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Il perdono

Posté par atempodiblog le 27 mars 2011

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« Il perdono è quello che è l’olio per il motore. Se uno esce in auto senza una goccia d’olio nel motore, dopo pochi chilometri andrà tutto in fiamme. Come l’olio anche il perdono scioglie gli attriti ».

Padre Raniero Cantalamessa

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Amore che perdona

Posté par atempodiblog le 27 novembre 2009

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“L’eros di Dio per l’uomo – ci indica l’enciclica “Deus caritas est” – è insieme totalmente agape. Non soltanto perché viene donato del tutto gratuitamente, senza alcun merito precedente, ma anche perché è amore che perdona”.

Anche questa qualità rifulge nel massimo grado nel mistero della croce. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”, aveva detto Gesú nel cenacolo (Gv 15,13). Verrebbe da esclamare: Sì che esiste, o Cristo, un amore più grande che dare la vita per i propri amici. Il tuo! Tu non hai dato la vita per i tuoi amici, ma per i tuoi nemici! Paolo dice che a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto, però si trova. “Ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito” (Rom 5, 6-8).

Ma non si tarda a scoprire che il contrasto è solo apparente. La parola “amici” in senso attivo indica coloro che ti amano, ma in senso passivo indica coloro che sono amati da te. Gesù chiama Giuda “amico” (Mt 26, 50) non perché Giuda lo amasse, ma perché lui lo amava! Non c’è amore più grande che dare la propria vita per i nemici, considerandoli amici: ecco il senso della frase di Gesù. Gli uomini possono essere, o atteggiarsi, a nemici di Dio, Dio non potrà mai essere nemico dell’uomo. È il terribile vantaggio dei figli sui padri (e sulle madri).

Dobbiamo riflettere in che modo, concretamente, l’amore di Cristo sulla croce può aiutare l’uomo d’oggi a trovare, come dice l’enciclica, “la strada del suo vivere e del suo amare”. Esso è un amore di misericordia, che scusa e perdona, che non vuole distruggere il nemico, ma semmai l’inimicizia (cfr. Ef 2, 16). Geremia, il più vicino tra gli uomini al Cristo della Passione, prega Dio dicendo: “Possa io vedere la tua vendetta su di loro” (Ger 11, 20); Gesú muore dicendo: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).

È proprio di questa misericordia e capacità di perdono che abbiamo bisogno oggi, per non scivolare sempre più nel baratro di una violenza globalizzata. L’Apostolo scriveva ai Colossesi: “Rivestitevi, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti (alla lettera: di viscere!) di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi” (Col 3, 12-13).

Avere misericordia significa impietosirsi (misereor) nel cuore (cordis) a riguardo del proprio nemico, capire di che pasta siamo fatti tutti quanti e quindi perdonare. Quanta verità nel verso del nostro Pascoli: “Uomini, pace! Nella prona terra troppo è il mistero” (‘I due fanciulli’). Un comune destino di morte incombe su tutti. L’umanità è avvolta da tanta oscurità e piegata (“prona”) sotto tanta sofferenza che dovremmo pure avere un po’ di compassione e di solidarietà gli uni per gli altri!

di Padre Raniero Cantalamessa

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Amare di vero cuore

Posté par atempodiblog le 22 août 2009

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“Prima della beneficenza viene la benevolenza; prima che fare il bene, viene il volere bene”.

Padre Raniero Cantalamessa

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Dal cratere di una granata

Posté par atempodiblog le 1 août 2009

Dal cratere di una granata dans Padre Raniero Cantalamessa cratere

Nel 1972 su una rivista clandestina fu pubblicato un testo. Si tratta di una preghiera trovata nel taschino della giubba del soldato Aleksander Zacepa, composta pochi istanti prima della battaglia in cui perse la vita nella seconda guerra mondiale. (Raniero Cantalamessa)
Dice:

