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L’origine della festa dei defunti

Posté par atempodiblog le 1 novembre 2012

RICORRENZE: dell’origine della festa dei defunti – tratto da “Catechismo di perseveranza” – di mons. G. Gaume

L’origine della festa dei defunti dans Festa dei Santi e commemorazione dei fedeli defunti fedelidefuntiognissanti

Festa dei morti. — Nel giorno dell’Ognissanti la Chiesa è tutta intenta a scuotere le fibre del nostro cuore; e ben si scorge che mira a compiere un importante disegno e ad ottenere un grand’effetto, vale a dire il disgusto della terra, la brama del cielo, la compassione reciproca, la carità universale fra i suoi figli. Se nel mattino di quella giornata memorabile la magnificenza delle sue cerimonie, l’allegrezza de suoi inni presentano l’espressione di una gioia senza amarezze, la sera, ai suoi cantici si mescolano lunghi sospiri ed un palese colore di mestizia. Ed infatti ecco la scena; già in parte cambiata, prendere tutt’altro aspetto. Ai canti della gioia, ai sospiri dell’esilio succedono lugubri suoni; neri ornamenti, quali simboli di gramaglia e duolo surrogansi ai piviali arabescati d’oro; noi più non vediamo nel santo tempio fuorché un monumento funebre dipinto con imagini di scheletri, di teschi, di ossa.

Che cosa significa tal mutazione? E’ una nuova festa, la festa de’ morti. Madre affettuosa, la Chiesa vuole che oggi sia una festa di famiglia; ella si presenta ai nostri occhi nelle sue tre differenti situazioni: trionfante nel cielo, esiliata sopra la terra, gemente in mezzo alle fiamme espiatrici. E i cantici del cielo e i sospiri della terra e i gemiti del purgatorio in questo giorno si alternano, si mischiano, si rispondono a coro, ci fanno sovvenire che misteriosi vincoli legano in un sol corpo tutti i figli di Cristo; che le tre chiese, come tre sorelle, si danno la destra, s’incoraggiano, si consolano, si confortano fino al giorno in cui, abbracciate fra loro nel cielo, formeranno una sola chiesa eternamente trionfante.

Quale splendida armonia! Ma eccone un’altra che è impossibile di non osservare. Oh quanto è bene scelto quel giorno per celebrare la festa de’ morti! Quegli uccelli che emigrano, quei giorni che si raccorciano, quelle foglie che cadono a’ nostri piedi per le vie trastullo dei venti, quel cielo oramai cupo, quelle nuvole grigiastre foriere delle brezze, tutto questo spettacolo di decadenza e di morte non è egli straordinariamente acconcio a riempiere l’anima nostra de’ gravi pensieri cui la Chiesa vuole inspirarci?

Ne ciò è tutto. Al paro di tutte le altre e fors’anche più di tutte le altre, la festa dei morti ristringe i vincoli di famiglia. Si vedeva in passato e si vedono tuttora per le campagne fratelli, sorelle, parenti, vicini radunarsi nel cimitero, pregare, piangere sulle sepolture degli avi e far elemosine per implorare riposo a’ loro cari defunti. E se nel corso dell’anno è sorta fra taluno qualche ombra di discordia , in questo giorno ella si dilegua più agevolmente, poiché davvero siamo inclinati ad amarci quando preghiamo e piangiamo insieme.

Anche testè in alcuni paesi un uomo, detto della veglia, percorreva nella notte le strade della città e, fermandosi ogni venti passi e facendo sonare la sua squilla, gridava: Svegliatevi, voi che dormite, pregate per i defunti. Perché sono state dismesse queste commoventi usanze? Dacché noi abbiamo obliato i nostri morti, siamo divenuti indifferenti verso i vivi; 1’egoismo ha inaridito il cuor nostro, quell’egoismo che avvilisce l’uomo, annienta la famiglia e sconvolge la società.

II. Origine di questa festa. – Ma è tempo di parlare dell’istituzione della festa de’ morti. Fino dalla sua origine la Chiesa ha pregato per tutti i suoi figli quando morivano. Le sue preghiere erano supplicazioni per quelli che ne avevano bisogno e rendimento di grazie per i martiri. Si rinnovava il sacrificio e le supplicazioni nel giorno della loro morte. Tertulliano lo accenna chiaramente; «Noi celebriamo, ei dice, l’anniversario della natività de’ martiri». E più innanzi: «Secondo la tradizione degli antichi, noi offriamo il sacrifizio per i defunti nell’anniversario della loro morte». Gli altri padri ci offrono le medesime testimonianze.

La Chiesa inoltre, sempre buona e sempre affettuosa per i suoi figli, aveva fino dal principio due maniere di pregare e di offrire il sacrifizio per i morti. L’una per ciascuno di essi o per qualcuno in particelare, l’altra per tutti morti in generale, affinché la sua carità abbracciasse quelli che non avevano nè congiunti nè amici che potessero adempiere a quel dovere di pietà a loro riguardo. Essa praticava così anche prima di sant’Agostino. «È antichissimo, dice questo padre, e universalmente praticato in tutta la Chiesa l’uso di pregare per tutti quelli che sono morti nella comunione del corpo del sangue di Gesù Cristo».

Non vediamo per altro che vi sia stata una festa particolare per raccomandare a Dio tutti i defunti, vediamo bensì i fondamenti sui quali può essere stata instituita; perocchè se fino dalla sua origine la Chiesa, secondo la testimonianza de’padri, ha pregato e sacrificato per i morti in particolare e per tutti in generale, se in tutte le liturgie e in tutte le messe dell’anno è stato pregato per tutti i morti in comune, non è forse evidente che su questi fondamenti si poté instituire una festa speciale per adempiere con maggior cura ed applicazione questo dovere verso i defunti?

Così avvenne infatti, e sarà vanto esimio e gloria eterna della Franca-Contea, conosciuta allora col nome di Borgogna, l’aver dato nascimento a questa pia instituzione. Uscito da una delle famiglie più nobili della Borgogna, il beato Bernonc, abbate di Beaume-les-Messieurs, vicino a Lons-le-Saulnier, aveva fondato la badia di Clunì. Questa illustre congregazione, che aveva ereditato la pietà del fondatore verso i defunti, fu sollecita di adottare la commemorazione generale de` trapassati, che rese stabile e perpetua con decreto dell’anno 998. Ecco le parole del capitolo generale di Clunì:
«È stato ordinato dal nostro beato padre Odilone, di consenso e ad istanza di tutti i monaci di Clunì, che siccome in tutte le chiese si celebra la festa dell’Ognissanti nel primo giorno di novembre, così presso noi sarà celebrata solennemente in questa maniera la commemorazione di tutti i fedeli defunti. Il giorno della festa di tutti i santi, dopo il capitolo, il decano e i cellerarii faranno un’ elemosina di pane e di vino a tutti quelli che si presenteranno: dopo il vespro saranno sonate tutte le campane e sarà cantato il Notturno de’morti. La messa sarà solenne, e saranno cibati dodici poveri.
Noi vogliamo che questo decreto sia osservato a perpetuità tanto in questo luogo come in tutti quelli che ne dipendono; e chiunque osserverà come noi questa instituzione parteciperà alle nostre buone intenzioni».

La divota pratica s’introdusse ben presto in altre chiese, e quella di Besanzone fu la prima ad abbracciarla. Era, possiamo dire, in certa maniera una sua sostanza, un suo patrimonio, che le tornava, consacrato dal suffragio de’ santi amici di Dio. Indi a non molto la Commemorazione generale de’ morti, fatta  nel giorno successive all’Ognissanti, era comune a tutta la chiesa cattolica.

