Il cuore di Lourdes è la grotta

Posté par atempodiblog le 11 février 2012

Il cuore di Lourdes è la grotta dans Apparizioni mariane e santuari

Nell’ immaginario collettivo la grotta di Lourdes, come quella di Betlemme, è stata mitizzata. All’origine non era affatto quel luogo romantico dei nostri presepi, caldo e pulito come un salotto moderno. La grotta di Massabielle era tutt’altra cosa, dal momento che era un ricovero per maiali. Perché l’Immacolata l’aveva scelta per manifestare il suo nome al mondo?
Sono questi gli interrogativi che mi assalgono il mattino dopo, quando, seduto su un muricciolo che fiancheggia la riva destra del  Gave, guardo da lontano il luogo sacro dell’apparizione che sta davanti a me. E’ un angolo privilegiato di silenzio e di meditazione dove sosto a lungo ogni volta che passo per Lourdes. Il pensiero va spontaneo alla grotta delle Tre Fontane a Roma, dove la Vergine della Rivelazione era apparsa a Bruno Cornacchiola e ai suoi tre bambini. La Madonna aveva detto che voleva trasformare in luogo di conversione quella “terra di peccato”. Negli anni settanta avevo avuto la grazia di visitare la grotta di Betlemme e da allora un pensiero mi si era affacciato all’orizzonte luminoso dell’anima. Una scelta di questo genere non poteva essere un fatto casuale, ma doveva avere il significato di un segno, come è tipico del linguaggio biblico. D’altra parte il grande Platone non colloca forse uno dei suoi più grandi <<miti>> sulla condizione umana all’interno di una caverna? Sì, non vi è dubbio, mi dico con convinzione, questa cavità maleodorante e ridotta a porcile è il simbolo della situazione dell’uomo sulla terra, immerso nella melma del male e del peccato. I porci vi si rotolano a loro agio, ma… noi? Come potremo chiamare felicità questo abbruttimento?
L’Immacolata che scende nelle tenebre della nostra abiezione annuncia il Vangelo della redenzione e della speranza. Lassù, in quella nicchia ovale in cui è apparsa, si è accesa la luce della grazia che rischiara il limite oscuro di un’esistenza segnata dal marchio infernale dell’incredulità e del male.

Tratto da: Pellegrino a quattro ruote — Padre Livio Fanzaga

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Lourdes, tra cielo e terra

Posté par atempodiblog le 11 février 2012

Lourdes, tra cielo e terra dans Apparizioni mariane e santuari

Lourdes è uno di quei luoghi che Dio ha scelto per farvi risplendere un raggio particolare della sua bellezza; da ciò l’importanza che acquista qui il simbolo della luce. A partire dalla quarta apparizione Bernadette, arrivando alla grotta, accendeva ogni mattina un cero benedetto e lo teneva nella mano sinistra, fin che la Vergine le si mostrava. Ben presto, vi furono persone che affidarono a Bernadette un cero perché lo conficcasse nella terra in fondo alla grotta. In breve tempo, anche altre persone deposero ceri in quel luogo di luce e di pace. La stessa Madre di Dio fece sapere di gradire l’omaggio toccante di quelle migliaia di ceri, che da allora rischiarano senza interruzione, per dare gloria a lei, il masso roccioso dell’apparizione. Da quel giorno, davanti alla grotta, notte e giorno, tanto d’estate quanto d’inverno, brilla un roveto ardente incendiato dalle preghiere dei pellegrini e dei malati, che esprimono le loro preoccupazioni e i loro bisogni, ma soprattutto la loro fede e la loro speranza.

Venendo in pellegrinaggio qui, a Lourdes, noi vogliamo entrare, sulle orme di Bernadette, in quella straordinaria prossimità tra il cielo e la terra che non si è mai smentita e che non cessa di consolidarsi. Durante le apparizioni è da rilevare che Bernadette recita la corona sotto gli occhi di Maria, che si unisce a lei al momento della dossologia. Questo fatto conferma il carattere profondamente teocentrico della preghiera del Rosario. Quando recitiamo la corona, Maria ci offre il suo cuore e il suo sguardo per contemplare la vita del Figlio suo, Cristo Gesù. Il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II venne due volte qui, a Lourdes. Noi sappiamo quanto, nella sua vita e nel suo ministero, la preghiera si appoggiasse sull’intercessione della Vergine Maria. Come molti suoi Predecessori sulla Sede di Pietro, anch’egli incoraggiò vivamente la preghiera della corona; lo fece, tra l’altro, in un modo del tutto singolare, arricchendo il Rosario con la meditazione dei Misteri della Luce. Questi sono del resto rappresentati sulla facciata della Basilica nei nuovi mosaici, inaugurati l’anno scorso. Come per tutti gli avvenimenti della vita di Cristo che essa “serbava meditandoli nel suo cuore” (Lc 2,19), Maria ci fa comprendere tutte le tappe del ministero pubblico come parte integrante della rivelazione della Gloria di Dio. Possa Lourdes, terra di luce, restare una scuola per imparare a recitare il Rosario, che introduce i discepoli di Gesù, sotto gli occhi della Madre sua, in un dialogo autentico e cordiale con il suo Maestro!

Benedetto XVI

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Nascondere la sofferenza

Posté par atempodiblog le 10 février 2012

Nascondere la sofferenza dans Libri

C’è uno stile nel servire il malato che pochi conoscono. L’anima delicata di Bernadette l’aveva scoperto da sola, quando consigliava a una sua consorella, destinata al servizio nell’ospedale, di allontanarsi dal malato un momento prima che egli potesse ringraziare. Ma c’è anche  uno stile nell’essere malati, che consiste nel nascondere il proprio male sotto il velo del pudore e nel non farlo pesare sugli altri con la luce del sorriso.
Bernadette aveva come impiego quello di essere malata, come lei stessa osserva con il suo senso innato dell’umorismo. Tuttavia, confinata nell’infermeria, si applicava piuttosto ad aiutare le sue consorelle. Non pretendeva l’attenzione altrui sul suo male, come spesso succede a noi. Al contrario dimenticava se stessa, rivolgendo le sue premure alle sofferenze che la circondavano.
Impareremo quest’arte sublime del soffrire? Oggi l’insegnamento e l’esempio di Bernadette hanno una grande attualità. Bisogna essere consapevoli  che si va a Lourdes innanzitutto per imparare quella scienza eccelsa del soffrire di cui Bernadette è maestra insuperabile.
C’è una grande urgenza di comprendere che il dolore è una vocazione e che la malattia è una grazia. In un mondo in cui abbonda il peccato, la SantaVergine ha bisogno dell’esercito dei malati per salvare tutte le anime e presentarle a Dio.

Tratto da: Sui passi di Bernadette — Padre Livio Fanzaga

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Accettare la sofferenza

Posté par atempodiblog le 8 février 2012

Accettare la sofferenza dans Libri

Se dalla vita di Bernadette perviene un forte messaggio per tutti coloro che sono impegnati nel sollievo della sofferenza umana, per la carica di amore che la giovane ha messo nel curare gli anziani e i malati, un messaggio ancora più intenso è rivolto al mondo sconfinato della malattia, per l’esempio eccezionale che lei ha dato nell’accettare, nell’amare e nell’offrire le crudeli sofferenze fisiche che l’hanno costantemente seguita, come amiche fedeli e inseparabili, dall’epoca delle apparizioni fino agli ultimi istanti della sua esistenza.
Quando la Madonna le ha promesso che non l’avrebbe fatta felice in questo mondo, ma nell’altro, voleva indubbiamente alludere al peso eccezionale della croce che Dio le avrebbe dato da portare sulla terra, anche se la stessa Bernadette non esiterà ad affermare che lei si sentiva “molto felice” già ora sulla terra, perché non è tanto la sofferenza in se stessa a rendere infelici, quanto la mancanza di luce soprannaturale che le dia un senso e un valore.
A Lourdes i malati soffrono, ma hanno la pace e spesso anche la luce del sorriso sui loro volti. Essi trovano in Bernadette la loro maestra, il loro esempio e la loro guida.

Tratto da: Sui passi di Bernadette  — Padre Livio Fanzaga

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Giornata Mondiale del Malato

Posté par atempodiblog le 11 février 2011

Nonostante le apparenze contrarie, la sofferenza può diventare un momento di grazia, durante il quale riflettere sulle cose essenziali della vita e ascoltare nel silenzio la voce dello Spirito che parla al cuore.

