Della predicazione

Posté par atempodiblog le 11 août 2014

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“Le belle prediche e l’attività senza la preghiera non portano alcun frutto. Con la preghiera di certo otterrai tutto ciò che è veramente utile. Però devi pregare con molta insistenza e perseveranza; con un fervore sempre maggiore. E per tuo mezzo Iddio compirà miracoli. Sono le ginocchia, non l’intelligenza o la penna, a dare efficacia nell’attività, nella predicazione, nei libri. Preghiera prima e dopo il lavoro. Domanda, ringraziamento e richiesta di perdono”.

San Massimiliano M. Kolbe

Divisore dans Don Giustino Maria Russolillo

“Tu predichi con accento forte e amaro perché c’è molta amarezza nel fondo del cuore. Devi disporti all’amore soprannaturale e quindi a forte dolcezza che deve sentirsi nelle parole. Così gioverai alle anime.

Quanto meno entusiasmo naturale ci sarà nelle tue prediche, e meno elemento sensibile, più saranno sentite da altri e fruttificheranno in altri per il sopravvento in esse del soprannaturale. Amen.

La predicazione [...] è tutta luce di verità e dolcezza di carità, come immagine del Verbo e dello Spirito. Amen. Alleluia”.

Beato Giustino M. Russolillo

Divisore dans Fede, morale e teologia

“Non si offendano le persone con ironie o invettive; specialmente nelle piccole borgate non si dica parola che possa essere giudicata allusiva alla condotta di qualche individuo.

Il predicatore badi a non inasprire menomamente gli erranti. Le sue parole spirino sempre carità e benignità.

Le invettive non ottengono le conversioni: l’amor proprio si ribella. Era questo il metodo che teneva S. Francesco di Sales e che era da lui consigliato. Egli narrava che i protestanti correvano in folla ad udirlo e dicevano che loro piaceva, perché non lo vedevano infuriarsi come i loro Ministri”.

San Giovanni Bosco

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Il Papa nella Chiesa del Gesù: il Vangelo si annuncia con dolcezza e amore, non con le bastonate

Posté par atempodiblog le 3 janvier 2014

Il Papa nella Chiesa del Gesù: il Vangelo si annuncia con dolcezza e amore, non con le bastonate
Tratto da: News.va

Il Papa nella Chiesa del Gesù: il Vangelo si annuncia con dolcezza e amore, non con le bastonate dans Fede, morale e teologia 20u6cco

Papa Francesco ha presieduto stamani nella Chiesa del Gesù la Messa nel giorno della ricorrenza liturgica del Santissimo Nome di Gesù. La celebrazione ha un carattere di ringraziamento per l’iscrizione al catalogo dei Santi, il 17 dicembre scorso, di Pietro Favre, primo sacerdote gesuita. Sono presenti il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale vicario Agostino Vallini, il vescovo di Annecy, mons. Yves Boivineau, nella cui diocesi è nato Favre, e circa 350 gesuiti.

Nell’omelia il Papa ha ricordato quanto dice San Paolo: «Abbiate gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo» (Fil 2, 5-7).  “Noi, gesuiti – ha rilevato – vogliamo essere insigniti del nome di Gesù, militare sotto il vessillo della sua Croce, e questo significa: avere gli stessi sentimenti di Cristo.  Significa pensare come Lui, voler bene come Lui, vedere come Lui, camminare come Lui.  Significa fare ciò che ha fatto Lui e con i suoi stessi sentimenti, con i sentimenti del suo Cuore”.

“Il cuore di Cristo – ha proseguito – è il cuore di un Dio che, per amore, si è «svuotato».  Ognuno di noi, gesuiti, che segue Gesù dovrebbe essere disposto a svuotare se stesso.  Siamo chiamati a questo abbassamento: essere degli «svuotati».  Essere uomini che non devono vivere centrati su se stessi perché il centro della Compagnia è Cristo e la sua Chiesa.  E Dio è il Deus semper maior, il Dio che ci sorprende sempre. E se il Dio delle sorprese non è al centro, la Compagnia si disorienta.  Per questo, essere gesuita significa essere una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto: perché pensa sempre guardando l’orizzonte che è la gloria di Dio sempre maggiore, che ci sorprende senza sosta.  E questa è l’inquietudine della nostra voragine. Quella santa e bella inquietudine!”.

Il Papa ha quindi proseguito: “Ma, perché peccatori, possiamo chiederci se il nostro cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca o se invece si è atrofizzato; se il nostro cuore è sempre in tensione: un cuore che non si adagia, non si chiude in se stesso, ma che batte il ritmo di un cammino da compiere insieme a tutto il popolo fedele di Dio.  Bisogna cercare Dio per trovarlo, e trovarlo per cercarlo ancora e sempre.  Solo questa inquietudine dà pace al cuore di un gesuita, una inquietudine anche apostolica, non ci deve far stancare di annunciare il kerygma, di evangelizzare con coraggio.  È l’inquietudine che ci prepara a ricevere il dono della fecondità apostolica.  Senza inquietudine siamo sterili”.

