La risurrezione del cuore

Posté par atempodiblog le 7 avril 2011

La risurrezione del cuore dans Padre Raniero Cantalamessa ranierocantalamessa

Le storie del Vangelo non sono scritte solo per essere lette, ma anche per essere rivissute. La storia di Lazzaro è stata scritta per dirci questo: c’è una risurrezione del corpo e c’è una risurrezione del cuore; se la risurrezione del corpo avverrà “nell’ultimo giorno”, quella del cuore avviene, o può avvenire, ogni giorno.

Questo è il significato della risurrezione di Lazzaro che la liturgia ha voluto evidenziare con la scelta della prima lettura di Ezechiele sulle ossa aride. Il profeta ha una visione: vede un’immensa distesa di ossa rinsecchite e capisce che esse rappresentano il morale del popolo che è a terra. La gente va dicendo: “La nostra speranza è svanita, noi siamo perduti”. Ad essi è rivolta la promessa di Dio: “Ecco io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe…Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete”. Anche in questo caso non si tratta della risurrezione finale dei corpi, ma della risurrezione attuale dei cuori alla speranza. Quei cadaveri, si dice, si rianimarono, si misero in piedi ed erano “un esercito grande, sterminato”. Era il popolo d’Israele che tornava a sperare dopo l’esilio.

Da tutto questo deduciamo una cosa che conosciamo anche per esperienza: che si può essere morti, anche prima di…morire, mentre siamo ancora in questa vita. E non parlo solo della morte dell’anima a causa del peccato; parlo anche di quello stato di totale assenza di energia, di speranza, di voglia di lottare e di vivere che non si può chiamare con nome più indicato che questo: morte del cuore.

A tutti quelli che per le ragioni più diverse (matrimonio fallito, tradimento del coniuge, traviamento o malattia di un figlio, rovesci finanziari, crisi depressive, incapacità di uscire dall’alcolismo, dalla droga) si trovano in questa situazione, la storia di Lazzaro dovrebbe arrivare come il suono di campane il mattino di Pasqua.
Chi può darci questa risurrezione del cuore? Per certi mali, sappiamo bene che non c’è rimedio umano che tenga. Le parole di incoraggiamento lasciano il terreno che trovano. Anche in casa di Marta e Maria c’erano dei “giudei venuti per consolarle”, ma la loro presenza non aveva cambiato nulla. Bisogna “mandare a chiamare Gesù”, come fecero le sorelle di Lazzaro. Invocarlo come fanno le persone sepolte sotto una valanga o sotto le macerie di un terremoto che richiamano con i loro gemiti l’attenzione dei soccorritori.

Spesso le persone che si trovano in questa situazione non sono in grado di fare niente, neppure di pregare. Sono come Lazzaro nella tomba. Bisogna che altri facciano qualcosa per loro. Sulla bocca di Gesù troviamo una volta questo comando rivolto ai suoi discepoli: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti” (Mt 10,8). Cosa intendeva dire Gesù: che dobbiamo risuscitare fisicamente dei morti? Se fosse così, nella storia si contano sulle dita i santi che hanno messo in pratica quel comando di Gesù. No, Gesù intendeva anche e soprattutto i morti nel cuore, i morti spirituali. Parlando del figliol prodigo, il padre dice: “Egli era morto ed è tornato in vita” (Lc 15, 32). E non si trattava certo di morte fisica, se era tornato a casa.

Quel comando: “Risuscitate i morti” è rivolto dunque a tutti i discepoli di Cristo. Anche a noi! Tra le opere di misericordia che abbiamo imparato da bambini, ce n’era che diceva: “seppellire i morti”; adesso sappiamo che c’è anche quella di “risuscitare i morti”.

Padre Raniero Cantalamessa

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Pregare per i Sacerdoti

Posté par atempodiblog le 24 mars 2011

Pregare per i Sacerdoti dans Quaresima S-Faustina-Kowalska

Oggi ho visto il Signore in una grande bellezza e mi ha detto: “Mia cara vittima, prega per i sacerdoti, specialmente in questo tempo di mietitura”.

Santa Faustina Kowalska

*Il termine “mietitura” nella lingua dei sacerdoti indica il periodo della Quaresima, che è un tempo di esercizi spirituali per i fedeli. I pastori delle anime (i mietitori di Dio) si impegnano in modo speciale per avvicinare le anime al Signore.

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Riflessione sul digiuno

Posté par atempodiblog le 19 mars 2011

Riflessione sul digiuno dans Digiuno padreslavkobarbaric

1)IL DIGIUNO MEDICINA PER LO SPIRITO… SOFFOCATO PER IL TROPPO STAR BENE.
P. Slavko ha esaminato il digiuno su vari livelli. A livello spirituale, cioè per ciò che riguarda la preghiera, il digiuno è un grande coefficiente. S. Pietro diceva: “Siate sobri e vigilate per dedicarvi alla preghiera” (1 Pt 4,7). I latini dicevano: plenus venter non studet libenter, cioè ventre pieno non pensa volentieri, ma noi potremmo dire: non prega volentieri. Quando si comincia a digunare si comincia anche a pregare bene, e viceversa. Anche i sintomi di malessere che possono venire si risolvono nella preghiera. Se la nostra preghiera diventa un incontro personale con il Signore, molte cose si risolvono.
E per quelli che dicono di essere più nervosi quando digiunano darei una risposta ironica: tu non sei nervoso perché digiuni, ma il digiuno ti mostra che sei nervoso. D’altra parte se fossero nervosi solo quelli che digiunano, il mondo sarebbe pieno di gente non nervosa! Molte volte noi mangiamo, beviamo, fumiamo per soffocare, per nascondere; quando si digiuna e si prega tutto viene fuori.
Siamo totalmente condizionati dal cibo al punto che il privarcene scopre il disordine latente o le passioni che sono noi. Il cibo, tanto cibo, fa droga, cioè camuffa la nostra debolezza. Dunque il digiuno fa emergere i nostri difetti, ci mette a nudo, e questo è positivo. Digiunando mi scopro per quel che sono. Di fronte a una piccola difficoltà, contesto, aggredisco, sono impaziente: è già un buon passo scoprire quello che sono.
Così è facile scoprire che siamo dipendenti dal mangiare più che il mangiare dipenda da noi.
Per la vita spirituale digiuno e preghiera sono come due gambe. Dopo aver mangiato abbondantemente c’è il rischio di dormire, o di essere almeno appesantiti e intorpiditi, le idee non sono più chiare; ma con il digiuno la fede si risveglia, e cominciamo a vivere questo ‘aspettare il Signore”. La nostra anima con l’aiuto di un corpo leggero può vegliare e sentire il Signore.
Un sacerdote: Annuncio il Vangelo da 30 anni e non ho mai parlato di digiuno, sempre ritenuto cosa marginale, anzi inutile. Ma dopo Medjugorje mi sono accorto che questo è richiesto dal Vangelo, come la preghiera:
‘Certi demoni non si scacciano se non con la preghiera e il digiuno”. Cos’era successo? La Madonna mi aveva aperto gli occhi, mi ha dato un impulso a entrare nella via del Vangelo.
È importante a livello dl psiche. Un noto psichiatra gesuita, (Lagostino) professore a New York, ma di origine italiana, ha detto che il messaggio più utile di Medjugorje è quello del digiuno. “Ecco la mia esperienza: tutti i giorni ho da fare con gente depressa in America. Il mio superiore generale mi ha mandato per due anni tra i rifugiati vietnamiti e cambogiani. In questi due anni non ho incontrato nessun caso serio di depressione. Ero schoccato e ho detto: ma come mai? Questa gente, che ha salvato a mala pena la pelle e avrebbe tutte le ragioni per essere depressa, ha tanto coraggio di vivere, di lottare di andare avanti? La mia conclusione? Eccola! La nostra gente in America, avendo tutto, vivendo nel consumismo, sta soffocando l’anima, la psiche. E naturalmente un’anima soffocata non ha più forza per vivere, è malata, non resiste più a niente. Qualsiasi difficoltà, anche la più piccola, i più piccoli desideri inappagati possono portare ad una profondissima depressione.
Noi siamo viziati a livello psichico e non abbiamo più forza di resistenza, di lottare per la Vita e nella vita, così molti rimangono sulla strada.
Perché allora il digiuno è oggi il messaggio più importante? Per i nostri giovani e per i nostri bambini cosa utilissima sarebbe vivere due giorni senza tutte le cose offerte dalla tecnica e dalla cucina; non toccarle, prendere il pane e rimandare al domani il resto, in questo modo diverrebbero più puri, più limpidi, più sicuri, e saprebbero anche dire no a qualsiasi altra cosa”.

