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La santità è la dimensione della vita cristiana

Posté par atempodiblog le 1 novembre 2011

 La santità è la dimensione della vita cristiana dans Fede, morale e teologia ognissanti

Questo mese di Novembre, che si apre con la festa dei Santi, è un invito alla santità, che è la dimensione propria della vita cristiana. La santità è innanzi tutto un dono di grazia, da chiedere ogni giorno nella preghiera. Ma è anche il frutto della nostra risposta e del nostro impegno.
Il cammino di santità è lungo e richiede pazienza e perseveranza. La forza che lo sostiene è quella dell’amore. Senza l’amore è impossibile superare gli ostacoli e le insidie che provengono dalla nostra fragilità, dalle seduzioni del mondo e dagli inganni del maligno.
Non pensare che la santità sia un esercizio ascetico per pochi eletti. Essa in ultima istanza consiste nell’amicizia con Gesù Cristo. Più si è amici di Gesù e più si è santi. Quando si ama Gesù, si è pronti per le più grandi imprese, quelle con le quali i santi hanno stupito il mondo.
Diventa intimo di Gesù. Impara a conoscerlo e ad amarlo. Sia Lui l’amico del cuore. La Madonna sarà la tua Maestra su questo strada che porta alla meta della vita. Coraggio!

Padre Livio Fanzaga

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Per approfondire il tema della festa dei santi e della commemorazione dei fedeli defunti, cliccare sul link iconarrowti7 dans Padre Livio Fanzaga Festa dei Santi e dei fedeli defunti

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Indulgenze per i defunti

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2011

Indulgenze per i defunti dans Fede, morale e teologia 8wweaw

Come aiutare i nostri defunti
La Chiesa, madre e maestra, ci addita parecchi mezzi per suffragare le anime dei nostri cari e aiutarle a raggiungere la pienezza della vita eterna.

L’aiuto più efficace è la S. Messa, la Comunione fatta in suffragio dei defunti. La celebrazione Eucaristica, rinnovando il sacrificio di Gesù, è l’atto supremo di adorazione e riparazione che possiamo offrire a Dio per le anime dei defunti.

La preghiera: un mezzo sempre efficace, alla portata di tutti, tanto più efficace quando non chiediamo aiuti e beni per noi stessi, ma perdono e salvezza per le anime dei nostri cari. Questa preghiera è tanto gradita a Dio perché coincide con la sua volontà salvifica: Egli desidera, attende di incontrarci tutti in Cielo, in quella beatitudine per la quale ci ha creati.

Oltretutto per molti di noi è un dovere di gratitudine per il bene ricevuto da parenti e amici e insieme una garanzia perché le anime, giunte in Paradiso, pregheranno per noi. Tra le preghiere tanto raccomandate dalla Madonna, la recita del Rosario, con l’aggiunta dopo il Gloria, di una invocazione per i defunti: l’Eterno riposo. Oltre la preghiera possiamo suffragare le anime con mortificazioni, sacrifici, penitenze, beneficenza e atti di carità, in riparazione dei peccati commessi mentre erano in vita.

Le indulgenze
La Chiesa ci propone per suffragare le anime del Purgatorio anche la pratica delle “indulgenze”. Queste ottengono la remissione della pena temporale dovuta per i peccati. Ogni colpa, anche dopo il perdono, lascia come un debito da riparare per il male commesso. La Chiesa traendo dal suo tesoro “spirituale”, costituito dalle preghiere dei Santi e dalle opere buone compiute da tutti i fedeli, quanto è da offrire a Dio perché Egli « condoni » alle anime dei defunti quella pena che altrimenti essi dovrebbero trascorrere nel Purgatorio.
L’indulgenza più nota è legata alla commemorazione di tutti i defunti, il 2 novembre, mediante: visite alle tombe, celebrazione Eucaristica al cimitero, visita a una Chiesa.
Si può lucrare l’indulgenza plenaria a partire dal mezzogiorno del 1° novembre a tutto il 2 novembre.
Si può lucrare una sola volta ed è applicabile solo ai defunti. Visitando una Chiesa, (si reciti almeno un Padre nostro e il Credo).
A questa si aggiungono le tre solite condizioni Confessione, Comunione, preghiera secondo le intenzioni del Papa (Pater, ave, gloria).
Queste tre condizioni possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti il 2 novembre. Nei giorni dall’1 all’8 novembre chi visita il cimitero e prega per i defunti può lucrare una volta al giorno l’indulgenza plenaria, applicabile ai defunti, alle condizioni di cui sopra.

