Sabato Santo: preghiera in diretta social e tv davanti alla Sindone

Posté par atempodiblog le 4 avril 2020

Sabato Santo: preghiera in diretta social e tv davanti alla Sindone
L’annuncio in diretta streaming dall’arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, monsignor Cesare Nosiglia che presiederà la liturgia. Nella nostra intervista il presule spiega: “sarà molto di più di un’ostensione, staremo in silenzio con il Signore
di Gabriella Ceraso – Vatican News

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Laddove il sacro Telo è custodito, nella cappella della Cattedrale di Torino, visitata dal Papa nel giugno del 2015, Sabato Santo alle 17, l’Arcivesco di Torino vescovo di Susa, monsignor Cesare Nosiglia, guiderà una liturgia di preghiera e contemplazione, trasmessa sia in diretta televisiva sia sui canali e le piattaforme social. Al termine della diretta tv, sui social il dialogo e la riflessione continueranno con l’intervento di esperti e voci di “testimoni” del momento che stiamo vivendo.

“Cari amici sparsi in tutto il mondo, vi attendo sabato per elevare a Dio attraverso la contemplazione della Sindone una corale preghiera insieme al suo figlio Gesù nostro fratello e salvatore. Sì, la Sindone lo ripete al nostro cuore sempre: più forte è l’amore”. Così monsignor Nosiglia nell’annuncio fatto oggi in diretta streaming, in cui, ha precisato di aver raccolto le migliaia di richieste a lui giunte da persone di ogni fascia di età, di poter pregare davanti alla Sindone per “impetrare da Cristo morto e risorto – che il Sacro Telo ci presenta in un modo così vero e concreto – la grazia di vincere il male come ha fatto lui, confidando nella bontà e misericordia di Dio”.

La passione e la morte di Gesù, per amore
“Grazie alla televisione e ai social – ha detto il presule – questo tempo di contemplazione renderà disponibile a tutti, nel mondo intero, l’immagine del Sacro Telo, che ci ricorda la passione e morte del Signore, ma che apre anche il nostro cuore alla fede nella sua risurrezione.

L’annuncio pasquale che la Sindone ci porta a vivere è “Più forte è l’amore » e questo – ha sottolineato ancora monsignor Nosiglia – ci riempie il cuore di riconoscenza e di fede. “Sì, l’amore con cui Gesù ci ha donato la sua vita e che celebriamo durante la Settimana Santa è più forte di ogni sofferenza, di ogni malattia, di ogni contagio, di ogni prova e scoraggiamento. Niente e nessuno potrà mai separarci da questo amore, perché esso è fedele per sempre e ci unisce a lui con un vincolo indissolubile.

Avere fiducia e speranza
Il ricordo infine di quanto Papa Francesco ha scritto nel suo messaggio per l’ostensione del 2013 cioè che nella Sindone “è lui che ci guarda per farci comprendere quale grande amore ha avuto per noi, liberandoci dal peccato e dalla morte invitandoci ad avere fiducia, a “non perdere la speranza, la forza dell’amore di Dio e del Risorto vince tutto.

Molto più che un’ostensione, “staremo con Gesù
Nell’intervista rilasciata a Luca Collodi, il presule, subito dopo il suo annuncio, precisa che la Liturgia in programma sarà un ringraziamento a Gesù per il dono della Sua vita e anche una richiesta di aiuto per quanto viviamo tragicamente. Emblematica – spiega – la scelta del Sabato Santo perchè la Sindone rappresenta anche quella speciale giornata di silenzio e meditazione sul mistero della morte e in attesa delle resurrezione. “Vogliamo – dice – introdurci così, già nella veglia pasquale.

Nella seconda parte del collegamento dalla Cappella torinese, sabato, si potrà assistere al dibattito tra esperti: il presule spiega, nella nostra intervista, che sarà lasciato spazio a chi vive in prima persona il dramma attuale e non solo nella difficoltà ma anche nella dimensione della speranza e della fede: voci di medici e operatori pastorali, famiglie, anziani e tanti messaggi di solidarietà.

Sarà dunque una sorta di specile ostensione? In realtà conclude il presule sarà “molto meglio in quanto la Sindone la potremo vedere da vicino e quelle immagini “andranno nel cuore e nelle tristezze di tanta gente che ci seguirà. Sarà uno stare col Signore nel giorno in cui attendiamo la sua Resurrezizone.

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O Prigioniero d’amore

Posté par atempodiblog le 31 mars 2020

O Prigioniero d'amore dans Citazioni, frasi e pensieri Santa-Faustina-Kowalska

O Prigioniero d’amore, chiudo il mio povero cuore in questo tabernacolo, perché Ti adori incessantemente, giorno e notte.

Non conosco impedimenti in questa adorazione e, anche se sarò fisicamente lontana, il mio cuore è sempre con Te. Niente può costituire un ostacolo al mio amore verso di Te. Non esistono impedimenti per me.

O Gesù mio, Ti consolerò per tutte le ingratitudini, per le bestemmie, per la tiepidezza, per l’odio dei senza-dio, per i sacrilegi. O Gesù, desidero ardere come vittima pura e consumata davanti al trono del Tuo nascondimento. T’imploro incessantemente per i peccatori agonizzanti.

O Santissima Trinità, Indivisibile, unico Dio, sii benedetta per questo grande dono e testamento di misericordia!

Santa Faustina Kowalska

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Il Papa nel silenzio

Posté par atempodiblog le 28 mars 2020

Il Papa nel silenzio
I fuochi, l’adorazione, la benedizione in una piazza San Pietro vuota. “Da settimane – ha detto Francesco – sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.
di Matteo Matzuzzi – Il Foglio
Tratto da: Radio Maria

Il Papa nel silenzio dans Articoli di Giornali e News Papa-Francesco-e-Ges

Nella piazza vuota c’erano solo i fuochi accesi, l’icona della Salus populi romani, il Crocifisso miracoloso di San Marcello. Poco più in là, nell’atrio della basilica vaticana, l’altare per l’adorazione. Tutto immerso nel silenzio, interrotto solo dal verso di qualche gabbiano e dalle sirene delle ambulanze. In mezzo, il Papa. Un momento di preghiera straordinario per supplicare la fine dell’epidemia che resterà nella storia. La pioggia non ha smesso un attimo di cadere sul sagrato di San Pietro, mentre si proclamava il Vangelo – “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”, chiede Gesù agli apostoli turbati dalla tempesta di vento che aveva fatto riempire d’acqua la barca sulla quale si trovavano – e si cantavano le litanie. “Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: ‘Siamo perduti’, così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”, ha detto il Papa nella sua riflessione, tutta svolta attorno al tema della paura e della fede. “Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balìa della tempesta”. Una supplica accorata, terminata con la concessione dell’indulgenza plenaria e la benedizione urbi et orbi, alla città di Roma e al mondo intero. In silenzio anche questa: il Papa, affaticato, benediceva con il santissimo mentre le campane della basilica suonavano a festa.