2) IL DIGIUNO PURIFICAZIONE DEL CORPO: la maggior parte delle nostre malattie dovute all’eccesso di cibo. Così ha detto don Gianni Botto di La Spezia.
Il digiuno è anche una terapia meravigliosa, lo ero molto malato, fino a 10 anni fa: ho girato per medici e professori da tutte le parti. Ero pieno di medicine: una farmacia ambulante. Non potevo fare niente tranne che celebrare la Messa. Dopo dieci anni di questa vita uno disperai Io speravo che ci fosse una via d’uscita. ma è possibile – mi dicevo che il Signore mi faccia pagare proprio in questa maniera?
“Sono andato a Roma col permesso del Vescovo per cercare di uscirne fuori. Ho imparato dallo yoga delle regole elementari. Ho tagliato completamente con la medicina, con i medici, in pochi mesi quante malattie sono scomparse! Tra le prime regole praticate: il digiuno. Il digiuno è una purificazione meravigliosa del nostro organismo.
“Digiunare vuoi dire dare la possibilità ai nostri organi interni di fare ogni tanto un riposo. E questa è una grossa purificazione, se durante il digiuno intervengono dei sintomi fastidiosi, come mal di testa, vertigini, ecc., che per altro sono abbastanza infrequenti, sono sintomi di purificazione, perché, quando l’organismo digiuna e il corpo lo sa, allora inizia un processo di auto-purificazione. Ed è come quando sul piazzale abbiamo i cartelli: “lavori in corso, divieto di transito”: il mal di testa, la vertigine, il senso di debolezza, sono un cartello come per dire: “non ti stancare perché hai dei lavori in corso”. io l’ho sperimentato, e in pochi mesi diverse malattie portate da anni sono scomparse. Questo grazie a delle regole elementari, ad una corretta alimentazione: prima mangiavo troppo e male. Quanta gente vivrebbe comodamente nel mondo con il nostro digiuno a pane e acqua! L’unica cosa che può ostacolare è la paura di digiunare”.
Prosegue P. Slavko: “Un giovane mi ha detto: “i miei genitori mi hanno proibito di digiunare. Perché? Noi abbiamo paura che tu dimagrisca troppo”. Ma – io ho detto – ingrassare è più pericoloso per la salute che dimagrire. Che cosa vogliono? che tu rimanga più esposto alle malattie, o più resistente? Naturalmente tutto nella giusta proporzione: anche con il digiuno eccessivo ci si può rovinare, ma anche con il mangiare troppo. Ma perché noi abbamo paura davanti al digiuno e non davanti al mangiar troppo?

Domanda: può spiegare meglio come a livello di crescita, di armonia della persona, di equilibrio, il digiuno aiuta?
P. Slavko: Uno che ha una psiche più forte naturalmente vive più in armonia, e a questo aiuta una regola per il corpo. E anche a livello spirituale uno che approfondisce il suo incontro il Signore diventa persona più padrona di sé e più equilibrata.

3) DIMENSIONE EUCARISTICA DEL DIGIUNO.
Un sacerdote dl rito bizantino racconta che nella sua chiesa, in tutte le vigilie delle grandi feste c’è digiuno totale dalla mattina alla sera. La sera si celebra la Messa, e poi si mangia. So che tanta gente lo fa, ed è bello anche se costa. Stiamo in attesa tutta la giornata del cibo eucaristico digiunando, e poi si fa festa. E qui ho scoperto anche la semplicità del digiuno.

P. Slavko: c’è anche una dimensione eucaristica nell’invito a vivere con il pane. Non digiunare, ma vivere con i/pane e bere acqua: anche come simboli. Il pane del cielo, sempre simbolo della vita, e l’acqua come simbolo della purificazione. in Irlanda mi hanno detto: nella nostra lingua gaelica tre giorni hanno come radice la parola digiuno. Mercoledì ,tradotto, significa il primo giorno del digiuno; giovedì il giorno tra i giorni di digiuno; venerdì il gran giorno del digiuno. E non a caso. Sicuramente c’è alle spalle una lunga tradizione, al punto che hanno nominato il mercoledì come giorno di digiuno per preparare il giovedì, giorno dell’Eucarestià pereccellenza nellatradizione; il venerdì per ricordare la passione del Signore. È prepararci per il Pane Celeste e vivere un po’ con il Pane Celeste.

Padre Slavko Barbaric
Fonte: Maria a Medjugorje

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Il Digiuno: una via verso la pace

Posté par atempodiblog le 12 mars 2011

Il Digiuno: una via verso la pace dans Digiuno paneeacquaeparola

11- 14 agosto 1984, la sera prima della festa dell’Assunzione della Vergine, il veggente Ivan ebbe un’ apparizione a casa. Mentre si preparava per recarsi in Chiesa per la preghiera della sera, improvvisamente gli apparve la Madonna e gli disse di trasmettere alla gente questo messaggio: « Vorrei che la gente in questi giorni pregasse con me. E che preghi il più possibile! Che inoltre digiuni il mercoledì e il venerdì; che reciti ogni giorno il Rosario: i misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi… ».
Quando lvan giunse in parrocchia e ci diede questo messaggio della Madonna, ci trovammo in grande difficoltà perché già prima di quel 14 agosto la gente diceva che a Medjugorje si stava esagerando con la preghiera e il digiuno. Ed ora – immaginatevi un po’ – la Madonna chiedeva un giorno di digiuno in più e tutte e tre le parti del rosario! Noi frati non sapevamo che fare, come dirlo alla gente, poiché ritenevamo, in partenza, che si sarebbe lamentata ancora di più. Ci preparammo e dicemmo: « Bene, se crediamo alle apparizioni della Madonna dobbiamo dare questo messaggio e chi lo segue, lo segue. » Ammetto, però, che eravamo veramente scoraggiati. Ritengo che la Madonna sia stata molto coraggiosa a chiedere di digiunare due volte la settimana.
In conclusione, noi, dall’altare, lo abbiamo detto alla gente e da quel giorno valse questo ulteriore invito al digiuno. In molti, tuttavia, risultarono scoraggiati, non solo perché si doveva digiunare due giorni, bensì anche per il modo in cui Io si doveva fare. Infatti la Madonna aveva consigliato un modo concreto di digiunare: a pane e acqua.
Eppure non si tratta di giorni in cui si deve morire di fame, ma di un invito a vivere per due giorni di solo pane. Il pane è sempre un simbolo di vita. Anche l’acqua è un simbolo, quello della purificazione. Credo che la Madonna desideri che noi, adoperando entrambe queste cose, riscopriamo la vita, purificandola anche.
Digiunare a pane e acqua sarebbe la cosa ideale. Ma cosa deve fare chi pensa di non riuscirci, pur volendo seguire la Madonna? Credo che in questi due giorni di digiuno il pane debba essere l’alimento principale, ma che frutta, tè o anche caffè siano legittimi se non è possibile esaudire completamente il desiderio della Madonna. Molti chiedono se si debba digiunare anche quando si è malati e se anche i bambini e i giovani debbano digiunare in questo modo. La Madonna non ha detto nulla sul digiuno degli infermi, bambini e giovani. Ma chi vuole seguire la Madonna, anche se è malato o bambino, troverà il modo di esaudire i desideri di Maria.

IL DIGIUNO NELLA TRADIZIONE DELLA CHIESA
Nel Vecchio Testamento, si parla spesso di digiuno. I profeti esortavano il Popolo Eletto al digiuno. E possiamo rinvenire due situazioni particolari in cui veniva richiesto il digiuno. Innanzitutto lo si richiedeva nelle situazioni difficili; se incombeva una catastrofe per rimanerne illesi o per sfuggirle. E troviamo, a proposito, le parole dei profeti che dicevano: « Convertitevi, digiunate, solo allora non ci sarà questa sventura! » L’altra situazione era in caso di schiavitù, in cui dicevano: « Pregate, digiunate, e il Padre vi libererà dalla servitù ».
Nel Nuovo Testamento, Gesù ha parlato del digiuno, lo ha richiesto, ed Egli stesso ha digiunato. Anche gli apostoli hanno digiunato, e sicuramente anche la Madonna. Ella, in quanto figlia del popolo di Israele ancora prima di diventare Madre di Gesù, digiunava due volte la settimana, il lunedì e i! giovedì. Infatti, questo digiuno degli Israeliti ricorre anche nella vicenda della preghiera del fariseo e del pubblicano nel tempio, quando il fariseo disse: « Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo » (Lc18,12).
In seguito nella Chiesa si continuò a digiunare sempre due volte la settimana, il mercoledì e il venerdì. Si può così supporre che anche la Madonna, quale buona cristiana, digiunasse in questi due giorni.
A tutti è chiaro il motivo per cui si deve digiunare di venerdì. In questo giorno della settimana i cristiani desiderano ricordare, in maniera particolare, la passione e la morte di Gesù. Ma perché digiuniamo il mercoledì? Secondo la tradizione ecclesiastica, il mercoledì della settimana santa, Giuda andò dai farisei per pattuire con loro quando e per quanti soldi avrebbe tradito Gesù. E così, per amore devoto verso Gesù, la Chiesa decise di introdurre anche questo mercoledì.
Ai nostri giorni: Attualmente la Chiesa ci fa obbligo di osservare un digiuno stretto due volte l’anno, il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo. La Madonna ci richiede quindi di più rispetto alla Chiesa ufficiale. Questo però non contraddice quanto deciso dalla Chiesa solo perché essa ha ridotto l’obbligo del digiuno a un minimo. La gente ha sfruttato questa libertà limitando il digiuno al minimo richiesto. Ma anche la Madonna sfrutta questa libertà della Chiesa: Ella sa che la Chiesa non ha vietato il digiuno, per cui ci invita a praticano. Si deve però rilevare che si tratta di un invito, e non di una norma come peri! mercoledì delle ceneri e il venerdì santo.

