Lettera di un bambino abortito alla madre

Posté par atempodiblog le 14 janvier 2008

E’ stata:
· Letta a Radio Maria
· Pubblicata sulla rivista telematica Pathway Journal di ottobre 1999
· Pubblicata sulla rivista Teologica n.23
· Pubblicata sulla Rivista « Medjugorje Torino »
· Pubblicata nel sito lavoce.an.it
· Pubblicata nel sito genitoricattolici.org

Cara mamma,

tu non mi conosci in quanto, quand’ero ancora nel tuo grembo, hai deciso che la mia vita venisse soppressa con l’aborto. Ma, rifiutato dagli uomini, sono stato raccolto dal Signore che ha detto: « Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai » (Is. 49,15). E Dio d’amore, in virtù dei meriti di Gesù Cristo e delle preghiere della Chiesa e di tutti i santi, mi ha portato nel Paradiso.

Essendo morto da piccolo, non in grado quindi di compiere il bene ed il male e di discernerlo, non sono stato sottoposto al giudizio come invece accadrà a te ed agli altri uomini nel momento della morte. Io so che sei stata sedotta da certi falsi maestri che, come Lucifero con Eva, ti hanno fatto credere che si trattava « solo di un’interruzione della gravidanza », mentre il Papa con l’enciclica « Evangelium vitae » ha chiarito che invece è un peccato mortale. So che non hai mai letto la Bibbia e neppure tale enciclica, mentre preferivi passare ore davanti alla televisione, strumento utile ma che gli uomini hanno reso un moderno vitello d’oro. Se tu avessi letto la Parola di Dio avresti meditato il libro sapienziale del Qoelet che insegna « Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo« . Avresti quindi atteso il momento propizio per compiere quegli atti d’amore che mi hanno dato vita in un momento per te indesiderato. Credendoti libera ed emancipata secondo le teorie del mondo, ti sei trovata « prigioniera » della mia presenza che ti avrebbe impegnata in compiti e responsabilità per le quali non ti sentivi matura. Nonostante i consigli di chi, ispirato da Dio, ti stimolava ad affidarti comunque alla Sua provvidenza, come fece Agar nel deserto ed altre donne bibliche antesignane di Maria Santissima che ha avuto la massima fiducia in Dio, tu hai preferito sbarazzarti di me. Padre Pio, durante la confessione di una donna che aveva abortito, le mostrò in visione un papa osannato dalle folle dicendole che Dio aveva progettato per suo figlio un tale ruolo. Ma io, dal Paradiso, ti amo lo stesso e prego perché tu ti salvi. In molti casi la preghiera dei bambini abortiti è l’unica orazione, unita a quella di qualche familiare, recitata incessantemente a favore della loro madre. Se sentirai dei rimorsi, sappi che, come è successo a tante madri che hanno abortito, tali rimorsi sono una grazia che va accolta e perfezionata con la confessione del tuo grave peccato, che il Signore d’infinita misericordia arde dal desiderio di perdonare; ma non può farlo senza il tuo pentimento. Non trascurare tale grazia ed affrettati a sbarazzarti del grave peccato. Da tale peccato devi liberarti il più presto possibile per la tua serenità e per la gioia di Dio che ha detto « Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione » (Lc. 15,7). Poiché ti amo non desidero che tu, incurante dei richiami alla conversione ed al pentimento, finisca nell’inferno che esiste ed è esattamente come la Madonna, mia Madre in cielo, l’ha mostrato ai veggenti di Fatima e di Medjugorje. Anche se andrai da medici o psicologi per tentare di allontanare il « rimorso provvidenziale », nessun di loro potrà mai cancellare la tua colpa, ma un sacerdote sì.

Tuo figlio mai nato.

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Monnezza

Posté par atempodiblog le 11 janvier 2008

In qualità di vittima, è con gioia e sollievo che accolgo le seguenti parole scritte dal chimico e accademico Franco Battaglia su «Il Giornale» del 9 gennaio 2008: «Dovete sapere che il modo più rapido, economico e rispettoso dell’ambiente di smaltire i Rsu (rifiuti solidi urbani, ndr) è l’incenerimento, possibilmente accoppiato alla produzione d’energia. Il modo più bischero è quello della raccolta differenziata; bischerrima all’ennesima potenza, poi, è la cosiddetta raccolta porta-a-porta, che altro non è che la raccolta differenziata spinta fino all’esasperazione».
Ancora: «Che la raccolta differenziata sia una cosa bischera è semplice da capire. Innanzitutto, con essa non si smaltiscono i rifiuti ma li si separa.

L’idea sarebbe di riciclarli. Il condizionale non lo uso a caso. Infatti, il limite della produzione del riciclo e quello di mercato: a che pro un riciclo spinto, ad esempio, del vetro o della carta se poi il mercato del vetro scuro (che è il vetro che si può produrre dalla raccolta differenziata del vetro) o della carta riciclata è limitato? Che cosa succede al vetro e alla carta riciclata che rimangono invenduti? Vanno a finire il primo in discarica e la seconda bruciata negli inceneritori.

Tanto valeva portarcela prima». Due precisazioni: «bischero» è termine toscano che sta per «imbecille»; il Battaglia insegna giusto Chimica Ambientale (all’università di Modena). Si raccolgono firme per la sua elezione a Ministro al posto dell’attuale.

Fonte: rinocammilleri.it

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Fiaba, porta del Paradiso

Posté par atempodiblog le 21 décembre 2007

Genere letterario per bambini o residuo dell’epoca in cui l’umanità non era ancora passata all’età adulta. Ma a trattenerci dal liquidare così i favolosi racconti che hanno allietato la nostra infanzia è il Vangelo, ammonendoci che, senza l’innocenza fanciullesca non si potrà entrare nel Regno dei Cieli.

di Giudo Giorgini
Radici Cristiane,
a. III, n°21, gennaio 2007,pp.90-93

L’autentica fiaba non è in realtà cosa riservata a bambini o a popoli immaturi. Dal punto di vista del contenuto, essa è un’espressione della saggezza popolare; dal punto di vista della forma è un veicolo di memoria sociale che trasmette tradizioni da una generazione all’altra; dal punto di vista pedagogico è un modo per formare la personalità mediante l’esercizio della immaginanzione, l’attenzione all’invisibile, l’apertura al meraviglioso e l’aspirazione al sublime.
Secondo la pregnante analisi inaugurata nel XIX secolo da Andrew Lang e poi sviluppata da Jhon R. Tolkien nel suo saggio Sulle fiabe (1939) e da Cristiana Campo nel suo saggio su Fiaba e mistero (1963), I racconti fiabeschi svolgono una triplice funzione: ristorano, liberano e consolano l’animo di chi le ascolta, sia egli bambino o adulto.

