teologia Jean-Marie-Baptiste-Vianney-Curato-d-Ars

[...] Pregare per i sacerdoti e per le vocazioni sacerdotali equivale a pregare Dio per se stessi e per i propri bisogni. Infatti, la ragione del sacerdozio non è la realizzazione dei sacerdoti. Il presbitero non è un uomo che ha scelto una professione per il proprio piacere, ma qualcuno che ha risposto alla chiamata di Dio, che gli chiede di donare la sua vita come il “pane spezzato” per la redenzione del mondo. La preghiera per i sacerdoti assomiglia alla preghiera di Gesù durante l’Ultima Cena, in cui ha pregato il Padre per i Suoi apostoli e per tutti quelli che, nei secoli, avrebbero conosciuto la Fede grazie alle loro parole e a quelle dei loro successori.

Il Curato d’Ars non si distingue per qualità speciali, come un linguaggio raffinato o un elaborato pensiero teologico. Era un semplice prete di campagna, conosciuto per andare subito “al sodo”, all’essenziale. Il suo impegno principale fu dedicare la sua vita ai “poveri peccatori”. Questa espressione potrebbe sembrare un po’ arcaica ed erede di una spiritualità ormai superata… niente di più sbagliato! È proprio questo il motivo del grande valore del sacerdozio: di tutti i mali che affliggono l’umanità, il sacerdozio lavora per quello principale: il peccato. Molti altri mali della nostra esistenza (malattie, povertà, mancanza d’affetto) possono farci soffrire, ma solo il peccato è in grado di privarci della carità e della speranza, indispensabili per ottenere la Vita Eterna.

Il Santo Curato d’Ars è conosciuto specialmente per il suo apostolato nel sacramento della confessione, alla cui paziente amministrazione arrivò a dedicare fino a quindici ore al giorno! E quando cadde per sfinimento, cinque giorni prima di morire, gli ultimi penitenti si strinsero intorno al letto del moribondo. Si calcola che, verso la fine della sua vita, il numero annuale di pellegrini penitenti avesse raggiunto la cifra di ottantamila.

Il Curato d’Ars soffriva e gioiva nello stesso tempo amministrando il sacramento del perdono, perché il suo unico desiderio era essere testimone della conversione dei peccatori, e per questo scopo utilizzava tutte le sue energie. Quando si imbatteva in anime impenitenti, piangeva davanti a loro: “Oh, amico mio -diceva-, io piango proprio perché tu non piangi”. Ma sempre la sua allegria era grande, nel vedere come rinascono alla speranza i cuori pentiti.

Ma il momento culmine della sua giornata, e quello che lo faceva gioire maggiormente, era la celebrazione dell’Eucaristia. Le seguenti parole sono sue: “Se il prete non avesse la consolazione e la felicità di celebrare la Santa Messa, non potrebbe sopportare il suo incarico”, “Solo in cielo si comprenderà la felicità di celebrare la Messa”. Sembra quasi che il Santo Curato d’Ars durante la Santa Messa “mietesse” la grazia che poi avrebbe distribuito nella Confessione!

In poche parole, i veri rimedi che alleviano il male dell’essere umano sono l’Eucaristia e la Confessione. Per questo, possiamo concludere dicendo che il sacerdozio è un dono di Dio per la redenzione del mondo. Mi rimetto alle incisive parole che il Papa recentemente ha rivolto con un videomessaggio a un gruppo di milleduecento sacerdoti che si sono dati appuntamento in un Ritiro Internazionale ad Ars: “Pensate al gran numero di messe che avete celebrato o che celebrerete, rendendo ogni volta Cristo realmente presente sull’altare. Pensate alle innumerevoli assoluzioni che avete dato e darete, permettendo a un peccatore di lasciarsi redimere. Percepite allora la fecondità infinita del sacramento dell’Ordine. Le vostre mani, le vostre labbra sono divenute, per un istante, le mani e le labbra di Dio. Portate Cristo in voi; siete, per grazia, entrati nella Santissima Trinità. Come diceva il Santo Curato: «Se si avesse la fede, si vedrebbe Dio nascosto nel sacerdote come una luce dietro un vetro, come un vino mescolato all’acqua»”.

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La riforma del santo sacerdote

Posté par atempodiblog le 23 mai 2010

La riforma del santo sacerdote
di Paolo Rodari – Il Foglio

La riforma del santo sacerdote dans Articoli di Giornali e News Sacerdote

Nelle difficoltà serve un celibato più puro e una liturgia più aderente al suo senso vero

Il vaticanista Sandro Magister dice una cosa che vale la pena ricordare quando si è di fronte alle richieste di riforma provenienti da una certa base del cattolicesimo, da coloro per i quali il dissenso è divenuto il centro della propria vita di fede: « Nei momenti cruciali, quando la chiesa è maggiormente in difficoltà anche a motivo dei peccati dei suoi componenti, i Pontefici hanno fatto sempre una cosa: rafforzare il celibato sacerdotale. La riformi gregoriana, ma anche quella tridentina, su questo caposaldo si sono affinate. Sulla ricerca di un clero scelto, una squadra di combattenti forti e virtuosi capaci di accettare la mortificazione del corpo a gloria di Dio e per il bene di tutta la chiesa. Preti celibi, preti sposi soltanto della. chiesa. E anche Benedetto XVI sta facendo la medesima cosa. Altrimenti non si spiegherebbe perché la straordinaria indizione di un anno dedicato ai sacerdoti il cui testimone principe è il curato d’Ars, un prete che visse il celibato totalmente, spendendo ogni energia per i suoi fedeli attraverso la celebra Il fuoco contro il celibato sacerdotale, in questo anno dedicato ai preti, è particolarmente insistente. Gli attacchi fanno male perché vengono da dentro la chiesa, dal suo interno, dai suoi uomini.

