Papa Francesco: cristiani rifiutino lotte, lavorare per l’unità nella Chiesa

Posté par atempodiblog le 21 octobre 2016

Papa Francesco: cristiani rifiutino lotte, lavorare per l’unità nella Chiesa
Umiltà, dolcezza, magnanimità. Nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, Papa Francesco ha indicato questi tre punti chiave per costruire l’unità nella Chiesa. Ancora una volta, il Pontefice ha dunque esortato i cristiani a rifiutare le gelosie, le invidie e le lotte.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

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“Pace a voi”. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia sottolineando che il saluto del Signore “crea un vincolo”, un vincolo di pace.

Un saluto, ha ripreso, che “ci unisce per fare l’unità dello spirito”. “Se non c’è pace – ha osservato – se non siamo capaci di salutarci nel senso più ampio della parola, avere il cuore aperto con spirito di pace, mai ci sarà l’unità”.

Lo spirito del male semina guerre, i cristiani evitino lotte 
E questo, ha precisato Francesco, vale per “l’unità nel mondo, l’unità nelle città, nel quartiere, nella famiglia”:

“Lo spirito del male semina guerre, sempre. Gelosie, invidie, lotte, chiacchiere … sono cose che distruggono la pace e pertanto non può essere l’unità. E come è il comportamento di un cristiano per l’unità, per trovare questa unità? Paolo dice chiaramente: ‘Comportatevi in maniera degna, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità’.

Questi tre atteggiamenti. Umiltà: non si può dare la pace senza l’umiltà. Dove c’è la superbia, c’è sempre la guerra, sempre la voglia di vincere sull’altro, di credersi superiore. Senza umiltà non c’è pace e senza pace non c’è unità”.

Riscoprire la dolcezza, il sopportarsi a vicenda
Il Papa ha quindi constatato con amarezza che abbiamo ormai “dimenticato la capacità di parlare con dolcezza, il nostro parlato è sgridarci. O sparlare degli altri … non c’è dolcezza”.

La dolcezza, invece, “ha un nocciolo che è la capacità di sopportare gli uni gli altri”: ‘Sopportandovi a vicenda’, dice Paolo. Bisogna avere pazienza, ha ripreso il Papa, “sopportare i difetti degli altri, le cose che non piacciono”:

“Primo: umiltà; secondo: dolcezza, con questo sopportarsi a vicenda; e terzo: magnanimità: cuore grande, cuore largo che ha capacità per tutti e non condanna, non si rimpiccolisce nelle piccolezze, ‘che ha detto questo’, ‘che ho sentito questo’, ‘che …’: no: largo il cuore, c’è posto per tutti. E questo fa il vincolo della pace, questo è il modo degno di comportarci per fare il vincolo della pace che è creatore di unità. Creatore di unità è lo Spirito Santo, ma favorisce, prepara la creazione dell’unità”.

Aiutiamo a costruire l’unità con il vincolo della pace
“Questa – ha detto ancora – è la maniera degna della chiamata del mistero al quale siamo stati chiamati, il mistero della Chiesa”. Il Papa ha così invitato tutti a riprendere il capitolo XIII della Lettera ai Corinzi che ci “insegna come fare lo spazio allo Spirito, con quali atteggiamenti nostri perché Lui faccia l’unità”:

“Il mistero della Chiesa è il mistero del Corpo di Cristo: ‘Una sola fede, un solo Battesimo’, ‘un solo Dio Padre di tutti che è al di sopra di tutti’, opera ‘per mezzo di tutti ed è presente in tutti’: questa è l’unità che Gesù ha chiesto al Padre per noi e che noi dobbiamo aiutare a fare, questa unità, con il vincolo della pace. E il vincolo della pace cresce con l’umiltà, con la dolcezza, con il sopportarsi l’uno con l’altro, e con la magnanimità”.

“Chiediamo che lo Spirito Santo – è stata la sua invocazione – ci dia la grazia non solo di capire, ma di vivere questo mistero della Chiesa, che è un mistero di unità”.

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Papa Francesco: “Ogni mafia è oscura!”

Posté par atempodiblog le 19 septembre 2016

Papa Francesco: “Ogni mafia è oscura!”
Tratto da: Radio Vaticana

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Papa Francesco: “[...] Ma quante volte la gente ha fiducia in una persona o in un’altra e questo trama il male per distruggerlo, per sporcarlo, per farlo venire a meno…

E’ il piccolo pezzetto di mafia che tutti noi abbiamo alla mano; quello che si approfitta della fiducia del prossimo per tramare il male, è un mafioso! ‘Ma, io non appartengo a …’: ma questa è mafia, approfittare della fiducia … E questo copre la luce. Ti fa oscuro. Ogni mafia è oscura!”.

Il Papa ha quindi messo l’accento sulla tentazione del litigare sempre con qualcuno, il piacere di litigare anche con chi non ci ha fatto “nulla di male”.

“Sempre – ha constatato – cerchiamo qualcosina per litigare. Ma alla fine stanca, litigare: non si può vivere. E’ meglio lasciar passare, perdonare”, “far finta di non vedere le cose … non litigare continuamente”:

“Un altro consiglio che dà questo Padre ai figli per non coprire la luce: ‘Non invidiare l’uomo violento e non irritarti per tutti i suoi successi, perché il Signore ha in orrore il perverso, mentre la sua amicizia – del Signore – è per i giusti’[...]”.