La fiaba “ristora”

La fiaba innanzitutto ristora l’animo, perché racconta vicende immaginarie ma non irrazionali, che inducono ad abbeverarsi alla fonte della saggezza, a ricuperare la memoria delle origini, a tornare alle radici, a restaurare un modello tradizionale di uomo e società.
La letteratura fiabesca riporta alla luce aspetti e significati della vita che ordinariamente non vengono colti, in quanto sono stati coperti dal velo dell’ordinarietà e della prosaicità. Essa rievoca e ricupera significati e valori originari, dunque perenni e decisivi, illuminando le cose da una prospettiva superiore e scandagliandole nella loro profondità: il mondo spirituale e morale diventa qui più visibile e reale di quello fisico.
La fiaba suggerisce la soluzione dei misteri della realtà e degli enigmi della vita. Essa apre l’occhio e l’orecchio interiore dell’uomo usando il linguaggio dei simboli, che permettono di spiegare il mondo visibile con quello invisibile. Essa, quindi, aiuta a discernere la melodia celeste nel caotico rumore terreno, a trovare il filo d’oro nella confusa trama della storia, a cogliere lo straordinario sotto l’ordinario, la realtà sotto l’apparenza, l’ordine sotto il caos, il significato sotto l’incomprensibile, l’eterno sotto il passeggero, l’assoluto sotto il relativo, il sacro sotto il profano, il soprannaturale sotto il naturale.
In questo modo la fiaba introduce il bambino alla contemplazione, lo allena “all’esercizio della trascendenza”, che consiste nel cogliere il senso misterioso delle cose sotto le loro apparenze banali o ingannatrici. La fiaba alimenta il senso del meraviglioso e lo educa ad esso: un senso, come diceva già Platone, che è alle radici del conoscere e dell’agire, del formarsi e del maturare.
Insomma, la fiaba riscopre e ricorda il significato e il progetto originario della creazione, svelandone le vie nascoste e gli aspetti potenziali o dimenticati a causa del degrado sopravvenuto al peccato originale; in questo modo, essa mantiene viva la memoria e la nostalgia per l’Eden perduto e insegna la via per riconquistarlo.

La fiaba “libera”.

Proprio in quanto abitua l’uomo a cogliere una realtà invisibile, sostanziale ed eterna, la fiaba lo libera dal dominio di ciò che è apparente, contingente, effimero; lo libera dalla tirannia del misurabile e del calcolabile, dall’opprimente meccanismo delle circostanze, dall’asfissiante predominio dei pregiudizi e delle convenzioni.
Questa liberazione avviene quando l’uomo accetta il proprio destino e compie la propria missione. Ecco perché la fiaba esorta a lanciarsi nell’avventura della vita, puntando a raggiungere una destinazione lontana e a realizzare imprese difficili.
Essa descrive spesso un viaggio compiuto alla ricerca di un tesoro: è una metafora della vita, che consiste appunto in un pellegrinaggio dalla terra al Cielo, alla ricerca della Patria definitiva da raggiungere. La fiaba ammonisce che l’uomo è un essere decaduto, in quanto è stato punito per aver peccato, violando un comando misterioso e apparentemente incomprensibile (il peccato originale); ma poi essa esorta a ricuperare la nobiltà perduta, riscattandosi con la lotta e il sacrificio.
Difatti l’eroe della fiaba deve vincere tentazioni, superare ostacoli ed evitare pericoli d’ogni sorta; deve affrontare prove ardue, luoghi tenebrosi, nemici spaventosi. Ma li affronta con animo candidamente temerario, evangelicamente “semplice come colomba ma astuto come serpente”: colomba per accogliere gli aiuti celesti ma serpente per sfuggire alle insidie terrene.
Votato a realizzare l’impossibile, l’eroe può farlo solo appoggiandosi ad un punto archimedico posto fuori dal mondo, rovesciando I luoghi comuni, rinunciando alle certezze e sicurezze terrene per puntare a quelle ultraterrene.
Nella fiaba, infatti, si vive di paradossi: partire per restare, rinunciare per ottenere, perdersi per ritrovarsi, dimenticare per ricordare, servire per comandare, impoverirsi, imbruttirsi, impoverirsi per ottenere forza, bellezza e ricchezza. Ma sono proprio questi paradossi che permettono di raggiungere lo scopo: gli ostacoli diventano ponti, le perdite conquiste, le maledizioni benedizioni, le sconfitte vittorie.
L’eroe fiabesco può esercitare poteri perduti che appartenevano alla condizione originaria d’innocenza, ossia nel Paradiso terrestre, o che acquisterà nella sua finale condizione gloriosa, ossia nel Paradiso celeste: i poteri di volare, passare atraverso i corpi, trasmutarli, renderli invisibili, leggere nel pensiero, parlare con gli animali.


La fiaba “consola”

Proprio in quanto lo libera dalla tirannia del contingente per aprirlo all’Assoluto, la fiaba consola l’uomo, ossia gli fornisce quegli aiuti che gli permettono di compiere la propria missione.
Nei racconti fiabeschi, il successo arride a chi, pur essendo apparentemente senza speranza, si affida all’isperabile, come esige San Paolo Apostolo. E l’isperabile accade davvero, sempre! Il viaggio dell’eroe viene orientato da incontri imprevisti e decisivi che segnano le tappe della missione da compiere. Nei momenti più critici gli arrivano aiuti risolutori che rovesciano il fallimento in successo; ma sempre all’ultimo istante, quando tutto sembra perduto, per mettere alla prova la fiducia e per sottolinearte che la vittoria è un dono gratuito . E non accade appunto questo, lungo l’intera storia della Chiesa?
Partito con la missione di cercare o salvare qualcosa di apparentemente insignificante, alla fine l’eroe si accorgerà di aver trovato o salvato un inestimabile tesoro; oppure, partito con l’obbligo di rinunciare a un apparente tesoro, alla fine si accorgerà che questo sacrificio gli ha permesso di trovare un immenso bene: come accade anche nella vita terrena rispetto a quella eterna.
Alla fine l’eroe troverà e riotterrà tutto ciò a cui aveva rinunciato, ed enormemente accresciuto, come premio per la sua costanza. “chi avrà rinunciato alla propria vita, la troverà, mentre chi l’avrà conservata la perderà”.
La fiaba classica con conclude con il lieto fine (“e vissero per sempre felici e contenti): esso indica il premio paradisiaco, il raggiungimento dell’eternità beata, insomma la consolazione definitiva, quella che non verrà mai tolta.

La fiaba “ammonisce”

La fiaba non spinge a fuggire dalla realtà, ma anzi richiama alla serietà della vita, che è missione da compiere a costo di un destino eterno e che esige scelta, lotta, rischio, sacrificio. La fiaba ammonisce che “tutte le nostre azioni ci seguono” (Paul Bourget), per cui i meriti verranno ricompensati, le colpe verranno punite, ma potranno anche essere perdonate se verranno espiate col pentimento e col dolore.
Non disprezziamo, dunque, le fiabe tradizionali: profondo è il loro valore morale e pedagogico. Il fatto che esse oggi stiano suscitando un rinnovato interesse, per quanto si tratti di un fenomeno ambiguo, rivela comunque che il senso del soprannaturale, l’apertura al meraviglioso e l’aspirazione alò sublime sopravvivono nella coscienza delle masse. E questo è un segno di speranza, anzi un sintomo d’imminente guarigione.

