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Digiuno e preghiera per le anime del Purgatorio

Posté par atempodiblog le 21 octobre 2013

Astenersi dal cibo, un modello universale. Distacco dalle cose, quindi dalla violenza dans Digiuno 6y8m

In parrocchia abbiamo cominciato tutti i venerdì, per aiutarci un po’ a fare il digiuno, alle 19:30 a trovarci per fare un incontro di preghiera.  “Alle sette e mezza?” - ha detto il Parroco – “un brutto orario. La gente cena…”, appunto, digiuno eh? Troviamo una pagnotta, davanti a Gesù si mangia meglio e quindi diciamo il Rosario e poi recitiamo le orazioni alla Croce Santa, “ti adoro Croce Santa”, una preghiera anche Paolo VI ha confermato che recitata secondo certe condizioni libera anime dal Purgatorio e la gente mi dice “vabbé ma dopo che ho liberato i miei parenti che… basta”. Ma come basta? Ma sai quanta gente c’è in Purgatorio? La Madonna a Medjugorje ha detto che oggi un gran numero di anime vanno all’Inferno, con buona pace di chi dice che l’inferno è vuoto; “no, ci sarà il diavolo…”, c’è il diavolo, ci sono i suoi angeli, ci sono tutti quelli che hanno rifiutato Gesù vivendo in peccato mortale fino alla fine della loro vita e senza pentirsi. L’inferno non è vuoto. “La maggior parte va in Purgatorio, pochissimi vanno subito in Paradiso”. Qual è il vantaggio di pregare per chi sta in Purgatorio? Che chi viene liberato va in Cielo e ha una riconoscenza infinita per chi è stato strumento di questa liberazione. Ma voi ci pensate se poteste liberare un anima dal Purgatorio?

Diego Manetti

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Rivoluzione

Posté par atempodiblog le 21 octobre 2013

 Rivoluzione dans Festa dei Santi e commemorazione dei fedeli defunti p0qj

Nel giudicare la svolta della storia occidentale nel Settecento, si tenga sempre presente quella differenza radicale di prospettiva che da allora separa noi da tutte le generazioni precedenti. La diremo con le parole di Johan Huizinga: «Per l’uomo dell’Ancien Régime il nocciolo della prospettiva sociale stava nel concetto di eguaglianza totale tra gli uomini, ma riferita all’eternità, non ai pochi anni della vita terrena».

Il che, in fondo, vale non solo per l’égalité ma anche per le altre due Persone della Trinità rivoluzionaria: liberté, fraternité. Non capiremo nulla della storia se non metteremo in conto questa differenza radicale: noi guardiamo alla Terra, i nostri antenati guardavano al Cielo; noi ci aggrappiamo alla vita, loro meditavano sulla morte; noi ci preoccupiamo di far carriera, loro di salvarsi dall’inferno; noi ci confrontiamo con i padroni, loro con il Padre.

Certo, quella prospettiva non impediva che la si tradisse bellamente, col lasciare libero sfogo alle umane passioni di sempre. Ma si trattava pur sempre di “tradimenti” (ampiamente deplorati dalla coscienza pubblica e pagati dagli interessati con segreti o espliciti sensi di colpa) rispetto a un orientamento di pensiero e di vita generalmente e pacificamente accettato.

Le cose si sono talmente rovesciate che, mentre era peccaminoso “tradire” il Cielo per la Terra, a partire da un certo punto diventa peccaminoso (almeno socialmente) il contrario: il pensare all’eternità e non alla storia, anzi alla cronaca. È questo, infatti, il concetto di “alienazione” contro cui, seppure da punti di vista diversi, combattono sia il marxismo “proletario” che la psicoanalisi “borghese”. “Anormale”, un tempo, era chi guardava in basso; nei secoli moderni “anormale” è chi guarda in alto.

È forse questo il motivo per cui il linguaggio politico moderno fece ricorso all’astronomia, e quegli eventi li chiamò “rivoluzionari”: parola dotta che, sino al Settecento, riguardava la fisica e non la politica, indicando il movimento di un corpo astrale attorno al suo asse. Parola ottimamente scelta, per significare questo “rigirarsi” completo, questo mutamento totale di prospettiva.

Possiamo pensarne bene o male: sta di fatto che —nel giudicare la storia che ci ha preceduti— non ci è lecito dimenticare che questa “revolutio” è avvenuta e che, quindi, le “nostre” categorie non sono più le “loro”.

 Tratto da: Vittorio MESSORI, Pensare la storia. Una lettura cattolica dell’avventura umana, Paoline, Milano 1992, p. 225-226.
Fonte: Storia Libera

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Non giudichiamo, preghiamo per le persone che si sono tolte la vita

Posté par atempodiblog le 17 octobre 2013

 Non giudichiamo, preghiamo per le persone che si sono tolte la vita dans Diego Manetti due-solitudini-che-pensano-di-completarsi

Tre anni fa, al termine di un incontro in Piemonte, mi avvicina una donna e mi dice che vorrebbe parlarmi. Mi racconta del figlio che si è suicidato a 19 anni, si è impiccato, lasciato dalla ragazza.

