Venerdì il Papa dà il via a “24 ore per il Signore”

Posté par atempodiblog le 7 mars 2018

Venerdì il Papa dà il via a “24 ore per il Signore”
Il prossimo venerdì, 9 marzo, alle ore 17:00, nella Basilica di San Pietro, Papa Francesco presiederà la Celebrazione Penitenziale di apertura delle  “24 ore per il Signore”, promossa dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione
Debora Donnini – Vatican News

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Sarà la Celebrazione penitenziale presieduta da Papa Francesco, venerdì prossimo nella Basilica di San Pietro, a dare il via all’iniziativa “24 ore per il Signore”, nata a Roma 5 anni fa, che si è rapidamente diffusa nei cinque Continenti. Anche quest’anno, dunque, in ogni Diocesi almeno una chiesa rimarrà aperta per 24 ore consecutive in modo da offrire a tutti la possibilità della preghiera di adorazione e di confessarsi. Filo conduttore saranno le parole del Salmo 103, “Presso di te è il perdono”.

Mons. Fisichella: occasione non usuale per incontrare la misericordia
Promossa dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, l’iniziativa costituisce un’occasione di incontro personale con la misericordia di Dio. “L’obiettivo – ha dichiarato infatti il presidente del Dicastero, l’arcivescovo mons. Rino Fisichella – è quello di offrire a tutti, soprattutto a quanti sentono ancora disagio all’idea di entrare in una chiesa, di cercare l’abbraccio misericordioso di Dio, un’occasione al di fuori degli usuali tempi e modi per fare ritorno al Padre”.

L’iniziativa coinvolge anche le carceri
Mons. Fisichella spiega, poi, di aver ricevuto proprio in questi giorni una lettera dell’Ispettore generale delle Carceri, che conteneva la proposta di vivere “24 ore per il Signore” anche nei penitenziari: “i cappellani sono allertati per vivere questa esperienza e questo momento di perdono: un momento, questo, che è stato pensato, voluto e atteso”.

Invito nel Messaggio per la Quaresima
Lo stesso Pontificio Consiglio ha curato un apposito Sussidio pastorale, in diverse lingue, per accompagnare questo momento di preghiera. Alcune edizioni del Sussidio sono disponibili sul sito www.pcpne.va. Proprio nel Messaggio per la Quaresima 2018, il Papa aveva invitato tutti i fedeli a vivere come “occasione propizia l’iniziativa che invita a celebrare il Sacramento della Riconciliazione in un contesto di Adorazione Eucaristica”.

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IL SEGNO. Benedizione delle famiglie gesto che crea comunità

Posté par atempodiblog le 26 février 2018

IL SEGNO. Benedizione delle famiglie gesto che crea comunità
Da sempre in Quaresima e durante il Tempo pasquale i parroci benedicono le famiglie Un modo per rinnovare la fede e consolidare la fraternità e la comunione sul territorio
di Giacomo Gambassi – Avvenire

IL SEGNO. Benedizione delle famiglie gesto che crea comunità dans Benedizione delle famiglie Benedizione_famiglie

Affonda le sue radici nell’eredità del Concilio di Trento la tradizione di benedire le famiglie nel tempo di Quaresima e di Pasqua che, a distanza di quasi cinquecento anni, marca ancora la vita di una parte consistenze delle parrocchie italiane in queste settimane. Quando era nata, la benedizione annuale dei nuclei familiari rappresentava un momento per consolidare la comunità e preservarla dalle correnti ereticali.

Oggi il Benedizionale la definisce un’«occasione preziosa» che i sacerdoti e i loro collaboratori devono avere «particolarmente a cuore» per «avvicinare e conoscere tutte le famiglie» di un territorio.

Certo, ha scritto il docente di liturgia e parroco nella diocesi di Alessandria, don Silvano Sirboni, «in un contesto multireligioso come il nostro, segnato da sistemi e ritmi di lavoro che costringono alla mobilità svuotando o quasi durante il giorno interi quartieri, questa attività pastorale trova non poche difficoltà, specie nei centri urbani». Eppure, resta come un punto fermo nelle agende parrocchiali: non solo in quelle dei piccoli paesi ma anche delle grandi città. Che comunque va liberata dal tratto – dominante soprattutto in passato – che riduceva il tutto a un gesto esteriore vicino all’ambito della superstizione. Ecco perché sempre il Benedizionale tiene a precisare che «non si deve fare la benedizione delle case senza la presenza di coloro che vi abitano».

Del resto il significato di questa consuetudine può essere compreso dalle parole con cui il sacerdote introduce il rito: «Con la visita del pastore – afferma appena varcato il portone d’ingresso –, è Gesù stesso che entra in questa casa e vi porta la sua gioia e la sua pace». Proprio l’annuncio della «pace» di Cristo è il cuore di questa iniziativa.

Non è un caso che la Chiesa inviti i parroci a considerare «uno dei compiti privilegiati della loro azione pastorale la cura di visitare le famiglie», fedeli al mandato del Signore che ai discepoli raccomandava: «In qualunque casa entriate, prima dite “pace” a questa casa». Ed ecco che il primo saluto del sacerdote è oggi: «Pace a questa casa e ai suoi abitanti».

I fondamenti si trovano nella Scrittura. Perché il Dio della liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù dell’Egitto e della Risurrezione del suo Figlio «passa» nel luogo principale della vita ordinaria, l’abitazione, per sostenere nel cammino quotidiano. Lo sottolineano anche le intenzioni di preghiera in cui si chiede al Signore di riempire la casa della sua «dolce presenza» con «la potenza dello Spirito».

Inoltre l’incontro del presbitero con le famiglie diventa opportunità per un «discreto annuncio del Vangelo». Così il rito unisce la preghiera all’ascolto della Parola che viene proposta attraverso brevi passi biblici. E la benedizione annuale è anche un richiamo a riconosce nel Signore «il principio e il fondamento sul quale si basa e si consolida l’unità della famiglia». Come icona viene indicata quella della Sacra Famiglia nel cui grembo Cristo, insieme con Maria e Giuseppe, «ha santificato la vita domestica».

Segno concreto è l’aspersione con l’acqua benedetta. Tanto che, in alcune aree della Penisola, la benedizione delle famiglie continua ad essere chiamata l’«acqua santa». Si tratta di un’occasione per fare memoria del Battesimo con il quale il Signore «aggrega la società domestica alla grande famiglia dello Spirito» e per «rinnovare» l’adesione a Cristo, dice il sacerdote mentre compie il rito.

Da ricordare che la benedizione annuale è un impulso a rinsaldare i legami con la parrocchia e a riflettere sul percorso comunitario. Ma vuol essere anche una possibilità per tastare il polso della vita spirituale fra le mura domestiche in modo da individuare le difficoltà e le sfide che una parrocchia è chiamata ad affrontare.