PERCHÉ DIGIUNARE?
Per il digiuno si possono trovare tre profonde motivazioni che rappresentano al tempo stesso la chiave per la pace. Tali motivazioni sono rispettivamente a livello fisico, psicologico e spirituale.

In primo luogo a livello fisico:
Prima di iniziare a parlare alla gente del digiuno, ho discusso della cosa con diversi medici. Tutti hanno detto che il digiuno fa bene. Non desidero dilungarmi in questa sede su tutte le reazioni che avvengono nel nostro corpo quando si digiuna. Dico solo questo: digiunare fa bene al nostro organismo. Quando, secondo Io standard occidentale, si mangia normalmente’; si assumono comunque alimenti in ragione di un terzo più del necessario. Questo terzo, di cui il corpo non ha bisogno, grava sul nostro organismo come un peso. Ogni organismo possiede il suo ritmo biologico datogli dal Creatore. Se esso viene affaticato da un’alimentazione eccessiva, anche il cuore può perdere il suo ritmo, e anche le difese del nostro corpo nei confronti delle malattie ne possono risultare indebolite, ecc. Un’alimentazione eccessiva danneggia il nostro organismo in molti modi. I medici hanno dichiarato che i giorni di digiuno sono contemporaneamente giorni di purificazione del nostro organismo.
Ho notato che molta gente ha paura del digiuno. AI contrario, si dovrebbe avere più paura del mangiare dato che questo rappresenta il pericolo maggiore per l’organismo. E chiaro che nessuno deve ora perdere la voglia di mangiare, ma dobbiamo stare attenti ai reali bisogni del nostro organismo. Questo sarà un aiuto per la nostra salute fisica. Il tutto è molto importante poiché, come dice il proverbio, « mens sana in corpore sano ». Ora però chi è in eccesso di peso non deve pensar male di sé. Questo è solo un invito al digiuno, e comunque si resta sempre liberi di scegliere.

In secondo luogo a livello psicologico:
Nel mondo occidentale la gente non ha solo ciò di cui ha bisogno, ma addirittura di più. Con questo eccesso corriamo il pericolo di soffocare la nostra anima e la nostra vita psichica. Soffocando la nostra vita spirituale diventiamo ciechi e ingordi rispetto a ciò che abbiamo, per cui si ha la sensazione di aver bisogno di un numero sempre crescente di cose. Non vedendo ciò che abbiamo, e, volendo sempre di più, nella nostra anima sorgono dei conflitti: non vediamo più l’essenziale ma solo ciò che non abbiamo. Quando si vive in uno stato del genere si perde l’energia dello Spirito.
Cosa è questa energia dello Spirito? Per esempio il non disperare subito se ci si trova in situazioni difficili. Ci sono giovani che cadono in depressione o addirittura si suicidano per non aver superato un esame. Molti iniziano per esempio a prendere la droga perché non riescono a resistere, perché non hanno quindi la forza psichica di resistere alla tentazione della droga.
Oppure i divorzi: nessuno sposa qualcuno
che non ama. Ma ci sono molti divorzi. Perché? Forse, in un determinato momento, non si riesce a sopportare il proprio partner. Non si ha la forza di stargli accanto e di perdonarlo: la famiglia viene così distrutta.
In altre parole: se abbiamo tutto,(o peggio anche in eccesso), non impariamo ciò che è invece molto importante per la nostra vita: ad aspettare, ad essere pazienti con gli altri e con le cose materiali. Questo è un grosso pericolo soprattutto per i giovani che sono abituati ad avere subito tutto ciò che vogliono. L’unica cosa che devono fare a casa è mettere in funzione un elettrodomestico per avere da mangiare e da bere, tutto. Rischiano così di non riuscire a vivere con le cose senza toccarle. In questo modo si diventa facilmente egocentrici: « Ho bisogno di tutto. Sono proprietario. » Quando poi escono allo scoperto nella vita, nella famiglia, nel lavoro, ed incontrano delle difficoltà, non hanno più la forza di superarle.
Cosa ci vuole dunque insegnare il digiuno? A vivere due giorni con tutte le cose che abbiamo, senza toccarle. E, a dire il giovedì mattina: « Guarda, vivo ». E a dire anche il sabato: « Ieri non ho mangiato nulla, né cioccolata né biscotti, eppure vivo ancora. » Non è facile vivere con le cose e non toccarle. Ma coloro che cominciano a digiunare iniziano ad apprendere questo comportamento. Si sviluppa così una forza nuova per superare le difficoltà e convivere con i problemi. Questa è l’energia dello Spirito!
Vivere più semplicemente. Questo mondo tecnologico non ci insegna a convivere con i problemi. Quando trattiamo con gli altri siamo impazienti e perdiamo i nervi. Si possono così spiegare tutti i suicidi, tutti i divorzi, tutti i problemi di droga e di alcool. Chi impara a vivere con le cose riesce a vivere anche con gli uomini. Chi non si lascia abbagliare dalle cose materiali, acquista la vista e può accettare e accogliere gli altri uomini. Chi riesce a vivere con le cose materiali, conoscerà gli uomini nella loro situazione concreta. Avrà quindi la forza e anche la volontà di aiutarli.
Quanta gente è infelice solo perché non riesce a vivere con le cose e con gli uomini. Quanti giovani nel mondo occidentale sono infelici perché non possiedono ancora di più, invece di vedere ciò che già hanno. Se si considera invece la situazione di quei paesi in cui esiste la fame o in cui ci sono profughi – pensiamo solo a quelli del Vietnam o della Cambogia – si vede che questi sono stati costretti ad imparare che non si muore subito se non si ottiene immediatamente ciò che si vuole avere.
Certo, non dobbiamo tutti soffrire la fame, la Madonna non Io vorrebbe. Ma quanta gente ha perso la voglia e la gioia di vivere solo perché non possiede una determinata cosa materiale. Ma cosa è più importante, la vita in quanto dono di Dio o le cose materiali della vita? Riflettiamo un attimo sui tanti conflitti che sorgono in famiglia a causa della cose materiali!
Non pretendere di avere tutto. Una ragazza che aveva iniziato a digiunare mi ha raccontato: « Ogni volta che tornavo da Medjugorje mi vergognavo di me stessa quando aprivo il mio armadio, poiché vedevo molte cose di cui non avevo assolutamente bisogno. Era soprattutto un vestito che a casa aveva provocato una guerra con mio padre e mia madre. Io lo desideravo mentre essi dicevano di non avere abbastanza soldi per comprarlo. Ma non ci fu nulla da fare, io lo volevo e lo ebbi. Ed ora scoprivo di averlo indossato forse due o tre volte per poi metterlo da parte. Capivo di non averne più bisogno. Mi vergognai di ciò e chiesi scusa ai miei genitori ».
Questa ragazza fece anche un’altra esperienza, che forse non piacerà a tutti, ma che io racconterò Io stesso. Scoprì di trascorrere molto tempo a farsi bella: tutte cose che le donne conoscono meglio di me. Un giorno si rese conto che anche il viso che Dio le aveva donato era bello. Dopo questa esperienza non fece più quelle cose, non so neanch’io come chiamarle. E mi disse: « Notai che mi rimanevano, così, molti soldi che ora potevo utilizzare per i poveri ». Per i giovani il digiuno significa, quindi, soprattutto imparare a vivere con le cose che, grazie a Dio, ci sono davanti e che esistono in abbondanza.
E come la mettiamo con i bambini? Essi non possono certo vivere per due giorni di solo pane. Sappiamo però che molti bambini mangiano troppi dolci. Se i genitori iniziano a digiunare possono dire al loro figlio: « Guarda, il mercoledì e il venerdì non avrai queste cose superflue ». Devono essere prima i genitori ad iniziare il digiuno, e poi seguiranno di certo anche i bambini ».
Alleviare le difficoltà. Ancora una volta: a questo livello impariamo a condividere con gli altri. Anche con l’esempio di quella ragazza a cui ho accennato prima si scopriranno opportunità per aiutare gli altri. Vedete, ci sono molte persone al mondo che sarebbero felici di poter vivere soltanto così come noi digiuniamo. Noi possiamo scegliere il pane, ma queste persone muoiono se non hanno questo pezzettino di pane. Dunque se il nostro amore fosse più forte, avremmo così E tante opportunità per aiutare i poveri. Cosa potremmo fare, in questo momento, se sapessimo che nostro fratello o nostra sorella in Africa stanno ora morendo di fame? Non potremmo fare tutto, ma certamente molto. Si può così sviluppare la pace avendo
occhi per gli altri, aiutandoli e imparando a condividere con loro.