Si è scritto più volte che il dramma che stiamo vivendo sarà ricordato anche da immagini-simbolo: i volti di medici e infermieri deturpati dall’uso continuo delle mascherine alla sequela dei camion militari con il loro carico di bare destinate ai crematori. Anche l’immagine del Pontefice da solo in piazza San Pietro, al crepuscolo di un venerdì d’inizio primavera, entrerà nei libri. Come vi era già entrata del resto l’istantanea della camminata in solitaria verso San Marcello al Corso, in una Roma deserta per la serrata. E come lo era stata la benedizione dalla finestra del Palazzo apostolico, dopo l’Angelus di domenica. Sotto di lui, il vuoto.

“Da settimane – ha detto Francesco – sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”. Alla fine, le telecamere indugiavano sulla grande navata della basilica, tutta illuminata. E’ lì che si terranno i riti della Settimana santa e della Pasqua. Il Papa celebrerà all’altare della Cattedra, senza popolo presente. La Via Crucis, anziché al Colosseo, si svolgerà in piazza San Pietro. Rimandata la messa crismale del giovedì santo, se ne riparlerà a emergenza finita. E così faranno le altre chiese in Italia e in gran parte del mondo. In queste ore i vescovi diocesani stanno comunicando ai fedeli calendari aggiornati e misure straordinarie per le celebrazioni, tutte comunque garantite in streaming, almeno laddove i sacerdoti saranno in grado di farlo.

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Novena per la patria

Posté par atempodiblog le 26 mars 2020

Novena per la patria dans Fede, morale e teologia Santa-Faustina

Una volta sentii queste parole: «Va’ dalla Superiora e chiedi che ti permetta di fare ogni giorno un’ora di adorazione per nove giorni; durante questa adorazione cerca di fare la tua preghiera con Mia Madre. Prega di cuore in unione con Maria; procura inoltre in questo tempo di fare la Via Crucis».

Ottenni il permesso non per un’ora intera, ma soltanto per il tempo che avevo, dopo compiuti i miei doveri. Dovevo fare quella novena per la patria.

Il settimo giorno della novena vidi la Madonna fra cielo e terra, in una veste chiara. Pregava con le mani giunte sul petto e lo sguardo rivolto al cielo e dal suo Cuore uscivano dei raggi di fuoco, alcuni dei quali erano diretti verso il cielo, mentre gli altri coprivano la nostra terra.

Divisore dans San Francesco di Sales

Freccia dans Viaggi & Vacanze  Via Crucis del Beato Giustino M. Russolillo

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Consacrazione, vescovi italiani: seguite il Portogallo

Posté par atempodiblog le 24 mars 2020

Consacrazione, vescovi italiani: seguite il Portogallo
I vescovi del Portogallo e della Spagna stanno compiendo un atto salvifico epocale con la Consacrazione al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria. Supplichiamo i nostri vescovi italiani di imitarli domani. ll Signore sta permettendo, nella sua infinita misericordia, che tocchiamo con mano la grande fragilità dell’uomo, della sua salute, dei suoi sistemi economici, delle sicurezze terrene. E lo sta facendo comprendere al mondo intero. Si tratta di un grande avvertimento, che sarebbe colpevole e foriero di conseguenze funeste non accogliere.
di Luisella Scrosati – La nuova Bussola Quotidiana

Consacrazione, vescovi italiani: seguite il Portogallo dans Articoli di Giornali e News Maria-Immacolata

In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede…”. Sono le ultime parole della seconda parte del segreto di Fatima, parole che da oltre un secolo fanno sì che in qualche modo si debba guardare al Portogallo con particolare attenzione, per cogliere i segnali della direzione da prendere di fronte ai tanti cambiamenti che hanno sconvolto il mondo e scosso la fede di intere nazioni. In Portogallo c’è un fenomeno molto particolare, che si registrava in Italia, ancora ai tempi di don Camillo: si può essere atei, comunisti, mangiapreti, ma quando si tira in ballo Lei, la Santissima Vergine di Fatima, si tira giù il cappello, in segno di rispetto.

Ed anche oggi, mentre c’è trepidazione per quello che sta accadendo a livello sanitario, ma ancor più per le decisioni che sono state prese a livello politico ed ecclesiale, una luce ci viene sempre da lì, dal Portogallo.

Domani, festa dell’Annunciazione della B. V. Maria, il Cardinale D. António Marto, vescovo di Leiria-Fatima, al termine del Santo Rosario che sarà pregato alle 18.30 (19.30 italiane) al Santuario di Fatima (e trasmesso qui), rinnoverà la consacrazione del Portogallo al Sacro Cuore di Gesù ed al Cuore Immacolato di Maria. E con loro ci saranno anche i vescovi spagnoli.

La prima consacrazione risale al 13 maggio del 1931, quando i vescovi, alla presenza di trecentomila fedeli, cercarono rifugio nel Cuore Immacolato per essere risparmiati dalla peste del comunismo, che stava invadendo l’Europa, in particolare la vicina Spagna. E la Madonna non fece mancare la sua speciale protezione: la guerra civile non coinvolse il Portogallo e a questa nazione furono risparmiate le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale. La consacrazione venne rinnovata sette anni dopo, per mantenere il voto che i vescovi portoghesi avevano pronunciato nel 1936: essi avevano chiesto di essere risparmiati dai comunisti; “in cambio” avrebbero rinnovato la consacrazione, per far conoscere al mondo intero la potenza della mediazione di Maria Santissima. I vescovi portoghesi avevano preso alla lettera le parole che la Madonna aveva indirizzato a Lucia il 13 giugno 1917: «Non ti scoraggiare, Io non ti abbandonerò mai. Il Mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e la via che ti condurrà a Dio»Dio ha stabilito un rifugio, come accadde con Noè, per salvare i suoi dalle tempeste del mondo; chi entra in questo rifugio non perisce.

In quegli anni fu sotto gli occhi di tutti l’eccezionalità del Portogallo, rispetto al resto dell’Europa. Il Cardinale Cerejeira ammise candidamente che “se vediamo i due anni che sono passati dal nostro voto, non si può non riconoscere che la mano invisibile di Dio ha protetto il Portogallo, risparmiandolo dalla furia della guerra e dalla piaga del comunismo ateo”.

Il 2 dicembre 1940, in piena guerra, Suor Lucia confidò in una lettera a Pio XII la ragione per cui il Portogallo veniva preservato dalla strage: “Santo Padre, Nostro Signore concede una speciale protezione al nostro Paese in questa guerra, per via della Consacrazione della Nazione, compiuta dai prelati portoghesi, al Cuore Immacolato di Maria, come prova delle grazie che verrebbero concesse ad altre nazioni se anch’esse si consacrassero a Lei”.

La Madonna ha chiesto questa consacrazione esplicitamente anche all’Italia. Il 19 settembre 1995, sette mesi dopo le lacrimazioni di sangue, la Madonna apparve alla famiglia Gregori, dicendo: “La vostra Nazione è in pericolo… Consacratevi tutti a me, al mio Cuore Immacolato, e io proteggerò la vostra Nazione sotto il mio manto ora pieno di grazie. Ascoltatemi, vi prego, vi supplico! Io sono la vostra Madre celeste, vi prego non mi fate piangere ancora nel vedere tanti miei figli morire per le vostre colpe non accettandomi e permettendo che Satana agisca”.