Tratto da: Radio Maria

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Novena alle Sante Anime del Purgatorio

Posté par atempodiblog le 24 octobre 2011

Novena alle Sante Anime del Purgatorio dans Don Giustino Maria Russolillo Beato-Giustino-M-della-Santissima-Trinit-Russolillo

O Santa Chiesa purgante, impero dell’amore nel dolore, fatto della fede più vicina a divenire visione, della speranza più vicina a divenire possesso, della contrizione più purificatrice di ogni difetto e del desiderio più divorante di Dio, con spirito di compassione ti saluto!

Anime care, mi unisco ai giusti della terra più caritatevoli per voi, ai santi più impegnati nella vostra purificazione, degli Angeli ministri del vostro regno, ai vostri sovrani di misericordia, Gesù Cristo e Maria, implorando di essere anch’io un vostro liberatore.

Vengo nelle vostre regioni di tristezza alle province del pianto, nella vostra città di fuoco, alle case di struggimento; ma come al campo dell’apostolato più fertile di gloria di Dio, come al posto del beneficio più corrisposto di ricambio e più toccante per il divino Amore!

Con la Croce che vi accoglie sotto le Sue braccia, con gli Angeli che la liturgia chiede a custodi dei sepolcri, vengo a ogni camera ardente, mi fermo in ogni cappella mortuaria, abito in ogni cimitero, mi pianto in ogni fossa, per avervi più presenti o care anime!

Ma più di un fiore che allieta il sepolcro e non voi; più di una lampada che illumina la tomba e non voi, voglio essere per voi, come perpetua aspersione di acqua lustrale e Sangue prezioso di Gesù, perpetua incensazione di tutte le orazioni, benedizioni, e sacrifici a vostro suffragio!

O anime più vicine al Paradiso, o più sprofondate verso l’inferno, o anime più abbandonate dagli uomini e forse più tormentate dai demoni, o anime splendenti dei sacri caratteri, o più favorite di speciali vocazioni divine, che io sia il vostro liberatore!

O anime, cui sono più legato per dovere di carità o giustizia! O anime più unite alla mia per somiglianza di vocazione e missione! O anime che fate il vostro purgatorio nel tempo in cui vivo e nei luoghi in cui abito, che io sia il vostro liberatore!

O anime che vi affollate intorno alle Chiese e alle case religiose, intorno a chi prega e a chi soffre cristianamente, intorno a chi celebra o assiste alla Santa Messa, ottenetemi il più grande e efficace apostolato, per i tiepidi e per i peccatori, per i moribondi e per Voi!

Andando in Paradiso, lasciate a me tutto il vostro santo dolore dei peccati, il desiderio del cielo e la rassegnazione alla Divina Volontà, e ottenetemi tale comunione dei santi del Purgatorio, da essere come un’anima penante di tutte le purificazioni, e cantante di tutte le liberazioni, ma poi subito dopo la morte, il Paradiso!

del Beato Don Giustino Maria Russolillo della Santissima Trinità

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Nell’ora della mia morte

Posté par atempodiblog le 9 août 2011

Nell'ora della mia morte dans Citazioni, frasi e pensieri cieloo

« Trovo una grande pace nel pensare a quando il Signore mi chiamerà. Mi sale spesso alle labbra, senza alcuna vena di tristezza, una preghiera che il sacerdote recita dopo la celebrazione eucaristica: «Nell’ora della mia morte chiamami». È la preghiera della speranza cristiana che nulla toglie alla letizia dell’ora presente, mentre consegna il futuro alla custodia della divina bontà ».

