“In punta di piedi”, con discrezione e rispetto

Posté par atempodiblog le 27 février 2015

Benedizione delle famiglie: la chiesa a domicilio
La benedizione in punta di piedi: per conoscere le famiglie e far loro sapere che la parrocchia ha sempre le porte aperte.
Single e famiglie, studenti e anziani, diffidenti e devoti a padre Pio, immagini di santi e crocifissi appesi alle pareti, tra il gagliardetto della squadra di calcio e le foto delle vacanze. La benedizione pasquale offre un curioso spaccato della vita di un quartiere cittadino. All’arrivo del prete i più «aprono» ancora il loro cuore
di Graziella Teta – Toscana Oggi

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È  il tardo pomeriggio di un brumoso venerdì di febbraio. Don Luca Facchini, borsa a tracolla e aspersorio in mano, si avvia per il quotidiano incontro con gli abitanti dell’Unità Pastorale «Pisa Nova» (San Michele degli Scalzi e Sacra Famiglia). Come lui, in questo periodo tradizionalmente dedicato alla visita e alla benedizione delle famiglie prima della Pasqua, i sacerdoti delle parrocchie cittadine e della provincia dell’intera diocesi, si mettono «in cammino»: suonano campanelli di case e condomini, bussano ad ogni porta. Ma quante di quelle porte si aprono? Come sono accolti i preti? Come vivono le famiglie questa Chiesa che arriva «a domicilio»? Per trovare risposte, il cronista a sua volta ha bussato ad una parrocchia pisana, chiedendo di affiancare il sacerdote impegnato nelle visite per le benedizioni. L’appuntamento è davanti alla canonica: don Luca il vice parroco, uno dei numerosi laici che collaborano con la parrocchia e accompagnano nelle visite (stavolta è il turno di Paola Serraglini, catechista, insegnante neopensionata) e il cronista (in incognito).

Pronti, partiamo. Destinazione: il popoloso quartiere di Pisanova. Una signora affacciata alla finestra ci avvista: «Passate prima da me? Ho poco tempo, devo andare a lavorare». Accontentata. Presenta i figli: «Hanno terminato gli studi, ed ora sono alla ricerca di un’occupazione». I ragazzi osservano incuriositi il sacerdote, rimangono per la benedizione: don Luca asperge l’acqua benedetta e pronuncia la formula rituale – «la pace scenda su questa casa e su chi vi abita» – seguita da un momento di preghiera, recitando insieme un Padre nostro o un Gloria. Poi lascia un ricordo: la bella pubblicazione diocesana dedicata a San Ranieri, patrono della città e dell’Arcidiocesi di Pisa, realizzata per preparare i pisani a celebrare la ricorrenza dell’850° anniversario della morte (1160-2010). Le pagine, arricchite con riproduzioni a colori di opere d’arte, riportano il messaggio dell’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto, la sua preghiera di ringraziamento e una descrizione della vita del santo. Infine, i testi della benedizione della famiglia. Il piccolo dono è gradito. La signora ringrazia e porge al sacerdote la busta con un’offerta.

Alla porta successiva il campanello suona a vuoto: don Luca deposita sullo stuoino un cartoncino colorato, intitolato Benedizioni 2010, con il messaggio: «Ciao! Oggi siamo passati per incontrarti e per benedire la tua famiglia e la tua casa. Non ti abbiamo trovato, ma se vuoi possiamo ripassare. Puoi chiamarci in parrocchia». Seguono i recapiti telefonici, e le firme: don Piero, don Luca e la comunità delle suore.

Un’altra porta si apre, ma l’anziano non ci accoglie: «grazie, non mi interessa», dice laconico. Poi saranno tanti altri volti: di un operaio single che si prepara la cena («ed anche il pranzo da portare al lavoro domani, questa settimana faccio il turno di notte»), di una giovane mamma con tre figli e quarto in arrivo, di un’anziana vedova («sono piena di acciacchi», lamenta), di nonni e nipotini riuniti in cucina, davanti ad un piatto di pastasciutta («non aspettiamo i genitori per cenare, arrivano tardi dal lavoro, i bambini devono andare a nanna presto»). E ancora, il vedovo ben contento di ricevere una visita: «la solitudine si sente»; il sacerdote s’informa sulla sua salute: «sto bene, esco a camminare tutti i giorni»; forse, avrebbe bisogno di un aiuto domestico… «in casa mi arrangio da solo; la signora straniera che si occupava delle pulizie mi faceva sparire crocifissi e santini». La coppia di mezz’età ci accoglie con calore, mostrando con orgoglio le foto della numerosa famiglia, quattro figli e sette nipoti. L’uomo, immigrato dal Sud tanti anni fa, si commuove mentre racconta di aver affrontato una grave malattia («ho pregato tanto Padre Pio»). Un’altra coppia s’affanna a spiegare le peripezie affrontate per trovare casa («ma l’alloggio è piccolo, 45 metri quadrati, abbiamo dovuto dar via parte dei mobili, non c’è abbastanza spazio»). Un’anziana, devota a Giovanni Paolo II, ci riceve con il cappotto addosso perché fa freddo, il riscaldamento funziona male. Un’altra signora apre la porta ma, quando vede la tonaca, declina con un leggero sorriso, e richiude. «Lasci stare don, è di un’altra religione», non manca di far sapere la dirimpettaia. Ancora volti giovani e anziani, cani che abbaiano, televisori sempre accesi (talvolta anche durante la benedizione); ancora immagini di madonne, santi e cristi appesi alle pareti, tra il gagliardetto della squadra di calcio e le foto delle vacanze. Qui, annota don Luca, le persone sono accoglienti, semplici; non stupisce che la fede sconfini nella devozione.

Ovunque, aggiunge, entriamo in punta di piedi: per conoscere le famiglie e far loro sapere che la parrocchia ha sempre le porte aperte. Il bilancio alla fine del giro è positivo: su una trentina di visite, pochi gli assenti e i rifiuti. Ma oltre due ore, su e giù per le scale di questi palazzi popolari, tirati su oltre vent’anni fa, ci restituiscono tante storie di vite spesso difficili, afflitte da problemi diffusi: lavoro che manca, solitudine, malattie. Emergono tante povertà, materiali e spirituali. «Illuminate», per qualche istante, dal sacerdote che si fa prossimo a tutti.

Un’occasione preziosa per conoscere i più deboli
Se lo ricorda bene don Piero Dini, parroco di S. Michele degli Scalzi e Sacra Famiglia e direttore del Centro pastorale diocesano per l’evangelizzazione e la catechesi, il periodo quaresimale delle «benedizioni» di dieci anni fa. «Era il mio primo anno qui ed è stata un’esperienza forte. Andavo da solo, casa per casa, suonando ad ogni campanello: a chi mi apriva mi presentavo e dicevo “se credi, preghiamo insieme”. Se non erano credenti, era comunque un’occasione di conoscenza reciproca. Negli anni, ho trovato accoglienza anche da parte di famiglie di diverse fedi e paesi di provenienza. Ma non sono mancate, e non mancano, le porte chiuse: persone che, attraverso l’uscio – senza aprirlo – rifiutano la visita, accampando ogni genere di scusa. Per gli anziani è spesso un conforto ricevere il sacerdote (quando superano la diffidenza dell’estraneo che bussa alla porta), mentre con i giovani, gli studenti, è più difficile stabilire un contatto». Un’esperienza preziosa che don Dini ha riversato nel consiglio pastorale parrocchiale: «Quest’anno – spiega – abbiamo voluto dare un “taglio” diverso: non solo benedizioni per coloro che hanno fede, ma desiderio di incontrare e conoscere meglio le famiglie del territorio e, nel contempo, di far conoscere il “volto della chiesa”: di noi sacerdoti, delle suore, dei laici-testimoni. L’intento è offrire supporto (anche concreto, indicando casi particolari di povertà e solitudine al centro di ascolto della Caritas o alla San Vincenzo), manifestando alle persone il volto gioioso e semplice di una chiesa vicina, che si interessa ai loro problemi». Così ogni giorno (nel nuovo orario, dalle 17,30 in poi, in modo da incontrare anche chi lavora), si muovono tre gruppi che visitano un centinaio di famiglie. Don Piero è affiancato dal vice parroco don Luca Facchini, dalle suore francescane missionarie di Gesù Bambino che operano nella parrocchia della Sacra Famiglia e dai numerosi laici impegnati nelle attività delle due parrocchie, che costituiscono la vasta unità pastorale «Pisa Nova» (circa 14 mila abitanti, dalle Piagge ai quartieri più periferici), espressione delle più diverse situazioni economiche, sociali e culturali. Decine di strade, un lungo itinerario suddiviso in oltre cinquanta tappe, che si snoda attraverso un fitto calendario di visite (annunciate dalla lettera del parroco, già distribuita in anticipo nelle cassette della posta da una squadra di volontari). Altra novità di quest’anno, il questionario (curato da don Dini: cinque domande su fede, chiesa, preti), lasciato alle famiglie in occasione delle visite, da riconsegnare compilato in parrocchia: «Un’iniziativa di valore pastorale, più che un lavoro di ricerca, che vuole essere uno strumento per capire meglio come poter svolgere il mio ministero di sacerdote e parroco». Una «scintilla per far nascere un dialogo», la definisce don Piero.
Graziella Teta

La sfida? non scoraggiarsi davanti al «no, grazie»
Accoglienza, rifiuto, abitudine. Questo l’atteggiamento delle famiglie davanti al parroco che viene a benedire. Anche nei paesi di Pastina e Pomaia, dove i modi di vivere e di pensare si stanno lentamente adeguando a quelli della città. «Questo è il quarto anno che andrò nelle case – spiega don Amedeo Nannini -. Sono in tutto 250 o 300 quelle da visitare». Non molte, ma l’impegno è tanto per un prete che, 4 giorni su 7, vive a Pisa. «Trovo due categorie di persone: chi mi aspetta – a volte un po’ per “routine” - e chi si rifiuta totalmente di farmi entrare. Bisogna trovare motivi di nuovo interesse per chi è già “abituato”, e creare relazioni con chi proprio non vuole saperne…per prima cosa noi preti non dobbiamo cedere alla tentazione di non andare, per timidezza o per paura del “no”».