Quello che leggete, allora, non è un semplice articolo, ma un accorato appello, un misero eco di quel “vi supplico!”, pronunciato dalla Madonna. Il Signore sta permettendo, nella sua infinita misericordia, che tocchiamo con mano la grande fragilità dell’uomo, della sua salute, dei suoi sistemi economici, delle sicurezze terrene. E lo sta facendo comprendere al mondo intero. Si tratta di un grande avvertimento, che sarebbe colpevole e foriero di conseguenze funeste non accogliere. Di fronte a questa situazione, che ci ha colto tutti d’improvviso, Dio ci tende ancora una volta una mano, ci offre un rifugio: il Cuore Immacolato di Sua Madre.

I vescovi del Portogallo stanno compiendo un atto salvifico epocale: chiediamo, supplichiamo i nostri vescovi italiani di imitarli. Al più presto. E’ soprattutto ai nostri Pastori che questo aiuto del Cielo è indirizzato: afferrino questa mano materna, che li potrà trarre fuori dalla situazione difficile in cui ci troviamo e che sta paralizzando la vita della nostra Chiesa italiana. Lasciamo da parte le dispute teologiche e i ragionamenti umani e, con semplicità e candore, obbediamo alla richiesta di nostra Madre.

Uniamoci il 25 marzo alle 19.30 italiane alla preghiera del Santo Rosario che verrà pregato a Fatima e all’atto di consacrazione. Consacriamo noi stessi, le nostre famiglie, le nostre parrocchie, le nostre città e imploriamo la Madonna perché tocchi i cuori e le menti dei nostri Vescovi, perché anche loro compiano questo atto dal quale potrà dipendere la vita e salvezza eterna di milioni di persone.

Cuore Immacolato di Maria, intercedi per noi.

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Un grande manto di misericordia in quest’ora di crisi

Posté par atempodiblog le 22 mars 2020

Un grande manto di misericordia in quest’ora di crisi
Intervista con il cardinale Penitenziere sull’indulgenza plenaria e le possibili assoluzioni collettive
di Andrea Tornielli – L’Osservatore Romano

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«Un grande manto di misericordia viene steso su tutti coloro che desiderano riceverla». Così il cardinale Penitenziere maggiore Mauro Piacenza, in questa intervista con i media vaticani, illustra il decreto sull’indulgenza plenaria offerta in occasione dell’emergenza per la pandemia.

Può spiegare qual è l’origine del decreto sull’indulgenza in questo momento di emergenza per il Covid 19?
La legge suprema della Chiesa è la salvezza delle anime. La Chiesa sta al mondo per annunciare il Vangelo e per offrire i sacramenti, cioè la sovrabbondanza di doni e di grazia divina che sono messi a disposizione di tutti. È evidente a ciascuno di noi la crisi che stiamo attraversando in questo momento, purtroppo ormai in tanti Paesi del mondo. Viviamo in una situazione di emergenza: ci sono ospedali che rischiano di non poter più accogliere i malati, ci sono malati costretti a vivere isolati e purtroppo anche a morire senza il conforto e la vicinanza dei propri cari, ci sono malati ai quali manca la vicinanza di un sacerdote per l’unzione degli infermi e la confessione. Ci sono tantissime persone in quarantena e intere città la cui popolazione deve rimanere chiusa in casa a motivo delle norme per contenere il contagio emanate dalle autorità.

Quali sono le necessità più urgenti?
La straordinarietà di questo tempo richiede provvedimenti straordinari per aiutare, per essere vicini, per confortare, per assistere, per non far mancare mai a nessuno la carezza di Dio di fronte alla sofferenza e alla prospettiva della morte imminente. Per questo la Penitenzieria, agendo al servizio del Papa e con la sua autorità, ha emanato il decreto sulle indulgenze.

Può elencare le peculiarità di questo provvedimento?
Innanzitutto si offre l’indulgenza plenaria a tutti gli ammalati affetti dal Coronavirus che si trovano negli ospedali o in quarantena a casa. La offre anche, alle stesse condizioni, agli operatori sanitari, ai familiari e a quanti assistono i malati. Ancora, l’indulgenza è offerta anche per tutti coloro che, in occasione di questa pandemia, pregano affinché cessi, pregano quanti stanno soffrendo e per quanti il Signore ha chiamato a sé.

Quali sono le condizioni per ricevere il dono dell’indulgenza?
Sono molto semplici. Ai malati e a chi li assiste è chiesto di unirsi spiritualmente, là dove è possibile attraverso i mezzi di comunicazione, alla celebrazione della Messa o alla recita del Rosario o alla Via Crucis o ad altre forme di devozione. Se questo non è possibile, è chiesto di recitare il Credo, il Padre Nostro e un’invocazione a Maria. A tutti gli altri, a chi offre preghiere per le anime dei defunti, per chi soffre, e invoca la fine della pandemia, è chiesto — ove sia possibile — una visita al Santissimo Sacramento o l’adorazione eucaristica. Oppure, ancora, la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz’ora, o la recita del Rosario o la Via Crucis. Come è evidente a tutti, la recita delle preghiere e la lettura della Bibbia possono essere fatte senza muoversi da casa, e dunque nel pieno rispetto delle norme per contrastare la diffusione del contagio.

E chi si trova in punto di morte?
Coloro che sono in punto di morte e non possono ricevere l’Unzione degli infermi, né confessarsi, né comunicarsi, vengono affidati alla Misericordia divina. A ciascuno di loro è donata l’indulgenza plenaria, purché siano debitamente disposti e abbiano recitato abitualmente durante la loro vita qualche preghiera. Come si vede, un grande manto di misericordia viene steso su tutti coloro che desiderano riceverla.

Il decreto della Penitenzieria parla sempre di malati colpiti dal Coronavirus. Questo significa che l’indulgenza non è offerta agli altri ammalati?
Ricordiamoci sempre del bene delle anime: il decreto presenta provvedimenti straordinari dovuti all’emergenza generale che stiamo vivendo. Si estende a tutti gli ammalati, perché tutti gli ammalati ricoverati oggi negli ospedali vivono in un modo o nell’altro le conseguenze dell’emergenza per la pandemia.

Parliamo del sacramento della confessione. Sono possibili altre forme rispetto a quella individuale, a tu per tu con il sacerdote?
L’assoluzione collettiva, senza la confessione individuale, può essere sempre data in imminente pericolo di morte, oppure in casi — recita il Codice di diritto canonico — di “grave necessità”. Come Penitenzieria Apostolica abbiamo chiarito che, soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio e fino a quando il fenomeno non sarà rientrato, ricorrono i casi di grave necessità. E dunque i vescovi diocesani, per il bene delle anime, possono prendere decisioni in questo senso, come pure possono farlo nei casi di necessità improvvisa i sacerdoti, preavvertendo il loro vescovo o informandolo quanto prima dopo aver amministrato il sacramento. Si possono pensare assoluzioni collettive alle porte dei reparti degli ospedali dove si trovano fedeli contagiati in pericolo di morte, coinvolgendoli per quanto possibile.