Purtroppo questo qua dell’affettività è un motivo ricorrente per il semplice fatto che i nostri giovani che non hanno un centro nella vita si attaccano l’uno all’altro, due solitudini che pensano di completarsi. E spesso l’altro diventa tutto… “sei la mia vita”, “sei il mio tutto”… son sciocchezze. Ma che sei il mio tutto? Il mio Tutto è Dio. E’ l’Infinito. Tu sei una cosina piccola come me, come fai ad essere il mio tutto? Appena appena me ne rendo conto vado in crisi e se tu mi rifiuti io mi sento perso. Per queste persone così fragili il suicidio è l’unica scelta.

Bèh, questa donna mi chiama e mi dice “puoi venire a casa mia a parlare?” e così ci siam trovati lì a parlare. Sapete la cosa che mi ha stupito? Uno dice “ma chi più di una madre può amare un figlio?”, ma io ho notato una cosa, che questa donna aveva risentimento nei confronti del figlio. Non me l’ha detto, lo sentivo dalle parole… come dire: “come ti sei permesso di toglierti la vita e lasciarmi qui!”, che poco poco è quello che pensiamo quando diciamo “perché ho perso i miei cari?” e li vorremmo tirare indietro.

Io mi son permesso di dire a questa signora “preghi per poter perdonare suo figlio”, lei si è arrabbiata e ha detto “ma come? Io amo mio figlio! Tu non sai…” e io di rimando “ma scusi, scusi… si fidi. Dica una piccola preghiera, ogni giorno, ‘Gesù mio, perdonami’, ‘Gesù mio, perdonami’. Avvolgi tutti nel perdono”. E lei: “io ho già perdonato!”. Io “perdonare è una cosa che solo Dio sa fare, chiedi, ogni giorno, la grazia di perdonare”. Ha masticato amaro e me ne sono andato a casa.

Dopo un anno mi telefona e mi dice: “avevi ragione, io ho cominciato a fare questa preghiera senza crederci e poco a poco è venuto fuori che io avevo rabbia verso mio figlio perché se n’era andato. Dopo un po’ che pregavo ‘Gesù mio, perdonami’, ‘Gesù mio, perdonami’, ho cominciato a sentirmi in pace. Sono andata a confessarmi, sono ritornata a Messa, adesso canto nel coro”.

E’ un mistero che ci lega a quelli che non ci sono più e spesso lo prendiamo dalla parte degli uomini e non dalla parte di Dio. Detto questo, preghiera per tutti quelli che hanno finito la vita nel suicidio. […] Noi non sappiamo nella coscienza di chi si toglie la vita quale possibilità si gioca nell’ultimo istante. Una donna andò a confessarsi da Padre Pio in preda all’angoscia perché il marito si era tolto la vita e Padre Pio la ricevette e questa donna sfoga il suo dolore da Padre Pio e dice: “mio marito è perso” e Padre Pio gli dice “no”, lei “ma si è buttato dal ponte” e lui “ah no, perché tra il ponte e l’acqua c’è stato il tempo di un ‘Gesù mio’”. La Misericordia di Dio è un mistero. Non giudichiamo, preghiamo per le persone che si sono tolte la vita, perché la Misericordia di Dio è più grande della nostra misura. Non diamo per perso nessuno.

Tratto da una catechesi audio di Diego Manetti

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P. Cappelletti in Purgatorio: trarne esempio e sprone per la nostra redenzione

Posté par atempodiblog le 17 octobre 2013

P. Cappelletti in Purgatorio: trarne esempio e sprone per la nostra redenzione dans Festa dei Santi e commemorazione dei fedeli defunti santa-veronica-giuliani

Sebbene sia stato lasciato scritto di P. Cappelletti che fu uomo e sacerdote pieno di carità verso i prossimi, mortificato e rigido verso se stesso, puntuale nell’osservanza delle regole della sua Congregazione, ed assai retto, in tutto ciò che intraprendeva per la gloria di Dio, e per la salute delle anime, Veronica conobbe il mistero che lo condusse prima della gloria eterna, a una necessaria purificazione. Ella stessa lo scrive con una semplicità e un’innocenza che fa sbalordire. Non giudica la santa, né commenta; lei tutto vede alla luce di una giustizia misericordiosa e sa che tutto torna a maggior gloria di Dio. Vediamo anche noi, senza commenti e giudizi inopportuni, quali furono le mancanze che turbarono la santa anima di Padre Cappelletti al solo scopo di trarne esempio e sprone per la nostra redenzione.