Non si tratta soltanto di dichiarazioni estemporanee di qualche vescovo della periferia dell’impero. Si tratta di uscite inaspettate di vescovi ritenuti vicini (anche idealmente) a Roma. A loro dire è impellente trovarsi a parlare, a confrontarsi e a discutere, del celibato. Che, fuori dall’ecclesialese, significa una cosa: eliminarlo. Perché soltanto riformando il cuore della vita della chiesa, appunto il sacerdozio, una vera rivoluzione in scia allo spirito dei tempi può avere luogo. Le dichiarazioni anti celibato di qualche giorno fa di monsignor Paul Iby, vescovo del Burgenland, sono soltanto ciò che emerge di una pressione sempre più intensa e sistematica. Una rivolta alimentata anche dall’evidente appoggio di alcuni cardinali. Tre giorni fa l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn, ha detto di capire « le preoccupazioni » di Iby: « Le preoccupazioni sollevate dal vescovo Iby sono le preoccupazioni di tutti noi ». Parole ascoltate con gravità oltre il Tevere, soprattutto alla luce del fatto che il Papa, indicendo l’anno sacerdotale, ha proposto altri modelli. L’ha ricordato due giorni fa sull’Osservatore Romano, probabilmente non a caso, il segretario del Clero, monsignor Mauro Piacenza: « L’anno sacerdotale nasce da una ricorrenza ben precisa, il centocinquantesimo anniversario della nascita al cielo del curato d’Ars, e proprio per indicare un’autentica realizzazione del modello sacerdotale ». E poi l’affondo sul celibato, il cui fondamento è in Cristo,: « Non basta dire che Cristo e la sua vita furono verginali, la verginità non è qualcosa di aggunto all’esistenza terrena di Cristo, ma appartiene alla sua stessa essenza. Cristo è la verginità stessa e quindi ne è il modello. Certamente esistono molteplici ragioni di convenienza del celibato, sia sotto il profilo storico sia biblico, sia sotto quello spirituale e pastorale, tuttavia fondamentale è aderire alla fonte di tutto: Cristo stesso ». C’è chi ricorda che la chiesa di fatto già ammette i preti sposati: diverse comunità anglicane sono state da poco riammesse alla piena comunione con Roma, sacerdoti sposati compresi. E poi si rammenta l’esperienza delle chiese cattoliche di rito orientale: anche qui ci sono sacerdoti coniugati. Don Nicola Bux, consultore della Dottrina della fede, ci tiene però a puntualizzare un po’ di cose. Dice: « Anzitutto vorrei domandare a questi cardinali che continuamente chiedono aperture e nuove discussioni: ha forse ragione Karl Rahner quando sostiene nei ‘Nuovi saggi’ che i cardinali conoscono a mala pena ciò che hanno imparato nelle lezioni di teologia mentre non sanno nulla della dottrina cattolica? Forse si. Forse ha ragione Rahner. Tra l’altro vanno fatti alcuni chiarimenti sui preti sposati orientali. Questi propriamente non sono preti sposati nel senso che erano sposati già prima dell’ordinazione. Ai preti, infatti, non è concesso il matrimonio. Tecnicamente occorrerebbe chiamarli ‘sposati-ordinati preti’. E la cosa non è senza senso: è un sintomo evidente dell’antica tradizione comune con l’occidente che non ammette a chi è ordinato di accedere al matrimonio. Inoltre va ricordato quando e come l’oriente aprì ai preti sposati. Fu durante il Concilio di Trullo che si svolse a Costantinopoli nel 692. Di fatto questa apertura fu un cedimento. Perché occorre dirlo anche se forse è poco ecumenico: nella cristianità soltanto i cattolici di rito latino non hanno ceduto. Orientali, ortodossi e protestanti sono stati meno forti e decisi ». Don Luigi Negri, vescovo di San Marino e voce ascoltata nella galassia ciellina, dice che « la situazione è grave ». Perché? « Ci sono vescovi che prendono posizioni direttamente contrarie alla dottrina. Aprono su questioni sulle quali il Papa ha già detto cose di fatto definitive. Vorrei ricordare che molte dichiarazioni di Giovanni Paolo II erano prossime all’essere considerate come pronunciate ex cathedra, e dunque infallibili. Invece ci sono alcune autorità della chiesa che chiamano in causa il magistero giustificandolo agli occhi della mentalità dominante. Dimenticano Jean Guitton del ‘Cristo dilacerato’. E’ un breve saggio che scrisse di getto durante il Concilio. Disse che l’eresia si verifica quando è il mondo che giudica la fede, che chiama la fede a giustificarsi. Io contesto questa mentalità smascherata da Guitton perché non è più cristiana. E mi sgomenta che siano autorità della chiesa a fare proprie queste posizioni ». Il Papa ha parlato più volte del valore del celibato. Il 12 marzo si trovava a Castel Gandolfo. Qui ricevette i partecipanti a un convegno teologico. Parlò del « valore sacro del celibato ». E affondò il colpo contro le mode che vogliono far sì che anche il sacerdote si adegui, spirito e anima, al mondo. Disse: « Nel modo di pensare, di parlare, di giudicare i fatti del mondo, di servire e amare, di relazionarsi con le persone, anche nell’abito, il sacerdote deve trarre forza profetica dalla sua appartenenza sacramentale, dal suo essere profondo. Di conseguenza, deve porre ogni cura nel sottrarsi alla mentalità dominante, che tende ad associare il valore del ministro non al suo essere, ma alla sua funzione, misconoscendo, cosi, l’opera di Dio. che incide nell’identità profonda della persona del sacerdote, configurandolo a sé in modo definitivo ». Il richiamo all’abito non è senza senso. L’abito è un segno. Uno schiaffo in faccia al mondo. Ed è anche una forma di difesa dalle insidie e dalle tentazioni del mondo. Eppure, nel post Concilio, alcuni l’hanno abbandonato. E chi teorizza che sia giusto così, dimentica Giovanni Paolo Il. Racconta un frequentatore dell’appartamento wojtyliano: « Un giorno arrivò al Papa l’annuario dei vescovi brasiliani. C’erano i loro nomi e cognomi, gli indirizzi, e anche le foto. Il Papa lo apri e, pochi secondi dopo, lo scagliò contro il muro con violenza. Nelle foto molti vescovi erano in giacca e cravatta. Erano i tempi in cui la teologia della liberazione andava forte e faceva proseliti. n Papa non sopportava un simile tradimento ». Attacco al celibato, attacco al cuore della vocazione sacerdotale, fino agli attacchi alla liturgia, il luogo dove i fedeli, grazie ai ministri di Dio; appunto i sacerdoti, incontrano il mistero. Un Papa, Benedetto XVI, che indice l’anno sacerdotale per ritrovare il baricentro. Per ricordare qual è la giusta direzione. Anche se, a onor del vero; già molto aveva detto quando era cardinale e, ancora prima, vescovo e teologo. Per quanto riguarda la liturgia non si può non ricordare il suo « Introduzione allo spirito della liturgia », un cult alla stessa stregua del libro a cui Ratzinger si rifà, quello « Spirito della liturgia » di Romano Guardini pubblicato nella Pasqua del 1918 come volume inaugurale della collana « Ecclesia Orans » a cura dell’abate Herwegen: l’opera che, come scrive Ratzinger, « inaugurò il movimento liturgico in Germania. Essa diede il suo contributo perché si celebrasse la liturgia in maniera essenziale ». Per Ratzinger la riforma liturgica che ha portato il sacerdote a pregare versus populum ha introdotto « una clericalizzazione quale non si era mai data in precedenza. Ora infatti il sacerdote diviene il punto di riferimento di tutta la celebrazione. Tutto termina su di lui. E’ lui che bisogna guardare, è alla sua azione che si prende parte, è a lui che si risponde; è la sua creatività a sostenere l’insieme della celebrazione ». Invece « l’atto con cui ci si rivolgeva tutti verso oriente non era celebrazione verso la parete, non significava che il sacerdote volgeva le spalle al popolo: egli non era poi considerato così importante ». Alessandro Gnocchi dice che l’attacco al clero, al significato profondo del sacerdozio e quindi alla liturgia, ha le sue radici nell’immediato post Concilio. « Anche se – spiega – già nella riforma dei riti della Settimana santa del 1955-56 messa in campo, tra gli altri, da monsignor Annibale Bugnini ci furono dei prodromi di questo attacco: i cambiamenti stravolsero i riti secolari. Per la domenica delle Palme viene introdotta una ritualità verso il popolo e con le spalle alla croce e al Cristo dell’altare, il Venerdì santo si riducono gli onori da rendere al Santissimo e si altera la venerazione della croce con il risultato di oscurare la natura sacrificale dell’ultima cena. Per il Lunedì santo si proibisce la preghiera contra persecutores ecclesiae e la preghiera per il Papa ». Perché queste riforme? Difficile rispondere. Secondo padre Carlo Braga – lavorò a stretto contatto con Bugnini – questa riforma fu la « testa d’ariete » che scardinò la liturgia romana dei giorni più santi dell’anno. Secondo Annibale Bugnini, invece, la prima occasione d’inaugurare un nuovo modo di concepire la liturgia. Allora furono alcuni episcopati e anche vari liturgisti come Léon Gromier, consultore della Congregazione dei riti e membro dell’Accademia pontificia di liturgia, a lamentarsi. Ma con pochi risultati: Pio XII non aveva forse più la forza di reagire e la riforma passò. E a poco valse un segno lanciato qualche tempo dopo da Giovanni XXIII: nel 1959, nella sua celebrazione del Venerdì santo a Santa Croce in Gerusalemme, celebrò seguendo le pratiche tradizionali. Bugnini fu il principale protagonista della riforma liturgica. Una riforma che ha cambiato, di fatto, la vita dei fedeli e, insieme, quella dei preti. Dice Gnocchi: « Anzitutto il prete ha iniziato a celebrare ‘verso il popolo’ e non più ‘spalle al popolo’, ovvero volgendo il suo sguardo verso oriente, verso Cristo che viene. Questa è stata una svolta drammatica. Il prete è diventato un protagonista, quasi uno showman, al fondo il padrone della liturgia. In questo modo si è persa la dimensione verticale della celebrazione in favore di una dimensione circolare. Tutto è dentro un circolo chiuso composto dal prete e dai fedeli. Cristo resta fuori. Tant’è vero che il Santissimo è alle spalle del prete. Questa circolarità ha fatto sì che si perdesse il concetto di presenza reale di Cristo. Dell’eucaristia quasi ci si dimentica. Tutto è chiacchiera umana. Tutto è liturgia della parola. Prima del Concilio il celebrante sedeva a lato dell’altare così tutti guardavano a Cristo. Oggi siede dietro l’altare. E tutti sono costretti a guardare lui ».