La campagna ormai non è più un’«oasi» di devozione: «trovo persone che in chiesa non vedo mai, ma che magari hanno delle richieste: “regolarizzare” una convivenza, battezzare un figlio… l’importante è non essere stavolta noi parroci a “chiudere la porta”, a non rompere queste fragili relazioni con dei “no” secchi: come potremmo altrimenti annunciare la “buona notizia”? Solo la visita alle famiglie ci consente di incontrare proprio tutti».
C.G.

«Mi muovo da solo. La gente si “confida” più volentieri»
«Sono arrivato qui quindici anni fa. Da allora le cose sono cambiate. In meglio. Piano piano la gente ha imparato a conoscermi e, generalmente, mi accoglie in casa volentieri». Il bilancio tracciato da monsignor Mario Stefanini, parroco di San Piero a Grado dal 1994, è positivo: «la benedizione delle famiglie è ancora l’unico mezzo veramente efficace per incontrare tutti gli abitanti del territorio». Sono 900 le case che don Mario visita tutti gli anni.

«Una visita che faccio da solo. Prima mi accompagnavano dei chierichetti, oggi gli impegni, la scuola, lo sport non lo permettono più. Ma forse è meglio così: la gente si sente meno imbarazzata se vuole parlare di qualche problema». E i problemi ci sono: il lavoro che manca, le malattie, le separazioni: se ne parla con il parroco, che ascolta e… «prende nota» dei piccoli e grandi drammi dei suoi parrocchiani: perché nessuno resti sconosciuto o venga dimenticato. Il calendario delle visite viene diffuso presto, a dicembre. Ciononostante qualcuno non apre: «ma non sono molti quelli che non si fanno trovare: in media uno ogni 4 o 5. In alcune case trovo una persona da sola – magari un figlio adolescente – lasciata ad aspettare il prete, mentre gli altri sono al lavoro: è segno che comunque la visita interessa».

E chi non crede? «Passo comunque. Li saluto, con tanti ho fatto amicizia». Benedizioni anche come mezzo per tenere aggiornato lo stato d’anime della parrocchia: «incontro famiglie nuove, appena arrivate, giovani sposi». Anche qui qualche coppia convivente, che non chiude la porta in faccia al prete: «a loro dico “vi aspetto in parrocchia, quando volete sono a disposizione…”».
Caterina Guidi

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Interiorizzare il cammino di conversione

Posté par atempodiblog le 29 avril 2014

Commento di Padre Livio al messaggio di Medjugorje del 2 aprile 2014
Tratto da: Medjugorje Liguria

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[...] cosa vuole la Madonna? A Messa vado tutti i giorni o quasi tutti i giorni in Quaresima, faccio digiuno mercoledì e venerdì a pane e acqua, insomma, mi dò da fare, partecipo qua, partecipo là, ecc… insomma cosa vuole?
La Madonna vuole che tutto questo ci serva per rinunciare al peccato, rinunciare al male, rinunciare all’egoismo, rinunciare a Satana, aprire il cuore a Dio, aprire il cuore al Suo amore in modo tale che l’amore di Dio ci cambi, che l’amore di Dio diventi in me una sorgente zampillante della vita eterna, in modo tale che in me ci sia la gioia, ci sia la pace, il mio cuore sia pulito, il mio cuore sia aperto, sia buono, questo vuole la Madonna.
E
 come fare? Uno non può dire: cambio il cuore! Non è con le nostre forze che riusciamo a cambiare. Perciò la Madonna ci dice: per evitare che tutto rimanga all’esterno, voi dal di dentro fate salire al Padre Celeste l’invocazione affinché il Padre Celeste, attraverso il Cuore di Gesù, vi dia lo Spirito Santo, che vi illumini con la Sua luce, che lo Spirito Santo vi aiuti ad aprire il cuore a Dio, che lo Spirito Santo apra in voi “una sorgente dell’amore di Dio” come acqua zampillante per la vita eterna.
Pregate per questo. Pregate perché Dio vi cambi il cuore, pregate perché lo Spirito Santo vi tocchi e faccia scoccare la scintilla che accende la fiamma dell’amore, dell’entusiasmo, del fervore, della gioia, pregate per questo. Se la grazia di Dio non ci tocca il cuore non riusciamo da soli a cambiare, poi noi cooperiamo con la nostra buona volontà.
Così dice la Madonna, pregate lo Spirito Santo, perché tutte le vostre pratiche quaresimali, preghiere, Messe, digiuni, diventino un evento interiore che vi cambia il cuore e si apra in voi una sorgente dell’amore di Dio.
La gente non si converte, perché vede che vai a Messa tutti i giorni, perché vede che tu digiuni a pane e acqua, che tu preghi, che fai qua, che fai là. La gente si converte, perché vede in te la bontà, vede in te una sorgente di acqua zampillante, allora “a quella sorgente berranno tutti quelli che non conoscono mio Figlio, tutti gli assetati dell’amore e della pace di mio Figlio”.
La gente si avvicina a te perché in te c’è la sorgente dell’amore di Dio che zampilla. Allora tutti quelli che inconsciamente, ma comunque fortemente nel loro cuore sentono la sete dell’amore di Dio, della Divina Presenza, della Divina bontà, vedendoLa che zampilla nel tuo cuore, allora si avvicinano e bevono a questa sorgente e “si avvicinano a mio Figlio tutti gli assetati dell’amore e della pace di mio Figlio”. “Vi ringrazio”.
C’è un invito a interiorizzare il cammino di conversione che passa attraverso le pratiche esterne, ma deve incidere sul cambiamento interno.

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La lettera d’amore per te, scritta col sangue

Posté par atempodiblog le 23 avril 2014

La lettera d'amore per te, scritta col sangue dans Antonio Socci qrwx2e

Il 9 aprile scorso, durante l’Udienza generale in Piazza San Pietro, una persona dalla folla ha gridato verso il Pontefice: “Papa Francesco, sei unico!”. Il Santo Padre gli ha risposto: “Anche tu, anche tu sei unico. Non ci sono due come te”.
Con quella semplice battuta ha espresso una verità immensa, che caratterizza il cristianesimo. Infatti per il mondo il singolo è solo un numero, sostituibile con tanti altri, cioè sacrificabile al potere.
Le ideologie moderne poi considerano come protagonisti della storia dei soggetti collettivi (la Razza, la Classe, la Nazione, l’Umanità) o entità astratte come il Mercato, il Capitale, il Partito e lo Stato. 

RIVOLUZIONE
Invece con l’avvenimento cristiano accade qualcosa di rivoluzionario: l’unico Dio che scende sulla terra e ha pietà di ogni singola persona, specie del miserabile, del peccatore incallito, del malato, di ciascun uomo.
Per compassione il Figlio di Dio lo abbraccia, lo risana, lo perdona, addirittura si inginocchia davanti a lui e gli lava i piedi (ovvero fa quello che facevano gli schiavi agli ospiti). Fino a morire per lui, per quel singolo essere (insignificante per il mondo).
Davvero una rivoluzione, un totale capovolgimento dell’ordine costituito da millenni, da sempre basato sui sacrifici umani, in molte forme (a partire dallo schiavismo, fondamento delle economie antiche).
Lo colse bene il più fiero avversario moderno del Nazareno, ovvero Friedrich Nietzsche che scrisse: “L’individuo fu tenuto dal cristianesimo così importante, posto in modo così assoluto, che non lo si poté più sacrificare, ma la specie sussiste solo grazie a sacrifici umani… La vera filantropia vuole il sacrificio per il bene della specie – è dura, è piena di autosuperamento, perché abbisogna del sacrificio dell’uomo. E questo pseudoumanesimo che si chiama cristianesimo, vuole giungere appunto a far sì che nessuno venga sacrificato”.
Noi neanche più ce ne rendiamo conto. Ma il cristianesimo è entrato nel mondo proclamando la fine di tutti i sacrifici umani.
In quale modo lo ha fatto? Col sacrificio del Figlio di Dio. L’editto di liberazione è scritto sulla sua stessa carne.
Lo ha spiegato il filosofo René Girard: Gesù è letteralmente “l’Agnello di Dio” (il capro espiatorio) che si offre in olocausto affinché tutti vengano liberati dalla schiavitù del male e nessun essere umano venga più sacrificato agli dèi della menzogna e della morte.
Ma – attenzione – ancora una volta Gesù non si offre a quella morte orrenda per un’astratta Umanità, bensì per ogni singolo, per me che scrivo questo articolo, per te che leggi.
La dottrina cattolica è arrivata ad affermare che, agli occhi di Dio, la salvezza di un singolo essere umano vale più dell’intero creato.
E la mistica ci ha fatto scoprire che – in un modo misterioso – in quelle ore di atroci sofferenze Gesù pensò proprio a ognuno di noi, nome per nome, ai nostri volti. Uno per uno.
Fa impressione accostare questa rivelazione dei mistici alle fasi del supplizio di Gesù.
La Sindone ci dà la perfetta immagine fisica di quelle atroci torture che il Vangelo elenca in modo scarno, quasi freddo. Vediamole. 

