L’imperatrice

Posté par atempodiblog le 2 septembre 2008

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Quando l’imperatore morì, il giovane principe si preparò, con un po’ di apprensione, a prenderne il posto.
Il precettore saggio e anziano gli disse:
“Hai bisogno di un aiuto, subito.
Prima di salire sul trono scegli la futura imperatrice, ma fa’ attenzione: deve essere una fanciulla di cui puoi fidarti ciecamente.
Invita tutte le fanciulle che desiderano diventare imperatrice, poi ti spiegherò io come trovare la più degna”.
La più giovane delle sguattere della cucina reale, segretamente innamorata del principe, decise di partecipare.
“So che non verrò mai scelta, tuttavia è la mia unica opportunità di stare accanto al principe almeno per alcuni istanti, e già questo mi rende felice”, pensava.La sera dell’udienza, c’erano tutte le più belle fanciulle della regione, con gli abiti più sfarzosi, i gioielli più ricchi.
Circondato dalla corte, il principe annunciò i termini della competizione:
“Darò un seme a ciascuna di voi.
Colei che mi porterà il fiore più bello, entro sei mesi, sarà la futura imperatrice”.

Quando venne il suo turno, la fanciulla prese il seme, un minuscolo granello scuro e lo portò a casa avvolto nel fazzoletto.
Lo interrò con cura in un vaso pieno di ottima terra soffice e umida.
Non era particolarmente versata nell’arte del giardinaggio, ma riservava alla sua piccola coltivazione un’enorme pazienza e un’infinita tenerezza.
Ogni mattina spiava con ansia la terra scura, in cui sperava di veder spuntare lo sperato germoglio.I sei mesi trascorsero, ma nel suo vaso non sbocciò nulla.Arrivò il giorno dell’udienza.
Quando raggiunse il palazzo con il suo vasetto pieno solo di terra e senza pianta, la fanciulla vide che tutte le altre pretendenti avevano ottenuto buoni risultati.

Il principe entrò e osservò ogni ragazza con grande meticolosità e attenzione.
Passò davanti ad ognuna. I fiori erano davvero splendidi.
Guardò anche la sguattera che non osava alzare gli occhi e quasi nascondeva il suo vasetto mestamente vuoto.

Dopo averle esaminate tutte, il principe si fermò al centro del salone e annunciò il risultato della gara:
“La nuova imperatrice, mia sposa, è questa fanciulla”.

Quasi si sentiva, nel silenzio profondo, il battito all’unisono di tutti i cuori.
Senza esitazione il principe prese per mano la giovane sguattera. Poi chiarì la ragione di quella scelta.
“Questa fanciulla è stata l’unica ad aver coltivato il fiore che l’ha resa degna di diventare un’imperatrice: il fiore dell’onestà.
Tutti i semi che vi ho consegnato erano solo granelli di legno dipinto, e da essi non sarebbe mai potuto nascere nulla”.

Questa è una favola naturalmente.
Oggi sarebbe impossibile trovare una imperatrice.
Ci siamo dimenticati tutti come si coltiva il fiore dell’onestà.

di Bruno Ferrero – I fiori semplicemente fioriscono

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La metà di un sogno

Posté par atempodiblog le 29 août 2008

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C’era una ragazza che, ogni notte, guardava la luna. In quell’occhio del cielo dai riflessi d’argento le pareva di intravedere il profilo di un giovane sconosciuto. O forse era solo il riverbero misterioso di un sogno. La ragazza aspettava e sospirava.
Nell’altra parte del mondo, c’era un giovane che, ogni notte, guardava la luna. Su quel pallido schermo gli pareva di vedere il profilo dolce e seducente di una ragazza. Il giovane era un provetto arciere.
Così, una notte, incoccò la sua freccia più resistente e veloce sull’arco, lo tese con tutte le sue forze e mirò al volto placido della luna.
La freccia, dura come l’acciaio e rapida come il lampo, colpì la luna e ne staccò un frammento. Cadendo, il frammento si spaccò in due parti.
Una cadde in grembo alla ragazza, l’altra ai piedi del giovane arciere.
Tutti e due si legarono al collo, come un gioiello, il frammento di luna.
Si incontrarono poi? Forse.
Ma noi tutti, esseri umani, siamo come loro ed erriamo per il mondo portando ciascuno con sé la metà di un sogno.


di Bruno Ferrero

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Il c/c dell’amore familiare

Posté par atempodiblog le 29 août 2008

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IL CONTO CORRENTE DELL’AMORE FAMILIARE
di Bruno Ferrero

 



« Alla Sera, quando sono a letto mi tiro la coperta sulla testa e immagino di essere morto », confessa un ragazzo.
« Già estenuata dall’ufficio, appena entro in casa mi piomba addosso la valanga domestica: cena da preparare, frigo mezzo vuoto, lavare, stirare, fare i compiti ai figli. Ho solo voglia di strillare. », ammette una donna.
« Il mio lavoro è duro. ma a casa è peggio. Qualunque cosa si conquista con snervanti contrattazioni e urlate varie. Mia moglie si lamenta di tutto. Se non fossi il padre scapperei di casa », dice un uomo.