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Racconti di Natale

Posté par atempodiblog le 13 décembre 2007

Racconti di Natale
di Jean Paul Sartre

Racconti di Natale dans Citazioni, frasi e pensieri Ges-e-Maria

Siccome oggi è Natale, avete il diritto di esigere che vi si mostri il presepe. Eccolo. Ecco la Vergine ed ecco Giuseppe ed ecco il bambino Gesù. L’artista ha messo tutto il suo amore in questo disegno ma voi lo troverete forse un po’ naif.
Guardate, i personaggi hanno ornamenti belli, ma sono rigidi: si direbbero delle marionette. Non erano certamente così. Se foste come me, che ho gli occhi chiusi. Ma ascoltate: non avete che da chiudere gli occhi per sentirmi e vi dirò come li vedo dentro di me. La Vergine è pallida e guarda il bambino. Ciò che bisognerebbe dipingere sul suo viso è uno stupore ansioso che non è apparso che una volta su un viso umano. Poiché il Cristo è il suo bambino, la carne della sua carne, e il frutto del suo ventre. L’ha portato nove mesi e gli darà il seno: e il suo latte diventerà il sangue di Dio.
E in certi momenti, la tentazione è così forte che dimentica che è Dio.
Lo stringe tra le sue braccia e dice: piccolo mio!
Ma in altri momenti, rimane interdetta e pensa: Dio è là e si sente presa da un orrore religioso per questo Dio muto, per questo bambino terrificante. Poiché tutte le madri sono così attratte a momenti davanti a questo frammento ribelle della loro carne che è il loro bambino e si sentono in esilio davanti a questa nuova vita che è stata fatta con la loro vita e che popolano di pensieri estranei. Ma nessun bambino è stato più crudelmente e più rapidamente strappato a sua madre poiché egli è Dio ed è oltre tutto ciò che lei può immaginare.
Ed è una dura prova per una madre aver vergogna di sé e della sua condizione umana davanti a suo figlio. Ma penso che ci sono anche altri momenti, rapidi e difficili, in cui sente nello stesso tempo che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che è Dio. Lo guarda e pensa:
« Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. E’ fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. E’ Dio e mi assomiglia. E nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive ».
Ed è in quei momenti che dipingerei Maria, se fossi pittore, e cercherei di rendere l’espressione di tenera audacia e di timidezza con cui protende il dito per toccare la dolce piccola pelle di questo bambino-Dio di cui sente sulle ginocchia il peso tiepido e che le sorride.
Questo è tutto su Gesù e sulla Vergine Maria.
E Giuseppe?
Giuseppe, non lo dipingerei. Non mostrerei che un’ombra in fondo al pagliaio e due occhi brillanti. Poiché non so cosa dire di Giuseppe e Giuseppe non sa che dire di se stesso. Adora ed è felice di adorare e si sente un po’ in esilio. Credo che soffra senza confessarselo. Soffre perché vede quanto la donna che ama assomigli a Dio, quanto già sia vicino a Dio. Poiché Dio è scoppiato come una bomba nell’intimità di questa famiglia. Giuseppe e Maria sono separati per sempre da questo incendio di luce.
E tutta la vita di Giuseppe, immagino, sarà per imparare ad accettare.
Miei buoni signori, questa è la Sacra Famiglia.
Ora apprenderemo la storia di Bariona poiché sapete che vuole strangolare quel bambino. Corre, si affretta ed eccolo arrivato. Ma prima di farvelo vedere, ecco una piccola canzone di Natale.

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Le domeniche d’oro… per chi?

Posté par atempodiblog le 5 décembre 2007

Le domeniche d’oro… per chi?

Le domeniche d'oro... per chi? dans Articoli di Giornali e News No-alla-spesa-la-domenica

Sono iniziate le domeniche di dicembre, premetto che lavoro in un centro commerciale come dipendente part time al top center. Il mio contratto mi consente di poter decidere se dare disponibilità lavorativa le domeniche. Ho potuto osservare come la domenica viene sempre meno dedicata alla famiglia, ad una piccola passeggiata, alla messa (so che va di moda la laicità…) o a qualcosa di diverso che rinchiudersi all’interno di negozi e centri commerciali. La cosa divertente è quando i clienti chiedono durante la settimana “siete aperti domenica”? Se attendiamo per qualche secondo la risposta, si vede una faccia sempre più preoccupata. Una delle preoccupazioni maggiori è quella del pane fresco; della serie “come facciamo senza il pane fresco?”, surgelatelo!. Quasi divertente la persona che di domenica entra in negozio e critica l’apertura, giustificandosi dicendo che è aperto. Esempi ne potrei fare moltissimi ma, andiamo oltre. La prima domenica ho visto un pienone non indifferente: ricordo qualche anno fa che le prime due domeniche si faceva poco fatturato, adesso invece siamo stati indottrinati molto bene nell’approfittare di queste domeniche d’avvento. Questo atteggiamento dell’uomo disumanizzato, dell’uomo che vive nell’indifferenza, è distruttivo per l’uomo moderno. L’uomo completamente assorbito nel vendere e consumare, diventa egli stesso una cosa, e quando l’uomo diventa una cosa è morto, anche se fisiologicamente è ancor vivo.
E’ un uomo spiritualmente morto, considera la propria vita un capitale da investire, questo tipo di uomo moderno sono riusciti a produrlo: è l’automa, l’uomo alienato. Alienato perché le sue azioni e le sue proprie energie gli sono diventate estranee, sono al di sopra e contro di lui, e lo guidano invece che essere guidate. Altrettanto alienati sono i nostri consumi, perché regolati dagli slogan più che dai nostri bisogni reali, dal nostro palato, dai nostri occhi od orecchi. E si finisce che nella società l’attrazione per i gadget tecnologici è più forte di quella per gli esseri viventi e per i processi della vita. Alla fine si diventa indifferenti alla vita. E’ facile veder entrare gente annoiata, senza gioia, che quando ha comprato qualcosa diventa per un attimo felice, sembra quasi che l’acquisto di beni riesca ad anestetizzare la noia della vita; passato l’acquisto passata la gioia. Mi fa riflettere il pensiero dominante: tutti, in teoria, contro le aperture domenicali, per la dignità della persona, contro le ingiustizie, contro le guerre… Della serie: sistemi comportamentali in cui si aspetta sempre che sia l’altro a cambiare, invece non riusciamo nemmeno ad astenerci a uscire la domenica per fare acquisti, come si può pretendere di insegnare agli altri il rispetto. Non si parte dai grandi comportamenti ma dalle piccole cose. Cerco di spiegarmi; da quando l’uomo ha tolto Dio e messo al centro il consumo, abbiamo pure cambiato il nostro sistema di valori. Il progresso tecnologico minaccia di diventare la sorgente dei valori, spazzando via le norme che “comandano” di compiere quel che è vero, bello e utile allo sviluppo dell’animo umano, poiché l’uomo non cerca più la gioia ma l’eccitazione, non ama più la vita ma il mondo meccanizzato dei gadget, non si sforza di crescere ma di star bene, all’essere preferisce l’avere.
Tutto questo è desolante e se pensate che sto esagerando provate a fermarvi qualche minuto davanti alle innumerevoli casse dei centri commerciali e negozi durante queste feste: tutti ansiosi, agitati, nervosi, gente che litiga per un parcheggio, per passare davanti alla fila per pagare, che chiede di aprire altre casse perché ha fretta, persone che chiedono dove sta lo zucchero… risposta: avanti a destra…. il 30/40% non utilizza più scusi, per favore, grazie ecc. si dà tutto per scontato; forse il cliente pensa che siamo pagati per rispondere, sì è vero, ma chiedere per favore è tutta un’altra cosa… anche noi commessi pecchiamo molte volte quando siamo lì da 8 ore a dire buon giorno grazie ecc Può succedere che non abbiamo la carica giusta: per questo cari clienti fateci un bel sorriso anche dopo 10 ore il sorriso ve lo ricambieremo volentieri, non costa nulla darlo ed è bello riceverlo. Chiudo con una piccola provocazione: se non sapete dove andare domenica siamo aperti… Buon Natale a tutti.

di Sandro Bordignon

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Il segreto di Padre Pio

Posté par atempodiblog le 27 novembre 2007

In occasione dell’uscita del suo libro « Il segreto di padre Pio », Antonio Socci, lunedì 26 novembre, è stato ospite alla trasmissione Otto e Mezzo su La7. Buona visione su:

http://comment.la7.it/ottoemezzo/pvideo-stream?id=14500 *

* Il link al video di La7 è cambiato, questo è il nuovo.