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Il Papa ai giovani italiani: il programma di vita è fare ponti

Posté par atempodiblog le 28 juillet 2016

Il Papa ai giovani italiani: il programma di vita è fare ponti
In Polonia si è vissuta una serata di musica e spettacolo rivolta ai giovani italiani. Momento culminante dell’evento, denominato ‘Live da Cracovia’ e organizzato dal Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile della Conferenza episcopale italiana, è stato l’intervento video in diretta di Papa Francesco che ha risposto alle domande di tre giovani. Il Santo Padre ha esortato i giovani ad andare oltre le ferite, a vincere “il terrorismo delle chiacchiere” e a costruire ponti di pace.
di Amedeo Lomonaco – Radio Vaticana

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La paura è un trauma che può lasciare delle cicatrici ma non cancellare gli orizzonti, la voglia di andare oltre. E’ questo il senso della risposta del Papa ad una ragazza che ha raccontato di non essere salita per puro caso a bordo di uno dei due treni che lo scorso 23 luglio si sono scontrati in Puglia provocando la morte di 23 persone:

La saggezza riesce a leggere le cicatrici
La ragazza, che conosceva una delle vittime – uno dei due macchinisti – ha detto che l’incidente ferroviario l’ha particolarmente sconvolta. Queste le parole del Papa:

“Quello che è successo a te è una ferita; alcuni sono stati feriti nell’incidente – nel corpo, no? – e tu sei stata ferita nel tuo animo, nel tuo corpo, nel tuo cuore e la ferita si chiama “paura”… Tu hai subito uno shock, uno shock che non ti fa stare bene, ti fa male ma questo shock ti dà anche l’opportunità di andare oltre… La vita è piena di cicatrici. La saggezza, la saggezza umana… è proprio questo: portare avanti le cose belle e le cose brutte della vita”.

Terrorismo delle chiacchiere
Contro quello che il Papa ha definito “terrorismo delle chiacchiere”, la forza più grande è il perdono. Sono queste le parole che Papa Francesco ha rivolto ad una ragazza trasferitasi in Italia da bambina e vittima di bullismo. Il Santo Padre si è rivolto così a questa giovane che ha detto di aver tentato anche il suicidio:

“La crudeltà è un atteggiamento umano che è proprio alla base di tutte le guerre, di tutte. La crudeltà che non lascia crescere l’altro, la crudeltà che uccide l’altro… Le chiacchiere sono un terrorismo. è una cosa che noi dobbiamo vincere.

Come si vince, questo?  Si può perdonare totalmente? E’ una grazia che dobbiamo chiedere al Signore. Noi, da noi stessi, noi non possiamo. è una grazia che ti dà il Signore, il perdono… E anche, c’è un altro atteggiamento che va proprio contro questo terrorismo della lingua, siano le chiacchiere, gli insulti e tutto questo: è l’atteggiamento della mitezza”.

I ponti uniscono, i muri dividono
Rispondendo alla terza domanda rivolta da un giovane che era a Monaco di Baviera lo scorso 22 luglio – quando è stato compiuto l’attentato costato la vita a 10 persone – il Pontefice ha affermato che i ponti sono la via per la pace:

“La pace costruisce ponti, l’odio è il costruttore dei muri. Tu devi scegliere, nella vita: o faccio ponti, o faccio muri. I muri dividono e l’odio cresce… I ponti uniscono.

Quando tu stringi la mano a un amico, a una persona, tu fai un ponte umano.  Invece, quando tu colpisci un altro, insulti un altro, tu costruisci un muro. Io voglio vedere tanti ponti umani … Ecco, così: alzate bene le mani … E’ così. Questo è il programma di vita: fare ponti, ponti umani”.

Il saluto dalla finestra dell’arcivescovado
Affacciandosi dalla finestra dell’arcivescovado, il Papa ha infine ricordato un giovane volontario polacco alla Giornata mondiale della gioventù morto recentemente di cancro. Come grafico ha dato un prezioso contributo. “Questo ragazzo che ha lavorato tanto per la Gmg – ha detto il Santo Padre – adesso è in Cielo, con Gesù. Lì lo incontreremo un giorno”.

“Ora io mi ritiro. Voi - ha affermato infine il Papa – dovete fare il vostro dovere, che è fare chiasso tutta la notte, e far vedere la vostra gioia cristiana, la gioia che il Signore vi dà di essere la comunità che segue Gesù”.

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Non giudicare

Posté par atempodiblog le 12 juillet 2016

San Josemaría Escrivá de Balaguer/ Accadde Oggi
12/07/1932

Non giudicare dans Citazioni, frasi e pensieri San_Josemaria

Scrisse: “Non giudichiamo. —Ognuno vede le cose dal suo punto di vista… e con la sua intelligenza, quasi sempre molto limitata, e con gli occhi accecati o annebbiati dalle tenebre della passione, molto spesso.

Inoltre, la visione di alcune persone è soggettiva e malsana come quella di certi pittori pseudo-moderni che tracciano dei segni arbitrari assicurandoci che sono il nostro ritratto, la nostra condotta…

Quanto poco valgono i giudizi degli uomini!

—Non giudicate senza calibrare il vostro giudizio nell’orazione”.

Tratto da: josemariaescriva.info

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Se le parole che pronunci…

Posté par atempodiblog le 1 juillet 2016

Se le parole che pronunci... dans Citazioni, frasi e pensieri 2h878dd

“Se le parole che pronunci apparissero sulla tua pelle saresti ancora bello?”.

di Kayla Fioravanti

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«Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello?»

Posté par atempodiblog le 20 juin 2016

«Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello?»
San Giovanni Climaco (ca 575-ca 650), monaco nel Monte Sinai
La scala santa, 10° grado
Tratto da: Propositura di San Marcello Pistoiese

«Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello?» dans Citazioni, frasi e pensieri san_giovanni_climaco

Ho sentito alcuni maledire il prossimo e li ho rimproverati. Per difendersi, questi operatori di iniquità hanno risposto: «Per carità e per sollecitudine parliamo così!». Ho risposto loro: Smettete di praticare simile carità, altrimenti accuserete di menzogna colui che ha detto: «Chi calunnia in segreto il suo prossimo io lo farò perire» (Sal 101,5).