Le ore serali della famiglia sono spesso un coktail pericoloso di irritazioni, frustrazioni e stanchezze varie. Il rischio è che la famiglia svuoti il deposito di pazienza comprensione, condivisione e amore che ne alimenta la vita. Ci può aiutare un pizzico di immaginazione. E’ come se ogni famiglia possedesse un conto corrente d’amore a cui tutti i componenti possono attingere per sopravvivere. Un conto bancario in rosso crea una motivata apprensione. Il conto corrente familiare rischia di prosciugarsi perché si effettuano troppi « prelievi » e pochi « depositi ».

I depositi sono tutti i comportamenti che accrescono il capitale d’amore e di confidenza, i prelievi sono i comportamenti che sottraggono fiducia, pace, la capacità di risolvere insieme i problemi e la « voglia di stare insieme ».

Chi, agendo in manieri rude e scortese, umilia le persone, manca di rispetto, critica e si lamenta senza posa, non mantiene gli impegni presi, si esprime sempre urlando, serba rancore e scarica in casa il nervosismo della « sua » giornata, opera consistenti sottrazioni dal patrimonio d’amore della famiglia.

Chi ha un saldo del conto corrente postale in attivo gode di una comunicazione familiare facile e soddisfacente. Chi ha il conto corrente in rosso è come se camminasse su un campo minato. Deve sempre stare in guardia, pesare ogni parola e anche le sue migliori intenzioni sono mal interpretate.

Il primo versamento riguarda la gentilezza. I piccoli niente che si fanno ogni giorno con tenerezza non sono niente. Le piccole attenzioni sono essenziali per creare un clima di fiducia e di amore reciproco. « Qualche volta arrivo a casa e trovo la mia cameretta ordinata e pulita, con un biglietto sul cuscino che dice: Bacioni, la tua fata. Capisco che la mamma lo ha fatto perché sa che passo un momentaccio. Allora entro in camera dicendo semplicemente: « Grazie, grazie, grazie! », racconta una ragazza.

Ci sono persone che cucinano, lavano, stirano per altre persone per anni e non si sono mai sentite dire grazie. E’ una di quelle paroline, con per favore, scusami, posso aiutarti?, prego, che possono provocare effetti miracolosi.

Ci sono mille modi per essere gentili. Moglie e marito devono rispolverare spesso i « rituali romantici »: biglietti d’auguri, un mazzo di fiori, una scatola di cioccolatini, un abbraccio anche se non è Natale, ascoltare musica insieme. E soprattutto: guardarsi mentre ci si parla, evitare di interrompere o finire le frasi al posto dell’altro, aiutarsi nei lavori domestici, telefonare per dire che si è in ritardo, o semplicemente per dire  » ti amo ».

I figli hanno bisogno di diversivi piacevoli e piccole sorprese; tutti di carezze quotidiane. Sono nei gesti, nelle parole, negli sguardi, nell’atmosfera. Per sopravvivere abbiamo bisogno di ricevere dagli altri un nutrimento affettivo, comunque si presenti.

Non dimenticate mai che amare è un verbo. E’ troppo facile lamentarsi con frasi del tipo: « L’amore non c’è più ». Amare è un atto di volontà. L’amore sentimento è il frutto del verbo amare. Amare significa ascoltare, comprendere, apprezzare, valorizzare. E’ importante adottare una strategia basata su iniezioni di prestigio. Sono il miglior ricostituente familiare.

Tutti i bambini hanno bisogno di essere aiutati e incoraggiati a diventare responsabili. Disciplina significa essere responsabili del proprio comportamento e capaci di comprendere le esigenze degli altri. La lode è un’esigenza fondamentale degli esseri umani. Se manca nessuno dà il meglio di sé. Al contrario se c’è, tutti lo fanno, e di buon grado. Hai un aspetto stupendo, Il pranzo è stato indimenticabile! Sei una cannonata!: pensate all’effetto che parole simili o un braccio attorno alle spalle, un abbraccio, possono avere su voi, sugli altri, e soprattutto su bambini piccoli. Loro hanno bisogno di parole che li approvino e li incoraggino, di complimenti, di vedersi apprezzati per le cose che fanno bene, o anche solo per il fatto di essere quello che sono. Non esagerate con le lodi, ma usatele. Non serve pensarle. Occorre farle sentire.

Interessatevi positivamente. Cioè consigliate, indirizzate, aiutate i figli ad avere il senso delle priorità e delle proporzioni, fate sentire che siete al loro fianco nelle difficoltà. I « versamenti » d’amore, secondo la saggezza di Don Bosco, funzionano costruttivamente: « Essendo amati in quelle cose che loro piacciono, imparino a vedere l’amore in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco; quali sono la disciplina, lo studio. e queste cose imparino a farle con slancio e amore« .

Abituatevi a chiedere scusa. Alcuni genitori pensano che chiedere scusa vanifichi la loro autorità: in realtà, facendolo, mostrano rispetto per i sentimenti del bambino. Scusandosi, i genitori ammettono che tutti possono sbagliare e che non c’è niente di male a riconoscerlo.