“Parvemi di capire il contenuto di quel ferraiolo così pesante che aveva il P.C. Esso significava che aveva mancato, nei sei anni di superiorato, e nel mistero della santa confessione, ed in specie, in tutto ciò che aveva lasciato passare qui da noi, non avendo levato i disordini e le cose (che erano) contro il nostro istituto; (significava anco) la troppa sollecitudine (che ebbe) nelle cose dei suoi parenti, ed altre cose a me non note. Quel denso fumo poi che gli usciva dalla bocca, proveniva dai mancamenti fatti nel santo sacrificio della Messa; in quel luogo solitario e deserto vi stava, per i piaceri che cercava la sua umanità, quando Iddio lo teneva derelitto ed arido; e (la somma di) tutte queste ore che, per tre pre il dì, mi è convenuto patire, per adempiere gli ordini della divina giustizia, era pena di varie cose che non ho modo di dire…

O Dio! Tutto ciò mi ha dato grande pena, e penso che, per causa mia, abbia patito più che per le altre. Sia lodato Dio e Maria SS.ma, che per mezzo dei suoi santissimi dolori (ha ottenuto), che egli sia a godere del Santo Paradiso! Tutto ciò mi dovrebbe servire di mutazione di vita. Se un servo di Dio così mortificato e che attendeva solo al profitto delle anime, ha patito tanto, che sarà di me che vivo cosi trascurata…?”.

Rivolgiamoci la stessa domanda, e troveremo ragione di accusare noi stessi.

S. Veronica Giuliani – Il Diario, Ed. Cantagalli. A cura di Maria Teresa Carloni

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Saper discernere

Posté par atempodiblog le 17 octobre 2013

Saper discernere dans Discernimento vocazionale d1gh

Oh! quanto piccolo è il numero delle vere Religiose che realmente possiedono lo spirito del loro stato! Ve ne è pressappoco una su cinquanta. Bisogna a tutti i costi che voi siate di codeste privilegiate!

Quanto grande è la responsabilità d’una Superiora, d’una Maestra di Novizie, d’una insegnante! Quale conto da rendere al buon Dio!

Via via che sarò liberata, m’intenderete più chiaramente, e quando lo sarò del tutto, diverrò per voi un secondo angelo custode! Ma un angelo che vedrete!

Madre… sta ancora in Purgatorio. Ella ha ammesso nella Comunità molti soggetti senza vocazione che v’introducono il rilassamento. È una grande scienza quella di saper discernere gli spiriti. Se si facesse maggiore attenzione ai soggetti che si ricevono, non si avrebbero tanti inconvenienti nelle Comunità.

di Suor Maria della Croce (Elisa Sofia Clementina Hebert) – Il manoscritto del Purgatorio

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Il Purgatorio è il luogo in cui ci si strugge nel desiderio di incontrare l’Amato

Posté par atempodiblog le 17 octobre 2013

Il Purgatorio è il luogo in cui ci si strugge nel desiderio di incontrare l'Amato dans Festa dei Santi e commemorazione dei fedeli defunti lff9

Un episodio raccontato da Padre Pio a Padre Anastasio: «Una sera, mentre, solo, ero in coro a pregare, sentii il fruscio di un abito e vidi un giovane frate trafficare all’altare maggiore, come se spolverasse i candelabri e sistemasse i portafiori. Convinto che a riordinare l’altare fosse fra Leone, poiché era l’ora della cena, mi accosto alla balaustra e gli dico: “Fra Leone, vai a cenare, non è tempo di spolverare e aggiustare l’altare”.

Ma una voce, che non era quella di Fra Leone mi risponde”: “Non sono fra Leone”, “e chi sei?”, chiedo io. “Sono un vostro confratello che qui fece il noviziato. L’ubbidienza mi dette l’incarico di tenere pulito e ordinato l’altare maggiore durante l’anno di prova. Purtroppo più volte mancai di rispetto a Gesù sacramentato passando davanti all’altare senza riverire il Santissimo conservato nel tabernacolo. Per questa grave mancanza, sono ancora in Purgatorio. Ora il Signore, nella sua infinita bontà, mi manda da voi perché siate voi a stabilire fino a quando dovrò soffrire in quelle fiamme di amore. Mi raccomando…”.“Io credendo di essere generoso verso quell’anima sofferente, esclamai: “vi starai fino a domattina alla Messa conventuale”.

Quell’anima urlò: “Crudele!”. Poi cacciò un grido e sparì. Quel grido lamento mi produsse una ferita al cuore che ho sentito e sentirò tutta la vita. Io che per delega divina avrei potuto mandare quell’anima immediatamente in Paradiso, la condannai a rimanere un’altra notte nelle fiamme del Purgatorio».