In tezo luogo a livello personale:
è molto semplice: quando si digiuna si prega meglio. C’è un proverbio latino che dice: « Plenus venter non studet libenter. » « Uno stomaco pieno non studia volentieri. » Possiamo correggere questo proverbio, senza con ciò offendere i latinisti, dicendo: « Uno stomaco pieno non prega neanche volentieri. » Quando si digiuna si penetra davvero più facilmente nel profondo del cuore, della preghiera. E in effetti si è meno distratti nei giorni di digiuno. Se vogliamo pregare meglio, dovremo cominciare a digiunare.
Se digiuniamo pregando, questo pregare aiuta il digiuno. E con il digiuno aumenta il nostro anelito verso Dio. Se viviamo di pane, scopriremo anche il Pane Eucaristico e crescerà il nostro amore per Gesù nel Sacramento . Si potrebbe parlare a lungo del livello spirituale del digiuno. Lo si comprende quando si inizia a digiunare. Digiunando anche
Io spirito si apre al Signore perché vediamo che non si vive di solo pane, come dice anche Gesù, ma anche di quella parola che penetra nel cuore aperto ed è capace di amare.

PROBLEMI DEL DIGIUNO
La nostra dipendenza: La paura del digiuno, o le nostre difficoltà ad esso connesse, non dipendono da un insufficiente apporto di calorie per il nostro corpo in quel giorno particolare; bensì dalla nostra dipendenza nei confronti del cibo. Quante volte ci sono conflitti nelle famiglie solo perché alla data ora il pranzo o la cena non sono pronti! Posso dire che quando ho iniziato a digiunare mi ci preparavo sempre bene, facendo una buona cena il martedì sera, per il semplice motivo di sopravvivere dai mercoledì al giovedì; la stessa cosa succedeva il giovedì sera, per il giorno di digiuno dal venerdì al sabato mattina. La mattina del mercoledì e dei venerdì il primo pensiero era: « Oggi non c’è colazione. » Ora dal punto di vista fisico il giovedì o il sabato mattina, quindi dopo il giorno di digiuno, avrei dovuto avere più fame che il mercoledì o il venerdì invece in questi giorni non sorgeva nessun problema. Le difficoltà erano quindi solo il segno della dipendenza da qualcosa.
Certo: può essere che la prima fase del digiuno sia solo una lotta, ossia di come si possa sopravvivere a questo giorno. Ma, dopo, si instaura un’altra situazione, e si comincia già a sentire di più la libertà in questo giorno, in cui si prega più facilmente, si lavora più facilmente e si incontrano gli altri più facilmente.
Il nervosismo: Alcune persone affermano di diventare molto nervose quando digiunano. Esse si appigliano alla seducente alternativa che è meglio mangiare ed essere buoni con gli altri, piuttosto che essere nervosi. Chi vuole accettare questa spiegazione è naturalmente libero di farlo, ma io personalmente non la condivido: queste persone dicono di essere tese, per cui sarebbe meglio non digiunare. Se ad essere nervosi fossero veramente solo coloro che digiunano, non ci sarebbero così tante persone nervose al mondo. Da dove vengono quelle che non digiunano?
Iniziare con coraggio: Desidero ora consolare chi dovesse essersi rattristato per non aver finora saputo tutto questo, o per non essere finora riuscito, concretamente a digiunare. In ogni settimana della nostra vita ci saranno un mercoledì e un venerdì. Non li cancellate come giorni di digiuno, ma sottolineateli! Se però un mercoledì o un venerdì coincidono con una festa, digiunate un giorno prima, così gioirete anche del martedì o del giovedì perché saranno giorni di digiuno. Vedrete che questo fa bene. Grazie al digiuno riusciamo meglio a sopportare o evitare i conflitti. Nei conflitti spesso si perde; è meglio non averne. Grazie al digiuno riusciamo meglio ad aprirci per la pace e a portarla agli altri.

Padre Slavko Barbaric
Fonte: Maria a Medjugorje

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Conversione e penitenza, via alla pace

Posté par atempodiblog le 9 mars 2011

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In questo tempo di Quaresima dobbiamo proporre con forza il richiamo evangelico alla conversione e alla penitenza come via alla pace. La pace infatti è innanzi tutto la nostra esperienza interiore di riconciliazione con Dio. Da essa verrà anche la nostra riconciliazione col prossimo, a incominciare con i membri della nostra famiglia. Solo in questo modo la pace vera potrà scorrere come un fiume in tutto il mondo.

Padre Livio Fanzaga

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Quaresima e catechismo

Posté par atempodiblog le 9 mars 2011

La cenere sempre sul capo, la croce sempre nel cuore, la SS. Trinità sempre inabitante nell’anima.

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Generalmente nella quaresima s’intensifica l’esercizio della Parola e l’insegnamento del catechismo. Sia dunque il catechismo, il nostro speciale compagno nel deserto, un suo capitolo al giorno sia il nostro pane quotidiano. Ognuno lo mastichi per assimilarne tutta la sostanza corroborante e santificante. Come quel teologo a cui S. Giovanni della Croce, avuto come novizio al Carmelo, non diede altro per la sua formazione, che il catechismo. E cominciamo a persuaderci che ogni apostolato di santificazione, deve assolutamente cominciare con l’apostolato del catechismo e del Vangelo; in modo che ogni persona l’abbia sempre con sé, per leggerlo meditarlo e così poterlo poi praticare.

Don Giustino Maria Russolillo

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La Quaresima

Posté par atempodiblog le 3 mars 2011

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La Quaresima è il tempo speciale che ci conduce al cuore della Fede Cristiana, al momento della nostra salvezza: il Triduo Pasquale della morte e Risurrezione di Gesù. La Quaresima è anche l’immersione in quel dolore universale che ha vissuto Gesù, un dolore che Lui ha accolto amando e ha così reso strumento di salvezza per tutta l’umanità. È come se il dolore che anche voi avete vissuto, la vostra tristezza, la vostra angoscia… tutto si sia accumulato sulla vita di Gesù. Lui ha voluto assorbire tutti i nostri dolori, proprio perché ha voluto dargli significato, forza; e quel dolore si è trasformato in amore. Uno l’ha tradito, uno l’ha venduto, gli altri sono scappati, l’hanno lasciato solo. È stato perseguitato fin dal primo giorno della sua nascita e sempre, anche durante la sua vita pubblica, ha vissuto persecuzioni, è dovuto scappare perché lo volevano lapidare… ha dovuto “ingoiare”, tacere, soffrire. Gesù ha assunto tutto il dolore dell’umanità che è scesa sulla terra, che scenderà ancora sulla terra, che vivrà sulla terra. Dobbiamo essere capaci di rispondere a questo amore.

Il vero amore nasce dal dolore. Sono sicura che ciascuno di noi ha pregato di più, ha cercato di più l’amore e la vita proprio quando eravamo in crisi, tristi, quando stavamo soffrendo. Ogni volta che soffriamo nella verità, impariamo ad amare. Ma ad una condizione: che non troviamo subito una “pattumiera”, cioè che non appena abbiamo qualcosa di doloroso dentro, a causa di un rimprovero, un’umiliazione, una correzione… lo andiamo a “scaricare” su qualcun altro.

Quand’è che impareremo ad amare? Quando saremo capaci di soffrire come Gesù. Il dolore, la sofferenza i momenti bui vengono a tutti, ma ricordiamoci che, superata questa prova, noi siamo più liberi, più forti, soprattutto più buoni. L’amore vero non è quando tutti ci vogliono bene, ma quando noi scegliamo di voler bene. Quando ci lamentiamo invece, è come se ci sporcassimo la coscienza, e in più ci indeboliamo, perdiamo quota. Quando uno si viene a lamentare da te, dovresti avere il coraggio di dirgli: “Va a dirlo a Gesù, io non posso fare niente, posso solo indebolirti”. Perché spesso diciamo a noi stessi che stiamo soffrendo a causa di questo… di quello… e invece no! Soffriamo perché abbiamo sparso del negativo, perché non abbiamo saputo accogliere una situazione, un’osservazione. A casa nostra, lo sapete, si impara a guardarsi negli occhi con la persona interessata, ma prima bisogna pregare per tre giorni per quel fratello, per quella sorella; poi, dopo gli si va incontro, ma con un altro spirito, con un’altra pace, con la consapevolezza che io non sono meno povero e mancante dell’altro!

Pregando per il fratello o la sorella, noi permettiamo a Dio di essere Lui a prendersi cura di quella situazione e se Dio parla al cuore di nostro fratello, allora lui impara molto di più che se gli spieghiamo noi le cose. Quando si prega e si soffre avviene il miracolo, perché c’è il passaggio dal tuo cuore al cuore di Gesù e dal cuore di Gesù a quello del fratello.