Giovanni Paolo II

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Un’indagine sulla morte, il tabù del nostro tempo

Posté par atempodiblog le 3 juillet 2011

Un’indagine sulla morte, il tabù del nostro tempo
di Michele Brambilla

Un'indagine sulla morte, il tabù del nostro tempo dans Articoli di Giornali e News vitamortemiracoli

Se vale il principio secondo il quale nessuno può fare a meno di acquistare un libro che lo riguarda, Stefano Lorenzetto venderà sei miliardi e seicento milioni di copie della sua nuova opera. Sei miliardi e seicento milioni: tante quanti sono gli abitanti della Terra. I quali, nessuno escluso, dovranno prima o poi fare i conti con quelle «cose ultime» di cui Lorenzetto si è occupato.

La morte, la «cosa ultima» per eccellenza, è davvero l’unica certezza nel nostro futuro. Nella sola giornata di oggi – ci dicono le statistiche – sessantamila nostri simili si congederanno da questo mondo. Un mondo nel quale noi vivi – voglio dire noi provvisoriamente vivi – non rappresentiamo che un’esigua minoranza. Siamo più di sei miliardi, d’accordo: ma, solo nei quattromila anni della storia che raccontiamo sui libri, sono almeno cento miliardi i «colleghi» che ci hanno preceduti.

Eppure non c’è evento più rimosso di questo. Strano: viviamo un tempo in cui imperversano i futurologi d’ogni specie, ma dell’unico appuntamento certo è proibito parlare. Superato, e da un pezzo, quello del sesso, il nuovo tabù è la morte: tra gente perbene non se ne parla. Per non pensarci ci riempiamo di cose da fare. Addirittura pianifichiamo imprese di lungo termine anche quando i nostri capelli si sono imbiancati da un pezzo. Ma l’agenda è sempre meno ricca di pagine. Perché, nonostante i progressi della scienza, poco o nulla è cambiato dai tempi in cui il salmista scriveva: «Gli anni della nostra vita sono settanta/ ottanta per i più robusti…/ passano presto e noi ci dileguiamo». Settanta anni: venticinquemila giorni o poco più. Fa specie veder definiti «giovani», sui giornali, i politici cinquantenni: non restano loro che 7.300 giorni, 10.950 se saranno tra i più robusti.

«Ci è capitata una curiosa avventura: abbiamo dimenticato che si deve morire», ha scritto anni fa uno storico francese, Pierre Chaunu. È una delle conseguenze della modernità. Abbandonata la speranza religiosa, sperimentato il fallimento dell’utopia positivista di sconfiggere quell’odiosa Signora, l’uomo non ha trovato altra soluzione al problema che far finta che il problema non esista. Discettiamo ogni giorno di politica, di economia, di ecologia, di sociologia: tutte cose importanti, ma che ci forniscono tutt’al più risposte sulle cose penultime, non sulle ultime. Le «cose ultime» che un tempo la Chiesa chiamava «i Novissimi»: morte, giudizio, inferno e paradiso. Questioni ridicolizzate dai sapienti della nostra epoca, che sostengono di parlare in nome della Ragione. Ma su simili temi l’unico prodotto di questa «ragione» è stato il riempirsi di lavoro per non ragionare: «Meglio oprando obliar senza indagarlo/ questo enorme mister dell’universo», suggeriva il Carducci.

Lorenzetto ha avuto il grande merito di «oprar indagando». Ha messo il suo talento di intervistatore al servizio di quell’unica domanda davvero decisiva: c’è qualcosa al di là di quella porta misteriosa? Il Tutto o il Nulla? Ha interrogato uomini e donne che con il mistero della morte – e della vita: è la stessa cosa – hanno scelto di mescolarsi ogni giorno, oppure hanno dovuto fare i conti prima di quanto avessero desiderato.