Ascolta, o Dio!  Non una volta nella mia vita ho parlato con te, ma oggi mi vien voglia di farti festa.
Sai, fin da piccolo mi hanno sempre detto che non esisti… io stupido ci ho creduto.
Non ho mai contemplato le tue opere, ma questa notte ho guardato dal cratere di una granata al cielo di stelle sopra di me e affascinato dal loro scintillare, ad un tratto ho capito come possa esser terribile l’inganno…
Non so, o Dio, se mi darai la tua mano, ma io ti dico e tu mi capisci…
Non è strano che in mezzo a uno spaventoso inferno mi sia apparsa la luce e io abbia scorto te?
Oltre a questo non ho nulla da dirti. Sono felice solo perché ti ho conosciuto.
A mezzanotte dobbiamo attaccare, ma non ho paura, tu guardi a noi.
E il segnale! Me ne devo andare. Si stava bene con te.
Voglio ancora dirti, e tu lo sai, che la battaglia sarà dura: può darsi che questa notte stessa venga a bussare da te.
E anche se finora non sono stato tuo amico, quando verrò, mi permetterai di entrare?
Ma che succede, piango?
Dio mio, tu vedi quello che mi è capitato, soltanto ora ho incominciato a veder chiaro…
Salve, mio Dio, vado… difficilmente tornerò.
Che strano, ora la morte non mi fa paura.

Edito in di V. Cattana, Le più belle preghiere del mondo, Mondadori 2006, p. 188

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Proteggiamo l’amore

Posté par atempodiblog le 12 septembre 2008

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“Ama e fai ciò che vuoi” diceva Agostino. “Ama e fai ciò che vuoi” cioè preoccupati che nel tuo cuore ci sia l’amore verso quella persona, mettiamo. Metti nel tuo cuore l’amore, poi, qualunque cosa fai, va bene: se correggi è amore, se lasci correre è amore, se parli è amore, se taci è amore, perché questa legge non può fare che bene. Il nostro amore quaggiù, in questo mondo, è soggetto a cambiare. E’ instabile. Non siamo confermati in carità, allora, mentre noi abbiamo chiaro che Dio è l’oggetto massimo più desiderabile, al tempo stesso temiamo che possiamo cambiare parere domani, esserci stancati. Cosa facciamo? Beh, facciamo quello che fece Ulisse, il quale voleva rivedere la moglie e la patria; sapeva che doveva attraversare un luogo pericoloso: le sirene, non era sicuro di se stesso, di poter mantenere fermo il proposito, allora si fa legare all’albero della nave. Abbiamo trovato l’oggetto del nostro amore, sappiamo però che siamo volubili e possiamo cambiare anche domani, e allora ci leghiamo, come diceva Kierkegaard: “…per proteggerci contro la disperazione di non poter amare sempre”. La stessa spiegazione vale anche per il matrimonio. Al tempo di San Francesco c’erano quelli che ragionavano così e dicevano: “Non abbiamo più bisogno di regole, di leggi perché abbiamo lo Spirito e la libertà”. No! Noi sappiamo che queste leggi hanno una funzione, servono a proteggere proprio l’amore.

Fr. Raniero Cantalamessa

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Le stelle marine

Posté par atempodiblog le 27 août 2008

La valanga ingrossa e trascina tutto con se; ma inizia con un pugno di neve che comincia a rotolare e a fare massa inglobando quello che trova sul suo percorso. La valanga distrugge ma se il pugno di neve rappresentasse l’amore che edifica i risultati sarebbero ben diversi. Facciamo lo sforzo di realizzare un pugno d’amore da far rotolare come una pallina di neve, poi lo Spirito Santo la trasformerà in una valanga.