Tratto da: pastorale.myblog.it

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Ho fatto la scelta di Gesù: donarmi totalmente a Dio

Posté par atempodiblog le 29 janvier 2010

Ho fatto la scelta di Gesù: donarmi totalmente a Dio dans Andrea Tornielli plivio

«Sono felice di essere celibe e nella mia vita di prete non ho mai sentito il bisogno di avere una moglie». Padre Livio Fanzaga è la popolarissima e inconfondibile voce di «Radio Maria», l’emittente cattolica con ascolti da record, che non trasmette pubblicità ed è sostenuta soltanto dal contributo volontario dei suoi ascoltatori.

Perché il prete deve essere celibe?
«Io sono felice di esserlo per due motivi. Il primo è che mi sento realizzato per il dono totale della mia vita al Signore. È una donazione mistica e affettiva. Il secondo motivo è di carattere più pratico: da celibe posso servire la Chiesa con tutto me stesso».

Non ha mai sentito l’esigenza di sposarsi?
«No, perché sono sono già totalmente realizzato nella paternità spirituale verso coloro che attraverso il mio ministero vengono generati a Dio e alla Chiesa».

È d’accordo nel discutere sull’eventuale attenuazione o abolizione del celibato sacerdotale, per far fronte alla carenza di vocazioni?
«A mio parere la crisi di vocazioni è dovuta anche al fatto che c’è una concezione troppo manageriale e poco mistica del sacerdozio. Se viene meno il rapporto con Dio e l’amore per le anime, ci possono essere delle crisi affettive. Ma allora il problema non è abolire il celibato, ma è quello di annunciare e proporre il Vangelo tutto intero. Non è un caso che oggi proprio gli ordini di clausura, quelli con le regole più dure, non conoscano crisi di vocazioni. Se il Vangelo è proposto nella sua interezza, nell’uomo scatta la sete di assoluto e si arriva a donarsi eroicamente».

Qual è dunque la ragione più evidente per mantenere la legge del celibato?
«A me colpisce il fatto che Gesù, pur vivendo in un contesto culturale e religioso in cui non c’erano i celibi, abbia scelto di non sposarsi. Siccome esiste un rapporto diretto tra Cristo e il sacerdote, io credo che sia significativo rimanere celibi come lui lo è stato».

Non teme che l’esaltazione del celibato possa screditare il valore del matrimonio?
«Assolutamente no, c’è una vocazione al celibato e una vocazione al matrimonio, che è una via di santità, sono entrambi sacramenti».

di Andrea Tornielli – Il Giornale

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«Pecore e Pastori»

Posté par atempodiblog le 25 novembre 2008

«Pecore e Pastori». Il nuovo saggio del cardinal Biffi
di Andrea Tornielli

«Pecore e Pastori» dans Andrea Tornielli Pastori-e-pecore

«Una delle cose che mi impressionano di più è che al giorno d’oggi non è più l’eresia, ma è l’ortodossia a fare notizia». Giacomo Biffi, ottant’anni lo scorso giugno, arcivescovo emerito di Bologna, milanese di nascita, porporato che non ha mai avuto paura ad apparire controcorrente, dopo il volume Memorie e digressioni di un italiano cardinale pubblica per le edizioni Cantagalli un nuovo libro intitolato Pecore e Pastori. Riflessioni sul gregge di Cristo (pagg. 256, euro 13,80, in libreria dal 25 novembre). Chi sono le pecore e chi è il pastore? Quali i loro compiti? Parte da queste domande, il cardinale, che in una delle pagine del volume scrive: «Oggi sempre più frequentemente ci si meraviglia quando un papa o un vescovo dice ciò che la Chiesa ha sempre detto (e non può non dire perché appartiene al suo patrimonio inalienabile); come se fosse ormai persuasione pacifica che anche la Chiesa non creda più al suo messaggio di sempre. Talvolta in qualche settore del mondo cattolico si giunge persino a pensare che debba essere la divina Rivelazione ad adattarsi alla mentalità corrente per riuscire “credibile”, e non piuttosto che si debba “convertire” la mentalità corrente alla luce che ci è data dall’alto. Eppure si dovrebbe riflettere sul fatto che “conversione” non “adattamento” è parola evangelica». Del resto, «la prima frase che Gesù pronuncia inaugurando il suo apostolato non è: “Il mondo va bene così come va; adattatevi al mondo e siate credibili alle orecchie di chi non crede”; ma è: “Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”». Il brano del nuovo libro di Biffi che anticipiamo in questa pagina è dedicato al tema dell’omosessualità e più in generale della sessualità. Il rispetto, l’accoglienza e la misericordia per il peccatore non inibiscono il cardinale dal ricordare le parole severe contenute nella Scrittura.

