Maria, Santuario del Dio tre volte Santo

Posté par atempodiblog le 15 juin 2025

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Da Maria apprendiamo a credere nell’impossibile possibilità di Dio, nei miracoli del Suo amore, sapendo che Egli è fedele all’alleanza stabilita con noi nel Figlio, sempre pronto a dare risposta a chi credendo chiede, chiedendo ama ed amando spera.

La Madonna dei Miracoli ci ottenga questa fede audace, insistente e fiduciosa, che bussa al cuore divino e vi trova accoglienza misericordiosa e fedele.

Chiediamo, allora, con fiducia alla Vergine Madre di esaudire le suppliche che Le rivolgiamo, per sperimentare con Lei la risposta dell’amore eterno e sempre nuovo del Dio tre volte Santo, Signore dei miracoli copiosamente offerti a chi credendo ama e amando spera, anche contro ogni speranza:

Maria, Madre dei piccoli e dei poveri, volgi a noi lo sguardo della Tua tenerezza materna e coprici col manto della Tua misericordia.
In Te la terra e il cielo si sono incontrati nel dono dell’Amore incarnato di Dio.
Per la Tua intercessione e il Tuo esempio si compia in noi il miracolo della fede che accoglie, dell’amore che offre, della speranza che illumina i giorni.
Tu, Santuario del Dio tre volte Santo, aiutaci a essere tempio vivo della gloria del Padre, imitatori del Cristo nella grazia dello Spirito, che Ti coprì con la Sua ombra per abitare in noi, figli resi tali nel Figlio, e facci un giorno partecipi dell’eternità beata.
Amen. Alleluja!

+ Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti – Vasto

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Quel Rosario che unisce Leone XIII e il beato Longo

Posté par atempodiblog le 11 juin 2025

Quel Rosario che unisce Leone XIII e il beato Longo
di Vito Magno– Avvenire
Tratto da: Radio Maria

Quel Rosario che unisce Leone XIII e il beato Longo dans Apparizioni mariane e santuari Santo-Rosario

Terminato il mese di maggio, l’invito di Leone XIV a recitare ogni giorno il Rosario per la pace resta ed è stato accolto da diverse comunità cristiane.
La Madonna stessa ha raccomandato il Rosario nelle sue apparizioni e così hanno fatto i Papi dell’ultimo secolo. Proprio Leone XIII, di cui nei giorni scorsi si è ricordata l’attenzione verso la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale, è stato anche il Papa che più degli altri ha scritto encicliche sul Rosario; ben undici dal 1883 al 1898, tanto da meritarsi il titolo di “Papa del Rosario”. In realtà, alla sua epoca, maggio era “mariano” a tutti gli effetti, contrassegnato dalla recita del Rosario in famiglia, come sacramento supplementare per i duri impegni della vita. Le prime testimonianze che mettono in rapporto il mese appena trascorso e Maria risalgono al medioevo. A Chartres, in Francia, nel XII secolo, sorgeva una scuola di filosofia all’ombra di un santuario mariano molto rinomato. I filosofi locali riuscirono a convertire un gran numero di feste pagane, che si celebravano a maggio, in feste cristiane.

Nasce in quest’epoca il Rosario, come un insieme di Ave Maria da recitare ispirandosi, quanto al nome, alle ghirlande di rose con cui veniva ornata la statua della Vergine. Fu poi san Domenico di Guzman a propagare in tutta Europa la devozione. Da allora il cammino della fede cristiana è stato sempre costellato di anime anonime, ma non per questo meno grandi, che sono ricorse al rosario per meditare sul Vangelo, ma anche per trasmetterlo. Santa Teresina del Bambin Gesù ha pagine stupende sui Rosari recitati in famiglia, con lei sulle ginocchia del padre. San Pio X attribuiva la sua prima conoscenza del Vangelo ai Rosari e alle spiegazioni dei misteri che, nella stalla, al caldo, nelle lunghe notti invernali, mamma Margherita usava per tenere unita ed educare alla fede la famiglia Sarto.

Anche quest’anno il mese di maggio è stato l’occasione per riscoprire la spiritualità mariana attraverso la devozione popolare fatta soprattutto di pellegrinaggi ai santuari, che, a dire del Collegamento Santuari Italiani, hanno registrato un incremento di pellegrini grazie al Giubileo. Quello di Pompei, tra i più frequentati, conserva le spoglie del beato Bartolo Longo, di cui venerdì verrà annunciata la data di canonizzazione. Per Longo il Rosario era considerato uno strumento di sviluppo spirituale e sociale e come tale lasciò la sua personale testimonianza, con opere di carità rivolte agli orfani e ai figli dei carcerati. Nella Supplica alla Madonna di Pompei, da lui composta e che si è recitata l’8 maggio, il Rosario viene descritto con una metafora poetica, “la dolce catena che ci rannoda a Dio”. Ma in quel fine Ottocento di acceso anticlericalismo, neppure a Bartolo Longo fu facile promuovere la “dolce catena”. Lo si vedeva girare per Napoli con grosse corone e bussare casa per casa per raccogliere fondi per l’erigendo santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, non curante degli insulti e dei torsoli che gli venivano scagliati. Per propagare la devozione alla Madonna mediante il Rosario si inventò più di qualche iniziativa. Nel 1877 iniziò la pubblicazione dei “Quindici sabati”; nel 1883 compose la Supplica e l’anno successivo diede vita al bollettino “Il Rosario e la Nuova Pompei. Era convinto che il Rosario servisse ad affratellare i cristiani appartenenti a culture diverse. In questa convinzione va inquadrata l’attualità del Rosario, forse oggi meno praticato, ma non con minore intensità, del tempo in cui la corona scorreva tra le mani dei componenti di una famiglia insieme ai propri vicini di casa.

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Maria, Madre della Chiesa

Posté par atempodiblog le 9 juin 2025

Maria, Madre della Chiesa dans Citazioni, frasi e pensieri Maria-Madre-della-Chiesa

Con la sua fede nel momento dell’Annunciazione Maria è divenuta la Madre di Dio. Con la sua fede perseverante durante l’intero arco di una vita totalmente dedicata al Figlio, Maria è diventata la Madre della Chiesa.

Tratto da: La dottrina cattolica – Il Credo antimodernista di San Paolo VI, di Padre Livio Fanzaga. SUGARCO EDIZIONI

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Pentecoste

Posté par atempodiblog le 8 juin 2025

Pentecoste dell’anno 1938.
Mi sono alzata molto prima del solito e sono andata in cappella ad immergermi nell’amore di Dio. Prima di ricevere la santa Comunione ho rinnovato a bassa voce i miei voti religiosi. Dopo la santa Comunione si è impadronito di me l’inconcepibile amore di Dio.
La mia anima è stata in contatto diretto con lo Spirito Santo, che è lo stesso Signore, come il Padre ed il Figlio. Il Suo soffio ha riempito la mia anima di una tale gioia che invano mi sforzerei di descriverla, se volessi dare anche solo in parte un’idea di ciò che ha provato il mio cuore. Ovunque, per tutta la giornata, in qualunque parte fossi, con chiunque parlassi mi è stata compagna la viva presenza di Dio.
La mia anima si è immersa nel ringraziamento per queste grandi grazie.