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Se non fosse venuto

Posté par atempodiblog le 18 novembre 2007

Se non fosse venuto
di Antonio Socci

Se non fosse venuto dans Antonio Socci Natale

E se Gesù non fosse nato? Non ci sarebbero – per esempio – né università, né ospedali. E nemmeno la musica.
E’ facile provare storicamente che queste istituzioni, nate nel medioevo cristiano (come le Cattedrali e l’arte occidentale), sarebbero state del tutto inconcepibili senza la storia cristiana.
Se Gesù non fosse venuto fra noi non ci sarebbe neanche lo Stato laico, perché – come ha dimostrato Joseph Ratzinger in un memorabile discorso alla Sorbona – è Lui che ha desacralizzato il potere il quale da sempre ha usato le religioni per assolutizzare se stesso.
Dopo Gesù, Cesare non si può più sovrapporre a
Dio, non può avere più un potere assoluto sulle persone e le cose. Inizia la storia della libertà umana.

Se Gesù non fosse nato le donne non avrebbero alcun diritto, sarebbero considerate ancora “cose” su cui gli uomini hanno potere di vita e di morte, com’era perfino nella Roma imperiale.
Se Gesù non fosse nato vecchi e malati continuerebbero ad essere abbandonati.
Se Gesù non fosse nato non esisterebbero i “diritti dell’uomo”.
Né la democrazia (ripeto: la democrazia e la libertà sarebbero stati inconcepibili).
Se Gesù non fosse venuto avremmo ancora un sistema economico fondato strutturalmente sulla schiavitù e quindi arretrato (oltreché disumano e bestiale), sempre al limite della sussistenza.

Invece Gesù è venuto e il continente che l’ha accolto, il continente cristiano per eccellenza, l’Europa, di colpo ha fatto un balzo inaudito nella storia umana, lasciando indietro tutto il resto del mondo, perfino civiltà molto più antiche, come quella cinese.Gesù è venuto e l’essere umano è fiorito: la sua intelligenza, la sua genialità, la sua umanità, la sua creatività, la sua razionalità (soprattutto!).

Chi – abbeverato alle fonti avvelenate dell’ideologia dominante – nutre qualche dubbio in proposito può trovare intere biblioteche che lo dimostrano, ma, per tagliar corto, in queste giorni di vacanze può cavarsela leggendosi un libro.
L’autore non è un apologeta cattolico, ma un sociologo americano di una università yankee: Rodney Stark.
Il suo libro è stato tradotto da Lindau col titolo: “La vittoria della Ragione”. Sottotitolo: “Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza”
.
Il suo excursus lungo i secoli è documentatissimo e chiaro. Spiega che quando gli europei per primi cominciarono a esplorare il mondo, ciò che li stupì fu “la scoperta del loro grado di superiorità tecnologica rispetto alle altre società”.
Stark – per farsi capire – scende nei particolari: “Perché per secoli gli europei rimasero gli unici a possedere occhiali da vista, camini, orologi affidabili, cavalleria pesante o un sistema di notazione musicale?”
.
Il perché – come spiega Stark – risale a quella razionalità e a quel genio della realtà fioriti col cristianesimo.
Gli esempi sembrano minimi (gli occhiali, i camini), ma si tratta
di oggetti di uso quotidiano che hanno rivoluzionato la vita e la qualità della vita.

Inoltre vanno compresi all’interno delle conquiste più grandi. Stark dimostra che è dal cristianesimo, dalla conoscenza di un Dio che ha razionalmente ordinato il cosmo, che deriva la “straordinaria fede nella ragione” che connota l’Occidente cristiano.
“Sin dagli albori i padri della Chiesa insegnarono che la ragione era il dono più grande che Dio aveva offerto agli uomini. Il cristianesimo fu la sola religione ad accogliere l’utilizzo della ragione e della logica come guida principale verso la verità religiosa”.
Da qui, da questa “vittoria della ragione”, da questa certezza che il mondo non è una divinità, né un capriccio inconoscibile degli dèi, ma è creato secondo un Logos razionale e può essere compreso e dominato dall’uomo, derivano la scienza, la tecnologia e – per esempio – come conseguenza ultima di tipo sociale, il « capitalismo », cioè quel sistema di produzione regolato che ha portato a una prosperità mai conosciuta prima nella storia umana.

Naturalmente andiamo per grandi lineee.
Potremmo dettagliare tutte le cose che stanno dentro queste svolte storiche: la legittimazione teologica e morale della proprietà privata e del profitto, la limitazione dell’arbitrio dello Stato, il diritto della persona a non essere schiavizzato (che ha provocato una quantità di scoperte e conquiste tecnologiche).
La teoria della democrazia e dei diritti dell’uomo fiorì nei grandi monasteri che hanno civilizzato l’Europa barbarica, poi nelle università medievali e nella teologia successiva.
Ed è stata recepita nelle istituzioni.

E’ tutto un sistema di pensiero e di valori che ha letteralmente dato forma al nostro vivere quotidiano e che deriva da ciò che il cristianesimo ha portato nella storia umana.
Il progresso stesso è un concetto nato dai padri della Chiesa e che
non è concepibile se non nella concezione cristiana della storia.
Stark dettaglia fino a particolari a cui noi normalmente neanche facciamo caso. Accendere la luce, avere acqua e riscaldamento in casa, muoversi a velocità inaudita sul pianeta coprendo distanze immense, comunicare da un capo all’altro del mondo, disporre di cibo oltre ogni immaginazione,
dominare lo spazio, debellare tante malattie allungando la vita umana di decenni..
Tutto questo – letteralmente – non sarebbe stato neanche immaginabile se quel giorno di duemila anni fa, a Betlemme di Giudea, non fosse nato Gesù.

Non è un caso se le conquiste dell’Occidente cristiano hanno civilizzato e umanizzato tutto il mondo.
Ma l’origine sta in quella strepitosa liberazione dell’umano e delle sue immense energie e potenzialità che è iniziata quando è venuto Gesù.
Per questo – e non a caso – la storia si divide: prima di Cristo e dopo di Lui.
Per questo anche un laico – se minimamente colto e avvertito – celebra il Natale come l’alba della prosperità e della libertà.
Sia chiaro: non che l’occidente cristiano sia di colpo diventato immune dal male.
Tutt’altro. Il rischio di ripiombare nelle tenebre della disumanità è stato sempre presente ed è continuo.
Ma anche il male dell’uomo, nel corso dei secoli, ha trovato finalmente la forza inesausta di Cristo nella Chiesa che l’ha contrastato, l’ha perdonato e redento, dilagando nella storia dei popoli cristiani.