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La Bella Signora delle Tre Fontane

Posté par atempodiblog le 10 novembre 2007

 

Apparizioni Mariane:
la Bella Signora delle Tre Fontane

(Storia della Vergine della Rivelazione)

1. QUEL TRENO PERSO

Bruno Cornacchiola (1913 – 2004) era un comunista e un protestante della setta degli «Avventisti del settimo giorno». Nel 1936 Bruno si sposa con Iolanda Lo Gatto. Stringe rapporti con i compagni comunisti del Partito d’Azione e si arruola come radiotelegrafista volontario all’OMS, per andare in Spagna. A Saragozza è incuriosito da un tedesco che aveva sempre un libro sotto il braccio. In spagnolo gli chiede: «Perché porti sempre questo libro sotto il braccio?». «Ma non è un libro, è la sacra Scrittura, è la Bibbia», fu la risposta. Così, discorrendo, i due giungono vicino alla piazza antistante il santuario della Vergine del Pilar. Bruno invita il tedesco a entrare con lui. Quegli rifiuta energicamente: «Guarda che io in quella sinagoga di Satana non ci sono mai andato. Io non sono cattolico. A Roma c’è il nostro nemico». «Il nemico a Roma?», domanda incuriosito Bruno. «E dimmi chi è, così se io lo incontro, lo ammazzo». «È il Papa che sta a Roma. La grande Bestia dell’Apocalisse è il Papa». In Bruno, che già era avverso alla Chiesa cattolica, aumenta l’odio contro di essa e contro tutto ciò che la riguardava. Così, nel 1938, mentre si trova a Toledo, compra un pugnale e sulla lama incide: «A morte il Papa!». Nel 1939, terminata la guerra, Bruno ritorna a Roma e trova lavoro come uomo delle pulizie all’ATAC, la società che gestisce i mezzi di trasporto pubblici di Roma. Tra gli «Avventisti del settimo giorno», Bruno viene fatto direttore della gioventù missionaria avventista di Roma e del Lazio e si distingue per il suo impegno e fervore contro la Chiesa, la Vergine, il Papa. Non perde occasione di fare tutti i possibili dispetti ai preti, facendoli cadere sui mezzi pubblici e rubando loro la borsa. Il 12 aprile 1947, come direttore della gioventù missionaria, dalla sua setta riceve l’incarico di prepararsi per parlare in Piazza della Croce Rossa. Il tema è a sua scelta, basta che sia contro la Chiesa, l’Eucaristia, la Madonna e contro il Papa, ovviamente. È sabato in Albis quel 12 aprile 1947. Verso le 14 papà Bruno parte con i suoi tre bambini: Isola, di undici anni, Carlo di sette e Gianfranco di quattro. Giungono alla stazione Ostiense: proprio in quel momento stava partendo il treno per Ostia. La delusione è grande. Bruno dice ai bambini: “Vorrà dire che adesso… andremo in un altro posto. Prendiamo il tram, andiamo a S. Paolo e lì prendiamo il 223 per andare fuori Roma». Scendono vicino alle Tre Fontane. Bruno consegna la palla ai bambini perché giochino mentre lui si siede sopra un masso con la Bibbia, quella famosa Bibbia su cui aveva scritto di suo pugno: «Questa sarà la morte della Chiesa cattolica, con il Papa in testa!». Con la Bibbia aveva portato anche un taccuino e una matita per prendere appunti. Mentre inizia a scrivere, giungono i bambini trafelati: «Papà, abbiamo perso la palla». «Andate a cercarla!». I bambini vanno e ritornano con la palla. Bruno la tira in direzione di Isola che aveva le spalle rivolte verso la scarpata da dove erano saliti. Ma la palla, invece di raggiungere Isola, come se avesse un paio di ali, vola sopra gli alberi e scende verso la strada dove passa l’autobus. «Stavolta l’ho persa io», dice il papà; «andate a cercarla».

2. LA BELLA SIGNORA!

Ad un certo punto Gianfranco non risponde più e non si trova più nel luogo dove lo aveva lasciato. Bruno lo cerca fra i cespugli e le rocce, finché vede il piccolo inginocchiato sul limitare di una grotta. Il bambino tiene anche le manine come in atteggiamento di preghiera e guarda verso l’interno, tutto sorridente e bisbiglia: «Bella Signora!… Bella Signora!… Bella Signora!…». Giunge Isola con un mazzolino di fiori in mano e Bruno domanda ad Isola: «Ma gli hai insegnato tu questo gioco della “Bella Signora”?». «No, papà, io non lo conosco ‘sto gioco, non ci ho mai giocato con Gianfranco». «E come mai dice: “Bella Signora”?». «Non lo so, papà: forse qualcuno è entrato dentro la grotta». Isola fa per andarsene, quando improvvisamente si ferma, i fiori le cadono dalle mani e anche lei si mette in ginocchio con le mani giunte, accanto al fratellino e anche lei mormora rapita: «Bella Signora!… Bella Signora!…». L’altro suo bambino, Carlo, fa per andarsene anche lui, quando si ferma di scatto, si gira verso la grotta, unisce le due mani e si inginocchia vicino ad Isola e ripete le stesse parole degli altri due… Il papà allora non ne può più e grida: «Questo è troppo. Basta, alzatevi!». Bruno prende il bambino per le spalle e cerca di smuoverlo, di rimetterlo in piedi, ma non ci riesce. «Era come di piombo, come se pesasse quintali». Lo stesso accade con gli altri due figli. Allora esclama: «Ma che cosa succede qui?… Ci sono delle streghe nella grotta oppure qualche diavolo?…». E il suo livore contro la Chiesa cattolica lo porta subito a pensare che sia qualche prete: “Non sarà qualche prete che è entrato dentro la grotta e con l’ipnotismo, mi ipnotizza i bambini?”. E grida: «Chiunque tu sia, anche un prete, vieni fuori!». Silenzio assoluto. «Chi c’è qua?», grida. Ma la grotta è assolutamente vuota. Allora il pover’uomo, in preda al panico, sale sull’altura per cercare aiuto: «Aiuto, aiuto, venitemi ad aiutare!». Ma non vede nessuno e nessuno deve averlo udito. Ritorna concitato dai bambini che, ancora inginocchiati con le mani giunte, continuano a dire: «Bella Signora!… Bella Signora!…». Si avvicina e cerca di smuoverli… Li chiama: «Carlo, Isola, Gianfranco!…», ma i bambini rimangono immobili. E qui Bruno comincia a piangere: «Che cosa sarà?… che cosa è successo qui?…». E pieno di paura alza gli occhi e le mani al cielo, gridando: «Dio salvaci tu!».