Santa Faustina Kowalska

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Spirito Santo dimora in me stabilmente
O Spirito di Dio, Spirito di verità e di luce,
Dimora in me stabilmente con la Tua divina grazia,
Il Tuo soffio disperda le tenebre,
E nella Tua luce si moltiplichino le opere di bene.

O Spirito di Dio, Spirito di amore e di Misericordia,
Che infondi nel mio cuore il balsamo della fiducia,
La Tua grazia conferma nel bene la mia anima,
Dandole una forza invincibile: la perseveranza.

O Spirito di Dio, Spirito di pace e di letizia,
Che dai sollievo al mio cuore assetato,
Riversandovi la sorgente viva dell’amore di Dio,
E lo rendi intrepido per la battaglia.

O Spirito di Dio, ospite amabilissimo della mia anima,
Desidero da parte mia esserti fedele,
Sia nei giorni lieti, sia nello strazio delle sofferenze.

O Spirito di Dio, desidero vivere sempre alla Tua presenza.

O Spirito di Dio, che penetri nel mio essere da parte a parte,
E mi fai conoscere la Tua vita divina e trina
E mi sveli i misteri della Tua Essenza divina,
Unita a Te vivrò per l’eternità.

Santa Faustina Kowalska

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A Vilakkannur il riconoscimento del primo miracolo eucaristico indiano

Posté par atempodiblog le 4 juin 2025

A Vilakkannur il riconoscimento del primo miracolo eucaristico indiano
Una celebrazione presieduta dal nunzio apostolico in India ha sancito il carattere soprannaturale della comparsa di un volto di Cristo su un’ostia 12 anni fa. Un segno per la Chiesa siro-malabarese da tempo ferita dallo scontro sulla liturgia. Mons. Girelli: “L’Eucaristia sia segno di comunione con Dio e di unità dei fedeli, non di discordia”.
di Nirmala Carvalho – AsiaNews

A Vilakkannur il riconoscimento del primo miracolo eucaristico indiano dans Aborto A-Vilakkannur-il-riconoscimento-del-primo-miracolo-eucaristico-indiano

Con una solenne celebrazione presieduta a Vilakkannur, nello Stato indiano del Kerala, dal nunzio apostolico mons. Leopoldo Girelli, la Chiesa cattolica il 31 maggio ha riconosciuto ufficialmente come un miracolo eucaristico un fatto prodigioso avvenuto 12 anni fa nella locale chiesa di Cristo Re. Il 13 novembre 2013 il sacerdote locale, p. Thomas Pathickal, durante una liturgia di questa comunità siro-malabarese riconobbe impressa nell’ostia il volto di Cristo, testimonianza della sua presenza reale. La locale arcidiocesi affidò poi lo studio del fenomeno alla Santa Sede che nelle scorse settimane è arrivata alla conclusione che si è trattato di un fenomeno soprannaturale.

Sabato 31 maggio questa notizia è stata celebrata in questa comunità del distretto di Kannur con una liturgia presieduta da mons. Girelli alla presenza di 10mila fedeli. Il nunzio apostolico ha ringraziato Dio per i miracoli che hanno dimostrato la presenza di Cristo nell’Eucaristia nel corso della storia. “Cristo risorto è presente alla sua Chiesa in molti modi – ha commentato – ma in modo speciale attraverso il sacramento del suo corpo e del suo sangue”. Ma il rappresentante vaticano ha invitato anche a leggere questo evento straordinario dentro il cammino che la Chiesa siro-malabarese sta vivendo, segnato dalla ferita delle divisioni proprio introno alla Sacra Quarbana, la celebrazione eucaristica di questo rito orientale. Dal 2021 la decisione del locale Sinodo di implementare un metodo uniforme per la celebrazione eucaristica, richiedendo che la Messa venga celebrata rivolta verso il popolo durante la liturgia della Parola e rivolta verso l’altare durante la preghiera eucaristica ha creato fortissime tensione, soprattutto nell’arcidiocesi di Ernakulam-Angamaly.

“Il miracolo di Vilakkannur – ha detto ancora mons. Girelli  ricorda alla Chiesa siro-malabarese che la Sacra Qurbana è segno di comunione con Dio e di unità dei fedeli, e non di discordia. Come si può ignorare che le tensioni che ancora dividono il clero e i fedeli della Chiesa siro-malabarese sono in contraddizione con l’Eucaristia, sacramento di unità? Cristo nell’Eucaristia è il centro della vita cristiana. Pertanto, la celebrazione dell’Eucaristia non dovrebbe portare divisione”.

Il miracolo di Vilakkannur, ha aggiunto ancora, è “una grande benedizione nono solo per la Chiesa siro-malabarese”, ma per l’intera Chiesa in India. “È mia fervente speranza – ha aggiunto – che questa chiesa di Cristo Re a Vilakkannur diventi il regno della riconciliazione e dell’unità per la Chiesa siro-malabarese e il centro di pellegrinaggio per l’adorazione eucaristica in India”.

Jose Kavi, caporedattore del sito cattolico indiano Matters India, ha commentato ad AsiaNews: “La piccola chiesa del villaggio di Vilakkannur ha trovato posto nella Chiesa come luogo del primo miracolo eucaristico in India. Il riconoscimento è stata una cerimonia solenne, risparmiata anche dalla pioggia nonostante l’allerta rossa che era stata diramata nel distretto di Kannur: un fatto anche questo definito prodigioso dall’arcivescovo di Tellicherry Joseph Pamplany. Alcuni ancora liquidano quanto avvenuto come un espediente dell’arcidiocesi per raccogliere fondi. Ma la maggior parte della gente crede davvero che sia stato un miracolo, perché nulla è impossibile al Signore”.

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Leone XIV: impariamo dal cuore di Gesù, la compassione per il mondo che soffre

Posté par atempodiblog le 3 juin 2025

Leone XIV: impariamo dal cuore di Gesù, la compassione per il mondo che soffre
Nella sua prima intenzione di preghiera per il mese di giugno, il Pontefice esorta ogni fedele a trovare “consolazione nel rapporto personale” con Cristo, in modo da poter portare il suo amore ad altri. Nel videomessaggio, diffuso dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa, anche una preghiera inedita al Sacro Cuore di Gesù
di Isabella H. de Carvalho – Vatican News

Leone XIV: impariamo dal cuore di Gesù, la compassione per il mondo che soffre dans Fede, morale e teologia Sacro-Cuore-di-Ges

“Preghiamo perché ognuno di noi trovi consolazione nel rapporto personale con Gesù e impari dal suo cuore la compassione per il mondo”. Per la prima volta si sente la voce di Leone XIV che introduce in inglese l’intenzione di preghiera per il mese in corso, in un videomessaggio diffuso oggi, 3 giugno, dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa. Per questo mese, tradizionalmente dedicato alla devozione al Sacro Cuore di Gesù, il Pontefice esorta i fedeli a conoscere personalmente l’amore di Cristo, in modo da diffonderlo a tutti e consolare specialmente coloro che soffrono, in un mondo spesso segnato da divisioni, diseguaglianze e povertà. Dopo le parole di Leone XIV, un’altra voce recita una preghiera inedita dedicata al Sacro Cuore per accompagnare i fedeli nelle loro meditazioni.