da un pensiero di Fr. Raniero Cantalamessa

Le stelle marine dans Don Bruno Ferrero 15stellemarinenf6

Una tempesta terribile si abbatté sul mare. Lame affilate di vento gelido trafiggevano l’acqua e la sollevavano in ondate gigantesche che si abbattevano sulla spiaggia come colpi di maglio, o come vomeri d’acciaio aravano il fondo marino scaraventando le piccole bestiole del fondo, i crostacei e i piccoli molluschi, a decine di metri dal bordo del mare.
Quando la tempesta passò, rapida come era arrivata, l’acqua si placò e si ritirò. Ora la spiaggia era una distesa di fango in cui si contorcevano nell’agonia migliaia e migliaia di stelle marine. Erano tante che la spiaggia sembrava colorata di rosa.
Il fenomeno richiamò molta gente da tutte le parti della costa. Arrivarono anche delle troupe televisive per filmare lo strano fenomeno. Le stelle marine erano quasi immobili. Stavano morendo.
Tra la gente, tenuto per mano dal papà, c’era anche un bambino che fissava con gli occhi pieni di tristezza le piccole stelle di mare. Tutti stavano a guardare e nessuno faceva niente.
All’improvviso, il bambino lasciò la mano del papà, si tolse le scarpe e le calze e corse sulla spiaggia. Si chinò, raccolse con le piccole mani tre piccole stelle del mare e, sempre correndo, le portò nell’acqua. Poi tornò indietro e ripeté l’operazione.
Dalla balaustrata di cemento, un uomo lo chiamò.
« Ma che fai, ragazzino? ».
« Ributto in mare le stelle marine. Altrimenti muoiono tutte sulla spiaggia » rispose il bambino senza smettere di correre.
« Ma ci sono migliaia di stelle marine su questa spiaggia: non puoi certo salvarle tutte. Sono troppe! » gridò l’uomo.
« E questo succede su centinaia di altre spiagge lungo la costa! Non puoi cambiare le cose! ».
Il bambino sorrise, si chinò a raccogliere un’altra stella di mare e gettandola in acqua rispose: « Ho cambiato le cose per questa qui ».
L’uomo rimase un attimo in silenzio, poi si chinò, si tolse scarpe e calze e scese in spiaggia. Cominciò a raccogliere stelle marine e a buttarle in acqua. Un istante dopo scesero due ragazze ed erano in quattro a buttare stelle marine nell’acqua. Qualche minuto dopo erano in cinquanta, poi cento, duecento, migliaia di persone che buttavano stelle di mare nell’acqua.
Così furono salvate tutte.

Per cambiare il mondo basterebbe che qualcuno, anche piccolo, avesse il coraggio di incominciare.

di Bruno Ferrero – A volte basta un raggio di sole

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Francesco e Chiara due innamorati, ma di chi?

Posté par atempodiblog le 13 août 2008

Francesco e Chiara due innamorati, ma di chi? dans Fede, morale e teologia Santa-Chiara-e-San-Franscesco

È divenuto un luogo comune parlare dell’amicizia tra Chiara e Francesco in termini di amore umano. Nel suo noto saggio su Innamoramento e amore Francesco Alberoni scrive che “il rapporto fra santa Chiara e san Francesco ha tutti i caratteri di un innamoramento trasferito (o sublimato) nella divinità”. “Francesco e Chiara”di Fabrizio Costa, la fiction televisiva in onda su Rai Uno nei giorni 6 e 7 Ottobre, meglio forse di “Fratello Sole e sorella Luna” di Zeffirelli, ha saputo evitare questo cedimento al romanticismo, senza nulla togliere alla bellezza anche umana di un tale incontro.

Come ogni uomo, anche se santo, Francesco può aver sperimentato il richiamo della donna e del sesso. Le fonti riferiscono che per vincere una tentazione del genere una volta il santo si rotolò d’inverno nella neve. Ma non si trattava di Chiara! Quando tra un uomo e una donna sono uniti in Dio, questo vincolo, se è autentico, esclude ogni attrazione di tipo erotico, senza neppure che ci sia lotta. È come messo al riparo. È un altro tipo di rapporto. Tra Chiara e Francesco c’era certamente un fortissimo legame anche umano, ma di tipo paterno e filiale, non sponsale. Francesco chiamava Chiara la sua “pianticella” e Chiara chiamava Francesco “il nostro Padre”. L’intesa straordinariamente profonda tra Francesco e Chiara che caratterizza l’epopea francescana non viene “dalla carne e dal sangue”. Non è, per fare un esempio altrettanto celebre, come quella tra Eloisa ed Abelardo, tra Dante e Beatrice. Se così fosse stato, avrebbe lasciato forse una traccia nella letteratura, ma non nella storia della santità. Con una nota espressione di Goethe, potremmo chiamare quella di Francesco e Chiara una “affinità elettiva”, a patto di intendere “elettiva” non solo nel senso di persone che si sono scelte a vicenda, ma nel senso di persone che hanno fatto la stessa scelta.Antoine de Saint-Exupéry ha scritto che “amarsi non vuol dire guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”. Chiara e Francesco non hanno davvero passato la vita a guardarsi l’un l’altro, a stare bene insieme. Si sono scambiati tra loro pochissime parole, quasi solo quelle riferite nelle fonti. C’era una stupenda riservatezza tra loro, tanto che il santo veniva a volte rimproverato amabilmente dai suoi frati di essere troppo duro con Chiara.

