Festa di Cristo Re: amare i fratelli secondo la misura dell’amore di Cristo
Don Fabio Rosini (catechesi audio)
E’ molto interessante oggi, come sempre, logicamente, confrontare la prima lettura con il Vangelo perché c’è un rovesciamento di prospettiva… ovverosia nella prima lettura c’è il famoso rimprovero, fatto per mezzo del profeta Ezechiele, da parte del Dio di Israele ai pastori, a coloro che governano il popolo, a coloro che lo pascolano, perché si son comportati male… non hanno veramente fatto il bene del popolo di Dio. Allora Dio adirato dice: “Io stesso cercherò le mie pecore, siccome non lo fate voi… le passerò in rassegna”. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge, no? “E cosa farò? Condurrò le mie pecore al pascolo, le farò riposare, andrò in cerca della pecora perduta, ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte, le pascerò con giustizia”.
Questa prospettiva ci fa vedere un certo tipo di realtà. Quella cosa per cui, siccome gli uomini non si son occupati dei loro fratelli, Dio stesso andrà a occuparsi di questi bisognosi, di queste persone che hanno bisogno di cura, secondo le loro diverse necessità.
Invece, il Vangelo rovescia la prospettiva se ci pensiamo bene, si da una parte compare questo Re Pastore il quale (come dice l’ultimo versetto della prima lettura: “giudicherò tra pecora e pecora, montoni e capri”) divide, discerne, chiarisce quello che è il confronto tra le opere di alcuni e le opere di altri e metterà alla destra e alla sinistra chi ha fatto qualcosa – che cosa però? –. Il principio del discernimento è necessario per capire dove vien messa una pecora, dove vien messo un capro: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Ho avuto sete e mi avete dato da bere. Ero straniero e mi avete accolto. Nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. Oppure non lo avete fatto…”.
Nella prima lettura era il Signore che si prendeva cura del suo popolo, qui – nel Vangelo – è ognuno di noi che si prende cura di qualcuno. Ed è curioso: “avevo fame…”, cioè Dio si cura di noi, nella prima lettura, perché noi non abbiamo carità fra di noi… nella seconda lettura noi siamo chiamati a prenderci cura, curiosamente, di Lui… “Avevo fame e mi avete dato da mangiare”, cioè chiamati tutti quanti a essere pastori, chiamati a dare da mangiare a qualcuno, chiamati a visitare qualcuno, chiamati a curare qualcuno.
Dov’è il punto? Ce ne sono due:
Innanzi tutto: ognuno di noi ha qualcuno di cui prendersi cura. Attenzione quando partiamo per grandi opere eclatanti, altisonanti, magari molto estranee al nostro contesto vitale. Partiamo da quello che già Dio ci ha dato da fare ,perché non ci succeda che noi ci stiamo occupando di non si sa chi, mentre non ci stiamo occupando della prima emergenza che ci circonda… delle persone che Dio, in un discernimento che va fatto con semplicità e semplicità, ci affida. Secondo ministero, secondo quello che è la nostra propria condizione.
Prima di tutto noi abbiamo da servire qualcuno. Sicuramente, non c’è ombra di dubbio. Ognuno di noi è chiamato a servire qualcun altro. Noi non viviamo se non ci serviamo reciprocamente, nessun uomo e nessuna donna può vivere se non è aiutato da qualcun altro e noi tutti abbiamo bisogno di essere pascolati e noi tutti siamo, quindi, chiamati a pascolare qualcuno, a pascere qualcuno, a occuparci di qualcuno.
La cosa interessante è, appunto, il rovesciamento rispetto alla prima lettura. Quando faremo questo, infondo, stiamo occupandoci di Cristo. Infatti, qui sia i buoni che i cattivi non Lo riconoscono: “quando mai ti abbiamo visto e ti abbiamo dato da mangiare?”, oppure “quando ti abbiamo visto affamato e non ti abbiamo dato da mangiare?”.
E svelerà, questo Re Pastore, che era nascosto nelle persone che erano intorno. Ovverosia “ogni volta che avete fatto questo ai miei fratelli più piccoli lo avete fatto a Me”.
Qui è il cambio tra le opere di semplice filantropia con la carità cristiana. La carità cristiana è molto diversa dalla filantropia. Quest’ultima è amore dell’uomo secondo concetti di giustizia e di solidarietà, che sono cose molto buone, non c’è niente di male, ma l’amore cristiano è una relazione con Cristo, quando si fanno le cose alle persone non le si fanno perché uno ha un concetto o un’astrazione di bontà, per cui fa le cose che, logicamente, saranno limitate dal concetto, limitate anche dal merito, dalla giustizia, dall’opportunità, dalla quantità di parametri umani che resteranno sempre e comunque validi in questo ambito. Qui si va oltre: si va a una relazione con Cristo ovverosia si fa quello che Lui ha fatto per noi. Qui entrano altri parametri, qui la giustizia diventa meno importante perché non faremo le cose solo per chi se lo merita ma anche per chi non se lo merita… perché Cristo ha fatto questo con noi.
Noi in questo entreremo in categorie come “l’amore al nemico”, che sono straordinarie, oltre l’umano che sono solamente del tipo che appartiene allo Spirito Santo, non appartiene allo spirito umano. Qui noi non facciamo le cose perché sono giuste, perché io con la mia volontà ho capito che vanno fatte, ma perché io ho ricevuto tanto. Si parte nelle opere di misericordia da come Cristo le ha applicate a noi e, quindi, noi le facciamo a Lui. Noi amiamo Lui che ci ha tanto amato, quindi non ho bisogno che l’altro se lo meriti quello che io gli faccio. Lo faccio anche se l’altro non se lo merita, lo faccio perché la mia relazione con lui è una triangolazione con Cristo. Lo so che l’altro è povero… è povero come lo sono stato io, per questo userò misericordia, userò pazienza secondo una misura che non è la misura della mia giustizia, dei miei poveri concetti umani, ma secondo la misura dell’amore di Cristo, il Quale quando ero carcerato nelle mie schiavitù, nelle mie assurdità, è venuto a liberarmi, è venuto a visitarmi, ha avuto pazienza con me, quando avevo fame di una fame più profonda non mi ha lasciato senza sostegno. Quando ero malato delle mie malattie interiori, quelle invisibili, quelle che si vivono tranquillamente senza mostrarle, Lui ha avuto pazienza con me. Piano piano mi ha preso per mano e mi ha condotto a riconoscere la mia malattia e mi ha insegnato a vivere nella sua salute.
E’ dalla relazione con Cristo che partono le opere di misericordia, altrimenti sono solamente delimitate dallo spazio della nostra razionalità che è tanto piccola, che è tanto mediocre.