“Signore, oggi vengo dal tuo tenero cuore” è l’incipit della preghiera, “da te che riversi compassione sui piccoli e sui poveri, su coloro che soffrono e su tutte le miserie umane”. “Ci hai mostrato l’amore del Padre amandoci senza misura con il tuo cuore, divino e umano”. Parole che sono corredate dalle immagini della Chiesa del Gesù a Roma e del Santuario nazionale del Sacro Cuore di Makati, nelle Filippine. “Concedi a tutti i tuoi figli la grazia dell’incontro con te” e poi “mandaci in missione: – conclude la preghiera – una missione di compassione per il mondo, dove tu sei la fonte da cui scaturisce ogni consolazione”.

La compassione per rispondere ai problemi del mondo
Il gesuita Cristóbal Fones, direttore internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, commenta le parole di Leone XIV sottolineando come attraverso una relazione personale con Gesù il cuore di ciascuno diventi più simile a quello di Cristo e si impari la vera compassione per gli altri. “Gesù – spiega padre Fones – ha mostrato un amore incondizionato verso tutti, specialmente verso i poveri, gli ammalati, coloro che soffrono. Il Papa ci incoraggia a imitare questo amore compassionevole tendendo la mano a chi è in difficoltà”. “La compassione cerca di alleviare la sofferenza e di promuovere la dignità umana”. Per questo, si traduce in azioni concrete che mirano a rimuovere le radici della povertà, della disuguaglianza e dell’esclusione, “per contribuire alla costruzione di un mondo più giusto e solidale”. Il gesuita ha anche sottolineato come il lavoro della Rete Mondiale di Preghiera del Papa si inserisca nell’anno del Giubileo in cui occorre tra le altre cose pregare per le intenzioni del Pontefice e ottenere la grazia dell’indulgenza giubilare.

I papi e la devozione al Sacro Cuore di Gesù
La devozione al Sacro Cuore di Gesù si è sviluppata nel XVII secolo con le rivelazioni a santa Margherita Maria Alacoque e alla sua interpretazione da parte del gesuita san Claudio de La Colombière. Papa Pio IX proclamò la festa del Sacro Cuore nel 1856 e successivamente, Leone XIII, da cui l’attuale Pontefice ha preso il nome, ne rafforzò l’importanza elevandola a solennità nel 1889. Scrisse poi l’enciclica Annum sacrum nel 1899 in cui consacra l’umanità intera al Cuore di Gesù. Vari Papi, come Pio XI e Pio XII, hanno dedicato encicliche a questa devozione. Più recentemente nel 2024, Francesco ha pubblicato Dilexit nos, in cui proponeva il Cuore di Cristo come risposta alla cultura dello scarto e all’indifferenza.

Sacro-Cuore-di-Ges dans Misericordia

La preghiera del video

Signore, oggi vengo dal Tuo tenero Cuore:
da Te che hai parole che mi infiammano il cuore,
da Te che riversi compassione sui piccoli e sui poveri,
su coloro che soffrono e su tutte le miserie umane.

Desidero conoscerTi di più, contemplarTi nel Vangelo,
stare con Te e imparare da Te
e dalla carità con cui Ti sei lasciato toccare
da ogni forma di povertà.

Ci hai mostrato l’amore del Padre amandoci senza misura
con il Tuo Cuore, divino e umano.

Concedi a tutti i Tuoi figli la grazia dell’incontro con Te.
Cambia, plasma e trasforma i nostri piani,
affinché possiamo cercare solo Te, in ogni circostanza:
nella preghiera, nel lavoro, negli incontri e nella nostra routine quotidiana.

Da questo incontro, mandaci in missione:
una missione di compassione per il mondo,
dove Tu sei la fonte da cui scaturisce ogni consolazione. 
Amen.

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Il martirio di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni. Fedeli a Cristo fino alla fine

Posté par atempodiblog le 3 juin 2025

Il martirio di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni. Fedeli a Cristo fino alla fine
Oggi, la loro memoria. Ripercorriamo le vicende del loro martirio in Uganda avvenuto nel 1886
di Antonio Tarallo – ACI Stampa

Il martirio di san Carlo Lwanga e dei suoi compagni. Fedeli a Cristo fino alla fine dans Antonio Tarallo San-Carlo-Lwanga-e-Compagni-martiri

“Questi martiri Africani aggiungono all’albo dei vittoriosi, qual è il Martirologio, una pagina tragica e magnifica, veramente degna di aggiungersi a quelle meravigliose dell’Africa antica, che noi moderni, uomini di poca fede, pensavamo non potessero avere degno seguito mai più”, con queste parole, il 18 ottobre 1964, durante il Concilio Vaticano II, san Paolo VI canonizzava Carlo Lwanga e altri ventuno compagni (tra cattolici e anglicani), colpiti dalle persecuzioni contro i cristiani avvenute sul finire del 1800 in Uganda, in Africa.

E sarà sempre Paolo VI, recatosi nella cittadina africana nel 1969, a consacrare l’altare maggiore del Santuario di Namugongo, costruito sul luogo del loro martirio. Il santuario nato per ricordare questi martiri presenta una particolarità: la sua forma architettonica ricorda una capanna tradizionale africana e poggia su 22 pilastri, simbolo dei 22 martiri cattolici vittime della persecuzione del re ugandese Mwanga.

Lo stesso re, in un primo momento, si dimostrò aperto ai cosiddetti “Padri Bianchi del cardinale Lavigérie”, ma poi cambiò idea. Il re Mwanga prima vietò ai sudditi di seguire la religione cristiana, poi nel 1885 passò all’aperta persecuzione contro loro.

Una strage, un martirio vero e proprio: a maggio del 1886 si cominciò con alcune decapitazioni, mutilazioni e torture infernali contro sette prigionieri. Il 25 maggio 1886, Carlo Lwanga venne condannato a morte, insieme ad altri compagni. Inoltre, per aumentare disumanamente la sofferenza dei condannati, il re decise di trasferirli dal Palazzo reale di Munyonyo a Namugongo, luogo per le esecuzioni capitali. Fra i due luoghi ci sono ben 27 miglia di distanza: una distanza che diventerà una “Via Crucis” per i prigionieri. Otto giorni di cammino: in questi giorni, molti moriranno trafitti da lance, impiccati e persino inchiodati agli alberi.

Poi, la data cruciale: quella del 3 giugno 1886. In questo giorno, Carlo Lwanga e dodici altri ragazzi, furono bruciati vivi in un unico grande rogo a Namugongo. La loro, una forte testimonianza di martirio: pregarono fino alla fine lodando Dio.

Uno tra loro, tale Bruno Ssrerunkuma, dirà, prima di spirare: “Una fonte che ha molte sorgenti non si inaridirà mai. E quando noi non ci saremo più, altri verranno dopo di noi”.