Tratto da “Catechismo di perseveranza” – di mons. G. Gaume – prima ed. milanese – vol. VII, pagg. 306-310 – Carlo Turati Librajo-Editore – Milano 1860.

Fonte: Luci sull’Est

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La festa di Ognissanti ci apre l’orizzonte del Cielo

Posté par atempodiblog le 31 octobre 2012

La festa di Ognissanti ci apre l’orizzonte del Cielo dans Fede, morale e teologia Tutti-i-Santi

La festa di Ognissanti ci apre l’orizzonte del Cielo e ci richiama ad un cammino di conversione autentica.
Quando parliamo di dei santi pensiamo a coloro che stanno con Dio e godono della Sua Gloria, così il nostro spirito si apre alle cose di lassù e respira il clima della speranza.
Noi dobbiamo lasciarci ben impregnare di ‘Cielo’ per poterci liberare o almeno alleggerire dei ‘pesi’ di quaggiù.
I santi ci avvicinano a Gesù, ci mostrano il Suo Santo Volto, accompagnandoci sulla stessa via di Gesù. Essi sono come una incarnazione di Gesù e questo ci impegna ad essere parte di questa famiglia, ad assumere i suoi criteri e a vivere in modo conforme al suo esempio.
I santi sono modelli autentici di vita, e di vita felice.

Mons. Tito Solari Capellari

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Una speranza che si apre all’eternità

Posté par atempodiblog le 31 octobre 2012

Una speranza che si apre all’eternità
di Rosanna Brichetti Messori – Il Timone

Il cristianesimo ci svela in che cosa consiste l’aldilà. E annuncia un duplice esito della nostra esistenza terrena, legato all’accoglienza o meno dell’amore di Dio: paradiso o inferno. Con la possibilità “temporanea” del purgatorio…

Una speranza che si apre all’eternità dans Festa dei Santi e commemorazione dei fedeli defunti cimiterofedelidefunti

C’è un aspetto della vita degli uomini che mi ha sempre colpito molto ed è la cura per i propri morti che continua anche in questo nostro Occidente in gran parte scristianizzato. E che, dunque, non sembra trovare la sua ragione d’essere solo in una dimensione religiosa esplicita. Credo, invece, che sia il segno di un profondo e radicato bisogno degli uomini di ogni tempo e di ogni luogo di credere a una qualche forma di sopravvivenza dopo la morte. Di affermare che quel legame di amore e di familiarità che c’era con chi se ne è andato non si è interrotto del tutto e che in una qualche forma continua a sopravvivere. Tanto che i morti non solo li andiamo a trovare al cimitero per omaggiarli con la nostra visita, cosa abbastanza incomprensibile se si trattasse solo di un cadavere in putrefazione. Ma appartiene all’esperienza comune sentirli in qualche modo ancora vivi e comunque in grado di ascoltarci e di accogliere i nostri sfoghi oppure le nostre richieste d’aiuto. Chi infatti, non ha mai invocato la protezione, per esempio, dei genitori che non ci sono più ma che pure speriamo possano ancora in qualche modo prendersi cura di noi?
Una sorta di istinto, dunque, quello di proiettare la vita oltre la morte o forse un’intuizione che gli uomini hanno colto fin dai bagliori dell’umanità come testimoniano ovunque nel mondo le tante scoperte archeologiche di culto dei morti e degli antenati. E come confermano anche le tante filosofie che si sono succedute nel corso dei millenni e che hanno dato praticamente per scontata l’immortalità dell’anima cioè almeno della parte spirituale dell’uomo.
Il cristianesimo in questo senso non ha fatto altro che confermare quella che era già credenza comune, facendoci conoscere però molte altre cose su quel mondo misterioso che segue alla morte. Anzitutto facendoci capire bene, nella sua Scrittura Sacra e per bocca di Gesù stesso, in che cosa consista questo aldilà. Poi, introducendo una novità assoluta e cioè quella risurrezione della carne che, anticipata in Gesù e in Maria, avverrà per tutti alla fine del mondo, accompagnata da quella prospettiva di trasfigurazione totale anche della materia che darà vita a cieli nuovi e nuove terre.
Il guaio è che, nonostante tutta questa ricchezza di conoscenze e di stimoli per la riflessione, oggi l’argomento “aldilà” è di fatto spesso trascurato anche all’interno del cattolicesimo. Se ne parla poco, infatti, persino nella predicazione, sicuramente se ne parla assai meno di quando in tempi non poi così remoti, la morte con quel che segue costituiva nella coscienza comune una parte essenziale della vita con la quale fare i conti senza troppi pudori, fin dall’aldiqua. Penso che ciò sia l’ennesimo frutto dell’influenza divenuta sempre più forte, nel corso degli ultimi decenni, della mentalità prevalente. E cioè di una visione dell’esistenza che, concentrata in modo esasperato, talvolta spasmodico, sulla vita, non vede altro che l’orizzonte terreno e dunque è praticamente costretta ad accantonare il pensiero della morte. La quale in questo modo è vista, essendo venuta meno una corretta visione religiosa, non come un passaggio verso la vita vera e cioè quella eterna, ma come la fine di tutto e dunque da evitare e da temere come il male assoluto. Ponendola quindi drasticamente alla porta, salvo poi farla rientrare dalla finestra manipolandola a piacimento come una cosa di cui essere padroni, cercandola volontariamente in quel suicidio assistito che è l’eutanasia, ultima tappa sulla via di quella perdita del senso del sacro che caratterizza purtroppo questa nostra epoca.
Cosicché, si ha l’impressione che, nel giusto tentativo di contrastare e di combattere l’eutanasia, qualche volta anche i cattolici rischino di concentrarsi talmente sulla difesa della vita terrena da quasi scordarsi che ne esiste anche un’altra sulla quale alla fine puntare. E che dunque, nella ricerca di distinguere bene che cosa sia accanimento terapeutico e che cosa sia invece lo sforzo di preservare fino al suo termine naturale la vita umana e la sua dignità, occorra fare molta attenzione per non incorrere, magari in buona fede, in una visione di quest’ultima – cioè della vita stessa – parziale e limitata. Sì, perché non solo non dovremmo, almeno noi credenti, aver paura di parlare della morte ma, anzi, abituarci a guardarla intravedendo tuttavia anche quanto le sta dietro. E questo perché, come l’esperienza ha sempre confermato, guardare alla morte e all’aldilà non solo non ci rende tristi ma, al contrario, è l’unica cosa che è in grado di dilatare fino ai suoi estremi quella speranza che nasce dal credere. E questo perché essa, seguendo la fede nel suo percorso che va oltre la fine terrena, giunge fino a quella eternità di vita beata che è l’unica in grado di rispondere davvero ai desideri del nostro cuore.
Con una avvertenza però. E cioè che se si assume la prospettiva cristiana in questo campo, occorre abbracciarla totalmente senza operare sconti. Accettarla, cioè, anche per quegli aspetti che oggi invece molti pongono in discussione. Per quelli belli e desiderabili, dunque, ma anche per quelli negativi.
Intendiamo riferirci in particolare a quell’inferno che infastidisce tanti. I quali, anche quando giungono ad ammetterne l’esistenza, contestano il fatto che esso ospiti davvero qualcuno. Ma come, si chiedono costoro, davvero quel Dio che Gesù ci ha rivelato Padre buono e che la Chiesa ci presenta come somma misericordia potrà condannare qualcuno a una pena eterna? E invece è così, come ribadisce spesso anche il magistero della Chiesa.
Il problema è che l’inferno è una necessità che si collega direttamente a come è stata concepita da Dio stesso questa nostra vita umana strutturata nella libertà di sceglierlo oppure di rifiutarlo. Rifiutarlo, però, con piena coscienza e deliberato consenso, come si diceva una volta riguardo alle condizioni che ponevano in essere un peccato mortale, quello cioè che se non confessato e assolto porta appunto alla dannazione. È sperabile, dunque, che non siano poi molti coloro che si mantengano in una scelta di rifiuto che sia davvero pienamente cosciente e libera fino all’ultimo istante della loro vita. Anche perché la fede ci dice che la misericordia divina bussa in mille modi e in continuazione al nostro cuore non abbandonando mai nessuno. Poi, però, chi avrà resistito nella sua posizione di lucido rifiuto di Dio finirà in quell’inferno che in fondo ha voluto. Il quale non sarà altro che la continuazione per l’eternità proprio di questo stesso rifiuto. E purtroppo, dispiace dirlo, spesso i veggenti delle apparizioni mariane hanno visto questo inferno pieno di anime e a suor Faustina Kowalska Gesù ha chiarito bene che occorre attingere alla sua misericordia in vita perché dalla morte in poi sarà la giustizia ad avere la meglio.
E poi, come sappiamo, ci sono il purgatorio e il paradiso. Anche il purgatorio è una necessità che discende dal fatto che per partecipare con pienezza alla vita divina occorre avere operato quella purificazione che ce ne rende capaci, avere cioè compiuto l’intero itinerario previsto dalla redenzione operata da Gesù. In purgatorio, lo sappiamo, si è già in vista di Dio e questo è moltissimo, ma sarà necessario completare quel cammino verso di lui, quella comprensione e partecipazione profonda del Mistero che in vita non si è attuato. Quella del purgatorio è una intuizione che anche altri itinerari spirituali hanno avuto, a dimostrazione della sua necessità logica una volta entrati nell’ottica della possibilità di una crescita spirituale progressiva da parte dell’uomo. La reincarnazione, in fondo, risponde proprio a questo bisogno: occorre un itinerario di purificazione attraverso varie vite per giungere alla illuminazione. Per questo i santi accettavano ogni croce, perché sapevano che il cammino compiuto su questa terra li avrebbe portati da subito, dopo la morte, più vicini a Dio e dunque a quella beatitudine che chiamiamo paradiso.
Sì, quel paradiso che è il culmine della nostra speranza e, in essa, anche della nostra gioia. Non è facile immaginarlo proprio perché noi qui su questa terra non riusciamo a fare un’esperienza in cui sullo sfondo non stiano il senso del limite, della fine, della sofferenza. Forse, a tratti, possiamo intuirlo in alcuni momenti particolarmente felici, in quegli istanti di pura contemplazione che qualche volta Dio ci regala. Ma poi, si torna inevitabilmente alla nostra realtà umana, intrisa di bene e di male.
E invece il paradiso sarà questa partecipazione piena, questa comprensione totale tra tutti noi e con Dio. Sarà la fine dei conflitti, delle contraddizioni e delle incomprensioni, l’amore vissuto in pienezza senza ostacoli e senza limiti. Non è immaginabile nulla di più bello, nulla di più desiderabile. La nostra esperienza attuale è così lontana da esso che ci vuole un po’ di coraggio per crederci davvero. Ci vuole un po’ di applicazione per entravi dentro con il pensiero e per abbandonarvisi. Ma conviene farlo, perché se ne ritorna caricati e rigenerati non solo nello spirito.
Ma non è ancora tutto perché c’è un altro aspetto della fede cristiana davvero sorprendente. Se infatti, quell’aldilà che abbiano tentato di abbozzare con qualche limitata espressione è il regime che vige fino alla fine del tempo poi, a questo, qualche altra cosa si aggiungerà. Sarà la risurrezione dei corpi, sarà la trasfigurazione del mondo intero, sarà una sorta di purificazione globale che riguarderà l’intera creazione. Ci è difficile andare oltre nel dire. Mancano le parole per definire tutto ciò che pure con certezza appartiene alla fede. Possiamo intuire qualcosa guardando a Gesù risorto. A quelle sue possibilità di dominare la materia, entrando e uscendo dal suo corpo ma anche dai muri del cenacolo. Una identità precisa, ma non sempre sulle prime immediatamente riconoscibile. Oppure guardando a Maria, che nella sue apparizioni assume fisionomie diverse, segno anch’esse di una libertà di tipo nuovo di fronte alla materia rispetto a quella che sperimentiamo in questo nostro mondo.
Ma si tratta solo di qualche frammento di luce, solo di qualche flash anticipatore. Sufficiente tuttavia per farci capire che qualcosa di misterioso avverrà affinché questa creazione – gesto di profondo amore del Padre unito al Figlio e allo Spirito, motivo della incarnazione e della redenzione – partecipi tutta, uomo compreso, alla grande festa dell’eterna e beata vita divina. 