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Attenti al linguaggio della visibilità

Posté par atempodiblog le 9 avril 2017

Attenti al linguaggio della visibilità
di don Fabio Rosini

Attenti al linguaggio della visibilità dans Citazioni, frasi e pensieri don_fabio_rosini

In questa Domenica delle Palme dobbiamo stare molto attenti al linguaggio della visibilità. Non è una visibilità che si impone, qui non si vince niente, qui si annunzia allegramente, qui non si costringe qualcuno a venirci appresso, qui viene chi ci trova allegri.

Com’è possibile che abbiamo ridotto, tante volte, il Cristianesimo ad un rimprovero, ad una ritualità acida fatta di amarezze, fatta di negazioni, fatta di regole, fatta di imposizioni? Ma il Cristianesimo è qualcuno che salta di allegria perché dice “il Signore viene da me!”, “il Signore viene proprio da me?”, “sta dalle mie parti?”… e questo è forse quello che può attirare ad aprirsi all’opera di Dio.

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Omelia dell’Arcivescovo Henryk Hoser a Medjugorje

Posté par atempodiblog le 4 avril 2017

Omelia dell’Arcivescovo Henryk Hoser a Medjugorje, Inviato Speciale del Papa per Medjugorje, tenuta a Medjugorje il I aprile 2017
Fonte: Medjugorje.hr
Tratto da: Radio Maria

Omelia dell'Arcivescovo Henryk Hoser a Medjugorje dans Fede, morale e teologia Mons._Henryk_Hoser_a_Medjugorje

«Cari fratelli e sorelle,

questa volta parlerò in francese. Scusatemi, non ho ancora imparato la bella lingua croata.

Siamo riuniti attorno all’altare nella Quinta Domenica di Quaresima. Di fronte a noi ci sono ancora due settimane, che ci separano dalla Pasqua: fra una settimana sarà già la Domenica delle Palme e fra due settimane, dopo la Settimana Santa, celebreremo la più grande Festa cristiana, la Festa della Risurrezione. Le letture della Parola di Dio di oggi ci parlano quindi della Risurrezione e mostrano tre prospettive, tre sguardi circa la Risurrezione. Il primo sguardo, la prima prospettiva è storica: noi sappiamo che Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, è vissuto su questa terra in Palestina, in Terra Santa. Sappiamo che lui era già stato predetto, profetizzato dai Profeti, tra cui Ezechiele che leggiamo oggi. Egli cita le parole di Dio: “Io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire”. E ripete: “Io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire”. Si tratta di una profezia, egli vede già l’avvento del Messia. Sappiamo che Gesù è morto e che è risuscitato. Questo è il fondamento della nostra fede: senza questo evento della Risurrezione, la nostra fede sarebbe vuota.

Il secondo sguardo è quello liturgico, è il cammino della Quaresima. Abbiamo pregato per quaranta giorni, e stiamo ancora pregando; abbiamo digiunato, e digiuniamo ancora; siamo diventati più generosi per mezzo dell’elemosina, e lo faremo ancora. Voi qui conoscete bene questa spiritualità della Quaresima.

Questo cammino liturgico che ci prepara, ci mostra al contempo il terzo sguardo, la terza prospettiva, che è quella della nostra vita, della vita di ciascuno di noi. Noi viviamo per la risurrezione e camminiamo verso di essa: noi attraversiamo la morte per venire risuscitati. Il fine ultimo della nostra vita terrena è la risurrezione. E’ necessario risorgere già durante questo cammino, avanzando verso quella prospettiva finale: questa “risurrezione parziale” è la nostra conversione. Gesù ha detto e ripetuto che ci sarà una morte corporale, ma egli ha anche parlato della morte dell’anima, dal momento che essa costituisce per noi una minaccia di qualcosa di molto più grave, ossia dell’eventualità di perire eternamente. Ogni volta che ci convertiamo, noi ci rivolgiamo a Dio che è la sorgente della vita, della vita eterna, ed anche all’amore, poiché Dio è amore. E’ l’amore che ci fa vivere, è l’amore misericordioso che ci dona la pace interiore ed anche la gioia di vivere.

Ci sono, però, due condizioni, e la prima è la fede. Prima di operare miracoli, Gesù esigeva la fede: “Tu credi che io possa farlo?”. “Sì, Signore: io lo credo, lo credo fortemente!”. Questa fede apre il nostro cuore alla conversione, e questa apertura, grazie al Sacramento della misericordia, che è la Confessione sacramentale, fa sì che il nostro cuore si apra, si purifichi e si riempia di Spirito Santo con tutta la Trinità. E’ Cristo che ce lo conferma, dicendo nell’Apocalisse che egli si pone alla porta del nostro cuore e bussa. Se la Santa Trinità abita in noi, noi diveniamo il tempio di Dio, un santuario di Dio.

Ritorno ora alla prospettiva storica. Nei prossimi giorni leggeremo nel Vangelo che la rete intessuta dai nemici di Cristo si stringerà sempre più. Gesù viene minacciato sempre di più e lui lo sa, lo sa meglio dei suoi apostoli e dei suoi discepoli. Ma c’è qualcuno che lo segue, che segue il suo cammino di Passione: è sua Madre, la Santa Vergine Maria. Lei gli sta vicino, lei soffre con lui, sperimenta la sua impotenza. San Giovanni Paolo II parlava della sua fede “particolarmente difficile”. Noi spesso la chiamiamo “Vergine dei Sette Dolori”, ed è evidente che la sua vita è stata punteggiata di sofferenza e dolore. Ed ora la sua passione, la sua sofferenza cresce con quella di Cristo, fino ai piedi della croce. Facendo la Via Crucis, nella Quarta Stazione, noi vediamo che Maria incontra suo Figlio. Poi il Vangelo ci dice che è stata testimone oculare della sua morte terribile sulla croce. Lei ha preso tra le braccia il corpo massacrato di suo Figlio. Poi, secondo quanto dice la tradizione cristiana, è stata la prima ad aver incontrato il Dio Risorto, Gesù Risorto, prima anche di Maria Maddalena.

Dunque, nella prospettiva della nostra vita, della vita di ciascuno di noi, nella prospettiva della risurrezione, lei c’è! Ci accompagna, ci segue, partecipa alle nostre sofferenze ed alla nostra passione, se noi l’affrontiamo nella prospettiva di Dio. Lei cerca il modo di salvarci, di condurci alla conversione. Dobbiamo sentire la sua presenza spirituale.