Un grande poeta, Thomas. S. Eliot, ha colto questa drammatica lotta (di ogni giorno) dei popoli cristiani per vincere nel corso dei secoli la barbarie e la bestialità con questi versi:
“Attraverso la Passione e il Sacrificio, salvati a dispetto del loro essere negativo; /Bestiali come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati e ottusi come sempre lo furono prima;/ Eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce./ Spesso sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi, tornando, eppure mai seguendo un’altra via”.

Infatti, nonostante la liberazione storica che ha prodotto, Gesù non è nato innanzitutto per civilizzare il mondo, ma per santificare gli uomini, per renderli, da bestiali, divini.
Diceva S. Agostino: “Dio si è fatto uomo. Saresti morto per sempre se lui non fosse nato nel tempo. Mai saresti stato libero dalla carne del peccato, se lui non avesse assunto una carne simile a quella del peccato. Ti saresti trovato sempre in uno stato di miseria, se Lui non ti avesse usato misericordia. Non saresti ritornato a vivere, se Lui non avesse condiviso la tua morte. Saresti venuto meno, se Lui non fosse venuto in tuo aiuto. Ti saresti perduto, se lui non fosse arrivato”.

Se non fosse nato Gesù, saremmo tutti dei disperati.
Ma Lui è venuto
fra noi.

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La Pace

Posté par atempodiblog le 17 novembre 2007

Il desiderio più profondo nel cuore dell’uomo è proprio la pace, quando odia e vuole vendetta, egli cerca la pace, quando è sobrio e lotta contro la dipendenza, cerca la pace, anche quando si ubriaca cerca la pace; quando bestemmia e dice cose cattive, cerca la pace; quando lotta per la propria vita e della vita di coloro che ama , cerca la pace, quando alza la mano su se stesso e commette il suicidio oppure uccide l’altro, cerca la pace. Pertanto tutte le decisioni umane sono in realtà scelte di pace. E’ chiaro che quando si agisce bene, si cerca e si realizza la pace personale e quella degli altri, quando si commette il male, si cerca soltanto la pace per se stessi, senza tener conto dell’inquietudine degli altri… Analizzando la questione da un altro punto di vista, tutte le volte che abbiamo perso la pace è perchè siamo stati orgogliosi, avidi, dipendenti dal potere e dalla gloria… L’esperienza insegna che grazie al digiuno e alla preghiera si vincono il male, l’orgoglio e l’egoismo, il cuore si apre, crescono l’amore, l’umiltà, la generosità e la bontà e in questo modo si realizzano i presupposti per la pace. Chi ha la pace ama e perdona, è sano anche fisicamente e spiritualmente ed è pronto ad organizzare la propria vita in modo degno dell’uomo, che è la massima creatura divina…

Padre Slavko Barbaric

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Tratto da ‘Choruses from the Rock’

Posté par atempodiblog le 8 novembre 2007

Tratto da 'Choruses from the Rock' dans Citazioni, frasi e pensieri thomasstearnseliot

«Perché gli uomini dovrebbero amare la Chiesa?
Perché dovrebbero amare le sue leggi?
Essa ricorda loro la Vita e la Morte, e tutto ciò che vorrebbero scordare.
È gentile dove sarebbero duri, e dura dove essi vorrebbero essere teneri.
Ricorda loro il Male e il Peccato, e altri fatti spiacevoli.
Essi cercano sempre d’evadere dal buio esterno e interiore sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono».

di Thomas Stearns Eliot

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Prima di partecipare alla festa di Halloween…

Posté par atempodiblog le 31 octobre 2007

 Prima di partecipare alla festa di Halloween… dans Fede, morale e teologia Festa-santi

Vogliamo essere sentinelle del mattino, vigili, sveglie, attente (Is 21,6-8), che sanno alzare la voce (Is 52,8), che “non taceranno mai” (Is 62,6), che “vigilano sulla casa d’Israele” (Ez 3,16).

Prima di partecipare alla festa di Halloween, ti sei informato sulle origini, la natura e le implicazioni?

“Dolcetto o scherzetto” è la formula magica che imperversa per le nostre strade nella notte di Ognissanti. Dobbiamo temere i ragazzetti che scendono per le strade vestiti da mostriciattoli? Croci contro zucche? Nessuna battaglia, ma una semplice comprensione del senso vero e profondo della santità a cui siamo chiamati e a cui il Papa spesso ci richiama.
Non s’intende fare crociate, ma occorre essere consapevoli che è a partire dalle piccole cose che viene manipolata la nostra cultura e censurata la nostra storia, stordendo l’uomo con l’oppio del magico e dell’inconsistente.

Viviamo nell’epoca e nella logica del “che male c’è in fondo…”! E invece c’è molto di male dietro questa festa che appare innocua , ma che, in realtà, è una festa pagana a cui si sono aggiunti elementi tratti dalla magia, esoterismo e stregoneria…il tutto mascherato in un perfetto cocktail d’ipocrisia. Da cristiani, figli della chiesa di Roma, DICIAMO NO AD UNA FESTA PAGANA con implicazioni nel mondo dell’occulto. Halloween è “una finestra aperta, una porta d’ingresso all’occultismo”. C’è una chiara strategia alle spalle, che, con tatticismi e senza sospetti, vuole ingannare. A cui si aggiunge un colossale business frutto di un’autentica pianificazione consumistico-commerciale su scala mondiale.

Dietro le maschere,le zucche, i costumi,apparentemente innocui,si nascondono molte insidie.

DICIAMO NO AD UNA FESTA DELL’IGNORANZA E DELLA SUPERSTIZIONE

Prima di agire conosci!

Il significato. Halloween è la forma contratta dell’espressione inglese “All Hallows’Eve day” che letteralmente significa vigilia d’Ognissanti. La tradizione celtica. Le origini di Halloween risalgono agli antichi druidi celti che celebravano la vigilia del nuovo anno, il 31 ottobre, in onore di Samhain, principe della morte, che veniva ringraziato per i raccolti estivi. Si tratta del capodanno celtico ed è evidente l’origine pagana della festa. Il giorno di Samhain segnava, dunque, l’inizio delle metà invernale dell’anno e veniva considerato un momento magico: le barriere tra vivi e morti si assottigliavano tanto da permettere agli spiriti di tornare sulla terra e comunicare con i vivi. Col tempo questi spiriti assunsero un connotato diabolico e malvagio. Fu così che apparvero i simboli della morte, che poco hanno a che vedere con la iniziale ricorrenza celtica. La leggenda irlandese. Jack, fabbro malvagio e tirchio, dopo l’ennesima bevuta, viene colpito da un attacco mortale di cirrosi epatica. Il diavolo, nel reclamare la sua anima, viene raggirato da Jack (!!!) e si trova costretto a rinunciare alla sua anima, facendolo tornare in vita. Jack, ignaro degli effetti della malattia, muore un anno dopo. Rifiutato in Paradiso, Jack non trova posto neanche all’inferno a causa del patto col diavolo e allora intaglia una grossa rapa mettendovi all’interno della brace fiammante. Con questa lanterna, Jack, da fantasma, torna nel mondo dei vivi. La rivisitazione americana. Gli irlandesi, emigrati in America verso il 1850, sostituirono le rape con le zucche che divennero le “Jack o’lantern”, utilizzate la notte d’Ognissanti, pensando di tener lontani gli spiriti inquieti dei morti che tentavano, come Jack, di tornare a casa.