Se ami quell’uomo, come dici, prega in segreto per lui e non disprezzarlo. Questo modo di amare piace al Signore; non perderlo di vista, e applicati con molta cura a non giudicare i peccatori. Giuda era del novero dei discepoli e il ladrone faceva parte dei malfattori, eppure quale cambiamento stupendo in un attimo!…

Rispondi dunque a colui che parla male del prossimo: «Smetti, fratello! Io stesso cado ogni giorno in colpe più gravi; come allora potrei condannare costui?».

Ne avrai un doppio profitto: guarirai te stesso e guarirai il tuo prossimo.

Non giudicare è una scorciatoia che conduce prontamente al perdono dei peccati, se è vera questa parola: «Non giudicate e non sarete giudicati»…

Alcuni hanno commesso grandi colpe alla vista di tutti, ma hanno compiuto in segreto i più grandi atti di virtù. Così i loro accusatori si sono ingannati guardando solo il fumo senza vedere il sole…

I censori frettolosi e severi cadono in tale inganno perché non conservano il ricordo e il pensiero costante dei propri peccati… Giudicare gli altri, è usurpare senza vergogna una prerogativa divina; condannarli, è rovinare la propria anima…

Come un buon vendemmiatore mangia l’uva matura e non coglie l’uva verde, così uno spirito benevolo e sensato nota con cura tutte le virtù che vede negli altri; è insensato invece colui che scruta le colpe e le mancanze.

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Portare la pace di Cristo e non il turbamento

Posté par atempodiblog le 20 juin 2016

Portare la pace di Cristo e non il turbamento dans Citazioni, frasi e pensieri visitare_i_propri_cari

Mentre lavoriamo può darsi che spesso veniamo colti a conversare o a far chiacchiere inutili. Stiamo attenti perché potrebbe capitarci anche mentre visitiamo le famiglie. Potremmo lasciarci andare a parlare di affari privati o di questo o di quello, dimenticando così lo scopo vero della nostra visita.

Noi ci rechiamo a portare la pace di Cristo e che succede se provochiamo invece turbamento? Come si sentirà offeso il Nostro Signore da tale condotta! Non dobbiamo mai permettere alla gente di parlare contro i sacerdoti, i religiosi o i loro vicini.

Beata Madre Teresa di Calcutta

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La pagliuzza e la trave: suggestioni diaboliche

Posté par atempodiblog le 20 juin 2016

La pagliuzza e la trave: suggestioni diaboliche dans Citazioni, frasi e pensieri La_pagliuzza_e_la_trave

Chi può giudicare mai giustamente, se le azioni dipendono dalle intenzioni, dalla coscienza, dallo stato particolare di responsabilità di ciascuno, e tutto questo ci è nascosto?

Come si può giudicare se spesso siamo soggetti alle allucinazioni della fantasia e dei preconcetti, e vediamo quello che non è, o lo apprezziamo in una falsa luce?

Possiamo dire con assoluta verità che giudicando, sbagliamo sempre, e che viene il tempo nel quale ci accorgiamo con rammarico di avere per lo meno esorbitato.

Giudichiamo o in base di nostre fallaci osservazioni o in base a relazioni fatteci dagli altri, le quali sono anch’esse frutto di giudizi fallaci. Tra queste ombre ingannatrici facilmente vediamo il male dove non c’è, o lo vediamo in una falsa luce ed erriamo.

Tendiamo all’esagerazione nel valutare i difetti altrui, perché l’orgoglio vuol farci credere migliori degli altri e osserviamo con cura anche le minime mancanze, quasi pagliuzze nell’occhio, mentre non guardiamo le nostre che sono grosse come travi.

Gesù condanna perciò la radice stessa dei giudizi, che sta tutta nel voler osservare le debolezze altrui e nel presumere di eliminarle.

Egli parlava dei farisei, censori spietati del prossimo, i quali non vedevano le loro gravi mancanze, ma parlava anche di quelli che in tutti i tempi li avrebbero imitati.

di don Dolindo Ruotolo

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Utilizzare la parola con grande cautela

Posté par atempodiblog le 13 juin 2016

sant' Antonio da Padova

La natura ha posto davanti alla lingua come due porte, cioè i denti e le labbra, per indicare che la parola non deve uscire se non con grande cautela.

Sant’Antonio da Padova

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Papa Francesco: santità è sperare con coraggio un passo avanti al giorno

Posté par atempodiblog le 24 mai 2016

Papa Francesco: santità è sperare con coraggio un passo avanti al giorno
“Camminare alla presenza di Dio in modo irreprensibile”. Questo, ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa a Casa S. Marta, vuol dire muoversi verso la santità. Un impegno che però ha bisogno di un cuore che sappia sperare con coraggio, mettersi in discussione, aprirsi “con semplicità” alla grazia di Dio.
di Alessandro De Carolis – Radio Vaticana

Santo Padre

Non si compra, la santità. Né la guadagnano la migliori forze umane. No, “la santità semplice di tutti i cristiani”, “la nostra, quella che dobbiamo fare tutti i giorni”, afferma il Papa, è una strada che si può percorrere solo se a sostenerla sono quattro elementi imprescindibili: coraggio, speranza, grazia, conversione.

Il cammino del coraggio
Francesco commenta il brano liturgico tratto dalla prima Lettera di Pietro, che definisce un “piccolo trattato sulla santità”. Quest’ultima, dice, è anzitutto un “camminare alla presenza di Dio in modo irreprensibile”:

“Questo camminare: la santità è un cammino, la santità non si può comprare, non si vende. Neppure si regala. La santità è un cammino alla presenza di Dio, che devo fare io: non può farlo un altro nel mio nome.