Noi, soprattutto qui, la chiamiamo “Regina della pace”. Nelle Litanie della Santa Vergine Maria, la invochiamo come “Regina” una dozzina di volte. L’invocazione in cui la invochiamo come “Regina della pace” è quasi alla fine. Maria è Regina: contemplando i misteri gloriosi del Rosario, noi vediamo anche la sua incoronazione a Regina del Cielo e della terra. Lei, dunque, condivide le caratteristiche del Regno di suo Figlio, come Creatore del Cielo e della terra: anche il di lei Regno è dunque universale. Lei è dovunque ed il suo culto è ovunque autorizzato. Noi la ringraziamo e le diciamo grazie per la sua costante presenza accanto a ciascuno di noi.

La Regina della pace è frutto della conversione: lei introduce la pace nel nostro cuore, e quindi noi diveniamo persone pacifiche in seno alle nostre famiglie, in seno alla società, in seno ai nostri paesi. La pace è minacciata nel mondo intero: il Santo Padre Francesco ha detto che la terza guerra mondiale “a pezzi” c’è già! Queste sono le guerre più terribili, le guerre civili, quelle tra gli abitanti di uno stesso paese.

Miei cari fratelli e sorelle, io ho vissuto in Ruanda, in Africa, per ventuno anni. Nel 1982 vi sono state là delle apparizioni della Santa Vergine Maria, nelle quali ella, circa dieci anni prima che avvenisse, ha predetto il genocidio in Ruanda. A quel tempo nessuno capiva nulla di quel messaggio. Quello è stato un genocidio che ha poi causato un milione di vittime in tre mesi. Le apparizioni della Santa Vergine là sono già state riconosciute. Lei là si è presentata come “Madre della Parola, Madre del Verbo eterno”, anche in prospettiva di una mancanza di pace.

Dunque questo culto, che qui è così intenso, è estremamente importante e necessario per il mondo intero. Preghiamo per la pace, perché oggi le forze distruttrici sono immense: il commercio delle armi non smette di crescere, i giovani sono in lotta, le famiglie sono in lotta, la società è in lotta. Ci occorre un intervento del Cielo, e la presenza della Santa Vergine è uno di questi interventi. E’ un’iniziativa di Dio.

Io vorrei dunque incoraggiarvi e confortarvi, in quanto Inviato Speciale del Papa: propagate nel mondo intero la pace, per mezzo della conversione del cuore.

Il più grande miracolo di Medjugorje sono i confessionali che sono qui. Il Sacramento del Perdono e della Misericordia è un Sacramento di risurrezione. Ringrazio tutti i preti che vengono qui a confessare, come oggi una cinquanta di preti a servizio del popolo. Ho lavorato per molti anni in paesi dell’Occidente: Belgio, Francia… E vi dico che la Confessione è scomparsa, che la Confessione individuale non esiste più, salvo qualche singola eccezione. Il mondo si sta inaridendo, i cuori si stanno chiudendo, il male sta aumentando ed i conflitti si stanno moltiplicando: dobbiamo essere, dunque, apostoli della buona novella della conversione e della pace nel mondo.

Qui ho sentito quelle parole secondo cui quelli che non credono sono coloro che non hanno ancora percepito l’amore di Dio. Infatti, chi tocca l’amore di Dio e la sua misericordia, non può resistervi. Noi siamo, dunque, testimoni di ciò che salva le vite, di ciò che salva il mondo.

I frati francescani mi hanno detto che qui vengono pellegrini da ottanta paesi del mondo. Il che significa che questo invito si è diffuso fino ai confini della terra, come aveva detto Cristo inviando i suoi apostoli. Voi siete quindi i testimoni dell’amore di Cristo, dell’amore di sua Madre e dell’amore della Chiesa.

Che Dio vi rafforzi e vi benedica. Amen».

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“Il Crocifisso è vivo”: il card. Comastri parla del suo nuovo libro

Posté par atempodiblog le 27 février 2017

“Il Crocifisso è vivo”: il card. Comastri parla del suo nuovo libro
“Il Crocifisso è vivo”. E’ il titolo del nuovo libro del cardinale Angelo Comastri, pubblicato in questi giorni dalle Edizioni San Paolo. Il volume introduce i lettori alla “terapia della Misericordia”, raccontando storie di conversioni e trasformazioni di uomini raggiunti dalla forza della Croce. Un libro, dunque, particolarmente utile mentre ci avviciniamo al periodo quaresimale che ci condurrà alla Pasqua del Signore. Intervistato, per Radio Vaticana, da Alessandro Gisotti, il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, muove la sua riflessione dall’affermazione dello storico russo Aleksandr Solženicyn: “Gli uomini hanno dimenticato Dio”:

“Il Crocifisso è vivo”: il card. Comastri parla del suo nuovo libro dans Cardinale Angelo Comastri Il_Crocifisso_vivo

R. – Solženicyn ha raccontato che quando era ragazzo, quindi negli anni ’20, ’22, ricordava che nel suo villaggio discutevano: “Ma perché ci sono capitate queste disgrazie nella Russia?”. Erano gli anni in cui si stava imponendo la dittatura feroce di Stalin. E lui ricordava che gli anziani dicevano: “Abbiamo abbandonato Dio, il resto è conseguenza”. Questo vale anche oggi. Viviamo in una società in cui dominano due caratteristiche. Oggi c’è violenza e scontentezza. La violenza è un po’ dovunque. Così anche la scontentezza è un po’ dovunque. Perché questa inquietudine? Dio è la trave che sostiene il tetto del senso della vita: se Dio è entrato nella storia, la storia ha una salvezza, ha uno sbocco positivo. Noi siamo sicuri che lo sbocco finale sarà la vittoria dei buoni. Allora, sapendo che il Crocifisso è vivo, cioè che Gesù è dentro la storia, è dalla parte nostra, sapendo questo, noi dobbiamo avere una grande speranza, una grande fiducia: il mondo può cambiare, il mondo si può rinnovare e, non solo, la vittoria dei buoni è assicurata.

D. – La Quaresima è vicina. Questo libro parla di Risurrezione fin dal titolo. Come prepararsi a questo tempo forte dell’anno?
R. – Il mondo nel quale viviamo potrebbe farci paura. Ci sono tanti elementi che possono anche infondere scoraggiamento. Allora, mi vengono in mente le parole che spesso mi diceva Madre Teresa: “Non serve a niente gridare ‘E’ buio, è buio!’ ”. Finché gridiamo ‘E’ buio, è buio!’ non si accende la luce. E lei diceva: “Accendiamo la luce. Anzi, diventiamo luce noi”. Allora, all’inizio della Quaresima, io credo che tutti dobbiamo riconoscere che abbiamo dentro di noi qualche zona d’ombra, tutti abbiamo qualche spazio in cui si è accumulata polvere. Quanto è bello ripulire l’anima, renderla più splendente, mandare più luce: questa è la Quaresima, in modo che il giorno di Pasqua possa essere non solo il ricordo della Risurrezione di Gesù ma anche un momento in cui noi ci avviciniamo alla Risurrezione di Gesù. Perché questo è il senso della Quaresima: farci diventare figli risorti.