Che cosa può dire sulla confessione individuale?
Raccomandiamo che, ove avvenga, sia sempre celebrata nel pieno rispetto delle norme per contenere il contagio, e dunque a debita distanza con l’uso di mascherine, ovviamente sempre preservando il segreto sacramentale. Ma vorrei ricordare qui, come ha fatto anche il Santo Padre nell’omelia della Messa di Santa Marta venerdì 20 marzo, l’importanza dell’atto di contrizione, quando si è impossibilitati a confessarsi. È una possibilità citata dal Catechismo della Chiesa cattolica: l’esame di coscienza e la recita dell’Atto di dolore, una vera contrizione accompagnata dal proposito di non peccare più e di recarsi al confessionale non appena sarà possibile, sono graditi a Dio, ci riconciliano con lui e ottengono il perdono dei peccati.

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Qualunque cosa fai al prossimo, la fai a Gesù

Posté par atempodiblog le 20 mars 2020

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[...] Gesù che mi ha detto: «Figlia Mia, Mi hai procurato una gioia più grande facendoMi quel servizio, che se avessi pregato a lungo». Ho risposto: «Ma, Gesù mio, io non ho fatto il servizio a Te, ma a quel malato». Ed il Signore mi ha risposto: «Si, figlia Mia, qualunque cosa fai al prossimo, la fai a Me».

Santa Faustina Kowalska

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Il Rosario del 19 marzo. Il Papa fa suo l’appello dei Vescovi italiani

Posté par atempodiblog le 18 mars 2020

Il Rosario del 19 marzo. Il Papa fa suo l’appello dei Vescovi italiani
Tratto da: CEInews

Il Rosario del 19 marzo. Il Papa fa suo l’appello dei Vescovi italiani dans Articoli di Giornali e News Santo-Padre-Francesco

“Faccio mio l’appello dei Vescovi italiani che in questa emergenza sanitaria hanno promosso un momento di preghiera per tutto il Paese. Ogni famiglia, ogni fedele, ogni comunità religiosa: tutti uniti spiritualmente domani alle ore 21 nella recita del Rosario, con i Misteri della luce. Io vi accompagnerò da qui. Al volto luminoso e trasfigurato di Gesù Cristo e al suo Cuore ci conduce Maria, Madre di Dio, salute degli infermi, alla quale ci rivolgiamo con la preghiera del Rosario, sotto lo sguardo amorevole di San Giuseppe, Custode della Santa Famiglia e delle nostre famiglie. E gli chiediamo che custodisca in modo speciale la nostra famiglia, le nostre famiglie, in particolare gli ammalati e le persone che stanno prendendosi cura degli ammalati: i medici, gli infermieri, le infermiere, i volontari, che rischiano la vita in questo servizio”. Queste le parole che il Santo Padre ha pronunciato in mattinata al termine dell’udienza generale.

La Chiesa che è in Italia, nella persona dei suoi Pastori, dei sacerdoti e dei fedeli, ringrazia Papa Francesco per questa prossimità, che diventa motivo di sostegno e d’incoraggiamento a pregare e a camminare insieme sulle strade del Vangelo. In questo momento di sofferenza per il Paese, la preghiera del Rosario di domani sera sarà invocazione e supplica alla misericordia del Padre perché ci liberi da questa pandemia.

Anche la Chiesa cattolica caldea, per espressa volontà del Cardinale Louis Raphaël I Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, si unirà spiritualmente all’iniziativa della Chiesa itaiana. Questa adesione si aggiunge alla solidarietà espressa da tante altre Conferenze Episcopali di tutto il mondo, a partire dalle Chiese dell’Est europeo, che assicurano la loro vicinanza all’Italia.

La preghiera del Rosario verrà accompagnata anche da un semplice segno: si propone di esporre alle finestre delle case un piccolo drappo bianco o una candela accesa, simboli della speranza e della luce della fede. “Dalle nostre abitazioni – afferma il Card. Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI – si eleva al Padre la supplica dei suoi figli, affinché il Signore, buono e misericordioso, dia la forza del suo Spirito ai medici e agli operatori sanitari, illumini i ricercatori, guidi i governanti, infonda vigore ai corpi degli anziani e dei bambini, allontani la paura, doni a tutti, specialmente ai malati, la consolazione del suo Figlio Gesù”.

TV2000 offrirà la possibilità di condividere la preghiera.

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Coronavirus, Papa Francesco a piedi da solo: prega il «Crocifisso miracoloso» per la fine dell’epidemia

Posté par atempodiblog le 16 mars 2020

Coronavirus, Papa Francesco a piedi da solo: prega il «Crocifisso miracoloso» per la fine dell’epidemia
Francesco è stato a pregare a Santa Maria Maggiore davanti all’icona Salus populi Romani e poi a piedi su via del Corso nella chiesa di San Marcello, dove si conserva il Cristo che secondo la tradizione liberò la città dalla peste nel 1522
di Ester Palma – Corriere della Sera

Coronavirus, Papa Francesco a piedi da solo: prega il «Crocifisso miracoloso» per la fine dell'epidemia dans Articoli di Giornali e News Basilica-Maria-Maggiore-Vergine-Salus-populi-Romani

Un pellegrinaggio solitario e cittadino per chiedere la liberazione di Roma dell’Italia e del mondo intero dal coronavirus. Domenica pomeriggio, poco dopo le 16, Papa Francesco ha lasciato il Vaticano in forma privata e si è recato in visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore, per rivolgere una preghiera alla Vergine, Salus populi Romani, la cui icona è lì custodita e venerata. Francesco è molto devoto all’icona bizantina con l’immagine della Madonna col Bambino che si trova nella cappella Paolina o Borghese. E’ a pregare davanti all’immagine che andò, in gran segreto, la mattina dopo la sua elezione e prima di ogni viaggio apostolico non manca mai di salutarla e portarle dei fiori. Per secoli l’icona è rimasta sopra la porta del battistero della basilica, ma nel 1240 le venne attribuito il titolo di Regina Coeli e fu spostata nella navata, in una cornice di marmo. Dal 1613 è sull’altare della Cappella Paolina, che fu costruita appositamente.

Crocifisso-miracoloso dans Coronavirus

Il Papa, come fa sapere la sala stampa vaticana, è poi stato, facendo un tratto di via del Corso a piedi, in San Marcello al Corso, dove si trova il Crocifisso miracoloso che nel 1522 venne portato in processione per i quartieri della città perché finisse la «Grande Peste» a Roma. L’immagine di legno, molto realistica, è di scuola senese e le vengono attribuiti molti miracoli. Come quello del 23 maggio 1519: nella notte un incendio distrusse la chiesa fondata nel IV secolo da papa Marcello I e poi ricostruita da Jacopo Sansovino, poi sostituito da Antonio da Sangallo il Giovane. La mattina successiva il crocifisso fu trovato incredibilmente intatto. Ma il miracolo che ha portato a San Marcello il Papa risale al 1522, quando la peste aveva invaso Roma. Dalla chiesa il 4 agosto partì una solenne processione penitenziale con clero, nobili e tutto il popolo: «Scalzi et coverti di cenere a una et alta voce, interrotta solo da singulti e sospiri, di chi li accompagnava, gridavano ‘misericordia SS. Crocifisso», narra una testimonianza dell’epoca che aggiunge come le autorità, temendo un aumento del contagio, tentarono invano di bloccare la manifestazione. Le processioni continuarono fino al 20 agosto, quando la peste fu improvvisamente debellata.