Viviamo bene questo tempo di Quaresima, come tempo prezioso di preghiera; impariamo a parlare a Gesù nella preghiera senza paura, anche nel dolore, con verità, perché solo così la nostra libertà si apre e diventa spazio infinito. Se non preghiamo rimane il vuoto, e poi in quel vuoto triste e buio ci cadiamo dentro noi. Invece la preghiera è pace, è nutrimento, è pienezza e ci fa vivere nella luce, ci fa allargare gli orizzonti, ci fa incontrare quel Crocifisso Risorto che il nostro cuore attende e cerca in tutte le gioie della vita.
Buona Quaresima a ciascuno di voi!

di Suor Elvira Petrozzi – Comunità Cenacolo

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Messaggio del Papa per la Quaresima

Posté par atempodiblog le 3 mars 2011

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2011

Con Cristo siete sepolti nel Battesimo,
con lui siete anche risorti” (cfr Col 2,12)

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Cari fratelli e sorelle,
la Quaresima, che ci conduce alla celebrazione della Santa Pasqua, è per la Chiesa un tempo liturgico assai prezioso e importante, in vista del quale sono lieto di rivolgere una parola specifica perché sia vissuto con il dovuto impegno. Mentre guarda all’incontro definitivo con il suo Sposo nella Pasqua eterna, la Comunità ecclesiale, assidua nella preghiera e nella carità operosa, intensifica il suo cammino di purificazione nello spirito, per attingere con maggiore abbondanza al Mistero della redenzione la vita nuova in Cristo Signore (cfr Prefazio I di Quaresima).

1. Questa stessa vita ci è già stata trasmessa nel giorno del nostro Battesimo, quando, “divenuti partecipi della morte e risurrezione del Cristo”, è iniziata per noi “l’avventura gioiosa ed esaltante del discepolo” (Omelia nella Festa del Battesimo del Signore, 10 gennaio 2010). San Paolo, nelle sue Lettere, insiste ripetutamente sulla singolare comunione con il Figlio di Dio realizzata in questo lavacro. Il fatto che nella maggioranza dei casi il Battesimo si riceva da bambini mette in evidenza che si tratta di un dono di Dio: nessuno merita la vita eterna con le proprie forze. La misericordia di Dio, che cancella il peccato e permette di vivere nella propria esistenza “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5), viene comunicata all’uomo gratuitamente.
L’Apostolo delle genti, nella Lettera ai Filippesi, esprime il senso della trasformazione che si attua con la partecipazione alla morte e risurrezione di Cristo, indicandone la meta: che “io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,10-11). Il Battesimo, quindi, non è un rito del passato, ma l’incontro con Cristo che informa tutta l’esistenza del battezzato, gli dona la vita divina e lo chiama ad una conversione sincera, avviata e sostenuta dalla Grazia, che lo porti a raggiungere la statura adulta del Cristo.
Un nesso particolare lega il Battesimo alla Quaresima come momento favorevole per sperimentare la Grazia che salva. I Padri del Concilio Vaticano II hanno richiamato tutti i Pastori della Chiesa ad utilizzare “più abbondantemente gli elementi battesimali propri della liturgia quaresimale” (Cost. Sacrosanctum Concilium, 109). Da sempre, infatti, la Chiesa associa la Veglia Pasquale alla celebrazione del Battesimo: in questo Sacramento si realizza quel grande mistero per cui l’uomo muore al peccato, è fatto partecipe della vita nuova in Cristo Risorto e riceve lo stesso Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti (cfr Rm 8,11). Questo dono gratuito deve essere sempre ravvivato in ciascuno di noi e la Quaresima ci offre un percorso analogo al catecumenato, che per i cristiani della Chiesa antica, come pure per i catecumeni d’oggi, è una scuola insostituibile di fede e di vita cristiana: davvero essi vivono il Battesimo come un atto decisivo per tutta la loro esistenza.

2. Per intraprendere seriamente il cammino verso la Pasqua e prepararci a celebrare la Risurrezione del Signore – la festa più gioiosa e solenne di tutto l’Anno liturgico – che cosa può esserci di più adatto che lasciarci condurre dalla Parola di Dio? Per questo la Chiesa, nei testi evangelici delle domeniche di Quaresima, ci guida ad un incontro particolarmente intenso con il Signore, facendoci ripercorrere le tappe del cammino dell’iniziazione cristiana: per i catecumeni, nella prospettiva di ricevere il Sacramento della rinascita, per chi è battezzato, in vista di nuovi e decisivi passi nella sequela di Cristo e nel dono più pieno a Lui.
La prima domenica dell’itinerario quaresimale evidenzia la nostra condizione dell’uomo su questa terra. Il combattimento vittorioso contro le tentazioni, che dà inizio alla missione di Gesù, è un invito a prendere consapevolezza della propria fragilità per accogliere la Grazia che libera dal peccato e infonde nuova forza in Cristo, via, verità e vita (cfr Ordo Initiationis Christianae Adultorum, n. 25). E’ un deciso richiamo a ricordare come la fede cristiana implichi, sull’esempio di Gesù e in unione con Lui, una lotta “contro i dominatori di questo mondo tenebroso” (Ef 6,12), nel quale il diavolo è all’opera e non si stanca, neppure oggi, di tentare l’uomo che vuole avvicinarsi al Signore: Cristo ne esce vittorioso, per aprire anche il nostro cuore alla speranza e guidarci a vincere le seduzioni del male.
Il Vangelo della Trasfigurazione del Signore pone davanti ai nostri occhi la gloria di Cristo, che anticipa la risurrezione e che annuncia la divinizzazione dell’uomo. La comunità cristiana prende coscienza di essere condotta, come gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, “in disparte, su un alto monte” (Mt 17,1), per accogliere nuovamente in Cristo, quali figli nel Figlio, il dono della Grazia di Dio: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo” (v. 5). E’ l’invito a prendere le distanze dal rumore del quotidiano per immergersi nella presenza di Dio: Egli vuole trasmetterci, ogni giorno, una Parola che penetra nelle profondità del nostro spirito, dove discerne il bene e il male (cfr Eb 4,12) e rafforza la volontà di seguire il Signore.
La domanda di Gesù alla Samaritana: “Dammi da bere” (Gv 4,7), che viene proposta nella liturgia della terza domenica, esprime la passione di Dio per ogni uomo e vuole suscitare nel nostro cuore il desiderio del dono dell’ “acqua che zampilla per la vita eterna” (v. 14): è il dono dello Spirito Santo, che fa dei cristiani “veri adoratori” in grado di pregare il Padre “in spirito e verità” (v. 23). Solo quest’acqua può estinguere la nostra sete di bene, di verità e di bellezza! Solo quest’acqua, donataci dal Figlio, irriga i deserti dell’anima inquieta e insoddisfatta, “finché non riposa in Dio”, secondo le celebri parole di sant’Agostino.
La “domenica del cieco nato” presenta Cristo come luce del mondo. Il Vangelo interpella ciascuno di noi: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. “Credo, Signore!” (Gv 9,35.38), afferma con gioia il cieco nato, facendosi voce di ogni credente. Il miracolo della guarigione è il segno che Cristo, insieme alla vista, vuole aprire il nostro sguardo interiore, perché la nostra fede diventi sempre più profonda e possiamo riconoscere in Lui l’unico nostro Salvatore. Egli illumina tutte le oscurità della vita e porta l’uomo a vivere da “figlio della luce”.
Quando, nella quinta domenica, ci viene proclamata la risurrezione di Lazzaro, siamo messi di fronte al mistero ultimo della nostra esistenza: “Io sono la risurrezione e la vita… Credi questo?” (Gv 11,25-26). Per la comunità cristiana è il momento di riporre con sincerità, insieme a Marta, tutta la speranza in Gesù di Nazareth: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo” (v. 27). La comunione con Cristo in questa vita ci prepara a superare il confine della morte, per vivere senza fine in Lui. La fede nella risurrezione dei morti e la speranza della vita eterna aprono il nostro sguardo al senso ultimo della nostra esistenza: Dio ha creato l’uomo per la risurrezione e per la vita, e questa verità dona la dimensione autentica e definitiva alla storia degli uomini, alla loro esistenza personale e al loro vivere sociale, alla cultura, alla politica, all’economia. Privo della luce della fede l’universo intero finisce rinchiuso dentro un sepolcro senza futuro, senza speranza.
Il percorso quaresimale trova il suo compimento nel Triduo Pasquale, particolarmente nella Grande Veglia nella Notte Santa: rinnovando le promesse battesimali, riaffermiamo che Cristo è il Signore della nostra vita, quella vita che Dio ci ha comunicato quando siamo rinati “dall’acqua e dallo Spirito Santo”, e riconfermiamo il nostro fermo impegno di corrispondere all’azione della Grazia per essere suoi discepoli.