Tra queste persone che Lorenzetto ha intervistato ce n’è una a me cara, un’amica che ho frequentato nei miei anni comaschi. È una signora di 105 anni, dalle ancora formidabili energie fisiche e intellettuali. Si chiama Carla Porta Musa. Un pomeriggio di un paio di anni fa, a casa sua, mi disse: «Io non ho paura della morte. Come potrei? È la cosa più naturale che ci sia». Eh no cara Carla: naturale è la vita, non la morte. La morte, questa bastarda, è contro-natura, infatti noi non l’accettiamo mai. Naturale è la speranza di infinito, la ricerca di un senso, insomma il desiderio di vita. Quello che – come mi riferisce un amico di Como – ha portato Carla Porta Musa, ieri mattina alle 8, ad attendere l’apertura di una libreria per essere la prima acquirente del libro di Lorenzetto.

La vita: è la vita, e non la morte, a urlare dentro ciascuno di noi. Nel libro di Lorenzetto ci sono altri due miei amici comaschi, Erasmo e Innocente Figini: due fratelli che hanno lasciato che la loro esistenza venisse sconvolta da qualcosa di più grande. Hanno aperto la loro casa a ottanta «figli»: trenta vivono lì con loro, cinquanta sono in affido diurno. Chi glielo ha fatto fare, se non la certezza che la vita non finirà sotto un metro di terra?

I Figini hanno fede, sono cristiani, credono in quel solo Uomo che – dicono – è tornato vivo dal regno dei morti. Lorenzetto questa fede dice di non averla, ma di cercarla. Voglio sperare – per lui e per noi tutti – che siano vere le parole che Blaise Pascal dice di avere udito da Cristo stesso: «Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato».

Stefano Lorenzetto, « Vita morte miracoli », Marsilio, pagg. 272, euro 16.

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L’eternità

Posté par atempodiblog le 20 juin 2011

L'eternità dans Fede, morale e teologia eternit

È articolo di fede che, come è senza fine la gloria che dà Iddio alle anime giuste, così è senza fine il castigo che dà ai malvagi all’inferno. Il motivo è che, dopo la morte, è finito il tempo e non è più possibile né meritare, né demeritare: come si muore, tali si resta per tutta l’eternità: i giusti sempre giusti, i malvagi sempre malvagi. Ora, Dio, giustissimo rimuneratore, non può non premiare e glorificare le anime dei giusti e non punire e castigare i cattivi. I buoni in cielo saranno sempre buoni per tutta l’eternità, perciò Dio per tutta l’eternità li premia e li glorifica; i cattivi, al contrario, nell’inferno saranno sempre soggiogati, per tutta l’eternità, dai loro vizi, quindi Dio per tutta l’eternità li punisce e li tormenta. A far cessare all’inferno il castigo, bisognerebbe che cessasse il peccato, ma il peccato permane, perché il dannato non potrà mai rivolgersi a Dio con un atto di contrizione e chiedergli perdono.

Anzi egli lo odierà e maledirà eternamente, quindi conviene che anche la pena sia sempiterna, altrimenti Dio non sarebbe giusto.

Posto ciò, considerate che vuol dire eternità di castigo. Essa è una pena terribilissima, perché non ha misura. Amplissimo è il giro della terra e l’altezza dei pianeti, ma tuttavia si possono misurare; profondo è il fondo del mare, ma si può scandagliare dagli esperti; ogni cosa, insomma, benché si chiami smisurata, si può sempre, in qualche modo, misurare. L’eternità sola non può misurarsi; tutte le misure immaginabili, applicate all’eternità, sono di essa infinitamente minori.

di Sant’Agostino Roscelli
Fonte: Immacolatine.it

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La morte ci porta a Dio

Posté par atempodiblog le 8 février 2011

La morte ci porta a Dio dans Citazioni, frasi e pensieri Santa-Giuseppina-Bakhita

“Quando una persona ama tanto un’altra, desidera ardentemente di andarle vicino: dunque perché aver tanto paura della morte? La morte ci porta a Dio”.

Santa Giuseppina Bakhita

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Preghiere per le anime purganti

Posté par atempodiblog le 1 janvier 2011

Preghiere per le anime purganti dans Fede, morale e teologia zlds2v

Chi non avesse più a questo mondo i genitori, o un fratello, od altri parenti, non sia così sbadato da dimenticarli. Duplice è il guadagno che si ricava dalle preghiere che si fanno per le anime del purgatorio: si sollevano in primo luogo queste poverette dalle loro pene, e poi grandissimo è il merito che ci procuriamo e che il Signore si prepara a contraccambiarci, quando andremo a trovarLo.