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La giornata dell’ammalato, che coincide con l’anniversario della prima apparizione della Madonna a Lourdes, dimostra quanto siate cari al cuore materno di Maria e della Chiesa. Il Vangelo è popolato di malati che accorrono al passaggio di Gesù e che chiedono, spesso con accenti accorati, la grazia della guarigione. Il Maestro si china con grande delicatezza sulle più svariate sofferenze, confortando, incoraggiando e guarendo. Chi potrebbe contare i miracoli di guarigione che sono stati compiuti e tuttora si compiono nel nome di Gesù e per intercessione di Maria? I santuari mariani di tutto il mondo vedono la visita di innumerevoli persone che soffrono e che bussano ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria per ottenere la grazia della guarigione o almeno il sollievo della sofferenza. Quanti malati hanno imparato alla scuola del Vangelo a sopportare e a offrire, facendo della loro malattia uno strumento di santificazione e di apostolato! L’esercito dei sofferenti è la più grande forza missionaria di cui la Chiesa disponga. Infatti è in primo luogo con la preghiera e la sofferenza che si possono aprire i cuori più induriti e avvicinare a Dio le anime più lontane.

di Padre Livio Fanzaga

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“Aquero” viene in preghiera

Posté par atempodiblog le 11 février 2011

La Madonna è la preghiera vivente
dal libro “Sui passi di Bernadette” di Padre Livio Fanzaga

“Aquero” viene in preghiera dans Apparizioni mariane e santuari Lourdes

Lourdes è una città dai due volti. Chi vi entra per la prima volta senza conoscerla si chiede perplesso che cosa abbia a che fare col soprannaturale questa immensa fiera del sacro. Ma quando si sono varcati i cancelli che portano alla spianata, il panorama cambia radicalmente e tu hai la sensazione di entrare in una città santa, dove il mondo di prima è scomparso e dove il divino aleggia sovrano su uomini e cose. Maria è la grande regista che ha ispirato e fatto realizzare questo pezzo di cielo sulla terra. Qui il Vangelo è come se si fosse concretizzato e fosse diventato pietra e carne.
Sono convinto che questa piccola Gerusalemme dei Pirenei sia un progetto germogliato nel cuore della Madre e che sia state Lei ad attuarlo con quella dolce fermezza e soave intransigenza che la caratterizzano. Bisogna soffermarsi a meditare, senza farsi prendere dalla frenesia di spostarsi da una parte all’altra e cercare di comprendere la splendida architettura spirituale escogitata dalla Madre di Dio.
I pilastri su cui poggia questa città di Maria sono due: la preghiera e la sofferenza. Le chiese  stupende, antiche e moderne, dove si celebra ininterrottamente la santa Messa, la grande spianata dove si susseguono le processioni col Santissimo e i rosari meditati, ma soprattutto l’umile grotta da dove irradia la preghiera della Vergine, rendono presente su questo pezzo di terra l’eco della liturgia celeste. Con la preghiera sale al cielo il profumo gradito a Dio della sofferenza, accettata e offerta col cuore. Lo vedi sul volto di pace dei malati, seduti sulle carrozzine come un cocchio regale, cittadini di diritto di questa fortezza del dolore e dell’amore.
In questa città che Maria ha costruito per Dio vi è tutto ciò che le sta a cuore: l’Eucarestia, la croce, il rosario. E’ come se volesse in questo modo richiamare la Chiesa a tutto ciò che vi è di più essenziale e di cui non potrà mai fare a meno. Mentre penavo col cuore pieno di commozione a questo meraviglioso progetto della santa Vergine, il mio sguardo si posò sulle acque del Gave, che scorrevano via festose, attraversando lo spazio sacro proprio nel mezzo. Il mio pensiero corse subito al fiume che percorreva la Gerusalemme celeste, “un fiume d’acqua viva, limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello” (Ap 22,1).
Compresi che anche quell’impetuoso torrente dei Pirenei era nel progetto, perché le sue acque fresche e pulite stanno a significare ai pellegrini quei fiumi di grazia che Dio fa scorrere incessantemente nei loro cuori.
Mi chiedevo dove bisognasse cercare la sorgente originaria di questa ondata di preghiera che a Lourdes si espande nel mondo. Cercavo fra le non molte parole che da Lourdes si espande nel mondo. Cercavo fra le non molte parole che la Vergine aveva rivolto a Bernadette quelle che invitavano all’orazione. Ma poi compresi che la Madonna aveva fatto molto di più che invitare a pregare. Lei stessa era venuto dal cielo in preghiera, per soffermarsi a pregare qui sulla terra. Forse capiremmo assai meglio la ragione delle apparizioni della Madonna nei tempi moderni se la guardassimo da questo punto di vista. Maria viene in mezzo a noi innanzi tutto per pregare.
Dal muretto di qua del Gave, dove amavo sedermi per meditare in quei gironi del mio pellegrinaggio, alzai gli occhi verso la statua dell’Immacolata collocata nella nichia. Teneva le mani giunte in atteggiamento di preghiera, “palmo contro palmo”, specificherà Bernadette. Più tardi preciserà che il gesto accogliente di “Aquero” con le mani aperte durò solo un momento, perché le mani si ricongiunsero subito in preghiera. “Sei venuta a portare la tua preghiera sulla terra, Madre”, mormoravo nel mio cuore. “Sei venuta fra noi come una mamma premurosa che insegna ai suoi bambini i rudimenti della vita cristiana. In un mondo che ha perso Dio, sei venuta per insegnarci a trovarlo nella preghiera. In una Chiesa che si sfianca nell’azione sei venuta a riportare la contemplazione. Guardandoti, Madre, comprendiamo che non è possibile vivere senza pregare”.

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Nuovo Santuario Diocesano a Napoli

Posté par atempodiblog le 19 janvier 2011

SANTUARIO IMMACOLATA DI LOURDES – NAPOLI
Missionari Vincenziani
Gradini San Nicola da Tolentino, 12 al Corso Vittorio Emanuele (Cariati)

Nuovo Santuario Diocesano a Napoli dans Apparizioni mariane e santuari 3525a3m

Festeggiamenti in onore della Beata Vergine Maria di Lourdes

4 – 11 febbraio 2011 / 18 febbraio – 4 marzo 2011

Per approfondire le notizie sul Santuario alla Beata Vergine di Lourdes di Napoli cliccare 2e2mot5 dans Diego Manetti QUI

PROGRAMMA

4 febbraio venerdì Apertura delle Celebrazioni Mariane
Ore 8:30 Santo Rosario
Ore 9:00 Santa Messa alla Grotta
Ore 17:30 Santo Rosario
Ore 18:00 Concelebrazione Eucaristica presieduta da Sua Ecc. Rev.mo Mons. Antonio Di Donna, Vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di Napoli.
Parteciperanno le comunità parrocchiali di: S. Maria del Carmine alla Concordia, S. Maria Apparente, Immacolata a Pizzofalcone.
Ore 19:00 Processione aux flambeaux

5 febbraio – sabato
Ore 8:30 Santo Rosario
Ore 9:00 Santa Messa alla Grotta
Ore 20:00 Concelebrazione Eucaristica presieduta dal Rev.mo Padre Salvatore Farì con le Comunità Neocatecumenali della Città

6 febbraio – domenica
Ore 11:00 Santa Messa
Ore 19:00 Vespri d’organo

7 febbraio – lunedì
Ore 8:30 Santo Rosario
Ore 9:00 Santa Messa alla Grotta
Ore 10:00 Omaggio floreale degli alunni dell’Istituto Monte calvario delle Figlie della Carità e riflessione guidata dal Rev.mo P. Juan Carlos Cerquera
Ore 17:30 Santo Rosario
Ore 18:00 Concelebrazione Eucaristica presieduta dal Rev.mo Decano Don Giuseppe Carmelo.
Partecipano le comunità parrocchiali di: S. Lucia a Mare, SS. Francesco e Matteo, Santa Lucia al Monte, San Marco di palazzo.
Ore 19:00 Processione aux flambeaux