3. Il nostro immergerci nella morte e risurrezione di Cristo attraverso il Sacramento del Battesimo, ci spinge ogni giorno a liberare il nostro cuore dal peso delle cose materiali, da un legame egoistico con la “terra”, che ci impoverisce e ci impedisce di essere disponibili e aperti a Dio e al prossimo. In Cristo, Dio si è rivelato come Amore (cfr 1Gv 4,7-10). La Croce di Cristo, la “parola della Croce” manifesta la potenza salvifica di Dio (cfr 1Cor 1,18), che si dona per rialzare l’uomo e portargli la salvezza: amore nella sua forma più radicale (cfr Enc. Deus caritas est, 12). Attraverso le pratiche tradizionali del digiuno, dell’elemosina e della preghiera, espressioni dell’impegno di conversione, la Quaresima educa a vivere in modo sempre più radicale l’amore di Cristo. Il digiuno, che può avere diverse motivazioni, acquista per il cristiano un significato profondamente religioso: rendendo più povera la nostra mensa impariamo a superare l’egoismo per vivere nella logica del dono e dell’amore; sopportando la privazione di qualche cosa – e non solo di superfluo – impariamo a distogliere lo sguardo dal nostro “io”, per scoprire Qualcuno accanto a noi e riconoscere Dio nei volti di tanti nostri fratelli. Per il cristiano il digiuno non ha nulla di intimistico, ma apre maggiormente a Dio e alle necessità degli uomini, e fa sì che l’amore per Dio sia anche amore per il prossimo (cfr Mc 12,31).
Nel nostro cammino ci troviamo di fronte anche alla tentazione dell’avere, dell’avidità di denaro, che insidia il primato di Dio nella nostra vita. La bramosia del possesso provoca violenza, prevaricazione e morte; per questo la Chiesa, specialmente nel tempo quaresimale, richiama alla pratica dell’elemosina, alla capacità, cioè, di condivisione. L’idolatria dei beni, invece, non solo allontana dall’altro, ma spoglia l’uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illude senza realizzare ciò che promette, perché colloca le cose materiali al posto di Dio, unica fonte della vita. Come comprendere la bontà paterna di Dio se il cuore è pieno di sé e dei propri progetti, con i quali ci si illude di potersi assicurare il futuro? La tentazione è quella di pensare, come il ricco della parabola: “Anima mia, hai a disposizione molti beni per molti anni…”. Conosciamo il giudizio del Signore: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita…” (Lc 12,19-20). La pratica dell’elemosina è un richiamo al primato di Dio e all’attenzione verso l’altro, per riscoprire il nostro Padre buono e ricevere la sua misericordia.
In tutto il periodo quaresimale, la Chiesa ci offre con particolare abbondanza la Parola di Dio. Meditandola ed interiorizzandola per viverla quotidianamente, impariamo una forma preziosa e insostituibile di preghiera, perché l’ascolto attento di Dio, che continua a parlare al nostro cuore, alimenta il cammino di fede che abbiamo iniziato nel giorno del Battesimo. La preghiera ci permette anche di acquisire una nuova concezione del tempo: senza la prospettiva dell’eternità e della trascendenza, infatti, esso scandisce semplicemente i nostri passi verso un orizzonte che non ha futuro. Nella preghiera troviamo, invece, tempo per Dio, per conoscere che “le sue parole non passeranno” (cfr Mc 13,31), per entrare in quell’intima comunione con Lui “che nessuno potrà toglierci” (cfr Gv 16,22) e che ci apre alla speranza che non delude, alla vita eterna.
In sintesi, l’itinerario quaresimale, nel quale siamo invitati a contemplare il Mistero della Croce, è “farsi conformi alla morte di Cristo” (Fil 3,10), per attuare una conversione profonda della nostra vita: lasciarci trasformare dall’azione dello Spirito Santo, come san Paolo sulla via di Damasco; orientare con decisione la nostra esistenza secondo la volontà di Dio; liberarci dal nostro egoismo, superando l’istinto di dominio sugli altri e aprendoci alla carità di Cristo. Il periodo quaresimale è momento favorevole per riconoscere la nostra debolezza, accogliere, con una sincera revisione di vita, la Grazia rinnovatrice del Sacramento della Penitenza e camminare con decisione verso Cristo.
Cari fratelli e sorelle, mediante l’incontro personale col nostro Redentore e attraverso il digiuno, l’elemosina e la preghiera, il cammino di conversione verso la Pasqua ci conduce a riscoprire il nostro Battesimo. Rinnoviamo in questa Quaresima l’accoglienza della Grazia che Dio ci ha donato in quel momento, perché illumini e guidi tutte le nostre azioni. Quanto il Sacramento significa e realizza, siamo chiamati a viverlo ogni giorno in una sequela di Cristo sempre più generosa e autentica. In questo nostro itinerario, ci affidiamo alla Vergine Maria, che ha generato il Verbo di Dio nella fede e nella carne, per immergerci come Lei nella morte e risurrezione del suo Figlio Gesù ed avere la vita eterna.

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Nella prigione sotterranea

Posté par atempodiblog le 1 avril 2010

Nella prigione sotterranea  dans Fede, morale e teologia Prigione

Ho passato tutta la notte nella prigione sotterranea con Gesù. Era una notte di adorazione. Le suore pregavano in cappella. Io mi sono unita a loro in ispirito, perché la mancanza di salute non mi ha permesso di andare in cappella. Per tutta la notte però non sono riuscita ad addormentarmi, perciò l’ho passata nella prigione sotterranea con Gesù. Gesù mi ha fatto conoscere le sofferenze che vi ha patito. Il mondo le conoscerà il giorno del giudizio.

«Figlia Mia, di’ alle anime che do loro come difesa la Mia Misericordia. Combatto per loro Io solo e sopporto la giusta collera del Padre Mio». “Figlia Mia, di’ che la festa della Mia Misericordia è uscita dalle Mie viscere a conforto del mondo intero”.

Santa Faustina Kowalska

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La preparazione alla confessione pasquale

Posté par atempodiblog le 15 mars 2010

La preparazione alla confessione pasquale
Arrivare alla Pasqua rinnovati interiormente e pronti ad accogliere nel cuore la pace del Risorto.

La preparazione alla confessione pasquale dans Fede, morale e teologia Confessione

I peccati
Meditiamo innanzi tutto sulla realtà del peccato. I peccati hanno tutti una radice maligna, che è l’allontanamento del nostro cuore da Dio, infinitamente buono e degno di essere amato. I vari peccati hanno un terreno su cui crescono e prosperano. E’ il terreno del nostro cuore pieno di amore di sé e del mondo e vuoto di amore di Dio.
Ci sono i peccati e c’è una situazione esistenziale di peccato permanente: è l’indifferenza, l’ingratitudine, l’oblio, la negazione, l’offesa e persino l’odio verso Colui che ci ha creato e ci ha redento con infinito amore. Come scuoterci da questo stato di morte spirituale che fa del nostro cuore un deserto popolato da aspidi e da scorpioni?
Accogliamo l’invito di Benedetto XVI a pregare davanti alla croce.  Il crocifisso ci rivela la vastità del male che c’è nei nostri cuori, ma anche l’amore prodigo e senza confini di Gesù per noi. Vedendoci così amati, si spezzerà il nostro cuore di pietra e incominceremo anche noi a capire che cosa significhi amare Dio sopra ogni cosa.

Il Sacramento della Riconciliazione
Abbiamo visto come sia importante, per una buona confessione, comprendere la gravità del peccato, la cui radice è l’indifferenza nei confronti di Dio e la chiusura al suo amore. Da qui poi nascono tutti i peccati che gli uomini compiono, perchè il loro cuore è impregnato di amore disordinato di se stessi.
Noi non potremmo mai, con le nostre sole forze, liberarci da questa opprimente schiavitù senza il dono della grazia di Cristo. Egli sulla Croce ci ha ottenuto il perdono del Padre, espiando al nostro posto e a nostro favore. Il Risorto, apparendo ai discepoli rinchiusi nel cenacolo, ha conferito loro il potere di rimettere i peccati. Questo è il grande dono della redenzione, che ci offre l’abbondanza della grazia e della pace di Dio, in attesa della vita eterna.
Nel Sacramento della confessione ci viene donato il perdono di Dio, gratuitamente e incondizionatamente, che comprende anche i peccati più gravi che una persona possa commettere. Basta il pentimento del cuore e l’impegno per una vita nuova.
Da qui si comprende come il Sacramento della riconciliazione sia un dono immenso della Divina Misericordia. Esso deve entrare come mezzo irrinunciabile di santificazione nel nostro cammino cristiano. Sarebbe temerario non approfittare di un dono di grazia così grande.
Guardiamo dunque alla confessione pasquale come a una grande opportunità e disponiamoci a celebrarla con grande fervore.