D. – Lei sottolinea che la terapia che oggi serve agli uomini del nostro tempo è la misericordia di Dio. Questo tema della misericordia è molto presente nei Papi dopo il Concilio, in particolare in Giovanni Paolo II e Francesco. Perché secondo lei?
R. – Credo che il tema della misericordia sia un po’ il cuore del Vangelo. Oggi lo stiamo sottolineando più che scoprendo perché è nel cuore del Vangelo. Prendiamo il capitolo 15 di San Luca. L’evangelista racconta che un giorno la gente mormorava contro Gesù perché lo trovava troppo buono, troppo accondiscendente verso i peccatori e Gesù risponde con tre parabole, con le quali vuol dire: “Voi non sapete chi è Dio. Dio non è come lo pensate voi. Dio è come un pastore che ha 100 pecore, ne perde una, potrebbe dire: ‘99 mi bastano’. E invece va a cercare la pecora smarrita. Questo è Dio”. E Gesù conclude: “Ebbene in cielo si fa festa per un solo – un solo! – peccatore che si converte”. Poi, Gesù continua: “Dio è come una donna che ha 10 monete e ne perde una. Ebbene chi sono queste monete preziose? E’ l’uomo, l’uomo peccatore. La moneta perduta è l’uomo peccatore. E dice Gesù: “La donna butta all’aria tutta la casa. Ed è un’immagine di Dio per dire: Dio fa di tutto per ritrovarci. Poi, la parabola del Figliol prodigo è meravigliosa: il figlio sbatte la porta, scappa di casa va a finire nel porcile, più umiliante di così non si può immaginare! Ebbene, io sono convinto che Gesù quando raccontava questa parabola a un certo punto si è fermato, nel momento in cui ha detto: “Ma il figlio si pentì e disse: ‘Tornerò da mio padre’”. Io ho sempre immaginato che Gesù si sia fermato in questo momento e abbia detto: “Immaginate l’incontro”. Forse qualcuno avrà detto: “Una bella bastonata gliel’avrà data!”. Gesù risponde: “No, così ragionato gli uomini non Dio”. Il Padre lo vide da lontano, cioè il padre lo stava aspettando. Ed è bello il movimento dei verbi: “Il padre gli corse incontro, gli cadde sul collo e lo abbracciò con l’amore di un padre”. Quindi noi possiamo perdere le caratteristiche di figli, Dio non perde mai le caratteristiche di padre.

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O Croce di Cristo!

Posté par atempodiblog le 26 mars 2016

Preghiera scritta e letta da Papa Francesco al termine della Via Crucis al Colosseo
Tratta da: News.va

O Croce di Cristo! dans Fede, morale e teologia Ges

O Croce di Cristo!

O Croce di Cristo, simbolo dell’amore divino e dell’ingiustizia umana, icona del sacrificio supremo per amore e dell’egoismo estremo per stoltezza, strumento di morte e via di risurrezione, segno dell’obbedienza ed emblema del tradimento, patibolo della persecuzione e vessillo della vittoria.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei volti dei bambini, delle donne e delle persone, sfiniti e impauriti che fuggono dalle guerre e dalle violenze e spesso non trovano che la morte e tanti Pilati con le mani lavate.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei dottori della lettera e non dello spirito, della morte e non della vita, che invece di insegnare la misericordia e la vita, minacciano la punizione e la morte e condannano il giusto.

O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei ministri infedeli che invece di spogliarsi delle proprie vane ambizioni spogliano perfino gli innocenti della propria dignità.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei cuori impietriti di coloro che giudicano comodamente gli altri, cuori pronti a condannarli perfino alla lapidazione, senza mai accorgersi dei propri peccati e colpe.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei fondamentalismi e nel terrorismo dei seguaci di qualche religione che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi in coloro che vogliono toglierti dai luoghi pubblici ed escluderti dalla vita pubblica, nel nome di qualche paganità laicista o addirittura in nome dell’uguaglianza che tu stesso ci hai insegnato.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei potenti e nei venditori di armi che alimentano la fornace delle guerre con il sangue innocente dei fratelli e danno ai loro figli da mangiare il pane insanguinato.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei traditori che per trenta denari consegnano alla morte chiunque.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ladroni e nei corrotti che invece di salvaguardare il bene comune e l’etica si vendono nel misero mercato dell’immoralità.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli stolti che costruiscono depositi per conservare tesori che periscono, lasciando Lazzaro morire di fame alle loro porte.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei distruttori della nostra “casa comune” che con egoismo rovinano il futuro delle prossime generazioni.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi negli anziani abbandonati dai propri famigliari, nei disabili e nei bambini denutriti e scartati dalla nostra egoista e ipocrita società.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata.

O Croce di Cristo, immagine dell’amore senza fine e via della Risurrezione, ti vediamo ancora oggi nelle persone buone e giuste che fanno il bene senza cercare gli applausi o l’ammirazione degli altri.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei ministri fedeli e umili che illuminano il buio della nostra vita come candele che si consumano gratuitamente per illuminare la vita degli ultimi.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volti delle suore e dei consacrati – i buoni samaritani – che abbandonano tutto per bendare, nel silenzio evangelico, le ferite delle povertà e dell’ingiustizia.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei misericordiosi che trovano nella misericordia l’espressione massima della giustizia e della fede.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle persone semplici che vivono gioiosamente la loro fede nella quotidianità e nell’osservanza filiale dei comandamenti.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei pentiti che sanno, dalla profondità della miseria dei loro peccati, gridare: Signore ricordati di me nel Tuo regno!

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei beati e nei santi che sanno attraversare il buio della notte della fede senza perdere la fiducia in te e senza pretendere di capire il Tuo silenzio misterioso.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle famiglie che vivono con fedeltà e fecondità la loro vocazione matrimoniale.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volontari che soccorrono generosamente i bisognosi e i percossi.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei perseguitati per la loro fede che nella sofferenza continuano a dare testimonianza autentica a Gesù e al Vangelo.

O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei sognatori che vivono con il cuore dei bambini e che lavorano ogni giorno per rendere il mondo un posto migliore, più umano e più giusto.

In te Santa Croce vediamo Dio che ama fino alla fine, e vediamo l’odio che spadroneggia e acceca i cuori e le menti di coloro preferiscono le tenebre alla luce.