Verificate spesso il vostro conto corrente dell’amore familiare. Fate di tutto perché sia sempre attivo. Se mai capitassero degli incidenti di percorso, la « riserva d’amore » sarà la vostra salvezza.

 

tratto da « Salesiani di Don Bosco » – sdb.org

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Perché io no?

Posté par atempodiblog le 29 août 2008

 

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PERCHÉ IO NO?

È la frase che i genitori sentono più spesso:

Lo fanno tutti, perché io non posso?

Una frase che i figli istintivamente usano con calcolata crudeltà. Provoca un fastidioso senso di insicurezza ai genitori, che si sentono sbattuti nell’arena della concorrenza. I figli esprimono con questa protesta un istinto positivo; i genitori vi sentono la minaccia di un conformismo pericoloso.

I bambini crescendo devono imparare a entrare in rapporto con gli altri, e i coetanei sono il loro specchio, a tutte le età. È difficile imparare a volersi bene se non si è accettati dai propri simili. Proprio per questo, una delle tappe principali nell’evoluzione dei piccoli è imparare a essere come gli altri bambini della loro età. Imparare a far parte attivamente di un gruppo è molto importante perché il bambino sviluppi un’immagine positiva di sé. Un bimbo potrà osare di essere diverso soltanto dopo che ha avuto la certezza di essere alla pari con gli altri.

Gli aspetti positivi di questa voglia di essere come gli altri possono però facilmente trasformarsi in una forza negativa, che possiamo chiamare «l’imitazione a tutti i costi». In questo senso vanno comprese le pressanti raccomandazioni di don Bosco ai suoi ragazzi perché facessero attenzione ai «cattivi compagni» e al «rispetto umano».

Il rischio da evitare è che inizi in famiglia una continua guerriglia:

Tutti gli altri tornano a casa quando vogliono, perché io devo rientrare alle dieci?

Non vi fidate di me!

La mamma di Gloria glielo compra, perché tu no?

Alcune semplici attenzioni

L’«entrata in società» dei figli è in ogni caso un momento delicato e importante. Il suo esito dipende dall’impostazione dell’educazione familiare e in un certo senso ne costituisce il termometro.

La conquista dell’autonomia è una battaglia difficile, che paradossalmente provoca effetti analoghi sui figli che provengono da una famiglia iperprotettrice e su quelli che escono da famiglie inesistenti.

L’adolescente che è stato troppo protetto e controllato, quando per necessità di cose deve cominciare ad arrangiarsi da solo, va disperatamente alla ricerca di qualcuno che sostituisca i genitori, qualcuno cui affidarsi ciecamente, come faceva con mamma e papà. E si avvia sulla strada dell’uomo in grigio, privo di personalità, di autonomia, di iniziativa, e sempre pronto a sottomettersi a chi gli garantisca protezione e sicurezza.

Ancora più difficile è prendere le mosse da una famiglia inesistente, o disgregata, o affettivamente mutilata.

Quando il bambino comincia la lunga marcia puberale, dietro di lui c’è il vuoto. Non genitori come modelli da accettare o da respingere. Non qualcuno con cui misurarsi in un clima di fiducia e di affetto. Non una base, forse non troppo apprezzata, ma solida, su cui edificare qualcosa. Solo delusione, o amarezza, o indifferenza.

Se i genitori hanno una identità forte, anche i figli l’avranno. Lo psicologo David Elkind afferma: «Le persone che hanno una forte identità non la perdono nemmeno nelle circostanze più difficili».

Si può dire: «Non è giusto darla sempre vinta agli altri. Tu hai i tuoi valori e gli altri devono rispettarli. In ogni rapporto un po’ si prende e un po’ si dà e questo deve valere anche per i tuoi amici».

I genitori devono esserci e non esserci; saper soccorrere e abbandonare; mescolare attentamente fermezza e comprensione; restare se stessi, ma anche rinunciare a se stessi.

Un’impresa da far tremare le vene e i polsi. Eppure molti genitori ci riescono benissimo. I figli hanno davvero bisogno di «provare le loro ali», di cominciare a prendere le loro decisioni e di imparare dai loro sbagli.

Occorre inviare ai figli due messaggi diversi.

1. Approviamo il tuo bisogno di essere come gli altri.

2. Ti vogliamo abbastanza bene da aiutarti a capire che cosa è giusto e buono e che cosa non lo è.

I figli devono capire che i genitori sostengono il loro sforzo di diventare autonomi, ma che come genitori hanno il dovere di proteggerli dai pericoli.

Una regola importante: papà e mamma sono d’accordo tra loro. Funzionano solo le regole stabilite di comune accordo. Genitori e figli devono costruire insieme la capacità di resistere alla pressione del conformismo.

La cosa più utile è distinguere tra questioni importanti e irritazioni da poco. Si può anche essere elastici sul modo di vestire, sui gusti musicali, sugli hobby… È vitale essere fermi quando si tratta di rientri a casa, di andare alle feste senza essere accompagnati, di alcol, ecc.

