Quando “manca la pietà nel cuore, sempre si pensa male”

Posté par atempodiblog le 12 janvier 2016

Eli ed Anna

La scena descritta dal libro di Samuele fa prima udire le parole accorate di Anna e poi i pensieri del sacerdote, il quale non riuscendo a udire niente bolla con malevola superficialità il muto bisbiglìo della donna: per lui è solo “un’ubriaca”. E invece, come poi accadrà, quel pianto a dirotto sta per strappare a Dio il miracolo richiesto:

“Anna pregava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra, ma la voce non si udiva. Questo è il coraggio di una donna di fede che con il suo dolore, con le sue lacrime, chiede al Signore la grazia. Tante donne brave sono così nella Chiesa, tante!, che vanno a pregare come se fosse una scommessa… Ma pensiamo soltanto a una grande, Santa Monica, che con le sue lacrime è riuscita ad avere la grazia della conversione di suo figlio, Sant’Agostino. Tante ce ne sono così”.

Eli, il sacerdote, è “un povero uomo” verso il quale, ammette Papa Francesco, “sento una certa simpatia” perché “anche in me trovo difetti che mi fanno avvicinare a lui e capirlo bene”. “Con quanta facilità – afferma il Papa – noi giudichiamo le persone, con quanta facilità non abbiamo il rispetto di dire: ‘Ma cosa avrà nel suo cuore? Non lo so, ma io non dico nulla…’”. Quando “manca la pietà nel cuore, sempre si pensa male” e non si comprende chi invece prega “col dolore e con l’angoscia” e “affida quel dolore e angoscia al Signore”.

Tratto da: Radio Vaticana

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Una Chiesa umile

Posté par atempodiblog le 15 décembre 2015

papa francesco misericordioso

“Una Chiesa umile, che non si pavoneggi dei poteri, delle grandezze. Umiltà non significa una persona languida, fiacca, che fa gli occhi in bianco… No, questa non è umiltà, questo è teatro! Questo è fare finta di umiltà.

L’umiltà ha un primo passo: ‘Io sono peccatore’. Se tu non sei capace di dire a te stesso che sei peccatore e che gli altri sono migliori di te, non sei umile. Il primo passo nella Chiesa umile è sentirsi peccatrice, il primo passo di tutti noi è lo stesso.

Se qualcuno di noi ha l’abitudine di guardare i difetti degli altri e chiacchierare sopra non è umile, si crede giudice degli altri”.

Papa Francesco

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Corvi, serpenti, zizzania. Le battaglie del Papa

Posté par atempodiblog le 5 novembre 2015

Corvi, serpenti, zizzania. Le battaglie del Papa
Per Bergoglio c’è una lotta violenta tra la luce e il buio. Alle guardie svizzere ha detto che il pericolo per il Vaticano non arriva da eserciti stranieri, ma dal diavolo che vuole dividere. Si incarna in chi tradisce la fiducia con azioni e maldicenze
di Gian Antonio Stella – Corriere della Sera

papa francesco

«Aquí la Gracia de Dios es mucha pero el demonio está en persona… ». Era questa, scrive Gianluigi Nuzzi in Via crucis (Chiarelettere), la battuta più usata nella commissione di cui facevano parte i due «corvi» vaticani. In spagnolo, la lingua del Papa: «Qui la Grazia di Dio è molta ma il demonio è presente in persona». E sono tanti, oggi, a pensare: appunto…

Papa Francesco batte e ribatte da tempo sul tema della comunità, delle chiacchiere, della zizzania. La più netta fu l’omelia nel settembre di due anni fa, quando invitò i gendarmi della Santa Sede ad allontanare i pettegoli: «C’è una tentazione che al diavolo piace tanto: quella contro l’unità, quando le insidie vanno proprio contro l’unità di quelli che vivono e lavorano in Vaticano. Il diavolo cerca di creare la guerra interna, una sorta di guerra civile e spirituale, no? È una guerra che non si fa con le armi che noi conosciamo: si fa con la lingua».

Poi fu ancora più chiaro: «Qualcuno di voi potrà dirmi: “Ma, Padre, noi come c’entriamo qui col diavolo? Noi dobbiamo difendere la sicurezza di questo Stato, di questa Città: che non ci siano i ladri, che non ci siano i delinquenti, che non vengano i nemici a prendere la Città”. Anche quello è vero, ma Napoleone non tornerà più, eh? Se ne è andato. E non è facile che venga un esercito qui a prendere la Città. La guerra oggi, almeno qui, si fa altrimenti: è la guerra del buio contro la luce; della notte contro il giorno».

Dicono Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, che firmano i libri sul Vaticano in uscita domani e intorno a cui lo scandalo è deflagrato come tritolo, che hanno fatto solo il loro mestiere. Difficile negarlo. Ma è dura negare anche che chi ha passato loro le carte, per quanto dica d’averlo fatto «per aiutare il Papa», ha tradito quel rapporto di fiducia che spinse proprio Francesco ad affidare loro un compito delicatissimo.

Non è un caso che ieri l’Osservatore Romano avesse un titolone che, parlando della Messa del Papa in suffragio dei cardinali e dei vescovi morti, diceva: «Il serpente sulla croce». Certo, non è tema nuovo per Francesco. Ne aveva parlato a marzo partendo dall’episodio biblico degli ebrei che si ribellano alle fatiche della fuga nel deserto e cominciano «a sparlare di Dio» e molti di loro finiscono morsi da serpenti velenosi: «Solo la preghiera di Mosè che innalza un bastone con un serpente, simbolo della Croce su cui verrà appeso Cristo, diverrà per chi lo guarda salvezza dal veleno». Ed era tornato sul tema un mese e mezzo fa. Quello spazio ai serpenti di oggi, però, la dice lunga…

Fatto è, ha scritto l’anno scorso su Avvenire Stefania Falasca, la giornalista da decenni amica di Jorge Mario Bergoglio, «che forse nessun altro Pontefice, nella storia recente, con un linguaggio puntuto ed efficace ha battuto tanto su questo male. E di fatto non c’è piaga dolente come questa della maldicenza…». Del resto, proseguiva, «il male biforcuto prodotto dalla “clericas invidia”, come la definiva il celebre moralista Haring ai tempi del Concilio, è ben noto. E non c’è qui bisogno di scomodare Dante che definiva l’invidia “meretrice delle corti”».