8 febbraio – martedì
Ore 8:30 Santo Rosario
Ore 9:00 Santa Messa alla Grotta
Ore 17:30 Santo Rosario
Ore 18:00 Concelebrazione Eucaristica presieduta dal Rev.mo Don Michele Autuoro
Parteciperanno le comunità parrocchiali di: San Gioacchino, Medaglia Miracolosa, Sant’Anna di Palazzo, S. Maria della Mercede in S. Orsola, Concezione a Montecalvario, San Carlo alle Mortelle. Ore 19:00 Processione aux flambeaux

9 febbraio – mercoledì
Ore 8:30 Santo Rosario
Ore 9:00 Santa Messa alla Grotta
Ore 16:40 Ora di Spiritualità (Santo Rosario, Vespro e Benedizione Eucaristica) in diretta con Radio Maria, animata dalle Figlie della Carità di Napoli
Ore 19:30 Veglia di preghiera con i giovani presieduta dal Rev.mo P. Juan Carlos Cerquera

10 febbraio – giovedì
Ore 8:30 Santo Rosario
Ore 9:00 Santa Messa alla Grotta
Ore 17:30 Santo Rosario
Ore 18:00 Solenne Concelebrazione Eucaristica per gli ammalati presieduta da Sua Em. Rev.ma Card. Crescenzio Sepe, Arcivescovo Metropolita di Napoli che erigerà la Chiesa a Santuario Diocesano

11 febbraio – venerdì
Sante Messe ore 8:00 – 9:00 – 10:00 – 11:00
Ore 12:00 Supplica alla Vergine di Lourdes e Celebrazione Eucaristica presieduta dal Rev.mo P. Giuseppe Guerra, Visitatore dei Missionari Vincenziani. Benedizione dell’ambulatorio medico polispecialistico gratuito
Ore 17:30 Santo Rosario
Ore 18:00 Sublime Celebrazione Eucaristica presieduta sa Sua Ecc. Rev.ma Mons. Vincenzo Pelvi, Arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia
Nei giorni 10 e 11 febbraio, i volontari del Sovrano Militare Ordine di Malta, aiuteranno le persone con difficoltà deambulatoria a raggiungere la grotta della Madonna.

18 febbraio – venerdì
Inizio della Quindicina
Ore 8:30  Santo Rosario
Ore 9:00 Santa Messa alla Grotta

1-2-3 marzo
Ore 8:30 Santa Rosario
Ore 9:00 Santa Messa alla Grotta
Dalle ore 9:30 alle ore 12:00 Esposizione del Santissimo Sacramento e Adorazione

4 marzo – venerdì
Chiusura delle Celebrazioni Mariane
Ore 8:30 Santo Rosario
Ore 9:00 Santa Messa alla Grotta
Ore 17:00 Santo Rosario
Ore 18:00 Celebrazione Eucaristica presieduta dal Rev.mo Don Renato De Simone e processione del Santissimo Sacramento

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« Io sono l’Immacolata Concezione »

Posté par atempodiblog le 8 décembre 2010

« Io sono l’Immacolata Concezione »
dal libro « Sui passi di Bernadette » di Padre Livio Fanzaga

Bernadette strumento di grazia
Da una ventina di giorni ormai Bernadette non si recava alla grotta. Come spesso accade nella sapiente pedagogia divina, i momenti di grande grazia sono preparati da un tempo di purificazione, di aridità e di prova. Poi, quando meno te l’aspetti, la grazia irrompe nella tua vita come un fulmine a cielo sereno. Da tre settimane la piccola non sentiva nessuna attrazione di recarsi alla grotta. I visitatori andavano diminuendo, mentre la pressione delle autorità si faceva più audace. Si era dunque chiuso quello strano fenomeno di una giovane donna che si manifestava nella nicchia di una grotta a Massabielle?
Bernadette vive l’attesa oscura della fede. Dopo quindici apparizioni  la veggente continua a chiamare l’apparizione “Aquero”, “Quella cosa”, rinunciando per il momento a identificarla con la santa Vergine. Anche i veggenti hanno i loro tunnel oscuri da percorrere, quando il soprannaturale sembra improvvisamente eclissarsi.
Durante la notte che precede la grande solennità dell’Annunciazione ecco che la grazia passa improvvisamente a visitare l’umido Cachot, dove la famiglia Soubirous, sei persone sistemate su due letti,  dorme il sonno tranquillo dei giusti. Bernadette si sveglia, prima ancora dell’alba, mentre avverte in fondo al cuore un’attrazione che le è ben nota. Al riconoscerla il suo cuore trabocca di gioia e attende che si avvicini la pallida luce del mattino. Alla quattro però non riesce più stare nel letto. Si alza, si veste e senza esitazioni corre verso la grotta. Quando Dio chiama, bisogna correre. Gli appuntamenti col soprannaturale non ammettono pigrizie, o ritardi, o dilazioni.
Hai notato la corsa di Pietro e Giovanni al sepolcro, quando le donne annunciano che il Signore è risorto? Se leggi attentamente la Bibbia ti renderai conto di questa particolare “fretta”, che caratterizza gli incontri con Dio. Mi ricordo che a Medjugorje, quando vi era l’apparizione di notte sulla montagna, riservato al gruppo di preghiera di Ivan, si correva così veloci lungo quei sentieri, inerpicandoci fra i sassi e le spine, che io mi ritrovavo sempre ad arrivare per ultimo trafelato e borbottante.
Quel giorno benedetto però non era solo Bernadette ad avere fretta. Anche la Madonna aspettava impaziente quel momento di grande grazia in cui avrebbe rivelato il suo nome immacolato. Dio ci fa attendere, prima di concederci le grazie, perché vuole disporre il terreno affinché possano dare frutti abbondanti. Non appena però i tempi sono maturi, non indugia un solo istante, ma realizza immediatamente quanto ha progettato di fare.
L’apparizione dura ormai da un’ora, preceduta come sempre dalla preghiera del S. Rosario. Il cuore di Bernadette ora è pronto per formulare ancora una volta l’audace richiesta e per accogliere la grande rivelazione. Vorrei farti notare, caro amico, come dopo ben quindici apparizioni la veggente non osi ancora identificare la giovane donna con la santa Vergine. Non vedi in tutto questo una regia divina, che prepara la manifestazione del mistero dell’Immacolata Concezione?
Il nome, nella prospettiva biblica, esprime la profondità inafferrabile di una persona. Chi è Maria se non colei che, unica fra le creature,  è stata concepita “immacolata”? Questa è la realtà profonda della sua persona che sta per essere svelata ed è per questo che fino a quel momento era stata indicata da nessun nome, se non da quello vago di “Aquero”, “Quella cosa”.
La rivelazione del mistero abissale di Maria è certo un grandissimo dono di grazia, fra i più straordinari che la Madonna ci abbia dato nelle sue apparizioni. Tuttavia esso ci viene dato attraverso una mediazione umana. Se Bernadette non l’avesse richiesto con insistenza, ripetendo la domanda per ben quattro volte, la Madonna non ci non ci avrebbe rivelato il tesoro nascosto della sua concezione immacolata.
“Signorina, volete avere la bontà di dirmi chi siete, per piacere?”, chiede la piccola veggente, col coraggio che le viene dal viso accondiscendete della giovane donna. Quest’ultima sorride, ma tace. Bernadette incalza, senza mostrare segni di scoraggiamento, mentre “Aquero” sorride sempre più bella. E’ forse facendo riferimento a questa sua personale esperienza che un giorno Bernadette dirà che la santa Vergine ama essere pregata a lungo?
Alla quarta volta la giovane donna cessa di sorridere. Tiene le mani giunte, mentre il rosario le pende dal braccio destro. Improvvisamente le mani si abbassano verso terra allargandosi, poi si ricongiungono all’altezza del petto e, alzando gli occhi al cielo, dice con ineffabile dolcezza: “Que soy era Immaculada Counceptiou”.
“Domandai per tre volte chi fosse – racconta Bernadette – ma le risposte furono altrettanti sorrisi. Mi azzardai a riproporle la domanda e questa volta Ella levò lo sguardo verso il cielo, congiungendo in segno di preghiera le mani che erano tese ed aperte verso terra, e mi disse: Io sono l’Immacolata concezione. Queste sono le ultime parole che mi ha rivolto. I suoi occhi erano blu”.
Esiste forse un momento più grande di questo nelle innumerevoli apparizioni mariane della storia? Io credo di no. Te beata, piccola Bernadette, che hai potuto contemplare l’umile grandezza di Maria, mentre si inabissava nel suo nulla, dal quale l’amore del Creatore l’aveva tratta, per farne il Tempio della sua gloria. Te beata, che hai visto gli occhi blu di Maria levati al cielo, gli occhi della sottomissione, gli occhi della gratitudine, gli occhi della lode, gli occhi dell’adorazione. Te beata, che hai contemplato la grandezza della creatura quando accetta con gioia la dipendenza dal suo Creatore. Te beata, che hai guardato l’essere umano nello splendore immacolato della prima creazione. Te beata che hai ammirato in Maria, perfetta redenta, la gloria della nostra redenzione. Te beata, che hai potuto scorgere nel destino di beatitudine della Madre quello che attende i suoi figli. Te beata, perché hai osato e hai creduto e attraverso di te è scesa sul mondo una luce che non si spegnerà più!