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La morte

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2012

La morte dans Don Dolindo Ruotolo tombadondolindo

L’anima: Sono piena di vita, e mi pare quasi di non dovere mai morire. Fantastico desidero gioie della terra, eppure certamente verrà anche per me il giorno nel quale rimarrò esanime ed immobile sul lette del mio dolore, e la scena di questo monde sarà per sempre sparita da me!… Pochi giorni di malattia prepareranno il mio ultimo giorno… forse esso mi sopraggiungerà anche improvvisamente, forse anche violentemente: io non lo so. Quello che so certamente è che passerà questa vita, e mi troverò al cospetto di Dio, dove renderò conto di tutto, anche di una parola vana od oziosa!
Quanto terribile sarà il punto della morte per me: il corpo si infiaccherà, l’affanno opprimente mi toglierà il respiro, le rimembranze della vita mi turberanno, il demonio mi assalirà con grande ira…
O Maria, Mamma mia, verrai tu vicino al letto del mio dolore; tempererai Tu la terribile angoscia di quei momenti? Oh, io ti attendo, poiché è troppo amara quell’ora per me, che non ricordo nella mia vita che ingratitudini e peccati!
Il pensiero della morte non deve essere sterile per me, ora che ho ancora tempo e posso prepararmi fin da ora. Voglio staccarmi da tutto ciò che può darmi pena nella morte, voglio rinunziare a tutte le vanità, voglio vivere cristianamente, per trovarmi allora un tesoro di meriti. Aiutami Tu, o Maria, a vivere bene, affinché io non rimanga allora oppressa dalla mia grande responsabilità.

Maria: Figlia mia, ricordati che Gesù ti ha dato un tesoro che deve servirti prorio nella morte, ed è il santo Viatico ed il Sacramento dell’Unzione degli infermi. Quando ti accorgerai che la tua vita reclina, reclama tu stessa questo Sacramento, perché è tanto facile che la falsa e crudele compassione dei tuoi familiari te ne privi. Vivi, poi, come se ogni giorno dovessi morire, e misura, con questo pensiero, i tuoi desideri e le tue vanità. La morte così ti troverà preparata, e tu, nel Cuore di Gesù e nel mio, esalerai l’ultimo respiro e sarai salva in eterno.

Giaculatoria: Dalla morte eterna liberami, o Signore.