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“Ti amerò per sempre”, un indizio di vita eterna

Posté par atempodiblog le 17 octobre 2013

“Ti amerò per sempre”, un indizio di vita eterna dans Diego Manetti ti-amer-per-sempre

Ricordatevi di quando avete avuto il primo incontro con persona che amate. Quando vi siete dati appuntamento per andare vedere le stelle o per andare al cinema o per andare a magiare una pizza… quello che era, e al di là di quanto fosse disgustosa la pizza neanche ve lo ricordate, ma avete il ricordo di quella sera, quando vi siete presi le mani, vi siete guardati negli occhi e vi siete detti: “ti amerò per sempre”. Anche i più scettici, anche i più sgarrupati dei ragazzi dicono “ti amerò per sempre”. Perché dici “per sempre”? Perché pensi che vivrai per sempre, perché il tuo “cuore è inquieto” finché non trova Dio e tira fuori una cosa che la tua mente ancora non conosce, una cosa che per orgoglio non accetteresti mai di dire. Quando io dico che tutti crediamo alla vita eterna non faccio violenza a nessuno, perché noi viviamo ogni giorno pensando di non morire mai.

Tratto da una catechesi di Diego Manetti

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La morte è un evento “inattendibile”

Posté par atempodiblog le 17 octobre 2013

La morte è un evento “inattendibile” dans Citazioni, frasi e pensieri vw6t

“Si è sovente detto che noi siamo nella condizione di una condannato a morte, in mezzo ad altri condannati, che non conosce il giorno della sua esecuzione, ma vede ogni giorno giustiziare i suoi compagni di prigione. Ciò non è però del tutto esatto: bisognerebbe piuttosto confrontarci ad un condannato a morte che si prepara coraggiosamente all’ultimo supplizio, che ci mette tutto il suo impegno per fare bella figura sul patibolo e che nel frattempo è portato via da una epidemia di febbre spagnola. [...] Ecco ciò che ha capito la saggezza cristiana che raccomanda di prepararsi alla morte come se questa potesse sopravvenire da un momento all’altro. La morte non può essere attesa”.

di Jean-Paul Sartre
Tratta da: L’Aldilà nei messaggi di Medjugorje. La Regina della Pace chiama l’umanità alla salvezza. Di Padre Livio con Diego Manetti. Ed. PIEMME

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Pregare per i defunti

Posté par atempodiblog le 17 octobre 2013

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“La preghiera per i defunti diventa invocazione per la loro sorte beata. Sostare davanti a una tomba può esse l’occasione di una grande revisione di vita, ci mette nella condizione più propizia per meditare sulla Parola di Dio che ci fa guardare alla meta del nostro cammino”.

Card. Agostino Vallini

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Protesi verso l’alto

Posté par atempodiblog le 17 octobre 2013

Protesi verso l’alto dans Citazioni, frasi e pensieri fk1gcl

“Se durante l’Inferno Dante esplora l’animo umano schiacciato dal peccato e dalla sofferenza, descrivendo un’umanità spietata e dolorosa nell’atto di confrontarsi con le proprie colpe, nel Purgatorio il poeta descrive un’umanità protesa verso l’alto. Consapevole dei suoi limiti, l’uomo del Purgatorio osserva il cielo con nostalgia del Paradiso e desiderio di miglioramento”.

Mons. Marco Frisina

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Monsignor Frisina: “Halloween è solo una corruzione della festa di Ognissanti”

Posté par atempodiblog le 12 octobre 2013

Monsignor Frisina: “Halloween è solo una corruzione della festa di Ognissanti” dans Festa dei Santi e commemorazione dei fedeli defunti Festa-santi

«Il commercio non inventa una festa per celebrare qualcosa. Halloween è infatti solo una corruzione della festa di Ognissanti. Un momento di limpida memoria del Paradiso è diventato una festa horror che non si concilia con la “luminosità” della cultura mediterranea.
Eppure persino la tv italiana dimostra che le fiction sui santi riescono ad avere più audience dei film violenti. Questo perché l’Italia conserva un dna cristiano, anche se spesso è soffocato da culture commerciali ed ostili. Dobbiamo riuscire a dare un senso cristiano alle date del 1 e del 2 novembre senza metterci su quel livello. Ossia, se Halloween ha i suoi gadget, non per questo il cristianesimo deve crearsi i suoi. La Chiesa deve proporre una cultura alternativa.
[…] ricordare il Paradiso, il Purgatorio e i nostri defunti in modo luminoso, con lo sguardo rivolto verso il Cielo».