Solo alla fine della vita, vediamo questo rigore nei rapporti attenuarsi e Francesco cercare sempre più spesso conforto e conferma presso la sua “Pianticella”. È a San Damiano che si rifugia prossimo alla morte, divorato da malattie, ed è vicino a lei che intona il cantico di Frate Sole e di sorella Luna, con quell’elogio di “Sora Acqua”, “utile et humile et pretiosa et casta”, che sembra scritto pensando a Chiara.

Invece di guardarsi l’un l’altro, Chiara e Francesco hanno guardato nella stessa direzione. E si sa qual è stata per loro questa “direzione”. Chiara e Francesco erano come i due occhi che guardano sempre nella stessa direzione. Due occhi non sono solo due occhi, cioè un occhio ripetuto due volte; nessuno dei due è solo un occhio di riserva o di ricambio. Due occhi che fissano l’oggetto da angolature diverse danno profondità, rilievo all’oggetto, permettono di “avvolgerlo” con lo sguardo. Così è stato per Chiara e Francesco. Essi hanno guardato lo stesso Dio, lo stesso Signore Gesù, lo stesso Crocifisso, la stessa Eucaristia, ma da “angolature”, con doni e sensibilità propri: quelli maschili e quelli femminili. Insieme hanno colto di più di quanto avrebbero potuto fare due Francesco o due Chiara.
Se c’è una lacuna nella fiction su Francesco e Chiara è forse l’insufficiente rilievo dato alla preghiera e con essa alla dimensione soprannaturale della loro vita. Una lacuna forse inevitabile quando la vita dei santi è portata sullo schermo. La preghiera è silenzio, quiete, solitudine, mentre la parola “cinema” viene dal greco kinema che significa movimento! Ha fatto eccezione il film “Il grande silenzio” sulla vita dei certosini, ma anch’esso non reggerebbe sul piccolo schermo.

In passato si tendeva a presentare la personalità di Chiara troppo subordinata a quella di Francesco, appunto come “sorella Luna” che vive di riflesso della luce di “fratello Sole”. L’ultimo esempio in questo senso è il libro uscito nell’estate scorsa su “l’amicizia tra Francesco e Chiara” (John M. Sweeney, Light in the Dark Age: the Friendship of Francis and Clare of Assisi, Paraclete Press 2007 ).

Tanto più quindi è da lodare, nella fiction televisiva, la scelta di presentare Francesco e Chiara come due vite parallele, che si intrecciano e si svolgono in sincronia, con uguale spazio dato all’uno e all’altra. È la prima volta che avviene, in questa forma. Ciò risponde alla sensibilità attuale tesa a mettere in luce l’importanza della presenza femminile nella storia, ma nel caso nostro corrisponde alla realtà e non è una forzatura.

La scena che mi ha colpito di più vedendo, in anteprima, la fiction “Francesco e Chiara” è quella emblematica iniziale, una specie di chiave di lettura di tutta la storia. Francesco cammina su un prato, Chiara lo segue mettendo i suoi piedi, quasi per gioco, sulle orme lasciate da Francesco e alla domanda di lui: “Stai seguendo le mie orme?”, risponde luminosa: “No, altre molto più profonde”.

Tratto da: cantalamessa.org – Avvenire

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Le cose importanti

Posté par atempodiblog le 10 août 2008

Ci sono cose nella vita che sono importanti, ma non urgenti (nel senso che se non le fai, apparentemente non succede nulla); viceversa, ci sono cose che sono urgenti ma non importanti. Il nostro rischio è di sacrificare sistematicamente le cose importanti per correre dietro a quelle urgenti, spesso del tutto secondarie.