Fioretto: Fa’ una preghiera per i moribondi.

di Don Dolindo Ruotolo
Una profonda riforma del cuore alla scuola di Maria – Casa Mariana

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Un buon posto in Paradiso

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2012

Un buon posto in Paradiso dans Citazioni, frasi e pensieri Beato-Giustino-Maria-della-Santissima-Trinit-Russolillo-di-Pianura-Napoli

«Pensiamo a trovarci un buon posto in Paradiso».

Beato don Giustino Maria Russolillo

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Ricordarsi delle anime abbandonate del Purgatorio

Posté par atempodiblog le 27 octobre 2012

Ricordarsi delle anime abbandonate del Purgatorio dans Citazioni, frasi e pensieri santepiagheges

In un volumetto dedicato dal Padre [don Scarpassa] “Alle anime riparatrici” al capo V scrive: «Il Sangue che scende dalle sante Piaghe non è prezioso solo per i vivi, ma anche per i defunti… Il mondo pensa poco a queste povere Anime, solo perché non si vedono, né si sa quante sono e quanto soffrono… Quante anime vi sono in Purgatorio che attendono da anni la liberazione e nessuno si ricorda più di loro…».

p. Stefano Igino Silvestrelli

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Alcuni incontri di Santa Faustina con delle anime purganti

Posté par atempodiblog le 27 octobre 2012

Alcuni incontri di Santa Faustina con delle anime purganti dans Festa dei Santi e commemorazione dei fedeli defunti faustinakowalskamiseric

[1926]
Quando arrivammo in noviziato, stava morendo Suor. Qualche giorno dopo Suor… viene da me e mi ordina di andare dalla Madre Maestra a dirle di chiedere al suo confessore, Don Rospond, di celebrare una S. Messa per lei con l’aggiunta di tre giaculatorie. In un primo momento acconsentii, ma il giorno dopo pensai di non andare dalla Madre Maestra, poiché non capivo bene se si era trattato di un sogno o dii realtà. E non andai. La notte seguente si ripeté la stessa cosa in modo più chiaro, per cui non ebbi più alcun dubbio. Malgrado ciò la mattina decisi di non parlarne ancora alla Maestra. «Gliene parlerò soltanto quando la vedrò durante il giorno». Ad un tratto incontrai nel corridoio quella suora defunta; mi rimproverò di non essere andata subito ed una grande inquietudine s’impadronì della mia anima. Allora corsi immediatamente dalla Madre Maestra e le raccontai tutto l’accaduto.La Madremi rispose che avrebbe provveduto. Nella mia anima ritornò subito la pace. Il terzo giorno quella suora tornò di nuovo e mi disse: «Iddio gliene renda merito».

[1935]
Una volta che, prima del giorno dei defunti, andai al cimitero verso l’imbrunire, il cimitero era chiuso, ma scostai un po’ la porta e dissi: “Care anime, se desiderate qualche cosa, la farò volentieri per voi, per quanto me lo permette la regola”. E subito udii queste parole: « Fa’ la volontà di Dio; noi siamo felici nella misura in cui abbiamo fatto la volontà di Dio ». La sera quelle anime vennero e mi chiesero preghiere. Pregai molto per loro. Mentre la processione di sera ritornava dal cimitero vidi una moltitudine di anime che venivano con noi verso la cappella e pregavano assieme a noi. Ho pregato molto, poiché per questo avevo il permesso dei superiori.

[1936]
Una volta di sera venne da me una delle Suore defunte, che in precedenza era già stata da me alcune volte. Quando l’avevo vista la prima volta era in uno stato di grande sofferenza, poi man mano venne in condizioni di sempre minor sofferenza e quella sera la vidi splendente di felicità e mi disse che era già in paradiso. Mi disse inoltre che Dio aveva provato con quella tribolazione questa casa, poichéla Madre Generaleaveva dubitato non prestando fede a quello che avevo detto di quest’anima. Ma adesso, in segno che solo ora è in paradiso, Iddio benedirà questa casa. Poi mi si avvicinò e mi abbracciò affettuosamente e disse: «Ora debbo andare».
Compresi quanto è stretto il legame che intercorre fra queste tre tappe della vita delle anime, cioè fra la terra, il purgatorio e il paradiso.

[1936]
Una volta di notte venne a trovarmi una delle nostre suore, che era morta due mesi prima. Era una suora del primo coro. La vidi in uno stato spaventoso: tutta avvolta dalle fiamme, con la faccia dolorosamente stravolta. L’apparizione durò un breve momento e scomparve. I brividi trapassarono la mia anima, ma pur non sapendo dove soffrisse, se in purgatorio o all’inferno, raddoppiai in ogni caso le mie preghiere per lei. La notte seguente venne di nuovo ed era in uno stato ancora più spaventoso, tra fiamme più fitte, sul suo volto era evidente la disperazione. Rimasi molto sorpresa di vederla in condizioni più orribili, dopo le preghiere che avevo offerto per lei e le chiesi: «Non ti hanno giovato per nulla le mie preghiere?». Mi rispose che le mie preghiere non le erano servite a nulla e che niente poteva aiutarla. Domandai: «E le preghiere fatte per te da tuttala Congregazione, anche quelle non ti hanno giovato niente?». Mi rispose: «Niente. Quelle preghiere sono andate a profitto di altre anime ». E io le dissi: «Se le mie preghiere non le giovano per niente, la prego di non venire da me». E scomparve immediatamente. Io però non cessai di pregare. Dopo un certo tempo venne di nuovo da me di notte, ma in uno stato diverso. Non era tra le fiamme come prima ed il suo volto era raggiante, gli occhi brillavano di gioia e mi disse che avevo il vero amore per il prossimo, che molte altre anime avevano avuto giovamento dalle mie preghiere e mi esortò a non cessare di pregare per le anime sofferenti nel purgatorio e mi disse che essa non sarebbe rimasta a lungo in purgatorio. I giudizi di Dio sono veramente misteriosi!

[1937]
Quando venne a mancare Suor Domenica, la notte verso l’una venne da me e mi fece capire che era morta. Pregai fervorosamente per lei. La mattina le suore mi dissero che era morta, risposi che lo sapevo poiché era venuta da me. La suora infermiera mi pregò di dare una mano a vestirla. Mentre rimasi con lei, il Signore mi fece conoscere che soffriva ancora in purgatorio. Raddoppiai le mie preghiere per lei, ma nonostante il fervore col quale prego sempre per le suore defunte, mi sbagliai nei giorni e, invece di offrire tre giorni di preghiere come prescrive la regola, io per errore ne offrii due. Il quarto giorno mi fece conoscere che le dovevo ancora delle preghiere e che ne aveva bisogno. Formulai immediatamente l’intenzione di offrire un giorno intero per lei, e non solo quel giorno, ma di più, secondo quanto mi suggeriva l’amore del prossimo.

[1937]
Questa sera è venuta da me una delle suore defunte: mi ha chiesto un giorno di digiuno e di offrire per lei in quel giorno tutte le pratiche di pietà. Le ho risposto che ero d’accordo. Il giorno dopo fin dal mattino ho espresso l’intenzione di offrire tutto a favore di quella suora. Durante la santa Messa per un momento ho vissuto il suo tormento, ho provato nell’anima una fame così grande di Dio che mi sembrava di morire per il desiderio di unirmi a Lui. La cosa è durata un breve momento, ma ho capito che cos’è la nostalgia delle anime del purgatorio. Subito dopo la santa Messa ho chiesto alla Madre Superiora il permesso per il digiuno, ma non l’ho ottenuto perché sono ammalata. Quando sono entrata in cappella, ho sentito queste parole: «Se lei, sorella, avesse digiunato, avrei ottenuto il sollievo soltanto questa sera, ma per l’obbedienza, che le ha proibito di digiunare, ho ottenuto il sollievo immediatamente. L’obbedienza ha un grande potere». Dopo tali parole udii: «Dio gliene renda merito».