O Croce di Cristo, Arca di Noè che salvò l’umanità dal diluvio del peccato, salvaci dal male e dal maligno! O Trono di Davide e sigillo dell’Alleanza divina ed eterna, svegliaci dalle seduzioni della vanità! O grido di amore, suscita in noi il desiderio di Dio, del bene e della luce.

O Croce di Cristo, insegnaci che l’alba del sole è più forte dell’oscurità della notte. O Croce di Cristo, insegnaci che l’apparente vittoria del male si dissipa davanti alla tomba vuota e di fronte alla certezza della Risurrezione e dell’amore di Dio che nulla può sconfiggere od oscurare o indebolire.

Amen!

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Siamo invitati a prolungare il digiuno del Venerdì Santo fino alla Veglia Pasquale

Posté par atempodiblog le 26 mars 2016

Il Sabato Santo, giorno di digiuno o di festa?
Tratto da: Radio Maria Fb

Siamo invitati a prolungare il digiuno del Venerdì Santo fino alla Veglia Pasquale dans Digiuno t86pkz

Il sabato santo, giorno che precede la Pasqua, è come il venerdì giorno di astinenza? O la cena del sabato (che precede la veglia pasquale) è già da considerarsi di festa?
Lettera firmata

Risponde don Roberto Gulino, docente di liturgia
a cura della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale

Il digiuno e l’astinenza, insieme alla preghiera, all’elemosina e alle altre opere di carità, appartengono da sempre alla dimensione penitenziale della Chiesa come modalità concreta e pratica per tornare a Dio con tutto il cuore, motivo per cui viene richiesto un autentico atteggiamento interiore di conversione, di fede e di amore per non fermarsi ad una pratica solo esteriore (cfr Mt 6, 1-18).

Già dal II secolo abbiamo testimonianze di un digiuno che precedeva il giorno cui si celebrava la festa annuale di Pasqua per prepararsi interiormente alla grande solennità della Risurrezione. Si tratta quindi di una mortificazione o di un’astensione mai fine a se stessa, ma per partecipare fisicamente alla morte gloriosa di Cristo ribadendo la sua priorità su tutte le altre realtà della nostra vita, anche le più essenziali: sempre infatti il digiuno è unito ad un maggior ascolto della Parola di Dio, alla preghiera, all’amore generoso verso i bisognosi («Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia» San Pietro Crisologo, Discorso 43).

Gradualmente il digiuno dei due giorni che precedevano la Pasqua fu esteso ed ampliato fino a costituire, nel IV secolo, i quaranta giorni del tempo della Quaresima (dal Mercoledì delle Ceneri fino al Sabato Santo, escludendo le domeniche che non sono mai state considerate giorno penitenziale, sono esattamente quaranta giorni di impegno concreto per la conversione).

Oggi, il digiuno – inteso come unico pasto durante la giornata, oppure come limitazione nella quantità e nella qualità nei due pasti quotidiani – viene richiesto dalla Chiesa il Mercoledì delle Ceneri ed il Venerdì Santo, anche se viene consigliato di prolungarlo, secondo l’opportunità, fino alla celebrazione della Veglia Pasquale (cfr Norme generali per l’ordinamento dell’anno liturgico e del calendario, 20). A tale digiuno sono tenuti i maggiorenni fino al compimento del sessantesimo anno di età, salvo necessità dovute alla propria salute.

L’astinenza invece, ossia il privarsi della carne come pure dei cibi particolarmente ricercati e costosi, viene richiesta nei venerdì di Quaresima e in tutti gli altri venerdì dell’anno, a meno che non coincidano con una solennità (come è successo quest’anno, il 19 marzo per san Giuseppe, quando pur essendo venerdì di Quaresima non eravamo tenuti all’astinenza). A questa privazione sono tenuti tutti coloro che hanno compiuto i quattordici anni di età – per maggiori informazioni si può consultare la nota pastorale della CEI Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza del 4 ottobre 1994.

Per rispondere alla domanda del nostro amico lettore possiamo concludere che il Sabato Santo non c’è astinenza anche se siamo invitati, secondo le proprie possibilità, a prolungare il digiuno del Venerdì Santo fino alla Veglia Pasquale (la cena del sabato quindi non può essere considerata ancora di festa).

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Novena alla Divina Misericordia (dal 25 marzo al 2 aprile 2016)

Posté par atempodiblog le 25 mars 2016

Novena alla Divina Misericordia (dal 25 marzo al 2 aprile 2016) dans Fede, morale e teologia Ges-confido-in-Te

La Festa della Divina Misericordia, secondo le apparizioni di Gesù a santa Faustina, deve essere preceduta da una novena, che va recitata ogni giorno a partire dal Venerdì Santo per nove giorni consecutivi, fino al sabato precedente la Festa della Misericordia (seconda Domenica di Pasqua, dal 25 marzo al 2 aprile 2016, ndr).

Gesù per due volte espresse il desiderio che la sua confidente, attraverso una preghiera di nove giorni, si preparasse a questa Solennità. La Santa ci ha trasmesso la promessa del Salvatore rivolta a tutti i fedeli e contenuta in queste parole: “Durante questa novena elargirò alle anime grazie di ogni genere”.

Sebbene il tempo tra il Venerdì Santo e la seconda Domenica di Pasqua possegga un particolare privilegio, tuttavia la novena alla Divina Misericordia può essere recitata anche in qualsiasi altro periodo dell’anno. (Radio Maria)

Per recitare la novena cliccare qui Freccia dans Viaggi & Vacanze NOVENA ALLA DIVINA MISERICORDIA

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Gesù: “Io mi sono ripetuto i vostri nomi”

Posté par atempodiblog le 25 mars 2016

Gesù: “Io mi sono ripetuto i vostri nomi” dans Citazioni, frasi e pensieri ok7a8h

15 febbraio 1944
Dice Gesù a Maria Valtorta:

Ecco perché l’angelo del mio dolore mi ha prospettato la speranza di tutti i salvati per il mio sacrificio come medicina al mio morire.

I vostri nomi! Ognuno m’è stato una stilla di farmaco infuso nelle vene per ridare loro tono e funzione, ognuno m’è stato vita che torna, luce che torna, forza che torna. Nelle inumane torture, per non urlare il mio dolore di Uomo, e per non disperare di Dio e dire che Egli era troppo severo e ingiusto verso la sua Vittima, Io mi sono ripetuto i vostri nomi. Io vi ho visti. Io vi ho benedetti da allora. Da allora vi ho portati nel cuore. E quando è per voi venuta la vostra ora di essere sulla Terra, Io mi sono proteso dai Cieli ad accompagnare la vostra venuta, giubilando al pensiero che un nuovo fiore di amore era nato nel mondo e che avrebbe vissuto per Me.