Parlarne apertamente. I ragazzi devono essere aiutati a distinguere le pressioni utili da quelle dannose. Un papà può tranquillamente dire al figlio:

Non mi importa niente se tutti sul pullman si comportano in modo volgare e maleducato. Tu porti il mio cognome, e io ho diritto al mio buon nome…

In momenti particolari di vicinanza e di serenità, i genitori devono ricordare ai figli che essere «unici» premia molto di più che essere «come gli altri».

di Bruno Ferrero
Tratto da: colledonbosco.it

 

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Le stelle marine

Posté par atempodiblog le 27 août 2008

La valanga ingrossa e trascina tutto con se; ma inizia con un pugno di neve che comincia a rotolare e a fare massa inglobando quello che trova sul suo percorso. La valanga distrugge ma se il pugno di neve rappresentasse l’amore che edifica i risultati sarebbero ben diversi. Facciamo lo sforzo di realizzare un pugno d’amore da far rotolare come una pallina di neve, poi lo Spirito Santo la trasformerà in una valanga.

da un pensiero di Fr. Raniero Cantalamessa

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Una tempesta terribile si abbatté sul mare. Lame affilate di vento gelido trafiggevano l’acqua e la sollevavano in ondate gigantesche che si abbattevano sulla spiaggia come colpi di maglio, o come vomeri d’acciaio aravano il fondo marino scaraventando le piccole bestiole del fondo, i crostacei e i piccoli molluschi, a decine di metri dal bordo del mare.
Quando la tempesta passò, rapida come era arrivata, l’acqua si placò e si ritirò. Ora la spiaggia era una distesa di fango in cui si contorcevano nell’agonia migliaia e migliaia di stelle marine. Erano tante che la spiaggia sembrava colorata di rosa.
Il fenomeno richiamò molta gente da tutte le parti della costa. Arrivarono anche delle troupe televisive per filmare lo strano fenomeno. Le stelle marine erano quasi immobili. Stavano morendo.
Tra la gente, tenuto per mano dal papà, c’era anche un bambino che fissava con gli occhi pieni di tristezza le piccole stelle di mare. Tutti stavano a guardare e nessuno faceva niente.
All’improvviso, il bambino lasciò la mano del papà, si tolse le scarpe e le calze e corse sulla spiaggia. Si chinò, raccolse con le piccole mani tre piccole stelle del mare e, sempre correndo, le portò nell’acqua. Poi tornò indietro e ripeté l’operazione.
Dalla balaustrata di cemento, un uomo lo chiamò.
« Ma che fai, ragazzino? ».
« Ributto in mare le stelle marine. Altrimenti muoiono tutte sulla spiaggia » rispose il bambino senza smettere di correre.
« Ma ci sono migliaia di stelle marine su questa spiaggia: non puoi certo salvarle tutte. Sono troppe! » gridò l’uomo.
« E questo succede su centinaia di altre spiagge lungo la costa! Non puoi cambiare le cose! ».
Il bambino sorrise, si chinò a raccogliere un’altra stella di mare e gettandola in acqua rispose: « Ho cambiato le cose per questa qui ».
L’uomo rimase un attimo in silenzio, poi si chinò, si tolse scarpe e calze e scese in spiaggia. Cominciò a raccogliere stelle marine e a buttarle in acqua. Un istante dopo scesero due ragazze ed erano in quattro a buttare stelle marine nell’acqua. Qualche minuto dopo erano in cinquanta, poi cento, duecento, migliaia di persone che buttavano stelle di mare nell’acqua.
Così furono salvate tutte.

Per cambiare il mondo basterebbe che qualcuno, anche piccolo, avesse il coraggio di incominciare.

di Bruno Ferrero – A volte basta un raggio di sole

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La grotta azzurra

Posté par atempodiblog le 27 août 2008

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Era un uomo povero e semplice. La sera, dopo una giornata di duro lavoro, rientrava in casa spossato e pieno di malumore. Guardava con astio la gente che passava in automobile o quelli seduti ai tavolini dei bar.
« Quelli sì che stanno bene », brontolava l’uomo, pigiato nel tram, come un grappolo d’uva nel torchio. « Non sanno che cosa vuol dire tribolare…
Tutto rose e fiori, per loro. Avessero la mia croce da portare! ».
Il Signore aveva sempre ascoltato con molta pazienza i lamenti dell’uomo.
E, una sera, lo aspettò sulla porta di casa.
« Ah, sei tu, Signore? », disse l’uomo, quando lo vide. « Non provare a rabbonirmi. Lo sai bene quant’è pesante la croce che mi hai imposto ».
L’uomo era più imbronciato che mai.
Il Signore gli sorrise bonariamente. « Vieni con me. Ti darò la possibilità di fare un’altra scelta », disse.
L’uomo si trovò all’improvviso dentro una enorme grotta azzurra.
L’architettura era divina. Ed era piena di croci: piccole, grandi, tempestate di gemme, lisce, contorte.
« Sono le croci degli uomini », disse il Signore. « Scegline una ».
L’uomo buttò con la malagrazia la sua croce in un angolo e, fregandosi le mani, cominciò la cernita.
Provò una croce leggerina, ma era lunga e ingombrante. Si mise al collo una croce da vescovo, ma era incredibilmente pesante di responsabilità e di sacrificio. Un’altra, liscia e graziosa in apparenza, appena fu sulle spalle dell’uomo cominciò a pungere come se fosse piena di chiodi. Afferrò una croce d’argento, che mandava bagliori, ma si sentì invadere da una straziante sensazione di solitudine e di abbandono. La posò subito. Provò e riprovò, ma ogni croce aveva qualche difetto.
Finalmente, in un angolo semibuio, scovò una piccola croce, un po’ logorata dall’uso.
Non era troppo pesante, né troppo ingombrante. Sembrava fatta apposta per lui. L’uomo se la mise sulle spalle con aria trionfante.
« Prendo questa! », esclamò. Ed uscì dalla grotta.
Il Signore gli rivolse il suo sguardo dolce dolce. E in quell’istante l’uomo si accorse che aveva ripreso proprio la sua vecchia croce: quella che aveva buttato via entrando nella grotta. E che portava da tutta la vita.