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Perché le vittime della peste si consacravano a San Giuseppe

Posté par atempodiblog le 13 mars 2020

Perché le vittime della peste si consacravano a San Giuseppe
Quando la peste ha devastato l’Europa, le vittime si rivolgevano spesso a San Giuseppe e alla sua intercessione miracolosa
di Philip Kosloski – Aleteia

Novena a San Giuseppe dans Preghiere San-Giuseppe

La peste ha una lunga storia in Europa, e quando i cristiani si sono trovati in mezzo a crisi simili si sono spesso rivolti a San Giuseppe.

Al di là di chiedere la sua potente intercessione, molti cristiani facevano consacrazioni personali al santo, offrendogli la propria vita nella speranza di essere risparmiati dalla peste insieme alle proprie famiglie.

Nel libro The Glories of the Catholic Church si legge: “Quanto è potente San Giuseppe nel curare chi si affida a lui, mettendolo al sicuro anche dal più grande di tutti i mali, la peste! Ha difeso la città di Alenson dall’esserne completamente distrutta circa dieci anni fa, per via di un voto solenne di celebrare per sempre la sua festa”.

Oltre alla città di Avenson, anche quella di Lione fu teatro di una guarigione miracolosa.

Il signor Augery, avvocato presso il Parlamento del Delfinato, trovandosi a Lione e capendo, il 15 luglio 1638 che Theodore Augery, suo figlio, di sette anni, era stato colpito dalla peste, fece un voto a Dio che se San Giuseppe, mediante la sua intercessione, avesse fatto riprendere il figlio e preservato la sua famiglia dalla peste avrebbe ascoltato per nove giorni la Messa nella sua chiesa in suo onore… Il giovane malato, visitato dai medici che si occupavano della peste, che lo davano per spacciato, venne fatto uscire di casa e portato a St. Laurence, la casa degli appestati, per paura che infettasse gli altri. Qui guarì perfettamente, e nessun altro della sua famiglia, composta da nove membri, fu contagiato”.

Non si trattò di un incidente isolato, visto che San Giuseppe è stato ripetutamente un intercessore per le vittime della peste e Dio ha curato la loro malattia.

Se si deve sempre cercare l’assistenza medica adeguata e vanno seguite le indicazioni delle autorità governative, i cristiani nel corso dei secoli hanno sottolineato la necessità di includere la preghiera nella propria risposta a una peste.

Dio risponderà sempre a un cuore contrito, e se è sua volontà può guarire e proteggere le persone dalle malattie. Al riguardo, San Giuseppe si è dimostrato un potente intercessore, portando le anime cristiane più vicine a Dio, chiedendo al Signore di avere misericordia dei malati e dei sofferenti.

Al di sopra di tutto, San Giuseppe ci insegna a confidare in Dio in tutte le circostanze, e a mettere la nostra vita nelle sue mani.

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Coronavirus. Il Papa affida l’Italia e il mondo alla protezione di Maria

Posté par atempodiblog le 10 mars 2020

Coronavirus. Il Papa affida l’Italia e il mondo alla protezione di Maria
Lo riferisce il direttore della sala stampa vaticana Matteo Bruni. “In questi giorni di emergenza sanitaria, il Santo Padre affida la Città, l’Italia e il mondo alla protezione della Madre di Dio”
di Riccardo Maccioni – Avvenire

Coronavirus. Il Papa affida l'Italia e il mondo alla protezione di Maria dans Articoli di Giornali e News Il-Papa-davanti-alla-Madonna-nella-Basilica-di-San-Pietro-Ansa
Il Papa davanti alla Madonna nella Basilica di San Pietro – Ansa

Nei momenti più difficili, nelle prove più dure, si torna dalla madre. A lei, al suo amore totale e gratuito si chiede un aiuto per capire quale strada scegliere nei bivi decisivi dell’esistenza. È a chi ci ha dato la vita che affidiamo i tesori nascosti negli angoli silenziosi del nostro cuore. È “mamma” la prima e spesso anche l’ultima parola che pronunciamo in vita. Non a caso, da sempre, la Chiesa cattolica, dall’ultimo dei fedeli al primo dei suoi pastori, guarda a lei, all’intercessione della Madre celeste, ogni volta che c’è il rischio di smarrire la strada diretta a Dio.

Una consuetudine, un gesto d’amore che mercoledì il Papa rinnoverà ancora una volta. Ad annunciarlo il direttore della Sala stampa vaticana: «In questi giorni di emergenza sanitaria, il Santo Padre affida la città, l’Italia e il mondo alla protezione della Madre di Dio, come segno di salvezza e di speranza». L’occasione – ha aggiunto Matteo Bruni – sarà, mercoledì alle 19, «la Messa celebrata in assenza dei fedeli, promossa dal cardinale vicario Angelo De Donatis presso il Santuario della Madonna del Divino Amore per la Giornata di preghiera e di digiuno». In particolare «Francesco invierà un videomessaggio nel quale rivolge una sua preghiera alla Vergine».

A lanciare l’evento odierno era stato, come detto, il cardinale vicario di Roma con una lettera in cui spiegava il gesto di abbinare, antica tradizione della Chiesa nei momenti di prova, alla preghiera il digiuno. «Rinunciando ad un pasto – aveva sottolineato De Donatis –, vogliamo essere vicini, con un segno di elemosina, raccogliendo delle offerte che devolveremo a sostegno del personale sanitario che si sta spendendo con generosità e sacrificio nella cura dei malati». Perché sono innanzitutto loro, i medici, gli infermieri e tutte le altre figure professionali e di volontariato legate al mondo della salute a combattere con turni massacranti e senza chiedere niente in cambio un contagio tanto grave quanto sconosciuto. Uomini e donne ricordati martedì anche dal Papa in Casa Santa Marta durante la Messa mattutina nella quale aveva chiesto ai sacerdoti il coraggio di accompagnare gli operatori sanitari per portare la Parola di Dio e l’Eucaristia ai malati. Un invito – ha precisato più tardi Matteo Bruni – fatto «chiaramente nel rispetto delle misure sanitarie stabilite dalle autorità italiane».

Un richiamo alla prudenza che certo non indebolisce anzi per certi versi rafforza l’atto di coraggio umile che oggi avrà come protagonisti il Papa e la Chiesa. Una preghiera che ricorda il gesto con cui Pio XII l’11 giugno 1944 nella chiesa di Sant’Ignazio chiese alla Madonna del Divino Amore protezione e salvezza durante la ritirata delle truppe naziste. «Possa questa Roma dalla dura esperienza di tante sventure – invocò papa Pacelli – aver luce e forza per una miglior vita personale, familiare, collettiva, e, mercé tua, ritornare esempio alle genti di vera civiltà cristiana per la fede, vissuta in opere di giustizia e in umile amore».