Santa Faustina Kowalska

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I Santi

Posté par atempodiblog le 26 octobre 2012

I Santi dans Citazioni, frasi e pensieri benedettoxvi

“I Santi [...] traducono il divino nell’umano, l’eterno nel tempo. Essi sono i nostri maestri di umanità, che non ci abbandonano nemmeno nel dolore e nella solitudine, anzi anche nell’ora della morte camminano al nostro fianco”.

Card. Joseph Ratzinger (1 settembre 1990)

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Preghiera per i defunti dettata da Gesù a Maria Valtorta

Posté par atempodiblog le 26 octobre 2012

Preghiera per i defunti dettata da Gesù a Maria Valtorta dans Festa dei Santi e commemorazione dei fedeli defunti mariavaltorta

«O Gesù, che con la tua gloriosa Risurrezione ci hai mostrato quali saranno in eterno “i figli di Dio”, concedi la santa risurrezione ai nostri cari, morti nella tua Grazia, e a noi, nella nostra ora.
Per il Sacrificio del tuo Sangue, per le lacrime di Maria, per i meriti di tutti i santi, apri il tuo Regno ai loro spiriti.
O Madre, il cui strazio ebbe termine nell’alba pasquale davanti al Risorto e la cui attesa di riunirti al tuo Figlio  cessò nel gaudio della tua gloriosa Assunzione, consola il nostro dolore liberando dalle pene coloro che amiamo anche oltre la morte, e prega per noi che attendiamo l’ora di ritrovare l’abbraccio di quelli che perdemmo.
Martiri e Santi che giubilate in Cielo, volgete uno sguardo supplice a Dio, uno fraterno ai defunti che espiano, per pregare l’Eterno per loro e per dire a loro: “Ecco, la pace si apre per voi”.
Diletti a noi cari, non perduti ma separati, le vostre preghiere siano per noi il bacio che rimpiangiamo, e quando per i nostri suffragi sarete liberi nel beato Paradiso coi santi, proteggeteci amandoci nella Perfezione, a noi uniti per la invisibile, attiva, amorosa Comunione dei Santi, anticipo di quella Perfetta riunione dei “benedetti” che ci concederà, oltre che di bearci della vista di Dio, di ritrovare voi quali vi avemmo, ma fatti sublimi dalla gloria del Cielo».

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Napoli: filo diretto col Purgatorio

Posté par atempodiblog le 25 octobre 2012

Napoli: filo diretto col Purgatorio
Il culto delle anime dei defunti segna l’arte e la vita quotidiana di Napoli. L’esempio di una città che, cattolicamente, rispose alle epidemie e alla morte con la fede e la fantasia. Chiese, edicole, devozioni personali parlano all’uomo del suo destino finale.
di Marcello D’Orta – Il Timone

Napoli: filo diretto col Purgatorio dans Festa dei Santi e commemorazione dei fedeli defunti Santa-Maria-delle-Anime-del-Purgatorio-ad-Arco

Si dice che Napoli sia un teatro all’aria aperta; che ogni giorno, specialmente nel centro antico, si rappresenti la Commedia dell’Arte. Nel Seicento anche le chiese di Napoli diventavano palcoscenico. Non vi si recitava l’opera buffa ma il dramma, il dramma della morte e del dolore. Il sec. XVII fu il secolo delle grandi epidemie, ma anche il secolo del barocco e della Controriforma. A Napoli c’è una chiesa che riassume, per dir così, questi tre momenti “spettacolari”. Si tratta della chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio, altrimenti nota come Purgatorio ad Arco, o chiesa d’e cape ‘e morte.

Questo gioiello dell’architettura barocca sorge in via Tribunali, una delle più affollate e vive strade cittadine. «Chi vuol capire via Tribunali – ha scritto Adrian Martin – deve scomodarsi a scendere nella cripta del Purgatorio. Infatti, come intuire, anche approssimativamente, la totalità della vita, senza essere penetrato nel regno delle ombre? […] La famosa gioia di vivere del popolo napoletano non sarebbe altro che un roseo sentimentalismo da operetta se non vi si contrapponesse, con la stessa passione ed onnipresenza, l’amore per la morte».

Errore. Napoli non ama la morte, Napoli ama la vita. Sempre. L’ama al punto da vestire la morte dei suoi panni. Il culto delle anime del Purgatorio, che in questa chiesa trova la sua massima espressione pittorica e pittoresca (vedremo il perché), nasce proprio da questo sentimento così forte. Nell’ossario di questo tempio (al quale si accede scendendo una lugubre scala) il popolo avviò un quotidiano e confidenziale dialogo con i teschi (capuzzèlle), come si trattasse di gente ancora viva, ma con poteri particolari, primo fra tutti quello di intercedere presso Dio.

Qualunque altra civiltà al mondo avrebbe chinato il capo davanti al trionfo della Morte; Napoli oppose la sua fede e la sua fantasia. Nel 1656 la peste, dopo aver mietuto vittime in mezza Europa, si abbatté sulla città, uccidendo i tre quarti della popolazione. Il numero dei morti era così alto che, non sapendo più dove seppellire i corpi, molti furono stipati in grotte e caverne, altri sotterrati in chiese, orti, spiagge, quando non gettati nelle chiaviche o in mare. La restante popolazione, anziché volgere lo sguardo irato al Cielo, si volse ai suoi santi protettori. Furono composte in onore di San Gennaro e dell’Addolorata (la spagnolesca Vergine dal petto trafitto di spade) processioni che tra canti, preghiere e flagellamenti invocavano la protezione sulla città. Nelle grandi calamità naturali (eruzione del Vesuvio, terremoti, epidemie) e sociali (guerre, rivoluzioni, rivolte), Napoli si è sempre stretta attorno al suo patrono, e san Gennaro – come recita il titolo di un famoso libro – non ha mai detto di no.

Davanti all’ecatombe di morti, i napoletani, lungi dal perdere la speranza e arrendersi alla Parca, hanno elevato un altare alla Vita, certo ricordandosi delle evangeliche parole: «Io sono la Via, la Verità e la Vita. Chi crede in me non morirà in eterno». Fede e fantasia. Siccome la maggior parte dei morti era gettata nelle fosse comuni, chi voleva piangere un figlio, un parente, un amico scomparso, doveva recarsi negli ipogei delle chiese, dove solo i più ricchi o i prelati avevano sepoltura. Qui “adottava” un teschio tra le centinaia ammonticchiate, lo spolverava, gli dava il nome del proprio defunto e lo piangeva come tale. Non sempre il teschio rappresentava un congiunto scomparso; anzi, la pietà si indirizzava per lo più al culto delle cosiddette “anime pezzentelle”, cioè anime del Purgatorio abbandonate da tutti, anche dai parenti, per le quali nessuno versava una lacrima. «Nelle civiltà del nord si nasconde la morte – ha scritto Jean Noel Schifano – mentre qui […] costituisce un modo per comunicare ancora tra i vivi attraverso la memoria del morto. Il culto dei morti è il culto della vita. Non a caso Napoli è la città europea in cui i suicidi sono meno frequenti».