LETTERA DI SANGUE
Le tante tumefazioni sul volto sono i segni dei pugni sopportati (con gli sputi e gli insulti) nelle fasi concitate dell’arresto. Però il naso rotto, l’occhio gonfio e i sopraccigli feriti (evidenti sulla Sindone) sono anche la traccia della bastonata in faccia subita da Gesù durante l’interrogatorio del Sinedrio (Gv 18, 22-23).
Poi c’è quell’inedita macellazione dei 120 colpi di flagello romano (a tre punte) che gli hanno devastato tutto il corpo strappandogli la carne in più di trecento punti (un supplizio del tutto anomalo anche per i crocifissi).
Ma una delle cose più dolorose per Gesù è il peso ruvido della traversa della croce che, lungo il tragitto del Calvario, letteralmente gli scopre le ossa delle spalle provocando sofferenze indicibili.
Poi Gesù avrà la testa trafitta da circa 50 lunghe spine (la corona beffarda dei soldati romani), qualcosa che non è umanamente sopportabile.
Ma la Sindone mostra anche ferite al volto e alle ginocchia dovute alle cadute mentre andava al Calvario (avendo le braccia legate alla traversa della Croce, non poteva ripararsi la faccia).
Infine le ferite dei chiodi, per la crocifissione, e le ore trascorse a respirare dovendosi appoggiare proprio sugli arti inchiodati.
Bisognerebbe fissare una per una queste atroci sofferenze ricordando che in quel momento Gesù pensava a me e a te, sopportava tutto per me e te, al posto mio e tuo, perché non fossimo sacrificati alle crudeli divinità delle tenebre. 

SCOPERTE RECENTI
In questi giorni si è saputo che un’équipe di studiosi veneti, lavorando sulla Sindone, ha scoperto altri particolari impressionanti.
I ricercatori Matteo Bevilacqua, direttore del reparto di Fisiopatologia Respiratoria dell’Ospedale di Padova e Raffaele De Caro, direttore dell’Istituto di Anatomia Normale dell’Università di Padova, hanno lavorato insieme con Giulio Fanti, professore del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Ateneo padovano che già in passato ha pubblicato studi sulla Sindone che ne accreditano l’antichità.
Dunque questi specialisti hanno provato a riprodurre ciò che fu inflitto all’uomo della Sindone: la simulazione ha comportato due anni di lavoro.
Hanno concluso che le mani del crocifisso probabilmente furono bucate dai chiodi due volte, evidentemente perché non si riusciva a fissarle ai solchi già prefissati sulla croce.
“Per i piedi invece la situazione cambia”, spiega Bevilacqua (le sue dichiarazioni sono riportate dal Mattino di Padova). “Il piede di destra aveva sia due chiodi che due inchiodature: era stato infilato un chiodo a metà piede per assicurare l’arto sulla trave, poi è stato infilato un altro chiodo lungo due centimetri per riuscire ad accavallare il calcagno del piede sinistro sulla caviglia del piede destro”.
Atrocità che si aggiungono a quelle già note, riferite dai Vangeli. Del resto la crocifissione, nel caso di Gesù, “è stata particolarmente brutale” affermano questi specialisti “perché fatta su un soggetto paralizzato che aveva perso molto sangue e che era stato abbondantemente flagellato”.
Ma perché l’uomo della Sindone era in parte “paralizzato”?
Questi specialisti spiegano che la traversa della croce, di una cinquantina di chili, in una delle cadute avrebbe provocato un grave trauma al collo, con una lesione dell’innervazione e una conseguenze paralisi del braccio destro.
Per questo i soldati romani costrinsero Simone di Cirene a portare la croce che Gesù non poteva più sostenere. I ricercatori padovani – i quali aggiungono che l’uomo della Sindone aveva pure una lussazione della spalla – spiegano anche le cause cardiache della morte.

PROVA DELLA RESURREZIONE
Tutti dati reperibili sulla Sindone che però porta anche le tracce della resurrezione. Per la connessione di questi tre dati.
Primo: i medici legali che hanno lavorato in passato su quel lenzuolo hanno appurato che esso ha sicuramente avvolto il cadavere di un uomo morto per crocifissione.
Secondo: gli scienziati americani dello Sturp che analizzò la Sindone, con strumenti assai sofisticati, conclusero che quel corpo morto non rimase dentro al lenzuolo più di 40 ore perché non vi è alcuna traccia di putrefazione.
Terzo. Costoro accertarono che i contorni della macchie di sangue provano che non vi fu alcun movimento fra il corpo e il lenzuolo. Il mancato strappo dei coaguli ematici rivela che il corpo non si spostò, né fu spostato, ma uscì dal lenzuolo come passandovi attraverso.
E con il misterioso sprigionarsi, dal corpo stesso, di una energia sconosciuta che ha fissato quell’immagine (tuttora senza spiegazione scientifica).
Arnaud-Aaron Upinsky osservò che “la Sindone porta la prova di un fatto metafisico”. In effetti è la resurrezione di Gesù. Che ha sconfitto il male e la morte per ciascuno di noi. Uno per uno. E ci regala l’immortalità.

di Antonio Socci – Libero

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Maria è stata la prima persona a cui Gesù risorto è apparso

Posté par atempodiblog le 20 avril 2014

 Maria è stata la prima persona a cui Gesù risorto è apparso dans Citazioni, frasi e pensieri La-piet-di-Michelangelo

È cosa comunemente ammessa che Gesù apparve dopo la risurrezione, prima di tutto e separatamente, a sua Madre; prima di tutto, perché Ella lo meritava in modo speciale per essere rimasta ai piedi della croce del martirio; separatamente, poiché questa apparizione aveva un motivo per essere molto diversa dall’apparizione alle altre donne e ai discepoli. I discepoli doveva indurli a riacquistare la fede; Maria, invece, doveva essere ricompensata per averla.

Fu una scena d’indicibile pace e intimità. Maria, Madre di Gesù, si trovava da sola in una stanza. Fuori, la gente si preparava a una nuova giornata di lavoro, dopo il riposo del sabato. Ella, la Madre di Gesù, non pensava che a una cosa: risusciterà! In Maria non c’era posto per quella sorpresa che eccitò i discepoli a tal punto che soltanto lentamente ritornarono in sé. Come prima aveva presentito le sofferenze e le aveva affrontate con piena coscienza, così ora era preparata alla risurrezione a motivo della propria fede.

Franz  M. Willam

Divisore dans Fede, morale e teologia

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Prepariamoci con Maria alla gioia della Pasqua

Posté par atempodiblog le 19 avril 2014

Prepariamoci con Maria alla gioia della Pasqua dans Citazioni, frasi e pensieri epq6qe

Nel momento dello smarrimento e della notte della fede la Vergine Maria ha perseverato nella preghiera e ha creduto fermamente nella resurrezione del Figlio.
Prepariamoci con Maria alla gioia della Pasqua.