“È questa l’inquietudine – ha osservato – che aveva Pietro Favre, uomo di grandi desideri, un altro Daniele.  Favre era un «uomo modesto, sensibile, di profonda vita interiore e dotato del dono di stringere rapporti di amicizia con persone di ogni genere» (Benedetto XVI, Discorso ai gesuiti, 22 aprile 2006).  Tuttavia, era pure uno spirito inquieto, indeciso, mai soddisfatto.  Sotto la guida di sant’Ignazio ha imparato a unire la sua sensibilità irrequieta ma anche dolce e direi squisita, con la capacità di prendere decisioni.  Era un uomo di grandi desideri; si è fatto carico dei suoi desideri, li ha riconosciuti.  Anzi per Favre, è proprio quando si propongono cose difficili che si manifesta il vero spirito che muove all’azione (cfr Memoriale, 301).  Una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo.  Ecco la domanda che dobbiamo porci: abbiamo anche noi grandi visioni e slancio?  Siamo anche noi audaci?  Il nostro sogno vola alto?  Lo zelo ci divora (cfr Sal 69,10)?  Oppure siamo mediocri e ci accontentiamo delle nostre programmazioni apostoliche da laboratorio?  Ricordiamolo sempre: la forza della Chiesa non abita in se stessa e nella sua capacità organizzativa, ma si nasconde nelle acque profonde di Dio.  E queste acque agitano i nostri desideri e i desideri allargano il cuore. Quello di Sant’Agostino: ‘Pregare per desiderare e desiderare per allargare il cuore’. Proprio nei desideri Favre poteva discernere la voce di Dio.  Senza desideri non si va da nessuna parte ed è per questo che bisogna offrire i propri desideri al Signore.  Nelle Costituzioni si dice che «si aiuta il prossimo con i desideri presentati a Dio nostro Signore» (Costituzioni, 638)”.

“Favre – ha ancora detto il Papa -  aveva il vero e profondo desiderio di «essere dilatato in Dio»: era completamente centrato in Dio, e per questo poteva andare, in spirito di obbedienza, spesso anche a piedi, dovunque per l’Europa, a dialogare con tutti con dolcezza, e ad annunciare il Vangelo” E a braccio ha aggiunto: “.Mi viene da pensare alla tentazione, che forse possiamo avere noi e che tanti hanno, di collegare l’annunzio del Vangelo con bastonate inquisitorie, di condanna. No, il Vangelo si annunzia con dolcezza, con fraternità, con amore”.  Quindi ha proseguito: “La sua familiarità con Dio lo portava a capire che l’esperienza interiore e la vita apostolica vanno sempre insieme.  Scrive nel suo Memoriale che il primo movimento del cuore deve essere quello di «desiderare ciò che è essenziale e originario, cioè che il primo posto sia lasciato alla sollecitudine perfetta di trovare Dio nostro Signore» (Memoriale, 63).  Favre prova il desiderio di «lasciare che Cristo occupi il centro del cuore» (Memoriale, 68).  Solo se si è centrati in Dio è possibile andare verso le periferie del mondo!  E Favre ha viaggiato senza sosta anche sulle frontiere geografiche tanto che si diceva di lui: «pare che sia nato per non stare fermo da nessuna parte» (MI, Epistolae I, 362).  Favre era divorato dall’intenso desiderio di comunicare il Signore.  Se noi non abbiamo il suo stesso desiderio, allora abbiamo bisogno di soffermarci in preghiera e, con fervore silenzioso, chiedere al Signore, per intercessione del nostro fratello Pietro, che torni ad affascinarci. Quel fascino del Signore che portava Pietro a tutte queste pazzie apostoliche …”.

Il Papa così ha concluso la sua omelia: “Noi siamo uomini in tensione, siamo anche uomini contraddittori e incoerenti, peccatori, tutti.  Ma uomini che vogliono camminare sotto lo sguardo di Gesù.  Noi siamo piccoli, siamo peccatori, ma vogliamo militare sotto il vessillo della Croce nella Compagnia insignita del nome di Gesù.  Noi che siamo egoisti, vogliamo tuttavia vivere una vita agitata da grandi desideri. Rinnoviamo allora la nostra oblazione all’Eterno Signore dell’universo perché con l’aiuto della sua Madre gloriosa possiamo volere, desiderare e vivere i sentimenti di Cristo che svuotò se stesso. Come scriveva san Pietro Favre, «non cerchiamo mai in questa vita un nome che non si riallacci a quello di Gesù» (Memoriale, 205).  E preghiamo la Madonna di essere messi con il suo Figlio”.

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Bontà e carità

Posté par atempodiblog le 30 août 2013

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Gesù all’anima:

Sono tre anni che sei Sacerdote, e che ti rivesti di me, inondati della mia luce e del mio amore.
Ti ho dato a pascolare le mie pecorelle, e non puoi pascolarle che nella dolcezza e nella carità.
Inondale di questa luce che parte dal mio Cuore mansueto ed umile. Se le trovi cattive, non irrompere, non gridare, perché così la pecorella cattiva si smarrisce lontano dall’ovile.
Fatti amare con la bontà, col disinteresse, col compatimento e con la carità, perché allora la pecorella si sente carezzata e, vicina al tuo cuore sacerdotale, ascolta il tuo richiamo e obbedisce alla tua voce. Le anime sfuggono a me, perché i Sacerdoti non sanno attrarle con la bontà e con la carità.

gsj dans Canti

Ti trovi in tempesta, figlio mio? Ricorri a Maria con un cuore puro e una preghiera ardente, e Maria farà cessare la tempesta. Fa’ una promessa speciale di onorare in modo particolare Maria nella tua Parrocchia, eleva a Lei un trono di amore e vedrai come prospererà ogni tua iniziativa. Non puoi togliere i disordini in un momento. Se pulisci un vasello incrostato di melma resinosa senza prima a lungo ammollirla, tu spezzi il vasello e non lo pulisci.
Abbi prudenza nel tuo zelo, e avvicina le anime all’Eucaristia perché io le nutrisca e le sani. Formale con la tua preghiera, con la tua pietà, col tuo esempio, e le vedrai tutte strette al tuo cuore, non con vincoli umani ma con i vincoli della grazia e della carità.
Non ti scoraggiare. La croce è un bene per te, e le tue lacrime fecondano il tuo campo.

da una lettera del servo di Dio Don Dolindo del 16 luglio 1953 al Sac. L. B.

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