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Il Cardinale della Speranza: Papa Leone XIV ricorda il Beato Iuliu Hossu nella Cappella Sistina

Posté par atempodiblog le 3 juin 2025

Il Cardinale della Speranza: Papa Leone XIV ricorda il Beato Iuliu Hossu nella Cappella Sistina
di s.E.S. –  Silere non possum

Il Cardinale della Speranza: Papa Leone XIV ricorda il Beato Iuliu Hossu nella Cappella Sistina dans Fede, morale e teologia Papa-Leone-XIV

In una Cappella Sistina immersa in raccoglimento e memoria, Papa Leone XIV [...] ha preso parte all’Atto Commemorativo dedicato al Beato Cardinale Iuliu Hossu, figura eroica della Chiesa Greco-Cattolica di Romania, martire della fede sotto il regime comunista e oggi esempio universale di dialogo, coraggio e speranza.

All’evento, che si inserisce nell’Anno Giubilare dedicato alla speranza, hanno preso parte rappresentanti di rilievo della società e del mondo religioso romeno, tra cui il presidente della Federazione delle Comunità Ebraiche in Romania, Silviu Vexler, e il vescovo Cristian Crișan, in rappresentanza dell’Arcivescovo Maggiore Lucian Mureșan.

Il ricordo del Pontefice: “Un apostolo della speranza”
Nel suo discorso, Papa Leone XIV ha voluto onorare la figura del Cardinale Hossu come “apostolo della speranza”, sottolineando come la sua fedeltà incrollabile alla Chiesa di Roma e il suo amore per il prossimo ne facciano oggi un simbolo luminoso di fede vissuta nel buio della persecuzione.

«La sua vita è stata una testimonianza di fede vissuta fino in fondo», ha dichiarato il Santo Padre, «un uomo di dialogo e un profeta di speranza, beatificato da Papa Francesco il 2 giugno 2019 a Blaj». Un passaggio toccante è stato dedicato al motto del Beato Hossu – “La nostra fede è la nostra vita” – che il Papa ha indicato come ispirazione per ogni cristiano contemporaneo.

Un giusto tra le nazioni
Particolarmente significativo è stato il riferimento all’impegno di Iuliu Hossu in favore degli ebrei durante l’occupazione nazista della Transilvania settentrionale, tra il 1940 e il 1944. A rischio della propria vita e di quella della sua Chiesa, egli si oppose con forza alle deportazioni, mobilitando il clero e i fedeli. Memorabile la Lettera pastorale del 2 aprile 1944, citata dal Papa, in cui il Vescovo esortava ad aiutare gli ebrei “non solo con i pensieri, ma anche con il sacrificio”.

Il processo per il riconoscimento di Hossu quale “Giusto tra le Nazioni” è stato avviato nel 2022 e oggi, ha affermato Leone XIV, “ci troviamo davanti a un modello di fratellanza al di là di ogni confine etnico o religioso”.

Una vita tra persecuzioni e fedeltà
Nato a Milas nel 1885 da una famiglia sacerdotale, Iuliu Hossu si formò a Roma, dove ottenne i dottorati in filosofia e teologia. Ordinato sacerdote nel 1910, divenne vescovo di Gerla nel 1917. Il 1° dicembre 1918, fu lui a leggere la Dichiarazione di Unità della Romania nella pianura di Blaj, un evento fondativo del moderno Stato romeno. Durante il regime comunista, la sua fedeltà alla Chiesa di Roma gli costò l’arresto, la detenzione e l’isolamento per oltre vent’anni. Fu recluso in diversi luoghi, tra cui il famigerato penitenziario di Sighet. Nonostante le dure condizioni, mantenne intatta la sua fede.

Le sue memorie, La nostra fede è la nostra vita, testimoniano un’anima profondamente radicata nella preghiera e nel perdono: “Il tuo amore, Signore, non sono riusciti a togliermelo via”, scriveva nel 1961. Morì il 28 maggio 1970 a Bucarest, pronunciando le parole: «La mia battaglia è finita, la vostra continua». San Paolo VI lo creò Cardinale “in pectore” nel 1969, primo romeno nella storia, rendendo pubblica la nomina solo nel 1973, dopo la sua morte.

Martire riconosciuto dalla Chiesa
Nel 2019, Papa Francesco ne ha riconosciuto il martirio insieme ad altri sei vescovi greco-cattolici perseguitati dal regime comunista, celebrandone la beatificazione durante il suo viaggio apostolico in Romania, a Blaj. La memoria liturgica comune è stata fissata al 2 giugno.

Un messaggio attuale
Nel concludere l’omelia, Papa Leone XIV ha lanciato un appello accorato a tutta la Chiesa e al mondo: “Diciamo ‘no’ alla violenza, ad ogni violenza, ancor più se perpetrata contro persone inermi e indifese, come bambini e famiglie. Che l’esempio del Cardinale Hossu sia una luce per il nostro tempo”.

La commemorazione nella Cappella Sistina non è stata solo un momento di memoria, ma anche un atto di impegno per il futuro. La figura del Beato Iuliu Hossu, pastore e martire, è oggi più che mai un ponte tra le fedi, un faro di libertà spirituale e una voce profetica in un’epoca che cerca pace e verità.

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La Chiesa ci dice che il mondo di oggi ha bisogno dell’alleanza coniugale per conoscere e accogliere l’amore di Dio

Posté par atempodiblog le 1 juin 2025

GIUBILEO DELLE FAMIGLIE, DEI NONNI E DEGLI ANZIANI

OMELIA DEL SANTO PADRE LEONE XIV
La Chiesa ci dice che il mondo di oggi ha bisogno dell’alleanza coniugale per conoscere e accogliere l’amore di Dio

Piazza San Pietro
VII Domenica di Pasqua – Domenica, 1° giugno 2025

[Multimedia]

La Chiesa ci dice che il mondo di oggi ha bisogno dell’alleanza coniugale per conoscere e accogliere l’amore di Dio dans Commenti al Vangelo Papa-Leone-XIV

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Il Vangelo appena proclamato ci mostra Gesù che, nell’ultima Cena, prega per noi (cfr Gv 17,20): il Verbo di Dio, fatto uomo, ormai vicino alla fine della sua vita terrena, pensa a noi, ai suoi fratelli, facendosi benedizione, supplica e lode al Padre, con la forza dello Spirito Santo. E anche noi, mentre entriamo, pieni di stupore e di fiducia, nella preghiera di Gesù, veniamo coinvolti dal suo stesso amore in un progetto grande, che riguarda l’intera umanità.

Cristo domanda infatti che tutti siamo «una sola cosa» (v. 21). Si tratta del bene più grande che possa essere desiderato, perché questa unione universale realizza tra le creature l’eterna comunione d’amore in cui si identifica Dio stesso, come Padre che dà la vita, Figlio che la riceve e Spirito che la condivide.

Il Signore non vuole che noi, per unirci, ci sommiamo in una massa indistinta, come un blocco anonimo, ma desidera che siamo uno: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (v. 21). L’unità, per la quale Gesù prega, è così una comunione fondata sull’amore stesso con cui Dio ama, dal quale vengono al mondo la vita e la salvezza. E come tale è prima di tutto un dono, che Gesù viene a portare. È dal suo cuore di uomo, infatti, che il Figlio di Dio si rivolge al Padre dicendo: «Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me» (v. 23).