Un’invocazione ormai antica di oltre 75 anni, nel cui solco oggi papa Francesco rilancerà l’affidamento, che è insieme gesto d’amore e di fiducia, dell’Italia e del mondo intero alla Vergine. «Tu – ha pregato il Pontefice l’8 dicembre scorso in piazza di Spagna – non solo sei madre e come tale non smetti mai di amare i tuoi figli, ma sei anche l’Immacolata, la piena di grazia, e puoi riflettere fin dentro le tenebre più fitte un raggio della luce di Cristo Risorto». Una via di salvezza che con la guida della Vergine può aprirsi anche davanti a chi oggi si sente più smarrito e solo, quando ai piedi di Maria riscopre la certezza di essere figlio. Amato. «Ti ringraziamo, Madre Immacolata» – sono ancora parole del Papa – di ricordarci che «per l’amore di Gesù Cristo, noi siamo liberi di amare, di volerci bene, ci doni la dolce memoria che siamo figli di Dio, Padre d’immensa bontà, eterna fonte di vita, di bellezza e di amore.

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«La Chiesa cattolica fa migliore il mondo»

Posté par atempodiblog le 9 mars 2020

«La Chiesa cattolica fa migliore il mondo»
Istruzione, sanità, riduzione della povertà: nessuna organizzazione al mondo fa più della Chiesa per rispondere ai bisogni della gente. E ad affermarlo è un ente di ricerca della Georgetown University (USA), che ha quantificato il bene delle opere cattoliche nel mondo. Senza contare il bene spirituale che il Vangelo porta all’umanità.
di Luca Volontè – La nuova Bussola Quotidiana

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Ciò che è e fa la Chiesa, in ragione di Cristo, è indispensabile per il mondo intero. ‘Contra factum non fit argumentum’. Nessuna organizzazione nel mondo fa più lavoro nei settori dell’istruzione, della sanità, della riduzione della povertà, della cura della Chiesa cattolica, molti spesso grazie agli ordini religiosi.

Tra tutte le critiche alla Chiesa, questo fatto di base viene sempre dimenticato, è di moda lanciare le pietre contro la Chiesa, meno prendere atto che essa, ad imitazione di Cristo, si prende cura e genialmente risponde ai bisogni di tutti. L’ente di ricerca ‘Cara’, presso la Georgetown University negli Stati Uniti, ha compilato statistiche che rendono ‘quantificabile’ l’opera davvero impressionante della Chiesa nel mondo. Và da sé che l’opera di carità, educativa e di cura non è solo statisticamente quantificabile, la Chiesa mostra ed educa alla verità e per la Verità.

Tuttavia, questa materializzazione del bene, esito secondario della opera di evangelizzazione, non può essere né dimenticata né sottaciuta. In tutto il mondo la Chiesa cattolica ‘gestisce’ 150.087 scuole che educano circa 54 milioni di studenti ogni anno e la maggior parte di queste si trova nei paesi in via di sviluppo. Nel campo della salute e del benessere, la Chiesa – sempre principalmente attraverso i suoi ordini religiosi spesso diffamati – gestisce oltre 5.000 ospedali, 16.000 cliniche sanitarie, 600 lebbrosari. Inoltre, gestisce quasi 16.000 case di cura per anziani, malati cronici e disabili, 10.000 orfanotrofi, 10.500 asili nido, 13.000 centri di consulenza matrimoniale, 3.200 centri di educazione sociale e 31.182 istituti di beneficenza di altro tipo.

I dati non includono l’eccezionale lavoro svolto in più paesi dai membri di organizzazioni laicali cattoliche, come la Società di San Vincenzo de Paoli, la Federico Ozanam o la Legione di Maria. La sola ‘San Vincenzo de Paoli’, aiuta 20 milioni di persone nel mondo grazie alle sue 150 sedi in tutti i continenti. Guardando più vicino al campo dell’educazione, la Chiesa gestisce 71.305 asili nido, 101.527 scuole elementari e 48.560 scuole secondarie. In Italia la FISM si prende cura del 35% dei bambini della scuola di infanzia, se chiudessero sarebbe una tragedia per decine di migliaia di famiglie. Per avere un’idea di come la l’impegno e la presenza della Chiesa nell’istruzione sia cresciuta nel mondo dal 1970, confrontiamo le cifre attuali con quelle di allora. Gli studenti delle scuole elementari sono passati da 20,3 milioni nel 1970 a 34,6 milioni nel 2017. Nel 1970 gli studenti delle scuole secondarie erano circa 7,7 milioni, mentre nel 2017 erano poco più di 20 milioni. Si tratta di un enorme progresso. I numeri nelle scuole materne ammontano a 7,3 milioni di bambini. In Italia la FISM si prende cura del 35% dei bambini della scuola di infanzia (circa 550.000 bambini), se chiudessero sarebbe una tragedia per decine di migliaia di famiglie.

C’è stata una crescita particolarmente forte, nel campo educativo, in Africa. Nel 1980, 6,6 milioni di alunni frequentavano istituti scolastici gestiti da organizzazioni ecclesiali, nel 2012, erano 23,5 milioni e continuano ad aumentare.  Nel 1970 i cattolici rappresentavano il 18% della popolazione mondiale e questa percentuale non è cambiata dopo 50 anni. Tuttavia, il lavoro della Chiesa nell’area dell’educazione e del benessere è cresciuto in termini di servizi e di persone coinvolte. Ciò è particolarmente vero per i paesi poveri, in cui lo Stato è spesso quasi inesistente, ma è altrettanto reale l’opera sussidiaria che la Chiesa e le sue iniziative svolgono in tutti gli altri paesi del mondo. Senza le attività delle innumerevoli organizzazioni a conduzione cattolica menzionate sopra, la vita sarebbe molto più difficile per decine di milioni di persone in tutto il mondo ogni anno. I numeri sono chiarissimi e, volendo, ogni anno si possono rivedere solo al rialzo.

A questo bene materiale, educativo e di cura deve essere aggiunto il bene spirituale che il Vangelo porta all’umanità. Non abbiamo idea di quanti bimbi,ragazzi, uomini ogni giorno, perdonino i loro nemici, confortino gli afflitti, superino le loro cattive abitudini, trovino la forza e motivazione per perseguire la propria felicità e libertà, sopportino con pazienza, portino consolazione, costruiscano pace e giustizia, tutto questo in nome della loro fede cattolica e dell’incontro reale che li ha segnati durante la loro infanzia a scuola, mentre soffrivano in ospedale, quando si trovavano nel bisogno.

Il contributo della Chiesa cattolica al progresso umano, sebbene inestimabile, è sottovalutato da tutti. Non c’è superbia nel raccontarlo, ma la realtà non si deve e nemmeno si può tacere. I media si concentrano su cattive notizie e, quando parlano della Chiesa si focalizzano solo sugli abusi, le divisioni, i complotti ma c’è molto di buono nel mondo e gran parte proviene dalla Chiesa.