Abbiamo esordito parlando di teatralità. La Controriforma doveva ricordare a tutti la fragilità dell’essere umano, e il momento del Giudizio. Nella chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio, il riferimento alla morte è costante, come attestano sculture rappresentanti teschi alati, tibie, femori incrociati, clessidre, e dipinti. Molte funzioni religiose, qui come in altre chiese della città, si svolgevano la notte, perché «giovano non poco al compungimento de’ cuori le tenebre della notte, che coll’horrore natio intimorendo gli animi gli dispongono più attamente a’ colpi del divino timore». Le prediche avevano come soggetto la morte e il castigo per i peccatori. Un momento che senz’altro potremmo definire terrificante era il “dialogo col teschio”. Il predicatore, dal pulpito, prendeva in mano un cranio e gli dava la sua voce, contraffacendola. Quando si rivolgeva al teschio lo guardava, quando era il teschio a rispondere, lo voltava verso i fedeli. Molti di questi erano colti da malore, sicché diventava «necessario al predicatore d’intermettere il discorso […] per dar luogo a gemiti e singhiozzi degli uditori, che gli impedivano di parlare».

Però, terminata la celebrazione, gli stessi animi timorosi si “riconciliavano” con i crani (e quindi con la morte) promettendogli preghiere e suffragi, in cambio di favori. Se la grazia tardava a realizzarsi, il fedele non spolverava più il teschio e poteva giungere pure a percuoterlo.

Il rapporto strettissimo fra la popolazione e le Anime del Purgatorio si evidenzia anche nel numero delle edicole votive, che a Napoli sono non meno di duemila. Molte rappresentano proprio le Anime del Purgatorio, piccole figure di creta avvolte dalle fiamme che stendono le braccia al Crocifisso o alla Madonna. Ogni edicola ha il suo “curatore”, cioè l’abitante del vicolo che controlla la freschezza dei fiori o il corretto funzionamento dell’impianto di illuminazione.

«Vi erano [nell’ipogeo] delle ragazze, anche giovani e belle, che si alzavano in punta di piedi per sussurrare al teschio, con un bacio quasi appassionato, la loro preghiera segreta» (Gustav Herling). È superstizione, questa, o (straordinaria) testimonianza di fede?

Ricorda
«Che cos’è il purgatorio?
Il purgatorio è lo stato di quanti muoiono nell’amicizia di Dio, ma, benché sicuri della loro salvezza eterna, hanno ancora bisogno di purificazione, per entrare nella beatitudine celeste.

Come possiamo aiutare la purificazione delle anime del purgatorio?
In virtù della comunione dei santi, i fedeli ancora pellegrini sulla terra possono aiutare le anime del purgatorio offrendo per loro preghiere di suffragio, in particolare il Sacrificio eucaristico, ma anche elemosine, indulgenze e opere di penitenza».

(Catechismo della Chiesa Cattolica, Compendio, nn. 210211).

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Offertorio del Prez.mo Sangue di N. S. per le anime purganti

Posté par atempodiblog le 24 octobre 2012

Offertorio del Prez.mo Sangue di N. S. per le anime purganti

Offertorio del Prez.mo Sangue di N. S. per le anime purganti dans Don Giustino Maria Russolillo Ges

SS. Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo per le mani di Maria SS.ma Addolorata, Vi offriamo il perz.mo Sangue di N. S. Gesù Cristo:

  • Per tutti quelli che ci hanno preceduto nell’eternità e sono nella Santa Chiesa Purgante;
  • Per tutte le anime per le quali Voi volete che noi preghiamo e che da noi più si aspettano di essere aiutate, e che più si interessano di noi;
  • Per tutte le anime che noi siamo tenute a suffragare per motivi di giustizia, fedeltà, carità, specialmente se ce ne fossimo dimenticati prima;
  • Per le anime più vicine al Paradiso e per quelle più lontane, per le anime degli ecclesiastici e dei religiosi, per quelle che furono in autorità ecclesiastiche o civili;
  • Per le anime dei morti di recente, per le anime dei santi falliti; per le anime morte fuori dal corpo della Chiesa, ma pur salvate dalla Vostra grazia;
  • Perché ci accresciate a tutti la fede, la speranza, la carità di Dio e del prossimo e fare il Purgatorio in questa vita presente nel fuoco dell’Amore Vostro.

O Divina trinità intendiamo offrirvi incessantemente il Prez.mo sangue di Nostro Signore Gesù Cristo perché la Vostra volontà si adempia, il Vostro amore trionfi, la Vostra gloria risplenda in noi e in tutti, sempre più come in Voi stesso! Amen.

Beato Giustino Maria Russolillo

Divisore dans San Francesco di Sales

Cliccare Freccia dans Viaggi & Vacanze QUI per recitare la novena alle Sante Anime del Purgatorio del Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

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Suor Faustina e le anime sofferenti del Purgatorio

Posté par atempodiblog le 24 octobre 2012

Suor Faustina e le anime sofferenti del Purgatorio dans Angeli faustinaelastelladelmar

La cara Madre Superiora mi mandò, assieme ad altre due suore, a passare le vacanze a Skolimòw, un po’ fuori Varsavia. In quel tempo domandai al Signore Gesù: «Per chi ancora devo pregare?». Gesù mi rispose che la notte seguente m’avrebbe fatto conoscere per chi dovevo pregare. Vidi l’Angelo Custode, che mi ordinò di seguirlo. In un momento mi trovai in un luogo nebbioso, invaso dal fuoco e, in esso, una folla enorme di anime sofferenti. Queste anime pregano con grande fervore, ma senza efficacia per se stesse: soltanto noi le possiamo aiutare. Le fiamme che bruciavano loro, non mi toccavano. Il mio Angelo Custode non mi abbandonò un solo istante. E chiesi a quelle anime quale fosse il loro maggior tormento. Ed unanimemente mi risposero che il loro maggior tormento è l’ardente desiderio di Dio. Scorsi la Madonna che visitava le anime del purgatorio. Le anime chiamano Maria «Stella del Mare». Ella reca loro refrigerio. Avrei voluto parlare più a lungo con loro, ma il mio Angelo Custode mi fece cenno d’uscire. Ed uscimmo dalla porta di quella prigione di dolore. Udii nel mio intimo una voce che disse: «La Mia Misericordia non vuole questo, ma lo esige la giustizia». Da allora sono in rapporti più stretti con le anime sofferenti del purgatorio.

Santa Faustina Kowalska

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« Facciamo tesoro del Rosario. Vuotiamo il Purgatorio! »

Posté par atempodiblog le 23 octobre 2012

La storica esortazione di san Pio da Pietrelcina

Un episodio straordinario, fra i molti che capitavano con san Pio da Pietralcina. Muore il papà di una signora, che era fervente figlia spirituale di Padre Pio. La signora abitava nel nord Italia. Dopo la morte del papà, la signora si mette in viaggio e arriva a San Giovanni Rotondo. Incontra Padre Pio e lo prega, in lagrime, di dirle che cosa fare per suffragare l’anima del papà morto piamente alcuni giorni prima. Padre Pio le risponde con serenità: “Recita duecento Rosari perché l’anima di tuo papà lasci il Purgatorio ed entri nel Regno dei cieli”. La pia signora, confortata, si rimette in viaggio verso il nord Italia e inizia subito la recita di duecento Rosari. In questo episodio leggiamo la potenza del Rosario nel sollevare e liberare le anime purganti dalle loro terribili pene, perché entrino nella Patria dei cieli.