Batte e ribatte, batte e ribatte, il Papa: «Su questo punto, non c’è posto per le sfumature. Se tu parli male del fratello, uccidi il fratello».

E ancora: «Noi siamo abituati alle chiacchiere, ai pettegolezzi. Ma quante volte le nostre comunità, anche la nostra famiglia, sono un inferno dove si gestisce questa criminalità di uccidere il fratello e la sorella con la lingua!».

Maledetta lingua! La lingua che divide le parrocchie, le comunità, la Chiesa: «Non vi dico di tagliarvi la lingua ma…».

Insomma, «quando si dice di una persona che ha la lingua di serpente, cosa si vuol dire? Che le sue parole uccidono! Pertanto, non solo non bisogna attentare alla vita del prossimo, ma neppure riversare su di lui il veleno dell’ira e colpirlo con la calunnia. È tanto brutto chiacchierare! All’inizio può sembrare una cosa piacevole, anche divertente, come succhiare una caramella. Ma alla fine, ci riempie il cuore di amarezza, e avvelena anche noi».

E c’è chi ricorda come un presagio il giorno in cui le colombe liberate dal Papa furono attaccate da un gabbiano e da un corvo. «Lo Spirito santo ci liberi dai corvi, segni del male!», scrisse una certa Ninetta sulla pagina Facebook del Papa contro chi ricordava che «anche i corvi sono creature di Dio». Certo è che Francesco ha vissuto così male le fughe di notizie da non potere, oggi, sorridere della lettera che gli mandò il presidente del San Lorenzo, la squadra di Baires per cui tifa: «Saludamos el primer Papa cuervo!». Perché proprio il corvo, pensa un po’, è il simbolo della squadra.

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Papa Francesco: calunnie, invidie e trappole vengono dal diavolo

Posté par atempodiblog le 9 octobre 2015

Papa Francesco: calunnie, invidie e trappole vengono dal diavolo
Interpretare male chi fa il bene, calunniare per invidia, tendere trappole per far cadere, tutto questo non viene da Dio ma dal diavolo. Il Papa commenta il Vangelo del giorno presiedendo la Messa del mattino a Casa Santa Marta ed esorta al discernimento e alla vigilanza.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

 papa francesco

Rigidità dottrinali
Nel Vangelo di questo venerdì, Gesù scaccia un demonio, fa il bene, sta tra la gente che lo ascolta e riconosce la sua autorità, ma c’è chi lo accusa, sottolinea il Papa:

“C’era un altro gruppo di persone che non gli voleva bene e cercava sempre di interpretare le parole di Gesù e anche gli atteggiamenti di Gesù, in modo diverso, contro Gesù. Alcuni per invidia, altri per rigidità dottrinali, altri perché avevano paura che venissero i romani e facessero strage; per tanti motivi cercavano di allontanare l’autorità di Gesù dal popolo e anche con la calunnia, come in questo caso. ‘Lui scaccia i demoni per mezzo di Belzebù. Lui è un indemoniato. Lui fa delle magie, è uno stregone’. E continuamente lo mettevano alla prova, gli mettevano davanti un tranello, per vedere se cadeva”.

Discernimento e vigilanza
Papa Francesco invita al discernimento e alla vigilanza. “Saper discernere le situazioni”: ciò che viene da Dio e ciò che viene dal maligno che “sempre cerca di ingannare”, “di farci scegliere una strada sbagliata”. “Il cristiano non può essere tranquillo che tutto va bene, deve discernere le cose e guardare bene da dove vengono, qual è la loro la radice”.

Il diavolo anestetizza la coscienza
E poi la vigilanza, perché in un cammino di fede “le tentazioni tornano sempre, il cattivo spirito non si stanca mai”. Se “è stato cacciato via” ha “pazienza, aspetta per tornare” e se lo si lascia entrare si cade in una situazione peggiore. Infatti, prima si sapeva che era “il demonio che tormentava”. Dopo, “il Maligno è nascosto, viene con i suoi amici molto educati, bussa alla porta, chiede permesso, entra e convive con quell’uomo, la sua vita quotidiana e, goccia a goccia, dà le istruzioni”. Con “questa modalità educata” il diavolo convince a “fare le cose con relativismo”, tranquillizzando la coscienza:

“Tranquillizzare la coscienza. Anestetizzare la coscienza. E questo è un male grande. Quando il cattivo spirito riesce ad anestetizzare la coscienza si può parlare di una sua vera vittoria, diventa il padrone di quella coscienza: ‘Ma, questo accade dappertutto! Sì, ma tutti, tutti abbiamo problemi, tutti siamo peccatori, tutti…’. E nel ‘tutti’ c’è il ‘nessuno’. ‘Tutti, ma io no’. E così si vive questa mondanità che è figlia del cattivo spirito”.

Fare sempre esame di coscienza
Il Papa ribadisce le due parole, vigilanza e discernimento:

“Vigilanza. La Chiesa ci consiglia sempre l’esercizio dell’esame di coscienza: cosa è successo oggi nel mio cuore, oggi, per questo? E’ venuto questo demonio educato con i suoi amici da me?  Discernimento. Da dove vengono i commenti, le parole, gli insegnamenti, chi dice questo? Discernere e vigilanza, per non lasciare entrare quello che inganna, che seduce, che affascina. Chiediamo al Signore questa grazia, la grazia del discernimento e la grazia della vigilanza”.