Ascoltiamo ammirati queste parole: Gesù ci sta rivelando che Dio ci ama come ama sé stesso. Il Padre non ama noi meno di quanto ami il suo Figlio Unigenito, cioè infinitamente. Dio non ama meno, perché ama prima, ama per primo! Lo testimonia Cristo stesso quando dice al Padre: «Tu mi hai amato prima della creazione del mondo» (v. 24). Ed è proprio così: nella sua misericordia, Dio da sempre vuole stringere a sé tutti gli uomini, ed è la sua vita, donata per noi in Cristo, che ci fa uno, che ci unisce tra noi.

Ascoltare oggi questo Vangelo, durante il Giubileo delle Famiglie e dei Bambini, dei Nonni e degli Anziani, ci riempie di gioia.

Carissimi, noi abbiamo ricevuto la vita prima di volerla. Come insegnava Papa Francesco, «tutti gli uomini sono figli, ma nessuno di noi ha scelto di nascere» (Angelus, 1° gennaio 2025). Non solo. Appena nati abbiamo avuto bisogno degli altri per vivere, da soli non ce l’avremmo fatta: è qualcun altro che ci ha salvato, prendendosi cura di noi, del nostro corpo come del nostro spirito. Tutti noi viviamo, dunque, grazie a una relazione, cioè a un legame libero e liberante di umanità e di cura vicendevole.

È vero, a volte questa umanità viene tradita. Ad esempio, ogni volta che s’invoca la libertà non per donare la vita, bensì per toglierla, non per soccorrere, ma per offendere. Tuttavia, anche davanti al male, che contrappone e uccide, Gesù continua a pregare il Padre per noi, e la sua preghiera agisce come un balsamo sulle nostre ferite, diventando per tutti annuncio di perdono e di riconciliazione. Tale preghiera del Signore dà senso pieno ai momenti luminosi del nostro volerci bene, come genitori, nonni, figli e figlie. Ed è questo che vogliamo annunciare al mondo: siamo qui per essere “uno” come il Signore ci vuole “uno”, nelle nostre famiglie e là dove viviamo, lavoriamo e studiamo: diversi, eppure uno, tanti, eppure uno, sempre, in ogni circostanza e in ogni età della vita.

Carissimi, se ci amiamo così, sul fondamento di Cristo, che è «l’alfa e l’omega», «il principio e la fine» (cfr Ap 22,13), saremo segno di pace per tutti, nella società e nel mondo. E non dimentichiamo: dalle famiglie viene generato il futuro dei popoli.

Negli ultimi decenni abbiamo ricevuto un segno che dà gioia e al tempo stesso fa riflettere: mi riferisco al fatto che sono stati proclamati Beati e Santi dei coniugi, e non separatamente, ma insieme, in quanto coppie di sposi. Penso a Louis e Zélie Martin, i genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino; come pure i Beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, la cui vita familiare si è svolta a Roma nel secolo scorso. E non dimentichiamo la famiglia polacca Ulma: genitori e bambini uniti nell’amore e nel martirio. Dicevo che si tratta di un segno che fa pensare. Sì, additando come testimoni esemplari degli sposi, la Chiesa ci dice che il mondo di oggi ha bisogno dell’alleanza coniugale per conoscere e accogliere l’amore di Dio e superare, con la sua forza che unifica e riconcilia, le forze che disgregano le relazioni e le società.

Per questo, col cuore pieno di riconoscenza e di speranza, a voi sposi dico: il matrimonio non è un ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo (cfr S. Paolo VI, Lett. Enc. Humanae vitae, 9). Mentre vi trasforma in una carne sola, questo stesso amore vi rende capaci, a immagine di Dio, di donare la vita.

Perciò vi incoraggio ad essere, per i vostri figli, esempi di coerenza, comportandovi come volete che loro si comportino, educandoli alla libertà mediante l’obbedienza, cercando sempre in essi il bene e i mezzi per accrescerlo. E voi, figli, siate grati ai vostri genitori: dire “grazie”, per il dono della vita e per tutto ciò che con esso ci viene donato ogni giorno, è il primo modo di onorare il padre e la madre (cfr Es 20,12). Infine a voi, cari nonni e anziani, raccomando di vegliare su coloro che amate, con saggezza e compassione, con l’umiltà e la pazienza che gli anni insegnano.

In famiglia, la fede si trasmette insieme alla vita, di generazione in generazione: viene condivisa come il cibo della tavola e gli affetti del cuore. Ciò la rende un luogo privilegiato in cui incontrare Gesù, che ci vuole bene e vuole il nostro bene, sempre.

E vorrei aggiungere un’ultima cosa. La preghiera del Figlio di Dio, che ci infonde speranza lungo il cammino, ci ricorda anche che un giorno saremo tutti uno unum (cfr S. Agostino, Sermo super Ps. 127): una cosa sola nell’unico Salvatore, abbracciati dall’amore eterno di Dio. Non solo noi, ma anche i papà e le mamme, le nonne e i nonni, i fratelli, le sorelle e i figli che già ci hanno preceduto nella luce della sua Pasqua eterna, e che sentiamo presenti qui, insieme a noi, in questo momento di festa.


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Giugno, la Chiesa ricorda solennemente il Sacro Cuore di Gesù

Posté par atempodiblog le 30 mai 2025

Giugno, la Chiesa ricorda solennemente il Sacro Cuore di Gesù
di Cristina Siccardi

Giugno, la Chiesa ricorda solennemente il Sacro Cuore di Gesù dans Apparizioni mariane e santuari Sacro-Cuore

Nel mese di giugno la Chiesa ricorda solennemente il Sacro Cuore di Gesù. «Sentivo nel mio cuore un fuoco così ardente e violento che avrei voluto trasmetterlo a tutte le creature affinché amassero il mio Dio», così scriverà nella sua autobiografia santa Margherita Maria Alacoque, benedetta da stati mistici straordinari, l’umile religiosa di Paray-le-Monial si è consumata al servizio della devozione per il Sacro Cuore di Gesù. 

Esistono soltanto pochi eventi che segnano la vita di santa Margherita Maria. La sua esistenza coincide, in pratica, con i molteplici fenomeni mistici di cui fu divinamente favorita, perché gli eventi della vita si riassumono in poche tappe: la nascita nel 1647 in Borgogna; la morte dal padre nel 1655, in seguito alla quale entrò in un pensionato di clarisse; una grave malattia che durò quattro anni; la cresima del 1669 e, infine, la monacazione, nell’anno 1671, nel convento delle Visitantine di Paray-le-Monial, fondate da san Francesco di Sales con santa Francesca Frémiot de Chantal, dove vi rimase fino al dies natalis, che sopraggiunse il 17 ottobre (giorno della sua festività per la Chiesa) del 1690.

Leggiamo nel Vangelo di san Giovanni: «Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv. 19, 33-34). A tanto arrivò l’amore del Crocifisso…

Era la festa di san Giovanni evangelista, il 27 dicembre del 1673, quando Gesù apparve alla visitandina santa Margherita Maria Alacoque, invitandola a prendere il posto che san Giovanni aveva occupato durante l’Ultima Cena, ovvero posare il capo sul suo Cuore e le disse: «Il mio divino Cuore è così appassionato d’amore per gli uomini, che non potendo più racchiudere in sé le fiamme della sua ardente carità, bisogna che le spanda. Io ti ho scelta per adempiere a questo grande disegno». Margherita Maria ebbe tali apparizioni per 17 anni, sino alla morte.