Io posso pregare perché quell’altro sia santo, ma il cammino deve farlo lui, non io. Camminare alla presenza di Dio, in modo irreprensibile. E io userò oggi alcune parole che ci insegnino come è la santità di ogni giorno, quella santità – diciamo – anche anonima. Primo: coraggio. Il cammino verso la santità vuole coraggio”.

Speranza e grazia
“Il Regno dei Cieli di Gesù”, ripete il Papa, è per “quelli che hanno il coraggio di andare avanti” e il coraggio, osserva subito dopo, è mosso dalla “speranza”, la seconda parola del viaggio che porta alla santità. Il coraggio che spera “in un incontro con Gesù”. Poi c’è il terzo elemento, quando Pietro scrive: “Ponete tutta la vostra speranza in quella grazia”:

“La santità non possiamo farla noi da soli. No, è una grazia. Essere buono, essere santo, andare tutti i giorni un po’ un passo avanti nella vita cristiana è una grazia di Dio e dobbiamo chiederla. Coraggio, un cammino. Un cammino, che si deve fare con coraggio, con la speranza e con la disponibilità di ricevere questa grazia. E la speranza: la speranza del cammino.

E’ tanto bello quel capitolo XI della Lettera agli Ebrei, leggetelo. Racconta il cammino dei nostri padri, dei primi chiamati da Dio. E come loro sono andati avanti. E del nostro padre Abramo dice: ‘Ma, lui uscì senza sapere dove andasse’. Ma con speranza”.

Convertirsi tutti i giorni
Nella sua lettera, Pietro – prosegue Francesco – mette in rilievo l’importanza di un quarto elemento. Quando invita i suoi interlocutori a non conformarsi “ai desideri di un tempo”, li sprona essenzialmente a cambiare dal di dentro il proprio cuore, in un continuo, quotidiano lavorio interiore:

“La conversione, tutti i giorni: ‘Ah, Padre, per convertirmi io devo fare penitenze, darmi delle bastonate…’. ‘No, no, no: conversioni piccole. Ma se tu sei capace di riuscire a non sparlare di un altro, sei sul buon cammino per diventare santo’. E’ così semplice!

Io so che voi mai sparlate degli altri, no? Piccole cose… Ho voglia di fare una critica al vicino, al compagno di lavoro: mordere la lingua un po’. Si gonfierà un po’ la lingua, ma il vostro spirito sarà più santo, in questo cammino. Niente di grande, mortificazioni: no, è semplice.

Il cammino della santità è semplice. Non tornare indietro, ma sempre andare avanti, no? E con fortezza”.

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Papa: soldi e potere sporcano la Chiesa, basta arrampicatori

Posté par atempodiblog le 17 mai 2016

Papa: soldi e potere sporcano la Chiesa, basta arrampicatori
La via che indica Gesù è la via del servizio, ma spesso nella Chiesa si ricercano potere, soldi e vanità. E’ il vibrante richiamo di Papa Francesco, nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha quindi sottolineato che i cristiani devono vincere la “tentazione mondana” che divide la Chiesa e ha messo in guardia dagli “arrampicatori” che sono tentati di distruggere l’altro “per salire in alto”.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Santo Padre Francesco

Gesù insegna ai suoi discepoli la via del servizio, ma loro si domandano chi sia il più grande tra loro. Francesco ha preso spunto dal passo del Vangelo odierno per soffermarsi sulle tentazioni mondane che, anche oggi, rovinano la testimonianza della Chiesa. “Gesù – ha osservato il Papa – parla un linguaggio di umiliazione, di morte, di redenzione e loro parlano un linguaggio da arrampicatori: chi andrà più in alto nel potere?”.

Cristiani vincano la tentazione di “arrampicarsi”, di avere il potere
Questa, ha detto, è “una tentazione che avevano loro”, erano “tentati dal modo di pensare del mondo mondano”. Si chiedono chi sia il più grande, mentre Gesù dice loro di essere l’ultimo, “il servitore di tutti”:

“Nella strada che Gesù ci indica per andare avanti, il servizio è la regola. Il più grande è quello che più serve, quello che più è al servizio degli altri, non quello che si vanta, che cerca il potere, i soldi… la vanità, l’orgoglio… No, questi non sono i grandi. E quello che è accaduto qui con gli apostoli, anche con la mamma di Giovanni e Giacomo, è una storia che accade ogni giorno nella Chiesa, in ogni comunità.

‘Ma da noi, chi è il più grande? Chi comanda?’ Le ambizioni. In ogni comunità – nelle parrocchie o nelle istituzioni – sempre questa voglia di arrampicarsi, di avere il potere”.

Anche nella Prima Lettura, che propone un passo della Lettera di San Giacomo, si mette in guardia dalle passioni per il potere, dalle invidie, dalle gelosie che distruggono l’altro”.

No alle chiacchiere che sporcano l’altro pur di comandare
Questo, riprende, è anche il messaggio di oggi  per la Chiesa. Il mondo parla di chi ha più potere per comandare, Gesù afferma di essere venuto al mondo “per servire”, non “per essere servito”:

“La vanità, il potere… E come e quando ho questa voglia mondana di essere con il potere, non di servire, ma di essere servito, non si risparmia mai come arrivare: le chiacchiere, sporcare gli altri… L’invidia e le gelosie fanno questa strada e distruggono.

E questo noi lo sappiamo, tutti. Questo accade oggi in ogni istituzione della Chiesa: parrocchie, collegi, altre istituzioni, anche nei vescovadi… tutti. La voglia dello spirito del mondo, che è spirito di ricchezza, vanità e orgoglio”

“Due modi di parlare”, constata Francesco, Gesù insegna il servizio e i discepoli discutono su chi sia il più grande fra loro. “Gesù – ribadisce – è venuto per servire e ci ha insegnato la strada nella vita cristiana: il servizio, l’umiltà”.