Oh! miei benedetti! Conforto del Cristo morente! La Madre, il Discepolo, le Donne pietose erano intorno al mio morire, ma voi pure c’eravate. I miei occhi morenti vedevano, insieme al volto straziato della Mamma mia, i vostri visi amorosi, e si sono chiusi così, beati di chiudersi perché vi avevano salvati, o voi che meritate il Sacrificio di un Dio.

Tratto da: L’Evangelo come mi è stato rivelato
Opera di Maria Valtorta.

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Papa: il Triduo pasquale, giorni di misericordia e silenzio

Posté par atempodiblog le 23 mars 2016

Papa: il Triduo pasquale, giorni di misericordia e silenzio
Il Triduo Pasquale “è tutto un grande mistero di amore e di misericordia”. È la definizione che Papa Francesco ha dato, all’udienza generale in Piazza San Pietro, dei “momenti forti” della Passione e morte di Cristo, nei quali da domani si immergerà la Chiesa. Il Papa l’ha invitata a vivere questo periodo liturgico in un atteggiamento di particolare “silenzio” e con fede mariana, che “non dubita” ma “spera”.
di Alessandro De Carolis – Radio Vaticana

Papa: il Triduo pasquale, giorni di misericordia e silenzio dans Fede, morale e teologia Triduo-pasquale

I tre giorni della misericordia. Queste sono le ore in cui si consumano gli ultimi momenti di Gesù sulla terra. Misericordia, afferma Papa Francesco, che “rende visibile fino a dove può giungere l’amore di Dio”.

Il Triduo Pasquale è memoriale di un dramma d’amore
Francesco parla in una mattina in cui un cielo color metallo riflette i sentimenti di tristezza che sono del Papa stesso e dei 30 mila in Piazza San Pietro, blindata perché anche i fatti di Bruxelles hanno tragicamente ricordato che l’Europa vive sotto minaccia. E allora, la riflessione di Francesco sul Triduo Pasquale – esperienza di morte che prelude a una vita che non finisce – suona come un messaggio di speranza che si riverbera sul mondo oltre i confini della fede:

“Il Mistero che adoriamo in questa Settimana Santa è una grande storia d’amore che non conosce ostacoli. La Passione di Gesù dura fino alla fine del mondo, perché è una storia di condivisione con le sofferenze di tutta l’umanità e una permanente presenza nelle vicende della vita personale di ognuno di noi. Insomma, il Triduo Pasquale è memoriale di un dramma d’amore che ci dona la certezza che non saremo mai abbandonati nelle prove della vita”.

Gesù si dona a noi perché noi possiamo donarci agli altri
I tre giorni della misericordia iniziano il giovedì, il giorno di Dio che si fa cibo nell’Eucaristia e si fa servo ai piedi degli Apostoli. Con un significato ulteriore che il Papa tiene a sottolineare:

“Nel darsi a noi come cibo, Gesù attesta che dobbiamo imparare a spezzare con altri questo nutrimento perché diventi una vera comunione di vita con quanti sono nel bisogno. Lui si dona a noi e ci chiede di rimanere in Lui per fare altrettanto”.

Dio tace per amore
Venerdì Santo è il giorno dell’amore al suo culmine, quello che Sant’Agostino definì, ricorda il Papa, un amore che “va alla fine senza fine” e che, assicura Francesco, “intende abbracciare tutti, nessuno escluso”. Infine, il Sabato Santo, il giorno di Dio nel sepolcro. “Il giorno – sottolinea Francesco – del silenzio di Dio”:

“Dio tace, ma per amore. In questo giorno l’amore – quell’amore silenzioso – diventa attesa della vita nella risurrezione. Pensiamo, il Sabato Santo: ci farà bene pensare al silenzio della Madonna, ‘la credente’, che in silenzio era in attesa della Resurrezione. La Madonna dovrà essere l’icona, per noi, di quel Sabato Santo. Pensare tanto come la Madonna ha vissuto quel Sabato Santo; in attesa. È l’amore che non dubita, ma che spera nella parola del Signore, perché diventi manifesta e splendente il giorno di Pasqua”.

Gesù dice ad ognuno di noi: ‘Se potessi soffrire di più per te, lo farei’
Francesco conclude la catechesi ricordando Giuliana di Norwich, mistica inglese del Medioevo che, pur analfabeta, descrisse le visioni della Passione offrendo di esse, in modo “profondo e intenso”, il senso “dell’amore misericordioso di Cristo. Citando un dialogo in cui la Beata ringrazia Gesù per l’offerta delle sue sofferenze, il Papa ripete la risposta di Cristo alla mistica: “L’aver sofferto la passione per te è per me una gioia, una felicità, un gaudio eterno; e se potessi soffrire di più lo farei”:

“Questo è il nostro Gesù, che a ognuno di noi dice: ‘Se potessi soffrire di più per te, lo farei’. Come sono belle queste parole! Ci permettono di capire davvero l’amore immenso e senza confini che il Signore ha per ognuno di noi”.

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L’incontro tra l’Amore ed il peccato

Posté par atempodiblog le 18 mars 2016

Gesù

Quando m’immergo nella Passione del Signore, spesso durante l’adorazione vedo Gesù sotto questo aspetto: dopo la flagellazione i carnefici presero il Signore e Gli tolsero la veste, che si era già attaccata alle Piaghe. Mentre gliela toglievano le Sue Piaghe si riaprirono. Poi buttarono addosso al Signore un mantello rosso, sporco e stracciato, sulle Piaghe aperte. Quel mantello arrivava alle ginocchia solo in alcuni punti. Poi ordinarono al Signore di sedersi su un pezzo di trave, mentre veniva intrecciata una corona di spine, con la quale cinsero la sacra Testa. Gli venne messa una canna in mano e ridevano di Lui, facendoGli inchini come ad un re. Gli sputavano in faccia ed altri prendevano la canna e Gliela battevano in Testa ed altri ancora Gli procuravano dolore dandoGli pugni, altri Gli coprivano il Volto e lo schiaffeggiavano.

Gesù sopportò in silenzio. Chi può comprenderlo? Chi può comprendere il Suo dolore? Gesù aveva gli occhi rivolti a terra. Sentivo quello che avveniva allora nel Cuore dolcissimo di Gesù.

Ogni anima rifletta su quello che ha sofferto Gesù in quei momenti. Facevano a gara per schernire il Signore. Riflettei per conoscere da che cosa potesse derivare tanta malignità nell’uomo. E purtroppo questa deriva dal peccato. Si erano incontrati l’Amore ed il peccato.