Esame di coscienza
Il Sacramento della Riconciliazione prevede sei passi successivi: l’esame di coscienza, il dolore dei peccati, il proposito di non peccare più, la confessione, l’assoluzione e infine la penitenza.
L’esame di coscienza riguarda i peccati commessi dall’ultima confessione ben fatta. Esso deve innanzi tutto riguardare i peccati mortali che, per la loro gravità, hanno dato la morte spirituale all’anima. Tuttavia, in particolare per coloro che sono già impegnati nel cammino di conversione, è necessaria una messa a fuoco anche dei peccati veniali, specie quando sono un sintomo di tiepidezza  e disarmano l’anima nel combattimento spirituale.
L’esame di coscienza va preparato alla luce della Parola di Dio: passando in rassegna i Dieci Comandamenti, meditando sul Discorso della Montagna e soffermandosi su quelle opere della carne ( i vizi capitali) che, secondo gli insegnamenti apostolici, portano alla perdizione.
L’esame di coscienza in preparazione alla confessione sarà facile e fruttuoso se ogni giorno, in particolare in chiusura di giornata, ci saremo abituati a presentare alla Divina Misericordia il male commesso. In questo modo ci abitueremo a tenere una coscienza vigile che, senza cadere negli scrupoli, sa prontamente discernere il bene dal male.
L’esame di coscienza ha bisogno di una preparazione remota, in modo tale che, quando ci rechiamo in chiesa per la confessione, siamo già adeguatamente preparati.

Il dolore dei peccati
Dopo l’esame di coscienza, col quale abbiamo  messo a fuoco il male commesso, è necessario esprimere a Dio, Padre infinitamente buono, il nostro profondo dispiacere per non aver corrisposto al suo amore nell’obbedienza alla sua volontà.
Guardando al Crocifisso ci renderemo conto di quanto siamo amati. Gesù è l’Agnello di Dio che ha portato su di sé tutti i peccati del mondo, anche i nostri e li ha espiati al nostro posto e per nostro amore. Per questo nella confessione tutto ci viene perdonato, purché ci sia un vero pentimento.
Perchè il dolore sia autentico è necessario il proposito di non peccare più. Forse non ci riusciremo subito, ma è necessario presentare a Dio la nostra buona volontà di cambiare vita. Sarà forse un lungo cammino, ma l’importante è incominciarlo.
Il dolore dei peccati e il proponimento di non peccare più sono il cuore del sacramento della penitenza. Dovremmo esercitarci in questo al termine di ogni giornata, per evitare di cadere nella tiepidezza.
Così interiormente preparati,  saremo pronti per accostarci al sacramento vero e proprio e fare l’esperienza ineffabile della Divina Misericordia.

La confessione
Con essa  partecipiamo alla morte e alla resurrezione di Gesù. La morte al peccato e la resurrezione alla vita divina della grazia.
Presentiamo al Crocifisso tutto il male che ha inquinato la nostra vita, perché lo distrugga con il suo amore e il suo perdono. Immergiamoci nel mare della sua infinita misericordia.
Ringraziamo Gesù che ha sofferto al nostro posto e per nostro amore, ridonandoci la divina figliolanza e la vita eterna. Chiediamo in questi giorni la grazia di un cuore pieno di gratitudine.
Lasciamoci abbracciare da Gesù e stringerci al suo Cuore, in modo tale che non ci allontaniamo mai più finché non ci ritroveremo con Lui in cielo.
Chiediamo la grazia che nel nostro cuore il desiderio di Lui e della sua amicizia sia più forte di ogni altro.
Accogliamo con gioia l’assoluzione del sacerdote che ci dona il perdono che Gesù ha donato al mondo dall’alto della croce.
La pace della Pasqua incomincerà a inondare i nostri cuori e a diffondersi intorno a noi.

Padre Livio Fanzaga

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Gli hanno legato le mani perché facevano il bene

Posté par atempodiblog le 6 mars 2010

Gli hanno legato le mani perché facevano il bene
di Plinio Corrêa de Oliveira
Trascrizione della rivista “Catolicismo”, Aprile 1952. – lucisullest.it

Gli hanno legato le mani perché facevano il bene dans Fede, morale e teologia 2v2jji9

Perché il Signore fu ammanettato dai suoi carnefici? Perché hanno impedito il movimento delle sue mani, legandole con dure corde? Soltanto l’odio o il timore potrebbero spiegare che si riduca così qualcuno all’immobilità e all’impotenza. Perché odiare queste mani? Perché avere timore di esse?

La mano è una delle parti più espressive e più nobili del corpo umano. Quando i Pontefici e i genitori benedicono, lo fanno con un gesto di mani. Per pregare, l’uomo congiunge le mani o le alza verso il cielo. Quando vuole simboleggiare il potere impugna lo scettro. Quando vuole esprimere forza, impugna il gladio. Quando parla alle moltitudini, l’oratore sottolinea con le mani la forza del ragionamento con cui convince o l’espressione delle parole con cui commuove. È con le mani che il medico somministra le medicine e l’uomo caritatevole soccorre i poveri, gli anziani, i fanciulli.

Mani di Maestro e di Pastore
Le Tue mani, Signore, che cosa hanno fatto? Perché sono state legate? Dall’alto dei cieli, sei venuto con disegni di amore per riunire gli uomini. Con bontà ineffabile, hai assunto la nostra natura umana. Hai voluto avere un corpo umano, per amore dell’uomo. È per fare il bene che le Tue mani sono state create.

Chi potrà esprimere, o Signore, la gloria che queste mani hanno dato a Dio quando su di esse si sono posati i primi baci di Nostra Signora e di San Giuseppe? Chi potrà esprimere con quanta tenerezza hanno fatto a Maria Santissima le prime carezze? Con quanta pietà si sono giunte per la prima volta in atteggiamento di preghiera? E con quanta forza, quanta nobiltà, quanta umiltà hanno lavorato nell’officina di San Giuseppe?

Quando la Tua vita pubblica è cominciata, sei stato principalmente il Maestro che insegnava agli uomini il cammino del Cielo. E così, quando la Tua voce si alzava e sovrastava le folle estasiate e riverenti, le Tue mani si muovevano segnalando la dimora celeste o condannando il crimine. E gli apostoli e le moltitudini credevano in Te, e Ti adoravano, o Signore.

Mani di Maestro, ma anche mani di Pastore. Non soltanto insegnavi, ma guidavi. Le Tue mani divine hanno avuto virtù misteriose e soprannaturali per vezzeggiare i più piccoli, accogliere i penitenti, guarire gli ammalati.

Ma queste mani, così soprannaturalmente forti che al loro impero si piegavano tutte le leggi della natura, avevano ancora un’altra funzione da eseguire. Non hai parlato anche del lupo vorace? Saresti Pastore se Tu non lo respingessi? Sì, il lupo… e prima di tutto il demonio. La Tua vita ha reso palese che il demonio non è un’entità di fantascienza. Il Vangelo ci parla di uomini ipocriti o di costumi dissoluti non soltanto come conseguenza della depravazione umana, ma anche come opera del demonio, attivo, tenace, rivelando ogni tanto la sua presenza con manifestazioni spettacolari di ossessione e di possessione.

Tu cacciavi il demonio, Signore, con terribile imperio, e di fronte alla Tua parola grave e dominatrice come il tuono, più nobile e più solenne di un canto di angeli, gli spiriti impuri fuggivano impauriti e vinti. Talmente vinti e impauriti che da allora innanzi hanno dovuto obbedire con docilità ai Tuoi Apostoli.

Perché tanto odio?
Dovunque la Tua parola è stata predicata ed è stata accettata dagli uomini, l’impurità, la rivolta, il demonio sono sempre fuggiti. E solamente sono tornati a spiegare sull’umanità le loro ali d’ombra e il loro potere di perdizione quando il mondo ha cominciato a rigettare la Tua Chiesa, che è il Tuo Corpo Mistico. Ma basterà agli uomini corrispondere nuovamente alla grazia di Dio affinché l’impero di quelle potenze ancora una volta decada e le tenebre, la lascivia, lo spirito della Rivoluzione tornino agli antri segreti dai quali sono usciti da secoli.

Pastore, le Tue mani divine non si sono limitate a brandire il bordone contro le potenze spirituali e invisibili che, nel dire di San Paolo, infestano l’aria, per perdere gli uomini. Esse hanno pure fustigato il demonio e il male nei suoi agenti tangibili e visibili, il male in concreto in quanto realizzato negli uomini, i farisei per esempio, oppure i venditori del tempio, immortalati nel Vangelo grazie al castigo esemplare che hanno sofferto.

Tu che hai raccomandato la mansuetudine sino agli ultimi estremi quando sono in gioco soltanto i diritti personali. Tu hai impiegato un’ardente e santa indignazione per screditare i farisei, e hai brandito la frusta per segnare a sangue i venditori. Nel servizio di Dio ci sono momenti in cui il non recriminare, equivale a tradire.

Queste mani che sono state così soavi per uomini retti come l’innocente Giovanni e la penitente Maddalena, queste mani che sono state così terribili per il mondo, il demonio, la carne, perché stanno legate e messe in carne viva? Perché tanto odio, perché tanta paura da sembrare necessario legare le Tue mani, ridurre al silenzio la Tua voce, estinguere la Tua vita?