Monsignor Marco Frisina – RomaSette

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Colei che ha capito Dio

Posté par atempodiblog le 29 septembre 2013

“Non abbandonare senza amore un uomo o la speranza in lui, poiché è possibile che anche il figlio più perduto si salvi, che anche il nemico più accanito possa ritornare tuo amico; è possibile che colui che è caduto così in fondo si risollevi; è possibile che l’amore che si è raffreddato torni ad ardere: perciò non abbandonare mai un uomo, neppure nell’ultimo momento, non disperare, no – spera tutto!”. (Soren Kierkegaard)

Colei che ha capito Dio dans Canti 68ty

«Quando nell’ombra cade la sera». Sono le parole che compongono la prima frase dell’omonimo canto popolare ed evocano pensieri che ci rimandano alla sera intesa come fine della giornata o come conclusione di un cammino difficoltoso o ancora come termine del cammino della vita; una sera, però, che si rischiara dall’immagine luminosa di Maria alla quale l’uomo può aprire il suo cuore nella ricerca di conforto, coraggio, aiuto. Il futuro del mondo in cui siamo immersi è incerto: la febbre dell’egoismo ha ormai contaminato tutto ciò che ci circonda, ma la certezza che Maria è speranza è ancora viva e forte.

I valori umani indicati da Maria sono le virtù basilari per guarire dall’incomprensione, dalla rivalità, dall’avidità. A un mondo schiavo del denaro Maria richiama la povertà, a un mondo provocatore e astuto consiglia la semplicità di cuore; a un mondo vecchio e indurito dall’odio porta il sorriso addolcito di giovinezza. L’uomo che affida la sua vita alla maternità di Maria è guidato verso i misteriosi legami dello Spirito che lo portano gradualmente a creare un contatto sempre più intenso con il Dio dell’amore, della misericordia, del perdono.

Nel corso dei secoli la devozione mariana ha trovato numerose espressioni: si sono sviluppati pensieri individuali in armonia con profondi sentimenti di fiducia e di speranza. In questo contesto un ruolo importante va riservato ai canti popolari mariani che hanno arricchito la preghiera della Chiesa e impresso il loro carattere alla cultura dei popoli. Le origini di queste lodi non ci sono note e oggi la maggior parte di esse sono cadute in disuso, ma bisogna riconoscere che le melodie e i testi di questi canti coinvolgono e trascinano.

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T. Grassi, Incoronazione della Vergine (1692), chiesa Madonna del Popolo, Romagnano Sesia (Novara).

«Quando nell’ombra» è un canto semplice, strutturato con strofe e ritornello; la conduzione ritmica si presenta uguale nel corso del brano, creando regolarità e continuità. La melodia delle strofe rispecchia, pur nella sua brevità, un percorso di quattro battute ascendenti, in progressione, a cui corrispondono altrettante battute, sempre in progressione, ma discendenti. È un percorso che richiede delicatezza nell’esecuzione; la graziosità melodica non va disturbata dall’appoggio sulla croma: tutto procede con linearità e spontaneità, privilegiando una sonorità delicata e leggera.

Il ritornello inizia con due battute che, data la scelta ritmica, interrompono l’atmosfera precedente. Le tre semiminime di Fa’ pura introducono una successione melodica più marcata che fa esplicito riferimento a una richiesta di aiuto, a un’invocazione resa ancora più convincente dall’apertura verso l’acuto che può essere accompagnata, anche, da un’intensità sonora maggiore.  È qui il punto che maggiormente si presta alla coralità con la possibilità di aggiungere alla melodia principale altre voci che danno rinforzo e grandiosità al ritornello. Dalla terza battuta del ritornello, poi, si riprende il ritmo iniziale, seppur leggermente variato nell’ultima parte, con un evidente richiamo melodico che conduce a una conclusione dolce e riservata.

Quando nell’ombra…
Quando nell’ombra cade la sera,
è questa, o Madre, la mia preghiera:
fa’ pura e santa l’anima mia.
Ave Maria, Ave.
Di stelle e d’angeli incoronata,
da mille popoli sempre invocata:
ave, divina bianca Regina.
Avvolta in splendida candida veste,
cinta da un serico nastro celeste:
ave, divina bianca Regina.
Nel duol, nel gaudio da mane a sera
s’innalzi unanime una preghiera
alla divina bianca Regina.

di Luisa Tarabra
a cura di Mario Moscatello e Giuseppe Tarabra – Madre di Dio

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La nostra casa è il cielo

Posté par atempodiblog le 25 janvier 2013

La nostra casa è il cielo dans Articoli di Giornali e News cuoregrandecielo

Viviamo in un mondo di illusioni e di inganni, ma la menzogna maggiore ci viene propinata quando ci vogliono fare credere che questa vita, la vita terrena, sia l’unica e la sola vera. Ci vogliono espropriare dell’unica vera vita, che è la vita eterna, quella che professiamo nell’ultimo articolo del Credo apostolico, quando affermiamo: «Credo vitam aeternam. Amen»: Dei dodici articoli del Credo, undici ci indicano la condizione dei cristiani nel tempo, l’ultimo, il dodicesimo, ci mostra la loro ricompensa, che è l’eternità. 