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Francesco: tutti si guardino dall’essere ipocriti, anche il Papa

Posté par atempodiblog le 11 septembre 2015

“Dov’è misericordia e discrezione,
ivi non è superfluità
né durezza di cuore”.

San Francesco d’Assisi

papa carezza

Francesco: tutti si guardino dall’essere ipocriti, anche il Papa
Per essere misericordiosi verso gli altri, dobbiamo avere il coraggio di accusare noi stessi. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che dobbiamo imparare a non giudicare gli altri, altrimenti diventiamo ipocriti. Un rischio, ha avvertito, da cui tutti si devono guardare “dal Papa in giù”.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

“Generosità del perdono, generosità della misericordia”. Papa Francesco ha sottolineato che, in questi giorni, la Liturgia ci ha fatto riflettere sullo stile cristiano rivestito di sentimenti di tenerezza, bontà, mansuetudine e ci esortava a sopportarci a vicenda.

Avere il coraggio di accusare se stessi
Il Signore, ha proseguito, ci parla della “ricompensa”: “non giudicate, non sarete giudicati. Non condannate e non sarete condannati”:

“Ma noi possiamo dire: ‘Ma, questo è bello, eh?’. E ognuno di voi può dire: ‘Ma Padre, è bello, ma come si fa, come si incomincia, questo? E qual è il primo passo per andare su questa strada?’. Il primo passo lo vediamo oggi, sia nella prima Lettura, sia nel Vangelo. Il primo passo è l’accusa di se stessi. Il coraggio di accusare se stessi, prima di accusare gli altri. E Paolo loda il Signore perché lo ha eletto e rende grazie perché ‘mi ha dato fiducia mettendo me al suo servizio, perché io ero’ ‘un bestemmiatore, un persecutore e un violento’. Ma è stata misericordia”.

Guardarsi dall’essere ipocriti, dal Papa in giù
San Paolo, ha soggiunto, “ci insegna ad accusare noi stessi. E il Signore, con quell’immagine della pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e della trave che è nel tuo, ci insegna lo stesso”. Bisogna prima togliere la trave dal proprio occhio, accusare se stessi. “Primo passo – ha ribadito Francesco – accusa te stesso” e non sentirsi “il giudice per togliere la pagliuzza dagli occhi degli altri”:

“E Gesù usa quella parola che soltanto usa con quelli che hanno doppia faccia, doppia anima: ‘Ipocrita!’. Ipocrita. L’uomo e la donna che non imparano ad accusare se stessi diventano ipocriti. Tutti, eh? Tutti. Incominciando dal Papa in giù: tutti. Se uno di noi non ha la capacità di accusare se stesso e poi dire, se è necessario, a chi si devono dire le cose degli altri, non è cristiano, non entra in questa opera tanto bella della riconciliazione, della pacificazione, della tenerezza, della bontà, del perdono, della magnanimità, della misericordia che ci ha portato Gesù Cristo”.

Fermiamoci in tempo quando ci viene di sparlare degli altri
Il primo passo, dunque, ha ribadito è questo: chiedere “la grazia al Signore di una conversione” e “quando mi viene in mente di pensare ai difetti degli altri, fermarsi”:

“Quando mi viene la voglia di dire agli altri i difetti degli altri, fermarsi. E io? E avere il coraggio che ha Paolo, qui: ‘Io ero un bestemmiatore, un persecutore, un violento’ … Ma quante cose possiamo dire di noi stessi? Risparmiamo i commenti sugli altri e facciamo commenti su noi stessi. E questo è il primo passo su questa strada della magnanimità. Perché quello che sa guardare soltanto le pagliuzze nell’occhio dell’altro, finisce nella meschinità: un’anima meschina, piena di piccolezze, piena di chiacchiere”.

Chiediamo al Signore la grazia, ha detto ancora il Papa, “di seguire il consiglio di Gesù: essere generosi nel perdono, essere generosi nella misericordia”. Per canonizzare “una persona – ha concluso – c’è tutto un processo, c’è bisogno del miracolo, e poi la Chiesa” la proclama santa. “Ma – ha annotato – se si trovasse una persona che mai, mai, mai avesse parlato male dell’altro”, la “si potrebbe canonizzare subito”.

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Francesco: Gesù è misericordioso, chi non perdona non è cristiano

Posté par atempodiblog le 10 septembre 2015

Francesco: Gesù è misericordioso, chi non perdona non è cristiano
Pace e riconciliazione. Papa Francesco ha sviluppato l’omelia nella Messa mattutina a Casa Santa Marta partendo da questo binomio. Il Pontefice ha condannato quanti producono armi per uccidere nelle guerre, ma ha anche messo in guardia dai conflitti all’interno delle comunità cristiane. Dal Papa, inoltre, una nuova esortazione ai sacerdoti ad essere misericordiosi come lo è il Signore.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

papa misericordioso

Gesù è il principe della pace perché genera pace nei nostri cuori. Papa Francesco ha preso spunto dalle letture del giorno per soffermarsi sul binomio pace-riconciliazione. E subito si è chiesto se “noi ringraziamo tanto” per “questo dono della pace che abbiamo ricevuto in Gesù”. La pace, ha detto, “è stata fatta, ma non è stata accettata”.

Basta produrre armi, la guerra annienta
Anche oggi, tutti i giorni, “sui telegiornali, sui giornali – ha constatato con amarezza – vediamo che ci sono le guerre, le distruzioni, l’odio, l’inimicizia”.