San Giovanni Bosco

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Guardate la patria che vi aspetta

Posté par atempodiblog le 13 novembre 2010

Guardate la patria che vi aspetta dans Citazioni, frasi e pensieri Josefa-Menendez

“Anime care, se non guardate il Cielo, vivrete come gli esseri privi di ragione… Alzate la testa e guardate la patria che vi aspetta. Cercate il vostro Dio e lo vedrete sempre con lo sguardo fisso su di voi; in quel Suo sguardo troverete pace e vita”.

Gesù a Suor Josefa Menendez

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Riflessione sul mese di novembre

Posté par atempodiblog le 4 novembre 2010

Riflessione sul mese di novembre dans Fede, morale e teologia radiomariacroazia

Nel primo giorno del mese di novembre la Chiesa celebra la solennità di Tutti i Santi e si ricorda di tutti i suoi defunti che hanno raggiunto la loro meta: sono arrivati “in cielo”.

L’atto di fede “Credo nella risurrezione dei morti” esprime la coscienza della comunione delle Chiese, quella della terra e quella glorificata in cielo. A loro si unisce la Chiesa sofferente delle anime salvate che sono nel purgatorio, e di loro ci ricordiamo proprio nel giorno dei defunti.
La Chiesa è conscia che i suoi membri non sono solo quelli che vivono sulla terra, ma anche i defunti che sono in paradiso e in purgatorio. Tutti formano una sola Chiesa. Sulla terra la Chiesa onora coloro che sono in cielo e prega per coloro che sono in purgatorio, e queste anime pregano per noi e ci aiutano con la loro intercessione.

Questa festa ci ricorda chiaramente che siamo tutti invitati alla santità e questo vuol dire che come cristiani dobbiamo realizzare l’Amore di Dio, tendendo alla perfezione.
Gesù ci invita, nel suo Discorso sulle Beatitudini, ad essere coraggiosi e capaci di soffrire, di sopportare le ingiustizie e l’odio delle persone, perché ci sono in noi le forze divine che vincono tutto e indirizzano i nostri passi verso la sicura glorificazione in cielo. Perciò, la festa di Tutti i Santi è la festa della nostra speranza.

Nel mese di novembre  termina l’anno liturgico con la solennità di Cristo Re. Questo giorno festivo ci esorta a pensare come tutta la storia del mondo e dell’umanità tende verso le mani di colui che davanti a Pilato ha detto  “Io sono Re” e di cui san Giovanni ha detto: “Ecco viene su una nube e ognuno lo vedrà”.

Lasciamo già da oggi qualche “traccia di bene” sul nostro cammino verso l’eternità!
Che Maria, modello di santità, sia la nostra guida in questo viaggio verso l’eterna patria!

di Padre Stjepan Fridl – Radio Marija Croatia

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L’ora della morte

Posté par atempodiblog le 1 novembre 2010

L'ora della morte dans Fede, morale e teologia Sole-sui-cipressi

Quando diciamo che l’ora della morte è incerta, rappresentiamo quell’ora come situata in uno spazio vago e lontano. Essa non ha per noi nessun rapporto con la giornata già iniziata. Per noi è impossibile che accada proprio questo pomeriggio in cui l’impiego di tutte le ore è già stato tutto ben definito.

Quanto è vero quello che scrive il famoso scrittore francese Marcel Proust nei Guermantes, una parte del suo capolavoro Alla ricerca del tempo perduto!

Quando pensiamo alla nostra morte – e lo facciamo rarissimamente – la immaginiamo relegata in una data remota e astratta, che non ha nulla a che vedere con le giornate che stiamo vivendo, già ben programmate e fitte di impegni. E invece dovremmo sapere che sarà proprio in un giorno normale, forse neppure così lontano nel tempo, che la morte si presenterà davanti a noi, anzi, dentro di noi, per strapparci da questo orizzonte e da un’esistenza che forse aveva ancora tanti progetti da compiere.