L’errore che consiste nel credere che la vita di quaggiù sia la vera vita, ha scritto mons. Gaume, è l’errore più radicale di tutti gli altri, perché non riguarda aspetti particolari o secondari, ma il nostro modo di essere, prende tutte le facoltà della nostra anima, confonde la nostra ragione e la nostra volontà, corrompe tutta la nostra esistenza.

Quest’errore non è solo teorizzato direttamente dagli evoluzionisti e dai pseudo scienziati atei, come Richard Dawkins o i nostri Odifreddi e Galimberti, ma viene inculcato in maniera più insidiosa dai mass media, dalla pubblicità, dalla pressione psicologica dei luoghi comuni. È un ateismo non teorico, ma pratico, una prospettiva secolarista radicalmente distorta perché non ci indica  nulla che vada oltre i piaceri e le pene, i beni e i mali della vita terrena. Era l’errore degli uomini che vissero al tempo del diluvio universale di cui il Vangelo dice che «Edebant et bibebant» (Mt. 24,38; Lc. 18, 27-28), mangiavano e bevevano. Pensavano solo ai piaceri e ai bisogni del corpo, a mangiare, a bere, a sposarsi, a divertirsi, a fare affari. Erano immersi nelle occupazioni del mondo. E tanto più l’uomo si occupa di questo mondo, tanto meno si occupa dell’altro.

La nostra casa invece è il cielo e il primo passo che dobbiamo fare per occuparci del cielo, è quello di respingere la filosofia di vita egoistica del nostro tempo, incentrata solo sulla soddisfazione dei nostri piaceri e dei nostri bisogni.

Quando recitiamo il Credo dobbiamo pronunziare con forza le ultime parole «Credo vitam aeternam», perché queste parole sono la nostra risposta al secolarismo e al laicismo che voglio convincerci che la vita eterna non esiste, che il Cielo è vuoto, secondo il titolo dell’ultimo insulso libro di Galimberti.
«Credo vitam aeternam»: in queste parole la Chiesa professa la sua fede nell’immortalità dell’anima e nell’esistenza della vita eterna. Ce lo insegna la Chiesa, ce lo dimostra la ragione, ce lo attesta la storia di tutti i popoli; l’anima è immortale: ha avuto un inizio, non avrà mai fine. Vivrà in eterno.

Immagine vivente del Dio vivente, l’uomo è vita. Per lui la vita non è solamente il primo e il più prezioso dei beni, ma è il suo essere. La vita è tutto, l’uomo la ama come se stesso.

Amiamo il bambino perché rappresenta la vita che nasce. Rispettiamo l’anziano perché in lui cogliamo la vita che declina. Tutto ciò che pensa e fa l’uomo lo fa per amore alla vita.

La cultura di morte contemporanea vuole spegnere la vita nel suo nascere, con l’aborto e l’infanticidio; vuole spegnerla al suo tramonto, con l’eutanasia; vuole estinguere non solo la vita del corpo, ma prima di tutto la vita dell’anima, e questo la fa diffondendo una mentalità evoluzionista e materialista. Ciò che ci viene proposto è un modello di uomo e di donna che cura al massimo il proprio corpo ma che dimentica la propria anima, che cerca ogni forma di piacere, ma che è incapace di dare un senso alla propria vita, che cerca la felicità sulla terra, ma si avvia alla infelicità, alla depressione, al suicidio.

Chi ci parla oggi del Cielo? Del Cielo non dovrebbero parlarci solo i sacerdoti, dovrebbe essere la società intera a ricordarcelo, in ogni occasione, come quando si faceva il segno della Croce prima di consumare il pasto e il linguaggio quotidiano conosceva formule come “grazie a Dio”, “se Dio vuole”, che esprimevano la convinzione dell’esistenza di una realtà soprannaturale e di una vita eterna dell’uomo.

Il Credo ci ricorda che il fine dell’uomo è il Cielo e Dio vuole che il maggior numero di anime raggiungano il Cielo ed evitino l’inferno, come dice la preghiera insegnata dalla Madonna ai tre pastorelli di Fatima: «Gesù mio, perdonateci le nostre colpe, preservateci dal fuoco dell’inferno e portate in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della vostra misericordia».

Le religioni secolari hanno negato la vita eterna proponendo il paradiso terrestre della società senza classi marxista. Poi, dopo il crollo del Muro del Berlino, la cultura postmarxista vorrebbe convincerci che non esiste paradiso né celeste né terrestre, ma il nulla è la regola suprema della vita e della morte:
Noi diciamo Credo la vita eterna per indicare che non abbiamo alcun dubbio  sull’esistenza di una vita ultraterrena: una vita che sarà piena di tutti beni dell’anima e del corpo e di cui godranno i gusti, secondo i propri meriti. Questa vita eterna felice si chiama cielo. Il cielo è “la terra dei viventi,” perché  l’uomo che muore entra nella terra di coloro che vivono: terra viventium.