Padre Livio Fanzaga

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Guardare in faccia Cristo

Posté par atempodiblog le 18 avril 2014

Guardare in faccia Cristo dans Citazioni, frasi e pensieri Don-Giussani

Adesso c’è la Settimana Santa; se uno il Giovedì Santo, il Venerdì Santo, il Sabato Santo, la Pasqua, in questi quattro giorni va dentro senza guardare in faccia Cristo e basta, ma con la preoccupazione dei peccati o della perfezione oppure delle cose da meditarci su, viene fuori stanco e riprende le cose come prima. Guardare in faccia Cristo, invece, cambia. Ma perché cambi, bisogna guardargli in faccia veramente, col desiderio del bene, col desiderio della verità: «Di tutto sono capace Signore, se sto con te che sei la mia forza»; è un tu che domina, non delle cose da rispettare.
Provate a pensare come nessuno, nessuno, capisce queste cose: nessuno le pensa e nessuno le capisce. Invece è  questa l’unica rivoluzione nel mondo: la fede come conoscenza e la carità, guardare in faccia Cristo, come morale.

di don Luigi Giussani – Si può vivere così? Uno strano approccio all’esistenza cristiana. Ed. Rizzoli

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Gesù si sottomise alla flagellazione per i peccati impuri degli uomini

Posté par atempodiblog le 18 avril 2014

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Quando andai all’adorazione, fui subito investita dal bisogno di raccoglimento interiore e vidi Gesù legato alla colonna, spogliato delle Sue vesti e sottoposto subito alla flagellazione. Vidi quattro uomini che a turno sferzavano coi flagelli il Signore. Il cuore mi si fermava alla vista di quello strazio. Ad un tratto il Signore mi disse queste parole: «Ho una sofferenza ancora maggiore di quella che vedi». E Gesù mi fece conoscere per quali peccati si sottopose alla flagellazione: sono i peccati impuri.

Oh, che tremende sofferenze morali patì Gesù, quando si sottomise alla flagellazione! Improvvisamente Gesù mi disse: «Guarda e osserva il genere umano nella situazione attuale». E in un attimo vidi cose tremende: i carnefici si allontanarono da Gesù, e si avvicinarono per flagellarLo altri uomini, che presero la sferza e sferzarono il Signore senza misericordia.

Erano sacerdoti, religiosi e religiose ed i massimi dignitari della Chiesa, cosa che mi stupì molto; laici di diversa età e condizione; tutti scaricarono il loro veleno sull’innocente Gesù. Vedendo ciò il mio cuore precipitò in una specie di agonia.

Quando Lo flagellarono i carnefici, Gesù taceva e guardava lontano; ma quando lo flagellarono le anime che ho menzionato sopra, Gesù chiuse gli occhi e dal Suo Cuore uscì un gemito represso, ma tremendamente doloroso. Ed il Signore mi fece conoscere nei particolari l’enorme malvagità di quelle anime ingrate: «Vedi, questo è un supplizio peggiore della Mia morte».

Tacquero allora le mie labbra e cominciai a provare su di me l’agonia e capivo che nessuno poteva consolarmi, né togliermi da quello stato, se non Colui che ad esso m’aveva condotto. Ed allora il Signore mi disse: «Vedo il dolore sincero del tuo cuore che ha procurato un immenso sollievo al Mio Cuore. Guarda ora e consolati».

E vidi Gesù inchiodato sulla croce. Dopo che Gesù era rimasto appeso per un momento, vidi tutta una schiera di anime crocifisse come Gesù. E vidi una terza schiera di anime ed una seconda schiera di anime. La seconda schiera non era inchiodata sulla croce, ma quelle anime tenevano saldamente la croce in mano. La terza schiera di anime invece non era né crocifissa né teneva la croce in mano, ma quelle anime trascinavano la croce dietro di sé ed erano insoddisfatte.

Allora Gesù mi disse: «Vedi quelle anime, che sono simili a Me nella sofferenza e nel disprezzo: le stesse saranno simili a Me anche nella gloria. E quelle che assomigliano meno a Me nella sofferenza e nel disprezzo: le stesse assomiglieranno meno a Me anche nella gloria». La maggior parte delle anime crocifisse appartenevano allo stato religioso; fra le anime crocifisse ho visto anche delle anime che conosco, la qual cosa mi ha fatto molto piacere. Ad un tratto Gesù mi disse: «Nella meditazione di domani riflettersi su quello che hai visto oggi».

Santa Faustina Kowalska

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Una sola cosa è necessaria, che il peccatore apra almeno un po’ le porte del suo cuore ai raggi della divina Misericordia

Posté par atempodiblog le 17 avril 2014

Una sola cosa è necessaria, che il peccatore apra almeno un po' le porte del suo cuore ai raggi della divina Misericordia dans Citazioni, frasi e pensieri 14b5iiu

O Dio incomprensibile, il mio cuore si strugge dalla gioia, poiché m’hai permesso di penetrare i misteri della Tua Misericordia. Tutto ha inizio dalla Tua Misericordia, e tutto termina nella Tua Misericordia… Ogni grazia deriva dalla Misericordia e l’ultima ora è piena di Misericordia per noi. Nessuno dubiti della bontà di Dio, anche se i suoi peccati fossero neri come la notte, la Misericordia di Dio è più forte della nostra miseria. Una sola cosa è necessaria, che il peccatore apra almeno un po’ le porte del suo cuore ai raggi della divina Misericordia: Dio farà il resto. Ma infelice quell’anima che perfino nell’ultima ora ha tenuto chiusa la porta alla Misericordia di Dio! Sono state queste anime che hanno immerso Gesù nell’Orto degli Ulivi in una tristezza mortale. Ciò nonostante dal Suo Cuore compassionevolissimo scaturì la divina Misericordia.

Santa Faustina Kowalska

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Il Mistero della Croce

Posté par atempodiblog le 16 avril 2014

Il Mistero della Croce
di Padre Livio Fanzaga – La nuova Bussola Quotidiana

Il Mistero della Croce dans Fede, morale e teologia TRJA2820

All’inizio  della Settimana Santa ciò che si presenta davanti a noi in un’ottica cristiana è il mistero della Pasqua, che è il mistero della nostra redenzione e della nostra salvezza. Questo è l’annuncio fondamentale del cristianesimo: siamo stati salvati. Salvati dalla condizione esistenziale di persone che nascono nel peccato, sotto l’impero delle tenebre e quindi nascono lontani da Dio e con la condanna a morte. Perché non c’è dubbio che  se la morte da un certo punto di vista è un fatto naturale, dal punto di vista teologico, dal punto di vista della fede è lo stipendio del peccato, come dice san Paolo. Per invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo, dice il libro della Sapienza.

Questa condizione esistenziale nella quale tutti gli uomini nascono, è anche la condizione dalla quale nascono tutte le religioni, perché – come diceva René Girard – tutte le religioni sono nate per dare una risposta al problema della morte, del male e della morte. Per male si intende il male morale, il peccato, la cattiveria e tutto ciò che da esso deriva, a livello personale e sociale. Le religioni sono il tentativo dell’uomo di salvarsi da questa situazione. Ma tutti i tentativi umani, che si esprimono nelle varie religioni, nelle varie filosofie, perfino in varie ideologie, non approdano a nulla. Questo è il punto di partenza su cui possiamo convergere tutti: l’uomo nasce non solo malato, ma condannato: da solo non riesce a salvarsi né dal peccato né dalla morte, né dalla disperazione né dall’angoscia.

Il cristianesimo si distingue da tutte le altre religioni perché l’iniziativa di salvare l’uomo viene da Dio, viene dall’alto. Come dice Benedetto XVI nel suo libro “Gesù di Nazaret” Dio si è assunto la natura umana ma eccetto il peccato. Assunta nella sua totalità, nel corpo e nell’anima, Gesù è vero corpo e vera anima, però senza il peccato.

Lui è quell’agnello immacolato che ha assunto su di sé tutti i peccati del mondo e li ha espiati: così è venuta la nostra salvezza. Cioè noi siamo stati liberati dal peccato, dalla morte, dalla lontananza da Dio, abbiamo riacquistato la divina amicizia e la vita eterna, prima che nel dono dell’immortalità nella pienezza della gioia. Abbiamo ottenuto questo come dono che Dio ci ha dato in quanto Gesù Cristo ha espiato il peccato che è la causa di tutti i mali, compresa la morte fisica. Anche gli apostoli ebbero grande difficoltà a capire perché Gesù aveva dovuto patire. Quando Gesù parlava della sua Passione, della sua morte, sullo sfondo della sua resurrezione, gli apostoli inorridivano, non volevano capire la necessità della sofferenza e della morte in Croce per la redenzione, tanto è vero che quando Gesù venne poi effettivamente catturato, fu veramente in mano ai pagani, vacillarono nella fede. E sotto la Croce non c’erano. C’erano Maria e san Giovanni, gli altri erano pecore sbandate, come se avessero perso il loro pastore, perché non avevano capito il significato della Croce.

Poi Gesù Cristo stesso, il Risorto, e poi il dono dello Spirito santo gli hanno fatto capire: San Pietro nella sua predicazione nel primo giorno di Pentecoste disse parlando di Gesù Cristo morto in croce:  “Patì per i nostri peccati”. Cioè la Croce è il momento scelto per distruggere i peccati.
Come è avvenuta questa distruzione dei peccati? Perché proprio in croce Cristo ha distrutto i peccati di tutto il mondo, di tutti i tempi? Per cui spirando al termine della sua passione, dice “Tutto è compiuto” e invoca il perdono del padre, dicendo “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno. Perché questo perdono che Gesù ci ha ottenuto? Coma ha fatto a ottenerlo? Lo ha ottenuto perché Gesù ha espiato i peccati del mondo nel suo cuore.