LE MANI DI DIO

Appena proferito questo grido d’aiuto, Bruno vede uscire da dentro la grotta due mani candidissime, trasparenti, che si avvicinano lentamente verso di lui, gli sfiorano gli occhi, facendo cadere da essi come delle squame, come un velo che lo accecava… Ma poi, all’improvviso i suoi occhi sono invasi da una luce tale che per qualche istante tutto scompare dinanzi a lui, figli, grotta… e si sente leggero, etereo, quasi che il suo spirito fosse stato liberato dalla materia. Nasce dentro di lui una grande gioia, un qualcosa di completamente nuovo. Quando Bruno riprende a vedere dopo quel momento di accecamento luminoso, nota che la grotta si illumina fino a scomparire, ingoiata da quella luce… Si staglia soltanto un blocco di tufo e sopra questo, scalza, la figura di una donna avvolta da un alone di luce dorata, dai tratti di una bellezza celestiale, intraducibile in termini umani. I suoi capelli sono neri, uniti sul capo e appena sporgenti, tanto quanto lo consente il manto di color verde-prato che dal capo le scende lungo i fianchi fino ai piedi. Sotto il manto, una veste candidissima, luminosa, cinta da una fascia rosa che scende a due lembi, alla sua destra. La statura sembra essere media, il colore del viso leggermente bruno, l’età apparente sui venticinque anni. Nella mano destra regge appoggiato al petto un libro non tanto voluminoso, di colore cinerino, mentre la mano sinistra è appoggiata sul libro stesso. Il volto della Bella Signora trasluce un’espressione di benignità materna, soffusa di serena mestizia. «Il mio primo impulso fu quello di parlare, di alzare un grido, ma sentendomi quasi immobilizzato nelle mie facoltà, la voce mi moriva in gola», confiderà il veggente. Nel frattempo in tutta la grotta si era diffuso un soavissimo profumo floreale. E Bruno commenta: «Anch’io mi ritrovai accanto alle mie creature, in ginocchio, con le mani giunte».

3. «SONO LA VERGINE DELLA RIVELAZIONE»

A un tratto la Bella Signora incomincia a parlare, dando inizio a una lunga rivelazione. Si presenta immediatamente: «Sono colei (quella) che sono nella Trinità divina… Sono la Vergine della Rivelazione… Tu mi perseguiti, ora basta! Rientra nell’Ovile Santo, Corte Celeste in terra. Il giuramento di Dio è e rimane immutabile: i nove venerdì del Sacro Cuore che tu facesti, amorevolmente spinto dalla tua fedele sposa, prima di entrare nella via della menzogna, ti hanno salvato!». Bruno ricorda che la voce della Bella Signora era «così melodiosa, sembrava una musica che entrava dentro gli orecchi; la sua bellezza nemmeno si può spiegare, la luce, smagliante, qualcosa di straordinario, come se il sole fosse entrato dentro la grotta». La conversazione è lunga; dura un’ora e venti minuti circa. Gli argomenti toccati dalla Madonna sono molteplici. Alcuni riguardano direttamente e personalmente il veggente. Altri riguardano la Chiesa intera, con un particolare riferimento ai sacerdoti. Poi c’è un messaggio da consegnare personalmente al papa.

TRADIMENTO DEI CHIERICI

A un certo punto la Madonna muove un braccio, il sinistro, e punta l’indice verso il basso…, indicando qualcosa ai suoi piedi… Bruno segue con l’occhio il gesto e vede per terra un drappo nero, una veste talare da prete e sopra di essa una croce spezzata in più punti. «Vedi, spiega la Vergine «così ridurranno i miei sacerdoti i loro abiti talari. Li lasceranno per darsi al mondo e alla carne (il mondo e la carne entreranno nelle chiese, negli eremi e nei conventi). Questo è il segno che la Chiesa soffrirà, sarà perseguitata, spezzata; questo è il segno che i miei figli si spoglieranno… Tu, sii forte nella fede!…». La celeste visione non nasconde al veggente che lo attendono giorni di persecuzione e di prove dolorose, ma che Lei lo avrebbe difeso con la sua materna protezione. Poi Bruno viene invitato a pregare molto e a far pregare, recitare il rosario quotidiano. E specifica in particolare tre intenzioni: la conversione dei peccatori, degli increduli e per l’unità dei cristiani.

LA TERRA BENEDETTA

E gli rivela il valore delle Ave Maria ripetute nel rosario: «Le Ave Maria del Rosario che voi dite con fede e con amore sono tante frecce d’oro che raggiungono il Cuore di Gesù». Gli fa una bellissima promessa: «Con questa terra di peccato opererò potenti miracoli per la conversione degli increduli. Io convertirò i più ostinati con prodigi che opererò con questa terra di peccato. Il mio corpo non marcì, né poteva marcire. Mio Figlio e gli angeli mi vennero a prendere al momento del mio trapasso. Si preghi assai e si reciti il rosario quotidiano per la conversione dei peccatori, degli increduli e per l’unità dei cristiani. Con questa terra di peccato opererò potenti miracoli per la conversione degli increduli. Sono la calamita della Trinità Amore». Con queste parole Maria si presentava anche come Assunta in Cielo in anima e corpo. Mentre a Lourdes (1858) l’apparizione della Madonna confermò il dogma dell’Immacolata Concezione, promulgato da Pio IX, l’8 dicembre 1854, alla Grotta delle Tre Fontane, nel 1947, la Madonna anticipa il Dogma dell’Assunzione in Cielo di Maria, promulgato da Pio XII il 1° novembre 1950. La Madonna, alla Grotta delle Tre Fontane, raccomandò con chiarezza e precisione di vivere la Divina Dottrina, di vivere il cristianesimo, cioè di vivere la religione.

LE DUE PROVE

Ma occorreva dare al veggente la certezza che quella esperienza che stava vivendo e che tanto avrebbe inciso nella sua vita non era una allucinazione o un incantesimo, e tanto meno un inganno di Satana. Per questo gli dice: «Desidero darti una sicura prova della divina realtà che stai vivendo perché tu possa escludere ogni altra motivazione del tuo incontro, compresa quella del nemico infernale, come molti ti vorranno far credere. E questo è il segno: dovrai andare per le chiese e per le vie. Per le chiese, al primo sacerdote che incontrerai e per le strade, a ogni sacerdote che incontrerai, tu dirai: “Padre, devo parlarle!”. Se costui ti risponderà: “Ave Maria, figliolo, cosa vuoi”, pregalo di fermarsi, perché è quello da me scelto. A lui manifesterai ciò che il cuore ti dirà e ubbidiscilo; ti indicherà infatti un altro sacerdote con queste parole: «Quello fa per il caso tuo». Continuando, la Madonna lo esorta a essere «prudente, perché la scienza rinnegherà Dio», quindi gli detta un messaggio segreto da consegnare personalmente alla «Santità del Padre, supremo pastore della cristianità», accompagnato però da un altro sacerdote che gli dirà: «Bruno, io mi sento legato a te». «Poi la Madonna», riferisce il veggente, «mi parla di ciò che sta avvenendo nel mondo, di quello che succederà nell’avvenire, come va la Chiesa, come va la fede e che gli uomini non crederanno più… Tante cose che si stanno avverando adesso… Ma molte cose si dovranno avverare…». E la celeste Signora lo conforta: «Alcuni a cui tu narrerai questa visione non ti crederanno, ma non lasciarti deprimere». Al termine dell’incontro, la Madonna fa un inchino e dice a Bruno: «Sono colei che sono nella Trinità divina. Sono la Vergine della Rivelazione. Ecco, prima di andare via io ti dico queste parole: la Rivelazione è la Parola di Dio, questa Rivelazione parla di me. Ecco perché ho dato questo titolo: Vergine della Rivelazione». Poi fa alcuni passi, si gira ed entra dentro la parete della grotta. Termina allora quella grande luce e si vede la Vergine che si allontana lentamente. La direzione presa, andando via, è verso la basilica di S. Pietro.