“Trick or treat”. E’ l’usanza del “dolcetto o scherzetto”. Il significato dell’espressione inglese è “trucco o divertimento”, ma in realtà significa: “maledizione o sacrificio”. La notte di Halloween si chiedono soldi o cibo: se accontentati si promette prosperità e fortuna; al contrario la scherzetto diventa una maledizione alla famiglia.

Tutto questo è il presupposto della festa di Halloween: una tradizione pagana del mondo celtico, gonfiata da una leggenda irlandese, rivisitata dalla commercializzazione americana e importata in Europa e in Italia.

Ma le obiezioni cristiane a queste favole sono evidenti.

1. L’anima, dopo la morte, è nelle mani di Dio e col giudizio particolare va in Paradiso, Purgatorio o Inferno e non si fa delle passeggiate.
2. Quando l’uomo muore, il giudizio si compie solo davanti a Dio e non al diavolo.
3. Il diavolo non ha nessun potere di far tornare in vita un uomo dopo la morte, cosa che compete solo a Dio.
4. Se si fa un patto col diavolo l’inferno accoglie a braccia aperte.
5. E’ superstizioso pensare di allontanare questi presunti spiriti dei morti solo con una zucca!
6. La storiellina di Halloween sviluppa e accredita pratiche occulte e magiche.
7. I morti non sono qualcosa da cui difendersi, ma per i defunti si prega, si offrono messe, si fa elemosina.

E’ davvero sconcertante quello che, apparentemente nascosto, si cela dietro questa “festaccia” che getta blasfemia sulla festa di Ognissanti e dileggia il culto cristiano dei defunti. Ma non è tutto.

Il satanismo. Il 31 ottobre è una data importante non solo per la cultura celtica, ma anche per il satanismo. E’ uno dei quattro sabba delle streghe. I primi 3 segnavano il tempo per le stagioni “benefiche”: il risveglio della terra dopo l’inverno, il tempo della semina, il tempo della messe. Il quarto sabba marcava l’arrivo dell’inverno e la sconfitta del sole…quindi freddo e morte. Halloween, quindi, è una ricorrenza legata al mondo della magia. Il mondo dell’occulto lo definisce così: “E’ il giorno più importante dell’anno, è il capodanno di tutto il mondo esoterico, è la festa più importante dell’anno per i seguaci di satana”. Le cosiddette “streghe” restano incinte appositamente per sacrificare il neonato in quella notte. E se vedete sparire qualche gatto nero chiedetevi il perché. E’ la notte in cui si sguazza nella divinazione, nell’astrologia, nella chiromanzia, nella medianità, nella magia, nella stregoneria, nello spiritismo, nel satanismo. La festa di Halloween, quindi, è un rendere osanna al diavolo, il quale se adorato, anche solo per una notte, pensa di vantare dei diritti sulla persona. La festa di Halloween è una sorta di seduta spiritica presentata sotto forma di gioco: è questa l’astuzia del demonio!

Tutto questo è la versione moderna di Halloween che va ad aggiungersi a quel clima di magico che siamo costretti a subire di continuo: dai fiumi di serial televisivi in cui le streghe sono magari anche simpatiche e buone ad anni di harrypotterismo, da un oceano di riviste con richiami all’esoterismo agli amuleti e oggetti magici.
Il “paradosso di Halloween” è proprio quello di essere una festa ipermoderna nel modo di presentarsi ed iperarcaica nelle idee; rappresentare il massimo della credulità in un mondo sempre più secolarizzato.
Nella cultura di massa dove imperversa la logica della “festa per la festa” a prescindere dai contenuti,è facilmente spiegabile il successo della penetrazione di Halloween, emblema del vuoto, delle zucche, ma specialmente delle teste vuote che in esse si perdono.

Alle zucche vuote di Halloween i cristiani rispondono con le zucche piene di cultura veramente alternativa e controcorrente,che alla confusione dei fenomeni di massa,sostituisce l’intimità e il silenzio di una fede vissuta.

E’ un vero e proprio scippo che la cultura cristiana sta subendo. La progressiva scristianizzazione della festa cristiana, la ferializzazione del giorno festivo hanno dato la spinta all’introduzione di questa nuove feste anticristiane. Ma in realtà quella di Ognissanti è una festa cristiana. Instaurata da papa Gregorio IV nell’840, originariamente si celebrava nel mese di maggio. Fu nel 1048 che Odilio de Cluny spostò la celebrazione cattolica all’inizio di novembre per detronizzare il culto di Samhain.

La Parola di Dio (150 circa sono i passi ) è chiarissima al riguardo, vietando il ricorso più o meno consapevole a pratiche di superstizione e irreligiosità.
La tentazione e oppressione diabolica ,descritta nel Vangelo, tenta di pervertire l’uomo rendendolo nemico a Dio. Ma
Gesù ha dimostrato la sua potenza sui demoni e ha trasmesso questa sua potenza ai suoi discepoli.

Lo stesso magistero e la tradizione cattolica che si esprime nella catechesi è chiara al riguardo.
L’unico culto da rendere è quello all’unico e vero Dio che si fa carne in Gesù Cristo. Tutto ciò che è deviato da questo culto diventa superstizione, che ha la sua massima espressione nell’
idolatria (che può arrivare al satanismo),come nelle varie forme di divinazione e magia.
La
divinazione è la pretesa di conoscere e preannunciare il futuro e le cose nascoste,mediante contatti con forze occulte. E’ condannata perché nasce con un patto con il diavolo e conduce l’uomo a credere in colui che combatte la salvezza, ma il futuro non può essere previsto perché appartiene solo a Dio. Sono in contraddizione con la fede cristiana la consultazione degli oroscopi, l’astrologia, la chiromanzia, l’interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium.
La
magia e la stregoneria non pretendono di conoscere invano il futuro, ma le cose occulte. Si pretende in altre parole di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere sugli altri soprattutto per nuocere, ricorrendo all’intervento dei demoni. Anche portare amuleti è da condannare. La Chiesa mette in guardia anche dallo spiritismo che spesso implica divinazione o magia.

Questa è la verità, nient’ altro che la verità. Noi crediamo nel Dio della Luce e della Vita.
Una notte di Halloween allora vestito da mostriciattolo o da fantasma? No grazie!
Una notte attorno al Santo dei Santi:
GESU’ che porta una grande luce d’amore.
Per invocare
UNICO SPIRITO che non porta paura o terrore.
Ci sono Orizzonti di Cielo per te!
Una luce nella notte. Una luce nella
notte di Ognissanti.