“Umile e alta più che creatura” (Dante)
La richiesta del nome era venuta dalla Chiesa, rappresentata dal parroco, ed è a lui che Bernadette corre per riferire quanto detto da “Aquero”. Peyramale aveva chiesto come segno che fiorisse il cespuglio del rosaio selvatico che pendeva da sotto la nicchia. Aveva avuto in risposta un segno ben più grande.  “Immacolata Concezione” è una espressione che racchiude un abisso insondabile di luce. Peyramale ne è investito e quasi accecato.
Avrebbe potuto accettare che la giovane donna dicesse di essere colei che era stata concepita senza peccato originale. Ma definire se stessa “Immacolata Concezione” gli appariva assurdo. Non comprendeva, ma nel medesimo tempo capiva che una grande luce si era accesa nella nicchia di Massabielle, una luce così grande che né lui, né la piccola veggente potevano afferrare.
In realtà l’espressione “Immacolata Concezione” è assolutamente pertinente. Essa significa non solo che Maria è immacolata, ma che è la concezione immacolata per eccellenza, in quanto è l’unica creatura concepita senza la macchia del peccato originale. In questa espressione non solo è indicata la perfetta santità di Maria, ma anche l’unicità irrepetibile del suo essere incontaminato, in un mondo in cui tutti gli esseri umani portano il segno umiliante del male.
L’istante in cui la santa Vergine ha pronunciato il suo nome è rimasto impresso nell’anima di Bernadette come un sigillo indelebile. La descrizione che ce ne ha fatto vale da sola più di qualsiasi trattato di mariologia. Maria vi appare in tutta la sua abissale piccolezza e nel medesimo tempo nella sua sconfinata grandezza. Quando la Madonna dice “io”, scompare nella luce purissima della sottomissione e della riconoscenza al Creatore.
Innanzi tutto abbassa le braccia, per indicare il nulla dal quale è stata tratta. Poi le solleva al petto, congiungendole in atteggiamento di suprema adorazione. Quindi, senza alzare la testa, eleva gli occhi verso il cielo, alla fonte suprema dell’essere, della vita e della grazia. Poi pronuncia ciò che è, senza nulla tacere della sua infinita grandezza e senza minimamente appropriarsene, ma lasciando che l’immensità della luce divina che da lei emana celebri la gloria dell’Altissimo.
Potremo noi  parlare così di Maria? Impareremo la grande lezione di Lourdes, dove la Madre di Dio ci ha manifestato quale mistero inafferrabile di grandezza è in lei, piccola serva del Signore? Avremo ancora paura di confessare quale mirabile creatura Dio ci abbia donato come madre? Esiteremo ancora a presentare al popolo cristiano le grande cose che in lei ha fatto l’Onnipotente?
Rimango stupito davanti a questo miracolo dello spirito, unico e irripetibile, di vedere una creatura manifestare, col più semplice e trasparente dei gesti, che tutto il suo essere di luce è soltanto un puro dono di grazia. Comprendo che quando tacciamo sul mistero di infinita grandezza di Maria, o quando cerchiamo di oscurare il posto che Dio le ha affidato al suo fianco nell’opera della Redenzione, noi in realtà facciamo torto all’Onnipotente e anche a  noi stessi, che abbiamo in Maria l’onore del genere umano e la speranza della gloria futura.

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Questa mia carrozzina è la libertà

Posté par atempodiblog le 31 mai 2010

Questa mia carrozzina è la libertà

La straordinaria avventura di Rita Coruzzi, dalla sciagurata operazione che le rovinò l’esistenza alla scoperta che «ci può essere gioia nella sofferenza. Ma occorre guadagnarsela col sudore della fronte»
di Benedetta Frigerio – Tempi

Questa mia carrozzina è la libertà dans Articoli di Giornali e News carrozzina

«Ero condannata a soffrire in eterno». Rita Coruzzi parla raggomitolata in un corpo fragile, segnato da una malattia e da ferri chirurgici che l’hanno resa tetraparetica e quindi «arrabbiata con la vita», racconta a Tempi. «Dopo aver lottato dalla nascita per poter camminare ho visto venir meno in un istante l’unica ragione per cui vivevo». Rita nasce ventitré anni fa con problemi agli arti inferiori. Cammina male, ma può riporre le sue speranze nella fisioterapia, cui si sottopone con tenacia e costanza, e nelle promesse della chirurgia. All’età di dieci anni l’intervento che deve guarirla peggiora le sue condizioni. «Rita – le dicono – non camminerai mai più». A ciò si somma l’addio del padre: non accetta che una figlia tanto bella finisca così. «Lasciò me e mia madre», spiega Rita. «Aggiunsi un’altra cicatrice sul mio cuore». Così la ragazza passa la sua adolescenza «arresa sulle mie membra martoriate».
Ma oggi quelle stesse membra lese paiono sprigionare una potenza che non appartiene loro. Rita le agita mentre si racconta nella sua casa a Reggio Emilia. Dice che non vuole più «la commiserazione in cui sono ristagnata per anni» e batte i pugni, ripetendo in continuazione che della vita «c’è da innamorarsi perdutamente». Cosa ha trasformato tanta rabbia in forza? L’esistenza di Rita ha una prima svolta quando a quattordici anni incontra un insegnante che la provoca: «Tutti hanno i loro problemi – le dice –. Alza quegli occhi da terra e inizia a sfruttare la tua intelligenza». Il secondo passo lo fa accettando per la prima volta di andare in gita di classe. Lì, ad Atene, «i compagni da cui meno ce lo si aspetta» la portano, dopo le sue iniziali resistenze, fino in cima all’acropoli, sollevando la carrozzina. Ma la vera rivoluzione, «quella più grande, quella del cuore, ci fu quando accolsi un invito a Lourdes». È lì che tutto cambia. «Se prima mi nascondevo, ora vado a testa alta sfidando tutti a guardarmi: se provano pena me lo dicano, li convincerò che si sbagliano. Se provano ammirazione non la merito, sono solo una persona che ha deciso di affrontare la vita dicendo il suo sì».
Oggi Rita guarda davvero le cose diversamente. «Ora vedo che la nostra società ha imboccato una strada sbagliata: se non sei dentro i canoni di perfezione, stabiliti da chissà chi, non vali nulla. Ma la perfezione non esiste, perciò se la rincorri ti rovini. Io lo so bene. Si arriva a nascondere i propri limiti, senza accorgersi che se sono condivisi diventano occasione di sentirsi amati. Io, per esempio, so che la carrozzina è un ostacolo, ma in fondo è una risorsa. Non mi lascia illusioni: chi sta con me non può scherzare, non può che amarmi sul serio».
L’unica cosa che questa ragazza umile e decisa non sopporta è che qualche luminare si permetta di definire “ingiusto” far nascere «persone come me», con il rischio che poi soffrano. «Se sono davvero i geni che dicono, provino a dimostrare che sono infelice. Fosse per loro mia madre avrebbe dovuto abortire». Gli uomini, attacca Rita, hanno raggiunto una presunzione senza pari, si mettono al posto di Dio, «con metodi tutt’altro che scientifici. Giustificano aborti ed eugenetica prospettando scenari di vita terribili. Se non basto io a confutare la loro teoria, pensino a Fulvio Frisone, nato spastico. Nessuno gli dava un briciolo di fiducia. Oggi è uno dei fisici nucleari più famosi al mondo: ha scoperto una nuova terapia per il tumore». Rita ricorda quando nemmeno i suoi medici e insegnanti credevano che fosse in grado di affrontare gli studi classici. «Dicevano che non mi sarei mai laureata. Figurarsi scrivere libri». Ma non c’è risentimento nei suoi ricordi, «perché lo so, dolore e sacrificio possono fare paura. Anche io ho paura, anche io fatico. La differenza è che io so. So quello che il nostro mondo si è dimenticato. Che su questa terra bisogna guadagnarsi il pane con il sudore della fronte per raggiungere la vera gioia». Rita non molla nemmeno quando, a due mesi dal conseguimento del praticantato in giornalismo, il direttore del giornale manda tutto all’aria: «Mi sono allora iscritta alla scuola di giornalismo e sto per finirla, mentre pubblico libri e giro l’Italia parlando di me. So, a furia di farla, che questa fatica è poi ripagata da soddisfazioni enormi. È vero, l’uomo è fatto per la gioia, ma se non ti rimbocchi le maniche te la puoi scordare, anzi rammollisci».