4. IL PROFUMO DI MARIA

Bruno dice ai figli: «Beh, facciamo una cosa: puliamo dentro la grotta perché quello che abbiamo visto è qualcosa di grande… Però non lo so. Adesso stiamo zitti e puliamo dentro la grotta». All’improvviso, tutta quella terra che noi abbiamo pulito, tutta quella polvere che abbiamo innalzato, profumava. Che profumo! Tutta la grotta… Toccavi le pareti: profumo; toccavi per terra: profumo; ti allontanavi: profumo. Insomma, ogni cosa lì profumava.

5. LA PRIMA AVE MARIA

Dopo un momento di silenzio, il papà spiega ai bambini: «La Bella Signora della grotta ci ha detto che qui c’è Gesù. Io prima vi insegnavo di non credere a ciò e vi proibivo di pregare. Gesù sta là dentro, in quella casina. Ora vi dico: preghiamo! Adoriamo il Signore!». «Papà, che preghiera facciamo?». «Figlia mia, non saprei…». «Diciamo un ‘Ave Maria», riprende la piccola. «Guarda che io l’Ave Maria non me la ricordo». «Ma io sì, papà!». «Come tu? E chi te l’ha insegnata?». «Quando mi mandavi a scuola e mi facevi il biglietto perché lo consegnassi alla maestra e fossi così esentata dall’ora di catechismo, ebbene, la prima volta gliel’ho dato, ma poi non lo feci più perché mi vergognavo, così sono rimasta sempre e allora ho imparato l’Ave Maria». «Ebbene, dilla tu…, piano piano, così pure noi ti veniamo appresso». Allora la bambina inizia: Ave Maria, piena di grazia… E gli altri tre: Ave, Maria, piena di grazia… E così fino all’Amen finale. Dopo di che escono e rifanno il tragitto verso casa. Arrivato a casa Bruno si avvicina alla moglie e le dice: “Abbiamo visto la Madonna, io ti chiedo perdono perchè ti ho fatto soffrire, Jolanda. Sai dire il rosario?”. “Non lo ricordo bene”. E si inginocchiarono per pregare. «Allora, siccome a mia moglie ne ho fatte tante, perché la tradivo, facevo peccati, la picchiavo, eccetera, pensate che l’11 aprile, pur essendo protestante, non gli si dice: Puoi fare questo, puoi fare quest’altro, questo è peccato, non si dice: Ci sono i dieci comandamenti. Ebbene, quell’11 sera io non avevo dormito a casa, ma avevo passato la notte, diciamo la verità, con l’amica mia… La Vergine poi mi ha dato il pentimento. Allora, ricordando tutte queste cose, mi inginocchio davanti a mia moglie, in cucina, i bambini stavano in camera e inginocchiandomi io, lei pure si inginocchia. Allora io le dico: “Adesso ti chiedo perdono di quello che ho fatto, del male, di tutto quello che ho fatto contro di te, fisicamente. Io ti chiedo perdono, perché quello che hanno detto i bambini, adesso non diciamo niente, però quello che hanno detto i bambini è vero… Io ti ho insegnato tante cose cattive, ho parlato contro l’Eucaristia, contro la Madonna, contro il Papa, contro i sacerdoti e i Sacramenti… Ora non so che cosa sia avvenuto…, mi sento cambiato…”».

6. LA PROMESSA SI AVVERA

Bruno, ora, sul tram, a ogni sacerdote a cui faceva il biglietto diceva: «Padre, devo parlarle». Se quello gli rispondeva: «Che vuoi? Dimmi pure», Bruno gli rispondeva: «No no, ho sbagliato, non è lei… Scusi, sa». Inoltre «venivano a casa i “compagni” e mi dicevano: “Ma come, non vieni più a trovarci? Come mai?”». Al che lui rispondeva: «Ho una cosa che… Verrò più tardi». Anche il Pastore protestante avventista si faceva vedere: «Ma come? Non vieni più alla riunione? Come mai, che cosa è successo?». Il 28 aprile erano sedici giorni che Bruno aspettava di incontrare un sacerdote e non lo trovava ancora. «Ma, sei stato in parrocchia? Può darsi che lì lo troverai», lo consiglia la moglie, nella sua semplicità e buonsenso. E Bruno: «No, in parrocchia non ci sono stato». «Ma vai, può darsi che là troverai un sacerdote…». Bruno esce di casa e si porta alla chiesa della sua parrocchia, la chiesa di Ognissanti, sull’Appia Nuova. Si mette vicino alla sacrestia e attende davanti a un grande Crocifisso. Ed ecco che dalla sacrestia esce un giovane sacerdote, piuttosto frettoloso, con la cotta… Bruno sente un impulso interiore, come se fosse spinto verso di lui. Lo prende per la manica della cotta e grida: «Padre, devo parlarle!». «Ave Maria, figliolo, cosa c’è?». Sentendo quelle parole Bruno ha come un sussulto di gioia e dice: «Io aspettavo queste parole che lei mi doveva dire”. Martedì 6 maggio Bruno ritorna alla grotta e il prodigio si rinnova. Appare la soave figura celestiale della Madre di Dio. Non dice nulla. Lo guarda soltanto e gli sorride.

7. IL SECONDO SEGNO

Uno dei sacerdoti della chiesa di Ognissanti, don Mario Sfoggia, un giorno, 21 o 22 maggio, manifesta a Bruno il desiderio di recarsi anche lui alla grotta: «Senti», gli dice, «io voglio venire con te a recitare il rosario, in quel posto dove tu hai visto la Madonna». «Va bene, ci andiamo il 23, sono libero». Giunti alla grotta, i due si inginocchiano vicino al sasso dove la Madonna aveva appoggiato i piedi e cominciano la recita del rosario. Al secondo «mistero gaudioso», la Visitazione di Maria a Santa Elisabetta, don Mario prega la Madonna nel suo cuore: «Visitateci, illuminateci! Che si sappia la verità, che non siamo ingannati!». Bruno risponde regolarmente alle prime due del mistero della visitazione, ma alla terza non risponde più! Allora don Mario vuole vedere meglio cosa accade ma mentre sta per farlo, viene investito come da una scarica elettrica che lo immobilizza, rendendolo incapace di ogni minimo movimento… Sente Bruno che mormora: «Quant’è bella!… Quant’è bella!… Ma è grigio, non è nero…». «Don Mario, è rivenuta!» gli dice Bruno. Gli racconta che durante la visione la Madonna aveva posto le sue mani sul capo a tutti e due e poi se n’era andata, lasciando un profumo intenso. Il sacerdote abbraccia Bruno e gli dice: «Bruno, mi sento legato a te!». A queste parole il veggente ha come un sussulto e pieno di gioia riabbraccia don Mario. Quelle parole pronunciate dal sacerdote erano il segno che la Madonna gli aveva dato per indicargli che sarebbe stato colui che lo avrebbe accompagnato dal Papa per consegnargli il messaggio.