Pensiamo a cos’è il peccato: è orgoglio, disobbedienza, superbia, disamore, opposizione a Dio, odio per Dio e per il prossimo, c’è tutta la gamma delle passioni e del male, del peccato. Gesù Cristo nella sua Passione, nel suo cuore ha espresso una tale obbedienza, una tale sottomissione al padre, un tale amore, una tale generosità, una tale pazienza, un tale coraggio, una tale dedizione, una tale pietà, una tale compassione, una tale misericordia, che questo amore che ardeva nel suo cuore ha bruciato tutto il disamore e disobbedienza che c’è in tutti i peccati di tutti gli uomini. Questo cuore di Cristo crocefisso è la fonte di grazia da cui nasce il perdono, da cui nasce la remissione dei peccati, che poi si concretizza per quanto riguarda noi cristiani nei sacramenti del battesimo e della penitenza dove i peccati vengono rimessi perché un altro al nostro posto per nostro amore ha espiato.

Chi andasse in un tribunale e confessare un delitto: sarebbe condannato anche fino a trent’anni di reclusione per aver commesso il delitto e deve espiare quella pena. Se uno va in un confessionale, confessa un delitto, si pente sinceramente e di tutto cuore chiede perdono a Dio, gli viene data l’assoluzione; sì, farà una penitenza ma avrà l’assoluzione. Perché l’assoluzione? Perché Gesù Cristo ha espiato per te, al tuo posto, per tuo amore. Quindi dobbiamo sempre guardare la Croce con questo sguardo di fede, e cioè come l’agnello che si è addossato tutti i peccati del mondo con la sua mitezza, umiltà, obbedienza: li ha distrutti, bruciati. Per cui la Croce è la fonte inesauribile di ogni grazia innanzitutto per il perdono dei peccati, la grazia per la vita eterna, la grazia della figliolanza, quella grazia che poi si effonde in tutti i sacramenti. E questo è l’aspetto teologico della Croce che ovviamente va vista sempre alla luce della Resurrezione, perché il mistero pasquale è il passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia, quindi la croce va sempre vista nella gloria della Resurrezione, che è anche la nostra meta finale.

Questo è lo sguardo di fede per quanto riguarda il nostro modo di guardare la Croce, per cui dobbiamo chiedere al Signore anche la grazia dello Spirito Santo per avere questo sguardo di fede e accostarci anche al sacramento della confessione pasquale e della comunione vivendo in noi il mistero pasquale, il mistero di morte e di vita che ha vissuto Gesù Cristo.

C’è anche uno sguardo umano, molto denso di significato per quanto riguarda il Crocefisso, uno sguardo non dico laico ma di umana compassione: lo sguardo della ragione, del cuore anche se non illuminati dalla fede. Per cui possiamo dire che la croce è un grandissimo simbolo di civiltà, anzi è un simbolo di civiltà senza il quale l’uomo non avrebbe futuro.

Per quale motivo? Perché sulla Croce c’è l’uomo innocente, sofferente, quindi che sperimenta la condizione umana di sofferenza. L’uomo nasce crocifisso, vive crocifisso e muore. E questo uomo sofferente che soffre perché colpito dalla cattiveria, dalla malvagità dei suoi simili ma che tuttavia invece di opporre al male il male, alla violenza la violenza, invece dell’occhio per occhio dente per dente, ha spezzato la spirale della violenza, ha spezzato la logica della violenza che non solo distrugge le vite personali, i rapporti familiari, i rapporti sociali, ma che rischiano di portare il mondo alla distruzione. E invece di vendicarsi perdona.

Questo del perdono è storicamente il cuore del cristianesimo. Noi credenti lo vediamo come il perdono di Dio per i peccati degli uomini a cui vengono rimessi, per amore misericordioso; ma anche l’occhio non illuminato dalla fede vede il grandissimo valore personale e sociale e anche storico, di un passaggio fondamentale della storia: non si risponde al male con il male, non si risponde alla spada con la spada, bisogna saper perdonare i nemici. Non è solo un dettato di fede, un comandamento di fede, è un imperativo morale senza il quale il mondo non avrebbe più futuro. Perché oggi o è così – si risponde al male con il bene -,  o si risponde con l’amore oppure il mondo rischia l’autodistruzione. Vorrei sottolineare questo aspetto dell’altissimo valore che la Croce ha  sotto il profilo della storia della civiltà, come sottolinea Renè Girard: sotto un profilo puramente laico la Croce ha un valore altissimo perché Gesù Cristo è divenuto quel capro espiatorio di cui tutti gli uomini hanno bisogno nella loro vita, la storia umana ha sempre capri espiatori da distruggere. Cristo è capro espiatorio che ha preso il posto di tutti i capri espiatori. per cui gli uomini d’ora in poi dovranno imparare a perdonarsi.

La croce quindi come svolta della civiltà umana per ottenere una civiltà pacifica, fraterna, e sotto un altro ruolo la Croce come riconciliazione degli uomini con Dio, il riscatto della vita umana sottoposta al male e alla morte, la prospettiva della vita eterna e della resurrezione.

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Via Crucis di Don Giustino Maria Russolillo

Posté par atempodiblog le 11 avril 2014


VIA CRUCIS

di don Giustino Maria Russolillo – Devozionale

Via Crucis di Don Giustino Maria Russolillo dans Don Giustino Maria Russolillo Stazioni-Via-Crucis

I Stazione
Gesù è condannato a morte

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Che mistero d’iniquità si compie dagli uomini, che mistero di amore ci riveli in te!
O mio Signore! Devo consentire alla tua morte? Ma non posso consentire alla tua condanna! Condanno a morte ogni peccato anche veniale. Voglio distruggerlo in me stesso e nel mondo! Mi abbandono con te alla passione e morte. Fammi una vivente e operante compassione con te, per te stesso! Amen.

Da ripetere alla fine di ogni stazione:
Padre nostro,
Ave Maria,
Gloria al Padre.
Santa Madre, deh, voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.

Stazioni-Via-Crucis dans Preghiere

II Stazione
Gesù è caricato della Croce

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

O mio Signore! che io sia tutto una vivente e operante compassione per te!
Ma sono io forse la tua croce, o Gesù? Certo lo sono stato! Non lo sono forse ancora? Ma non voglio esser guardato, accolto e abbracciato come la tua croce! Che io non sia mai croce per nessuno, ma invece porti la croce anche degli altri. Senza nulla perdere di pace e dolcezza, per la forza del tuo amore! Voglio essere da te guardato, accolto, abbracciato con amore ben diverso dell’amore alla croce! Che ogni anima ti sia di gioia e gloria per ragioni superiori a quelle del ritorno del figliuol prodigo.

Stazioni-Via-Crucis dans Quaresima

III Stazione
Gesù cade sotto la croce la prima volta

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

O mio Signore, fammi tutto una vivente e operante compassione per te nel mio prossimo! …in questo spasimo della caduta del corpo flagellato, coronato di spine, caricato della croce, in questa umiliazione della tua perdita di forze fisiche e di equilibrio esterno sofferta per me. Che tutte le mie debolezze fisiche sino a sfinimento, restino a maggior forza dell’anima! Ma che mai i demoni abbiano a sghignazzare per vedermi sopraffatto dalle miserie morali. Infondimi tenerezza di amore per compatire e rialzare tutti quelli che cadono. Cadano da ogni parte, senza più rialzarsi, tutti i nemici dell’anima, a cui ho dato baldanza coi miei difetti!

Stazioni-Via-Crucis

IV Stazione
L’incontro con la Madre

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

O mio Signore, fammi tutto una vivente e operante compassione per la SS. Vergine tua madre! O SS. Vergine Maria madre di Dio, fammi tutto una vivente e operante compassione per Gesù Figlio di Dio e tuo. Il suo Spirito ha tolto l’impedimento che non ti lasciava venire al Calvario. Il suo Cuore penante all’estremo ti ha chiamata da lontano «o Madre mia!». D’allora ognuno che soffre ti chiama vicino «Madonna mia, Mamma mia!». E tu gli vieni sempre vicino, perché gli sei veramente madre! E presso ogni cuore spezzato è Gesù, e soffre ogni nostro dolore!

Stazioni-Via-Crucis

V Stazione
Gesù aiutato dal Cireneo a portare la Croce

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

O mio Signore, fammi tutto una vivente e operante compassione per te in ogni sofferente! Tu non a caso t’incontri in ognuno che soffre e stenta a portare la sua croce. Ogni suo dolore è soltanto effetto di colpe sue personali o solidali con gli altri! Con la colpa, egli si è gettato a perdizione fuori del tuo Cuore, squarciandolo di offesa! Col dolore, si sforza di cancellare la colpa e ritornare a te! Ma non basta mai. Tu fai tutto tuo il suo stesso dolore, non meno che egli fece tutta a te l’offesa infinita delle colpe. E prendi su te tutta la croce, a lui offrendo perdono delle colpe e indulgenza della pena. O benedetto in eterno!