«Troppo facile lamentarsi sempre»
Rita ce l’ha soprattutto con «i cattolici che vivono di nascosto la loro fede. Capisco che hanno paura, una paura tremenda, ma finché non ci sarà il grido umano che ho dentro io, il grido di chi vuole vivere per Cristo risorto, il cristianesimo rimarrà debole. Forse quei cattolici saranno apprezzati, ma a quale prezzo? Di perdere Lui. Lui che è andato a Gerusalemme con le sue gambe. E mentre quegli altri, i discepoli, avevano paura, Lui se ne è fregato ed è andato incontro al suo destino di gloria». Rita non cerca commiserazione, «perché nella mia vita mi ha aiutato solo chi non mi ha dato tregua, chi non lasciava che mi lamentassi. Troppo facile scaricare le colpe sugli altri, potrei farlo con chi ha sbagliato ad operarmi, anzi l’ho fatto, ma poi mi sono stufata, perché la lagna non mi ridava l’uso delle gambe e mi lasciava solo più triste. Così ho iniziato a cedere, mi sono fatta aiutare e mi sono messa a combattere per ottenere quello che desideravo». Rita non fa sconti nemmeno a chi usa come alibi ultimo la solitudine, certa che «i buoni samaritani esistono e Dio ti soccorre sempre attraverso qualcuno. Il punto è se noi siamo disposti ad accoglierlo. Quanti aiuti mi passavano davanti e io non li riconoscevo perché diversi da quel che volevo!».
Nel suo libro Rita ha scritto che perfino certe cose brutte, se viste “da una prospettiva divina”, apparirebbero meravigliose. Ma Dio non è un masochista: «Non voglio dire che i mali li dà Dio. Sono conseguenze della ribellione dell’uomo e della natura. Dio lì usa, li trasforma. Qualche volta guarisce per farci capire che c’è, altrimenti ci dà se stesso per accompagnarci. Dio non è un masochista anche se a qualcuno piace tirarlo in ballo solo per incolparlo di ciò che non va. Forse è più comodo, ma non conviene, perché ci lascia mesti e incattiviti». E per capirlo non è necessaria la fede, «non c’è impedimento che tenga. Cosa mi impedisce di studiare, viaggiare, testimoniare, scrivere? Per assurdo la carrozzina mi dà libertà in più: non è lei ad avere potere su di me, ma io su di lei, la conduco io e dimostro al mondo che con dei limiti sono libera. È per questo che non posso giustificare chi ha tutto ma non fa nulla di buono per essere contento».

«Allora Dio, cosa vuoi?»
Certo, però, una cosa per Rita è stata ed è necessaria. E le numerose foto che colorano le pareti del suo studio ne sono la prova. Raccontano di qualcuno «che continuamente ti mostri le possibilità che hai. Sono i veri amici, i genitori, come mia madre, che dopo l’operazione anziché arrabbiarsi mi disse che ero in carrozzina perché Dio aveva grandi progetti per me. Ma ci sono pure le persone incontrate per caso in pochi secondi e che magari ti lanciano delle idee. Bisogna solo vederle, e perciò essere sempre vigili, umili e desiderosi. Il Signore si nasconde in quelle sfumature che consideriamo irrilevanti». Come tutti, anche Rita ha le sue preferenze, volti che contano più di altri. A Lourdes la Madonna le parla: “Ho bisogno di te”. È un miracolo «più grande anche della guarigione fisica», tanto che da allora nemmeno a sua madre Rita sembra più la stessa. «La vita da noiosa e vuota divenne una festa». Certo, restano i drammi, i momenti di sconforto. «Però Dio è venuto quaggiù, smettiamola di metterlo in cielo. Io lo sfido: “Allora, cosa vuoi?”, gli chiedo. Mi ha sempre risposto con fatti che mi hanno aiutato a rialzarmi». Fatti come i rapporti umani attraverso cui il Signore si documenta: «Quei volti sono Lui che mi vuole bene, Lui che mi ama più di tutti loro messi insieme». Dio è per Rita «un rapporto preferenziale», insieme a quello con la Madonna. Ma c’è un terzo volto che ha segnato la sua adolescenza. «Incontrando Giovanni Paolo II malato, ho desiderato di offrirgli tutte le mie fatiche e la mia compagnia». Comincia così una lunga corrispondenza epistolare tra i due. «Lo chiamavo amico, prima che Padre, perché era un confronto allo stesso livello. Ci capivamo, sentivamo il dolore allo stesso modo». Anche per questo, «per prolungare la memoria del mio amico Karol», Rita ha scelto di vivere la malattia «come fece lui, che non si nascondeva, ma andava davanti a tutti. Ragionava così: se io soffro e sono papa, si vede che il mondo deve vedere questo».
Ma c’è un’ultima amica che Rita ha ricevuto come «segno della Sua preferenza per me», anche se l’ha capito più tardi. È la sua carrozzina. «So che è un’affermazione forte, ma ci può essere gioia nella sofferenza. Io sono convinta che Cristo non voleva andare in croce, che ha cercato di evitarla chiedendolo al Padre, ma quando ha capito che doveva passare di lì l’ha abbracciata. Se ci pensiamo Pilato gli ha messo in bocca per tre volte la possibilità: “Non vedo colpa, vuoi che ti salvi?”. Lui però non ha risposto e sulla croce ci è andato per amore. Così io, per amore, vado sulla carrozzina convinta. E se con la mia sofferenza posso anche aiutare qualcuno, ben venga. Mi sento così amata che metto tutta la mia vita in quel che vuole Lui, seguendo le cose che fa capitare. Certo, ho i miei desideri, faccio progetti, Gli chiedo favori e sono anche cocciuta, ma è Lui che mi risponde. A volte come voglio, a volte “deviandomi” verso cose che sono anche meglio di quelle che immaginavo io».

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Protegge i suoi figli

Posté par atempodiblog le 22 mai 2010

Protegge i suoi figli dans Apparizioni mariane e santuari Madonna-Rue-du-Bac-Parigi

L’epoca delle grandi apparizioni inizia però dal 1830 con la Medaglia Miracolosa, che la Madonna fa coniare per proteggere i suoi figli che la portano devotamente, invocandola: “O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi”. Poi si susseguono le quat­tro più belle apparizioni, che sono come i quattro vange­li della Vergine. Tutte custodiscono dei segreti ed hanno tutte un messaggio di preghiera e di conversione.

La Salette (1846) – La Madonna appare a 1800 metri d’altezza sulle Alpi francesi, a due pastorelli: Melania e Massimino. Maria conferma loro la sua divina maternità, dicendo che non può più trattenere il braccio del suo di­vino Figlio che minaccia di castigare il mondo per i trop­pi peccati. Ha compiuto anche là vari prodigi e guarigio­ni a conferma del fatto.

Lourdes (1858) – La Madonna appare per ben 18 vol­te a Bernadette in una grotta; conferma il dogma della Immacolata Concezione e fonda qui la sua città prodigio, dove tuttora guarisce miracolosamente tanti corpi e tante anime malate.

Fatima (1917) – La Madonna appare sei volte a tre pa­storelli: Giacinta, Francesco e Lucia, e lancia il suo acco­rato lamento: “Ci sono troppe anime che vanno all’inferno, perché non c’è chi prega e si sacrifica per loro!”. Concede il privilegio di fare una buona morte a coloro che segui­ranno la pia pratica dei Primi cinque Sabati del mese e dimostra di essere Signora di tutti i popoli in quanto dice che il suo Cuore Immacolato dovrà trionfare in tutto il mondo.