8. «NON PROFANATE QUESTA GROTTA…»

Venerdì 30 maggio, Bruno ritorna alla grotta e c’è un’altra apparizione della Madonna. Un altro giorno, andando alla grotta, viene preso da un grande senso di tristezza e di delusione. Da alcuni segni si rende conto che essa è tornata a essere luogo di peccato. Amareggiato, Bruno scrive su un foglio questo appello accorato e lo lascia nella grotta: «Non profanate questa grotta con il peccato impuro! Maria, la dolce madre di tutti i peccatori, ecco che cosa ha fatto per me peccatore. MILITANTE NELLE FILE DI SATANA NELLA SETTA PROTESTANTE AVVENTISTA, ero nemico della Chiesa e della Vergine. Qui il 12 aprile a me e ai miei bambini è apparsa la Vergine della Rivelazione, dicendomi di rientrare nella Chiesa cattolica, apostolica, romana, con segni e rivelazioni che Lei stessa mi ha manifestato. L’infinita misericordia di Dio ha vinto questo nemico che ora ai suoi piedi implora perdono e pietà. Amate, Maria è la dolce Madre nostra. Amate la Chiesa con i suoi figli! Ella è il manto che ci copre nell’inferno che si scatena nel mondo. Pregate molto e allontanate i vizi della carne. Pregate!». Appende questo foglio a una pietra, all’ingresso della grotta. Sappiamo che quel foglio finì, in seguito, sul tavolo del commissariato di polizia di S. Paolo. Ecco perché ne possediamo il testo esatto. Nel 1956, il Vicariato di Roma, dopo avere acconsentito alla costruzione di una cappella sul luogo dell’apparizione per il culto della Vergine della Rivelazione, ne affida la custodia ai Padri francescani minori conventuali, perché provvedano al servizio religioso. Sempre nel 1956, L’Osservatore Romano, in un articolo dove venivano elencati i più celebri santuari mariani, mete di pellegrinaggio, definiti «cattedrali della preghiera, feudi e capitali di Maria», vi aggiungeva anche la «piccola grotta delle Tre Fontane». L’8 dicembre 1982 fu inaugurato un altare nella grotta. La celebrazione della S. Messa è divenuta quotidiana dal 1995. Nel 1987 fu eretto l’Arco della Pace.

9. CONVERSIONI E GUARIGIONI

Sono stati segnalati tanti fenomeni di conversione, con ritorno alla vita sacramentale, a cominciare da quella di un altro tranviere, anche lui protestante, Pietro Genna, nel 1947, a pochi mesi dalle apparizioni. Sono avvenute e avvengono tante guarigioni, come attestano anche i tanti ex voto che tutti possono vedere alle spalle della grotta (cfr. Dario Pacifico, La Vergine della Rivelazione alle Tre Fontane, Roma, 1993, pp. 48-52). Alla Grotta delle Tre Fontane sono avvenute prodigiose guarigioni (cfr. Ernesto Piacentini, In cammino verso il terzo millennio con la “Vergine della Rivelazione” alla Grotta delle Tre Fontane, Roma 1997, pp. 53-54).

10. FENOMENI NEL SOLE

A partire dal 12 aprile 1980 si manifestano, in coincidenza con gli anniversari, per alcuni anni anche i cosiddetti “fenomeni del sole”, registrati e riportati puntualmente dalla stampa con ricchezza di particolari e di testimonianze. I fenomeni dureranno, in ogni anniversario, fino al 1987 (cfr. Ernesto Piacentini, In cammino verso il terzo millennio con la “Vergine della Rivelazione” alla Grotta delle Tre Fontane, Roma 1997, pp. 77-87).

11. ASSOCIAZIONE CATECHISTICA

Bruno Cornacchiola descrive lui stesso, al Card. Traglia, questa sua decisione: “Nel settembre del 1947, cioè sei mesi dopo la mia conversione, ascoltai il discorso che il Papa fece agli uomini dell’A.C. e mi colpirono alcune frasi che mi incoraggiarono a far quel che già pensavo di fare dopo l’apparizione, cioè un’Organizzazione Catechistica per la conversione dei comunisti e dei protestanti. Difatti il 12 aprile 1948, con l’aiuto di Dio e della Vergine cara, formai lo Statuto per l’organizzazione che chiamai S.A.C.R.I: Schiera Arditi Cristo Re Immortale” (cfr. Dario Pacifico, La Vergine della Rivelazione alle Tre Fontane, Roma, 1993, p. 81).

12. PERCHÉ ALLE TRE FONTANE?

Secondo un’antica tradizione che rimanda ai primi secoli del cristianesimo, confermata da documenti storici di grande valore, il martirio dell’apostolo Paolo, avvenuto nel 67 dopo Cristo per ordine dell’imperatore Nerone, sarebbe stato consumato nel luogo allora denominato Aquae Salvìae, precisamente dove oggi sorge l’abbazia delle Tre Fontane. La decapitazione dell’Apostolo, sempre secondo la tradizione, avvenne sotto un pino, presso un cippo marmoreo, che ora si può vedere in un angolo della chiesa stessa. Si dice che la testa dell’Apostolo, mozzata con un deciso colpo di spada, sia rimbalzata per terra tre volte e che a ogni balzo sarebbe scaturita una sorgente di acqua. La Madonna ha scelto quella località, dunque, in riferimento a san Paolo, non solo per la sua conversione ma anche per il suo amore alla Chiesa e alla sua opera di evangelizzazione? Ciò che accadde all’Apostolo sulla via per Damasco ha parecchi punti di contatto con ciò che si verificò in questa apparizione della Vergine a Bruno Cornacchiola. Gesù a Saulo: «Io sono colui che tu perseguiti!». Alle Tre Fontane la Madonna dirà al veggente, rivestendolo della sua luce affettuosa: «Tu mi perseguiti, ora basta!». E lo invita a entrare nella vera Chiesa che la celeste Regina definisce «ovile santo, corte celeste in terra». In pratica, ciò che alle Tre Fontane la Madonna riproporrà è lo stesso messaggio che San Paolo visse e annunciò nella sua vita di apostolo e che possiamo riassumere in tre punti: 1. conversione dei peccatori, specialmente dalla loro immoralità (il luogo dove Maria appare ne era teatro); 2. conversione degli increduli dal loro ateismo e dal loro atteggiamento di indifferenza di fronte a Dio e alle realtà soprannaturali; l’unità dei cristiani, cioè il vero ecumenismo, affinché si adempia la preghiera e l’anelito di suo Figlio: si faccia un solo ovile sotto la guida di un solo pastore. Il fatto poi che il luogo si trovi a Roma è di per se stesso un richiamo a Pietro, alla roccia su cui è fondata la Chiesa, alla garanzia di verità e di sicurezza della Rivelazione stessa. La Madonna dimostra un particolare affetto e cura per il papa. Con questo vuole far capire che è lui il Pastore dell’«ovile santo» e che non c’è vera Chiesa, nel senso pieno del termine, se si prescinde dall’unione con lui.