Stazioni-Via-Crucis

VI Stazione
Gesù asciugato dalla Veronica

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

O Figlio e mio Dio! Vorrei toglierti piano piano la corona di spine dal capo! O Figlio e Dio mio, vorrei farti sedere sulle ginocchia, e riposare e confortare!
O Figlio, vorrei soavemente ripulire il tuo volto dagli sputi e dal sangue! O Figlio, vorrei con lo stesso Cuore della Vergine Madre ripagarti del dolore! O Figlio, vorrei che lo Spirito Santo mi stampasse il tuo volto in tutto l’essere!
O Gesù, vorrei rendere il tuo volto a ognuno,perché ti seguisse in amore! O Gesù, vorrei che tu vedessi in me il volto del Padre, con l’espressione dello Spirito Santo.

Stazioni-Via-Crucis

VII Stazione
Gesù cade sotto la croce la seconda volta

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

O mio Signore, per tutti i tuoi fini sublimi tu abbandoni la tua umanità dolorante all’urto violento delle potestà infernali! Ti adoro, o sapienza e amore, o giustizia e misericordia, che trionfi nella passione di Gesù. Tu, in questa stessa caduta, dai la forza alle anime di superare gli scoraggiamenti e le delusioni. Concedimi di non abbattermi mai lungo il cammino della perfezione. Tu infondi nelle anime la luce per sventare ogni insidia, e la forza per superare ogni assalto diabolico. Concedimi di mai subire, per effetto di mie colpe, qualsiasi influsso del maligno. Nel Santo Spirito, a gloria e consolazione tua, voglio aiutare il prossimo a liberarsi da ogni potestà delle tenebre.

Stazioni-Via-Crucis

VIII stazione
Incontro con le pie donne

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

O mio Signore Gesù Cristo! Che anch’io m’incontri con te, col tuo sguardo, col tuo Cuore, a ogni spettacolo di male! Attraverso il tuo sguardo, mi si comunichi il tuo amore e prima come odio e dolore, lotta e vittoria contro ogni peccato. M’incontri con te a ogni spettacolo di sofferenza, e compatisca al mio prossimo come a te in persona. Che anch’io m’incontri col tuo sguardo e col tuo Cuore in ogni mia sofferenza, e ne resti consolato. Che anch’io m’incontri col tuo sguardo e col tuo Cuore nella perfetta compassione per le tue pene, e ne resti più unito a te! Che anch’io m’incontri col tuo sguardo nell’ora della morte, e attraverso il tuo sguardo venga al Paradiso. O Signore Gesù, sia ogni anima così unita a te, che ognuno senta il tuo Cuore nello sguardo di ogni fratello.

Stazioni-Via-Crucis

IX Stazione
Gesù cade sotto la Croce la terza volta

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

O Gesù, tu vuoi abbandonare la tua umanità a tutto l’effetto di dolori fisici, ed essa si abbatte ancora una volta mortalmente. Come l’abbandonasti a tutti gli effetti della tristezza e timore nell’orto, ed essa sudò sangue in agonia mortale. Ma io penso che tu soccombi al presentimento del sacrificio supremo, quale fu l’abbandono misterioso del Padre!
O mio Signore! glorifico il tuo amore di anima umana, di cuore di carne per il Padre Iddio! Questo tuo amore infonde sempre nuove forze a tutta l’umanità tua dolorante, agonizzante. Esso ti rialza, animoso, e ti offre alla crocifissione ed a sofferenze maggiori, prima che alla morte. Dammi questo tuo amore che trionfi, in me e in ogni anima, di tutte le prove, e così mi congiunga a te, per sempre.

Stazioni-Via-Crucis

X Stazione
Gesù spogliato delle sue vesti

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Ti cadono, strappate con violenza, le vesti, e tutte le orribili piaghe si riaprono sul tuo corpo. Tu appari ora in un vestito di sangue, tutto rigato di lividure, tutto increspato di brandelli sanguinolenti. Nessuno ti ha tolto una spina dal capo, nessuno ti ha lavato una piaga, nessuno spasimo ti è stato addolcito!
Non posso fissare il tuo corpo vestito di sangue, senza timore d’impazzire. Così tu mi acquisti la veste della luce, della grazia e della gloria, con cui vuoi vedermi appresso a te, sempre! Che mai i nemici abbiano da me il potere di strapparmi gli abiti delle virtù, di cui tu mi orni. Che sempre l’anima lavori ad acquistare le abitudini virtuose dei tuoi eletti e il corredo nuziale divino!

Stazioni-Via-Crucis

XI Stazione
Gesù inchiodato in Croce

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Eccoti, nel tuo ammanto di sangue, entrare nella sala del convito nuziale della morte! Ti offrono il calice inebriante di fiele, aceto e mirra, e tu lo gusti! Ma non sino ad attutire il senso del dolore! E poi spontaneamente ti distendi sul letto della croce, e offri le mani e i piedi al bacio della morte.
Chi può assistere a questa carneficina? Anche se si trattasse di un povero agnello vivo! Quei colpi martellano nel cuore e nell’anima! Non posso udirli senza timore d’impazzire. A ogni colpo tutto il corpo freme! E l’anima geme la sua preghiera! Padre perdona loro! O mani belle! Mani di preghiera, nel vostro ultimo tremore, voi benedite il cuore dei carnefici!

Stazioni-Via-Crucis

XII Stazione
Gesù muore in Croce

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Mi abbraccio al piede della tua Croce, o mio Signore! Ricordati di me, o Signore, ora che siedi sul trono della croce! Ricordati di me, o Signore, in tutte le tue parole, e volgi anche a me il tuo pensiero, il tuo sguardo. Dì per me al Padre: «Perdonagli, Padre, perché non sapeva a fondo quello che faceva!
«Di’ per me all’Addolorata: «Ecco ora il tuo figlio!» Dì a me pure: «Ecco la vera Madre tua».
O Dio Spirito Santo! Concedimi di dissetare Gesù, di riparare per ogni nostro male, contraccambiare ogni suo bene! Di’ anche a me, o Gesù, ora e nella morte: «Oggi sarai con me nel Paradiso». Dillo a ogni moribondo. Di’ anche di questo mio spirito, ch’è tutto tuo, o Gesù: «Padre, nelle tue mani, consegno questo spirito mio».

Stazioni-Via-Crucis

XIII Stazione
Gesù deposto dalla Croce

v) Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo.
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Ti adoro, o Figlio di Dio, in ogni goccia di sangue sparsa per l’orto degli ulivi e per il Pretorio.
Ti adoro, o Figlio di Dio, in ogni goccia di sangue rappreso sugli strumenti della passione e sugli abiti dei carnefici! Non meno di quanto ti adoro,  o Figlio di Dio, o Divinità, sempre presente nello stesso corpo deposto dalla croce. Non meno di quanto ti adoro, o Divinità presente nell’anima di Gesù, separata dal suo corpo, e avviata al Limbo!
Ti adoro in grembo alla Madre! Ma vorrei adorarti col suo pianto, col suo cuore ferito. Adorarti con la sua appassionatissima unione alla divina volontà, con la sua compassione unitissima con la tua. Vorrei essere trovato degno che ti depongano nelle mie braccia, nella tua passione continuata nei secoli.

Stazioni-Via-Crucis

XIV Stazione
Gesù posto nel Santo Sepolcro

v) Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo
r) Perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Chiedo anch’io il tuo Corpo, o Signore, per accoglierlo, se ti degni essere ricevuto nel mio sepolcro vuoto, ma non nuovo! Mio Dio, è un sepolcro il mio cuore! Imbiancato da fuori, pieno di brutte cose al di dentro! Ma tu col ministero dei tuoi angeli, l’hai purificato; e col tuo Spirito l’hai consacrato!
Vieni e restami nel cuore! A celebrarvi la tua risurrezione e ascensione al cielo. Senza lasciarlo mai, ma facendone il tuo posto come un ciborio eucaristico, tutta la vita presente.
Come un tuo trono nella vita del cielo, e anche dal mio cuore continui a essere il Salvatore delle anime. Anche col mio cuore sii il glorificatore del Padre. E molto più, o Signore, ricevimi nel tuo, dammi il tuo! O SS. Vergine Maria madre di Dio!
Fammi vivere tutto unito e trasformato come te in Gesù crocifisso e sacramentato. S. Giovanni Evangelista e pie donne assistenti alla croce, o santi stimmatizzati e più appassionati di Gesù Crocifisso, pregate per me!

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Quaresima: digiuno, confessione, elemosina

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

La Confessione non può essere ridotta a confessare i peccati e all’assoluzione, ma è quel lavorio all’interno del cuore per cui ogni confessione è efficace nella misura in cui c’è il dolore dei peccati, la consapevolezza di aver offeso Dio, il dispiacere di aver offeso Dio, il proposito di non commetterne più, a queste condizioni c’è il perdono dei peccati che è una grazia talmente grande per cui il Papa sabato prossimo ha promosso una giornata di ringraziamento per il dono del perdono dei peccati, per il dono del sacramento della Confessione. Un invito da parte del Papa a ringraziare e confessarci, un invito della Chiesa e della Madonna insieme, “andate a confessarvi”, prepariamo una bella confessione pasquale e noi sacerdoti organizziamo nelle chiese quegli incontri penitenziali.

di Padre Livio Fanzaga
Tratto da: Medjugorje Liguria

Quaresima: digiuno, confessione, elemosina dans Fede, morale e teologia e0sys9

Il tempo di quaresima è segnato da alcuni gesti forti, importanti. In particolare la tradizione cristiana ha sempre insistito sulla necessità di praticare in special modo, in questo tempo liturgico, il digiuno, la confessione e l’elemosina.