“Anche ci sono uomini e donne che lavorano tanto – ma lavorano tanto! – per fabbricare armi per uccidere, armi che alla fine divengono bagnate nel sangue di tanti innocenti, di tanta gente. Ci sono le guerre! Ci sono le guerre e c’è quella cattiveria di preparare la guerra, di fare le armi contro l’altro, per uccidere! La pace salva, la pace ti fa vivere, ti fa crescere; la guerra ti annienta, ti porta giù”.

Chi non sa perdonare, non è cristiano
Tuttavia, ha soggiunto, la guerra non è solo questa, “è anche nelle nostre comunità cristiane, fra noi”. E questo, ha sottolineato, è il “consiglio” che oggi ci dà la liturgia: “Fate la pace fra voi”. Il perdono, ha aggiunto, è la “parola chiave”: “Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi”.

“Se tu non sai perdonare, tu non sei cristiano. Sarai un buon uomo, una buona donna… Perché non fai quello che ha fatto il Signore. Ma pure: se tu non perdoni, tu non puoi ricevere la pace del Signore, il perdono del Signore. E ogni giorno, quando preghiamo il Padre Nostro: ‘Perdonaci, come noi perdoniamo…’. E’ un ‘condizionale’. Cerchiamo di ‘convincere’ Dio di essere buono, come noi siamo buoni perdonando: al rovescio. Parole, no? Come si cantava quella bella canzone: ‘Parole, parole, parole’, no? Credo che Mina la cantasse… Parole! Perdonatevi! Come il Signore vi ha perdonato, così fate voi”.

La lingua distrugge, fa la guerra
C’è bisogno di “pazienza cristiana”, ha ripreso. “Quante donne eroiche ci sono nel nostro popolo – ha detto – che sopportano per il bene della famiglia, dei figli tante brutalità, tante ingiustizie: sopportano e vanno avanti con la famiglia”. Quanti uomini “eroici ci sono nel nostro popolo cristiano – ha proseguito – che sopportano di alzarsi presto al mattino e andare al lavoro – tante volte un lavoro ingiusto, mal pagato – per tornare in tarda serata, per mantenere la moglie e i figli. Questi sono i giusti”. Ma, ha ammonito, ci sono anche quelli che “fanno lavorare la lingua e fanno la guerra”, perché “la lingua distrugge, fa la guerra!”. C’è un’altra parola chiave, ha poi detto Francesco, “che viene detta da Gesù nel Vangelo”: “misericordia”. E’ importante “capire gli altri, non condannarli”.

Sacerdoti siano misericordiosi, non bastonino la gente in confessionale
“Il Signore, il Padre è tanto misericordioso – ha affermato – sempre ci perdona, sempre vuol fare la pace con noi”. Ma “se tu non sei misericordioso – ha avvertito il Papa – rischi che il Signore non sia misericordioso con te, perché noi saremo giudicati con la stessa misura con la quale noi giudichiamo gli altri”:

“Se tu sei prete e non te la senti di essere misericordioso, dì al tuo vescovo che ti dia un lavoro amministrativo, ma non scendere in confessionale, per favore! Un prete che non è misericordioso fa tanto male nel confessionale! Bastona la gente. ‘No, Padre, io sono misericordioso, ma sono un po’ nervoso…’. ‘E’ vero… Prima di andare in confessionale va dal medico che ti dia una pastiglia contro i nervi! Ma sii misericordioso!’. E anche fra noi misericordiosi. ‘Ma quello ha fatto questo… Io cosa ho fatto?’; ‘Quello è più peccatore di me!’: chi può dire questo, che l’altro sia più peccatore di me? Nessuno di noi può dire questo! Soltanto il Signore sa”.

Come insegna San Paolo, ha dunque evidenziato, bisogna rivestirsi di “sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità”. Questo, ha detto Francesco, “è lo stile cristiano”, “lo stile col quale Gesù ha fatto la pace e la riconciliazione”. “Non è la superbia, non è la condanna, non è sparlare degli altri”. Che il Signore, ha concluso, “ci dia a tutti noi la grazia di sopportarci a vicenda, di perdonare, di essere misericordiosi, come il Signore è misericordioso con noi”.

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Papa Francesco: nella Chiesa c’è una malattia, seminare divisione

Posté par atempodiblog le 4 septembre 2015

Papa Francesco: nella Chiesa c’è una malattia, seminare divisione
Nella Chiesa c’è una malattia: quella di seminare divisione e zizzania. I cristiani, invece, sono chiamati a pacificare e riconciliare, come ha fatto Gesù: è quanto ha detto il Papa nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

papa francesco

Semino pace o zizzania?
Nella Lettera ai Colossesi San Paolo mostra la carta d’identità di Gesù, che è il primogenito di Dio – ed è Dio stesso – e il Padre lo ha inviato per “riconciliare e pacificare”  l’umanità con Dio dopo il peccato. “La pace è opera di Gesù” – ha detto il Papa – di quel suo “abbassarsi per obbedire fino alla morte e morte di Croce”. “E quando noi parliamo di pace o di riconciliazione, piccole paci, piccole riconciliazioni, dobbiamo pensare alla grande pace e alla grande riconciliazione” che “ha fatto Gesù. Senza di Lui non è possibile la pace. Senza di Lui non è possibile la riconciliazione”.

“Il compito nostro” – ha sottolineato Papa Francesco – in mezzo alle “notizie di guerre, di odio, anche nelle famiglie” – è essere “uomini e donne di pace, uomini e donne di riconciliazione”:

“E ci farà bene domandarci: ‘Io semino pace? Per esempio, con la mia lingua, semino pace o semino zizzania?’. Quante volte abbiamo sentito dire di una persona: ‘Ma ha una lingua di serpente!’, perché sempre fa quello che ha fatto il serpente con Adamo ed Eva, ha distrutto la pace. E questo è un male, questa è una malattia nella nostra Chiesa: seminare la divisione, seminare l’odio, seminare non la pace.