Per questo è necessario superare quella sorta di censura attorno all’«ora della morte» e, in una giornata simbolica come questa, è utile sostare alcuni istanti e riflettere per ordinare la vita non solo secondo gli impegni quotidiani ma anche secondo quella meta estrema.

Francesco Petrarca in una lettera latina a Boccaccio confessava: «Spero che la morte mi colga mentre sono intento a leggere o a scrivere o, se a Dio piacerà, mentre prego e piango».

La morte bella è quella che si attua mentre siamo con la coscienza in pace, posti nel cuore delle azioni o nella quiete della preghiera ma con la serenità interiore. E questo è possibile solo se ci si prepara ogni giorno con una vita giusta e fedele.

di Gianfranco Ravasi

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Allora nasce il santo…

Posté par atempodiblog le 1 novembre 2010

Venerabile Giustino Maria Russolillo dans Don Giustino Maria Russolillo avkgow

Allora nasce il santo quando l’anima si dà interamente a Gesù! E allora si dà interamente, quando comincia sul serio a sforzarsi di essere fedele al Signore.

Don Giustino Maria Russolillo

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La festa dei Santi e di tutti i fedeli defunti

Posté par atempodiblog le 30 octobre 2010

La festa dei Santi e di tutti i fedeli defunti dans Fede, morale e teologia tuttiisanti

La festa di tutti i santi ci apre la prospettiva del cielo, che è la meta a cui dobbiamo tendere. Là ci attende la moltitudine immensa dei santi che lodano Dio nella pace e nella gioia senza fine. Là ritroveremo anche tante persone care con le quali abbiamo condiviso la vita qui sulla terra.
La celebrazione di tutti i fedeli defunti è un invito alla preghiera per le anime che si trovano in purgatorio, e alle quali possiamo affrettare l’ingresso in paradiso. Si tratta di una grande carità che dobbiamo esercitare verso i nostri cari e le anime più abbandonate, per le quali nessuno prega.

In questi giorni abbiamo anche la possibilità di applicare ad una di queste anime l’indulgenza plenaria a queste condizioni:
-Confessione e Comunione, con l’animo distaccato da ogni peccato, anche veniale, come per ogni indulgenza plenaria;
- Dal 1 al 8 novembre, visita al cimitero e preghiera per i defunti;
-Da mezzogiorno del 1 fino a tutto il 2 novembre visitare una Chiesa, recitando il Credo, il Padre nostro e una preghiera per l’intenzione del Santo Padre (ad esempio un Pater, Ave e Gloria).

Che la partecipazione alle celebrazioni liturgiche di questi giorni rafforzi la nostra fede nella vita eterna e il nostro impegno per conseguirla.

commemorazionedituttiif dans Festa dei Santi e dei fedeli defunti

Il male fisico e morale, col suo suggello, la morte, sono il macigno sotto il quale l’umanità geme e che non riuscirà mai a rimuovere con le sue forze. Invano le varie religioni, filosofie e ideologie ci hanno provato. Tutti gli uomini hanno fallito, eccetto uno.
Gesù Cristo è l’unico che ha vinto, risorgendo glorioso a vita immortale. Egli è vivo, pieno di grazia e di verità. Egli è l’unica speranza dell’umanità. Guardando a Lui vediamo il nostro destino futuro.
Non possiamo guardare al nostro futuro come la maggior parte dei nostri contemporanei, rassegnati a morire come gli animali. L’ultima parola non sarà un paio di badilate di terra. In questa prospettiva la vita non avrebbe nessun valore.
Noi cristiani guardiamo alla vita come a un cammino verso l’eternità. Il Cielo è la meta a cui tendiamo. Là ci attendono coloro che hanno già varcato vittoriosi i confini di questo mondo caduco. Noi guardiamo alla morte senza paura, perchè è l’ingresso nella vita che non ha fine.
Cristo risorto e glorioso è la nostra certezza e la Vergine Maria Assunta in Cielo, ma presente in mezzo a noi con le sue apparizioni, ci dischiude un futuro di luce e di gioia.
Le feste di novembre ci ricordano che siamo immortali e che è nel tempo della vita che si decide dell’eternità.