Anche in altre occasioni san Pio da Pietralcina, donando la corona del Rosario a qualcuno, diceva: “Facciamo tesoro del Rosario. Vuotiamo il Purgatorio!” Sarebbe davvero salutare tener presente questa esortazione di san Pio da Pietralcina, soprattutto in occasione della morte dei nostri parenti, per i quali, di solito, siamo pronti a versare lagrime e a spendere soldi in corone di fiori, mentre potremmo donare a loro le corone ben più preziose e sante dei Rosari recitati senza stancarci. E’ antico nella Chiesa l’insegnamento sull’efficacia del Rosario nell’alleviare le anime purganti dalle loro sofferenze e liberarle, dal Purgatorio.

Anche la grande santa Teresa d’Avila ammaestrava e raccomandava alle sue monache di suffragare generosamente le anime purganti con la recita dei Rosari, perché ogni Ave Maria è un sollievo, è un ristoro per quelle penanti nel fuoco dell’espiazione e della separazione da Dio Amore. Per questo sant’Alfonso de’ Liguori, ammaestrato da santa Teresa d’Avila, raccomandava: “Se vogliamo aiutare le anime del Purgatorio, recitiamo per loro il Rosario che arreca grande sollievo”. E sant’Annibale di Francia affermava anch’egli che “quando noi recitiamo la corona di Maria Santissima per qualche anima, quell’anima sente quasi smorzare le ardenti fiamme che lo circondano e prova un refrigerio di Paradiso”. Un santo che fu straordinario nell’apostolato del Rosario per le anime purganti fu senza dubbio san Pompilio Pirrotti, sacerdote piissimo e grande apostolo, vissuto nel secolo XVIII.

Certamente la pratica di pietà mariana da lui preferita fu il Rosario, ed egli stesso si preoccupava di costruire molte corone del Rosario anche per distribuirle agli altri, incitando a recitare il Rosario per suffragare le anime purganti. La sua specialità in questa pratica mariana consisteva nel fatto che egli recitava il Rosario non soltanto dovunque e con chiunque, ma anche con le stesse anime purganti. Parrebbe incredibile, eppure le testimonianze a riguardo non ammettono dubbio o incertezza.

Nella Chiesa del Purgatorio, infatti, dove il Santo officiava, non raramente avveniva che recitando egli il Rosario si udivano con chiarezza le voci delle anime defunte che rispondevano la seconda parte dell’Ave Maria. Stupore e meraviglia colpivano tutti i presenti, ma anche una grande commozione spingeva ad un impegno generoso nella recita dei Rosari per suffragare quelle anime penanti in attesa del sollievo che arrecano a loro i nostri Rosari.

Un altro grande apostolo del Rosario per le anime purganti fu san Giovanni Massias, padre domenicano, il quale recitò tanti Rosari per le anime del Purgatorio e ricevette la rivelazione che con i Rosari aveva liberato dal Purgatorio un milione e quattrocentomila anime. Il papa Gregorio XVI volle che questo fatto così straordinario e così edificante venisse inserito nella stessa Bolla di Beatificazione, a insegnamento per tutti.

Un particolare interessante leggiamo nella vita di Maria Cicerchia: questa umile Serva del Signore si recava di frequente in visita al cimitero; lungo il tragitto recitava Rosari senza interruzione per le anime purganti, e al cimitero amava recitare in modo speciale i misteri gloriosi del Santo Rosario. Perché i misteri gloriosi? Perché sperava che per la mediazione materna di Maria Santissima, Regina del paradiso, quelle anime rinchiuse nel Purgatorio potessero lasciare al più presto quel luogo di sofferenza ed entrare nella gloria senza fine del santo Paradiso di Dio.

Animiamoci anche noi a questa carità verso le anime purganti recitando il Rosario per alleviare le loro sofferenze, per ottenere a loro la liberazione da quel luogo di pene, con l’entrata nel Regno dei cieli, dove gioire eternamente beate. Suffragare le anime purganti, del resto, è una carità che non resterà senza ricompensa sulla terra e nei cieli. Gli esempi e gli ammaestramenti dei Santi ci illumino e ci spronino alla generosità nella recita di molti Rosari per le anime purganti.

di don Marcello Stanzione – ZENIT -

Tratto da: Ascolta tua Madre

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Halloween non è solo una carnevalata

Posté par atempodiblog le 15 octobre 2012

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“Vorremmo ricordare la vigilia della festa del 1 novembre, l’invito per ogni uomo a vivere senza maschere la grande chiamata all’amore da parte di Cristo, proprio come i santi fratelli che ci hanno preceduto. Viviamo già in una società in cui conta apparire più che essere. E i giovani pur di essere accettati sono disposti ad indossare le varie maschere: dal ‘duro’ al playboy… Il dramma è che spesso i giovani non solo non si sentono accettati e amati, ma si sentono profondamente soli. Paradossalmente nella società della comunicazione passiamo ore su Internet coperti da uno schermo, cercando di far vedere solo le parti ideali di noi stessi. E così nei luoghi di aggregazione: puoi ritrovarti in una discoteca di mille persone ma sentirti immensamente solo.
Per me Halloween non è solo una carnevalata. Mi viene da piangere al pensiero che tanti giovani ogni giorno assumono delle maschere e cadono nel piacere illusorio delle droghe. Quelle maschere mi ricordano la triste realtà del popolo della notte, tutti quei volti incontrati in questi anni, sguardi segnati dalla morte nel cuore. Eppure molti di loro oggi hanno fatto l’esperienza della resurrezione”.

Chiara Amirante – La Bussola Quotidiana

Divisore dans San Francesco di Sales

Cliccare freccetta.jpg QUI per approfondire il tema Halloween

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I nostri corpi risorgeranno

Posté par atempodiblog le 15 août 2012

(Credo… la risurrezione della carne)

I NOSTRI CORPI RISORGERANNO

(Gv. 5, 28 s.)

 

I nostri corpi risorgeranno dans Fede, morale e teologia


Terminò in un fallimento l’esperienza della predicazione di Paolo ad Atene: il suo discorso dinanzi all’areopago quando giunse al punto cruciale della « Risurrezione dei morti, alcuni si misero a deriderlo, altri dissero: su questo argomento ti ascolteremo un’altra volta ». La stessa cosa accadde quando Paolo davanti al Re Agrippa, incatenato, parlò di Cristo Risorto e accennò alla Risurrezione dei morti: « Festo a gran voce disse: sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello ».

E’ difficile essere compresi quando si parla della Risurrezione dei morti, ma è una verità sicura e fondamentale. E’ uno dei temi centrali nella predicazione degli apostoli. Quando qualcuno mise in dubbio la Risurrezione dei morti, l’intervento di S. Paolo scattò fulmineo: « Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto e se Cristo non è risorto è vana la nostra fede… Ora, Cristo è risorto ».

Il celebre scrittore Vittorio Messori scrive che con la Risurrezione dei morti il cristianesimo raggiunge il vertice dell’umanesimo e supera tutte le altre religioni: « Il cristiano vede nel Vangelo un vertice che non può essere superato: perchè nulla è più alto che vada oltre l’Incarnazione di Dio stesso; nulla è pensabile che vada oltre la Risurrezione dei morti.

Gandhi stesso lo comprese e perciò disse che compito dell’Induismo – se vuol avere un futuro – è assorbire il massimo possibile di cristianesimo ».