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Letture, come ai tempi dei Promessi Sposi sarà il Bene ad avere l’ultima parola

Posté par atempodiblog le 7 mars 2020

La visione manzoniana del Male sconfitto sempre dalla fede
Letture, come ai tempi dei Promessi Sposi sarà il Bene ad avere l’ultima parola
di Caterina Maniaci – ACI Stampa

Letture, come ai tempi dei Promessi Sposi sarà il Bene ad avere l'ultima parola dans Alessandro Manzoni I-promessi-sposi

Dall’autunno del 1629 al maggio 1630 Milano e buona parte della Lombardia sono flagellate dalla peste. Che viene considerata un pericolo minore, all’inizio, dalle autorità, e che rapidamente si  propaga e stermina una gran parte della popolazione. Questa, fra le tante epidemie che hanno costellato la vita del nostro Paese, viene ricordata in modo particolare perché Alessandro Manzoni l’ha mirabilmente rievocata nel suo romanzo capolavoro, I Promessi Sposi.

In questi giorni difficili e angoscianti che oggi in Italia, e ormai ovunque nel mondo, stiamo vivendo per via dell’epidemia diffusa dal famigerato coronavirus, vorremmo suggerire di riaprire quel romanzo, e in particolare il capitolo XXXI. In queste settimane spesso è stato citato e qui si vorrebbe farlo non tanto per rintracciare in questa cronaca remota le comparazioni, o le grandi differenze, con quello che stiamo affrontando oggi. Rileggere Manzoni e I Promessi Sposi può rappresentare invece l’occasione non solo per riscoprire la bellezza di questa storia e la grandezza del suo autore, ma per ritrovare consolazione e saggezza, una “guida” per affrontare con autentico spirito cristiano quello che accade ora quotidianamente.

Il Bene non viene sconfitto, alla fine, nonostante i percorsi difficili, i travagli, le pene e le ingiustizie subite. Il Bene si propaga forse più lentamente del Male, ma in modo più capillare e duraturo. La malattia, la pestilenza,  non sono quelle che avranno l’ultima parola, invece avranno una fine e i “buoni”, gli umili. Coloro che hanno sempre anteposto l’amore per gli altri a quello per sé stessi, potranno dire l’ultima parola. Perché la vita terrena, breve e piena di affanni, non è il fine ultimo del nostro destino, la nostra vera esistenza comincerà dopo la morte. Si tratta, a ben vedere, di un messaggio non tanto consolatorio, ma realistico, basato sulla evidenza della ragione di speranza che offre il cristianesimo e su quello che possiamo sperimentare quotidianamente noi stessi.

Manzoni racconta con forza, passione e commozione il sacrificio di tanti, conosciuti e sconosciuti, che nel momento della grande paura, dell’infuriare della pestilenza reagiscono e fanno fronte al dilagare del male e della morte. Le autorità sottovalutano il pericolo, lo nascondono e poi, quando non possono più negare l’evidenza, schiacciati sotto il peso della situazione precipitata, si affidano ai religiosi. Qui il racconto intreccia elementi storici a intuizioni personali. Il lazzaretto di Milano viene affidato ai padri cappuccini, sotto la guida di padre Felice Casati, noto per la vita caritatevole e molto stimato, affiancato da padre Michele Pozzobonelli, più giovane ma altrettanto animato da fervore caritatevole. Manzoni rileva la « stranezza » di un’autorità governativa che rinuncia al proprio compito per cederlo a uomini religiosi, ma sottolinea come questa situazione sia occasione del manifestarsi del potere infinito della carità cristiana, così come è bello che i frati abbiano accettato questo gravoso incarico quando nessun altro voleva accollarselo, senza altro fine che quello di servire il prossimo e  senza altra speranza che quella di una morte invidiabile in quanto viatico per la vita eterna. Molti confratelli, infatti, si ammalano e perdono la vita, anche padre Casati viene colpito dalla peste, ma guarisce e continua a prodigarsi nella vita terribile del lazzaretto.

Non si può, suggerendo una rilettura dei Promessi Sposi,  e in particolare degli ultimi capitoli dedicati appunto alla pestilenza e alle sue conseguenze sui vari protagonisti – ricordiamo che Renzo e Lucia si ritrovano proprio nel lazzaretto milanese – non citare uno dei più famosi episodi manzoniani, tra i più commoventi. Quello che ha come protagonista la piccola Cecilia e  la sua mamma.

Nel capitolo XXXIV Renzo vaga per la Milano sconvolta dalla peste. Si trova in una zona che oggi possiamo individuare come via Montenapoleone e vede una giovane donna uscire da un portone e dirigersi verso il carro dei monatti  (gli uomini che raccoglievano i cadaveri delle vittime di casa in casa, di strada in strada)  fermo lì vicino, portando in braccio un corpo immobile  quello che poi si scoprirà essere quello della sua figlioletta, una bimba di nove anni, Cecilia, appena spirata.  Uno dei monatti si avvicina per prendere il corpo e gettarlo insieme agli altri accatastati sul carro. Ma la madre si rifiuta di cederlo, è lei stessa che lo vuole posare sul carro, dare un’ultima carezza a quel viso tanto amato e già appassito. Mette in mano all’uomo dei denari in cambio della promessa che la figlioletta sarà sepolta sottoterra “così com’è vestita”, senza toglierle neanche un filo. Vuole insomma che la sua bimba mantenga bellezza e dignità anche nella morte, che non è la fine di tutto e non è nato separazione definitiva, perché, le mormora prima di lasciarla andare, si rivedranno presto in cielo, lei insieme all’altra sorella.

Umanità e bellezza anche nel caos, nella disperazione, nella paura. Un messaggio che non dobbiamo e non possiamo ignorare.

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Continuerei a sperare in Te

Posté par atempodiblog le 15 février 2020

Continuerei a sperare in Te

Continuerei a sperare in Te dans Misericordia San-Claudio-de-la-Colombi-re

Signore, ecco davanti a Te un’anima, che si trova in questo mondo per sperimentare la tua meravigliosa Misericordia e farla risplendere al cospetto del Cielo e della terra.

Gli altri Ti rendano pure gloria dimostrando, con la loro fedeltà e la loro costanza, quanto è potente la tua grazia e quanto Tu sei dolce e generoso verso coloro che ti sono fedeli; io, da parte mia, ti darò gloria col far conoscere a tutti quanto sei buono con i peccatori.

A tutti dirò che la tua Misericordia è tanto al di sopra di ogni umana malizia, che nessuna cattiveria avrà il potere di stancarla; che nessuna ricaduta, per vergognosa e grave che sia, dovrà indurre il peccatore a disperare del tuo perdono.

Sì, amabile Redentore, Ti ho gravemente offeso, ma Ti ingiurierei ancora più pesantemente, se pensassi che non sei abbastanza buono da darmi il tuo perdono.

Il tuo e mio nemico, invano, ogni giorno, mi tende nuove insidie; mi potrà far perdere tutto, ma non la speranza nella tua Misericordia.

Anche se fossi ricaduto cento volte e le mie colpe fossero cento volte più terribili di quel che sono, continuerei a sperare in Te.

San Claudio de la Colombière

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La santità del perdono

Posté par atempodiblog le 6 février 2020

La santità del perdono
di padre Livio Fanzaga – Radio Maria

Messaggio del 25 gennaio 2020 rivolto alla Parrocchia attraverso la veggente Marija di Medjugorje

“Cari figli!
Oggi vi invito a pregare ancora di più finché nel vostro cuore sentiate la santità del perdono. Nelle famiglie ci deve essere la santità perché figlioli, non c’è futuro per il mondo senza amore e santità, perché nella santità e nella gioia voi vi donate a Dio Creatore il quale vi ama con amore immenso. Per questo mi manda a voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata”.