Lo spirito mondano è nemico di Dio, divide la Chiesa
“Quando i grandi santi dicevano di sentirsi tanto peccatori – rammenta – è perché avevano capito questo spirito del mondo che era dentro di loro e avevano tante tentazioni mondane”.

“Nessuno di noi – ammonisce – può dire: no, io sono una persona santa, pulita”:

“Tutti noi siamo tentati da queste cose, siamo tentati di distruggere l’altro per salire in su. E’ una tentazione mondana, ma che divide e distrugge la Chiesa, non è lo Spirito di Gesù.

E’ bello, immaginiamo la scena: Gesù che dice queste parole e i discepoli che dicono ‘no, meglio non domandare troppo, andiamo avanti’, e i discepoli che preferiscono discutere fra loro sopra su chi di loro sarà il più grande.

Ci farà bene pensare alle tante volte che noi abbiamo visto questo nella Chiesa e alle tante volte che noi abbiamo fatto questo, e chiedere al Signore che ci illumini, per capire che l’amore per il mondo, cioè per questo spirito mondano, è nemico di Dio”.

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Papa: i cristiani lavorano per l’unità, “zizzanieri” dividono

Posté par atempodiblog le 12 mai 2016

Papa: i cristiani lavorano per l’unità, “zizzanieri” dividono
Gesù prega per l’unità dei cristiani, ma nella Chiesa ci sono gli “zizzanieri”, quelli che dividono e distruggono le comunità con la lingua: lo ha detto Papa Francesco durante la Messa del mattino a Casa Santa Marta.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Papa: i cristiani lavorano per l'unità, “zizzanieri” dividono dans Commenti al Vangelo Papa-Francesco
Immagine tratta da: Familia Cristiana

L’unità, una delle cose più difficili
Gesù, prima della Passione, prega per “l’unità dei credenti, delle comunità cristiane”, perché siano una cosa sola come Lui e il Padre e così il mondo creda. L’omelia del Papa prende spunto da questo brano evangelico:

“L’unità delle comunità cristiane, delle famiglie cristiane, sono testimonianza: sono la testimonianza del fatto che il Padre abbia inviato Gesù. E, forse, arrivare all’unità – in una comunità cristiana, in una parrocchia, in un vescovado, in una istituzione cristiana, in una famiglia cristiana – è una delle cose più difficili.

La storia nostra, la storia della Chiesa, ci fa vergognare tante volte: ma abbiamo fatto le guerre contro i nostri fratelli cristiani! Pensiamo ad una, alla Guerra dei trent’anni”.

Chiedere perdono per le divisioni
Dove “i cristiani si fanno la guerra fra di loro” – afferma Papa Francesco – “non c’è testimonianza”:

“Dobbiamo chiedere tanto perdono al Signore per questa storia! Una storia tante volte di divisioni, ma non solo nel passato… Anche oggi! Anche oggi!

E il mondo vede che siamo divisi e dice: ‘Ma che si mettano d’accordo loro, poi vediamo… Come, Gesù è Risorto ed è vivo e questi – i suoi discepoli – non si mettono d’accordo?’. Una volta, un cristiano cattolico chiedeva a un altro cristiano d’Oriente – cattolico pure: ‘Il mio Cristo resuscita dopodomani. Il tuo quando resuscita?’. Neppure nella Pasqua siamo uniti! E questo nel mondo intero. E il mondo non crede”.

I « zizzanieri » sporcano e distruggono
“E’ stata l’invidia del diavolo – spiega il Papa – a far entrare il peccato nel mondo”: così, anche nelle comunità cristiane “è quasi abituale” che ci siano egoismo, gelosie, invidie, divisioni, “e questo porta a sparlare uno dell’altro. Si sparla tanto!”.

In Argentina – nota – “queste persone si chiamano ‘zizzaniere’: seminano zizzania, dividono. E lì le divisioni incominciano con la lingua. Per invidia, gelosia e anche chiusura! ‘No! La dottrina è questa!”.

La lingua – osserva il Papa – “è capace di distruggere una famiglia, una comunità, una società; di seminare odio e guerre”. Invece di cercare una chiarificazione “è più comodo sparlare” e distruggere “la fama dell’altro”.

Il Papa cita il noto aneddoto di San Filippo Neri che a una donna che aveva sparlato, come penitenza, le dice di spennare una gallina, di spargere le piume per il quartiere per poi raccoglierle. “Ma non è possibile!” – esclama la donna. “Così è lo sparlare”:

“Lo sparlare è così: sporcare l’altro. Quello che sparla, sporca! Distrugge! Distrugge la fama, distrugge la vita e tante volte – tante volte! – senza motivo, contro la verità.

Gesù ha pregato per noi, per tutti noi che stiamo qui e per le nostre comunità, per le nostre parrocchie, per le nostre diocesi: ‘Che siano uno’.

Preghiamo il Signore che ci dia la grazia, perché è tanta, tanta la forza del diavolo, del peccato che ci spinge a fare le disunità. Sempre! Che ci dia la grazia, che ci dia il dono: e qual è il dono che fa l’unità? Lo Spirito Santo!

Che ci dia questo dono che fa l’armonia, perché Lui è l’armonia, la gloria nelle nostre comunità. E ci dia la pace, ma con l’unità. Chiediamo la grazia dell’unità per tutti i cristiani, la grande grazia e la piccola grazia di ogni giorno per le nostre comunità, le nostre famiglie; e la grazia di mettere il morso alla lingua!”.