Ma questa è una domanda che tutti i giorni fa bene che noi ce la facciamo: ‘Io oggi ho seminato pace o ho seminato zizzania?’

‘Ma, alle volte, si devono dire le cose perché quello e quella…’: con questo atteggiamento cosa semini tu?”.

Chi porta pace è santo, chi “chiacchiera” è come un terrorista
I cristiani, dunque, sono chiamati ad essere come Gesù, che “è venuto da noi per pacificare, per riconciliare”:

“Se una persona, durante la sua vita, non fa altra cosa che riconciliare e pacificare la si può canonizzare: quella persona è santa. Ma dobbiamo crescere in questo, dobbiamo convertirci: mai una parola che sia per dividere, mai, mai una parola che porti guerra, piccole guerre, mai le chiacchiere.

Io penso: cosa sono le chiacchiere? Eh, niente, dire una parolina contro un altro o dire una storia: ‘Questo ha fatto…’. No! Fare chiacchiere è terrorismo perché quello che chiacchiera è come un terrorista che butta la bomba e se ne va, distrugge: con la lingua distrugge, non fa la pace. Ma è furbo, eh? Non è un terrorista suicida, no, no, lui si custodisce bene”.

Mordersi la lingua
Papa Francesco ripete una piccola esortazione:

“Ogni volta che mi viene in bocca di dire una cosa che è seminare zizzania e divisione e sparlare di un altro… Mordersi la lingua! Io vi assicuro, eh? Che se voi fate questo esercizio di mordersi la lingua invece di seminare zizzania, i primi tempi si gonfierà così la lingua, ferita, perché il diavolo ci aiuta a questo perché è il suo lavoro, è il suo mestiere: dividere”.

Quindi, la preghiera finale: “Signore tu hai dato la tua vita, dammi la grazia di pacificare, di riconciliare. Tu hai versato il tuo sangue, ma che non mi importi che si gonfi un po’ la lingua se mi mordo prima di sparlare di altri”.

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Le esigenze dell’amore

Posté par atempodiblog le 4 septembre 2015

Le esigenze dell’amore

madre speranza

L’unione con il nostro prossimo deve essere come quella delle membra del corpo che si aiutano scambievolmente nell’agire, nel perfezionarsi, in tutto; essa ci chiede di allontanare da noi tutto ciò che la può ostacolare. In particolare ci chiede di combattere i vizi mediante le virtù contrarie, soprattutto con l’umiltà.

Non bisogna invidiare nessuno; l’amore deve partire dal cuore ed essere manifestato nelle opere. Dobbiamo avere molta stima degli altri e parlarne sempre bene; non riferire ad altri quanto si è udito sul conto loro, tanto più se sono cose che li possono amareggiare. Usare sempre parole buone che favoriscano la carità; guardarsi dalle parole pungenti che possono ferire; astenersi dall’ostinazione, dal contraddire, dal riprendere quando non è opportuno.

Non basta compiere opere buone, ma bisogna compierle in modo che esprimano la nostra buona volontà.

Quando si verificasse uno screzio con gli altri, non rispondere nello stesso tono, ma dissimulare con umiltà.

Ricordiamo che quando qualcuno ci procura dei dispiaceri, dobbiamo:

  • tenere ben lontano da noi anche solo il desiderio della vendetta; far sì che il nostro perdono non consista solamente nel non desiderare il male dell’altro, ma nel procurare che in noi non rimanga alcun residuo di amarezza o di fastidio;
  • non conservare avversione contro nessuno; astenerci dai giudizi temerari, tanto più gravi quanto più lo è la cosa di cui in cuor nostro accusiamo l’altro;
  • non dimentichiamo che i giudizi temerari provengono in primo luogo dalla nostra superbia.

Beata Speranza di Gesù (Maria Josefa Alhama Valera)

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Francesco: umiltà e stupore aprono il cuore all’incontro con Gesù

Posté par atempodiblog le 3 septembre 2015

Francesco: umiltà e stupore aprono il cuore all’incontro con Gesù
La capacità di riconoscerci peccatori ci apre allo stupore dell’incontro con Gesù: è quanto ha detto il Papa durante la Messa del mattino a Casa Santa Marta nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di San Gregorio Magno, Papa e Dottore della Chiesa.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

papa francesco I

Ci sono due modi per incontrare Gesù
Commentando il Vangelo del giorno sulla pesca miracolosa, con Pietro che getta le reti fidandosi di Gesù anche dopo una notte trascorsa senza aver preso nulla, il Papa parla della fede come incontro con il Signore. Innanzitutto – ha affermato – “a me piace pensare che la maggior parte del suo tempo” Gesù “lo passava sulle strade, con la gente; poi in tarda serata se ne andava da solo a pregare”, ma “incontrava la gente, cercava la gente”. Da parte nostra, abbiamo due modi di incontrare il Signore. Il primo è quello di Pietro, degli apostoli, del popolo:

“Il Vangelo usa la stessa parola per questa gente, per il popolo, per gli apostoli, per Pietro, sono rimasti ‘stupiti’: ‘Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli’. Quando viene questo sentimento di stupore… E il popolo sentiva Gesù e sentiva questo stupore, e cosa diceva: ‘Ma questo parla con autorità. Mai un uomo ha parlato con questo’. Un altro gruppo che incontrava Gesù non lasciava che entrasse nel loro cuore lo stupore, sentiva Gesù, faceva i suoi calcoli, i dottori della legge: ‘Ma è intelligente, è un uomo che dice le cose vere, ma a noi non convengono queste cose, no, eh!’. Facevano i calcoli, prendevano distanza”.