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HALLOWEEN e zucche vuote

Posté par atempodiblog le 30 octobre 2007

HALLOWEEN e zucche vuote
di Antonio Fasol

HALLOWEEN e zucche vuote dans Fede, morale e teologia halloween-e-zucche-vuote

L’occasione dell’imminente festa cristiana di Ognissanti, ormai per popolarità superata dalla più democratica e political correct festa di Halloween ci offre l’opportunità per tentare di andare aldilà dell’immagine ironico grottesca delle zucche dipinte e per cercare di esplorarne simbolicamente l’interno. In tale percorso ci aiuterà il critico francese Damien Le Guay , di cui è appena uscita una interessante pubblicazione, a carattere ironico e provocatorio “la faccia nascosta di Halloween” (ed. Elledici) significativamente sottotitolata “come la festa della zucca ha sconfitto Tutti i Santi”!

La prima considerazione che viene spontanea è che nell’attuale risvegliarsi, in Europa, di una cultura caparbiamente laicista, che rifiuta, forzando perfino la storia, di riconoscere le proprie origini cristiane, non meraviglia il fatto che una festa di arcane origini paganeggianti, miratamente trasformata in occasione consumistica e di vago sapore carnevalesco, abbia ormai sopraffatto l’originaria festa cristiana non a caso con essa coincidente temporalmente.

Vi è, per la verità, un esempio ancora più emblematico di tale processo di sovrapposizione tra mondo secolare-paganeggiante e cristiano: il Natale, che, preso a sua volta in prestito (come data) dalla precedente festa pagana del dio sole e divenuto il “dies natalis” di Gesù per secoli, è ora ormai insidiato, soprattutto in ambito anglosassone e nordico, dalle renne di babbo natale e dagli alberi colorati, con annesso tutto l’indotto commerciale e consumistico che ha, tra l’altro, relegato il francescano presepe, originariamente veicolo religioso di meditazione sul mistero dell’Incarnazione, in rassegne artistiche dedicate dal vago sapore naturalistico e spesso più attente a rendere l’effetto meccanico di mulini e cascate piuttosto che a manifestare la nascita del Salvatore!

Ma tornando alla festa in oggetto, ciò che invece insospettisce il nostro autore è innanzitutto la pressoché totale indolenza e passività con cui la maggioranza della gente ha in pochi anni (l’inizio risale al 1995), dapprima timidamente tollerato, poi sempre più accettato tale sorpasso festaiolo, secondo la logica del “in fondo che c’è di male”.

Giornalisti e sociologi, per la verità, hanno pure tentato interpretazioni, almeno negli intenti, più filosofiche, affermando, per esempio, che “le cucurbitacee (la famiglia delle zucche) si adeguano perfettamente ai valori emergenti” (sic), o ancora che “Halloween è una nuova educazione alla vita e alla morte” (editoriale di “Le Monde” del 1° novembre 2000), articolo nel quale l’autore interpreta la grande diffusione della festa e la relativa ostilità dei cristiani come una rottura del monopolio religioso-e cristiano in particolare- sui riti e sulla simbologia nella società occidentale; c’è anche chi, infine, arriva a considerare la cultura indoeuropea, celtica e pagana come la vera originaria rispetto a quella giudaico-cristiana, che “ne avrebbe soffocato lo sviluppo” (J.Markale).

Ma donde viene in realtà Halloween? Diciamo subito che il nome è già una sorta di malcelato acronimo inglese di “Ognissanti”; si tratta poi di una arcaica- e in parte mitizzata- tradizione celtica, veicolata successivamente da tradizioni irlandesi e americane, che univa il passaggio agricolo al nuovo anno con la festa religiosa-popolare del dio Samhain, divinità che nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre consentiva il passaggio di spiriti malefici dal mondo dei morti a quello dei vivi. In tale occasione gli antichi druidi, travestiti con teste di animali, compivano gesti propiziatori in cambio di offerte che, se rifiutate, ricambiavano con puntuali maledizioni! Per scacciare i medesimi spiriti, pare che fuori dalle case venissero appese zucche e lampade.

Chi pensasse, però che si tratti di una delle tante rivalutazioni tradizional-folcloristiche di culture arcaiche minoritarie, verrà subito smentito dall’apprendere che, in realtà, fu il frutto di una autentica pianificazione consumistico-commerciale su scala mondiale operata da una società (Cesar) nel 1992. Essa individuò il periodo “a metà strada tra l’inizio dell’anno scolastico e Natale” e lanciò la festa con maschere(di cui era produttrice), teschi e costumi da strega; successivamente, grazie ad una mirata pubblicità mass-mediatica e all’apporto di grosse multinazionali dello svago (da Disney a McDonalds), raggiunse la diffusione che conosciamo diventando una sorta di “folklorizzazione religiosa” (M.de Certeau).

Il paradosso di Halloween e delle sue bizzarrie è, quindi, quello di essere nel contempo ipermoderna (nel modo di presentarsi) ed iperarcaica (nelle idee), e rappresentare il massimo della credulità in un mondo – per dirla con Chesterton - che ha smesso di credere in Dio.

Nell’attuale cultura, in stile tipicamente new age e rigorosamente a-confesionale, dove impera la logica della festa per la festa, a prescindere dai contenuti da celebrare, si spiega il facile e veloce successo della penetrazione sociale di Halloween, emblema e icona del vuoto, delle zucche ma specialmente delle teste che in esse si perdono.

Perfino l’apparentemente innocuo gioco infantile del “dolcetto o scherzetto”, ad un’analisi più approfondita, non è che la rappresentazione dei ruoli invertiti bambini-adulti, dove questi ultimi sono ricattati a dare dolcetti ai primi per cautelarsi contro la maledizione, sia pur scherzosa: e qui sta la differenza tra lo scambio gratificante e il dono estorto (considerando anche che il carnevale è ancora lontano).

Per quanto riguarda l’ambito scolastico, poi, mentre la tendenza imperante, dai programmi ai testi adottati, è quella di evitare o ridurre al minimo ogni accenno a riferimenti religiosi- e in particolare cristiani- assistiamo, per occasioni come Halloween (proprio per la sua malcelata aura di gioiosa e giocosa neutralità) ad una vera e propria adozione laica universalmente accettata, con tanto di lezioni di cultura anglosassone(?) e similia. A tale filone culturale sono da ascrivere i successi, tra gli adolescenti, di alcune serie televisive americane (Buffy, Streghe).

In definitiva, quindi, la differenza tra Halloween e Ognissanti è sostanziale, sia come contenuto – per la prima pressoché inesistente – sia come rappresentazione temporale: per la prima, infatti, il tempo è ciclico e costituito da stagioni che ritornano uguali, mentre per la seconda, il tempo cristiano è lineare e caratterizzato dalla tensione tra nascita e parusìa di Cristo, sia pur nella ciclicità liturgica.

La più nostrana e genuina tradizione popolare metteva giustamente in guardia: “scherza con i fanti…!”.