Il Cuore divino si manifestava su un trono di fiamme, circondato da una corona di spine simboleggianti le ferite inferte dai peccati e sormontato da una croce, quella della Redenzione. Gesù si presentava sfolgorante di gloria, con le cinque piaghe, brillanti come soli e da quella sacra umanità uscivano fiamme da ogni parte, ma soprattutto dal suo petto che, racconterà la mistica, assomigliava ad una fornace, la quale, aprendosi, mostrava l’ardente e amante Cuore, sorgente di quelle fiamme.

Gesù Cristo lamentava l’ingratitudine degli uomini e la loro indifferenza, rivelando alla mistica che si sentiva ferito dalle irriverenze dei fedeli e dai sacrilegi degli empi, ma ciò «che mi è ancor più sensibile è che sono i cuori a me consacrati» a provocare cocente dolore. Quindi chiese a santa Margherita di supplire a tali mancanze, sollecitandola a fare la Comunione il primo venerdì di ogni mese e di prostrarsi, con faccia a terra, dalle 23:00 alle 24:00, nella notte tra il giovedì e il venerdì. Chiese ancora che il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini fosse dedicato alla festa del suo Cuore. Indicò, inoltre, come esecutore della diffusione di questa devozione il padre spirituale della santa, il gesuita san Claudio de la Colombière.

Le prime due cerimonie in onore del Sacro Cuore, presente la mistica, si ebbero nel Noviziato delle Suore della Visitazione di Paray-le-Monial, nella regione della Borgogna-Franca Contea, il 20 luglio 1685 e il 21 giugno 1686. Nel 1856, con il beato Pio IX, la festa del Sacro Cuore divenne universale. Sull’esortazione di questo Pontefice si diffusero gli Atti di consacrazione al Cuore di Gesù della famiglia e delle nazioni.

Sorsero ovunque cappelle, oratori, chiese, basiliche, santuari dedicati al Sacro Cuore di Gesù. Proliferarono quadri e stampe; si iniziò la pia pratica della Comunione nel primo venerdì del mese e si composero le Litanie del Sacro Cuore, dedicando il mese di giugno al suo culto.

Numerose congregazioni religiose, sia maschili che femminili, sono strettamente legate alla devozione del Sacro Cuore di Gesù, la cui festa viene celebrata il venerdì dopo la solennità del Corpus Domini.

Questa venerazione è inscindibile a quella del Cuore Immacolato di Maria, il cui promotore fu san Giovanni Eudes, già devoto al Sacro Cuore di Gesù prima ancora delle apparizioni della santa visitandina.

Sono dovuti trascorrere duecento anni prima di arrivare al trionfo della devozione per il Sacro Cuore di Gesù. Disprezzo, scherni, collera da parte di uomini della Chiesa che si opposero a quella che sarcasticamente, gesuiti e vescovi e non solo, definivano «teologia muscolare». Nonostante ciò, la devozione, grazie alla eroica resistenza della santa, che fu sottoposta a molteplici esami ed interrogatori, continuò a svilupparsi passo dopo passo, attraverso immagini, libri, prediche, altari consacrati, santuari e confraternite.
Dieci anni dopo la sua morte, tutti i conventi della Visitazione in Francia, ma anche a Friburgo, a Napoli, a Vienna e in Polonia, avevano introdotto la devozione, e la confraternita di Digione contava 13 mila membri in tutta Europa.

Nel 1697 la Sacra Congregazione dei Riti emise un decreto con il quale si accordava «ai monasteri della Visitazione la messa delle cinque piaghe per la festa del Sacro Cuore».
Roma, tuttavia, continuava ad avere dubbi, nonostante le suppliche, nel XVIII secolo, del Re della Polonia e del Re di Spagna. La definizione della parola «Cuore» creava timori per il rischio di scontentare i filosofi moderni.
Finalmente, nel 1765, ad alcune diocesi della Polonia e della Spagna fu consentito di celebrare la festa.
Dovette, però, passare ancora molto tempo prima che in Francia la devozione assumesse una dimensione nazionale e ciò avvenne, simbolicamente, con l’edificazione, iniziata nel 1873, della chiesa del Sacré-Coeur sulla sommità della collina di Montmartre a Parigi. Papa Benedetto XV la elevò al rango di Basilica minore nel 1919. La pietra calcarea della Basilica ha la caratteristica di non trattenere polvere e smog, così dopo ogni pioggia il Sacré-Cœur risulta ancora più splendente.

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Il “re degli strumenti musicali”

Posté par atempodiblog le 30 mai 2025

“Per moltissimo tempo la partecipazione all’evento musicale – come fruitori o partecipanti – da parte delle classi più povere avveniva unicamente nelle chiese, dove predominava l’insostituibile presenza dell’organo”. (Prof. Livio De Luca)

Il “re degli strumenti musicali” dans Articoli di Giornali e News Organo

Il “re degli strumenti musicali”
Alla scoperta dell’organo, il più completo e importante degli strumenti musicali, specie per quel che riguarda la musica sacra. Eppure, oggi dimenticato. Ma non del tutto…
di Paola Stefanucci – Radici Cristiane

Non c’è grande Basilica o Chiesa, anche minuscola, sparsa sul suolo italico che non ne possegga uno: l’organo, lo strumento principe della musica liturgica, ma non solo. Si tratta di un patrimonio incalcolabile, unico al mondo, di grande pregio storico e artistico, palpitante di vita e storia bimillenaria. Non di rado, infatti, queste meravigliose macchine musicali, complesse e imponenti, furono realizzate da artisti che, nella loro specialità, non avevano nulla da invidiare per ispirazione, ingegno, sapienza e tecnica a grandi architetti, pittori e scultori.

Legato all’arte e alla cultura
Capolavori veri e propri, gli organi sono tra i pochi strumenti musicali ad avere un legame strettissimo con l’arte, la cultura e la religiosità del proprio tempo. Per questo motivo, al di là della godibilità estetica, essi costituiscono anche una fonte inestimabile di studio del passato sia per la stratificazione storica sia per la loro eterogeneità stilistica.
Il primo esemplare di cui ci è giunta notizia fu costruito nel III secolo a.C. dall’inventore greco Ctesibio di Alessandria. Fu denominato idraulico, in quanto il flusso dell’aria veniva regolato mediante la pressione dell’acqua.
Da tale prototipo, pur mantenendo le stesse componenti strutturali, l’organo si è evoluto al modello tardo trecentesco e quattrocentesco sopravvissuto sino ai giorni nostri, dotato di manticera, di somiere, di consolle, di pedaliera, di un sistema di trasmissioni, di tastiere e di registri distinti.
Fu Papa Vitaliano nel 600 d.C. a introdurlo come strumento di accompagnamento alle celebrazioni liturgiche.