Dai microfoni di radio Maria padre Livio invita spesso gli ascoltatori al digiuno in senso lato: non solo rinuncia al cibo, magari per dare ciò che ci si è tolti, ad altri, ma anche “digiuno degli occhi”, “digiuno delle orecchie”, “digiuno della lingua”. Se in passato rinunciare al cibo poteva essere un gesto forte, per esercitare la proprio temperanza, l’autocontrollo, il dominio dello spirito sul corpo, oggi è più urgente disfarsi delle mille sollecitazioni sensoriali, visive, tattili che il mondo ci presenta per distrarci, per intrattenerci, per anestetizzare la nostra sana inquietudine di uomini.

Televisione, radio, internet… sono un pullulare di sollecitazioni che, sommate l’una all’altra, rischiano di seppellire i veri desideri della mente e del cuore. L’indifferentismo rispetto alla fede, alla vita, al prossimo, è agevolato da questa possibilità che abbiamo di entrare in contatto continuo con un mondo lontano, virtuale, finto, per staccare la spina rispetto alla realtà vicina, al prossimo, a Dio. Per questo giustamente padre Livio ci invita a “liberarci” dalle svariate distrazioni, per concentrare il nostro sguardo, il nostro ascolto, i nostri silenzi, da cui siamo spesso così spaventati, verso le cose che contano. Perché la voce di Dio non può parlare all’uomo indaffarato soverchiamente nel chiassoso nulla.

Oltre al digiuno, la confessione. Il cardinal Raymond Burke, nei suoi “Esercizi spirituali ai sacerdoti” (Fede & Cultura), insiste molto su questo sacramento dimenticato, cui anche il pontefice fa spesso riferimento. Confessarsi significa riconoscersi peccatori, non in senso generico, ma verso Qualcuno. Significa sentirsi bisognosi di perdono, di grazia, di misericordia: senza questa disposizione del cuore, superficialità di vita e superbia mettono radici nel cuore dell’uomo, trasformandolo in una creatura orgogliosa e tronfia del suo nulla.

Ma è ai sacerdoti che il cardinal Burke si rivolge, definendoli, prima ancora che “guide morali”, “araldi e strumenti della misericordia di Dio”, e dicendo loro che “soltanto quando i fedeli avranno raggiunto una più profonda conoscenza della Divina Misericordia, ascolteranno la chiamata alla conversione e alla donazione della loro vita a Dio, cosicché Egli potrà perdonare i loro peccati e rafforzarli nel proposito d’emendamento. E’ soltanto nella luce della bontà divina che riusciamo a capire che cos’è il peccato!”.

E qui il cardinale consiglia ai sacerdoti di confessare spesso, di ritirarsi volentieri in questo piccolo ospedale dell’anima in cui si operano guarigioni e riconciliazione che è il confessionale, e di confessarsi spesso. Essendoci, a mio parere, un grave rischio: se il sacerdote sale solo sul pulpito, e non sta mai in confessionale, ad ascoltare le colpe altrui, a denunciare le proprie, le sue omelie saranno improntate o ad un freddo e duro moralismo, o allo sciocco utopismo del tempo e delle mode. Perché è nel confessionale che il sacerdote diventa conoscitore dell’animo umano, della sua fragilità, della sua debolezza, ed anche dei suoi slanci vitali, delle sue aspirazioni. Ed è questo il campo di battaglia in cui si impara a tenere al centro la Verità, accompagnata però dalla Misericordia, senza trasformare la Verità in ideologia né la Misericordia in buonismo.

L’ultimo elemento classico della quaresima cristiana è l’elemosina, che, secondo i Padri della Chiesa, “copre la moltitudine dei peccati”. Il dovere dell’elemosina si ricollega fortemente alla carnalità di Cristo, ed è per questo che viene spesso frainteso: quando diventa, per chi fa del cristianesimo una filosofia morale, solo esigenza di giustizia sociale; oppure quando il riferimento ai poveri, ai bisognosi, al dovere cristiano di soccorrere e di sovvenire, appare alle orecchie degli spiritualisti come qualcosa di troppo umano, di poco elevato, di confondibile con dottrine materialiste moderne.

Date dunque ai poveri: lo prego, lo esorto, lo comando, lo ingiungo”, scriveva sant’Agostino, mentre il Crisostomo insegnava che la ricchezza non è male, ma “il peccato sta nell’usare male di essa, non ripartendola tra i poveri”. Dio, proseguiva, “non ha fatto nulla di malvagio. Tutto è buono, o addirittura molto buono. Anche le ricchezze lo sono, a condizione che non dominino chi le possiede, e che servano a porre rimedio alla povertà”. Povertà nostra e altrui che rimarrà sempre con noi, sino alla fine dei tempi, in varie forme e modi, come segno del nostro limite e come appello al nostro cuore.

Francesco Agnoli - Il Foglio
Tratto da: Una casa sulla Roccia

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La Quaresima ci aiuta a lottare contro i nostri difetti

Posté par atempodiblog le 28 mars 2014

“Tutti abbiamo bisogno di migliorare, di cambiare in meglio. La Quaresima ci aiuta a lottare contro i nostri difetti”.
Papa Francesco

La Quaresima ci aiuta a lottare contro i nostri difetti dans Citazioni, frasi e pensieri San-Giustino-M-della-Sanitissima-Trinit-Russolillo-Apostolo-delle-Vocazioni

“Che io comprenda tutto quello che nell’anima mia resta ancora di male da mortificare nelle mie quaresime, da immolare nelle mie settimane di passione, per dispormi alle settimane maggiori!

Settimane maggiori per maggiori grazie di unione con Gesù Cristo nel suo divino sacrificio e nel suo divino sacramento, nel mistero della morte e della vita, sepoltura e risurrezione dell’uomo in Cristo.

Che siano così profondi i miei cambiamenti in meglio e così alti i miei progressi nel bene, da essere vere resurrezioni… Oh, come vorrei svolgere, con magnificenza, questo programma nel mio anno liturgico…”.

Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo – Ascensione

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Quaresima, tempo di prova

Posté par atempodiblog le 28 mars 2014

“Si custodisce e si preserva l’originalità della Penitenza cristiana solo in comunione viva con Cristo”.
Nota pastorale della CEI n.230

 Quaresima, tempo di prova dans Citazioni, frasi e pensieri Don-Giustino-M-della-SS-Trinit-Russolillo-Apostolo-delle-Vocazioni

“Tempo di tentazione! Chi entra nel deserto con Gesù, non si meravigli che ci trovi la tentazione, poiché anche Gesù ce la volle trovare, e a posta ci volle andare. Ogni tempo della vita presente è tempo di tentazione, perché tempo di prova. Forse la Quaresima lo è maggiormente. Dunque, vigilate et orate. Preghiamo affinché fatti degni di somigliare a Gesù nell’esser tentati, gli rassomigliassimo anche nel combattere a modo e nel vincere trionfalmente.

Così sia”.

Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

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Il Papa: incontrare Gesù ci cambia la vita, la misericordia è più grande dei pregiudizi

Posté par atempodiblog le 23 mars 2014

“Felici coloro che bevevano lo sguardo dei tuoi occhi”.
Charles Péguy

Il Papa: incontrare Gesù ci cambia la vita, la misericordia è più grande dei pregiudizi dans Commenti al Vangelo 35jc6th

Il Papa: incontrare Gesù ci cambia la vita, la misericordia è più grande dei pregiudizi
“Il Signore è più grande dei pregiudizi”. E’ quanto affermato da Papa Francesco all’Angelus in Piazza San Pietro, dedicato all’incontro tra Gesù e la donna samaritana, raccontato dal Vangelo domenicale. Il Papa ha sottolineato che tutti siamo alla ricerca dell’acqua viva della Misericordia ed ha soggiunto che la Quaresima è il tempo opportuno per “guardarci dentro”. Il Pontefice ha infine dato appuntamento, venerdì prossimo, alla Giornata penitenziale “24 ore per il Signore”. Sarà, ha detto, “una festa del perdono”.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Un gesto che supera “le barriere di ostilità”, un dialogo che “rompe gli schemi di pregiudizio nei confronti delle donne”. Papa Francesco sintetizza così l’incontro tra Gesù e la donna Samaritana al pozzo, narrato dal Vangelo. E mette l’accento su quel “dammi da bere” pronunciato dal Signore:

“La semplice richiesta di Gesù è l’inizio di un dialogo schietto, mediante il quale Lui, con grande delicatezza, entra nel mondo interiore di una persona alla quale, secondo gli schemi sociali, non avrebbe dovuto nemmeno rivolgere la parola. Ma Gesù lo fa! Gesù non ha paura. Gesù quando vede una persona va avanti, perché ama. Ci ama tutti. Non si ferma mai davanti ad una persona per pregiudizi!