di Padre Livio Fanzaga

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Dopo la morte, la vita. Per tutti i popoli

Posté par atempodiblog le 23 octobre 2010

Non solo Celti, Etruschi, Germani: la credenza nell’aldilà esiste dalla preistoria
di Julien Ries - Corriere della sera

Dopo la morte, la vita. Per tutti i popoli dans Articoli di Giornali e News julienries

Le prime tombe, apparse verso il 90.000 a.C., e la grande quantità di tombe dell’uomo di Neanderthal, a partire dall’80.000 a.C., mostrano che nella preistoria i vivi credevano a una sopravvivenza dei loro defunti, dal momento che le tombe contenevano tracce di alimenti e di utensili destinati ad essere usati dai defunti inumati. A questo, a partire dal Paleolitico Superiore (40.000 a.C.), si aggiunse un trattamento speciale del corpo del defunto, che veniva coperto di ocra rossa, simbolo del sangue e dunque della vita, con una particolare cura della testa e l’applicazione di conchiglie nelle orbite oculari, segni di una nuova visione, e strumenti sempre più numerosi accanto al corpo del defunto, il che sta a indicare che non si doveva entrare nell’aldilà privi di bagagli. Verso il 10.000 a.C., all’apparizione dei primi villaggi, vicini ai centri abitati troviamo dei cimiteri, segni di un legame tra i vivi e i morti. Volgiamo lo sguardo alle antiche popolazioni indoeuropee, gli Etruschi, i Celti e i Germani. Provenienti dall’Asia Minore, le popolazioni etrusche si fissarono in Toscana. Quando i Romani avevano appena iniziato a familiarizzarsi con la scrittura, gli Etruschi erano già in possesso di un alfabeto, ereditato dai Greci. Per quanto riguarda il mondo dei defunti, disponiamo di numerose pitture che ornano le pareti delle camere funebri: scene di caccia, di gioco, banchetti e danze. Non va trascurata poi la sontuosità delle tombe, a partire dall’VIII secolo a.C. vere e proprie dimore funebri. Vi sono stati trovati una grande quantità di suppellettili e una ricca gamma di utensili domestici. La tomba è costruita a immagine della casa: è la residenza del defunto. Il tema del viaggio verso l’aldilà rende ragione del gran numero di scene rappresentate sulle urne funerarie e sui sarcofagi ritrovati dagli archeologi. I Celti occuparono la Germania meridionale, la Gallia, la Gran Bretagna, l’Irlanda, l’Italia settentrionale e la Spagna. La loro culla è l’Europa centrale e occidentale: si tratta di un miscuglio di razze che adotta diversi dialetti indoeuropei. Attualmente si è capito che il mondo celtico era in possesso di una religione popolare, ma anche di una religione delle classi superiori, i druidi e i cavalieri. Le testimonianze dell’antichità mettono in evidenza l’importanza della credenza druidica nell’immortalità dell’anima. La loro competenza religiosa, poetica e sacerdotale faceva dei druidi, nella società, il corpo di saggi contrapposto al corpo guerriero. I druidi erano i mediatori tra gli uomini e il mondo soprannaturale. Il paradiso celtico, chiamato Sid in Irlanda, è «un tumulo soprannaturale», un mondo meraviglioso in cui i defunti conducono un’esistenza paradisiaca. Un paradiso situato ad est dell’Irlanda, oltre il sole calante. Tutto è bello, giovane, affascinante e puro. I messaggeri dell’altro mondo vengono a cercare i defunti e li introducono in questo mondo meraviglioso: vi si sente una musica dolcissima, vi si consumano cibi succulenti, vi si bevono idromele e vino. Il Sid è un mondo perfetto, uscito dalla mediazione e dall’insegnamento dei druidi, un luogo di felicità e di pace. Un elemento importante scoperto nelle tombe galliche è l’uovo rotto, simbolo della vita. È legato alla genesi del mondo e rappresenta il rinnovamento periodico del cosmo. In alcune regioni d’Irlanda, nella tomba venivano gettate delle lettere ai defunti. Colpisce l’ottimismo dell’escatologia celtica.
Diversi elementi spiegano questo fenomeno: la grande prosperità della società grazie alla metallurgia, l’influsso della civiltà greca, una classe sacerdotale composta da druidi, da bardi specialisti del canto e della poesia e da indovini (vate) delegati alla divinazione e all’arte della natura, così come la dottrina dell’immortalità dell’anima trasmessa dalla tradizione druidica. Gli antichi Germani e Scandinavi sono molto diversi dai Celti. Georges Dumézil ha mostrato che la funzione sacerdotale, quella del sacro, fu relegata al secondo posto dalla funzione guerriera, impostasi grazie al dio Odino-Wotan, l’arbitro dei combattimenti. Da qui l’esaltazione della violenza, che si trova all’origine del pessimismo. A questo si aggiunge la nozione di destino, elemento centrale della religione germanica. Il destino, gaefa-gifta, è un dono iniziale da svilupparsi con l’eroismo. La hamingja è la forma che assume il destino quando si lega a una famiglia.