[…]

Una storia lunga secoli
Fra tutti i dispositivi musicali esistenti, l’organo ha la particolarità (unica) di realizzare in assoluto la più grande quantità di timbri diversi.
Vediamo come funziona. I suoni sono prodotti dall’aria insufflata mediante il mantice (un tempo a libro, oggi a elettroventilatori) entro canne metalliche (o lignee) di diversa lunghezza. Ogni canna possiede una valvola che si apre quando viene premuto il rispettivo tasto.
Appositi meccanismi, denominati registri, regolano, a comando dell’organista, le modalità d’immissione dell’aria nelle canne, dando così luogo a una serie di timbri differenti, quanti sono i registri e le loro combinazioni. Ciascun registro produce un particolare timbro corrispondente a uno strumento musicale, ma vi sono registri che evocano suoni magici anche nel nome “voce celeste”, “flauto a camino”, “voce umana”, “coro di viole”.
L’organo possiede, inoltre, diverse tastiere e una caratteristica pedaliera per l’esecuzione delle note più gravi. Nel Medioevo fu inventato l’organo portatile, erroneamente chiamato portativo, alla francese: uno strumento di piccole dimensioni sostenuto da una tracolla usato per lo più per le processioni e nelle funzioni itineranti.
Nei primi decenni del secolo scorso è invece nato l’organo elettrico: il suono creato dall’amplificazione di oscillazioni elettriche prodotte da un certo numero di generatori azionati dai tasti, con frequenze corrispondenti a quelle previste dalla scala musicale temperata.
La letteratura per l’organo è vastissima, anche cronologicamente: abbraccia seicento anni, dal XV al XX secolo, e ha ispirato compositori quali Gabrieli, Byrd, Frescobaldi, Händel, Bach, Mandelssohn, Schumann, Liszt, Brahms, Frank, Saint Saëns, Hindemith, Messiaen, Schönberg.
Per ascoltare Girolamo Frescobaldi, celebre organista di San Pietro, nel XVII secolo, la gente di ogni estrazione sociale, dagli ultimi agli aristocratici, accorreva alla Basilica da ogni parte. La popolarità del musicista era tale che il francese Maugars, suo contemporaneo, scrisse di lui “non senza ragione, Frescobaldi solleva tanto entusiasmo in tutta Europa. Per poter giudicare il suo profondo sapere, si debbono ascoltare le sue toccate improvvisate, piene di finezze e di trovate meravigliose”. Era un’epoca in cui al di fuori del tempo la musica non era facilmente accessibile a tutti. […]

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Il Papa al santuario della Madre del Buon Consiglio di Genazzano

Posté par atempodiblog le 10 mai 2025

Il Papa al santuario della Madre del Buon Consiglio di Genazzano
Leone XIV oggi pomeriggio nella cittadina fuori Roma per visitare privatamente il luogo di culto di presenza agostiniana, dove è custodita l’immagine mariana proveniente dall’Albania. Il Pontefice ha salutato la gente in piazza e ha pregato dinanzi all’icona della Vergine: “Ho voluto tanto venire qui in questi primi giorni del nuovo Ministero che la Chiesa mi ha consegnato, per portare avanti la missione come Successore di Pietro”
de La Redazione di Vatican News

Il Papa al santuario della Madre del Buon Consiglio di Genazzano dans Apparizioni mariane e santuari La-Madre-del-Buon-Consiglio-a-Genazzano

Per la sua prima uscita a sorpresa Papa Leone XIV ha scelto un luogo simbolico, un santuario fuori Roma caro agli agostiniani che sono lì presenti dal 1200: il Santuario della Madre del Buon Consiglio a Genazzano. Il Pontefice vi si è recato oggi pomeriggio intorno alle 16, per una visita in forma privata.

Retto dai religiosi dell’Ordine di Sant’Agostino, il santuario custodisce un’antica immagine della Vergine, proveniente da Scutari (Albania), cara all’Ordine e alla memoria di Leone XIII, Pontefice che non riuscì mai a visitarlo ma che nel 1903 lo elevò alla dignità di basilica minore. Altri Papi si erano recati invece dalla Madre del Buon Consiglio: Giovanni XXIII nel 1959 e Giovanni Paolo II nel 1993. Oggi, invece, Papa Leone XIV che da cardinale, il 25 aprile 2024, aveva celebrato nel Santuario la Messa in occasione della Festa della “Venuta” della Madre del Buon Consiglio. Nella sua omelia, l’allora cardinale Prevost espresse la sua devozione alla Vergine, esortando i fedeli a ispirarsi a Maria per diffondere la pace e la riconciliazione nel mondo.

Il saluto alla gente e la preghiera alla Madonna
Questo pomeriggio Papa Leone è giunto in un multivan della Volkswagen, seduto nel sedile anteriore; è stato accolto da una folla festante di centinaia di persone radunatesi nella piazza o affacciate da finestre e balconi. In molti gridavano “Leone, Leone” e le stradine vicine si sono via via gremite. Entrato in chiesa, dove ha salutato i religiosi, il Pontefice si è fermato in preghiera, prima davanti all’altare e poi di fronte all’immagine della Vergine, lasciando in dono un mazzo di rose bianche. Al santuario, Leone XIV ha donato un calice e una patena. Con i presenti ha recitato la preghiera di Giovanni Paolo II alla Madre del Buon Consiglio.

L’affidamento a Maria
Al termine, dopo l’Ave Maria e il canto del Salve Regina, il Papa si è rivolto a quanti erano in chiesa, salutando loro e il popolo di Genazzano riunito all’esterno: “Ho voluto tanto venire qui in questi primi giorni del nuovo Ministero che la Chiesa mi ha consegnato, per portare avanti questa missione come Successore di Pietro”. E ricordando la visita fatta dopo l’elezione a priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino, e la scelta di “offrire la vita alla Chiesa”, Leone XIV ha ribadito la sua “fiducia nella Madre del Buon Consiglio”, compagnia di “luce, saggezza” con le parole rivolte da Maria ai servitori nel giorno delle Nozze di Cana, riferite nel Vangelo di Giovanni: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Insieme alla comunità il Papa ha poi raggiunto una sala interna per un incontro privato.

Un dono e una grande responsabilità per Genazzano
Al termine dell’incontro con la comunità agostiniana di Genazzano, il Pontefice si è affacciato dal portale della Basilica e, salutando i presenti, ha ripetuto due volte “Buonasera!”. Quindi ha rivolto loro alcune parole, esprimendo la gioia di essere potuto venire a pregare la Madre del Buon Consiglio. Ha ricordato la grande devozione “che da molti anni ho nel mio cuore”, e di essere stato a Genazzano diverse volte, da “quasi 50 anni”. La presenza della Madonna, ha aggiunto, è “un dono così grande” per il popolo della cittadina laziale, da cui deriva anche una grande responsabilità: “come la Madre mai abbandona i suoi figli, voi dovete essere anche fedeli alla Madre”. Quindi il Papa ha salutato i ragazzi, e i giovani di cuore – “Lo siamo tutti, è vero?”, ha detto – e ha evocato lo spirito di entusiasmo con cui seguire Gesù, secondo l’esempio di Maria. Un fedele peruviano lo ha salutato a voce alta, e il Pontefice ha risposto: “Bene, bene, i peruviani miei fratelli!”. Infine, prima di lasciare il Santuario, ha benedetto tutti i presenti.