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L’orizzonte basso della nostra società

Posté par atempodiblog le 18 février 2016

Un caso esemplare
L’orizzonte basso della nostra società
La decisione dello scrittore algerino Kamel Daoud di lasciare il giornalismo dopo essere stato accusato di islamofobia dimostra che non si può tollerare il linciaggio riservato a chi non si accoda al pensiero dominante
di Susanna Tamaro – Corriere della Sera
Tratto da: Radio Maria

susanna tamaro

Sono rimasta molto colpita dalla lettera dello scrittore algerino Kamel Daoud in cui spiega le ragioni del suo ritiro dal mondo giornalistico. «Viviamo nell’epoca dell’ingiunzione. O stai da una parte o dall’altra. Ogni volta che scrivo qualcosa, scateno reazioni eccessive, ricevo tonnellate di insulti e minacce e, per fortuna, anche manifestazioni di sostegno. Ma non mi trovo a mio agio, perché non sono un provocatore. Sono solo un uomo libero che vuole esprimere la sua opinione. Questo non è più possibile».

Una dichiarazione così netta in un mondo che avesse ancora caro l’uso del pensiero, dovrebbe suscitare un grande allarme, e forse anche qualcosa più di un allarme. Un pensatore stimato, una persona ragionevole, intellettualmente onesta, che ha semplicemente osato fare un discorso critico e appassionato sul mondo a cui appartiene — e che sicuramente conosce meglio di noi — è stato pubblicamente dileggiato al punto tale da costringerlo a scegliere il silenzio.

Il caso in questione è legato a un’accusa di islamofobia da parte dalla crème degli intellettuali francesi legati a Le Monde, ma non ci vuole molto sforzo per capire che questo scenario si ripete con le stesse modalità sull’orbe terracqueo dominato ormai dalla dittatura della comunicazione digitale immediata.

Stai con me o contro di me? Questa è l’ampiezza di pensiero che viene concessa nei nostri iper-democratici tempi, ed è un’ampiezza che un solo sbocco: se non stai con me, non hai il diritto di esistere. Quello che una volta era l’eliminazione fisica dell’avversario — la gogna, la prova dell’ordalia — ora diventa il linciaggio virulento sui media che, con pochi battiti di tastiera, riescono a spargere il loro veleno anche nei luoghi più sperduti

Prima di tacciare di viltà chi decide di sottrarsi a questo gioco al massacro, come ha fatto lo scrittore algerino, bisogna sapere che cosa si prova ad essere un bersaglio di questo tipo. Per circa dieci anni, a partire dal 1995, sono stata oggetto di una campagna di calunnie che ha minato fortemente la mia vita e la mia salute. Non esistevano ancora, per mia fortuna, i social media, ma non c’era giorno che io non aprissi innocentemente la radio, sfogliassi un giornale, rispondessi una telefonata senza trovare il mio nome accostato a ogni tipo di infamia. Ero una fascista, naturalmente, una reazionaria, una bigotta, una creatura berlusconiana, l’idiota e furba prestanome di un’operazione di marketing ideato da altri, e chi più ne ha più ne metta. Ricordo, ad esempio — tanto per evidenziare il livello del discorso — che secondo un settimanale cattolico l’esistenza di persone come me e l’incolpevole Rosanna Lambertucci erano tra le cause del degrado morale del paese. Con il senno di poi, se devo contare le persone che, nel mondo culturale e dei media, non hanno parlato male di me in quegli anni, penso che bastino le dita di una mano.

Chi sceglie la carriera politica, in linea di massima, ha una personalità che gli permette di affrontare cose che uno scrittore o un poeta non sarebbe mai in grado di sopportare. L’abitudine all’insulto, alla calunnia, alla derisione fanno parte, ahimè, del nostro orizzonte politico. In questo gioco al massacro, i nostri politici sembrano quei pupazzetti che non cadono mai: oscillano, si piegano ma poi si rialzano con la stessa espressione ridente che avevano prima di cadere. Ma un artista, uno scrittore a queste campagne può anche soccombere perché vive in un’altra dimensione, più privata, più complessa, più fragile, lontana dalle frenesie del potere e dell’apparenza.

Come Kamel Daoud, neppure io sono mai stata una provocatrice, eppure i miei libri e le interviste che ho rilasciato hanno fatto divampare incendi di devastante ferocia nei miei confronti. Le parole dette e scritte hanno un peso, si depositano nella mente e nel cuore delle persone e lì continuano a lavorare, moltiplicando il loro potenziale veleno. Così può capitare negli anni, come è successo a me, di essere insultati per strada, di ricevere minacce di morte, di vedere sconosciuti uscire da librerie o dallo scompartimento di un treno, manifestando verbalmente l’obbrobrio della mia vicinanza.

In nome di che cosa persone che amano leggere, studiare, ragionare con pacatezza dovrebbero continuare a sottoporsi a una simile linciaggio che viene riservato d’ufficio a chi non si accoda al coro delle «magnifiche sorti e progressive» del pensiero dominante? Pensiero che si regge su un’unica — fallacissima — idea: l’uomo è naturalmente buono e, lasciato finalmente libero dai vari gioghi religiosi o di consuetudine sociale, non potrà far altro che ricreare intorno a sé il mondo ideale e pieno di amore che da sempre cova nel suo cuore.

Avrei avuto molte cose da dire sulle questioni apparentemente fondamentali che agitano l’universo dei media in queste settimane, ma ho scelto di non farlo perché non ho nessuna intenzione di sottopormi a un nuovo linciaggio. Non sono una pasionaria come la Fallaci, la pacatezza è stata sempre la cifra del mio ragionamento, ma so ormai che per questa dimensione non c’è più alcuno spazio. Il non pensiero e il trionfo del sentimentalismo individualista dominano ormai ogni dibattito, pubblico e privato che sia.

La nostra è una società che sta diventando sempre più afasica. Il crollo verticale della padronanza della lingua, il drastico impoverimento lessicale delle nuove generazioni contribuiscono in maniera determinante a questa impossibilità di ragionare. Se non si conoscono le parole per esprimere ciò che si prova, si diventa rapidamente estranei a sé stessi e al proprio destino, si diventa «poveri» perché non si è in grado di comprendere e di esprimere ciò che si ha dentro e dunque, per trovare sicurezza, non si può far altro che rivolgersi al branco e conformarsi alle sue leggi.