 

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Un giorno, un vecchio professore fu chiamato come esperto per parlare sulla pianificazione più efficace del proprio tempo ai quadri superiori di alcune grosse compagnie nordamericane. Decise allora di tentare un esperimento. In piedi, davanti al gruppo pronto a prendere appunti, tirò fuori da sotto il tavolo un grosso vaso di vetro vuoto. Insieme prese anche una dozzina di pietre grosse quanto palle da tennis che depose delicatamente una ad una nel vaso fino a riempirlo. Quando non si poteva aggiungere più altri sassi, chiese agli allievi: “Vi sembra che il vaso sia pieno?” e tutti risposero “Si!”. Attese qualche istante e aggiunse: “Siete sicuri?”

Si chinò di nuovo e tirò fuori da sotto il tavolo una scatola piena di breccia che versò accuratamente sopra le grosse pietre, muovendo leggermente il vaso perché la breccia potesse infiltrarsi tra le pietre grosse fino al fondo. “È pieno questa volta il vaso?”, chiese. Divenuti più prudenti, gli allievi cominciarono a capire e risposero: “Forse non ancora”. “Bene!”, rispose il vecchio professore. Si chinò di nuovo e tirò fuori questa volta un sacchetto di sabbia che con precauzione versò nel vaso. La sabbia riempì tutti gli spazi tra i sassi e la breccia. Quindi chiese di nuovo: “È pieno ora il vaso?”. E tutti senza esitare risposero: “No!”. Infatti rispose il vecchio e, come si aspettavano, prese la caraffa che era sul tavolo e ne versò l’acqua nel vaso fino all’orlo.

A questo punto egli alza gli occhi verso l’uditorio e domanda: “Quale grande verità ci mostra questo esperimento?”. Il più audace, pensando al tema del corso (la pianificazione del tempo), rispose: “Questo dimostra che anche quando la nostra agenda è completamente piena, con un po’ di buona volontà, si può sempre aggiungervi qualche impegno in più, qualche altra cosa da fare”. “No, rispose il professore; non è questo. Quello che l’esperimento dimostra è un’altra cosa: se non si mettono per primo le grosse pietre nel vaso, non si riuscirà mai a farvele entrare in seguito. Un attimo di silenzio e tutti presero coscienza dell’evidenza dell’affermazione. Quindi proseguì: “Quali sono le grosse pietre, le priorità, nella vostra vita? La salute? La famiglia? Gli amici? Difendere una causa? Realizzare qualcosa che vi sta a cuore? La cosa importante è mettere queste grosse pietre per prime nella vostra agenda. Se si da la priorità a mille altre piccole cose (la breccia, la sabbia), si riempirà la vita di sciocchezze e non si troverà mai il tempo per dedicarsi alle cose veramente importanti. Dunque non dimenticate di porvi spesso la domanda: “Quali sono le grosse pietre nella mia vita?” e di metterle al primo posto nella vostra agenda”. Poi con un gesto amichevole il vecchio professore salutò l’uditorio e abbandonò la sala.

Alle “grosse pietre” menzionate dal professore –la salute, la famiglia, gli amici…- bisogna aggiungerne due altre, che sono le più grosse di tutte: i due più grandi comandamenti: amare Dio e amare il prossimo. Veramente, amare Dio, più che un comandamento, è un privilegio, una concessione. Se un giorno lo scoprissimo, non cesseremmo di ringraziare Dio per il fatto che ci comanda di amarlo e non vorremmo far altro che coltivare questo amore.

Raccontata da Padre Raniero Cantalamessa

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E’ amore!

Posté par atempodiblog le 26 mai 2008

Se tutte le Bibbie del mondo, è stato detto, andassero distrutte per qualche cataclisma o furore iconoclasta e ne rimanesse soltanto una copia; e anche questa copia fosse così danneggiata che solo una pagina fosse ancora intera, e anche questa pagina fosse così stropicciata che solo una riga si potesse ancora leggere: se tale riga è la riga della Prima lettera di Giovanni dove è scritto « Dio è amore! », tutta la Bibbia sarebbe salva, perché tutto è contenuto lì.

di Padre Raniero Cantalamessa

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