« Come in un sogno mattutino, la vita si fa sempre più luminosa a mano a mano che la viviamo, e la ragione di ogni cosa appare finalmente chiara » (Richter).

di Bruno Ferrero - Il canto del grillo

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Due fazzoletti

Posté par atempodiblog le 18 août 2008

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Alla scuola materna, un bambino portava sempre due fazzoletti.
La maestra gli chiese il perchè.
Lui rispose: « Uno è per soffiarmi il naso; l’altro per asciugare gli occhi di quelli che piangono ».

Tu, li porti due fazzoletti?

di Bruno Ferrero

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La collaborazione

Posté par atempodiblog le 16 août 2008

Amarsi non vuol dire guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione
di Antoine de Saint-Exupéry

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Marito e moglie erano sulle scale alle prese con un pesante cassettone. Li vide un cognato.
«Vi do una mano», disse accorrendo. E afferrò un angolo del mobile.
Qualche minuto dopo, incapaci di muovere il cas­settone anche di un solo centimetro, i tre si conce­dettero qualche minuto di riposo.
«Che fatica
portare su questo cassettone!», com­mentò il cognato.
Marito e moglie scoppiarono a ridere.
«Noi stavamo cercando di portarlo giù!».

Gli amici non si guardano negli occhi. Guarda­no insieme nella stessa direzione.
Una coppia di fidanzati chiese: «Cosa dobbiamo fare perché il nostro amore duri?».
Rispose il maestro: «Amate insieme altre cose».

di Bruno Ferrero – Il canto del grillo

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L’ombrello rosso

Posté par atempodiblog le 13 août 2008

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Lui era un giovane studioso e serio, lei una ragazza bella e saggia. E si amavano. Prima di partire per il servizio militare, lui volle farle un regalo. Un regalo che le ricordasse il suo amore. Doveva però fare il conto con le finanze, già messe a dura prova dai libri dell’Università.
Girò per negozi e grandi magazzini. Dopo mille «prendi e posa» si decise. Acquistò un enorme ombrello di un bel rosso vivo.
Sotto quel grande ombrello rosso i due ragazzi si diedero il primo addio, si scambiarono la promessa di amore eterno, decisero di sposarsi. Nella nuova casa, l’ombrello finì in uno sgabuzzino.
Passarono gli anni, arrivarono due figli, le preoccupazioni, qualche tensione di troppo, la noia, i silenzi troppo lunghi.
Una sera, seduti sul divano, lui e lei sbadiglia- vano davanti alla tv. Lei improvvisamente si alzò, corse nello sgabuzzino e dopo un po’ tornò con l’ombrello rosso. Lo spalancò e una nuvoletta di polvere si sparse nell’aria. Poi si sedette sul divano con l’ombrello rosso spalancato. Dopo un lungo istante, lui si accoccolò accanto a lei sotto il grande ombrello. Si abbracciarono teneramente.
E ritrovarono tutti i sogni smarriti sotto la polvere dei giorni.
Un uomo e una donna si erano sposati dopo un lungo fidanzamento, avevano avuto quattro figli, i quattro figli erano cresciuti e a loro volta si erano sposati. La sera del matrimonio dell’ultima figlia, si ritrovarono nella loro casa. Soli. Erano ridiventati una coppia.
Si sedettero uno davanti all’altra.
Lui guardò a lungo sua moglie.
E poi disse: «Ma chi diavolo sei, tu?».
Non dimenticate l’ombrello rosso.