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Nessuna creatura si perderà senza saperlo

Posté par atempodiblog le 12 octobre 2007

padre pio

Gesù a Padre Pio: “Figliuol mio, non lasciare di scrivere quello che odi oggi dalla Mia bocca, perché tu non l’abbia a dimenticare. Io sono fedele, nessuna creatura si perderà senza saperlo. Molto è diversa la luce dalle tenebre, l’anima a cui soglio parlare l’attiro sempre a Me; invece le arti del demonio tendono ad allontanarla da Me. Io non ispiro mai nell’anima timori che l’allontanano da Me; il demonio non mette mai nell’anima paure che la muovano a ravvicinarsi a Me. I timori che l’anima sente in certi momenti della vita sull’eterna sua salute, se hanno Me per autore si riconoscono dalla pace e serenità, che lasciano nell’anima…”.

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Chi è un amico

Posté par atempodiblog le 10 octobre 2007

Chi è un amico dans Amicizia In-punta-di-piedi

“È colui che entra in punta di piedi, senza invadere lo spazio sacro dell’altro, senza condizionare l’unicità, l’originalità, l’individualità dell’amico, senza imposizioni o richieste faziose e interessante.
È colui che sta vicino con la vocazione di comunicare fiducia, stima, ottimismo, incoraggiamento ad andare avanti, a cavalcare il successo, a raggiungere traguardi sempre più alti, senza invidia e timore di essere superato.
È colui che fa tutto per l’altro, senza risparmiarsi, senza rendiconti, con l’unico desiderio di condividere il proprio « tutto » all’amico, per ricordarsi reciprocamente di avere un amico di nome Gesù, che ha lasciato una lezione unica sull’amicizia!”.

Don Gianfranco Poli

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L’uomo punirà se stesso

Posté par atempodiblog le 28 septembre 2007

L'uomo punirà se stesso dans Citazioni, frasi e pensieri Apocalisse

L’Apocalisse non è dietro di noi, ma davanti a noi.

René Girard

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Ai preti manca sposarsi?

Posté par atempodiblog le 27 septembre 2007

Ai preti manca sposarsi? dans Fede, morale e teologia Madonna-e-sacerdoti

Questo intervento nasce, grazie ad una riflessione ad alta voce di Padre Livio, perché in tv si parla di coppie di fatto e non più di matrimonio, mentre quest’ultima forma di unione vorrebbero affibbiarla ai preti. Il celibato dei preti non è un dogma di Fede. Il primo Papa, San Pietro, era sposato.

La Chiesa latina, nel corso della storia, ha ritenuto opportuno associare al sacerdozio il voto di castità e questa scelta si è rilevata molto positiva. Il popolo ha imposto il celibato perché andava a Messa dai preti celibi e non da quelli sposati.Non dimentichiamo che Gesù Cristo era celibe e che il prete è un Altro Cristo.

La crisi delle vocazioni non si risolve con i preti che si sposano, la crisi riguarda anche i pastori protestanti e i preti anglicani (che si sposano). Il problema del clero è quello della Fede: ha poca Fede.

La Valtorta scrisse che il tempo della grande impostura sarebbe stato preparato da una crisi del clero. Ricordo l’apparizione delle Tre Fontane a Roma dove la Madonna della Rivelazione fece vedere, per terra, al veggente un drappo nero, una veste gettatata e una croce spezzata; dicendo che ci sarebbe stata una grande infedeltà da parte dei sacerdoti. Infatti, in quei tempi, furono molti i sacerdoti che lasciarono l’abito. Questa crisi non riguardava una crisi dei sensi (crisi affettive e affini) ma una mancanza di Fede che porta al naufragio nella stessa.

Guardando la situazione della Chiesa oggi si è portati a pensare una frase di Gesù: “Quando verrà il Figlio dell’Uomo ci sarà ancora la Fede sulla Terra?”. Bisogna essere saldi nella Fede. Le vocazioni, sia maschili che femminili, di clausura – dove la vita è eroica – sono le uniche che non hanno crisi. Gli ordini religiosi più austeri han conservato le vocazioni, invece quelli che hanno aperto al mondo hanno perso le vocazioni. Ci vorrebbe una rinascita spirituale, in cui si è entusiasti della propria Fede e missione.

E’ fondamentale che i preti conoscano di più Gesù Cristo e che lo amino di più. Quindi il sacerdote è chiamato ad imitare Cristo che era celibe (essendo un Altro Cristo) e a dare piena dedizione alla Chiesa Sposa di Cristo, a cui dona la sua esistenza e la ricchezza dei suoi sentimenti. Questi ultimi due motivi che ho scritto sono un teologico e l’altro ecclesiologico e c’è anche una terza ragione di natura escatologica: per testimoniare la vita futura.

Il prete si stacca da alcune cose per essere più disponibile, per diventare un padre in senso spirituale. Aiuta a scoprire l’Amore di Dio. Oggi manca l’amore per Gesù e per le anime. Il sacerdozio è il prolungamento di Gesù Cristo, della sua vita e delle sue scelte.

Gesù era tutto della sua missione. I preti sposati devono dedicare del tempo alla loro famiglia e la gente è scontenta. I fedeli sono “figli” del sacerdote. Per trasferire i preti da una Parrocchia ad un’altra o da un posto all’altro bisognerebbe chiedere il permesso alla moglie ed ai figli (che hanno amici, scuola, ecc… in quel posto). Se un figlio desse cattivo esempio, di riflesso il prete perderebbe un po’ della sua autorità (la gente mormorerebbe che se non sa educare il figlio come può condurre bene i fedeli, ecc…).

Veniamo al triste argomento dei preti che lasciano l’abito: costoro restano sacerdoti per sempre e per loro bisogna pregare e digiunare. Non forzarli perché Dio ha lasciato a tutti una volontà libera. Gesù, gelosissimo dei suoi Sacerdoti, non vuole e non tollera che vengano mosse accuse, di nessun tipo e di nessun genere, anche se l’evidenza delle cose e dei fatti lo rendono palese. Bisogna pregare, pregare, pregare e mai giudicarli, se succede questo, la colpa è dei fedeli, che non pregano abbastanza per avere santi Sacerdoti! Bisogna usare carità spirituale, quando si parla di qualsiasi Sacerdote, anche se colpevole…

Profetiche furono le parole del Cardinale Newman: “Molti ecclesiastici si sono lasciati andare ad una vita di mollezza. Non intendono più il valore della loro chiamata alla vita di povertà, umiltà e castità. Spogliatevi ora di questi ornamenti del mondo che adescano ed intrappolano le vostre anime, fratelli miei; e distruggono la vostra vocazione. Gli anni che vi rimangono sono pochi per recuperare il gregge che avete disperso. Svegliatevi ora dal vostro sonno… O fratelli miei, sono pienamente consapevole dei vostri dilemmi e degli errori che si sono impossessati di voi. La vostra obbedienza deve essere data all’Eterno Padre. Non ci sarà alcuna giustifi­cazione per l’uomo che favorisce l’errore e l’eresia!… Tornate indietro, fratelli miei…”.

Oggigiorno si prega pochissimo per i Sacerdoti, invito tutti a recitare questa preghiera che ci ha insegnato San Pio da Pietrelcina: “Dio Onnipotente ed Eterno, che vuoi la salvezza di tutti gli uomini e non vuoi che alcuno perisca, dona al mondo Sacerdoti Santi, perché il Loro esempio trascini gli altri a conoscerti meglio, ad amarti di più e a servirti come a Te conviene. Amen”. Concludendo, ai preti non manca sposarsi ma avere più Fede.

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