Quando andai alla santa Messa in un certo tempio assieme ad una consorella, sentii la grandezza e la Maestà di Dio; sentii che quel tempio era imbevuto di Dio. La Sua Maestà mi investì completamente e, sebbene mi spaventasse, mi riempì di serenità e di gioia. Conobbi che nulla può opporsi alla Sua Volontà. Oh, se tutte le anime sapessero Chi abita nelle nostre chiese, non ci sarebbero tanti oltraggi e tante mancanze di rispetto in quei luoghi santi.

O Amore eterno ed inesplicabile, Ti chiedo una grazia: rischiara il mio intelletto con la luce dall’alto, fammi conoscere e valutare tutte le cose secondo il loro valore. Quando vengo a conoscere la verità, ho nell’anima la gioia più grande.

Santa Faustina Kowalska

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La ricetta dei crespillos

Posté par atempodiblog le 18 mars 2016

Ogni anno il venerdì prima della Domenica delle Palme, onomastico della signora Dolores, madre di san Josemaría, tutta la famiglia era in attesa del dolce tipico di questo giorno: i crespillos.

I crespillos

INGREDIENTI
(da 6 a 8 persone sono): 

1, 5 dl Latte (150 g)
200 g Farina 
2 Uova (100 g)
1 Cucchiaino di lievito in polvere
10 g Zucchero (un cucchiaio) 
½ Kg Foglie di spinaci freschi
Zucchero da spargere sopra

MODO DI FARLI:

Lavare molto bene gli spinaci e lasciare le foglie con 2 o 3 cm di lunghezza.
Fare una massa mescolando gli ingredienti in quest’ordine: in un recipiente si mette la farina con lo zucchero e il lievito, si aggiungono il latte e le uova e si unisce bene il tutto.
Asciugare l’acqua delle foglie degli spinaci, passarli per questa massa e friggerle in abbondante olio caldo a 170° C. Scolare bene.
Una volta fritti passarli nello zucchero.
Servire al momento, in un piatto da dolce avvolti in un tovagliolo bianco. 

Tratto da: Cocina Inteligente, di Alicia Bustos
Fonte: josemariaescriva.info

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Biscotti quaresimali: storia e ricetta della variante napoletana

Posté par atempodiblog le 11 mars 2016

Biscotti quaresimali: storia e ricetta della variante napoletana
di Alessia Andreozzi – Voce di Napoli

biscotti quaresimali

I biscotti quaresimali sono “una santa invenzione”! E non è un modo di dire: non solo questi dolci hanno una storia alle spalle legata alla religione ma sono anche ottimi da mangiare durante il periodo di quaresima quando, teoricamente, non ci si può nutrire di grassi animali per rispettare il digiuno di Gesù nel deserto per 40 giorni. Sembrano i classici cantuccini della tradizione Toscana, quelli che vanno abbinati al delizioso Vin Santo, ma hanno una variante napoletana con ingredienti che rendono ancora più speciale una ricetta già di per sé buona da gustare. Vediamo, allora, come sono fatti questi biscotti quaresimali secondo la tradizione napoletana.

Prima di tutto, è bene ricordare come nascono questi biscotti quaresimali: la paternità che vi si attribuisce è toscana e si dice furono ideati da monache di un convento proprio in onore della quaresima. Perché si possono mangiare? Perché sono privi di grassi animali, quindi senza burro o latte, e rispettano il tradizionale digiuno da rispettare in questi giorni, proprio come fece Gesù durante i 40 giorni nel deserto. Che questo sia stato tutto un escamotage delle monache per rispettare i precetti religiosi non rinunciando ai piaceri del dolce? Stiamo parlando di dolci davvero saporiti che, però, sono fatti di ingredienti poveri e genuini. Sono talmente leggeri che sono ottimi anche per uno sgarro alla linea, qualora foste a dieta. In altri luoghi, questi biscotti hanno la forma di lettere dell’alfabeto, per onorare le parole del Vangelo, ma la variante napoletana somiglia al cantuccino toscano, eccetto per alcuni ingredienti.

LA RICETTA DI BISCOTTI QUARESIMALI NAPOLETANI

Il tempo per cui questi biscotti quaresimali sono in vendita è limitato: sono reperibili da subito dopo il martedì di carnevale sino al giovedì Santo ma, niente paura, qui vi è la ricetta per preparare questi fantastici dolcetti ogni volta che lo si desidera.

Ecco gli ingredienti:

  • 250 g farina
  • 250 g zucchero
  • 250 g mandorle tostate
  • 2 uova (1 grande per l’impasto e 1 piccolo per spennellare)
  • 1 pizzico di sale
  • 1 cucchiaino pieno di lievito secco
  • 1 cucchiaio di cubetti di cedro candito
  • 1/2 cucchiaino scarso di vaniglia
  • 1/2 cucchiaino scarso di cannella
  • 1/2 cucchiaino scarso di garofano
  • 1/2 cucchiaino scarso di noce moscata

La preparazione è semplicissima e ci vogliono pochi minuti: in primo luogo vanno tostate le mandorle in forno mentre si può procedere con l’impasto. Per quest’ultimo, si versa in una ciotola farina, lievito secco, le spezie precedentemente mescolate, l’uovo, un po’ d’acqua se serve e le mandorle che, intanto, sono belle e pronte. Una volta ottenuto un impasto sodo, vi si unisce il cedro candito e si modella tutto fino ad ottenere dei filoncini che vengono poi schiacciati con le mani, spennellati con un tuorlo e tagliati. Una volta messi in forno caldo a 200° li si lascia cuocere per 15-20 minuti in modalità ventilata. Et voilà! I biscotti quaresimali sono pronti. Buon appetito!

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Digiuno, scelta per il corpo e lo spirito

Posté par atempodiblog le 11 mars 2016

Digiuno, scelta per il corpo e lo spirito
Una scelta culinaria ed etica che protegge la salute e tonifica lo spirito
di Vittorio A. Sironi – Avvenire

Digiuno

Il digiuno leva il medico di torno, si potrebbe dire parafrasando un noto proverbio. È quanto emerge dagli ultimi studi in proposito. Insieme a una dieta corretta ed equilibrata astenersi completamente dall’assunzione di cibo un giorno alla settimana o una volta ogni 10-15 giorni può avere effetti notevolmente positivi sulla salute del corpo e della mente. Se i dati della ricerca scientifica confermano sempre di più gli stretti legami esistenti fra cibo e salute, esistono oggi anche evidenze mediche che mostrano come un regolare saltuario digiuno aiuta il corpo a ‘depurarsi’, proteggendolo dalle malattie, e tonifica lo spirito, agendo come un fattore importante di igiene mentale. Un digiuno salutare dunque, anche se tutto deve passare attraverso uno stile di vita globalmente equilibrato, evitando gli eccessi: fare attività fisica, evitare di fumare, mangiare bene. 