Il Germano non è mai solo: fa parte di una Sippe, un clan. Dal 3500 a.C. sono presenti le tombe megalitiche, i dolmen, tombe delle Sippe e dei capi. Con la cremazione prendono forma i campi di urne. Durante il periodo delle tombe megalitiche i vivi portavano le offerte vicino alle tombe,accendendovi dei fuochi. Immediatamente dopo la morte vengono chiusi la bocca, gli occhi e le narici del defunto e lo si interra in un punto dal quale può vedere la sua casa e i paesaggi che gli sono familiari. Nella tomba vengono messi gli oggetti di cui il defunto deve disporre nell’aldilà. I Germani temevano il ritorno dei defunti. Al momento dei funerali si faceva uscire il cadavere dalla casa attraverso un’apertura che veniva subito richiusa, in modo che non ritrovasse, eventualmente, il cammino del ritorno. Nell’altro mondo ci sono due possibili luoghi di soggiorno. Il primo è chiamato Hel, Halja in gotico. È una valle glaciale, dominata dal freddo e da torrenti e protetta da enormi porte e bastioni. L’altro luogo di soggiorno è il Valhalla o Valhöll, zona riservata a coloro che sono stati prescelti dal dio Odino, vale a dire i guerrieri caduti in battaglia e tutti coloro che sono morti durante un atto eroico. Sono chiamati einherjar, eroi d’élite. Godono di un soggiorno piacevole, facendo combattimenti quotidiani nei quali non vi sono feriti e banchetti con bevute di idromele sacro presentato dalle Valchirie, le divine assistenti dei dio Odino. I guerrieri si nutrono di carne di cinghiale. Dodici stanze del Valhalla sono riservate agli dei, con cui gli eroi passeranno l’eternità. C’è poi la prateria di Odino, Oddinsakr, il campo degli immortali, di coloro che godono dell’immortalità: per loro non esiste né malattia né vecchiaia né morte. Una vegetazione d’oro copre la prateria e un brillante sole la illumina: il verde della prateria simboleggia la vita, mentre il giallo è il segno indoeuropeo dell’immortalità.

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Antica meditazione sui Novissimi

Posté par atempodiblog le 2 juillet 2010

Antica meditazione sui Novissimi dans Festa dei Santi e dei fedeli defunti scala

Vita breve, morte certa, del morir l’ora è incerta.
Un’anima sola si ha, se si perde che ne sarà? Se perdi il tempo che adesso hai, alla morte certo non l’avrai. Dio ti vede, Dio ti giudicherà, Paradiso o Inferno ti toccherà.
La via del cielo è stretta e pochi camminano per quella. Quella dell’inferno è larga e molti corrono per quella. Se vuoi salvarti coi pochi, fai quello che fanno i pochi e che vorresti aver fatto in punto di morte.

Publié dans Festa dei Santi e dei fedeli defunti, Riflessioni | 2 Commentaires »

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