di Bruno Ferrero – A volte basta un raggio di sole

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La nuvola e la duna

Posté par atempodiblog le 11 août 2008

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Una nuvola giovane giovane (ma, è risaputo, la vita delle nuvole è breve e movimentata) faceva la sua prima cavalcata nei cieli, con un branco di nuvoloni gonfi e bizzarri.
Quando passarono sul grande deserto del Sahara, le altre nuvole, più esperte, la incitarono: « Corri, corri! Se ti fermi qui sei perduta ».
La nuvola però era curiosa, come tutti i giovani, e si lasciò scivolare in fondo al branco delle nuvole, così simile ad una mandria di bisonti sgroppanti.
« Cosa fai? Muoviti! », le ringhiò dietro il vento.
Ma la nuvoletta aveva visto le dune di sabbia dorata: uno spettacolo affascinante. E planò leggera leggera. Le dune sembravano nuvole d’oro accarezzate dal vento.
Una di esse le sorrise. « Ciao », le disse. Era una duna molto graziosa, appena formata dal vento, che le scompigliava la luccicante chioma.
« Ciao. Io mi chiamo Ola », si presentò la nuvola.
« Io, Una », replicò la duna.
« Com’è la tua vita lì giù? ».
« Bé… Sole e vento. Fa un po’ caldo ma ci si arrangia. E la tua? ».
« Sole e vento… grandi corse nel cielo ».
« La mia vita è molto breve. Quando tornerà il gran vento, forse sparirò ».
« Ti dispiace? ».
« Un po’. Mi sembra di non servire a niente ».
« Anch’io mi trasformerò preso in pioggia e cadrò. E’ il mio destino ».
La duna esitò un attimo e poi disse: « Lo sai che noi chiamiamo la pioggia Paradiso? ».
« Non sapevo di essere così importante », rise la nuvola.
« Ho sentito raccontare da alcune vecchie dune quanto sia bella la pioggia. Noi ci copriamo di cose meravigliose che si chiamano erba e fiori ».
« Oh, è vero. Li ho visti ».
« Probabilmente io non li vedrò mai », concluse mestamente la duna.
La nuvola rifletté un attimo, poi disse: « Potrei pioverti addosso io… ».
« Ma morirai… ».
« Tu però, fiorirai », disse la nuvola e si lasciò cadere, diventando pioggia iridescente.
Il giorno dopo la piccola duna era fiorita.

Una delle più belle preghiere che conosco dice: « Signore, fa’ di me una lampada. Brucerò me stesso, ma darò luce agli altri ».

di Bruno Ferrero – L’importante è la rosa

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La corruzione

Posté par atempodiblog le 11 août 2008

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Un capomastro lavorava da molti anni alle dipen­denze di una grossa società edile. Un giorno ricevet­te l’ordine di costruire una villa esemplare secondo un progetto a suo piacere. Poteva costruirla nel po­sto che più gradiva e non badare alle spese.
I lavori cominciarono ben presto. Ma, approfit­tando di questa cieca fiducia, il capomastro pensò di usare materiali scadenti, di assumere operai poco competenti a stipendio più basso, e di intascare così la somma risparmiata.
Quando la villa fu terminata, durante una festic­ciola, il capomastro consegnò al Presidente della so­cietà la chiave d’entrata.
Il Presidente gliela restituì sorridendo e disse, stringendogli la mano: «Questa villa è il nostro rega­lo per lei in segno di stima e di riconoscenza».

Questi tuoi giorni sono i mattoni della tua casa futura…

di Bruno Ferrero – C’è qualcuno lassù

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Il trattino

Posté par atempodiblog le 7 août 2008

Il trattino dans Don Bruno Ferrero lapide

L’incisore di lapidi funerarle alzò lo scalpello e disse: « Ho finito ».
L’uomo esaminò la pietra: la foto del padre, le due date 1916 e 2000 separate da un trattino di un paio di centimetri. Poi scosse la testa e disse: « Non so come spiegarmi, ma mi sembra così poco. Vede, mio padre ha avuto una vita piena, lunga, avventurosa. Vorrei si intuisse in qualche modo la sua infanzia in una grande famiglia, la campagna ricca di verde e di animali, i lavori pesanti, la soddisfazione di un buon raccolto, le preoccupazioni per i temporali estivi, la siccità…
Poi la guerra, le divise, le tradotte, la ferita, la fuga da un campo di prigionia, l’incontro con mia madre…
I figli che nascono, crescono, si sposano, i nipotini che arrivano uno dopo l’altro…
Poi la vecchiaia serena, la malattia, certo, ma anche l’affetto, l’amore, l’entusiasmo, la passione, le lunghe giornate di lavoro, le ansie, le preoccupazioni, le gioie… ».
L’incisore ascoltava con attenzione, poi impugnò lo scalpello e il martello e con quattro rapidi colpi allungò il trattino tra la data di nascita e quella di morte di quasi mezzo centimetro.
Si voltò verso l’uomo e fece: « Va meglio così?… »

La vita non può essere un trattino tra due date. Abbraccia ogni istante della tua vita. Adesso. La vita è tutto quello che hai.

di Bruno Ferrero – La vita è tutto quello che abbiamo. Piccole storie per l’anima

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Due decaloghi per i papà

Posté par atempodiblog le 5 août 2008

 Due decaloghi per i papà dans Don Bruno Ferrero familykj8

Un decalogo per il papà
di Bruno Ferrero

1. Il primo dovere di un padre verso i suoi figli è amare la madre. La famiglia è un sistema che si regge sull’amore. Non quello presupposto, ma quello reale, effettivo. Senza amore è impossibile sostenere a lungo le sollecitazioni della vita familiare. Non si può fare i genitori « per dovere ». E l’educazione è sempre un « gioco di squadra ». Nella coppia, come con i figli che crescono, un accordo profondo, un’intima unione danno piacere e promuovono la crescita, perché rappresentano una base sicura. Un papà può proteggere la mamma dandole in « cambio », il tempo di riprendersi, di riposare e ritrovare un po’ di spazio per sé.