La santità del perdono dans Apparizioni mariane e santuari Gospa-Medjugorje

Trascrizione del commento di padre Livio Fanzaga al messaggio della Regina della Pace dato a Marija il 25 gennaio 2020

Questo messaggio della Regina della Pace è molto breve, però contiene  concetti fondamentali e va interpretato guardando alle parole che vengono usate.
La Madonna dice la parola “santità” per ben quattro volte, quindi certamente questo è il concetto che Le sta più a cuore.
Tuttavia il messaggio inizia con l’invito a pregare di più e la Madonna rinnova questo invito quasi in ogni messaggio e il 25 luglio 2019 ha detto: “la preghiera diventi vita per voi, di giorno e di notte”.
Pregare è fondamentale perché nella preghiera incontriamo Dio e facciamo l’esperienza del Suo amore, nella preghiera vediamo noi stessi nella Luce di Dio e prendiamo anche le decisioni fondamentali della nostra vita.
La Madonna sa che, se invita alla santità, rischia di trovare in noi un certo scetticismo, perché pensiamo a persone che fanno digiuni, sacrifici, fanno cose straordinarie, fanno addirittura miracoli! E questo tipo di santità non è alla portata di tutti.
La santità è invece un’opzione possibile anche a quelli che vivono nel mondo, qualsiasi età abbiano, come Lei ha detto:“a qualsiasi età, potete iniziare a diventare Santi”.
Allora la Madonna ci invita, come primo passo, a crescere nella preghiera per chiedere il contatto con Dio, l’esperienza del Suo amore.

Dunque dobbiamo sostare nella preghiera, vivere nella preghiera finché in noi nasca il desiderio di essere Santi, di piacere a Dio, di essere puliti, di avere un cuore aperto al Suo amore, di essere tutti Suoi.
Questo desiderio deve nascere in noi, perché finché non c’è questo desiderio, tutti gli inviti a diventare santi, rischiano di essere come quei semi che cadono sulle pietre e non fruttificano.
In questo messaggio la Madonna vuol parlare di un tipo particolare di santità che è alla portata di tutti e che è importante, soprattutto nella vita quotidiana: la Santità che consiste nella capacità di perdonare.
È bellissima questa espressione della Madonna “la santità del perdono”.
E la Madonna fa riferimento alla santità delle famiglie che consiste nel far sì che nelle famiglie ci sia la capacità di perdonare. 

Perché la Madonna insiste sulla santità del perdono nelle famiglie?
Perché oggi le famiglie si dividono.
Ci sono tante famiglie che cominciano bene, ma dopo un po’ si sgretolano, si rovinano, perché? 
Perché iniziano le incomprensioni, le ripicche, incominciano le vendette, si rompe quel rapporto meraviglioso che è l’amore tra lo sposo e la sposa e arriva il momento in cui uno dei due chiede la separazione.
Ma prima di arrivare a questo c’è una fase di degrado dei rapporti quotidiani, degrado del dialogo, della comprensione, dell’aiuto reciproco.
Nelle famiglie ci saranno sempre tensioni e incomprensioni, fa parte della natura umana e anche alla diversa psicologia tra l’uomo e la donna, allora ci vuole sempre una grande capacità di accettazione reciproca, ma soprattutto una grande capacità di capire e di perdonare.
Mai chiudere la giornata voltandosi le spalle, non dandosi la “buonanotte”, e mai incominciare la giornata come estranei, uno mangia da una parte e l’altro dall’altra e neanche ci si saluta, neanche ci si dice “buongiorno”.

E l’invito della Madonna è questo: “vivete la santità familiare”, sempre disposti a perdonare chiedendo il perdono reciproco.

Bisogna essere capaci di chiedere perdono anche quando si pensa di aver ragione, perché molte volte manca chi fa il primo passo.
Fai tu il primo passo, così rompi i muri della separazione e in questo modo impediamo al demonio di operare, impediamo al demonio di rompere i rapporti tra lo sposo e la sposa, fra i genitori e i figli e anche fra i fratelli.
La capacità di perdonare, di non fare ripicche, di non farla pagare, di non indurire il cuore è fondamentale per evitare la disgregazione delle famiglie.
Poi la Madonna passa dalle famiglie al mondo e nel messaggio del 25 novembre 2019 ha detto: “i cuori sono pieni di odio e di gelosia”.
Quindi questa santità del perdono, che deve cominciare nella vita familiare, deve poi estendersi in tutti i rapporti umani, nei rapporti tra le nazioni, non deve vigere la legge “occhio per occhio, dente per dente”, tu lanci un missile, io te ne lancio due, in questo modo si va verso la guerra.
Ci vuole lungimiranza, intelligenza, ci vuole quella superiorità spirituale per saper dire “soprassiedo, non è necessario farla pagare”.
Nella Bibbia Dio perdona e ritira tutti i castighi che aveva promesso, basta che il popolo si penta, il perdono di Dio richiede il nostro pentimento.
Nell’evento cristiano Gesù si fa Agnello di Dio che espia i nostri peccati per nostro amore, e, dopo la morte in Croce, dopo aver versato il suo sangue col quale ci lava, appare nel Cenacolo agli Apostoli risorto e dice: “ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi”.

Il Cristianesimo è l’unica religione che ha come chiave fondamentale il perdono, il perdono che Dio dà a noi e il perdono che noi dobbiamo dare agli altri, ed è in questo modo, dice la Madonna, attraverso il perdono che vi date tra di voi, che voi assicurate il futuro al mondo.
Noi pensiamo che il futuro è messo in forse dai cambiamenti climatici, è messo in forse dalle armi atomiche, dalle armi chimiche e batteriologiche, certamente, ma la Madonna ci porta a un piano superiore, e ci dice che il futuro del mondo è messo in forse dall’odio, dalla cattiveria, dalla vendetta e che noi possiamo assicurare il futuro del mondo con la santità del perdono, la santità dell’amore, in modo tale che la gioia e l’amore prendano il sopravvento.

La Madonna ci chiama a lavorare sul nostro cuore.
Nel nostro cuore ci sono tanti virus pericolosi: la gelosia, l’invidia, la vendetta, “gliela faccio pagare”, “gli faccio vedere io chi sono”, tutte cose che poi portano alle tragedie.

Possiamo guarire con la preghiera, nella preghiera abbiamo l’amore di Dio e, con la consapevolezza che Dio ci perdona, noi facciamo lo stesso nelle nostre famiglie e nei rapporti umani.
E così si assicura il futuro del mondo attraverso il perdono.
Attraverso la preghiera riscopriamo il desiderio di santità, riscopriamo l’importanza del perdono in un mondo che, dice la Madonna, è in guerra perché i cuori sono pieni di odio e di gelosia.      

Che grazia immensa avremmo, se prendessimo la Madonna come Madre e Maestra: andremmo veloci nel cammino di santità. 

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