La terra è una valle di lacrime, dove tutto declina e muore, il cielo è una terra felice dove tutto vive e nulla muore. A York, in Inghilterra, Francis Ingleby (1551-1586), oggi beato, condannato a morte da Elisabetta I perché era un sacerdote cattolico, quando la sentenza fu pronunciata esclamò: “Credo vivere bona Domini in terra viventium”.

Quali sono i “beni del Signore” che i “viventi” godranno in Paradiso? Il bene primo e incomparabile a qualsiasi altro è la visione di Dio faccia a faccia e il suo possesso. Nel Cielo non solo vedremo Dio, fonte di ogni bellezza, non solo possederemo Dio, origine di ogni bene, ma diverremo simili a Lui. Questa sarà la nostra suprema gioia. Ma un giorno avremo anche la gioia di rivedere i nostri cari, e di godere con i cinque sensi del nostro corpo risorto, che avrà le caratteristiche della luminosa chiarezza, della agilità, della sottigliezza, della impassibilità.

Oggi ci raccontano che il Paradiso, come l’inferno, non è un luogo, ma una “condizione”. Così non pensano san Tommaso d’Aquino né i Padri della Chiesa che insegnano che il Cielo è la sede beata dei Giusti. L’inferno che la Madonna mostra ai tre pastorelli di Fatima è un luogo, non una condizione. Ed è a un luogo, non ad una condizione, che si riferisce Gesù, quando dice al Buon Ladrone «Oggi sarai con me in Paradiso».

Si dice, ed è vero, che il Regno di Dio, che è il cielo, comincia sulla terra, nella nostra anima. Quando è in grazia di Dio, la nostra anima è realmente un riflesso del cielo. Ma l’uomo  è un essere sociale: nasciamo e cresciamo in una famiglia, viviamo e moriamo in una società e di esse dobbiamo fare una anticipazione della felicità che godremo in Paradiso. Dobbiamo cristianizzare il mondo per fare in modo che questa valle di lacrime sia una valle felice, e non disperata, anche nella sofferenza.

Si può essere felici affrontando le difficoltà, abbracciando i sacrifici, soffrendo e lottando per quei grandi ideali che riempiono di gioia l’anima degli uomini. I santi non sono mai stati lugubri o tristi, ma allegri e gioiosi. Vi sono due note che distinguono chi cerca il cielo: una è lo spirito militante, l’altra è l’allegria che nasce dalla pace dell’anima di chi combatte nel tempo per conquistare la felicità eterna in cielo.

di Roberto De Mattei – Radici Cristiane

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La fede non mi parla che di speranza

Posté par atempodiblog le 18 janvier 2013

La fede non mi parla che di speranza dans Citazioni, frasi e pensieri speranzacaridefunti

“La Fede mi fa sentire la vicinanza dei miei cari defunti, come si sente nel silenzio il battito del cuore di un amico che veglia su di noi. La persuasione che presto mi incontrerò con i loro sguardi mi incoraggia a vivere in modo da non dover arrossire dinanzi a loro e non mi rincresce più lasciar questo mondo. O Fede! Come consoli l’anima in questi giorni in cui tutto è mestizia e dolore! Ogni foglia che cade mi avverte che la vita si dilegua: ogni rondine che emigra mi ricorda i miei cari che lasciano la terra per l’eternità e mentre la natura non mi parla che dolore, la fede non mi parla che di speranza”.

San Luigi Orione

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La trappola dell’occulto: Halloween, Capodanno di tutto il mondo esoterico

Posté par atempodiblog le 2 novembre 2012

La ricorrenza nasce come culto al principe della morte. Data importante per gli occultisti, un cristiano non dovrebbe definirla una festa, sebbene si presenti come momento di divertimento
di Aldo Buonaiuto – RomaSette.it

La trappola dell'occulto: Halloween, Capodanno di tutto il mondo esoterico dans Don Aldo Buonaiuto Halloween

Da diversi anni Halloween si è diffuso ovunque in Italia e in buona parte dell’Europa attraverso un processo apparentemente legato solo al business e alla moda, silenzioso e inarrestabile. Genitori e nonni si prodigano a comprare la famigerata zucca, gli addobbi e le maschere spaventose ai propri bambini, con lo stesso impegno profuso per la festa di carnevale. Ma Halloween non è un carnevale, e un cristiano non dovrebbe definirla una festa, sebbene si presenti soltanto come un innocente momento di spensierato divertimento.