2. Il padre deve soprattutto esserci. Una presenza che significa « voi siete il primo interesse della mia vita ». Affermano le statistiche che, in media, un papà trascorre meno di cinque minuti al giorno in modo autenticamente educativo con i propri figli. Esistono ricerche che hanno riscontrato un nesso tra l’assenza del padre e lo scarso profitto scolastico, il basso quoziente di intelligenza, la delinquenza e l’aggressività. Non è questione di tempo, ma di effettiva comunicazione. Esserci, per un papà vuol dire parlare con i figli, discorrere del lavoro e dei problemi, farli partecipare il più possibile alla sua vita. E’ anche imparare a notare tutti quei piccoli e grandi segnali che i ragazzi inviano continuamente.

3. Un padre è un modello, che lo voglia o no. Oggi la figura del padre ha un enorme importanza come appoggio e guida del figlio. In primo luogo come esempio di comportamenti, come stimolo a scegliere determinate condotte in accordo con i principi di correttezza e civiltà. In breve, come modello di onestà, di lealtà e di benevolenza. Anche se non lo dimostrano, anche se persino lo negano, i ragazzi badano molto di più a ciò che il padre fa, alle ragioni per cui lo fa. La dimostrazione di ciò che chiamiamo « coscienza » ha un notevole peso quando venga fornita dalla figura paterna.

4. Un padre dà sicurezza. Il papà è il custode. Tutti in famiglia si aspettano protezione dal papà. Un papà protegge anche imponendo delle regole e dei limiti di spazio e di tempo, dicendo ogni tanto « no », che è il modo migliore per comunicare: « ho cura di te ».

5. Un padre incoraggia e dà forza. Il papà dimostra il suo amore con la stima, il rispetto, l’ascolto, l’accettazione. Ha la vera tenerezza di chi dice: « Qualunque cosa capiti, sono qui per te! ». Di qui nasce nei figli quell’atteggiamento vitale che è la fiducia in se stessi. Un papà è sempre pronto ad aiutare i figli, a compensare i punti deboli.

6. Un padre ricorda e racconta. Paternità è essere l’isola accogliente per i « naufraghi della giornata ». E’ fare di qualche momento particolare, la cena per esempio, un punto d’incontro per la famiglia, dove si possa conversare in un clima sereno. Un buon papà sa creare la magia dei ricordi, attraverso i piccoli rituali dell’affetto. Nel passato il padre era il portatore dei « valori », e per trasmettere i valori ai figli bastava imporli. Ora bisogna dimostrarli. E la vita moderna ci impedisce di farlo. Come si fa a dimostrare qualcosa ai figli, quando non si ha neppure il tempo di parlare con loro, di stare insieme tranquillamente, di scambiare idee, progetti, opinioni, di palesare speranze, gioie o delusioni?

7. Un padre insegna a risolvere i problemi. Un papà è il miglior passaporto per il mondo  » di fuori ». Il punto sul quale influisce fortemente il padre è la capacità di dominio della realtà, l’attitudine ad affrontare e controllare il mondo in cui si vive. Elemento anche questo che contribuisce non poco alla strutturazione della personalità del figlio. Il papà è la persona che fornisce ai figli la mappa della vita.

8. Un padre perdona. Il perdono del papà è la qualità più grande, più attesa, più sentita da un figlio. Un giovane rinchiuso in un carcere minorile confida: « Mio padre con me è sempre stato freddo di amore e di comprensione. Quand’ero piccolo mi voleva un gran bene; ci fu un giorno che commisi uno sbaglio; da allora non ebbe più il coraggio di avvicinarmi e di baciarmi come faceva prima. L’amore che nutriva per me scomparve: ero sui tredici anni… Mi ha tolto l’affetto proprio quando ne avevo estremamente bisogno. Non avevo uno a cui confidare le mie pene. La colpa è anche sua se sono finito così in basso. Se fossi stato al suo posto, mi sarei comportato diversamente. Non avrei abbandonato mio figlio nel momento più delicato della sua vita. Lo avrei incoraggiato a ritornare sulla retta via con la comprensione di un vero padre. A me è mancato tutto questo ».

9. Il padre è sempre il padre. Anche se vive lontano. Ogni figlio ha il diritto di avere il suo papà. Essere trascurati o abbandonati dal proprio padre è una ferita che non si rimargina mai.

10. Un padre è immagine di Dio. Essere padre è una vocazione, non solo una scelta personale. Tutte le ricerche psicologiche dicono che i bambini si fanno l’immagine di Dio sul modello del loro papà. La preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre Nostro. Una mamma che prega con i propri figli è una cosa bella, ma quasi normale. Un papà che prega con i propri figli lascerà in loro un’impronta indelebile.

 

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Un decalogo per il papà, proposto da un bambino
di Antonio Mazzi

1. Non viziarmi. So benissimo che non dovrei avere tutto quello che chiedo. Voglio solo metterti alla prova.2. Non essere incoerente: questo mi sconcerta e mi costringe a fare ogni sforzo per farla franca ogni volta che posso.