a cura di Don Guglielmo Fichera

Associazione “Fede, Cultura e Società- fedeecultura.it

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Dalle visioni della Emmerich

Posté par atempodiblog le 9 novembre 2007

Dalle visioni di Anna Katharina Emmerich:

Io vidi la condizione di mancanza e la caduta del sacerdozio e le sue cause [...] Capii, per esempio, perché i preti oggi non sono più in grado di aiutare e salvare, e il motivo per cui non ne sono più capaci, oppure raramente e in modo così diverso. [...] Il motivo per cui i preti di oggigiomo raramente salvano e benedicono mi venne spiegato con un esempio: vidi tre tipi di pittori, i quali imprimevano figure sulla cera. Uno aveva una cera bella e bianca ed era molto intelligente e abile, ma era pieno di sé stesso e non aveva l’immagine di Cristo in sé, perciò il suo quadro non valeva proprio niente. L’altro lavorava con cera sbiadita ed essendo tiepido e caparbio non era capace di niente. Il terzo era inabile e lavorava con grande imperizia, con la comune cera gialla, ma con diligenza e semplicità, e il suo lavoro diede un’immagine retta sebbene mostrasse dei tratti grezzi. Così vidi anch’io brillanti sacerdoti, pieni di scienza, predicare con grande saggezza però senza alcun effetto concreto per l’aiuto dell’uomo, dall’altra parte preti semplici e poveri mostrare la potenza del sacerdozio nell’ambito della benedizione e della salvezza. [...] Andai in tutti i luoghi abitati della terra e non vidi altro che depravazioni. [...] la perfidia, la cecità, la cattiveria, le insidie, la brama di vendetta, la superbia, l’inganno, l’invidia, l’avarizia, la discordia, l’omicidio, la prostituzione e l’ateismo, con cui gli esseri umani non guadagnavano nulla e divenivano sempre più ciechi e miserabili cadendo nelle tenebre più profonde. [...] Mi trovavo in un mondo di peccati cosi orrendo, che credetti di essere nell’inferno e iniziai a lamentarmi ad altavoce. [...] la mia guida mi disse [...] “Adesso hai visto l’orrore della cecità e le tenebre dell’uomo; quindi non brontolare più sulla tua sorte, e prega! » [...]
Tale fu la contro-chiesa, centro della malvagità, dell’errore, dell’inganno, dell’ipocrisia, della debolezza, che può accogliere l’elenco di tutti i demoni. Il pericolo più grande si cela dietro la loro apparente innocenza. Agiscono e vogliono tutt’altro di quello che, con fare innocente, mostrano di volere. Se questo pericolo non viene percepito gli uomini affluiscono inconsciamente con le loro attività in un centro comune. Tale centro ha come origine e viene diretto dal maligno. Ogni azione e attività di questo centro diabolico è volta contro i principi di Gesù Cristo, per mezzo del quale ogni vita può essere salvata e al di fuori del quale ogni azione resta un’opera della morte e del diavolo. [...] La lotta fu così generalmente bene organizzata e serrata che la santa Chiesa in un primo momento dovette soccombere [...] Io vidi intorno alla Chiesa di Pietro una enorme quantità di persone, alcune occupate a distruggerla e molte altre, invece, a ripristinarla.
Vidi il Papa in preghiera circondato da falsi amici, i quali spesso agivano in contrasto alle sue disposizioni.[...] vidi come  tanti religiosi avevano contribuito all’opera di distruzione, senza che ciò apparisse pubblicamente [...] Fui resa consapevole che i cristiani intesi nel senso vero della parola non esistono più. Restai molto addolorata nell’apprendere questa realtà. [...] Io vidi nuovi martiri, non di adesso, bensì del futuro [...]
Sentii che Lucifero sarà liberato e gli verranno tolte le catene, cinquanta o sessant’anni prima degli anni 2000 dopo Cristo, per un certo tempo. [...]
Quando la Chiesa fu quasi del tutto caduta in rovina, e ormai restavano solo il coro e l’altare, i demolitori entrarono con la bestia nella Chiesa ma Si trovaror di fronte ad una donna grande e maestosa. Essa si muoveva come un corpo benedetto, camminava molto lentamente, i nemici ne ebbero molto timore, la bestia si fermò e tese la sua gola verso la donna, come se volesse inghiottirla. Ma appena la donna la guardò, e fece per andarle incontro, la bestia fuggì nel mare e i nemici scapparono confusi. [...] Allora i nemici della Chiesa, per sfuggire, presero a muoversi nelle più diverse direzioni senza che ne avessero la coscienza, ed erano molto confusi. Non sapevano cosa facevano, e neppure cosa avrebbero dovuto fare, e perciò correvano l’uno contro l’altro, cozzandosi a vicenda nel parapiglia. Quando poi, finalmente, furono serrati tutti insieme dai “gruppi della Fede”, li vidi rinunciare al loro lavoro distruttivo della Chiesa e sparpagliarsi. La Chiesa aveva ripreso il suo magnifico splendore. Fin dai confini del mondo la gente di buona voloflt, di tutte le condizioni e della terra intera, aveva formato un’immane catena umana per passarsi ad una ad una le pietre per ricostruirla. Vidi ancora tanti uomini cattivi e altri che sarebbero divenuti martiri per Gesù.
La Chiesa fu del tutto ricostruita in breve tempo. Dietro di questa, in alto su un monte, vidi l’Agnello di Dio e intorno un corteo di vergini con palme e le cinque schiere celesti, che rispecchiavano ed erano in sintonia con quelle terrene. Intorno all’Agnello stavano pure le quattro sacre bestie dell’Apocalisse. [...]
Quando l’Angelo scese dalla cupola della Chiesa vidi, su di esso, apparire in cielo una Croce grande e scintillante sulla quale era appeso il Salvatore. Dalle sue piaghe splendenti si irradiavano su tutto il mondo fasci luminosi. Le piaghe erano rosse come chiazze luccicanti. Egli non aveva la corona di spine ma da tutte le piaghe della testa si sprigionavano raggi orizzontali sul mondo. Lo splendore delle mani, dei fianchi e dei piedi emetteva i colori dell’arcobaleno che si irradiavano intensamente verso il mondo, sui villaggi, cìttà, case, ecc. [...] Mi apparve anche un Cuore che lievitava nel cielo, era rosso e illuminato e dirigeva sulle piaghe un fascio di raggi bianchi. Poi dal medesimo si diffondeva, a sua volta, un altro raggio di luce sulla Chiesa e in molte regioni del mondo. Questo elevarsi e alternarsi di energie assorbiva e salvava molte anime, le quali, attraverso il Cuore e il fascio di luce, potevano affiancarsi a Gesù. Mi venne detto che MARIA sarebbe stata questo Cuore. [...] Quando io vidi tutto ciò ebbi la profonda sensazione che il Regno di Dio fosse vicino. [...]

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