Purtroppo molti ignorano il reale significato di questa deleteria ricorrenza che nasce dal “Samhain”, un rito in onore di divinità pagane celebrato nelle isole britanniche dalle popolazioni celtiche. Si trattava, quindi, di un culto al principe della morte attraverso riti orgiastici, durante i quali le bevande alcoliche scorrevano a fiumi, e l’offerta di sacrifici anche umani era considerata necessaria per ingraziarsi gli spiriti maligni. I Druidi, che rappresentavano la casta sacerdotale dei Celti, celebravano la notte di “Samhain” come la solenne cerimonia di passaggio dalla stagione estiva a quella invernale.

Era questo il momento in cui le tenebre avrebbe domato il dio del Sole facendo tornare sulla terra le anime defunte che si sarebbero introdotte nei viventi. Per allontanare questi spiriti si compivano dei rituali dove era necessario mascherarsi con le pelli di animali uccisi in precedenza. I Druidi portavano delle lanterne create con delle rape svuotate e incise a forma di volto umano al cui interno era posta una candela accesa realizzata con il grasso dei sacrifici. Il mattino seguente si accendeva il fuoco nuovo e si compiva il giro delle famiglie portando in ogni abitazione le braci ardenti: chi rifiutava l’offerta veniva maledetto. Papa Gregorio IV nell’834 decideva di posticipare la festa di Ognissanti dal 13 maggio al 1° novembre, al fine di scalzare le credenze popolari relative al culto del “Samhain”.

Gli irlandesi credevano che il 31 ottobre i defunti potessero avere un accesso nel mondo dei vivi. Per questo motivo tradizionalmente in casa lasciavano il fuoco acceso, il cibo sulla tavola e la porta d’ingresso socchiusa. I bambini, invece, chiedevano leccornie, mele e nocciole che rappresentavano le offerte ai defunti. Anche oggi, i ragazzini, soprattutto nei Paesi di cultura anglosassone, vanno in giro a bussare alle porte delle case ripetendo la formula “trick or treat”, che dietro all’innocente significato di “dolcetto o scherzetto” e alla traduzione letterale di “trucco o divertimento”, nasconde quello originario di “maledizione o sacrificio”. Secondo una leggenda la tradizionale zucca, somigliante ad una testa di morto, rappresenta l’irlandese errante Jack O’Lantern, che avrebbe cercato di ingannare il diavolo che a sua volta si sarebbe vendicato condannandolo a vagare in eterno tra terra e cielo.

Oggi attorno ad Halloween c’è un mercato di maschere, teschi, zucche, mantelli, cappellacci, fantasmi, streghe e zombie…balli in maschera, notti trasgressive… Ma è anche un periodo in cui si denota un netto incremento di affari per i maghi dell’occulto. È proprio questo l’aspetto ancora più inquietante di tutta la vicenda: il 31 ottobre viene riscoperto con grande fascino dagli esoteristi che addirittura definiscono questa notte come «il Capodanno di tutto il mondo esoterico, la festa più importante dell’anno per i seguaci di satana».

Altro che semplice evasione e gioco! Halloween si rivela il “giorno più magico dell’anno” e l’occasione per consultare maghi, oroscopi e tarocchi fino a giungere alle iniziazioni esoteriche. Per gli occultisti è una delle quattro ricorrenze più importanti del loro calendario, dove la profanazione dei cimiteri, le messe nere, i sacrifici e ogni sorta di dissacrazione e sacrilegio vengono esaltati ed auspicati. Halloween rappresenta così l’ennesimo tentativo di promuovere il macabro, l’orrore, l’occultismo e l’esoterismo, la stregoneria e la magia.

La santità, la purezza, la carità, la bellezza, sono costrette a lasciare il posto ad immagini di morte e di sangue, a messaggi distorti e lugubri, costringendo la nostra cultura ad accogliere le attività del male come se fossero un bene e rifiutando il cristianesimo come superato e fuori moda. Le nuove generazioni ricevono un ulteriore bombardamento di orrore e violenza, pensando forse che la paura della morte si possa vincere facendo amicizia con fantasmi e vampiri, streghe e demoni.

Dinanzi a questa realtà è importante reagire e non subire passivamente una ricorrenza lontana dalla nostra cultura e antitetica alle nostre radici religiose. Vorrei concludere rivolgendomi a tutti quei cattolici impegnati nel mondo dell’educazione che, insieme ai genitori, hanno la responsabilità di trasferire alle nuove generazioni il vero senso della vita con i suoi valori. Lo esprimo con le parole di un testimone della bellezza, innamorato di Gesù e dell’uomo, don Oreste Benzi, nel suo ultimo articolo scritto proprio su Halloween alla vigilia della sua morte: «Vogliamo che i nostri figli festeggino il giorno di Ognissanti con i demoni, il mondo di satana e della morte oppure con gioia e pace vivendo nella luce? Esortate i vostri figli dicendo loro: vuoi giocare e divertirti con i demoni e gli spiriti del male o invece scegli di gioire e far festa con i Santi che sono gli amici simpatici e meravigliosi di Gesù?».

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