Il filosofo Jean Guitton afferma: « Questo mistero è paradossale e sta al centro della fede, è il mistero dei misteri »

S. Agostino esclama: « La nostra speranza è la Risurrezione dei morti; la nostra fede è la Risurrezione dei morti. Tolta questa fede, tutta la dottrina cristiana va in frantumi ».

1. LA RAGIONE ESIGE LA RISURREZIONE DEI MORTI:

a) Dio è sapienza infinita, le sue opere sono fatte bene. Ora, Dio ha creato l’uomo composto di anima e di corpo, cioè di spirito e di materia. La morte li divide: il corpo muore e l’anima non muore; ma questa separazione violenta e contro natura (dovuta al peccato) non può durare in eterno, non può l’uomo rimanere incompleto per l’eternità. Dunque è necessaria la Risurrezione dei corpi.

b) Dio è giustizia infinita e ciò esige che il corpo debba seguire, nel premio o nella pena della vita ultraterrena, la sua anima, poiché esso è stato compagno e strumento di bene o di male sulla terra: dunque deve risorgere.

2. LA SACRA SCRITTURA CI DÀ LA CERTEZZA DELLA RISURREZIONE DEI CORPI.

« E’ certa la Risurrezione dei corpi? – chiedeva il S. Curato d’Ars – E’ certa come è certo che c’è la domenica dopo il sabato? Di più! E’ certa com’è certo che c’è il giorno dopo la notte? Di più!
Perché può darsi che i giorni cessino, ma non può darsi che la Parola di Dio non
si avveri ». Infatti Dio per mezzo dei profeti e del suo stesso Figlio Gesù e di S. Paolo e di S. Giovanni ha parlato chiaramente.

Isaia: « Il Signore distruggerà la morte per sempre e tergerà le lacrime su ogni volto… I tuoi morti rivivranno, i tuoi cadaveri risorgeranno! Si sveglieranno ed esulteranno quelli che giacciono nelle tenebre ».

Daniele: « Quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre ».

I sette fratelli Maccabei e la loro mamma, davanti al carnefice che per ordine del Re Antioco con orribili torture aveva cercato di costringerli a calpestare le leggi del Signore senza riuscirvi, prima di esalare l’ultimo respiro, affermano la loro fede nella Risurrezione, e uno di loro cui era stata strappata la pelle del capo insieme ai capelli, a nome di tutti dice: « Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il Re del mondo, dopo che saremo morti per obbedire alle sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna ».

Cristo Dio con autorità afferma: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e Io lo risusciterò nell’ultimo giorno ». « Io sono la Resurrezione e la vita. Chi crede in me, anche
se muore, vivrà ».

Gesù dice di se stesso: « Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo e si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sopra le nubi del cielo con
forte potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro del cielo ».

S. Paolo con entusiasmo esclama: « Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poichè se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo ». « Tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. E’ necessario infatti che questo corpo corruttibile si rivesta di incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà rivestito di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità, si compirà la parola della Scrittura: Dov’è, o morte, la tua vittoria? ».

Anche S. Giovanni ci parla, nell’Apocalisse, della Risurrezione di tutti i morti e del loro presentarsi al Giudizio di Dio: « Vidi un trono grande, candido, e Uno che vi sedeva: dal suo cospetto fuggì terra e cielo. E vidi i morti, grandi e piccoli, ritti dinnanzi al trono e furono aperti dei libri. E un altro libro fu aperto che è della vita; e furono giudicati i morti da quello che era scritto nei libri, secondo le loro opere. E il mare rese i suoi morti, e la morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno fu giudicato secondo le sue opere ».

3. COME SARANNO I CORPI RISORTI?

I corpi dei dannati, dice S. Bonaventura, « saranno carichi di miserie e di difetti », sensibili al dolore, pesanti, oscuri, tenebrosi, orribili e destinati a rimanere per sempre, insieme all’anima, nell’inferno.

Invece i corpi degli eletti saranno
meravigliosi. Rimarranno gli stessi corpi di prima perché, altrimenti, non si tratterebbe di una Risurrezione, ma di una nuova creazione; conserveranno pure i loro sensi come la vista, l’udito, l’odorato, il tatto, il gusto. Tuttavia i corpi con i loro sensi saranno trasformati, spiritualizzati, pur restando visibili. Infatti lo Spirito Santo ci dice per mezzo di S. Paolo: « Si semina un corpo corruttibile e sorge incorruttibile; si semina ignobile e sorge glorioso; si semina debole e sorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale ».

Questi corpi non saranno mai più soggetti a
sofferenze: « Ecco la dimora di Dio con gli uomini – dice la Bibbia –; e tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non vi sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perchè le cose di prima sono passate ». Saranno corpi perfettissimi, agili come la fantasia, veloci come il pensiero, luminosi e partecipi dello splendore e della gloria dell’anima. « I giusti – dice Gesù – rifulgeranno come il sole nel Regno del Padre loro ».

4. ATTENZIONE: CHI RISORGERA’ PER L’IGNOMINIA, CHI PER LA GLORIA.

Già il profeta Daniele aveva detto: gli uni risorgeranno « alla vita eterna, e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna ».

Gesù esclama: « Non meravigliatevi di questo, perchè viene l’ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la voce e ne usciranno: quelli che bene operarono per una risurrezione di vita,
quelli che male operarono per un risurrezione di condanna ».

Cammineremo verso la Risurrezione gloriosa, se, risorgendo alla grazia di Dio, perseveremo e cresceremo in grazia.

Le preghiere, i sacrifici, le lotte, le rinunce, le sofferenze aumenteranno, giorno dopo giorno, la nostra gloria futura, come ci assicura lo Spirito Santo: « Il momentaneo e leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria ».

ESEMPIO. Nelle biografie del P. Pio da Pietralcina, incontriamo il celebre attore Carlo Campanini. E’ una delle innumerevoli anime che hanno trovato Dio per merito delle inaudite sofferenze e dell’assiduo apostolato in confessionale del P. Pio. Carlo, dopo la sua conversione, nei teatri e nelle piazze d’Italia, ove parlava ai gruppi di preghiera di P. Pio, andava ripetendo: « Io vivevo come una bestia, senza Messa, senza preghiera, immerso in tanti peccati. Poi ho incontrato un santo Sacerdote che mi ha riportato al Signore. Ho incominciato a partecipare alla Messa ogni giorno. Ma qualche volta cadevo ancora in alcuni peccati di desiderio impuro. Il P. Pio mi disse: Carlo, non avvilirti; pensa che hai una Mamma nel Cielo; invocala ogni giorno con la recita del Rosario. Da quel momento ho sempre recitato ogni giorno tre Rosari, e non sono più caduto in nessun peccato, neppure di desiderio. E nel mio cuore, pur in mezzo a tribolazioni, ho sempre avuto tanta gioia!… ».

Anche noi se vivremo una intensa vita eucaristica e mariana, vinceremo tutte le tentazioni, vivremo in grazia e nella gioia, in attesa del giorno in cui, come dice S. Paolo, « Gesù Cristo trasfigurerà il nostro fragile corpo per renderlo conforme al suo Corpo glorioso ».

PROPOSITO. Chiediamo alla Madonna che il  nostro corpo sia sempre strumento di grande amore a Gesù e al prossimo affinché  possa risorgere per la risurrezione gloriosa ».

Fonte: Con Maria Verso Gesù
Piccola e completa Istruzione religiosa – alla luce di Maria Immacolata – sul Credo, sui Sacramenti e i Comandamenti
di fr.Crispino Lanzi,  Cappuccino

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