Gesù, soggiunge il Papa, pone la Samaritana “davanti alla sua situazione, non giudicandola ma facendola sentire considerata, riconosciuta, e suscitando così in lei il desiderio di andare oltre la routine quotidiana”. Quella di Gesù del resto, prosegue il Papa, “era sete non tanto di acqua, ma di incontrare un’anima inaridita”. Gesù, infatti, “aveva bisogno di incontrare la Samaritana per aprirle il cuore: le chiede da bere per mettere in evidenza la sete che c’era in lei stessa”:

“La donna rimane toccata da questo incontro: rivolge a Gesù quelle domande profonde che tutti abbiamo dentro, ma che spesso ignoriamo. Anche noi abbiamo tante domande da porre, ma non troviamo il coraggio di rivolgerle a Gesù! La Quaresima, cari fratelli e sorelle, è il tempo opportuno per guardarci dentro, per far emergere i nostri bisogni spirituali più veri, e chiedere l’aiuto del Signore nella preghiera”.

E anche oggi, esorta il Pontefice, dobbiamo seguire l’esempio della Samaritana e chiedere l’acqua che ci disseterà in eterno. Il Vangelo, rileva poi Francesco, “dice che i discepoli rimasero meravigliati che il loro Maestro parlasse con quella donna”.

“Ma il Signore è più grande dei pregiudizi, per questo non ebbe timore di fermarsi con la Samaritana: la misericordia è più grande del pregiudizio. Questo dobbiamo impararlo bene! La misericordia è più grande del pregiudizio e Gesù è tanto misericordioso, tanto!”.

Ecco allora che la Samaritana “corse in città a raccontare la sua esperienza straordinaria. Era andata a prendere l’acqua del pozzo, e ha trovato un’altra acqua, l’acqua viva della misericordia che zampilla per la vita eterna”. “Ha trovato l’acqua – ribadisce il Papa – che cercava da sempre” e annuncia a quel villaggio che « la condannava e rifiutava » di aver incontrato il Messia:

“Uno che le ha cambiato la vita, perché ogni incontro con Gesù ci cambia la vita. Sempre. E’ un passo più avanti, un passo più vicino a Dio. E così ogni incontro con Gesù ci cambia la vita. Sempre! Sempre è così”.

In questo Vangelo, prosegue, troviamo anche noi lo stimolo a “lasciare la nostra anfora”, simbolo di tutto ciò che “apparentemente è importante, ma che perde valore di fronte all’amore di Dio”:

“Tutti ne abbiamo una o più di una! Io domando a voi, anche a me: ‘Qual è la tua anfora interiore, quella che ti pesa, quella che ti allontana da Dio?’ Lasciamola un po’ da parte e col cuore sentiamo la voce di Gesù che ci offre un’altra acqua, un’altra acqua che ci avvicina al Signore”.

Anche noi, è l’invito del Papa, siamo dunque “chiamati a riscoprire l’importanza e il senso della nostra vita cristiana, iniziata nel Battesimo e, come la Samaritana, a testimoniare” la gioia dell’incontro con il Signore:

“Testimoniare la gioia dell’incontro con Gesù, perché ho detto che ogni incontro con Gesù ci cambia la vita ed anche ogni incontro con Gesù ci riempie di gioia, quella gioia che viene da dentro. E così è il Signore. E raccontare quante cose meravigliose sa fare il Signore nel nostro cuore, quando noi abbiamo il coraggio di lasciare da parte la nostra anfora”.

Al momento dei saluti ai pellegrini, almeno 40 mila, il Papa ha ricordato la ricorrenza della Giornata Mondiale della Tubercolosi, invitando a pregare “per tutte le persone colpite da questa malattia, e per quanti in diversi modi le sostengono”. Quindi, ha sottolineato che venerdì e sabato prossimi si vivrà “uno speciale momento penitenziale”, chiamato “24 ore per il Signore” che inizierà con la Celebrazione nella Basilica di San Pietro:

“Sarà – possiamo chiamarla così – la festa del perdono, che avrà luogo anche in molte diocesi e parrocchie del mondo. Il perdono che ci dà il Signore si deve festeggiare, come ha fatto il padre della parabola del figliol prodigo, che quando il figlio è tornato a casa ha fatto festa, dimenticandosi di tutti i suoi peccati. Sarà la festa del perdono”.

Dal Papa, infine, anche un saluto ai partecipanti e agli organizzatori della Maratona di Roma. “Un bell’evento sportivo – ha detto – della nostra città”.

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Il Papa: la Quaresima è per cambiare la vita, no agli ipocriti “truccati” da santi

Posté par atempodiblog le 18 mars 2014

Il Papa: la Quaresima è per cambiare la vita, no agli ipocriti “truccati” da santi
La Quaresima è un tempo per “aggiustare la vita”, “per avvicinarsi al Signore”. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Il Papa ha messo in guardia dal sentirsi “migliori degli altri”. Gli ipocriti, ha avvertito, “si truccano da buoni” e non comprendono che “nessuno è giusto da se stesso”, tutti “abbiamo bisogno di essere giustificati”.

di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Il Papa: la Quaresima è per cambiare la vita, no agli ipocriti “truccati” da santi dans Fede, morale e teologia 14iq3iw

Conversione. Papa Francesco ha iniziato la sua omelia sottolineando che questa è la parola chiave della Quaresima, tempo propizio “per avvicinarci” a Gesù. E commentando la prima Lettura, tratta dal Libro di Isaia, ha osservato che il Signore chiama alla conversione due “città peccatrici” come Sodoma e Gomorra. Questo, ha affermato, evidenzia che tutti “abbiamo bisogno di cambiare la vita”, di guardare “bene nella nostra anima” dove sempre troveremo qualcosa. La Quaresima dunque, ha soggiunto, è proprio questo “aggiustare la vita”, avvicinandosi al Signore. Lui, ha detto, “ci vuole vicini” e ci assicura che “ci aspetta per perdonarci”. Tuttavia, ha ammonito, il Signore vuole “un avvicinamento sincero” e ci mette in guardia dall’essere ipocriti:

“Cosa fanno gli ipocriti? Si truccano, si truccano da buoni: fanno faccia di immaginetta, pregano guardando al cielo, facendosi vedere, si sentono più giusti degli altri, disprezzano gli altri. ‘Mah – dicono – io sono molto cattolico, perché mio zio è stato un grande benefattore, la mia famiglia è questa e io sono… ho imparato… conosciuto il vescovo tale, il cardinale tale, il padre tale… Io sono…’. Si sentono migliori degli altri. Questa è l’ipocrisia. Il Signore dice: ‘No, quello no’. Nessuno è giusto da se stesso. Tutti abbiamo bisogno di essere giustificati. E l’unico che ci giustifica è Gesù Cristo”.

Per questo, ha soggiunto, dobbiamo avvicinarci al Signore: “Per non essere cristiani truccati, che quando passa questa apparenza, si vede la realtà che non sono cristiani”. Qual è, allora, “la pietra di paragone per cui noi non siamo ipocriti e ci avviciniamo al Signore?” La risposta, ha sottolineato il Papa, ce la dà il Signore stesso nella prima Lettura quando dice: “Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni, cessate di fare il male, imparate a fare il bene”. Questo è l’invito. Ma, si chiede Francesco, “qual è il segno che andiamo su una buona strada?”:

“‘Soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova’. Avere cura del prossimo: del malato, del povero, di quello che ha bisogno, dell’ignorante. Questa è la pietra di paragone. Gli ipocriti non sanno fare questo, non possono, perché sono tanto pieni di se stessi che sono ciechi per guardare gli altri. Quando uno cammina un po’ e si avvicina al Signore, la luce del Signore gli fa vedere queste cose e va ad aiutare i fratelli. Questo è il segno, questo è il segno della conversione”.

Certo, ha osservato, “non è tutta la conversione”, quella infatti “è l’incontro con Gesù Cristo”, ma “il segno che noi siamo con Gesù Cristo è questo: curare i fratelli, quelli più poveri, quelli ammalati, come il Signore ci insegna” e come leggiamo nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo:

“La Quaresima è per aggiustare la vita, sistemare la vita, cambiare la vita, per avvicinarsi al Signore. Il segno che noi siamo lontani dal Signore è l’ipocrisia. L’ipocrita non ha bisogno del Signore, si salva da se stesso, così pensa, e si traveste da santo. Il segno che noi ci siamo avvicinati al Signore con la penitenza, chiedendo perdono, è che noi abbiamo cura dei fratelli bisognosi. Il Signore ci dia a tutti luce e coraggio: luce per conoscere cosa succede dentro di noi e coraggio per convertirci, per avvicinarci al Signore. E’ bello essere vicino al Signore”.

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