FIORETTO: Le richieste della Madonna devono essere da me ascoltate. Sarò fedele alla recita del santo Rosario in spirito di penitenza e di riparazione.

GIACULATORIA:Tu dei cristiani sei la retta via, dona a noi la luce e così sia”.

Fonte: Viviamo maggio con Maria – Sacerdoti del S. Cuore (Dehoniani)

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Fare bene il segno della Croce

Posté par atempodiblog le 9 mai 2010

Fare bene il segno della Croce dans Fede, morale e teologia Maria-Immacolata

All’inizio della prima apparizione di Lourdes la Santa Vergine ha salutato Bernadette con un sorriso, aveva le mani aperte. Subito dopo le ha rivolto un invito alla preghiera giungendo le mani. Bernadette vedendo il Rosario che pendeva al braccio della bella Signora ha preso il suo dalla tasca, voleva fare il segno della Croce ma non ci riusciva, potè farlo solo dopo che lo ebbe fatto la Madonna.

Bernadette rimase impressionata dal modo calmo, ampio e solenne con cui Aquerò si era segnata.
Dunque la prima preghiera che la Madonna insegna a Lourdes è il segno di Croce.
La prima preghiera che una mamma deve insegnare ai suoi bambini è fare il segno della Croce.

In esso è condensato tutto il mistero della nostra redenzione.
Con esso si professano i due misteri principali del cristianesimo: la SS. Trinità e la divinità e morte redentrice del Figlio di Dio incarnato.

Il segno di Croce deve essere fatto col cuore, deve essere un atto esternamente bello, solenne ma internamente partecipato con la professione intima di fede.

Impariamo a fare bene il segno della Croce e a pregare con le mani giunte.

di Padre Livio Fanzaga

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LOURDES: gli incontri di Bernardetta Soubirous con la Vergine

Posté par atempodiblog le 10 février 2010

LOURDES: gli incontri di Bernardetta Soubirous con la Vergine dans Apparizioni mariane e santuari santuariodilourdes

Giovedì 11 febbraio 1858: L’Incontro
Accompagnata dalla sua sorella e da un’amica, Bernardetta si reca a Massabielle, lungo il Gave, per raccogliere ossa e legna secca. Mentre si sta togliendo gli zoccoli per attraversare il fiume, sente un rumore che somigliava ad un colpo di vento, essa alza la testa verso la Grotta: “IO SCORSI UNA SIGNORA VESTITA DI BIANCO. INDOSSAVA UN ABITO BIANCO, UN VELO BIANCO, UNA CINTURA BLU ED UNA ROSA GIALLA SU OGNI PIEDI”. Fa il segno della croce e recita il rosario con la Signora. Terminata la preghiera, la Signora scompare bruscamente.

Domenica 14 febbraio: L’acqua benedetta
Bernardetta sente una forza interna che la spinge a tornare alla Grotta nonostante il divieto dei suoi genitori. Su sua insistenza, la madre glielo permette; dopo la prima decina del rosario, vede apparire la stessa Signora. Le getta dell’acqua benedetta. La Signora sorride ed inchina la testa. Finita la preghiera del rosario, scompare.

Giovedì 18 febbraio: La Signora parla
Per la prima volta, la Signora parla. Bernardetta le presenta una penna e un pezzo di carta e le chiede di scrivere il suo nome. Lei le risponde: “Non è necessario”, ed aggiunge: “Non ti prometto di renderti felice in questo mondo ma nell’altro”. “Potete avere la gentilezza di venire qui durante quindici giorni?”.

Venerdì 19 febbraio: Apparizione breve e silenziosa
Bernardetta va alla Grotta con una candela benedetta ed accesa. È da questo gesto che è sorta l’abitudine di portare candele ed accenderle dinanzi alla Grotta.

Sabato 20 febbraio: Nel silenzio
La Signora le ha insegnato una preghiera personale. Alla fine della visione, una grande tristezza invade Bernardetta.

Domenica 21 febbraio: “Aquero”
La Signora si presenta a Bernardetta la mattina presto. Un centinaio di persone l’accompagna. In seguito è interrogata dal commissario di polizia Jacomet. Vuole farsi dire ciò che ha visto. Bernardetta gli parla soltanto di “AQUERO” (Quella)

Martedì 23 febbraio: Il segreto
Circondata da cento cinquanta persone, Bernardetta si reca alla Grotta. L’Apparizione le rivela un segreto “SOLAMENTE PER SE STESSA”.

Mercoledì 24 febbraio: Pénitenza!
Messaggio della Signora: “Penitenza! Penitenza! Penitenza! Pregate Dio per i peccatori! Bacerete la terra in espiazione per i peccatori!
”.

Giovedì 25 febbraio: La fonte
Trecento persone sono presenti. Bernardetta dice: “LEI MI HA DETTO DI ANDARE A BERE ALLA FONTE (…) TROVAI SOLTANTO UN PO’ DI ACQUA FANGOSA”. “ALLA QUARTA PROVA POTEI BERE. LEI MI HA FATTO ANCHE MANGIARE DELL’ERBA CHE SI TROVAVA VICINO ALLA SORGENTE. QUINDI LA VISIONE SCOMPARVE. E POI ME NE ANDAi”. Dinanzi alla folla che le dice: “Sai che ti credono pazza facendo cose simili?” risponde soltanto: “È PER I PECCATORI”.

Sabato 27 febbraio: Silenzio
Ottocento persone sono presenti. L’Apparizione è silenziosa. Bernardetta beve l’acqua della fonte e compie i gesti abituali di penitenza.

Domenica 28 febbraio: Penitenza
Più di mille persone assistono all’estasi. Bernardetta prega, bacia la terra e cammina con le ginocchia in segno di penitenza. E’ subito condotta a casa del giudice Ribes che minaccia di metterla in prigione.

Lunedì 1° marzo: Primo miracolo
Più di millecinquecento persone sono raccolte e fra esse, per la prima volta, un sacerdote. Nella notte, Caterina Latapie, di Loubajac, si reca alla Grotta, immerge il suo braccio slogato nell’acqua della fonte: il suo braccio e la sua mano ritrovano la loro mobilità.

Martedì 2 marzo: Messaggio ai sacerdoti
La folla aumenta sempre di più. La Signora le dice: “DITE AI SACERDOTI CHE SI VENGA QUI IN PROCESSIONE E CHE SI COSTRUISCA UNA CAPPELLA”. Bernardetta ne parla al sacerdote Peyramale, parroco di Lourdes. Quest’ultimo non vuole sapere che una cosa: il nome della Signora. In più esige una prova: veder fiorire il roseto (o rosa canina) della Grotta in pieno inverno.

Mercoledì 3 marzo: Un sorriso
Bernardetta si reca alla Grotta già alle 7 del mattino, in presenza di tremila persone, ma la visione non viene! Dopo la scuola, sente l’invito interiore della Signora. Si reca alla Grotta e le chiede il suo nome. La risposta è un sorriso. Il parroco Peyramale le ripete: “Se la Signora desidera realmente una cappella, che dica il suo nome e che faccia fiorire il roseto della Grotta”.

Giovedì 4 marzo: Il giorno più atteso!
La folla sempre più numerosa (circa ottomila persone) attende un miracolo alla fine di questa quindicina. La visione è silenziosa Il parroco Peyramale resta sulla sua posizione. Durante 20 giorni, Bernardetta non si recherà più alla Grotta, non sentendo più l’invito irresistibile.

Giovedì 25 marzo: Il nome che si attendeva!
La Visione rivela infine il suo nome, ma il roseto (o rosa canina) sul quale la Visione pone i piedi nel corso delle sue apparizioni, non fiorisce. Bernardetta dice: “LEI ALZO’ GLI OCCHI AL CIELO, UNENDO, IN SEGNO DI PREGHIERA, LE SUE MANI CHE ERANO TESE ED APERTE VERSO LA TERRA, MI DISSE: «IO SONO L’IMMACOLATA CONCEZIONE»”.
La giovane veggente parte correndo e ripete continuamente, durante il cammino, parole che non comprende. Queste parole impressionano il burbero parroco. Bernardetta ignorava quest’espressione teologica che descrive la Santa Vergine. Quattro anni prima, in 1854, il papa Pio IX ne aveva fatto una verità della fede cattolica (dogma).