Che società è, mi chiedo, una società che non più in grado di elaborare ragionamenti complessi, che deride e distrugge tutto ciò che ha una lontana parentela con quelli che, fino ad adesso, sono stati i fondamenti della vita umana? La risposta è abbastanza facile. E’ una società che si tribalizza. Ho il fondato sospetto che questo trionfo della libertà individuale, anziché condurci nell’agognato Parnaso dell’uomo senza più gioghi, rischi di riportarci direttamente al primate che sonnecchia in noi. Primate che strilla se vede un serpente e che, con il suo strillo, mette in allarme i suoi simili, facendo strillare tutto il branco che il serpente non lo vede. Primati teneramente dolci, ma capaci di provare anche la gioia e la ferocia dell’assassinio fine a sé stesso, come annota in splendide pagine di doloroso stupore Jane Goodall, nella sua autobiografia. Una società in cui i comportamenti atavici hanno il sopravvento su qualche migliaio di anni di cultura e di civiltà è una società dall’orizzonte sempre più basso. E gli orizzonti bassi, di solito, generano realtà in cui la vita non è particolarmente piacevole.

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Vocazione: Rischio ‘inseminazione artificiale’ nelle Congregazioni religiose. Evitare chiacchiere

Posté par atempodiblog le 1 février 2016

Vocazione: Rischio ‘inseminazione artificiale’ nelle Congregazioni religiose. Evitare chiacchiere

Papa e vocazioni come inseminazione artificiale

L’obbedienza forte non è quella “militare”, non è “disciplina”, ma è “donazione del cuore”, come quella del Figlio di Dio “che si è annientato, si è fatto uomo per obbedienza fino alla morte di Croce”. Papa Francesco ancora una volta ha scelto di consegnare il discorso preparato, affidandolo al cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per la Vita Consacrata, e incontrando 5 mila consacrati – in chiusura dell’Anno ad essi dedicato, iniziato il 30 novembre 2014 – ha parlato a braccio di ciò che gli è venuto “dal cuore”.

Siate uomini e donne profeti
Ha riflettuto sui concetti di profezia, prossimità e speranza che costituiscono per loro il mandato del Pontefice. Ha ricordato che Cristo “non è stato anarchico, non ha chiamato i suoi a fare una forza di resistenza contro i suoi nemici”, ha scelto “l’obbedienza” al Padre. Questa è la “profezia” di fronte all’anarchia che, ha spiegato, è “figlia del diavolo”:

“La profezia è dire alla gente che c’è una strada di felicità, di grandezza, una strada che ti riempie di gioia, che è proprio la strada di Gesù. È la strada di essere vicino a Gesù. È un dono, è un carisma la profezia e lo si deve chiedere allo Spirito Santo: che io sappia dire quella parola, in quel momento giusto; che io faccia quella cosa in quel momento giusto; che la mia vita, tutta, sia una profezia. Uomini e donne profeti”.

Avvicinarsi alla gente, cristiani e non cristiani
Soffermandosi poi sulla parola “prossimità”, il Papa ha invitato a essere uomini e donne consacrate non per allontanarsi “dalla gente e avere tutte le comodità”:

“No, per avvicinarmi e capire la vita dei cristiani e dei non cristiani, le sofferenze, i problemi, le tante cose che si capiscono soltanto se un uomo e una donna consacrati diventano prossimo: nella prossimità”.

Essere consacrati non è uno status
Ha invitato a guardare a Santa Teresa del Bambin Gesù, Patrona delle missioni, che “con il suo cuore ardente” e le lettere che riceveva dai missionari era “più prossima alla gente”. Diventare consacrati, ha sottolineato, “non significa salire uno, due, tre scalini nella società”:

“Per i consacrati non è uno status di vita che mi fa guardare gli altri così, con distacco. La vita consacrata mi deve portare alla vicinanza con la gente: vicinanza fisica, spirituale, conoscere la gente”.

Evitare terrorismo delle chiacchiere, sono una ‘bomba’
E l’altro, il “vero prossimo”, può essere colui che si incontra nei “quartieri poveri”, ma anche “il fratello o la sorella della comunità”, anelando alla virtù “forse più difficile” – come diceva l’Apostolo Giacomo – “del dominare la lingua”:

“Un modo di allontanarsi dai fratelli e dalle sorelle della comunità è proprio questo: il terrorismo delle chiacchiere. Sentite bene: non le chiacchiere, il terrorismo delle chiacchiere. Perché chi chiacchiera è un terrorista. È un terrorista dentro la propria comunità, perché butta come una bomba la parola contro questo, contro quello, e poi se va tranquillo. Distrugge! Chi fa questo distrugge, come una bomba”.

Impegno per l’Anno della Misericordia
Perché “la bomba di una chiacchiera” nella comunità non è prossimità, “è fare la guerra”, allontanarsi, “provocare distanze” e anarchia:

“E se, in questo Anno della Misericordia, ognuno di voi riuscisse a non fare mai il terrorista chiacchierone o chiacchierona, sarebbe un successo per la Chiesa, un successo di santità grande! Fatevi coraggio! ».

Il calo delle vocazioni
Passando al concetto di speranza e riallacciandosi alle parole di saluto del cardinale Joao Braz de Aviz, che aveva presentato al Santo Padre i partecipanti all’incontro internazionale dedicato in questi giorni a Roma al tema “Vita Consacrata in comunione”, il Papa si è soffermato sul calo delle vocazioni, sulle comunità che invecchiano, sui monasteri “portati avanti da 4-5 suore vecchiette”…

No all’esperimento della ‘inseminazione artificiale’
“Alcune Congregazioni fanno l’esperimento della ‘inseminazione artificiale’. Che cosa fanno? Accolgono… ‘Ma sì, vieni, vieni, vieni…’. E poi, i problemi che ci sono lì dentro… No. Si deve accogliere con serietà! Si deve discernere bene se questa è una vera vocazione e aiutarla a crescere. E credo che contro la tentazione di perdere la speranza, che ci dà questa sterilità, dobbiamo pregare di più. E pregare senza stancarci”.