Divisore dans San Francesco di Sales

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Papa Leone XIV: “Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Non un leader carismatico o un superuomo”

Posté par atempodiblog le 9 mai 2025

Papa Leone XIV: “Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Non un leader carismatico o un superuomo”
Papa Leone XIV, all’indomani della sua elezione, ha celebrato stamane la Missa pro Ecclesia nella Cappella Sistina, insieme al collegio cardinalizio
di Marco Mancini – ACI Stampa
Tratto da: Blog di p. Livio – Direttore di Radio Maria

Papa Leone XIV: “Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Non un leader carismatico o un superuomo” dans Commenti al Vangelo Leone-XIV

Nella sua prima omelia, il nuovo Pontefice ha ricordato che “Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, cioè l’unico Salvatore e il rivelatore del volto del Padre”,

La risposta che Pietro dà a Gesù – ha osservato il Pontefice – “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, coglie il dono di Dio e il cammino da percorrere per lasciarsene trasformare, dimensioni inscindibili della salvezza, affidate alla Chiesa perché le annunci per il bene del genere umano. Dio, chiamandomi attraverso il vostro voto a succedere al Primo degli Apostoli, questo tesoro lo affida a me perché, col suo aiuto, ne sia fedele amministratore  a favore di tutto il Corpo mistico della Chiesa; così che Essa sia sempre più città posta sul monte, arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, faro che illumina le notti del mondo”.

“E ciò – ha aggiunto il Papa – non tanto grazie alla magnificenza delle sue strutture o per la grandiosità delle sue costruzioni, quanto attraverso la santità dei suoi membri”.

Il Papa ripropone poi la domanda “la gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo? Non è una questione banale, anzi riguarda un aspetto importante del nostro ministero: la realtà in cui viviamo, con i suoi limiti e le sue potenzialità, le sue domande e le sue convinzioni. C’è prima di tutto la risposta del mondo, che considera Gesù una persona totalmente priva d’importanza, al massimo un personaggio curioso, che può suscitare meraviglia con il suo modo insolito di parlare e di agire. E così, quando la sua presenza diventerà fastidiosa per le istanze di onestà e le esigenze morali che richiama, questo mondo non esiterà a respingerlo e a eliminarlo”, per la “gente comune il Nazareno non è un ciarlatano: è un uomo retto, uno che ha coraggio, che parla bene e che dice cose giuste, come altri grandi profeti della storia di Israele. Per questo lo seguono, almeno finché possono farlo senza troppi rischi e inconvenienti. Però lo considerano solo un uomo, e perciò, nel momento del pericolo, durante la Passione, anch’essi lo abbandonano e se ne vanno, delusi”.

Leone XIV spiega che questi comportamenti sono attuali poiché “incarnano infatti idee che potremmo ritrovare facilmente sulla bocca di molti uomini e donne del nostro tempo. Anche oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui ad essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere. Si tratta di ambienti in cui non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo e dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito. Eppure, proprio per questo, sono luoghi in cui urge la missione, perché la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco”.

Il Papa rimarca inoltre che “anche oggi non mancano poi i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto”.

Leone XIV – conclude – ricordando che ognuno di noi deve “testimoniare la fede gioiosa in Gesù Salvatore. Perciò, anche per noi, è essenziale ripetere: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. E’ essenziale farlo prima di tutto nel nostro rapporto personale con Lui, nell’impegno di un quotidiano cammino di conversione. Ma poi anche, come Chiesa, vivendo insieme la nostra appartenenza al Signore e portandone a tutti la Buona Notizia. Dico questo prima di tutto per me, come Successore di Pietro, mentre inizio la mia missione di Vescovo della Chiesa che è in Roma, chiamata a presiedere nella carità la Chiesa universale”. Il Papa assicura di adempiere all’“impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo”.

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Papa Leone XIV: «Il mondo ha bisogno della luce di Cristo»

Posté par atempodiblog le 8 mai 2025

Papa Leone XIV: «Il mondo ha bisogno della luce di Cristo»
Lo statunitense Robert Francis Prevost è stato eletto papa. «La pace sia con tutti voi, questo è il primo saluto del Cristo risorto», le sue prime parole. È il primo pontefice statunitense
de La Redazione di Tempi

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Lo statunitense Robert Francis Prevost, 70 anni il prossimo 14 settembre, è papa Leone XIV. In soli due giorni e al quarto scrutinio, come già prima di lui Giovanni Paolo I nel 1978 e Benedetto XVI nel 2005, i 133 cardinali riuniti in conclave hanno eletto il 267° successore di Pietro.

Le sue prime parole
Il primo papa statunitense della storia, affacciandosi dalla Loggia delle Benedizioni, ha pronunciato queste parole:

«La pace sia con tutti voi! Fratelli e sorelle carissimi, questo è il primo saluto del Cristo risorto, il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio. Anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore e raggiungesse le vostre famiglie, tutte le persone, ovunque siano, tutti i popoli, tutta la terra: la pace sia con voi! Questa è la pace del Cristo risorto, una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante che proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente.

Ancora conserviamo nei nostri orecchi quella voce debole ma sempre coraggiosa di papa Francesco, che benediva Roma. Il Papa benediva Roma, dava la sua benedizione al mondo intero quella mattina del giorno di Pasqua. Consentitemi di dar seguito a quella stessa benedizione: Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti e il male non prevarrà. Siamo tutti nelle mani Dio.

Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti. Siamo discepoli di Cristo, Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della Sua luce, l’umanità necessita di Lui come il ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore. Aiutateci anche voi e aiutiamoci gli uni gli altri a costruire ponti con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace. Grazie a papa Francesco!

Voglio ringraziare anche tutti i confratelli cardinali che hanno scelto me per essere successore di Pietro e camminare insieme a voi come Chiesa unita, cercando sempre la pace, la giustizia, cercando sempre di lavorare come uomini e donne fedeli a Gesù Cristo, senza paura, per proclamare il Vangelo ed essere missionari.

Sono un figlio di sant’Agostino, sono agostiniano, il quale ha detto: con voi sono cristiano e per voi vescovo. In questo senso possiamo tutti camminare insieme verso quella patria che Dio ci ha preparato. Alla Chiesa di Roma un saluto speciale. Dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce ponti e dialoga, sempre aperta a ricevere – come questa piazza con le braccia aperte – tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, presenza, dialogo, amore.

(Saluto in spagnolo alle persone provenienti dal Perù).

A tutti voi fratelli e sorelle di Roma, d’Italia, di tutto il mondo: vogliamo essere una Chiesa sinodale, che cammina, che cerca sempre la pace, la carità, di essere vicina specialmente a coloro che soffrono.

Oggi è il giorno della supplica alla Madonna di Pompei: nostra madre Maria vuole sempre camminare con noi, starci vicina, aiutarci con la sua intercessione e il suo amore. Allora vorrei pregare insieme a voi. Preghiamo insieme per questa nuova missione, per tutta la Chiesa, per la pace nel mondo. Chiediamo questa grazia speciale a Maria, nostra madre.

Ave, o Maria, piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso e nell’ora della nostra morte.
Amen.».

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La Corona del Santo Rosario

Posté par atempodiblog le 8 mai 2025

La Corona del Santo Rosario dans Citazioni, frasi e pensieri Recitare-il-Santo-Rosario

La Madonnina, per poterci presentare bene Lassù, ci mette la Corona in mano; la porta anche Lei. Gesù che fa? Eh, ci dà tutto sé stesso e allora accogliamoLo con amore e ringraziamo Dio con umiltà”.

di Padre Guglielmo Alimonti Ofm Cap

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