Mercoledì 7 aprile: Il miracolo della candela
Durante questa Apparizione, Bernardetta tiene la sua candela accesa. La fiamma circondò lungamente la sua mano senza bruciarla. Questo fatto è immediatamente constatato dal medico, il medico Douzous.

Giovedì 16 luglio: Ultima apparizione
Bernardetta sente il misterioso appello della Grotta, ma il suo accesso è vietato e chiuso da una inferiata. Si reca dunque di fronte, dell’altro lato del Gave. “MI SEMBRAVA DI ESSERE DINANZI ALLA GROTTA, ALLA STESSA DISTANZA DELLE ALTRE VOLTE, IO VEDEVO SOLTANTO LA VERGINE, NON L’HO MAI VISTA COSÌ BELLA!”

Fonte: Santuario di Lourdes
Tratto da: Luci sull’Est

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Guardare con gli occhi della misericordia i fratelli che soffrono

Posté par atempodiblog le 6 février 2010

Guardare con gli occhi della misericordia i fratelli che soffrono dans Fede, morale e teologia papaeisofferenti

L’11 Febbraio, ricorrenza della prima apparizione della Vergine Immacolata a Lourdes, la Chiesa celebra la Giornata Mondiale del malato.  E’ un invito a guardare con gli occhi della misericordia i fratelli che soffrono, ad imitazione di Gesù, che, pur nella fatica dell’apostolato, non ha mai trascurato i malati. Per alcuni la malattia è un’esperienza passeggera, per altri è uno stato di vita permanente. Specialmente verso questi ultimi dobbiamo avere un riguardo particolare. Tutto ciò che avremo fatto per loro è come se l’avessimo fatto a Gesù. Non trascuriamo i nostri malati e non lasciamoli nella loro solitudine. Le persone anziane e i disabili abbiano il primo posto nel nostro cuore.

Dobbiamo aiutare i malati a guardare alla loro sofferenza nella luce della fede.  Nessuno più di loro è unito alla Croce del Signore e partecipa con lui all’opera della redenzione delle anime. La malattia accettata e offerta è una fonte insesauribile di grazie. Come non essere grati a quei malati che ci accolgono col loro sorriso dolce e paziente?

Santa Bernadetta, con la sua vita crocifissa, ha ottenuto che Lourdes fosse un luogo di benedizione per tutti i malati del mondo. Affidiamo alla sua intercessione in modo particolare tutti i malati che ascoltano Radio Maria, perché lo Spirito Santo riveli ai loro cuori il valore inestimabile della sofferenza.

di Padre Livio Fanzaga

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Lourdes come non l’avete mai letta

Posté par atempodiblog le 6 février 2010

Ecco i testi (semisconosciuti in Italia) che i giganti della letteratura hanno dedicato al santuario mariano più famoso del mondo
di Paolo Greco – Tempi

Lourdes come non l'avete mai letta  dans Apparizioni mariane e santuari lourdes

«Malgrado tutto, come siete strana, Madre Nostra! Qui, da principio non vi riconoscevo in questa immagine di giovinetta, di prima di Betlemme e di prima del Golgota… Voi che, mentre eravate viva in terra non avete fatto mai miracoli, ne fate ora… Luce di bontà che non conosce sera, rifugio degli afflitti, Maria, sorgente di ogni compassione, Madre di ogni pietà». È suggestiva l’immagine della Madonna – quasi sempre silenziosa nel Vangelo, anche dinnanzi alla Croce, e che a Lourdes appare e compie miracoli – di Karl-Louis Huysmans, che troviamo in La folla di Lourdes, libro che risale al 1907, poco prima della sua morte. Pur non essendo tra i più noti lavori dell’autore di A ritroso, Laggiù e En Route (la descrizione del percorso che lo porterà alla conversione al cattolicesimo), La folla di Lourdes contiene pagine intense e di profonda verità, anche sugli aspetti degenerativi della cittadina. L’autore francese, con la sua scrittura nervosa e irregolare che ne rifletteva il carattere difficile, non poteva non rilevare i contrasti fra l’aspetto spirituale e la contrastante realtà di quanto vedeva a Lourdes, divenuta regno dei bottegai e affollata di pellegrini «che sostano davanti ai negozi di oggetti religiosi, sulle cui insegne si legge il nome di Soubirous… così la famiglia agita come una bandiera commerciale il nome della veggente…» ma senza che ciò sminuisse l’autenticità della sua fede.
«Bisogna confessare che a Lourdes si vive in uno straordinario clima spirituale», scrive. «Ci si muove nella camera di combustione della pietà. Le ininterrotte urla di Ave, il continuo ondeggiare di folle che si ha sotto gli occhi, l’incessante spettacolo di gente che soffre e di gente che si diverte, mangia e beve seduta sull’erba, come in una gita domenicale, alla fine sbalordisce. Si vive in una dimensione senza proporzioni; il massimo del dolore, il massimo della gioia: ecco Lourdes». Di Lourdes si sono occupati molti grandi scrittori ma se ne è parlato poco nei centocinquant’anni dalla prima apparizione della Vergine Maria a Bernadette Soubirous, l’11 febbraio del 1858, anche perché si tratta di libri introvabili in Italia, se non in poche biblioteche, o addirittura mai tradotti. Per citarne alcuni oltre a Huysmans, troviamo i nomi di Maurice Barrès, Leon Bloy, Francis Jammes, François Mauriac, Franz Werfel, Emile Zola e Alexis Carrel, il medico francese convertitosi nel 1903 dopo aver assistito a un miracolo, futuro premio Nobel per la Medicina e autore del celeberrimo L’uomo questo sconosciuto. Nessuna altra località legata al culto mariano è stata oggetto di tanta letteratura e anche da questo punto di vista la città dei Pirenei raggiunge un primato, oltre a quello di essere il luogo di pellegrinaggio più famoso nel mondo, visitato ogni anno da oltre cinque milioni di persone, un numero superiore a quello di coloro che si recano alla Mecca o a Benares.

L’interrogativo di un demolitore
Il romanzo di maggior successo e clamore per le polemiche suscitate è Lourdes di Emile Zola, il maestro del naturalismo letterario, a cui si era ispirato l’amico Huysmans nelle prime opere e che non ha mai fatto mistero del suo radicale ateismo, pubblicato nel 1894 nella trilogia sulle Tre città: Parigi, Lourdes, Roma.
Zola si era recato una prima volta nella cittadina dei Pirenei nel 1891, per ritornarvi l’estate dell’anno successivo, durante un pellegrinaggio nazionale. Unitosi alla folla con il taccuino in mano per annotare scrupolosamente quanto vedeva, non riuscì a passare inosservato per la popolarità di cui godeva e la stampa avanzò persino l’ipotesi di una sua conversione, smentita dallo scrittore durante una visita al bureau medico delle constatazioni quando, pur avendo assistito ad una guarigione giudicata miracolosa, ribadì di «non credere ai miracoli, ma piuttosto al bisogno degli
uomini di credervi». Zola riteneva che la scomparsa di una malattia fosse da attribuire a fattori nervosi, di autosuggestione, sulla base delle teorie sostenute da Jean-Martin Charcot sull’isterismo.