Anche i demoni sanno che Gesù è il Figlio di Dio
Gli stessi demoni – osserva il Papa – confessavano, cioè proclamavano che Gesù era il “Figlio di Dio”, ma come i dottori della legge e i cattivi farisei “non avevano la capacità dello stupore, erano chiusi nella loro sufficienza, nella loro superbia. Pietro riconosce che Gesù è il Messia ma confessa anche di essere un peccatore:

“I demoni arrivano a dire la verità su di Lui, ma su di loro non dicono nulla. Non possono: la superbia è tanto grande che gli impedisce di dirlo. I dottori della legge dicono: ‘Ma questo è intelligente, è un rabbino capace, fa dei miracoli, eh!’. Ma non dicono: ‘Noi siamo superbi, noi siamo sufficienti, noi siamo peccatori’. L’incapacità di riconoscerci peccatori ci allontana dalla vera confessione di Gesù Cristo. E questa è la differenza”.

Facile dire che Gesù è il Signore, difficile riconoscersi peccatori
E’ la differenza che c’è tra l’umiltà del pubblicano che si riconosce peccatore e la superbia del fariseo che parla bene di se stesso:

“Questa capacità di dire che siamo peccatori ci apre allo stupore dell’incontro di Gesù Cristo, il vero incontro. Anche nelle nostre parrocchie, nelle nostre società, anche tra le persone consacrate: quante persone sono capaci di dire che Gesù è il Signore? Tante! Ma che difficile è dire sinceramente: ‘Sono un peccatore, sono una peccatrice’. E’ più facile dirlo degli altri, eh? Quando si chiacchiera, eh? ‘Questo, quello, questo sì…’. Tutti siamo dottori in questo, vero? Per arrivare a un vero incontro con Gesù è necessaria la doppia confessione: ‘Tu sei il Figlio di Dio e io sono un peccatore’, ma non in teoria: per questo, per questo, per questo e per questo…”.

La grazia di incontrare Gesù e lasciarsi incontrare da Lui
Pietro – sottolinea il Papa – poi dimentica lo stupore dell’incontro e rinnega il Signore: ma poiché “è umile, si lascia incontrare dal Signore e quando i loro sguardi si incontrano, lui piange, torna alla confessione: ‘Sono peccatore’”. E il Papa conclude: “Il Signore ci dia la grazia di incontrarlo ma anche di lasciarci incontrare da Lui. Ci dia la grazia, tanto bella, di questo stupore dell’incontro. E ci dia la grazia di avere la doppia confessione nella nostra vita: ‘Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo, credo. E io sono un peccatore, credo’”.

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Giudicare se stessi e non gli altri

Posté par atempodiblog le 24 juillet 2015

“Beato chi giudica se stesso con la massima severità con cui giudica gli altri. Più beato ancora chi si mostra severo con se stesso e indulgente verso gli alti. E ancora più beato chi giudica se stesso e evita del tutto di giudicare gli altri”.

di G. G. Lanza del Vasto

Giudicare se stessi e non gli altri dans Apoftegmi dei Padri del deserto 10ngxlg

Abba Pafnuzio raccontò: «Mentre camminavo su una strada mi accadde di smarrirmi e di trovarmi vicino a un villaggio. Vidi alcune persone che facevano penose conversazioni. Io stetti in piedi a pregare per i miei peccati. Ed ecco, venne un angelo che reggeva una spada e mi disse:

“Pafnuzio, tutti quelli che giudicano i loro fratelli periscono per mezzo di questa spada; ma il tuo nome, perché non hai giudicato ma ti sei umiliato di fronte a Dio dicendo che tu hai peccato, è scritto nel libro dei viventi”».

Apoftegma dei Padri del deserto

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I giudizi temerari

Posté par atempodiblog le 10 mai 2015

I giudizi temerari dans Citazioni, frasi e pensieri bey1wi

“Nessuna legge ancora ordina di intromettersi nel santuario dei cuori e di giudicarne i pensieri, le intenzioni, le idee, perché Dio solo può conoscere l’interno dell’uomo”.

di Sant’Agostino Roscelli

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“Quante persone ‘devote’, che al mattino fanno la Comunione e poi cadono in giudizi temerari e in ogni sorta di maldicenze, più o meno abilmente celate!”.

della beata Elisabetta della Trinità

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“Credo che non siano poche le volte che con leggerezza si attribuiscono mali morali ad altri senza avere la sicurezza che quanto si dice sia vero; forse basandosi su supposizioni, impressioni soggettive o commenti ascoltati, si fanno affermazioni che lasciano intravedere un dubbio sull’onore dell’altro. A volte anche tacitamente, con un gesto, si può aprire la porta a che si metta in dubbio la buona reputazione di una persona. Quanto danno si può fare con questo!

Per non parlare della calunnia, in cui si emette un giudizio falso con l’unico obiettivo di danneggiare qualcuno. È molto doloroso vedere come dando giudizi falsi si danneggia la reputazione delle persone, cosa a cui poi è molto difficile rimediare”.

di padre Enrique Granados

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Ipocrisia

Posté par atempodiblog le 24 avril 2015

Ipocrisia dans Citazioni, frasi e pensieri 2hd60av

Che bontà quella di certe persone!… — Sono disposte a «scusare» ciò che invece è solo degno di lode.

Quale errata concezione dell’obiettività! Mettono a fuoco le persone o le attività con le lenti deformate dei loro personali difetti e, con acida insolenza, criticano o si permettono di vendere consigli.

— Proposito concreto: nel correggere o nel consigliare, parlare alla presenza di Dio, applicando le stesse parole alla nostra condotta.

Non ricorrere mai al metodo — sempre deplorevole — di organizzare aggressioni calunniose contro qualcuno… E meno ancora con pretesti di moralizzazione, che mai giustificano un’azione immorale.