Nella nostra società opulenta il problema della sovralimentazione è spesso sottovalutato o affrontato solo da un punto di vista estetico – perché ‘bello è magro’ –, dimenticando che l’eccesso di cibo e le troppe calorie introdotte nell’organismo sono i principali responsabili del diabete, delle malattie cardiovascolari, dei tumori e possono anche essere causa di una mortalità precoce. Mangiare poco e in modo equilibrato favorisce la salute: un regime alimentare variato, moderando i grassi e i dolci, non trascurando l’assunzione giornaliera di frutta e verdura, optando per l’eliminazione o la restrizione del consumo di carne in favore del pesce, ma anche riducendo progressivamente le porzioni e le calorie quotidiane – sino appunto al digiuno abituale –, rappresenta un elemento importante della nostra esistenza, che non solo ci aiuta a eliminare i chili di troppo e a mantenere un giusto peso-forma, ma determina anche un rapporto intelligente fra benessere corporeo e gratificazione psicologica. 

Oltre che una scelta alimentare in favore della salute, il digiuno può essere anche una scelta etica di rispetto per chi soffre e spesso muore fame. Senza dimenticare che la rinuncia consapevole al cibo come pratica ascetica, per temprare e migliorare l’anima, per facilitare, insieme alla preghiera, il processo di avvicinamento al Dio in cui si crede, è una pratica consigliata (talvolta addirittura resa obbligatoria) da diverse religioni in determinati giorni della settimana o in certi periodi dell’anno.

Non come imposizione vessatoria, ma come esercizio materiale e spirituale di un percorso individuale per aiutare il credente nella propria crescita mistica. Tali sono il digiuno quaresimale (mortificazione del corpo come segno della conversione dello spirito) del Cristianesimo, il digiuno dello Yom Kippur (Giorno dell’Espiazione) e gli altri digiuni obbligatori – oltre a quelli tradizionali facoltativi – della religione ebraica, il digiuno del mese di Ramadan (per purificare il corpo e lo spirito) per i fedeli islamici. 

Oggi però si è persa l’abitudine del digiuno come astensione volontaria dal cibo, sia come prassi rituale in ambito religioso, sia come pratica sociale in ambito laico. Nella nostra ricca ‘società dei consumi’ sembra un controsenso rinunciare al cibo e alle bevande che abbiamo abbondantemente a disposizione. Anzi il digiuno è percepito come una situazione dannosa per l’organismo, retaggio di una condizione obbligata dei secoli scorsi, quando la penuria alimentare era alla base del triste binomio carestia-malattia. La medicina ci dice però esattamente il contrario.

La presa di coscienza del parallelismo nutrizionesalute ha portato a comprendere meglio il concetto dieta-prevenzione attualmente abituale, ma pure con questa nuova consapevolezza alimentare tendiamo a mangiare troppo e male. Sovente attribuiamo al cibo significati che non dovrebbe avere: fonte di piacere assoluto e indiscriminato, sfogo alle nostre frustrazioni, compensazione per la nostra tristezza, la nostra ansia o la nostra rabbia, surrogato del desiderio sessuale. Questo porta a nutrirci in eccesso rispetto alle nostre reali esigenze caloriche, senza controllo, senza freni inibitori, facendo di fatto del cibo una specie di ‘droga’. Senza accorgercene, quasi senza volerlo. Creando così gravi danni alla salute. 

Come la carenza cronica di cibo, la denutrizione, anche l’esagerazione abituale, la sovralimentazione, è fonte di seri guai sanitari. Sul piano epidemiologico dalle malattie della povertà (malaria, tubercolosi, pellagra, scorbuto) dell’antica società tradizionale si è passati in pochi decenni alle malattie del benessere (diabete, obesità, dislipidemie, ipertensione arteriosa, cardiopatie, cerebropatie, neoplasie) della moderna società dei consumi, dovute in gran parte, come s’è detto, alle nuove modalità alimentari. Ecco perché il ritorno alla pratica del digiuno può svolgere un importante ruolo compensatorio. Il corpo non risente negativamente dell’astensione limitata di cibo.

Anzi trae beneficio perché mette in moto tutta una serie di meccanismi di ‘autotrofismo’ (termine difficile per dire che è in grado di generare al suo interno le sostanze chimiche di cui ha bisogno) mobilizzando riserve che si sono accumulate in eccesso, accelerando la generazione di nuove cellule in sostituzione di quelle invecchiate che vengono eliminate, metabolizzando molecole diverse dalle proteine per produrre l’energia necessaria. Si determina in tal modo un salutare riequilibrio di molte funzioni biologiche dell’organismo che porta a un perfetto adattamento fisiologico del corpo. 

Il digiuno è anche benefico sul piano psicologico perché mette la mente in condizione di poter tenere sotto controllo le proprie pulsioni, fortificando la volontà dell’individuo e allenandolo a superare le difficoltà esistenziali della propria vita. Umberto Veronesi, medico di fama internazionale, non ha esitato a dichiarare in proposito come ‘dedicare un giorno ogni settimana alla totale astensione dal cibo non solo non faccia male, ma aiuti a formare il carattere, a manifestare una scelta etica e a proteggere la propria salute’, perché ‘un’alimentazione corretta secondo i dettami della scienza e almeno un giorno di digiuno ogni settimana possono rappresentare un nuovo e stimolante stile di vita’. Affermazioni pienamente condivisibili. Accanto al piacere di una abituale sana e gustosa alimentazione è importante allora imparare ad apprezzare anche il gusto di un altrettanto sano e positivo digiuno. Una scelta culinaria ed etica che protegge la salute e tonifica lo spirito.

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Papa Francesco: “Il perdono del cuore che ci dà Dio sempre è misericordia”

Posté par atempodiblog le 3 mars 2016

Misericordia che “dimentica”

Papa

Misericordia, compassione, perdono, ripete il Papa, ricordando che “il perdono del cuore che ci dà Dio sempre è misericordia:”

“Che la Quaresima ci prepari il cuore per ricevere il perdono di Dio. Ma riceverlo e poi fare lo stesso con gli altri: perdonare di cuore. Forse non mi saluti mai, ma nel mio cuore io ti ho perdonato. E così ci avviciniamo a questa cosa tanto grande, di Dio, che è la misericordia. E perdonando apriamo il nostro cuore perché la misericordia di Dio entri e ci perdoni, a noi. Perché tutti noi ne abbiamo, da chiedere di perdono: tutti. Perdoniamo e saremo perdonati. Abbiamo misericordia con gli altri, e noi sentiremo quella misericordia di Dio che, quando perdona, ‘dimentica’”.

di Radio Vaticana

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