Vera speranza solo nel Signore non nei soldi
Il Signore “non mancherà la sua promessa”, ma – ha esortato ancora Francesco – l’invito è a pregare con l’“intensità” con cui lo faceva Anna, madre di Samuele, invocando il dono di un figlio. “Perché c’è un pericolo”:

“Quando una Congregazione religiosa vede che non ha figli e nipoti e incomincia a essere sempre più piccola, si attacca ai soldi. E voi sapete che i soldi sono lo sterco del diavolo. Quando non possono avere la grazia di avere vocazioni e figli, pensano che i soldi salveranno la vita e pensano alla vecchiaia: che non manchi questo, che non manchi quest’altro… E così non c’è speranza! La speranza è solo nel Signore! I soldi non te la daranno mai. Al contrario: ti butteranno giù”.

Il ruolo delle consacrate nella Chiesa
Quindi, un pensiero speciale alle consacrate, a “cosa sarebbe la Chiesa se non ci fossero le suore”, che si trovano negli ospedali, nei collegi, nelle parrocchie, nei quartieri, nelle missioni, ma anche nei cimiteri. Si tratta di donne che assieme a tanti uomini hanno dato la loro vita per il Signore, magari lontani dalle loro terre d’origine:

“Hanno preso le malattie, queste febbri di quei Paesi, hanno bruciato la vita… Tu dici: questi sono santi! Questi sono semi! Dobbiamo dire al Signore che scenda un po’ su questi cimiteri e veda cosa hanno fatto i nostri antenati e ci dia più vocazioni, perché ne abbiamo bisogno”.

di Giada Aquilino – Radio Vaticana

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Il Papa: gelosia e invidia, peccati brutti che uccidono con le parole

Posté par atempodiblog le 21 janvier 2016

Il Papa: gelosia e invidia, peccati brutti che uccidono con le parole
Il Papa ha celebrato la Messa del mattino nella Cappella di Santa Marta nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di Sant’Agnese, vergine e martire. All’omelia ha parlato della gelosia e dell’invidia: il Signore – è stata la sua preghiera – ci preservi da questi peccati brutti che esistono anche nelle nostre comunità cristiane e usano la lingua per uccidere gli altri.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

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L’invidia è un peccato brutto che cresce come erba cattiva
La Prima Lettura (1 Sam 18, 6-9: 19,1-7) racconta la gelosia di Saul, Re d’Israele, nei confronti di Davide. Dopo la vittoria contro i filistei  le donne cantano con gioia dicendo: “Ha ucciso Saul i suoi mille e Davide i suoi diecimila”. Così, da quel giorno – sottolinea Papa Francesco – Saul guarda con sospetto Davide, pensando che possa tradirlo, e decide di ucciderlo. Poi segue il consiglio del figlio e ci ripensa. Ma dopo ritorna sui suoi pensieri cattivi. La gelosia – rileva il Papa – è “una malattia” che torna e porta all’invidia:

“Cosa brutta è l’invidia! E’ un atteggiamento, è un peccato brutto. E nel cuore la gelosia o l’invidia crescono come cattiva erba: cresce, ma non lascia crescere buon’erba. Tutto quello che gli sembra di fargli ombra, gli fa male. Non è in pace! E’ un cuore tormentato, è un cuore brutto! Ma anche il cuore invidioso – lo abbiamo sentito qui – porta ad uccidere, alla morte. E la Scrittura lo dice chiaramente: per l’invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo”.

L’invidia uccide anche nelle nostre comunità
L’invidia “uccide” – afferma il Papa – “e non tollera che un altro abbia qualcosa che io non ho. E sempre soffre, perché il cuore dell’invidioso o del geloso soffre. E’ un cuore sofferente!”. E’ una sofferenza che desidera “la morte degli altri. Ma quante volte – esclama – nelle nostre comunità – non dobbiamo andare troppo lontano per vedere questo – per gelosia si uccide con la lingua. Uno ha invidia di questo, di quell’altro e incominciano le chiacchiere: e le chiacchiere uccidono!”:

“E io, pensando e riflettendo su questo passo della Scrittura, invito me stesso e tutti a cercare se nel mio cuore c’è qualcosa di gelosia, c’è qualcosa di invidia, che sempre porta alla morte e non mi fa felice; perché sempre questa malattia di porta a guardare quello che di buono ha l’altro come se fosse contro di te. E questo è un peccato brutto! E’ l’inizio di tante, tante criminalità. Chiediamo al Signore che ci dia la grazia di non aprire il cuore alle gelosie, di non aprire il cuore alle invidie, perché sempre queste cose portano alla morte”.

Gesù consegnato per invidia
“Pilato – conclude il Papa – era intelligente e Marco nel Vangelo dice che Pilato se ne era accorto che i capi degli scribi” gli avevano consegnato Gesù per invidia:

“L’invidia – secondo l’interpretazione di Pilato, che era molto intelligente, ma codardo! – è quella che ha portato alla morte Gesù. Lo strumento, l’ultimo strumento. Glielo avevano consegnato per invidia”.

Non consegnare mai alla morte un fratello, una sorella, della parrocchia
“Anche chiedere al Signore la grazia di non consegnare mai, per invidia, alla morte un fratello, una sorella della parrocchia, della comunità, neanche un vicino del quartiere: ognuno ha i suoi peccati, ognuno ha le sue virtù. Sono proprie di ognuno. Guardare il bene e non uccidere con le chiacchiere per invidia o per gelosia”.

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