Finché interpreti con malafede le intenzioni altrui, non hai diritto di esigere comprensione per te stesso!

di San Josemaría Escrivá de Balaguer
Tratto da: Solco, “Ipocrisia”

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Papa al clero: chi chiacchiera è terrorista che butta bombe

Posté par atempodiblog le 22 mars 2015

Papa al clero: chi chiacchiera è terrorista che butta bombe
Mettiamo Gesù “al centro della vita”, superando le chiacchiere che “distruggono”. Lo ha detto il Papa al Duomo di Santa Maria Assunta di Napoli, dove ha incontrato il clero e i religiosi locali, alla presenza anche delle claustrali della diocesi. Francesco ha quindi venerato le reliquie di San Gennaro e si è verificato l’evento della liquefazione del sangue del patrono della città. Arrivando alla cattedrale, il Pontefice aveva pure acceso un cero votivo alla Madonna del Principio.
di Giada Aquilino- Radio Vaticana

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Cardinale Sepe: “Segno che San Gennaro vuol bene al Papa, che è ‘napoletano’ come noi, il sangue è metà sciolto già”!

Papa Francesco: “Il vescovo ha detto che il sangue è metà sciolto: si vede che il Santo ci vuole a metà. Dobbiamo convertirci un po’ più tutti perché ci voglia più bene”.Papa Francesco, di fronte all’evento della liquefazione del sangue di San Gennaro, invita a compiere un cammino di conversione. Nel Duomo di Napoli, il suo intervento a braccio – perché, dice, i discorsi preparati “sono noiosi” – è stato una riflessione suscitata dalle domande di don Aldo Giosuè e padre Salvatore, sulla bellezza dell’essere preti e sui segni di speranza nella vita consacrata.

Gesù al centro
Da Francesco, l’esortazione a mettere Gesù al “centro della vita”:

“Il cammino nella vita consacrata è andare nella sequela di Gesù; anche la vita consacrata in genere, anche per i sacerdoti: andare dietro a Gesù e con voglia di lavorare per il Signore”.

Le chiacchiere distruggono
La strada, afferma il Papa, è quella di andare oltre le chiacchiere, che “distruggono”:

“Quello che chiacchiera è un terrorista che butta una bomba, distrugge e lui è fuori”.

Il diavolo, aggiunge, “ci tenta sempre con gelosie, invidie, lotte interne, antipatie”, cose che – spiega – “non ci aiutano a fare una vera fratellanza”, dando invece “testimonianza di divisione”. Se la vocazione significa lasciare o non avere una famiglia, i figli, l’amore coniugale, per finire a litigare col vescovo, con i fratelli sacerdoti, con i fedeli, “questa non è testimonianza”.

Fratellanza
La via, ricorda il Pontefice al clero partenopeo, è quella della fraternità diocesana, sacerdotale e delle comunità religiose. Ai seminaristi dice:

“Se voi non avete Gesù al centro, ritardate l’ordinazione. Se non siete sicuri che Gesù è il centro della vostra vita, aspettate un po’ più di tempo, per essere sicuri. Perché al contrario, incomincerete un cammino che non sapete come finirà”.

La preghiera alla Madonna
In Duomo ci sono anche le claustrali di 7 conventi della diocesi, che non contengono la loro gioia nell’abbracciare il Santo Padre. Francesco sollecita tutti i presenti a pregare la Madonna, perché – afferma – a chi non prega Maria, “la Madonna non gli darà il Figlio”:

“Dare testimonianza di Gesù e, per andare dietro a Gesù, un bell’aiuto è la Madre: è Lei che ci dà Gesù. Questa è una delle testimonianze”.

L’affarismo non entri nella Chiesa
Il Papa menziona poi lo spirito di povertà, “che non è – spiega – lo spirito di miseria”:

“Quando nella Chiesa entra l’affarismo, sia nei sacerdoti che nei religiosi, è brutto, brutto”…

Una vita mondana non aiuta
Quindi l’invito alle opere di misericordia e l’attenzione al pericolo “della mondanità”, al “vivere con lo spirito del mondo che Gesù non voleva”. Parla dell’eccesso di comodità e racconta di un collegio di suore “nella diocesi – dice – che avevo prima”, dove in ogni stanza era stato collocato un televisore: all’ora della telenovela “non trovavi una suora in collegio”, aggiunge. A proposito del problema del calo delle vocazioni, la testimonianza è una delle caratteristiche che attira, mentre “una vita comoda, una vita mondana non ci aiuta”.

Nella gioia, il Signore è sempre fedele
Altra testimonianza indicata dal Papa, la gioia che significa “vedere che il Signore è sempre fedele”:

“I consacrati o i sacerdoti noiosi, con amarezza di cuore, tristi hanno qualcosa che non va e devono andare da un buon consigliere spirituale, un amico, dire: ‘Ma, non so cosa succede nella mia vita’”.

Anche nel discorso preparato per l’incontro al Duomo e consegnato al cardinale Sepe, il Pontefice ispirandosi alla Lettera ai consacrati, scritta dal Papa stesso nel novembre scorso, aveva sollecitato a chiedersi se nelle comunità oggi ci sia gratitudine e “gioia di Dio che colma il nostro cuore” e non “volti tristi, persone scontente e insoddisfatte”. Nel testo il Santo Padre aveva invitato inoltre a “testimoniare, con umiltà e semplicità, che la vita consacrata è un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo”, un dono “da condividere, portando Cristo in ogni angolo di questa città”.

Uscire, per andare fuori a predicare Cristo
Congedandosi da Santa Maria Assunta, Francesco raccomanda l’adorazione del Signore, l’amore per la “sposa” di Gesù – cioè la Chiesa che, ricorda, “non è una ong” – e lo zelo apostolico, la missionarietà: uscire da se stessi “per andare fuori” a predicare la rivelazione di Cristo.