Signore, per capire questa mostruosità, bisogna credere all’esistenza del male. Bisogna riconoscere che così sono gli uomini, che la loro natura, quando prende il cammino della rivolta, non c’è infamia né disordine di cui non sia capace. E quando qualcuno Ti nega, comincia ad odiarti, a odiare ogni bene, ogni verità, ogni perfezioni di cui Tu sei la personificazione stessa. E se non Ti ha portata di mano, in forma visibile, per scaricare il suo odio satanico, allora colpisce la Chiesa, profana l’Eucaristia, bestemmia, propaga l’immoralità, predica la Rivoluzione.

Signore, ascolta le nostre suppliche
Sei ammanettato, o Gesù mio. Dove sono gli zoppi e i paralitici, i ciechi, i muti che hai guarito, i morti che hai risuscitato, i posseduti che hai liberato, i peccatori che hai sollevato, i giusti a cui hai rivelato la vita eterna? Perché loro non vengono a spezzare i lacci che legano le Tue mani?

Anche qui la forza del male è palese. I Tuoi nemici amano talmente il male che, anche sotto le umiliazioni delle corde che Ti legano, percepiscono tutta la forza del Tuo potere… e tremano! Per essere sicuri, vogliono trasformare in piaga l’ultima fibra di carne Tua ancora sana, vogliono versare l’ultima goccia del Tuo sangue, vogliono vederTi esalare l’ultimo sospiro. E nemmeno allora saranno tranquilli. Morto, infondi ancora timore. Bisogna sigillare il Tuo sepolcro e circondare di guardie armate il Tuo cadavere. L’odio al bene li rende perspicaci al punto di farli percepire ciò che vi è di indistruttibile in Te.

O, Signore, quante volte i Tuoi avversari tremano davanti alla Chiesa, mentre io, miserabile, vedendola ammanettata credo che tutto sia perduto! Ma quanta ragione avevano i Tuoi nemici! Tu sei risorto. Non soltanto le corde e i chiodi non sono serviti a niente, né la lastra del sepolcro, né il carcere della morte. Ti hanno potuto trattenere. Sì, sei risorto! Alleluia!

Signore mio, che lezione! Vedendo la Chiesa perseguitata, umiliata, abbandonata dai suoi figli, negata dai costumi pagani e dalla scienza panteista di oggi, minacciata all’esterno dalle orde del comunismo, e dall’interno dallo sproposito di quelli che vogliono venire a patti con il demonio, io esito, tremo, penso che tutto sia perduto.

Signore, mille volte no! Tu sei risorto per la Tua propria forza, e hai ridotto a nulla i vincoli con cui i Tuoi avversari pretendevano ritenerTi nelle ombre della morte. La Tua Chiesa partecipa di questa forza interiore e può in qualsiasi momento distruggere tutti gli ostacoli di cui da cui si vede circondata. La nostra speranza non è nelle concessioni, né nell’adattamento agli errori del secolo. La nostra speranza è in Te, Signore.

Esaudisci le suppliche dei giusti, che ti pregano per mezzo di Maria Santissima. Invia, o Gesù, il Tuo Spirito, e sarà rinnovata la faccia della terra.

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Il digiuno dell’anima

Posté par atempodiblog le 6 mars 2010

 Il digiuno dell'anima dans Digiuno jeangalot

Signore, fa’ digiunare il nostro cuore: che sappia rinunciare a tutto quello che l’allontana dal tuo amore, Signore, e che si unisca a Te più esclusivamente e più sinceramente.

Fa’ digiunare il nostro orgoglio, tutte le nostre pretese, le nostre rivendicazioni, rendendoci più umili e infondendo in noi, come unica ambizione, quella di servirTi.

Fa’ digiunare le nostre passioni, la nostra fame di piacere, la nostra sete di ricchezza, il possesso avido e l’azione violenta; che nostro solo desiderio sia di piacere a Te in tutto.

Fa’ digiunare il nostro « io », troppo centrato su se stesso, egoista indurito, che vuole trarre solo il suo vantaggio: che sappia dimenticarsi, nascondersi, donarsi.

Fa’ digiunare la nostra lingua, spesso troppo agitata, troppo rapida nelle sue repliche, severa nei giudizi, offensiva o sprezzante: fa’ che esprima solo stima e bontà.

Che il digiuno dell’anima, con tutti i nostri sforzi per migliorarci, possa salire verso di Te come offerta gradita, meritarci una gioia più pura, più profonda. Amen.

di Jean Galot

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Invito al risveglio spirituale

Posté par atempodiblog le 26 février 2010

 Invito al risveglio spirituale dans Fede, morale e teologia verginemaria

La Regina della pace, nel suo splendido messaggio del 25 Febbraio, ci invita al risveglio spirituale, così come si appresta a fare la natura che sta entrando nel tempo di primavera.

« La natura si prepara ad offrire i colori più belli nell’anno », ci fa notare la Madonna, al cui occhio nulla sfugge dell’opera mirabile della creazione. « Io vi invito, figlioli, aprite i vostri cuori  a Dio creatore, perchè vi trasfiguri e modelli a propria immagine ».

Dio è il sole della nostra anima, alla cui luce e calore fioriscono tutti i germi di bene che egli ha seminato in noi, ma che non germogliano se non ci apriamo a lui nella preghiera e nell’amore.

La Madonna ci vuole far capire che stiamo vivendo un inverno spirituale e che è necessario che ci svegliamo « dal sonno stanco delle nostre anime ». La Quaresima non a caso coincide con la primavera e deve essere un tempo di risverglio spirituale, « a vita nuova », proprio come avviene nella natura.

Come l’inverno non ha l’ultima parola, ma deve cedere alla primavera, così anche la nostra vita non finirà con la morte, ma entrerà nella gloria di Cristo risorto. La Pasqua verso la quale siamo incamminati deve risvegliare nel cuore il desiderio di eternità.

Il cielo è la meta a cui  dobbiamo tendere e che possiamo raggiungere se ci lasceremo condurre dalla mano della Madre, « mano materna, mano d’amore ».

Padre Livio Fanzaga

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Fare un passo avanti nel cammino della propria conversione

Posté par atempodiblog le 19 février 2010

Fare un passo avanti nel cammino della propria conversione dans Fede, morale e teologia papafanzaga

Siamo entrati nel tempo di grazia della Quaresima, che deve essere un tempo di preghiera e di pentitenza, per arrivare spiritualmente rinnovati alla gioia della Pasqua. Ognuno di noi prenda, a tu per tu con Gesù, le sue decisioni concrete, per fare un passo avanti nel cammino della propria conversione.

Papa Benedetto al riguardo ci ha rivolto parole preziose, da meditare nel silenzio del cuore:« Conversione è andare controcorrente, dove la ‘corrente’ è lo stile di vita superficiale, incoerente e illusorio, che spesso ci trascina, ci domina e ci rende schiavi del male o comunque prigionieri della mediocrità morale. Con la conversione, invece, si punta alla misura alta della vita cristiana, ci si affida al Vangelo vivente e personale, che è Gesù Cristo.
Cristo è dunque la meta finale e il senso profondo della conversione. E’ Lui la via sulla quale tutti sono chiamati a camminare nella vita, lasciandosi illuminare dalla sua luce. In tal modo la conversione manifesta il suo volto più splendido e affascinante:
Non è una semplice decisione morale, che rettifica la nostra condotta di vita, ma è una scelta di fede, che ci coinvolge interamente nella comunione intima con la persona viva e concreta di Gesù. Convertirsi e credere al Vangelo non sono due cose diverse o in qualche modo soltanto accostate tra loro, ma esprimono la medesima realtà ».

Padre Livio Fanzaga

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Approfittiamo del tempo di grazia della Quaresima

Posté par atempodiblog le 17 février 2010

Approfittiamo del tempo di grazia della Quaresima dans Padre Livio Fanzaga ilrisorto

Approfittiamo del tempo di grazia della Quaresima. E’ un tempo di conversione, nel quale emendare la nostra vita dalla schiavitù del peccato. Però non riusciremo a farlo se non siamo mossi dall’amore.

Perché nel cuore si accenda la fiamma dell’amore dobbiamo pensare a Gesù nei momenti della sua passione. Quanto ha sofferto nel corpo e nel cuore per amore nostro!

Nella preghiera chiediamo la grazia di capire quanto Gesù ci ha amato e ci ama. Forse il ghiaccio del nostro cuore si scioglierà.

Pensiamo a quello che ha fatto per ognuno di noi, perchè fossimo salvi e felici. Forse anche noi incominceremo a fare qualche cosa per Lui.

Non ci peserà bere anche noi qualche goccia del suo calice amaro. Capiremo che vivere un po’ della sua passione nella nostra vita è una grande grazia.

Durante questa Quaresima cresciamo nell’amore per Gesù. Ci aiuterà molto il meditare il racconto della passione e la preghiera davanti alla croce. Prima di andare a letto baciamo con amore il Crocifisso.

Padre Livio Fanzaga

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