La struttura narrativa di Lourdes – non dobbiamo dimenticare che ci troviamo di fronte a uno scrittore d’indiscutibile bravura – fu studiata per far colpo sul lettore, costruita com’è su un suggestivo percorso psicologico in chiave antireligiosa. Basti pensare al protagonista, un giovane sacerdote che proprio durante un viaggio a Lourdes perde la fede. Il romanzo suscitò un enorme scandalo. La Chiesa lo mise all’indice e Léon Bloy definì l’autore «il cretino dei Pirenei». Eppure alcuni hanno giudicato l’opera di Zola, nonostante le idee contenute, un lavoro avvincente se pensiamo alla coinvolgente capacità narrativa di Zola, superbo narratore delle folle di Parigi, degli scenari di massa, dei mercati, dello squallore delle periferie popolate da un’umanità umiliata da lavori massacranti, distrutta dall’alcool, da debolezze e vizi di ogni tipo, oltre alle miserie morali dei ricchi. A Lourdes lo scrittore francese è riuscito magistralmente a cogliere lo scenario corale del luogo: la moltitudine degli ammalati, dei moribondi, dei corpi dilaniati dalla sofferenza, dei loro accompagnatori, dei barellieri, dei medici, dei sacerdoti. Tutto il mondo del dolore, del disperato desiderio di guarire. Il suo è un affresco potente, una vera e propria sinfonia sull’infinita sofferenza e sulla misera umana, sulla forza della superstizione religiosa nell’illusione di ricevere l’aiuto dalla Vergine, in un’ironica e tragica cornice di preghiere e invocazioni senza fine. Ciò spiega la popolarità raggiunta dal libro, ma forse non ci si è soffermati, pur nel radicale pessimismo, su alcuni suoi sorprendenti aspetti. Il rispetto per Bernadette, ad esempio, che suona strano in un testo tanto sprezzante. Lo dimostra l’episodio in cui il sacerdote protagonista, che avverte già nel suo cuore lo spegnersi della fede, incontra dopo molto tempo un amico medico conosciuto anni prima a Parigi, allora convinto ateo e poi convertitosi, dopo la morte della moglie e della figlia, e andato a vivere a Lourdes abbandonando la professione. L’uomo è vecchio, schiacciato dalla solitudine e dal dolore, ma conserva la speranza di rivedere un giorno i suoi cari. Non sostiene, come in passato, che Bernadette fosse un’ammalata, un’allucinata. Racconta d’averla incontrata, nel convento in cui si era ritirata, e di aver trovato «una creatura pura ed adorabile», dagli «occhi stupendi, di una limpidezza infantile, che non parlava mai delle sue visioni e svolgeva lavori umili». Bernadette non ha goduto, dice all’amico, del suo trionfo a Lourdes. «Se avesse avuto uno spirito intrigante e imperioso, la grotta sarebbe stata sua, sua la basilica, la vedremmo in un trono durante le cerimonie, sotto un baldacchino… Sarebbe lei a dispensare i miracoli, lei a guidare la folla al cielo con un gesto di comando, avrebbe preso parte al suo successo e invece se ne è spogliata, non ha partecipato al trionfo di cui è stata l’artefice». Descrizione bellissima in cui si avverte, nell’autore, pur nella sua impietosa e ironica visione di Lourdes e dello sconvolgente panorama «di tutte le malattie del mondo», quasi un momento di pausa, una nota dissonante, un’interrogazione silenziosa nell’ininterrotta invettiva contro la speranza e la superstizione. Si tratta di momenti, è vero, ma sono momenti che accrescono la tensione narrativa e che alla fine lasciano aperto il mistero di Lourdes, nonostante Zola si sforzi di demolirlo.

Tra fede e scetticismo
Neppure il racconto del 1931 Pellegrini di Lourdes di François Mauriac, premio Nobel per la Letteratura nel 1952 e da molti giudicato il massimo scrittore cattolico del secolo scorso, raggiunse il successo che si sarebbe potuto immaginare. È il racconto di due amici, Agostino e Sergio, assiduo credente il primo e scettico il secondo, che si trovano assieme a Lourdes. Il taglio narrativo dello scrittore, che aveva saputo superbamente descrivere nei suoi romanzi il conflitto fra la carne e lo spirito, qui è piuttosto debole. Le riflessioni di Agostino sono di natura religiosa sui santuari, sul culto delle Vergine, mentre i pensieri di Sergio sono aderenti alla visione di nichilismo e di sconforto di chi non crede. Lourdes, ammette l’uomo, è «il luogo in cui nessuno può evitare di guardare in faccia il suo destino. È impossibile per me fare a Lourdes tre passi senza chiedermi in cosa credo e in cosa non credo». L’uomo tuttavia desidera sfuggire a queste domande, sottrarsi a un mondo nauseabondo popolato da malati e da devoti, ritornare alla vita semplice, normale, anche se
ne avverte il vuoto, l’inconsistenza, come quando incontra in un ristorante due affascinanti amiche: i loro berretti assurdi, i buffi capelli arricciati, le gote e le labbra dipinte, le lunghe ciglia incollate gli appaiono ridicoli. «Ridevano senza aver voglia di ridere, ripetevano senza convinzione cose che avevano sentito dire. Le sente sincere solo quando si lamentano di dover cambiare i pneumatici poiché erano arrivate senza autista» e rifiuta di seguirle a Biarritz, dove, attorno alle povere creature che ricoprono le spiagge, fioriscono tutte le cupidigie. Pagina modernissima che ci ricorda il vuoto, il nulla che caratterizza la vita di molti giovani nella società odierna. Sergio tuttavia rimane ancorato ad un’esistenza priva di fede, senza speranza.

Il debito del fuggiasco
Il romanzo più commovente su Bernadette viene però paradossalmente da uno scrittore di formazione completamente diversa da quella cattolica. È Il canto di Bernadette dell’ebreo Franz Werfel. Nato a Praga nel 1890, amico di Franz Kafka e di Max Brod, amante della bella vita e terzo marito di Alma, vedova del musicista Gustav Mahler, tra le donne più affascinanti di Vienna e non solo intellettualmente, Werfel scrisse romanzi di successo tra i quali Una scrittura femminile azzurro pallida e, con intuito profetico pochi anni prima dello sterminio nazista degli ebrei, I quaranta giorni di Mussa Dagh, sulla deportazione degli armeni, la sua migliore opera. Abbandonata l’Austria per motivi razziali, nel 1940 lo scrittore si trovava con la moglie in Francia da dove cercò, senza riuscirvi, di raggiungere il Portogallo, attraverso la Spagna, per sfuggire ai tedeschi. Alcuni amici suggerirono allora alla coppia di cercare una via di scampo a Lourdes, dove le truppe di Hitler non erano ancora giunte. Werfel rimase nella cittadina alcune settimane in uno stato d’animo di angoscia e di paura, ma conobbe «qualcosa di grande importanza: la splendida storia di Bernadette Soubirous». Decise allora di fare un voto: se fosse riuscito a mettersi in salvo e raggiungere gli Stati Uniti avrebbe scritto un libro su di lei. Così è stato.
Il canto di Bernadette è un romanzo bellissimo, che «racconta meravigliosamente una storia meravigliosa» rigorosamente fedele ai fatti. Il successo fu tale che nel 1943 il regista Henry King ne girò un film con la splendida interpretazione di Jennifer Jones, film che ottenne ben quattro Oscar. L’autore probabilmente fece in tempo a vederlo, poiché sarebbe morto nel 1945 a Los Angeles. La lettura di Werfel insegna che per capire il mistero, il fascino di Lourdes, bisogna partire dalla semplicità, dalla modestia e dalla sottomissione di Bernadette, una poverissima ragazza, semianalfabeta e di salute cagionevole che un giorno vide in una grotta la « bella Signora » con il Rosario in mano che le disse di essere l’Immacolata Concezione – espressione di cui anche oggi pochi cattolici conoscono il significato – e che non sarebbe stata felice in questa vita ma in un’altra, come insegna il messaggio evangelico: non è in questo mondo che potremo trovare una risposta alla presenza del male e del dolore. Avrebbe potuto la semplice mente di Bernadette inventarsi queste parole? È la domanda alla quale il non credente deve dare una risposta. Nessuno fino ad ora ci è riuscito.

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Onna resta in piedi una casa “protetta” dalla Madonna

Posté par atempodiblog le 8 avril 2009

Onna resta in piedi una casa “protetta” dalla Madonna dans Articoli di Giornali e News madonnar

Onna resta in piedi una casa “protetta” dalla Madonna

A Onna, nel paese praticamente raso al suolo dal terremoto di ieri notte, c’è una casa rimasta in piedi che nel cortile ha una statua della Madonna di Lourdes. A segnalare il fatto è la presidente regionale dell’Unitalsi, Maria Lilia Ranalletta, che da ieri si trova sul luogo del disastro con i volontari a soccorrere la popolazione.

«Tutto il paese è completamente distrutto – dice la donna – l’unica casa assolutamente intatta è un’abitazione dove nel cortile c’è una piccola statua della Madonna di Lourdes, di circa 30 centimetri che è rivolta verso la casa. Non faccio nessun commento: l’unica cosa che posso dire e che nella mia esperienza sia nell’Unitalsi che nella vita questo non rappresenta un fatto eccezionale. Tante volte ho visto case di questo tipo e io insieme a tanti volontari abbiamo la certezza della protezione speciale della Madonna. È un fatto che non mi meraviglia».

Fonte: Il Sussidiario.net

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