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Dove comincia Misericordia

Posté par atempodiblog le 3 mars 2015

Lo sguardo del Papa sul limite umano
Dove comincia Misericordia
di Marina Corradi – Avvenire

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«Vado per la strada, passo davanti al carcere: “Eh, questi se lo meritano”, “Ma tu sai che se non fosse stato per la grazia di Dio tu saresti lì? Hai pensato che tu sei capace di fare le cose che loro hanno fatto, e anche peggio ancora?”».

Ieri il Papa è tornato su un tema che gli è caro, e che anzi, ha ricordato, è il primo passo per un cammino cristiano: il riconoscersi peccatori, e non solo nelle parole che la domenica, all’inizio della Messa, si possono magari distrattamente ripetere. La saggezza del sapere riconoscere in sé anche il male che non si vede. Come l’invidia, ha esemplificato Francesco; che è in effetti quel male che ci sfiora, almeno, quasi tutti, ma può restare nascosto in fondo al cuore. Non è un reato, certo, l’invidia – anche se può essere all’origine delle peggiore violenza. È un ospite che ci abita, indisturbata, come un virus con cui l’organismo convive.

Le parole del Papa interpellano quelli che mai, dicono, ucciderebbero o ruberebbero; e lavorano onestamente, e pagano rigorosamente le tasse. Quelli che passando, qui a Milano, davanti alle mura grigie di San Vittore, pensano con un sentimento di disprezzo e rivalsa: «A quei delinquenti, ben gli sta». O evocano con nostalgia la pena di morte, o dicono, di un assassino: «Che lo chiudano dentro, e buttino via la chiave». Affermando nella stessa durezza del giudizio la certezza di essere “altri”, del tutto altri uomini, rispetto a “quelli là”.

E anche nella quotidianità di questo Paese, da anni, come è cresciuta l’onda di un’“onestà” innalzata come uno stendardo: che divide “noi”, gli onesti, da loro, sempre “loro”, i ladri. Dove per onestà si intende una fedina penale immacolata. Ma, parlando cristiano, quanto male può avere nel cuore un cittadino modello, che paghi fino all’ultimo le tasse, e non violi una virgola del codice della strada. Quanto male c’è in un uomo che induce una donna a buttare via il bambino che aspetta, in un genitore che non perdona, in un figlio che abbandona i suoi vecchi.
Non sono reati, certo. Niente che ti porti in galera. Ma peccati sì, e quali. E allora passando davanti a San Vittore o a Regina Coeli ognuno, insegna il Papa, dovrebbe farsi cosciente del male che ha in sé. Magari, solo per grazia di Dio nella vita nostra non c’è stato quell’incontro, quell’occasione, quell’attimo che precipitano in una voragine la strada di altri. Per grazia di Dio c’è stata invece una madre, un padre, un amico, a fermarci. A quei segreti scambi che disegnano il nostro destino, per grazia di Dio abbiamo preso il binario giusto. Tutto qui.

Perché il rischio, anche maggiore per i credenti che fin da bambini sono stati rispettosi di ogni precetto morale e continuano a esserlo, è di sentirsi “bravi”. Al modo del fariseo del Vangelo, ringraziano di non essere come quel pubblicano. Ma è un grande male, quello che ci ricorda il Papa in questo inizio di Quaresima: «Hai pensato che tu sei capace di fare le cose che quei carcerati hanno fatto, e anche peggio ancora?».
Beh, molti di noi no, non lo pensano. Alcuni ne sono addirittura sicuri. E in certi frangenti di cronaca questo sentimento esplode, violento e oscuro: come quando un arresto avviene tra una folla inferocita e festante, tra cui qualcuno grida minacciosamente: «Datelo a noi!», e si respira odore di linciaggio. Oppure quando l’accusata di un omicidio clamoroso, come la madre del bambino Loris, entra in prigione: e dalle celle i detenuti le urlano, come è avvenuto, insulti e auguri di morte. In un coro d’inferno che per un attimo svela la profondità vertiginosa del male degli uomini, che si credono migliori degli altri.

Ma, in quel riconoscersi peccatori (questa parola desueta, e quasi pubblicamente imbarazzante) sta, dice Francesco, una grande speranza: «Quando uno impara ad accusare se stesso, è misericordioso con gli altri». Misteriosamente, nell’uomo che non va fiero di una fasulla probità ed è conscio della sua capacità di male, accade una metamorfosi. Lo sguardo cambia, e si guarda all’altro come guarderemmo a un figlio; e a nessuno si nega una possibilità di conversione. E se una sera al tg dicono che è morto il camorrista detto “’o animale”, 67 omicidi sulla coscienza, può accadere di pensare con sgomento al suo destino. Ma nemmeno della salvezza di Pasquale Barra possiamo disperare – nella certezza del nostro Dio, che è un Dio di misericordia.

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Autocritica

Posté par atempodiblog le 3 mars 2015

“Ciò che inasprisce il mondo non è un eccesso di critica, ma una mancanza di autocritica”.

Gilbert Keith Chesterton

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Papa Francesco ci invita a non giustificarci ma a riconoscere che in ciascuno di noi ci sono radici di peccato da sradicare:

“Vado per la strada, passo davanti al carcere: ‘Eh, questi se lo meritano’, ‘Ma tu sai che se non fosse stato per la grazia di Dio tu saresti lì? Hai pensato che tu sei capace di fare le cose che loro hanno fatto, anche peggio ancora?’. Questo è accusare se stesso, non nascondere a se stesso le radici di peccato che sono in noi, le tante cose che siamo capaci di fare, anche se non si vedono”.

In questa Quaresima ciascuno può individuare le radici di male cui è più legato.

Quando vedo qualcosa di sbagliato intorno a me, sono pronto ad accusare gli altri, oppure riconosco che anche io ogni giorno devo convertirmi? Penso di combattere il male con la vendetta oppure con il bene, cambiando il mio stile di vita? Attacco i nemici con la calunnia oppure taccio e prego per loro?

Tratto da: Radio Maria Fb

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