3. Non fare promesse: potresti non essere in grado di mantenerle. Questo farebbe diminuire la mia fiducia in te.

4. Non correggermi davanti alla gente. Ti presterò molta più attenzione se parlerai tranquillamente con me a quattr’occhi.

5. Non brontolare continuamente: se lo fai dovrò difendermi facendo finta di essere sordo.

6. Non badare troppo alle mie piccole indisposizioni. Potrei imparare a godere di cattiva salute se questo attira la tua attenzione.

7. Non preoccuparti per il poco tempo che passiamo insieme. È come lo passiamo che conta.

8. Non permettere che i miei umori suscitino la tua ansia perché allora diventerei ancora più pauroso. Indicami il coraggio.

9. Non dimenticare che non posso crescere bene senza molta comprensione ed incoraggiamento… ma non ho bisogno di dirtelo, vero?

10. Ricordati, io imparo di più da un esempio che da un rimprovero.

Tratto da: Il Centro culturale Gli scritti

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Il silenzio

Posté par atempodiblog le 4 août 2008

Il silenzio dans Don Bruno Ferrero diddlaz0
Un uomo si recò da un monaco di clausura.
Gli chiese: « Che cosa impari mai dalla tua vita di silenzio? ».
Il monaco stava attingendo acqua da un pozzo e disse al suo visitatore:
« Guarda giù nel pozzo! Che cosa vedi? ».
L’uomo guardò nel pozzo. « Non vedo niente ».
Dopo un po’ di tempo, in cui rimase perfettamente immobile, il monaco disse al visitatore: « Guarda ora! Che cosa vedi nel pozzo? ».
L’uomo ubbidì e rispose: « Ora vedo me stesso: mi specchio nell’acqua ».
Il monaco disse: « Vedi, quando io immergo il secchio, l’acqua è agitata.
Ora invece l’acqua è tranquilla.
E questa l’esperienza del silenzio: l’uomo vede se stesso! ».

« Quando non ce la faccio più, vado a sedermi vicino a mia nonna mentre lavora a maglia… Mia nonna profuma di cipria e ha un respiro lento lento. Di tanto in tanto alza gli occhi e sorride un poco, di solito però si limita a lavorare e respirare… Beh, mi fa sentire cullata… ». ( Amelia, 14 anni )

Oggi scegliti un angolo tranquillo e lasciati cullare dal silenzio.

di Bruno Ferrero – Il canto del grillo

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Il conto

Posté par atempodiblog le 30 juillet 2008

Il conto dans Don Bruno Ferrero diddlrz7

Una sera, mentre la mamma preparava la cena, il figlio undicenne si presentò in cucina con un foglietto in mano.
Con aria stranamente ufficiale il bambino porse il pezzo di carta alla mamma, che si asciugò le mani col grembiule e lesse quanto vi era scritto:
“Per aver strappato le erbacce dal vialetto: Lire 5.000.
Per avere ordinato la mia cameretta: Lire 10.000.
Per essere andato a comperare il latte: Lire 1.000.
Per aver badato alla sorellina (tre pomeriggi): Lire 15.000.
Per aver preso due volte ottimo a scuola: Lire 10.000.
Per aver portato fuori l’immondizia tutte le sere: Lire 7.000.
Totale: Lire 48.000″.

La mamma fissò il figlio negli occhi, teneramente. La sua mente si affollò di ricordi. Prese una biro e, sul retro del foglietto, scrisse:
“Per averli portato in grembo per 9 mesi: Lire 0.
Per tutte le notti passate a vegliarti quando eri ammalato: Lire 0.
Per tutte le volte che ti ho cullato quando eri triste: Lire 0.
Per tutte le volte che ho asciugato le tue lacrime: Lire 0.
Per tutto quello che ti ho insegnato, giorno dopo giorno: Lire 0.
Per tutte le colazioni, i pranzi, le merende, le cene e i panini che ti ho preparato: Lire 0.
Per la vita che ti do ogni giorno: Lire 0.
Totale: Lire 0″.

Quando ebbe terminato, sorridendo la mamma diede il foglietto al figlio. Quando il bambino ebbe finito di leggere ciò che la mamma aveva scritto, due lacrimoni fecero capolino nei suoi occhi.
Girò il foglio e sul suo conto scrisse: “Pagato”.
Poi saltò al collo della madre e la sommerse di baci.

Quando nei rapporti personali e familiari si cominciano a fare i conti, è tutto finito. L’amore è gratuito, o non è.

“In un giorno caldo, preparai dei coni gelato e dissi ai miei quattro figli che potevano comprarli per un abbraccio. Quasi subito, i ragazzi si misero in fila per fare il loro acquisto. I tre più piccoli mi diedero una veloce stretta, afferrarono il cono e corsero di nuovo fuori. Ma quando venne il turno di mio figlio adolescente, l’ultimo della fila, ricevetti due abbracci. Tieni il resto disse con un sorriso”.

di Bruno Ferrero – A volte basta un raggio di sole

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